CONCESSIONE DI SERVIZIO PUBBLICO E COOPERAZIONE: NUOVE PROSPETTIVE PER UN ISTITUTO ANTICO

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CONCESSIONE DI SERVIZIO PUBBLICO E COOPERAZIONE: NUOVE
                        PROSPETTIVE PER UN ISTITUTO ANTICO

di Michela Passalacqua

Sommario: 1. “Servizi privati” resi ad un soggetto pubblico e “servizi pubblici” resi al pubblico
da un prestatore. 2. Obblighi di servizio pubblico e funzione di vigilanza. 3. Concessione di
servizi e concessione traslativa di funzione. 4. Concessione e contratto di servizio. 5. La
concessione tra funzione pubblica e servizio pubblico: riflessioni conclusive.

1. “Servizi privati” resi ad un soggetto pubblico e “servizi pubblici” resi al
pubblico da un prestatore

      Di recente, la Commissione europea (1) ha ritenuto opportuno chiarire i tratti tipici
di un istituto giuridico dalla tradizione assai antica presso diversi Stati membri, benché
poco utilizzato nel diritto comunitario, vale a dire la concessione amministrativa.
      In realtà, l’interesse mostrato dalla Commissione potrebbe in un certo qual modo
apparire sconcertante (2), atteso che da tempo la concessione stessa, spesso eretta a
baluardo dei privilegi rivendicati dai pubblici poteri, pareva prestarsi ad essere associata
a quel sistema di rapporti economici in cui convivono riserve di attività e monopoli, in
un assetto ben lontano dal rispetto delle regole di concorrenza imposte dal diritto
comunitario stesso.
      Se, dunque, la concessione amministrativa è messa sotto accusa dalla nostrana
autorità garante della concorrenza e del mercato (3), oltre che da una certa dottrina che
la equipara ad una sorta di riparo dal vento della concorrenza (4), il “custode” del diritto

(1) Comunicazione della Commissione Comunità europee, 12 aprile 2000, Comunicazione interpretativa
sulle concessioni nel diritto comunitario, in GUCE, 29 aprile 2000, n. C-121. Per un primo commento si
veda: F. LEGGIADRO, Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto
comunitario, in Urb. App., n. 10, 2000, p. 1071 ss.; D. SPINELLI, L. QUARTA, Appalti pubblici
europei: la comunicazione interpretativa della commissione in tema di concessioni, in Riv. It. Dir. pubb.
com., 2000, p. 585 ss.; E. VALLANIA, Le innovazioni apportate dalla Comunicazione interpretativa
della Commissione nel settore delle concessioni pubbliche, in Riv. trim. App., n. 4, 2000, p. 838 ss.
(2) Invero, anche dalla lettura dell’Introduzione della stessa Comunicazione da ult. cit. pare emergere la
consapevolezza di una sorta di inversione di tendenza dell’atteggiamento delle Istituzioni comunitarie
avverso l’istituto in esame, cfr.: “1.2. Negli ultimi anni, taluni fattori, quali le restrizioni di bilancio e la
volontà di limitare l’intervento dei poteri pubblici e di rendere partecipe il settore pubblico delle
esperienze e dei modi di funzionamento di quello privato hanno determinato il recupero di interesse per
la concessione (corsivo nostro)”.
(3) Vedi segnalazione 28 ottobre 1998, AS 152 concernente Misure di revisione e sostituzione di
concessioni amministrative, in Boll., 2 novembre 1998, n. 42; si veda, altresì, il commento di G.
LOMBARDO, Il rapporto sulle concessioni, in Gior. Dir. amm., n. 6, 1999, p. 587 ss.; M. D’ALBERTI
(a cura di), Concessioni e concorrenza, in Autorità garante della concorrenza e del mercato, temi e
problemi, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1998, passim; e da ultimo segnalazione 14
gennaio 2002, AS226, Riforma della regolazione e promozione della concorrenza, in Boll., 28 Gennaio
2002, n. 1-2.
(4) L’espressione è di G. DI GASPARE, Tra stato e mercato: l’insostenibile leggerezza della concessione
amministrativa, in Politica Dir., n. 3, 1998, p. 518.

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comunitario la configura, invece, come uno dei più importanti strumenti di
cooperazione tra pubblico e privato (5).
       Merita, allora, fare chiarezza su questa contraddittoria visione del medesimo
istituto.
       Innanzi tutto, occorre comprendere quali siano i presupposti che giustificano il
ricorso ad una concessione intesa come strumento idoneo a garantire una sorta di
partenariato tra pubblico e privato, poiché soltanto tale tipo di concessione pare essere
incentivata dal diritto comunitario.
       Va da sé che il soggetto pubblico ritiene opportuno cooperare col soggetto privato
quando vi sia l’esigenza di tutelare interessi generali. Tale ipotesi può realizzarsi anche
qualora questi ultimi si intersechino con aree di pertinenza prettamente privatistica. Ciò
accade sia con riferimento ai grandi lavori infrastrutturali destinati al pubblico, che
potrebbero, una volta realizzati, essere gestiti da imprenditori privati; sia in relazione ai
servizi pubblici, i quali, pur risolvendosi, spesso, in prestazioni economiche erogabili da
operatori privati, devono corrispondere a caratteristiche minime essenziali per l’effettivo
soddisfacimento degli interessi sottesi, che solo un soggetto pubblico può garantire.
       In entrambe le circostanze sussistono i margini per una contrattazione: ora il
soggetto pubblico necessita di capitali privati per garantire il soddisfacimento
dell’interesse generale alla realizzazione di opere infrastrutturali, per cui è disposto a
lasciare che sia l’imprenditore privato ad assicurare tale soddisfacimento nell’esercizio
del diritto di impresa di cui è titolare, limitandosi a vegliare sulla corretta esecuzione dei
lavori; ora il soggetto privato che decide di erogare servizi pubblici, consapevole di
dover adempiere ad obbligazioni predeterminate, accessorie al diritto di impresa di cui è
titolare (6), è disposto ad accollarsele in vista dei futuri profitti, mentre l’autorità
preposta alla tutela del buon funzionamento del servizio a favore degli utenti ha tutto
l’interesse a trovare l’imprenditore in grado di far fronte agli obblighi connessi,
limitandosi, nella fase post-contrattuale, a svolgere una funzione di vigilanza.
       In secondo luogo, va precisato che la stessa Comunicazione interpretativa
riconduce le concessioni agli atti dello Stato aventi ad oggetto prestazioni di attività
economiche (7), con espressa esclusione degli atti amministrativi di autorizzazione
all’esercizio di un’impresa (8), in cui l’atto autorizzatorio si limita a svolgere una
funzione di controllo circa la presenza dei requisiti richiesti dalle norme per l’esercizio
di determinate attività, configurandosi come una barriera all’ingresso (a vantaggio degli

(5) Nel Progetto di Comunicazione interpretativa della Commissione, elaborata in data 24.02.1999, sulle
Concessioni nel diritto comunitario degli appalti pubblici (in GUCE, 7 aprile 1999), n. C-94, al punto
1.3, si legge, infatti, “La collaborazione tra settore pubblico e settore privato ha assunto anche forme
diverse nel tempo e a seconda dei paesi. Alcuni paesi hanno definito, talvolta da secoli, il regime
giuridico applicabile a queste relazioni. Per lo più, esse prendono la forma di contratti di concessione”.
Ancora al punto 1.4. “Il partenariato pubblico-privato e, in particolare, il regime della concessione, che è
in pieno sviluppo, presentano un interesse di primo piano nel quadro della realizzazione del mercato
unico”. Del pari, riferimenti alla natura collaborativa delle concessioni si ritrovano anche nella stesura
definitiva della Comunicazione cit., dove, al punto 1.6., si precisa come esse si distinguano dagli appalti
pubblici “in ragione della delega di servizi d’interesse generale effettuata da questo tipo di cooperazione”.
Infine, merita ricordare che già la Comunicazione della Commissione, adottata l’11 marzo 1998,
concernente Gli appalti pubblici nell’Unione europea, Com (1998) 143, al punto 2.1.2.4. si soffermava
sul Trattamento delle concessioni e delle altre forme di partenariato pubblico/privato, stabilendo in
esordio che “Il concetto di partenariato pubblico/privato riguarda le diverse forme di partecipazione dei
capitali privati al finanziamento e alla gestione di infrastrutture e di servizi pubblici.”
(6) Si potrebbero configurare, mutatis mutandis, come qualcosa di analogo alle obbligationes propter rem,
note al diritto privato, benché queste ultime gravitino attorno al diritto di proprietà.
(7) Sono quindi esclusi gli atti relativi ad attività non economiche, come la scuola dell’obbligo o la
sicurezza sociale, v. Comunicazione, 12 luglio 2000, cit., pt. 2.4.
(8) La stessa Commissione annovera esemplificativamente tra tali atti abilitativi le concessioni di taxi,
così come, le autorizzazioni concernenti distributori di benzina.

