Associazione Italiana di Psicologia Giuridica

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Associazione Italiana di Psicologia Giuridica

                 Corso di Formazione in
   Psicologia Giuridica e Psicopatologia Forense
      Teoria e Tecnica della Perizia e della Consulenza Tecnica
             in ambito Civile e Penale, adulti e minorile

   “Le spose bambine tra cultura e diritto: evoluzione
          di un fenomeno di maltrattamento”

                                                   Candidata
                                 Giovanna Cappiello Montoya

                            CORSO 2020
INDICE
Introduzione ……………………………………………………………………………………….. 2

1. Minori e Maltrattamento
   1.1 Evoluzione dei concetti d’infanzia e d’adolescenza…….……………………………………5
   1.2 Minori da oggetto a “soggetti di diritto”……………………..…………………….…………6
   1.3 Il maltrattamento minorile……………….……………………………………………………9
   1.4 Conseguenze psicologiche del maltrattamento………………………………….…………. 11

2. Le spose bambine
   2.1 Matrimoni forzati a danno dei minori……..….…………………………….………………..13
   2.2 Il fenomeno nella cultura passata…………………………………………………………… 14
   2.3 Le spose bambine nel Mondo ……………………………………………………………….16
   2.4 La situazione in Europa e in Italia …………………………………………………………..18
   2.5 Strategie d’intervento ………………….…………………………………………………… 21

Conclusioni…………………………………………………………………………………………23

Bibliografia…………………………………………………………………………………………24

Sitografia……………………………………………………………………………………………27

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Introduzione

 “Quando l'infanzia muore, i suoi cadaveri vengono chiamati adulti ed entrano nella società, uno
dei nomi più garbati dell'inferno. Per questo abbiamo paura dei bambini, anche se li amiamo: sono
                          il metro del nostro sfacelo” (Brian Aldiss, 1986).

Parafrasando le parole di Brian Aldiss, essere un bambino è un privilegio che purtroppo termina con
l’ingresso all’età adulta . L’infanzia, la fanciullezza e l’adolescenza occupano un arco di tempo
estremamente ridotto rispetto al totale della vita umana e ciò nonostante, rappresentano le fasi più
importanti per la formazione della personalità dell’individuo. Sono gli anni della purezza, della
spensieratezza, dell’ingenuità e della scoperta in cui ogni essere umano, impara a comprendere il
mondo senza il peso delle responsabilità che generalmente sono a carico degli adulti.
E’ pensiero comune quindi, permettere ai bambini di vivere la loro età nella sua totalità, non
catapultandoli troppo presto nella vita degli adulti, tutelandoli e proteggendoli, anche perché non
conoscendo il mondo, non hanno gli strumenti per poter scegliere consapevolmente il giusto e lo
sbagliato.
Questa idea di protezione però non è sempre stata una priorità dell’essere umano ma, anzi, sia in
passato che purtroppo al giorno d’oggi, in alcune realtà del mondo, i bambini venivano/vengono
trattati come dei piccoli adulti, o ancor peggio, venivano/vengono sfruttati e maltrattati.
Proprio da qui parte questo lavoro che vuole fare un quadro completo di come sia cambiata nel
tempo la considerazione del bambino nel Mondo, come si sia evoluta l’idea del maltrattamento
minorile, come a seconda della cultura in cui ci si trovi questo cambi e come si sia modificato di
conseguenza il sistema legislativo. Parlare di maltrattamento non è però mai semplice, sopratutto
quando si tratta di bambini, anche perché , oltre ad essere emotivamente impegnante, è un
argomento estremamente vasto che sottende una serie infinita di problematiche multidisciplinari.
Per ciò si è voluto analizzare l’evoluzione giuridica e culturale del maltrattamento parlando di un
fenomeno in particolare: quello delle “spose bambine”.
Con questo termine, come si può facilmente dedurre, s’intende un insieme di ragazze, donne,
bambine, che in tenera età hanno pronunciato il fatidico “si”,generalmente costrette dai propri
familiari. Come vedremo più avanti, questo è un fenomeno a sua volta complesso, che sottende
diversi tipi di maltrattamento con conseguenze devastanti sia nelle fanciulle che nelle comunità, e
che purtroppo è veramente difficile da contrastare.

