Come usare il verde verticale per il trattamento naturale dell'aria

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Come usare il verde verticale per il trattamento naturale dell'aria
Come usare il verde verticale
per il trattamento naturale
dell’aria
Le piante dimostrano importanti aspetti di purificazione,
umidificazione e filtrazione naturale dell’aria che avvengono,
peraltro, senza l’impiego d’energia elettrica o apparati
meccanici, quindi con un risparmio sia economico che di
emissioni climalteranti in atmosfera. Risulta perciò evidente
come l’uso mirato di chiusure a verde verticale per sfruttarne
le possibili doti di miglioramento qualitativo dell’aria,
assicuri a tali sistemi delle peculiarità che nessun’altra
tipologia di parete edilizia può vantare. I benefici in
questione si rivelano più efficienti e controllabili nel caso
di ambienti confinati, poiché la dimensione contenuta dello
spazio d’azione e il limitato volume d’aria su cui i vegetali
si trovano ad agire sono maggiormente gestibili se confrontati
alle dimensioni potenzialmente illimitate dello spazio aperto
– nel caso dell’atmosfera esterna sarà il quantitativo di
verde presente in una conurbazione a delinearne l’effettivo
comportamento e/o beneficio: ciò non toglie comunque che,
anche nel caso degli spazi aperti, una facciata verde si
rivelerà spesso più efficiente di una qualsiasi altra chiusura
non integrante vegetazione.

Organismi vegetali e qualità atmosferica
Le modalità con cui le piante agiscono sulla qualità dell’aria
fanno riferimento a due fattori: umidificazione atmosferica
naturale e biofiltraggio degli inquinanti. Alcuni studi
(Darlington & Dixon 2001; Tomašević et al. 2005; Shan et al.
2007; Nowak & Crane & Stevens 2006; Baraldi et al. 2009) hanno
evidenziato come non siano solo gli apparati fogliari e la
fisiologia vegetale a provvedere ad un’azione purificante
dell’aria, ma anche i microrganismi che presenziano sui
rispettivi apparati radicali: tali ricerche hanno dimostrato
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come il contatto tra masse d’aria inquinata e le colonie di
microrganismi che popolano le radici di alcune specie, possano
provocare una depurazione atmosferica naturale derivante dalle
attività fisiologiche messe in gioco dai microrganismi stessi;
avviene quindi in un vero e proprio biofiltraggio dell’aria,
naturale e totalmente passivo, prodotto non tanto dai vegetali
quanto piuttosto dagli organismi ivi presenti. Diviene
pertanto interessante vagliare le tecnologie del verde
verticale anche alla luce di questa loro potenzialità
intrinseca, ovvero quella di agire da biofiltro contribuendo
alla salubrità ambientale.
Come noto, la qualità dell’aria indoor è generalmente peggiore
di quella esterna, fattore dovuto alla presenza di persone,
oggetti, macchinari, ecc., in un dato ambiente confinato.
Negli spazi chiusi le sostanze in sospensione (composti
organici volativi, polveri, particolati ecc.) sono molteplici
e di vario genere, e alcune di esse possono rappresentare
delle fonti di nocività e/o discomfort per l’uomo. È per tali
motivi che può rivelarsi necessaria l’installazione di sistemi
per il trattamento e la depurazione dell’aria indoor: impianti
finora generalmente eseguiti tramite filtri e sistemi a
funzionamento meccanico.

Il BioWall
Una possibilità interessante che deriva dalle suddette
conoscenze in materia di biofiltraggio vegetale è quella che
vede l’impiego del verde verticale come sistema per il
trattamento dell’aria: ai tempi del progetto di ricerca che lo
concretizzò per la prima volta tale sistema venne denominato
BioWall, proprio per enfatizzarne le caratteristiche di
biofiltraggio; qualche anno dopo, nel 2004, lo stesso venne
brevettato negli USA col nome di NEDLAW Living Wall.
Il principio base di funzionamento del BioWall è semplice, e
consiste nel far passare l’aria estratta da un dato ambiente
attraverso il substrato in feltro di un muro vegetale: la
cooperazione tra l’attività fisiologica delle piante e le
azioni messe in gioco dai microrganismi che stanziano sui
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relativi apparati radicali genera una purificazione passiva
dell’aria, la quale, conseguentemente all’azione filtrante
descritta al paragrafo precedente, sarà pronta per essere re-
immessa nel medesimo locale. Le piante, sfruttando l’energia
fornita loro dal sole (o, in alternativa, da specifiche
lampade elettriche che riproducono lo spettro solare),
metabolizzano e mineralizzano le molecole organiche o
inorganiche presenti in atmosfera, mentre l’azione dei batteri
contribuisce ad eliminare sia le normali polveri in
sospensione che alcuni inquinanti quali formaldeide, benzene,
toluene, monossido di carbonio, xilene, tricloroetilene,
ossidi di azoto.