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operatori economici preesistenti) solo quando difetti ab origine un interesse pubblico
tale da giustificare il sovrapporsi di una regolamentazione esterna rispetto alle regole del
mercato (9). In tali ipotesi non pare necessaria una cooperazione tra pubblica
amministrazione e privato imprenditore al fine di assicurare l’erogazione di un servizio
al pubblico, in quanto il mercato è in grado di adempiere a tale compito a prescindere da
un invasivo potere di "vigilanza" pubblicistica. Infatti, tali servizi si caratterizzano per
essere tendenzialmente redditizi anche al variare delle aree territoriali e dei segmenti di
mercato in cui vengono svolti (si pensi, ad esempio, all'erogazione di alimenti e
bevande); inoltre, anche qualora siano scarsamente remunerativi, si tratta pur sempre di
servizi aggiuntivi la cui mancanza non esclude la tutela effettiva di libertà fondamentali,
assicurate proprio dai cd. servizi pubblici di base (esemplificando tale rapporto sussiste
tra servizio di taxi e servizio di trasporto urbano di linea).
       In terzo luogo, prima ancora di analizzare natura e caratteri della concessione di
servizi, di cui ci occuperemo nel presente studio, merita fare chiarezza in ordine al suo
oggetto, distinguendo tra “servizi privati” resi ad un soggetto pubblico da un operatore
privato (e in quanto tali disciplinati dalla cd. direttiva servizi (10) recepita con D.LGS n.
157/1995 (11)) e, “servizi pubblici” nel senso di resi al pubblico dal prestatore (12).
       Nel primo caso l’aggettivo “pubblico” si riferisce, per un verso, al soggetto
richiedente (13) l’erogazione del servizio, per l’altro, al contratto stipulato tra il privato

(9) Cfr. Autorità garante della concorrenza e del mercato, Relazione annuale sull’attività svolta, Roma,
1996.
(10) Direttiva 92/50 del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici di servizi, in GUCE, 24 luglio 1992, n. L-209/1, modificata dalla direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1997, 97/52, in GUCE, 28 novembre 1997, n. L-328. Ricordiamo,
inoltre, che recentemente la Commissione ha presentato una proposta di direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio (proposta di direttiva n. 500/275), relativa al coordinamento delle procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture di servizi e di lavori. Lo scopo di tale nuovo intervento
normativo in materia è di semplificare il quadro giuridico esistente, risolvendo eventuali dubbi
interpretative e riunendo le tre direttive “classiche” in un unico testo normativo. Nello stesso senso si sta
muovendo il legislatore nazionale, prevedendo nell’ultima legge annuale di semplificazione
amministrativa (art. 1, c. 6, lett. o, L. n. 340/2000, in GU, 24 novembre 2000, n. 340), la creazione di un
testo unico contenente le norme in materia di appalti pubblici di servizi e forniture. Il rischio è, però, di
anticipare il nuovo intervento normativo comunitario, e di dover così rimetter mano alla normativa interna
di nuovo conio.
(11) In Suppl. ord. GU, 6 maggio 1995, n. 104, recentemente modificato dal D.LGS n. 65/2000, in GU, 24
marzo 2000, n. 70, di attuazione, fra l’altro, della direttiva 97/52/CEE cit.
(12) Tale distinzione appare ormai pacifica per la miglior dottrina, cfr.: R. CAVALLO PERIN, Comuni e
provincie nella gestione dei servizi pubblici, Napoli, Jovene, I, 1993, p. 61-66; A. ROMANO, Profili
della concessione di pubblici servizi, in Dir. amm., n. 4, 1994, p. 468; A. POLICE, La concessione di
servizi pubblici: regole di concorrenza e “privilegi” dell’amministrazione, in Riv. trim. App., 1995, p.
372 ss. In giurisprudenza si veda: Tar Emilia Romagna, Parma, 18 settembre 1995, n. 317, Soc. Teckal c.
Com. Reggio Emilia, in Riv. trim. App., 1996, p. 720 ss.; Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 1995, n. 240,
Comune di Arco c. soc. A.I.P.A., in Cons. Stato, 1995, I, 218 ss.; C. Conti, sez. contr., 11 settembre 1996,
n. 125, Min. tesoro, in Cons. Stato, 1996, II, p. 2191; Tar Toscana, sez. II, 15 maggio 1998, n. 410, Cassa
di risparmio di Pisa s.p.a. c. Provincia di Pisa, Banca Toscana s.p.a. e altro, in Foro amm., 1999, p. 158
ss.; Tar Sicilia, Catania, sez. II, 10 giugno 1999, n. 1137, in Urb. App., 1999, p. 897; Tar Toscana, 4
marzo 1999, n. 242, Soc. S. c. Regione Toscana, in TAR, 1999, I, p. 1955; Tar Lazio, Latina, sez. I bis, 30
giugno 2000, n. 5351, Soc. P.U. c. Istituti fisioterapici ospedalieri, in TAR, 2000, I, p. 3096; Cons. Stato,
sez. V, decr. Pres. 4 novembre 2000, n. 6, in giust.it, riv. on line. Si veda, infine, la nota sentenza della
Cass. civ., sez. un., 30 marzo 2000, n. 71, Asl Roma D c. Farmafactoring s.p.a., in Riv. Giur. quadrim.
pubb. serv., n. 2, 2000, p. 169 ss., in part. p. 171 dove si precisa che “Le prestazioni rese
all’amministrazione sanitaria per consentire ad essa di ottenere i beni utilizzati per gestire il servizio
sanitario si collocano “a monte” di tale servizio e non possono confondersi con le prestazioni del servizio
pubblico, il quale si caratterizza per il fatto che è erogato al pubblico degli utenti”.
(13) Per la definizione di amministrazione aggiudicatrice che va a delimitare sul piano soggettivo l’ambito
di applicazione del D.LGS n. 157/1995, si veda l’art. 2 dello stesso. Su tale nozione si rimanda a L.
RIGHI, L’ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo del D.lgs. n. 157/1995: amministrazioni

