Borat - Seguito di Film Cinema: la recensione
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Borat – Seguito di Film Cinema: la recensione Dopo 14 anni è uscito su Amazon Prime Video il sequel del mitico Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan. Il protagonista è sempre l’ormai iconico giornalista kazako Borat Sagdiyev, interpretato dall’inossidabile Sacha Baron Cohen, affiancato questa volta da sua figlia Tutar, interpretata dalla quasi esordiente Marija Bakalova. All’inizio del film ritroviamo il buon vecchio Borat rinchiuso in un campo di lavoro kazako, con una condanna a vita per il danno d’immagine provocato alla sua Patria nel precedente film. Ma il sole della speranza ritorna a splendere: dopo il pessimo (dal punto di vista kazako) Obama, negli Stati Uniti c’è un nuovo Presidente, Donald Trump, che ha stretto forti legami con leader politici molto discussi. Il Presidente
kazako pensa di cogliere la palla al balzo, salva Borat dal campo di lavoro e gli affida una assurda missione per ingraziarsi Michael Pence, Vicepresidente degli States, nel disperato tentativo di ridare smalto all’appannata immagine del Kazakistan. Il progetto – ovviamente – non andrà a buon fine, causa una sequenza di eventi inattesi, non ultimo il dilagare della pandemia di COVID-19 negli Stati Uniti, sulla cui reale natura il finale del film fornisce una inattesa versione. Il motore del film: lo scontro frontale tra due culture diverse, ma non troppo La narrazione e la comicità della pellicola traggono la loro linfa vitale dal confronto tra due modi pensare apparentemente agli antipodi: l’arretratezza dei modelli culturali del Kazakistan immaginato nel film, a rappresentare una visione del mondo patriarcale, razzista, violenta, misogina, sessista e incapace di comprendere la modernità, e un Occidente almeno in superficie più evoluto, tollerante, multietnico e multiculturale. Ma Borat scopre che in Occidente si annida una sub-cultura che poi non è così aliena ai suoi arretrati schemi mentali: l’elettorato conservatore americano. Gli elettori di Donald Trump, non per niente considerato come un vero salvatore in Kazakistan, sembrano infatti provare una incredibile empatia con il giornalista kazako, con il quale sembrano condividere molto, nonostante l’oggettiva difficoltà del protagonista a rapportarsi con la tecnologia occidentale. Questo scontro-incontro tra culture diverse, ma non troppo, ha permesso di creare una serie riuscita di gag esilaranti, giocate spesso sui malintesi, nelle quali suprematisti bianchi, predicatori antiaborto, influencer a caccia di un buon partito, bigotti benpensanti e miliziani dal grilletto facile offrono un’immagine molto triste dell’Occidente.
Borat 2: un film ricco di spunti di riflessione In realtà questo film non si limita prendere per i fondelli solo gli stereotipi del mondo conservatore statunitense, ma tratta anche temi molto delicati, con una sfrontatezza micidiale. Il personaggio della figlia di Borat ha reso possibile indugiare sulla condizione della donna, ancora in diverse culture considerata come un oggetto di proprietà del padre prima, e del marito dopo. Ma anche nel luccicante e apparentemente evoluto Occidente, come spiega alla giovane Tutar l’influencer Macey Chanel, alle donne conviene mostrarsi avvenenti e sottomesse, pur di accaparrarsi un marito ricco, e possibilmente morituro. Anche altri temi scottanti, come il negazionismo nei confronti della pandemia da Covid-19, l’immigrazione, il proliferare di tesi complottiste che si autoalimentano, i problemi della convivenza multietnica, l’inumanità di un modello turbocapitalista dove conta solo fare profitti, vengono affrontati nella pellicola. Borat 2: un film da vedere, per ridere e pensare Al di là delle gag riuscite e del buon ritmo del film, che fanno di Borat una godibilissima commedia che vale la pena gustarsi, questa pellicola offre quindi molteplici spunti per riflettere sull’Occidente, e sui suoi rapporti con il resto del mondo. Sorprende come la maggior parte della critica si soffermi solo sulla feroce ironia contro gli stereotipi della destra americana, perché nel film c’è molto di più. Forse il film avrebbe potuto essere più equilibrato dal punto di vista politico, indugiando maggiormente sugli stereotipi della sinistra, come ha fatto magistralmente prendendo per i fondelli un certo tipo di presunta emancipazione femminile –