Sistema NEDLAW Living Wall: sezione e schema di funzionamento. L’installazione consta
di un normale muro vegetale con substrato in feltro sintetico, mentre l’innovazione
consiste nel trasformare l’intercapedine retrostante al substrato in una camera
d’estrazione forzata dell’aria; l’intercapedine contiene al proprio interno un sistema
di ventilazione meccanica che serve a mantenere in ricircolo il fluido. Il reiterato
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passaggio dell’aria esausta attraverso l’apparato a verde ne procura una purificazione
naturale, così che questa può venire più volte re-immessa nell’ambiente senza essere
miscelata con dell’aria esterna più fredda, cosa che comporterebbe un abbassamento di
temperatura a cui rimediare tramite apporti energetici ulteriori. (Fonte: Air Quality
Solutions)

Dal punto di vista prettamente tecnologico-esecutivo,
l’intercapedine presente tra l’apparato vegetale e la
frontiera edilizia funge da camera d’estrazione, e ingloba un
sistema di ventilazione meccanizzato finalizzato a mantenere
in circolo il fluido gassoso da depurare: essendo
completamente traforato il supporto rigido a sostegno del
feltro, il substrato consente il passaggio dell’aria.
Quest’ultima, venendo mantenuta in transito tra l’ambiente
designato e la camera d’estrazione del BioWall, verrà
reiteratamente interessata dal suddetto processo depurativo
naturale, fino a che non risulti eccessivamente caricata di
inquinanti: quando le sonde che monitorano il sistema
ambientale indoor attesteranno un’eccessiva presenza di
inquinanti sospesi, provvederanno a miscelarla con dell’aria
pulita proveniente dall’esterno.

Dagli studi di Darlington emerge che tutte le specie vegetali
presentano sui propri apparati radicali una certa quantità di
microrganismi funzionali al biofiltraggio, ma anche che, però,
per i precisi scopi del presente contributo, alcune piante si
rivelano più efficienti. Inoltre non tutte le specie sono
egualmente efficaci nei confronti dei medesimi inquinanti: in
altre parole alcuni vegetali sono più efficienti per
determinate sostanze, quindi, a detta dello stesso Darlington,
la chiave per l’ottimale riuscita del sistema sarà quella di
trovare il giusto bilanciamento biologico per ogni specifica
installazione in ambiente. La ricerca del team canadese è
tutt’oggi in via d’implementazione, ma è già stata redatta una
prima lista di specie utili al biofiltraggio: Aglaonema
pictum, Chlorophytum, Codiaeum, Gineceo, Dracaena, Ficus,
Hedera, Ficus eleastica, Adiantum capillus-veneris,
Philodendron, Sansevieria, Agapanthus praecox orientalis,
Tradescantia pallida e alcuni tipi di palme (Dypsis, Howea,
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Chamaedorea); queste, a seconda delle qualità atmosferiche
dell’ambiente in cui andranno sistemate, o in funzione degli
effetti che si intenda ottenere, saranno da utilizzare
mediante combinazioni e percentuali diverse.

I risultati della ricerca di Darlington sono interessanti
perché rivelano come semplicemente grazie all’impiego di
organismi vegetali, e quindi senza particolari macchinari o
sistemi sofisticati, si possa svolgere la medesima funzione
che da anni viene demandata alle macchine. Inoltre questo
sistema consente degli indiscutibili vantaggi: il fatto di
poter re-impiegare più volte lo stesso volume d’aria permette
l’utilizzo in ambiente di quantitativi di fluido a temperature
più vicine ai livelli di comfort – fluido che non dovrà quindi
essere pre-riscaldato o pre-raffrescato a seconda delle
stagioni, con ovvi risparmi a livello economico e di emissioni
in atmosfera. Il team di ricerca ha stimato che tale sistema
                        2                   2
abbia una resa di 1 m       su ogni 100 m       di pavimento: ciò
                                  2
significa che per ogni 100 m di superficie utile sarà
necessario un solo metro quadro di BioWall per garantire una
purificazione dell’aria che assolva i limiti di Legge.