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Esso è infatti sempre stato presente nella società, da prima come una pratica tollerata dalle comunità
e poi come una soluzione a diverse problematiche economiche e culturali e per questo è difficile da
sradicare.
La sua evoluzione nel tempo, è dovuta ai progressi scientifici e di sapere che sono stati fatti negli
anni e soprattutto alla rivalutazione che c’è stata del concetto di bambino e di adolescente e di
conseguenza della gravità del maltrattamento minorile.
I Paesi e le sub-culture in cui queste atrocità, come migliaia di altri tipi di maltrattamento
avvengono, sono appunto generalmente legate alla non cultura, all’ignoranza, al non sapere alla
lacune dei sistemi giuridici ed è per questo che vi è una grande necessità di consentire a tutti i
bambini, in ugual misura, di studiare, in modo tale da permettere alla conoscenza di aprire le menti
e far si che tutto ciò che è radicato alle tradizioni non è per forza sempre corretto.

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1. Infanzia, adolescenza e Maltrattamento

                       Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell’adolescenza
           Art. 1 Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano
  avente un’età inferiore a diciott’anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della
                                       legislazione applicabile.

   1.1 Evoluzione dei concetti d’infanzia e d’adolescenza

Lo sviluppo dei concetti d’infanzia e adolescenza come ad oggi li intendiamo a livello globale è
stato un processo lungo e graduale che ha risentito dei vari periodi storici e culturali.
In passato infatti, queste due fasi della vita, non rappresentavano dei passaggi fondamentali per lo
sviluppo e la formazione dell’identità del futuro individuo adulto, ma venivano considerate solo
delle fasi tradizionali di poco conto dove i bambini erano visti semplicemente dei “piccoli adulti” e
non come soggetti bisognosi di cure e attenzioni.
Nell’antichità non vi era il tempo di essere fanciulli o adolescenti, l’aspettativa di vita era
sicuramente più corta, la povertà più diffusa ed era abitudine per i più piccoli, prendersi
precocemente le responsabilità degli adulti. E’ solo grazie agli studi e alle scoperte tecnologiche e
scientifiche che si è potuto comprendere come infanzia e adolescenza siano indispensabili per lo
sviluppo biologico, emotivo, psicologico e sociale dell’individuo e come privare i giovani di queste
fasi potrebbe portare a    problematiche serie e importanti. Ancora più tardivamente inoltre, si è
scoperta l’importanza del ruolo dell’adulto per lo sviluppo dei più piccoli poiché contribuiscono a
determinare tratti, comportamenti ed abitudini in linea con il sistema culturale e con i valori e le
tradizioni dell’ambiente in cui vivono( G. V. Burmenskaya , 2005).
Tra i primi ad interessarsi e a cambiare l’idea della concezione del bambino è stato sicuramente
Jean-Jacques Rousseau nel suo romanzo pedagogico “ Emilio o dell’educazione” del 1762, nel
quale evidenzia l’importanza di educare i bambini mettendo al centro i bisogni del bambini stessi e
critica aspramente la pedagogia del tempo, affermando che sia poco attenta dei bisogni reali
dell’uomo (M.Terziyska, 2017). Non essendo il linea con le idee del tempo, il lavoro di Rousseau
non è stato accettato dagli educatori e dagli ecclesiastici del tempo e per questo motivo passeranno
ancora parecchi anni prima che l’infanzia e l’adolescenza siano realmente comprese e conosciute.
Di notevole importanza saranno quindi i diversi studi della psicologia infantile e le teorie portate
avanti dagli psicologi del XX sec tra cui Sigmund Freud, Piaget, Vygotskij ed Erikson che studiano

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le fasi dello sviluppo della persona e analizzano le varie tappe della crescita dell’individuo. Grazie a
loro, ad oggi, infanzia e adolescenza, sono intese come le fasi della vita in cui si va a sviluppare
l’identità dell’essere umano che dipende sia da caratteristiche biologiche, sia dalla società e sia dal
gruppo di appartenenza.
Per la rivalutazione delle fasi evolutive, di notevole importanza sono gli studi di neuroimaging e
neuro-psicologia che hanno evidenziato come sia fondamentale per lo sviluppo del cervello
dell’individuo il periodo che va dalla nascita fino ai 20/25 anni e come gli anni dell’adolescenza
siano estremamente critici per la formazione di tutta la parte pre-frontale del cervello che
permetterà al giovane adulto, di modulare le emozioni e di utilizzare maggiormente la razionalità
(Gee at al.,2013).
Il bambino e l’adolescente quindi, non possono essere considerati dei piccoli adulti, ne per quanto
riguarda i bisogni più intimi e la psiche, ne per l’anatomia e per il corpo.
Negli anni oltre alla psicologia, molte discipline tra cui la sociologia la pedagogia e il diritto, hanno
studiato queste due fasi della vita dell’uomo e ad oggi si lavora congiuntamente in modo tale da
preservare tali età e da dare ai minori il supporto necessario per diventare un giorno adulti.