rappresentato dall’influencer Macey Chanel – che in realtà finisce comunque per considerare la donna come un oggetto, da vendere nel modo più efficace ed efficiente al maschio- consumatore di turno. O forse lo sbilanciamento della satira contro la destra tradisce un’incapacità nel capire le motivazioni dell’elettorato pro-Trump, che è facile fare a pezzi utilizzando certi stereotipi, ma che comunque costituisce una parte rilevante della popolazione statunitense, piaccia o no. E forse, dal momento che i film sono figli del mondo nel quale sono girati, questo sbilanciamento non è altro che un modo per rappresentare la frattura presente nella società statunitense, nella quale chi appartiene all’altra fazione può solo essere stigmatizzato e deriso. In ogni caso Borat 2 è un film che vale la pena vedere, per ridere e pensare. Certo, sarebbe meglio poterlo gustare al cinema, ma in questi tempi in cui la pandemia Covid-19 rende difficile questa possibilità, anche lo streaming va bene. In attesa di tempi migliori… Il Team Ghinzani Arco Motorsport chiude il campionato con un en plein di
successi. Iaquinta sul podio assoluto per il secondo anno consecutivo. Bianconi si aggiudica la Silver Cup. Alla scuderia milanese va anche il Title Team di una edizione storica: “Dedichiamo questo traguardo a chi è ancora in pista per la sfida più grande”. Simone Iaquinta si riconferma campione indiscusso anche in questa stagione, dopo la vittoria dello scorso anno, e taglia il traguardo dell’ultima tappa della Porsche Carrera Cup Italia a bordo di vettura con una nuova livrea molto particolare, che sotto i colori storici del team (rosso, blu e bianco), nascondeva in realtà quelli del Tricolore italiano. “Non è stata una vittoria semplice – spiega il pilota calabrese -, il problema in pista in Gara 1 temevo avesse compromesso del tutto la possibilità di farcela. Correre su un’auto che custodiva i colori della nostra bandiera mi ha dato una forza in più. Spero che questa vittoria possa essere un piccolo segno di speranza per tutti”.
Una vittoria quella di Iaquinta conquistata con grande abilità e determinazione. Dopo aver dominato per settimane la classifica, una foratura in Gara 1 lo ha costretto ad abbandonare il testa a testa che avrebbe sancito il suo successo, portandolo a partire dodicesimo e annullando di fatto il suo vantaggio sugli inseguitori. La Gara 2 è stata la conferma del grande talento del pilota che, sorpasso dopo sorpasso, è stato protagonista di una rimonta incredibile che lo ha ricondotto dritto al traguardo. “Sapevo che sarebbe stato un weekend difficile ma non immaginavo che avrei dovuto fare gli straordinari, non posso che ringraziare il Team, che ha creduto in me anche quando tutto ormai sembrava perso” dice ancora Simone Iaquinta. È il secondo anno consecutivo che il “Calabrese Volante” incide il suo nome negli annali Porsche e dai suoi occhi non sembra intenzionato a fermarsi. Ma tra i piloti che quest’anno hanno segnato i successi del Team Ghinzani Arco Motorsport si aggiunge anche Stefano Bianconi che, al rientro in pista dopo 10 stagioni, ha conquistato la Silver Cup: “Stare lontano dalle piste e rientrare in un anno così singolare è stato molto difficile – dice il gentleman driver, che aggiunge – avevo troppa voglia di tornare a ricordarmi di come ci si sentiva a vincere”. A coronare questa incredibile stagione è arrivato anche il Titolo Team, che rende merito ad una squadra capitanata da Giacomo Scanzi ed Emilio Callioni, che ormai da anni con dedizione e costanza hanno costruito con i Centri Porsche di
Milano una compagine di eccellenza. “Questi tre titoli li dedichiamo alle nostre famiglie, ai nostri supporter e al nostro pubblico, che ci sono stati vicini anche se da lontano – commenta il team principal Giacomo Scanzi -. È stato un anno unico nel suo genere, non ce lo dimenticheremo facilmente, ma ne usciremo più forti di prima. E quando ritorneremo sarà tutto ancora più bello”. Ufficio Stampa | Whatever
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