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erogatore e la stazione appaltante consistente appunto in un appalto pubblico (14) ovvero
connotato da profili di specialità rispetto al contratto di appalto disciplinato dal c.c.;
infine, alla procedura da seguirsi per la scelta del contraente (15).
       Nel secondo caso, invece, il connotato della pubblicità si riferisce alla cerchia dei
destinatari del servizio stesso, coincidente con il pubblico.
       Quindi, i servizi privati di cui abbisogna la pubblica amministrazione (come, ad
esempio, il servizio di informatizzazione (16) della stessa), in quanto erogati
direttamente alla P.A. e necessari all’espletamento delle sue funzioni (17), a certe
condizioni (18), dovrebbero sempre trovare la loro disciplina (19) in un contratto di
appalto di servizi (20), caratterizzato, come abbiamo visto, da peculiari procedure per la

aggiudicatrici e appalti pubblici di servizi, in F. MASTRAGOSTINO (a cura di), Appalti pubblici di
servizi e concessioni di servizio pubblico, Padova, Cedam, 1998, p. 67-111; P. LO GIUDICE, I soggetti
dell’appalto pubblico di servizi, in TAR, 1998, II, p. 475 ss.; S. LO RUSSO, Servizi pubblici e organismi
di diritto pubblico, in Riv. trim. App., 2001, p. 696 ss.; R. IANNOTTA, Osservazione a C. Giustizia
Comunità Europea, C. plenaria, 15 gennaio 1998, causa C-44/96, Mannesmann Anlangenbau Austria AG
c. Strohal Rotationsdruck GesmbH, in Foro amm., 1998, p. 2298 ss.; G. GRECO, Organismo di diritto
pubblico: atto primo, in Riv. It. dir. pubb. com., 1998, p. 733 ss.
(14) Per una approfondita analisi sulla natura di tale istituto si rinvia a E. STICCHI DAMIANI, La nozione
di appalto pubblico. Riflessioni in tema di privatizzazione dell’azione amministrativa, Milano, Giuffrè,
1999; si veda, inoltre: M. D’ALBERTI, Le concessioni amministrative. Aspetti della contrattualità delle
pubbliche amministrazioni, Napoli, Jovene, 1981, p. 331 ss.; G. MORBIDELLI, M. ZOPPOLATO,
Appalti pubblici, in Trattato di diritto amministrativo europeo, (diretto da M.P. CHITI e G. GRECO),
Milano, Giuffrè, 1997 p. 214 ss.; F. LAURIA, Appalti pubblici comunitari. (Gli accordi internazionali in
materia di), ivi, p. 285 ss.
(15) Sulle procedure ad evidenza pubblica si veda: F. P. PUGLIESE, R. ROTA, Le procedure di
conclusione dei contratti delle amministrazioni pubbliche, in Riv. trim. App., 1993, p. 587 ss.; P. LO
GIUDICE, L’aggiudicazione nell’appalto pubblico di servizi: procedure e criteri, in TAR, 1999, II, p. 13
ss.; M. DE PAOLIS, voce Gara, in I contratti della pubblica amministrazione, Raccolta coordinata di
giurisprudenza e legislazione, Padova, Cedam, 1999, p. 261-276, oltre ai richiami alle altre voci ivi
suggeriti; A. CAROSI, Modalità e criteri di affidamento degli appalti di servizi sotto e sopra soglia:
bando, selezione, aggiudicazione, in App. Urb. Edilizia, 1999, p. 3 ss.
(16) Sul punto vedi G. LOMBARDO, Il rapporto sulle concessioni, cit., p. 588-589.
(17) È superfluo ricordare che anche in tali ipotesi i destinatari “mediati” (rectius: indiretti) del servizio
saranno pur sempre tutti i cittadini, ma ciò si atteggia ad elemento intrinseco di ogni attività della P.A.
(18) Per un’indicazione sulle attuali soglie di applicazione della normativa comunitaria in materia di
appalti di servizi: M. URBANI, Appalti di servizi, forniture e lavori alla luce della nuova direttiva n.
97/52/CE, in Nuova Rass., n. 1, 1997, p. 43-45; R. COLAGRANDE, Gli appalti pubblici di servizi a
seguito del DLGS 25 febbraio 2000, n. 65, in Nuove Leggi civ. comm., n. 5, 2000, p. 916-918.
(19) Questo non accade, ad esempio, per l’attività di gestione, manutenzione e sviluppo dei servizi
informativi automatizzati nelle pubbliche amministrazioni, sopra menzionati, poiché il legislatore
interviene con leggi ad hoc sancenti il regime concessorio (si veda, ad esempio, la L. n. 194/1984, in GU,
5 giugno 1984, n. 153 e la L. n. 81/1992, in GU, 14 febbraio 1992, n. 37, oltre alla L. n. 39/1993, in GU,
20 febbraio 1993, n. 42, contenente norme generali in materia). In tali casi la concessione va a
sovrapporsi al campo di applicazione del contratto di appalto perdendo la propria identità giuridica,
esaurendosi così in un mero nomen iuris, con l’unico intento di aggirare le procedure di evidenza
pubblica, anche se, come vedremo, tale scopo appare frustrato da una corretta lettura delle norme di
diritto positivo.
(20) Per un esame della disciplina degli appalti pubblici di servizi si veda: I. DEL CASTILLO, C.
GALTIERI, U. REALFONZO, Appalti pubblici di servizi, Analisi e commento del DLGS 17 marzo 1995,
n. 157 di recepimento della direttiva n. 92/50/CEE, Appendice normativa aggiornata con la direttiva 13
ottobre 1997, n. 97/52/CE, seconda edizione, Milano, Pirola, 1998; G. GRECO, Gli appalti pubblici di
servizi, in Riv. It. Dir. pubb. com., 1995, p. 1285 ss.; S. GIACCHETTI, Gli appalti pubblici di servizi,
questi sconosciuti, in Rass. Giur. energia elett., 1996, p. 865 ss.; P. LO GIUDICE, I caratteri propri
dell’appalto di servizi, in TAR, 1998, II, p. 419 ss.; Id., Gli appalti pubblici di servizi nella disciplina
comunitaria e nazionale, ivi, 1998, II, p. 365 ss.

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scelta del contraente, volte ad evitare che il soggetto pubblico possa approfittare della
propria posizione contrattuale per falsare il libero gioco della concorrenza (21).
      Mentre i servizi pubblici, ovvero destinati alla collettività, fuoriescono
dall’oggetto tipico del contratto di appalto pubblico e, per converso, sfuggono alla
disciplina normativa sancita per tale fattispecie negoziale.
      Da ciò segue che non si verifica alcun tipo di violazione della normativa-appalti
qualora un servizio pubblico venga erogato da un imprenditore in forza di una
concessione. Ci preoccuperemo di chiarire nel prosieguo della trattazione quale senso
abbia il ricorso a tale atto concessorio nell’ambito di un sistema di mercato in cui vanno
scemando le riserve originarie o esclusive di attività a favore dei pubblici poteri (22).
      Appare, dunque, possibile sostenere che appalto pubblico di servizi e concessione
di servizi pubblici rappresentino figure giuridiche ben distinte (23). E proprio dalle linee
distintive sopra evidenziate, la stessa Commissione trae il corollario, peraltro già
affermatosi in dottrina (24) e presso una recente giurisprudenza (25), per cui, nel contratto
di appalto, l’appaltatore non si assume alcun rischio di gestione, gravando, non a caso,
sulla pubblica amministrazione il corrispettivo del servizio reso (26), mentre, nella
concessione di servizi “l’operatore si assume i rischi di gestione del servizio (sua