   1.2 Minori da oggetto a “soggetti di diritto”

       Nel corso della storia, evolvendosi l’idea e la percezione del bambino, era necessario che si
sviluppassero e prendessero piede anche delle leggi che potessero preservare e tutelare i diritti dei
minori. In passato infatti, non solo infanzia e adolescenza non avevano alcun valore per la società,
ma oltretutto i bambini venivano considerati appendici dell’adulto e non erano considerati soggetti
di diritto. I bambini quindi vivevano sotto la guida dei propri genitori o tutori che avevano la totale
libertà di scelta per quanto riguarda gli stili educativi e le modalità con cui prendersi cura di questi
bambini. In Italia, per esempio, fino alla fine dell’800, prima dell’inserimento della riforma
avanzata dalla sinistra storica , che rendesse obbligatoria la scolarizzazione dai sei ai nove anni, era
nei pieni diritti del genitore, decidere se mandare o meno il figlio a scuola o se utilizzarlo per i
lavori nei campi, in bottega o nelle aziende agricole di famiglia. Va da se , quindi, che non essendo
considerati individui con bisogni speciali e soggetti di diritto, la cultura del passato considerava non
grave molte pratiche che per noi ad oggi appaiono come atrocità. Basti pensare al fatto che
nell’Antica Roma il neonato veniva considerato “nihil” che in latino significa “una cosa da nulla“,

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che il destino dei più piccoli dipendeva dalla “patria potestas” ,ossia da chi comandava nella
famiglia, e che se un genitore quindi decideva che un figlio alla nascita non serviva, spesso perché
femmina o malformato, aveva tutto il diritto di abbandonarlo o addirittura ucciderlo (Romano,
2017).
La legislazione e il diritto, iniziano ad interessarsi degli interessi dei minori all’inizio del Novecento
e viene affermato che tali diritti non devono essere solo garantiti dai genitori o dalla famiglia ma
anche da tutta la società (Abburrà, 2000).
A livello internazionale il primo strumento che tutela i diritti dei minori è sicuramente la
“Convenzione sull’età minima” del 1919 adottato dalla Conferenza Internazionale del Lavoro che
sanciva tra le tante cose, anche l’età minima per l’inizio dell’attività lavorativa. Pochi anni più tardi,
nel 1924, dalla Quinta Assemblea Generale della Società delle Nazioni venne adottata la
Dichiarazione dei diritti del bambino, o “Dichiarazione di Ginevra”, documento che voleva
sensibilizzare l’umanità alla protezione dei minori ma che ancora non considerava il bambino come
titolare di diritti ma solo come destinatario passivo (C. Bogliolo, 1998.).
Sarà solo il 20 Novembre del 1959, con la proclamazione della “Dichiarazione dei Diritti del
Fanciullo”, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che vuole integrare la
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo con i bisogni specifici dei bambini, che il minore
diventa "soggetto di diritto”(Unicef).
A distanza di 30 anni dalla Dichiarazione dei diritti del Fanciullo, il 20 Novembre 1989 viene
approvata dall’Assemblea Generale delle Nazione Unite la Convenzione ONU sui diritti
dell'infanzia e dell'adolescenza (Convention on the Rigths of the Child - CRC) o anche detta
Convenzione di New York, entrata in vigore a livello internazionale il 2 settembre del 1990 e
ratificata dall'Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176. Questa Convenzione è l’atto a cui ancora
oggi fa riferimento L’UNICEF per la tutela dei diritti dei minori e che riconosce al bambino la
dignità di soggetto autonomo che ha diritto di essere tutelato e ascoltato.
Attorno alla lotta per il riconoscimento dei Diritti dei minori,il sistema giuridico, pedagogico,
psicologico, pediatrico e sociale della maggior parte dei paesi del Mondo , si è mosso al fine di far
approvare leggi che tutelassero i minori anche da maltrattamenti e violenze sessuali.
In Italia, il percorso è stato lungo e attualmente si fa riferimento a varie leggi tra cui alla legge n.66
del 15 febbraio 1996 “Norme contro la violenza sessuale” che ha trasformato il reato di abuso
sessuale da reato contro la “moralità pubblica e il buon costume” in un reato contro la persona e ha
introdotto i reati di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenne, di corruzione di minorenne e