Approfondisci:   Tecniche    di   raffrescamento     passivo   per
respingere e dissipare il calore

Verde verticale e condizionamento ambientale passivo
Ulteriore possibilità che lega condizionamento atmosferico
passivo e proprietà delle chiusure a verde verticale è
inerente al raffrescamento indoor. Il principio fondante è che
il passaggio di stato da liquido a gassoso dell’acqua
(imputabile alla traspirazione dei tessuti vegetali) produce
un abbassamento di temperatura. Sembra infatti che ogni litro
d’acqua evaporato attraverso la vegetazione comporti 0,64 kWh
di raffreddamento della temperatura dell’aria (fonte del dato:
//www.urbanarbolismo.es):        tale   principio,     legato
all’evaporazione, è quello che consente alle piante di
dissipare calore mantenendo la propria temperatura
superficiale a livelli sempre prossimi o inferiori a quella
dell’aria esterna. Ne deriva quindi la possibilità di
considerare la parete verde come un sistema utile al
trattamento dell’aria negli spazi confinati, sia sotto
l’aspetto dell’umidità relativa che della temperatura
percepita dall’uomo.

Pareti verdi per il raffrescamento indoor
Esistono alcune sperimentazioni che utilizzano le chiusure
vegetate come elemento di condizionamento, impiegando le
superfici a verde in sostituzione dei tradizionali sistemi di
climatizzazione indoor.

Indoorlandscaping, Art Aqua: GrüneWand. Chiusura verticale vegetata per il
condizionamento microclimatico indoor: sezione schematica di funzionamento. Il sistema
è composto da pannelli modulari delle dimensioni di 40x60x5 cm, che presentano un
substrato in schiuma di resina fenolica collocato su uno strato rigido in polistirene;
l’inverdimento prevegetato che trova alloggio sulla resina fenolica è composto da
piante di Ficus pumila e Philodendron scadens. La composizione sintetica del substrato
agevola la non prolificazione (e conseguente diffusione in ambiente) di funghi e
batteri, poiché si rivela inerte agli attacchi biologici indesiderati. Il sistema
presenta una capacità di raffreddamento passivo per evaporazione compresa tra i 50 e i
110 W/m² (variabili cioè in funzione delle stagioni) ed una evaporazione giornaliera
compresa tra 1,8 e 3,8 l/giorno per ogni m² di superficie a verde. Legenda dello
schema: a. Sistema di supporto in tubolare metallico; b. Fertirrigazione; c. Pacchetto
a verde; d. Canalina di recupero idrico. (Fonte: F. Kaltenbach, “Living Walls,
Vertical Gardens”, p.1464)

Indoorlandscaping, Art Aqua: GrüneWand. Esempio di applicazione presso l’edificio ffn
GmbH & Co. KG di Hannover (Germania). L’apparato vegetale viene costantemente
mantenuto ad uno spessore di 5-7 cm tramite potature che avvengono trimestralmente, al
fine di ottimizzare non solo l’aspetto estetico ma anche il rendimento del sistema;
con la stessa cadenza avviene anche il monitoraggio delle tubature d’irrigazione:
l’impianto irriguo si rivela fondamentale quando si adotti una parete verde per
sfruttarne le doti di umidificazione ambientale. (Credits: Michaela Preusser. Fonte:
Art Aqua)
Urbanarbolismo, sistema Aire Acondicionado Vegetal: dettaglio costruttivo e schema di
funzionamento. Questo sistema assomma le caratteristiche funzionali e gli obiettivi
dei due visti in precedenza: viene infatti impiegato sia con lo scopo della
purificazione naturale dell’aria, sia per l’umidificazione ambientale passiva. Si
noti, rispetto al sistema NEDLAW Living Wall, la direzione inversa del flusso
dell’aria, che viene aspirata nella parte alta della stanza per essere re-immessa in
ambiente dalla parte retrostante alla vegetazione. (Credits: catalogo Urbanarbolismo.
Fonte: //www.urbanarbolismo.es/blog/?page_id=500#aire)