(21) È evidente come in tal modo si garantisca pure il rispetto dell’art. 97 cost., e conseguentemente il
miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico, che si sostanzia nella possibilità di discernere l’offerta
più vantaggiosa.
(22) Vedi, infra, § 2.
(23) Contra: A. ROMANO TASSONE, La concessione a terzi dei servizi pubblici locali, in Regione gov.
loc., n. 1-2, 1992, p. 84-86; G. DI GASPARE, Tra Stato e mercato: l’insostenibile leggerezza della
concessione amministrativa, cit., p. 508 e 518 ss., dove l’autore sostiene che la concessione di servizi è
figura dalla “intrinseca inconsistenza giuridica” finendo per concludere che “oltre che dal punto di vista
della struttura del contratto, anche dal punto di vista funzionale non si riscontra possibilità alcuna di
riconoscere autonomo rilievo alla concessione di pubblico servizio rispetto all’appalto”; E. PICOZZA,
Appalti pubblici di servizi, Rimini, Maggioli, 1995, p. 242, secondo cui “quando un istituto, che, secondo
la regolamentazione nazionale costituirebbe concessione di pubblico servizio, compare nell’allegato della
direttiva 92/50, esso diventa a tutti gli effetti un appalto pubblico di servizi”; M. TUCCI, Appalto e
concessione di pubblici servizi, profili di costituzionalità e di diritto comunitario, Padova, Cedam, 1997,
p. 70-95, il quale conclude che la concessione di pubblico servizio “sembra aver perso a seguito
dell’evoluzione tecnologica, forse, la propria stessa ragion d’essere. Si è convinti che siamo infatti in una
fase di evoluzione al termine della quale la P.A. perderà molti dei propri “privilegi” e dovremo forse
riscrivere molte delle regole che disciplinano il rapporto tra P.A. e cittadino. Regole destinate a
incrementare i rapporti paritetici con drastico ridimensionamento o scomparsa di figure, come quella della
concessione, che detta pariteticità non postulano”.
(24) Si veda in particolare A. POLICE, La concessione di servizi pubblici: regole di concorrenza e
privilegi dell’amministrazione, cit., p. 378 ss.; A. M. BALESTRERI, Note sulla distinzione fra “appalti
pubblici di servizi” e “concessioni di servizi pubblici”, in Riv. trim. App., 1996, p. 735; B. MAMELI,
Servizio pubblico e concessione. L’influenza del mercato unico sui regimi protezionistici e regolamentati,
Milano, Giuffrè, 1998, p. 451-452; G. GRECO, Gli appalti pubblici di servizi e le concessioni di pubblico
servizio, in F. MASTRAGOSTINO (a cura di), Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizio
pubblico, op. cit., p. 9; Id., Le concessioni di lavori e di servizi nel quadro dei contratti di diritto
pubblico, in Riv. It. Dir. pubb. com., 2000, p. 997.
(25) Tar Puglia, Bari, sez. II, 23 aprile 1998, n. 367, Soc. Puliappalti c. Comune di Bari, Soc G.E.P.I. e
C.G.I.L. ed altri, in TAR, 1998, I, p. 2753 ss. Si veda anche Tar Puglia, sez. I, 20 marzo 2000, n. 1067,
Consorzio L.Q. c. Regione Puglia, in TAR, 2000, I, p. 2790. Indicazioni in tal senso si traggono anche da
C. Giustizia Comunità europea, 26 aprile 1994, causa C-272/91, Commissione c. Italia, in Racc., 1994, I,
p. 1409; Id., 24 settembre 1998, causa C-76/97, Togel c. Niederosterreichische Gebietskrankenkasse, in
Urb. App., 1999, p. 221 ss., con nota di M. PROTTO.
(26) Esemplificando, la banca appaltatrice del servizio di tesoreria di un ente locale, non si assume alcun
rischio nella gestione del servizio, poiché una volta aggiudicatole l’appalto, riceverà periodicamente il
corrispettivo dall’ente appaltante e non dai cittadini che mediatamente ne beneficiano, i quali ultimi non
scelgono la banca cui rivolgersi in quanto la scelta è già stata fatta a monte dal soggetto pubblico.

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istituzione e gestione) rifacendosi sull’utente, soprattutto per mezzo della riscossione di
un qualsiasi tipo di canone.” (27)
       La distinzione così delineata tra concessione e appalto non deve affatto essere
interpretata come la premessa per l’elusione delle regole procedurali poste a tutela della
concorrenza (28). In realtà, nell’ambito dell’ordinamento interno a tale conclusione si
doveva giungere anche prima dell’espressa presa di posizione della Commissione in tal
senso (29). Infatti, l’agire della pubblica amministrazione deve sottostare al rispetto dei
principi di imparzialità, buona amministrazione ed economicità sanciti dall’art. 97 cost.
e oggi dall’art. 1 Legge n. 241/1990 (30). Non pare, quindi, compatibile con la disciplina
pubblicistica che regola la materia il riconoscimento di un potere puramente
discrezionale della P.A. nella scelta del concessionario (31).

(27) Comunicazione della Commissione, 12 aprile 2000, cit. pt. 2.2.
(28) La necessità di garantire l’esperimento di una gara è sostenuta da una parte della dottrina sulla base di
diverse argomentazioni cfr.: E. PALMIERI, La scelta del concessionario nella concessione di pubblici
servizi: evidenza pubblica o discrezionalità?, in Riv. trim. App., 1988, p. 1044 ss.; G. TURCO LIVERI,
Appalto e concessione dei servizi pubblici, in Comuni d’It., 1993, p. 1180; F. FRACCHIA, Servizi
pubblici e scelta del concessionario, in Dir. amm., n. 3, 1994, p. 408; C. MALINCONICO, Le
concessioni e le convenzioni, in Servizi pubblici locali e nuove forme di amministrazione, Atti del XLI
Convegno di studi di scienza dell’amministrazione, Varenna, 21-23 settembre 1995, Milano, Giuffrè,
1997, p. 119-120; F. GIGLIONI, Osservazioni sulla evoluzione della nozione di “servizio pubblico”, in
Foro amm., 1998, p. 2282-2284. Si veda da ultimo: R. CAVALLO PERIN, I principi come disciplina
giuridica del pubblico servizio tra ordinamento interno ed ordinamento europeo, in Dir. amm, n. 1, 2000,
p. 60-61 e p. 70; G. GRECO, Gli appalti pubblici di servizi e le concessioni di pubblico servizio, op. cit.,
p. 27-29; Id., Gli affidamenti “in house” di servizi e forniture, le concessioni di pubblico servizio e il
principio della gara, in Riv. It. Dir. pubb. com., 2000, p. 1464-1466.
(29) La Commissione ha, infatti, precisato che, benché, non sussista allo stato attuale, un regime giuridico
specifico per le concessioni di servizio, ciò non significa che queste possano derogare alle norme del
Trattato come interpretate dalla Corte di Giustizia. Dovranno, quindi, essere rispettati i principi di non
discriminazione, di parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità (cfr.
Comunicazione della Commissione, 12 aprile 2000, cit., pt. 3). Ritiene, invece, che l’obbligo di esperire
una gara per il conferimento di concessioni di servizio pubblico non sia ricavabile dai principi del Trattato
F. GIOSIS, Rapporto di controllo, scelta del gestore di servizio pubblico, principi del diritto comunitario,
in Dir. proc. amm., n. 2, 2000, p. 589 ss. e p. 618 ss.
(30) In GU, 18 agosto 1990, n. 192.
(31) Cfr.: Cons. Stato, sez. VI, 22 ottobre 1971, n. 749, Soc. p. az. Armasarda di Cagliari c. Min. Marina
mercantile e soc. p. az. Rimorchiatori sardi, in Cons. Stato, 1971, I, p. 1898; Cons. Stato, sez. VI, 31
ottobre 1972, n. 696, Soc. gestione rimorchiatori in Genova c. Consorzio autonomo porto di Genova e
Soc. rimorchiatori riuniti, in Cons. Stato, 1972, I, p. 1830; Tar Lazio, sez. I, 8 aprile 1981, n. 317,
Antonelli c. Co. Re. Co. di Roma, in TAR, 1981, I, p. 1469; Tar Liguria, 4 marzo 1986, n. 73, Società
Aereanavale c. Consorzio autonomo porto Genova, in Quad. reg., 1986, p. 366; Tar Lombardia, Milano,
sez. I, 8 giugno 1988, n. 767, Comune di Turate c. Regione Lombardia, in Riv. trim. App., 1988, p. 1040
ss.; Tar Piemonte, sez. II, 11 aprile 1995, n. 235, Sacagica s.r.l. c. Comune di Vinovo, S. Germano s.r.l. e
altri, in Foro amm., 1995, p. 1946 ss.; Cass. civ., sez. un., 6 maggio 1995, n. 4989, Siena Parcheggi s.p.a.
c. Impresa ing. Fortunato Federici s.p.a., in Foro amm., 1996, p. 32 ss.; Tar Lombardia, Milano, 23
settembre 1998, n. 2167, Soc. CO.RE.GAS c. Com. Stradella e altro, in Giur. merito, 1999, p. 864; C.
Cost., 19 giugno 1998, n. 226, Brumital s.p.a., in Giur. cost., 1998, I, p. 1765 ss., di cui, attesa
l’autorevolezza del giudicante merita riportare una parte della massima: “Anche se pertiene
indefettibilmente all’appalto il profilo, istituzionalizzato, della scelta del contraente, finalizzata alla
migliore realizzazione dell’interesse pubblico, secondo i principi della concorrenza tra imprenditori e
della parità di trattamento dei concorrenti nella gara, non si può ignorare che il principio di acquisizione
della prestazione alle condizioni più favorevoli per la pubblica amministrazione non rimane estraneo
neppure alle concessioni di pubblico servizio, in vista dell’esigenza della migliore soddisfazione
dell’interesse pubblico che l’imprenditore è tenuto a realizzare, attraverso una ricerca di mezzi adeguati e
pertinenti allo scopo, tale da comportare una selezione tra gli stessi (soprattutto in tempi di eliminazione
dei regimi monopolistici) [..]”. Si vedano, inoltre, le recenti pronunce di: Cons. Stato, sez. V, 24
settembre 1999, n. 1172, Soc. I.G.M. c. Com. Barlassina, in Giur. It., 2000, p. 849; Tar Lombardia, sez.
III, 29 giugno 1999, n. 2523, Soc. I. c. Comune di Cassano d’Adda e Soc. A., in TAR, 1999, I, p. 3211;