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di violenza sessuale di gruppo. Ad essa si suggeriranno molte leggi tra cui a cui la legge n.269 del
1998 contro lo “Sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale a danno
di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù” e la legge n.77 del 2003 di ratifica alla
“Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei fanciulli” che muta la condizione giuridica
dei minori considerando quest’ultimi come soggetti ai quali vanno riconosciuti,oltre che i diritti
patrimoniali, anche i diritti di natura relazionale e patrimoniale.
Il 9 giugno 1996 , durante un convegno organizzato dall’Istituto Superiore Internazionale di Scienze
Criminali venne stesa la “Carta di Noto” , successivamente revisionata tre volte fino all’Ottobre del
2017, che con i suoi 12 articoli pone le basi delle procedure da seguire durante l’esame del
minore ,in ipotesi di abuso sessuale al fine di tutelarne i diritti e garantirne la protezione.
Altro passo decisivo,se non fondamentale, per la tutela dei diritti dei minori è la legge n.172 del 1
ottobre 2012 di ratifica della Convenzione di Lanzarote (Consiglio d'Europa del 2007) per la
protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, che considera per la prima volta, a
livello internazionale, l’abuso sessuale contro i minori, un reato. Questo provvedimento introduce in
Italia i nuovi reati di adescamento di minorenni, anche attraverso Internet, e d’istigazione e alle
pratiche di pedofilia e di pedo-pornografia.
Attualmente nei casi di maltrattamento e abuso sessuale sui minori l’intero iter giudiziario Italiano e
di conseguenza: il ruolo dello psicologo; il ruolo del minore all’interno del processo penale, il suo
ascolto protetto e la valutazione della vittima; segue le direttive introdotte dalla Convenzione di
Lanzarote e della Carta di Noto.
Nonostante gli innumerevoli passi in avanti però, bisogna ricordare che ogni Nazione ha il proprio
sistema giuridico, la propria storia culturale e tradizioni, e sono ancora molte le cosa da fare per
garantire al meglio i diritti dei minori.

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1.3 Il maltrattamento minorile

Il maltrattamento nei confronti dei minori risulta essere un tema estremamente delicato che è stato
oggetto di studio di diverse discipline poiché rappresenta un grave e diffuso problema della nostra
società. La parola maltrattamento, negli ultimi decenni, quando si tratta di minori viene spesso
sostituita dalla parola abuso che sta a significare un uso illecito, illegale o eccessivo di qualcosa.
Essendo una materia multidisciplinare, non esiste una definizione univoca di abuso minorile ma
esistono innumerevoli definizioni e classificazioni differenti in base alla differente scienza umana
che se ne è occupata.
In linea generale si può far riferimento alla definizione dell’OMS del 2002 che definisce il
maltrattamento minorile come : “gli abusi e l’incuria che colpiscono i bambini al di sotto dei 18
anni di età, includendo tutte le forme di maltrattamento fisico e/o emozionale, abuso sessuale,
trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportino un pregiudizio reale
o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua
dignità nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia o potere. Talvolta anche
l’esposizione alla violenza tra i partner è inclusa tra le forme di maltrattamento infantile.”.
Questi maltrattamenti avvengono in differenti contesti e gli autori dell’abuso possono far parte sia
del contesto familiare che di quello extra-familiare. Va da se che il bambino più è piccolo, più è
difficile che l’abuso o il maltrattamento avvenga da parte di persone al di fuori della piccola cerchia
familiare poiché un neonato o un bambino di età prescolare svolge generalmente la sua vita sociale
con i genitori o con le persone titolari dell’accudimento. Di pari passo con la crescita del bambino,
si sviluppa anche la sua rete sociale e i maltrattamenti possono avvenire per mano delle persone
autorevoli del contesto scolastico( insegnati; educatori ecc.) o delle attività svolte dal bambino
come per esempio in ambito sportivo, fino ad avvenire per mano di sconosciuti sopratutto nell’età
dell’adolescenza.
Le violenze, oltre a distinguersi in base all’autore dell’abuso, possono classificarsi in base al tipo di
maltrattamento e in questo è stato molto utile lo studio del gruppo di lavoro su “Infanzia e
adolescenza”, istituito presso il CNOP e coordinato dal consigliere dott. Tancredi Di Iullo grazie al
quale sono state de fornite le linee guida, “Maltrattamento e Abuso all’infanzia. Indicazioni e
raccomandazioni” del 2017.