Ciò avviene sfruttando le caratteristiche traspirative dei
tessuti vegetali e/o quelle evaporative dei relativi substrati
di coltivo, con la conseguenza che, nel caso specifico, sarà
proprio il carico idrico necessitato dal sistema a tramutarsi
nel fattore che incide sulla maggiore o minore umidificazione
di un dato ambiente. Questo comportamento dipende
specificamente dalla fisiologia della vegetazione: le piante,
alla stregua di un qualsiasi altro organismo vivente, sono un
sistema autoregolante avente una richiesta idrica variabile a
seconda della temperatura ambientale, con una conseguente
immissione d’umidità in atmosfera. Il quantitativo idrico re-
immesso in ambiente mediante l’evapotrasporazione (che sarà
maggiore nel caso di alte temperature dell’aria e minore nel
caso di temperature più contenute), contribuisce alla
climatizzazione naturale, con l’ulteriore vantaggio di
mantenere costantemente l’umidità relativa a livelli prossimi
a quelli di comfort per l’essere umano.
L’aspetto fondamentale è quindi che tali installazioni a verde
potranno influire sensibilmente sulle condizioni ambientali di
un dato luogo in modo totalmente passivo, ed impiegando solo
dell’acqua come fattore energetico di base. Oltre a ciò, il
fatto che l’umidità relativa indoor venga naturalmente
modificata attraverso la presenza delle piante permette di
eliminare le problematicità generalmente legate ai condotti
d’aerazione meccanici, ove possono prolificare batteri o
inquinanti.

Conclusioni
Dalle considerazioni fin qui introdotte – che, come detto, si
basano su conoscenze relativamente giovani e in via
d’implementazione – ne derivano altre degne di nota: il poter
contare in futuro su degli strumenti che consentono un
dimensionamento di massima del verde in funzione degli
obiettivi di purificazione naturale o condizionamento
microclimatico dei luoghi potrebbe rappresentarne un elemento
altamente caratterizzante, e che declinerebbe le chiusure
vegetate come una tecnologia molto diversa dalle altre oggi
presenti sul mercato (Fig. 6 e Fig. 7). Per di più, la
possibilità di considerare i sistemi d’inverdimento come delle
tecniche ad integrazione o addirittura sostitutive degli
impianti (attivi e convenzionali) di un edificio si rivela una
via inedita e assolutamente degna d’essere perseguita.
Canevaflor, inverdimento delle chiusure esterne presso i quattro autosilo della
stazione Perrache di Lione (Francia), 2008. Trattasi di un caso di chiusura vegetata
impiegata all’esterno con l’obiettivo dell’abbattimento degli inquinanti.
L’inverdimento presenta una superficie complessiva di 400 m² e contiene 9.000 piante
di 19 specie diverse. Proprio per contrastare l’inquinamento atmosferico sono stati
selezionati dei vegetali particolarmente indicati per agire sui metalli pesanti dei
gas di scarico, come Cornus (per l’abbattimento del rame), Stachis (nichel) e Arabis
(cadmio, piombo, rame). La struttura presenta una commistione di chiusure vegetate e
rivestimenti vegetali, quindi è prevedibile che con l’andare del tempo il silo venga
completamente invaso dalle piante. (Fonte: catalogo Canevaflor)
Canevaflor, assonometria del modulo impiegato per l’inverdimento della stazione
Perrache. La struttura è composta da gabbioni metallici zincati a caldo; questi
contengono un substrato misto (fibra di cocco, perlite, fertilizzanti a rilascio
controllato) inserito in appositi sacchi di tessuto non tessuto imputrescibile. Alcuni
test eseguiti sul sistema Canevaflor hanno dimostrato un sensibile contributo
all’abbattimento degli inquinanti: tali sperimentazioni, consistite nel far passare
attraverso il substrato dell’aria fortemente inquinata, hanno dimostrato un
abbattimento delle sostanze sospese quantificabile nell’80% degli idrocarburi e fino
al 50% degli ossidi di azoto. (Fonte: catalogo Canevaflor)

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