                                                      6
Inoltre, talvolta l’obbligo di garantire l’esperimento di procedure aperte deriva già
da speciali norme di legge, come nel caso dell’abrogato art. 267 del RD n. 1175/1931
(32) il quale prevedeva, come modalità di scelta del concessionario, la regola dell’asta
pubblica, contrapposta a licitazione o trattativa privata, esperibili soltanto qualora
“circostanze speciali in rapporto alla natura dei servizi lo consiglino”. Tale obbligo
trovava, inoltre, conferma nell’art. 56 della L. n. 142/1990 (33), come modificato
dall’art. 14 L. n. 265/1999 (34), e ora trasfuso nell’art. 192 D.LGS n. 267/2000 (35)
recante Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (36).
       Un altro esempio della necessità di esperire una gara per la scelta del
concessionario si ritrova anche nella legge in materia di servizi idrici (37), il cui art. 20,
c. 1, nel disciplinare l’istituto della concessione di gestione del servizio a soggetti
estranei alla P.A., stabilisce espressamente che “La concessione a terzi della gestione
del servizio idrico nei casi previsti dalla presente legge, è soggetta alle disposizioni
dell’appalto pubblico di servizi degli enti erogatori di acqua in conformità alle vigenti
direttive della Comunità europea in materia, secondo modalità definite con decreto del
Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’ambiente. [..]”.
       Benché a ben sette anni di distanza da tale previsione, l'attuale Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio ha provveduto ad emanare il decreto contenente
le modalità di affidamento in concessione a terzi della gestione del servizio idrico
integrato (38), ribadendo che il concessionario deve essere scelto mediante gara.
       Correttamente, poi, nella relativa circolare interpretativa (39) il Ministro sottolinea
che l'affidamento in concessione deve coesistere con un sistema di gara aperto al fine di
risultare compatibile con gli artt. 49 ss. del Trattato CE e con i principi di trasparenza e
parità di trattamento.
       Esiste, dunque, un denominatore comune tra le due figure giuridiche dell’appalto
e della concessione: entrambi possono e devono garantire la concorrenza per il mercato.
Ciò impedisce, allora, di sostenere che le concessioni si caratterizzino per un intrinseco
contrasto con il principio della gara, che anzi vi si può ben coniugare.
       Viene, quindi, a cadere la ratio stessa del disappunto che spesso si accompagna
all’analisi dello strumento concessorio. Infatti, il dito dovrà essere semmai puntato
contro quelle prassi di utilizzo della concessione quale mezzo per non applicare le
procedure ad evidenza pubblica, magari riconducendo scorrettamente i servizi privati
resi alla pubblica amministrazione nell’ambito dei servizi pubblici e
contemporaneamente ritenendo che la concessione di servizi sia addirittura al di sopra

Cons. Stato, sez. VI, 6 settembre 2000, n. 4688, Com. S. Vittore Olona c. Enpa, in Urb. App., 2000,
p.1264; Tar Lazio, sez. II, ord. 11 gennaio 2001, n. 179, in giust.it, riv. on line.
(32) In Suppl. ord. GU, 16 settembre 1931, n. 214, recante Testo Unico per la finanza locale, ricordiamo
che l'art. 35, c. 13, della legge finanziaria 2001 ne ha abrogato gli artt. 265-267.
(33) In Suppl. ord. GU, 12 giugno 1990, n. 135.
(34) In Suppl. ord. GU, 6 agosto 1999, n. 183.
(35) In Suppl. ord. n. 162/L, GU, 28 settembre 2000, n. 227.
(36) Per chiarezza espositiva si riporta il testo dell’art. 192, da ultimo citato: “Determinazioni a
contrattare e relative procedure. 1. La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita
determinazione del responsabile del procedimento di spesa indicante: a) il fine che con il contratto si
intende perseguire; b) l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali; c) le modalità
di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle pubbliche
amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base. 2. Si applicano, in ogni caso, le procedure previste
dalla normativa della Unione europea recepita o comunque vigente nell'ordinamento giuridico italiano”.
(37) Si tratta della Legge 5 gennaio 1994, n. 36 (in Suppl. ord. GU, 19 gennaio 1994, n. 14), recante
Disposizioni in materia di risorse idriche.
(38) Si tratta del DM, 22 novembre 2001, in GU, 1 dicembre 2001, n. 280.
(39) Circolare 22 novembre 2001, n. GAB/2001/11560/BOI contenente Esplicazioni relative alle modalità
di affidamento in concessione a terzi della gestione del servizio idrico integrato, a norma dell'art. 20,
comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, ibidem.

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delle norme del Trattato (40), visto che nessuna direttiva, per il momento, se ne occupa
(41). Ma sarà facile intuire come, in tali ipotesi, non ci si trovi innanzi all’applicazione di
un istituto obsoleto, bensì alla sua applicazione scorretta rientrante a pieno titolo
nell’ambito della patologia giuridica.

2. Obblighi di servizio pubblico e funzione di vigilanza

       A questo punto, ci si potrebbe, chiedere che senso abbia rispolverare l’istituto
della concessione di servizi nell’era delle liberalizzazioni, in cui si è cercato di garantire
il superamento dei regimi di riserva del diritto di impresa in capo ai soggetti pubblici, in
quanto tale ultimo assetto, convivendo con la formazione di monopoli, finiva per
determinare spesso violazioni del diritto comunitario della concorrenza (42).
       In realtà, a parere di chi scrive, il rinnovato interesse da parte delle istituzioni
dell’Unione per la figura della concessione conferma come essa non si possa
configurare come un provvedimento amministrativo con cui il soggetto pubblico, unico
titolare del diritto di impresa (43), amplia la sfera giuridica del privato destinatario
ammettendolo all’esercizio di un diritto, di cui quest’ultimo non ha la titolarità. Se così
fosse, si dovrebbe assistere all’estinzione dell’istituto, quanto meno nell’ambito dei