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Tali linee guida affermano che il maltrattamento minorile può esprimersi in: maltrattamento fisico,
maltrattamento psicologico, violenza assistita, abuso sessuale, abuso on-line, patologie delle cure e
bullismo e cyber bullismo.
  - Maltrattamento fisico: s’intende l’uso intenzionale della violenza fisica che provoca o ha
    un’alta probabilità di provocare un danno per la salute, la sopravvivenza, lo sviluppo o la
    dignità del minore. Sono inclusi il colpire, percuotere, prendere a calci, scuotere, mordere,
    strangolare, scottare, bruciare, avvelenare, soffocare.Gran parte della violenza a danno di
    minori dentro le mura domestiche viene infitta con lo scopo di punire (OMS, 2006). La
    violenza fisica, nei casi più gravi, è causa di disabilità, lesioni o addirittura di morte.
  - Maltrattamento psicologico: è una forma di maltrattamento molto difficile da cogliere e spesso
    è accompagnata da altre forme di abuso. Il maltrattamento psicologico consiste in ricatti
    affettivi, pressioni psicologiche, svalutazione, denigrazione e rifiuto che inibiscono lo sviluppo
    emotivo e cognitivo del minore. L’abuso e trascuratezza emozionale rientrano in tale categoria
    (Glaser, 2002).
  - Violenza assistita: è una forma di maltrattamento che consiste nell’assistere (diretta) o
    nell’essere a conoscenza (indiretta) di violenze e maltrattamenti di qualsiasi tipo, nei confronti
    degli adulti di riferimento o delle figure significative per il minore, compresi gli animali.
    Questa forma di maltrattamento è stata ampiamente discussa e solo con il tempo è stata
    accettata come tale.
  - Abuso sessuale: coinvolgimento di un minore in atti sessuali che non può comprendere
    completamente poiché non ha ancora raggiunto un livello di sviluppo adeguato. Rientrano
    nell’abuso sessuale anche quelle esperienze che non implicano un contatto fisico diretto e le
    esperienze come osservatore (Cismai, 2015). Questa categoria di abuso è molto vasta e tra le
    varie tipologie vi è anche lo sfruttamento sessuale che a sua volta comprende la
    pedopornografia , la prostituzione minorile e il turismo sessuale (CNOP, 2017).
  - Abuso online: qualsiasi forma di abuso sessuale su minori perpetrata attraverso internet. Tra
    queste consideriamo la documentazione di attività sessuali attraverso immagini e video e la
    loro diffusione in rete; il grooming, il cybersex e il sexting.
  - Patologie delle cure: ossia il non soddisfacimento dei bisogni fisici o psichici del minore da
    parte del genitore o di chi se ne prende cura. Fanno parte di questa categoria l’Incuria, la
    Discuria, e l’Ipercura.

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- Bullismo o Cyberbullismo: ossia tutti i comportamenti intenzionali aggressivi e offensivi,
     messi in atto da una o più persone, in modo ripetuto nei confronti di un’altro individuo. Come
     per il caso dell’abuso sessuale, anche per il bullismo, l’avvento di internet ha cambiato le
     dinamiche di tale fenomeno, per questo motivo, quando il bullismo avviene per mezzo di
     internet prende il nome di cyberbullismo.
Le varie espressioni del maltrattamento spesso coesistono e hanno gravi conseguenze sia fisiche che
psicologiche nei minori. La violenza infatti cambia radicalmente lo sviluppo della personalità
nell’individuo, a maggior ragione se avviene in una fase delicata come quella evolutiva in cui il
bambino è estremamente vulnerabile. E’ necessario quindi cogliere in maniera tempestiva i
campanelli d’allarme e fermare al più presto i maltrattamenti in modo da salvaguardare lo sviluppo
del minore.

1.3 Conseguenze psicologiche del maltrattamento

Data la vastità dei tipi di maltrattamento e alle differenze individuali di ogni persona, non esistono
delle conseguenze o una sintomatologia specifica nei minori che hanno subito un abuso.
Ciò nonostante le conseguenze psicologiche del maltrattamento infantile, sia a breve che a lungo
termine sono complesse e variano in relazione all’età del bambino, alla tipologia, alla durata, alla
gravità degli episodi di abuso, al grado di familiarità tra la vittima e l’abusante e al tipo di supporto
che riceve dalle figure di riferimento (Fish & Scott, 1999). A breve termine, il minore tende ad auto-
colpevolizzarsi poiché si sente responsabile degli atti subiti e cosi colpa e vergogna fan si che egli
si chiuda, si isoli e elabori un immagine del sé “malvagio e colpevole” (Graham, 2005).
Il bambino tende quindi a distorcere gli eventi accaduti al fine di salvaguardare l’attaccamento con
l’abusante, soprattutto se questo è una figura di accudimento importante.
Le ricerche mettono in luce il fatto che il bambino vittima di violenza, non riesce a districarsi dalla
vastità di emozioni contrastanti provate a causa dell’evento traumatico e queste possono generare a
lungo termine, ansia, depressione, problemi di somatizzazione, aggressività, comportamenti sessuali
inadeguati, sviluppo di psicopatie, abuso di sostanze stupefacenti,disturbi alimentari e tentativi di
suicidio (Micalizzi, 2017). Il minore abusato ha quindi più probabilità di sviluppare disturbi in età
adulta e tale rischio aumenta quando il bambino ha gia una psicopatologia prima di essere

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maltrattato, quando le vessazioni di perpetuano nel tempo o quando ad abusare di lui è un
componente della famiglia o una figura di cui il minore si fidava.
I bambini maltrattati si mostrano timidi, remissivi e paurosi in ambienti estranei, ma spesso al
rientro nel loro contesto diventano aggressivi e con la crescita finiscono per considerare
l’aggressività come un normale modello di comunicazione (Colangeli, Popolla, 2010).
Data la gravità delle conseguenze è importante ridurre intervenire precocemente in modo da
diminuire il rischio di effetti a lungo termine, offrendo sostegno, da parte di figure competenti, al
minore e alle famiglie al fine di elaborare le esperienze traumatiche. Occorre inoltre tener presente
l’intero contesto in cui è inserito il minore in modo da individuare quali possono essere i fattori di
protezione e lavorare su di essi.

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2. Le spose bambine

2.1 Matrimoni forzati a danno dei minori

Quello del matrimonio forzato, è un fenomeno che da sempre è presente nel Mondo, che spesso è
parte integrante della cultura e delle tradizioni di un paese e che proprio per questo motivo risulta
essere molto difficile da prevenire e combattere. Ma cosa si intende per matrimonio forzato?
Prima di tutto bisogna distinguerlo dal matrimonio precoce che sussiste nel matrimonio tra minori
di 18 anni regolamentato dalle norme vigenti del paese in cui si svolge, e dal matrimonio combinato
che nonostante sia un matrimonio dove gli sposi sono scelti dalla famiglia o dai parenti, non può
essere celebrato senza il consenso degli sposi stessi. Per matrimonio forzato invece , si intende un
matrimonio in cui una o entrambe le parti coinvolte vengono fatte sposare senza tener conto della
loro volontà o addirittura contravvenendola. Proprio per la violazione della volontà e della libertà
umana e quindi di uno dei diritti fondamentali dell’uomo, questa pratica è ad oggi considerata una
forma di maltrattamento, tanto più quando almeno uno degli sposi, nella maggior parte la donna, è
un minore.
Dai dati rilevati dall’UNICEF nel 2014 emerge che attualmente nel mondo sono circa 700 milioni le
donne che si sposano forzatamente prima dei 18 anni, 250 milioni addirittura prima dei 15, ossia
circa 15 milioni di bambine ogni anno. Questo dato è estremamente preoccupante poiché per tali
giovani, andare in moglie a uomini generalmente dai 10 ai 30 anni più grandi di loro, non vuol dire
“solo” condividere una vita con una persona non desiderata ma consiste nel subire diversi tipi di
maltrattamento. Oltre all’evidente abuso psicologico, alla mancanza di cura e protezione da parte
della famiglia di origine, spesso, se non sempre ,sono abusate anche fisicamente e sessualmente.
Essere moglie comporta infatti “l’obbligo” di avere rapporti fisici e questo, essendo bambine che
nel peggiore dei casi non hanno ancora avuto il menarca, comporta una serie infinita di
problematiche psicologiche e fisiche. I loro corpicini non sono biologicamente pronti per l’attività
sessuale e il rischio di un’emorragia interna ,provocata da lacerazione, è veramente elevato, com’è
elevato il rischio di morte per le gravidanze precoci o per aver contratto malattie sessualmente
trasmissibili, tra cui l’HIV. Secondo i dati forniti dall’UNICEF nel 2013 sui diritti negati e sul
fenomeno delle spose bambine sarebbero 70.000 le ragazze, tra i 15 e i 19, che muoiono a causa di
complicazioni durante la gravidanza e il parto e le bambine sotto i 15 anni hanno 5 volte più
probabilità di morire durante la gestazione rispetto alle donne tra i 20 e i 29 anni. Le complicazioni,