(40) Un simile errore inficia, fra l’altro, le pronunce di: Cass. civ., sez. un., 29 novembre 1989 n. 5222,
Banca popolare Castelfranco Veneto c. Comune Vedelago, in Giust. civ. Mass., 1989, f. 11; Tar Emilia
Romagna, Bologna, sez. I, 13 luglio 1995, n. 622, Carimonte Banca s.p.a., Comune di Bologna c. Cassa
di risparmio di Bologna e altro, in Riv. trim. App., 1995, p. 353 ss.; Tar Lazio, sez. I, 2 dicembre 1995, n.
2022, Banca Roma c. Asl Roma A e altro, in Foro amm., 1996, p. 1666; Tar Emilia Romagna, sez. Parma,
6 febbraio 1996, n. 27, Banca Carimonte c. Az. ospedaliera Parma e altro, in TAR, 1996, I, p. 1384; Tar
Liguria, sez. II, 22 novembre 1996, n. 445, Cassa risp. La Spezia c. Com. Bolano e altro, ivi, 1997, I, p.
176; Tar Lombardia, Brescia, 6 ottobre 1999, n. 837, O.S.A. ed altro c. Ministero interno ed altri, ivi,
1999, I, p. 4725.
(41) Merita ricordare, come, in passato vi fu il tentativo, poi fallito, di regolamentare con una direttiva la
concessione di servizi pubblici. Infatti, il 28 agosto 1991 la Commissione presentò al Consiglio una
proposta aggiornata di direttiva per il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici di servizi (proposta di direttiva n. 91/250, in GUCE, 25 settembre 1991, n. C-250/4), in cui ci si
preoccupava anche di definire la concessione di servizi pubblici come “un contratto diverso dalla
concessione di lavori pubblici, ai sensi dell’art. 1, lett. d) della direttiva 71/305, concluso fra
un’amministrazione e un altro ente di sua scelta, in forza del quale l’amministrazione trasferisce all’ente
l’esecuzione di un servizio al pubblico di sua competenza e l’ente accetta di svolgere tale attività avendo
come corrispettivo il diritto di sfruttare il servizio, ovvero tale diritto accompagnato da una
controprestazione pecuniaria”. Il prosieguo degli eventi, com’è noto, portò all’eliminazione di ogni
riferimento alla concessione di servizi pubblici nell’ambito della direttiva di coordinamento delle
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (direttiva 92/50/CEE del Consiglio, cit.). Per
alcune osservazioni sulla portata dell’originaria proposta di direttiva si veda: A. POLICE, La concessione
di servizi pubblici: regole di concorrenza e “privilegi” dell’amministrazione, cit., p. 369 ss.; M.
RAMAJOLI, Concessioni di pubblico servizio e diritto comunitario. Autonomia e responsabilità degli
Stati membri nei confronti del disegno liberalizzatore comunitario, in Dir. amm., n. 4, 1993, p. 564 ss.; F.
CHIACCHELLA, M. CAMPANALE, Prospettive per la regolamentazione europea di servizi e
concessioni, in Regione gov. loc., n. 1-2, 1992, p. 249 ss., dove vi è un’interessante analisi dello studio in
materia di concessione svolto dal Comitato consultivo sulle commesse pubbliche (studio Booz, Allen e
Hamilton – CC 91/05), oltre che della ricerca condotta dal gruppo di lavoro Eureau (Commissione III –
legislazione e appalti).
(42) Si veda G.M. RACCA, I servizi pubblici nell’ordinamento comunitario, in Dir. amm., 1994, p. 225
ss.; G. PERICU, Il rapporto di concessione di pubblico servizio, in G. PERICU, A. ROMANO, V.
SPAGNUOLO VIGORITA (a cura di), La concessione di pubblico servizio, Milano, Giuffrè, 1995, p. 90;
B. MAMELI, Servizio pubblico e concessione. L’influenza del mercato unico sui regimi protezionistici e
regolamentati, op. cit., p. 150-157.
(43) La definizione della riserva quale titolarità esclusiva in capo all’amministrazione di diritti di proprietà
o di impresa è di M.S. GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, Il Mulino, 1985, p. 87 e p.
133-134.

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servizi pubblici di rilevanza economica, mentre tale dato non pare trovare conferma nel
diritto positivo.
       Infatti, a seguito del recente fenomeno di liberalizzazione che ha coinvolto le
public utilities, i privati divengono sempre più spesso titolari del diritto di impresa
anche nell’ambito di tali settori economici tradizionalmente riservati. Viene, dunque, da
chiedersi quale sia, allo stato attuale, il ruolo e la funzione da attribuire alla concessione.
       In verità, alla luce dell’esperienza normativa, già da tempo una parte della
dottrina(44) ha avuto cura di avvertire che non sempre l’istituto della concessione si
accompagna ad una riserva di attività a favore dei pubblici poteri.
       Ma prima di provare a fornire una migliore definizione della concessione di
servizio, pare necessario soffermarci sulla nozione stessa di servizio pubblico (45), nel
tentativo di coglierne i tratti peculiari e i relativi rapporti con il regime concessorio.
       Occorre prendere atto che la materia dei servizi pubblici non può, oggi, essere
trattata ignorando gli orientamenti del diritto europeo; osservando, però, che la
giurisprudenza comunitaria si è curata di circoscrivere la nozione di servizio economico
d’interesse generale ai fini dell’applicazione dell’art. 86 (ex art. 90) del Trattato, il
quale, soltanto con riferimento a detta tipologia di servizio, ammette una deroga a
favore dei gestori al rispetto delle regole di concorrenza qualora l’applicazione di tali
norme impedisca l’adempimento “in linea di diritto e di fatto, della specifica missione
loro affidata”.
       Dalle pronunce della Corte di giustizia si desume che è servizio d’interesse
economico generale il servizio di base (46) che le pubbliche autorità vogliono sia
assicurato ad ampie fasce di utenti che ne sono i diretti destinatari (47). Il motivo che si

(44) Vedi U. POTOTSCHING, I pubblici servizi, Padova, Cedam, 1964, p. 425 ss.; G. BERTI, La
pubblica amministrazione come organizzazione, Padova, Cedam, 1968, p. 497 ss.; M. D’ALBERTI, Le
concessioni amministrative. Aspetti della contrattualità delle pubbliche amministrazioni, op. cit., p. 318-
319 e p. 326; Id., voce Concessioni amministrative, in Enc. giur. Treccani, VII, Roma,1990, p. 6, con
ampi richiami bibliografici cui si rinvia; C. MALINCONICO, Servizi pubblici locali e nuove forme di
amministrazione, op. cit., p. 107; M. MAZZAMUTO, Concessionario privato ed evidenza pubblica, o
meglio concessionario privato e tutela della concorrenza, in Dir. pubb., 1997, p. 189 e in part. nota n. 6;
D. SORACE, Servizi pubblici e servizi (economici) di pubblica utilità, in Dir. pubb., 1999, p. 405, in part.
nota n. 90. Contra: E. SILVESTRI, voce Concessioni amministrative, in Enc. dir., Milano, Giuffrè, 1961,
p. 371 e p. 376; S. CASSESE, Dalla vecchia alla nuova disciplina dei servizi pubblici, in Rass. Giur.
energia elett., 1998, p. 233; G. GRECO, Le concessioni di pubblici servizi tra provvedimento e contratto,
in Dir. amm., n. 3-4, 1999, p. 384; A.M. BALESTRERI, Monopoli legali nei cd. settori esclusi: rispetto
delle prerogative degli Stati membri o tutela effettiva della concorrenza?, in Riv. It. Dir. pubb. com.,
1993, p. 487-490 e in part. note nn. 15 e 21.
(45) Non essendo questa la sede opportuna per analizzare l’evoluzione e il significato della nozione di
servizio pubblico nell’ordinamento italiano, ci limitiamo a rinviare alla precisa ricostruzione di F.
MERUSI, voce Servizio pubblico, in Noviss. Dig. It., XVII, Torino, Utet, 1970, p. 215 ss., e a quelle più
recenti di B. MAMELI, Servizio pubblico e concessione. L’influenza del mercato unico sui regimi
protezionistici e regolamentati, op. cit., p. 3-391 e R. VILLATA, Pubblici servizi, discussioni e problemi,
seconda edizione, Milano, Giuffrè, 2001, p. 3 ss., e note nn. 4 e 5 per alcuni significativi rimandi
bibliografici.
(46) Cfr.: C. Giustizia della Comunità Europea, causa C-320/91, Corbeau c. Règie des Postes, in Racc.,
1993, I, p. 2533. Il servizio di base costituisce un’utilità minima fondamentale per il soddisfacimento
degli interessi sottesi, che non tiene conto delle specifiche e differenziate esigenze degli utenti, richiedenti
prestazioni supplementari rispetto a quelle normalmente rese. Cfr. G. TELESE, Servizio di interesse
economico generale e servizio universale nella giurisprudenza e nella normativa comunitaria, in Jus,
1999, p. 957. Nel caso di specie la Corte considerò servizio differenziato la raccolta domiciliare della
corrispondenza e il servizio di corriere rapido.
(47) C. Giustizia Comunità europea, causa C-179/90, Merci convenzionali porto di Genova s.p.a. c.
Siderurgica Gabrielli, in Racc., 1991, I, p. 5889, in part. p. 5919, Conclusioni dell’avv. gen. W. Van
Gerven.

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pone a fondamento di tale volontà dovrebbe essere, in primis, quello di assicurare il
progresso sociale e, contemporaneamente, economico della collettività (48).
       Benché, la nozione italiana di servizio pubblico (49), ricomprendendo anche la
prestazione di servizi non economici (50), non paia perfettamente coincidente, per
eccesso, con la figura comunitaria di servizio d’interesse economico generale (51), tale
giustificazione dell’intervento pubblico sembra emergere anche nell’ambito
dell’ordinamento interno. L’art. 112 del Testo Unico delle leggi sulle Autonomie locali
dichiara, infatti, espressamente che i servizi pubblici hanno ad oggetto produzione di
beni e attività “rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e
civile delle comunità locali”.
       Inoltre, i pubblici poteri dovrebbero essere spinti ad ergersi garanti di quelli che
sono i caratteri fondamentali del servizio pubblico dalla circostanza che i servizi così
individuati finiscono per incidere sul contenuto concreto di diritti fondamentali di cui
gli utenti sono titolari (52). Intendiamo riferirci, ad esempio, alla libertà di
comunicazione in relazione al servizio postale e di telecomunicazione, alla libertà di
circolazione con riferimento ai servizi di trasporto, al diritto ad una certa qualità della
vita e al diritto di impresa, così come correlati ai servizi di fornitura di energia elettrica,
gas ed acqua (53), e così via.
       La doverosità che connota tali servizi implica, dunque, che essi devono essere
erogati secondo predeterminate modalità e caratteri intrinseci, ovvero con regolarità,

(48) Basti pensare alla rilevanza che presentano alcuni dei servizi definiti di interesse economico generale
dalla Corte di Giustizia non soltanto per il soddisfacimento di esigenze fondamentali degli utenti, ma
anche per la vita economica della comunità. Intendiamo riferirci, ad esempio, al servizio di distribuzione
di energia elettrica (C. Giustizia Comunità Europea, causa C-393/92, Comune di Almelo e altri c. IJM, in
Racc., 1994, I, p. 1477); alla gestione del servizio postale (C. Giustizia della Comunità europea, causa C-
320/91, Corbeau c. Règie des Postes, cit.), e della rete telefonica pubblica (C. Giustizia Comunità
Europee, causa C-18/88, RTT c. GB-Inno-BM SA, in Racc., 1991, I, p. 5941); al servizio prestato
dall’ufficio federale tedesco per l’occupazione che garantisce l’incontro tra domanda e offerta di lavoro
(C. Giustizia Comunità Europea, causa C-41/90, Hofner c. Macrotron Gmbh, in Racc., 1991, I, p. 1979
ss.).
(49) Si ricorda che gli Stati membri sono liberi di definire ciò che considerano servizio di interesse
economico generale, purché non incorrano in errori manifesti, giustificanti l’intervento correttore delle
Istituzioni comunitarie. Così si argomenta nella Comunicazione della Commissione del 20 settembre
2000, di cui si dirà infra, alla nota n. 56.
(50) Merita, però, ricordare come una parte della dottrina ritenga che anche nell’ambito dell’ordinamento
interno i servizi sprovvisti di rilevanza economica vadano a creare una tipologia a sé stante, ovvero quella
dei servizi sociali. In tal senso vedi E. FERRARI, I servizi sociali. Introduzione, materiali e coordinate,
Milano, Giuffrè, I, 1986, p. 92, p. 193 e p. 175; Id. Diritto alla salute e prestazioni sanitarie tra
bilanciamento e gradualità, (Nota a C. Cost., 16 ottobre 1990, n. 455, Comune Trento c. Provincia
autonoma Trento), in Le Reg., 1991, p. 1513.
(51) Ora disciplinato dagli artt. 86 (ex art. 90) e 16 (ex 7 bis) del Trattato. Per le novità introdotte dal
Trattato di Amsterdam si veda L. G. RADICATI DI BROZOLO, La Nuova disposizione sui servizi di
interesse economico generale, in Dir. Unione Europea, 1998, p. 527 ss.
(52) Si veda il DPCM, 27 gennaio 1994, in GU, 22 febbraio, n. 43, al cui art. 1 si legge: “La presente
direttiva dispone i principi cui deve essere uniformata progressivamente, in generale, l'erogazione dei
servizi pubblici. Ai fini della presente direttiva sono considerati servizi pubblici, anche se svolti in regime
di concessione o mediante convenzione, quelli svolti a garantire il godimento dei diritti della persona,
costituzionalmente tutelati, alla salute, all'assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla libertà di
comunicazione, alla libertà e alla sicurezza della persona, alla libertà di circolazione, ai sensi dell'art. 1
della legge 12 giugno 1990, n. 146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas”.
(53) Si ricorda che l’attività di servizio pubblico consiste, da un punto di vista oggettivo, nell’erogazione
di prestazioni che possono anche esaurirsi nella fornitura di beni, come, ad esempio, l’energia. In tale
ultimo caso il beneficiario diviene “utilizzatore del complesso di strutture e di attività che della consegna
del prodotto costituisce il contesto, di cui la consegna del prodotto si rivela essere solo il risultato ultimo:
del servizio, appunto”, così A. ROMANO, Profili della concessione di pubblici servizi, cit., p. 464.

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continuità, qualità, sicurezza, parità di trattamento e via dicendo (54); solo così, infatti,
può essere garantita tutela effettiva di quegli interessi che godono di una protezione di
rango costituzionale (55). Ed è proprio tale doverosità, su cui sono chiamate a vigilare le
pubbliche Istituzioni, a giustificare le deroghe alle regole di concorrenza ammesse dal
Trattato, laddove non sarebbe altrimenti possibile assicurare il regolare adempimento
della prestazione.
      La Commissione europea (56) è poi intervenuta più volte sul tema, per fare
chiarezza sul concetto di servizio pubblico universale, inteso come una species del
genus servizio d’interesse economico generale; non si tratta più di un servizio che deve
essere erogato in modo tale che una pluralità di soggetti possano averne garantito
l’accesso effettivo, bensì di un servizio corrispondente ad un predeterminato standard di
qualità cui tutti i potenziali utenti possano accedere in qualsiasi luogo geografico si
trovino e ad un prezzo abbordabile (57).
      Si può, quindi, osservare come, una volta circoscritta la nozione interna di
servizio pubblico a quello concernente l’erogazione di prestazioni economiche, sia
possibile assimilarlo al servizio d’interesse economico generale, caratterizzandosi
entrambe le categorie giuridiche per quella destinazione al pubblico che è venuta ad
emergere anche nel nostro ordinamento nell’intento di distinguere, come si è visto
sopra, i servizi pubblici dai servizi resi alla P.A., e solo in quanto tali connotati da una
sfera di pubblicità.
      Per quanto riguarda, invece, la figura del servizio pubblico universale essa è stata
introdotta nel nostro ordinamento a seguito del recepimento delle normative
comunitarie di settore (58), assumendone la stessa portata specificatoria.