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non riguarderebbero solo le madri, ma sempre seguendo i dati sopra citati, un bambino che nasce da
una madre minorenne ha il 60% delle probabilità in più di morire in età neonatale, rispetto a un
bambino che nasce da una donna di età superiore a 19 anni. Queste donne, si trovano rinchiuse in
una gabbia dalla quale non sanno come uscire, e spesso l’unica via di fuga la riscontrano nel
suicidio(Fonte: Unicef). Nel Nepal, ad esempio, il matrimonio precoce è la prima causa di morte tra
le ragazze (Dahal, 2016) e negli Stati Uniti, le donne sposate in età giovanile hanno una maggiore
tendenza all’uso di sostanze, ai disturbi dell’umore, ai disturbi d’ansia e psicotici (Le Strat et al.
2011).
Il fenomeno delle spose bambine risulta essere quindi estremamente complesso, che sottende una
serie di problematiche e maltrattamenti da cui è bene salvaguardare le fanciulle e per questo negli
ultimi anni è oggetto d’interesse per le organizzazioni che si occupano della tutela dei diritti dei
minori.
La strada da percorrere affinché questo fenomeno sparisca completamente è ancora lunga e tortuosa
perché ha radici culturali estremamente radicate. Sposarsi forzatamente in giovane età ed essere
venduti alla famiglia del coniuge , nell’antichità non era considerata una pratica maltrattante poiché
appunto la cultura, le tradizioni e il diritto molto spesso lo permettevano se non addirittura lo
incitavano , e come è stato analizzato nel capitolo precedente, non consideravano il minore come un
soggetto avente diritti.

2.1 Il fenomeno nella cultura passata

Come anticipato precedentemente, sposarsi in giovane età, nei secoli trascorsi, non era fonte di
scandalo per la società ma era considerata una consuetudine. La speranza di vita media alla nascita
per l’uomo, nonostante dipenda dal periodo storico, in passato era sicuramente inferiore rispetto a
quello dei giorni d’oggi e di conseguenza i tempi per potersi sposare e avere una famiglia erano
sicuramente più ristretti e limitati. Ci si può fare un’idea di come la situazione sia cambiata nel
corso degli anni anche non andando troppo indietro nel tempo : basti pensare alle nostre nonne che
all’età di 20 anni erano per la maggior parte sposate con i figli e paragonare questo al fatto che negli
ultimi tre decenni l’età media delle donne che decidono di avere figli è aumentata costantemente
alzano la percentuale di donne che partoriscono per la prima volta dopo i 35 anni (Lean, at all.,
2017).

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Nonostante sia difficile, parlare con assoluta certezza dei matrimoni dell’antichità, poiché nella
maggior parte dei casi non venivano registrati, le fonti giunte fino ai giorni nostri ci mostrano come
nell’antico Egitto, già a 14 anni una ragazza era considerata abbastanza matura per il matrimonio e
dunque per avere dei figli o che in alcune città dell’antica Grecia, come per esempio a Creta, l’età
minima per il matrimonio era di solo 12 anni.
Nella Roma Antica il destino delle figlie veniva deciso dalla famiglia, più nello specifico dal padre,
che poteva prometterla in sposa giovanissima con un atto giuridicamente valido, anche contro la sua
volontà. Le ragazzine che non adempievano a tale impegno potevano essere infatti punite
pesantemente. Nel diritto romano, l'età minima per il matrimonio era di 12 anni per le femmine e 14
anni per i maschi, e l'età per il fidanzamento addirittura di 7 anni sia per i maschi che per le
femmine (Galavotti, 2014).
Alla base di questi matrimoni non vi era di certo l’amore, ma questioni economiche e di
discendenza: da sempre il “fil rouge” che unisce il fenomeno dei matrimoni precoci e delle spose
bambine nel tempo.
Nel Medioevo, la legge permetteva alle giovani di contrarre matrimonio già a 12 e dopo i 15-16
anni una ragazza veniva considerata attempate ed indegna di avere una famiglia. Gli uomini invece
potevano sposarsi dai 17 anni ma non avevano un limite massimo ed infatti i matrimoni tra giovani
ragazze e uomini maturi era assai frequente. Come nel Medioevo, anche in epoca Rinascimentale,
in modo particolare nelle famiglie aristocratiche, il matrimonio avveniva per puro interesse ed era
compito delle famiglie individuare il/la pretendente più adeguato/a che naturalmente doveva
discendere da un’ottima famiglia. Nel Rinascimento era però necessario che la donna raggiungesse
la “giusta” età per contrarre il matrimonio e questa coincideva con l’avvento del mestruo, che la
rendeva così fertile ed idonea a procreare. Si riteneva importante l’età precoce della donna poiché
era pensiero comune credere che una donna giovane potesse sopportare le fatiche della gravidanza e
del parto. Gli sposi risultavano essere invece idonei al matrimonio se possedevano un numero
elevato di beni e un titolo sociale rispettabile. Nella maggior parte dei casi erano uomini adulti di 10
o 20 anni più grandi delle spose (Fonte: sito web :Leonardo da Vinci-Italy).
Scorrendo nel tempo fino all’inizio del Novecento, si può osservare come nonostante l’evoluzione
della società e le differenti fasi storiche che si percorrono, il matrimonio difficilmente veniva visto
come un atto d’amore e che nella maggior parte dei casi sottendeva contratti che portavano benefici
sia alla famiglia di origine della sposa che dello sposo. Il tasso di povertà era estremamente diffuso,