(54) Cfr. D. SORACE, Servizi pubblici e (servizi economici) di pubblica utilità, cit. p. 393; R. CAVALLO
PERIN, I principi come disciplina giuridica del pubblico servizio tra ordinamento interno ed
ordinamento europeo, cit. p. 60 ss. Vedi anche: C. Giustizia Comunità Europea, causa C-393/92, Comune
di Almelo e altri c. IJM, cit.
(55) In tal senso si è pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n. 123/1962, in cui il servizio
pubblico essenziale veniva definito come un’attività di preminente interesse generale in quanto afferente a
“interessi che trovano diretta protezione in principi consacrati nella costituzione”. Cfr. sentenza n.
31/1969.
(56) Intendiamo riferirci, in primis, alla Comunicazione della Commissione europea, adottata l’11
settembre 1996, 96/C, sui Servizi di interesse generale in Europa, in GUCE, 26 settembre 1996, n. C-
281/3, dove viene riportata la distinzione tra servizio di interesse generale, servizio di interesse
economico generale e servizio universale. Per un commento si veda: N. RANGONE, Commento alla
Comunicazione della Commissione su “I servizi di interesse generale in Europa” dell’11 settembre 1996,
in Giorn. Dir. amm., 1997, p. 386 ss.; nonché F. GIGLIONI, Osservazioni sulla evoluzione della nozione
di “servizio pubblico”, cit., p. 2284-2287. Benché tale atto non sia vincolante per gli Stati membri, che
sono, invece, tenuti a rispettare le norme del Trattato in materia di servizi, non si può negare come funga
da punto di riferimento interpretativo al fine di comprendere rapporti e differenze tra la nozione di
servizio pubblico comunitaria e quella nazionale. Per una riflessione su tali diverse nozioni vedi: G.
TELESE, Il servizio di interesse economico generale e servizio universale nella giurisprudenza e nella
normativa comunitaria, cit., p. 459 ss.; B. MAMELI, Servizio pubblico e concessione. L’influenza del
mercato unico sui regimi protezionistici e regolamentati, op. cit., p. 157-175. La prima Comunicazione in
materia è stata recentemente aggiornata dalla Comunicazione del 20 settembre 2000, Com (2000) 580
def., pubblicata in GUCE, 19 gennaio 2001, n. C-17.
(57) Tale è il servizio di telecomunicazioni. In tale settore il riferimento al servizio universale si trova sia
nella direttiva CE, 13 dicembre 1995, n. 62, in GUCE, 30 dicembre, 1995, n. L-321, sia nella direttiva
CE, 30 giugno 1997, n. 33, in GUCE, 26 luglio 1997, n. L-199, sia nella direttiva CE, 26 febbraio 1998,
n. 10, in GUCE, 1 aprile 1998, n. L -101. Si veda anche il DPR n. 318/1997, recante Regolamento per
l’attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni, in GU, 22 settembre 1997, n.
221.
(58) Vi è chi ha sostenuto in dottrina che il servizio pubblico universale rappresenterebbe un affinamento
della nostrana nozione di servizio pubblico, affrettandosi, però, a precisare che non trattasi certo di un
affinamento inutile o irrilevante, obbligando l’interprete “a esplicitare una serie di questioni alle quali non

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Ora, il fatto che i servizi pubblici debbano essere erogati secondo certe modalità e
standard di qualità non rappresenta una novità per il diritto interno (59); l’innovazione
riposa, invece, nella centralità che il diritto comunitario attribuisce a tale profilo (60), che
nella storia dell'istituto appariva meramente accessorio ai fini della definizione del
servizio pubblico, e, del pari, affrontato in modo del tutto occasionale e accidentale da
parte del legislatore (61) e della stessa dottrina. Insomma, nell’ambito degli intenti diretti
alla definizione del servizio pubblico, il punto di partenza di ogni ragionamento era
sempre il soggetto pubblico, o perché titolare del diritto di impresa, o, ancora, perché
predisponente i programmi e i controlli a cui sottoporre l’imprenditore privato in
mancanza della riserva. Anche quest’ultima ricostruzione, fondata sull’art. 41 cost., pare
poco convincente perché rischia di sussumere nella nozione di servizio pubblico anche
settori che col servizio pubblico nulla hanno a che vedere, come, ad esempio, i servizi
bancari, assicurativi e finanziari, semplicemente perché, allo stato attuale, tali attività
imprenditoriali non rappresentano il contenuto di altrettanti diritti fondamentali né
nell’ambito dell’ordinamento interno né di quello comunitario.
       Se, invece, si ritiene quale elemento caratterizzante i servizi pubblici quello di una
gestione necessariamente protesa alla tutela dei diritti dei destinatari, ne seguirà che,
benché i privati siano titolari del diritto di impresa anche in questi settori nei limiti in
cui si è realizzato il relativo processo di liberalizzazione, continua a rimanere uno spazio
destinato ad essere occupato dai pubblici poteri. Infatti, soltanto delle autorità
pubbliche, estranee alla gestione imprenditoriale e alla logica dei profitti, possono
vegliare sul rispetto dei caratteri che il servizio deve avere perché gli utenti-cittadini
risultino realmente soddisfatti. Ecco, allora, che i pubblici poteri finiscono per espletare
funzioni di governo dei servizi, da non intendersi come interventi volti a dirigere le
scelte degli imprenditori privati in forza di un predeterminato disegno di politica
economica, ma come vigilanza per il rispetto delle regole stesse (62).
       Questo insieme di regole che il privato dovrà rispettare va a costituire i cosiddetti
obblighi di servizio pubblico, i quali non sono, quindi, propri del solo servizio
universale né ammissibili per le uniche ipotesi di fallimento del mercato, intese come
quei casi in cui il mercato non garantirebbe il servizio perché non remunerativo (63).
       Infatti, anche qualora il servizio pubblico venga erogato in un segmento di
mercato particolarmente redditizio (per cui non si pongano problemi di sopravvivenza
dello stesso), proprio perché tale servizio permette la soddisfazione di interessi

è stata dedicata in passato un’attenzione sufficiente”, così M. CLARICH, Servizio pubblico e servizio
universale: evoluzione normativa e profili ricostruttivi, in Rass. Giur. energia elettr., 1998, p. 59.
(59) Basti pensare alla legge sulla tutela del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali: L. n.
146/1990, in GU, 14 giugno 1990, n. 137, recentemente integrata e modificata dalla L. n. 83/2000, in GU,
11 aprile 2000, n. 85.
(60) Cfr. Comunicazione 20 settembre 2000, cit., dove al p. 2.8 si afferma che “In veste di utenti di tali
servizi, i cittadini europei si aspettano di ricevere servizi di qualità a prezzi accessibili. Sono quindi gli
utenti e le loro necessità ad essere al centro dell’azione pubblica in questo settore”. È, però, importante
ricordare come per l'Unione l'utente sia ancora distinto dal cittadino e venga, quindi, considerato solo
come uno dei parametri rilevanti per il buon funzionamento del mercato interno.
(61) Soltanto in epoca recente si è posta concreta attenzione da parete del legislatore alla tutela degli
utenti, si veda, in particolare, oltre al DPCM del 27 gennaio 1994, cit., l’art. 2 del DL n. 163/1995, in GU,
12 maggio 1995, n. 109, convertito in L. n. 273/1995, in GU, 11 luglio 1995, n. 273, ora sostituito dalla
disciplina dell’art. 11, D.LGS n. 286/1999, in GU, 18 agosto, 1999, n. 193.
(62) Con specifico riferimento al servizio pubblico universale, si è affermato che sebbene i tratti tipici
della universalità emergessero anche dalla normativa del passato “essi, tuttavia, sono finalizzati al
raggiungimento di obiettivi di politica economica, piuttosto che alla garanzia di prestazioni essenziali per
i cittadini”, così G. NAPOLITANO, Il servizio universale e i diritti dei cittadini utenti, in Mercato conc.
Reg., n. 2, 2000, p. 18.
(63) Si pensi al collegamento con le isole in periodi di bassa stagione turistica, ovvero, alla prestazione del
servizio postale nello sperduto paesino di montagna.

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