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e per le famiglie guadagnare dei soldi con la vendita delle proprie figlie era sicuramente
economicamente vantaggioso piuttosto che utilizzarle come mano d’opera nei campi.
Fino all’800 la scolarizzazione era assai ridotta e le famiglie facevano quel che potevano per poter
tirare avanti. Erano anni in cui la cultura era solo per i privilegiati e l’ignoranza governava la
maggior parte della popolazione mondiale. I bambini non venivano considerati tali, ma come
analizzato nei capitoli precedenti, erano visti come piccoli adulti che dovevano essere addestrati ed
introdotti nel mondo dei “grandi”. Per non parlare del ruolo delle donne nella società passata, che
era strettamente limitato alla procreazione e alla cura della prole.
La cultura non permetteva di capire l’importanza delle fasi della vita dell’uomo e non vi era ancora
conoscenza e leggi sui sui diritti esistenziali. La società si basava per lo più sui principi di onore e
rispetto e il matrimonio, se fatto a dovere, era un ottimo mezzo per attenersi a tali principi.
E’ solo grazie all’evoluzione della società, dell’avanzare della cultura,delle scoperte scientifiche,
della rivalutazione del minore e della donna e alla presa di posizione per quanto riguarda i
maltrattamenti e i diritti dell’uomo che ad oggi si può combattere e arrestare questo fenomeno.

2.3 Le spose bambine nel Mondo

Negli ultimi anni, il tasso di spose bambine , a livello globale, è diminuito grazie a legislazioni e
politiche nazionali volte a tutelare i diritti dell’infanzia, all’impegno con le comunità e all'attivismo
delle ragazze e dei ragazzi che vivono nei Paesi dove questa pratica è ancora diffusa.
Nonostante le numerose lotte per l’abolizione dei matrimoni forzati e precoci e i diversi programmi
di prevenzione che vengono messi in atto a livello internazionale, questo fenomeno trova
legittimazione culturale, e delle volte anche giuridica, in molti popoli e nazioni. Ciò accade
sopratutto nelle zone rurali e nelle comunità più povere come per esempio nell’Asia meridionale
con un’incidenza del 46% e nell’Africa subsahariana, 37% (Unicef, 2013).
Alcune stime dell’Unicef ci mostrano che i Paesi dove è più alta la percentuale di donne tra i 20 e i
24 anni che si sono sposate – o hanno iniziato a convivere - prima dei 18 anni sono: Niger 75%;
Repubblica Centrafricana 68%; Ciad 68%; Bangladesh 66%; Guinea 63%; Mozambico 56%; Mali
55%; Burkina Faso 52%; India 47%; Eritrea 47%.
In ogni Stato, il fenomeno si presenta con nomi differenti e viene messo in atto con riti e modalità
proprie: in Sudafrica ad esempio la pratica prende il nome di dell'ukuthwala, e consiste nel

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rapimento delle giovani, spesso con il consenso della famiglia, che devono abbandonare gli studi e
sono costrette al matrimonio.
Secondo un report di Save the Children lanciato nel 2016 in occasione della Giornata internazionale
delle bambine e delle ragazze, la diffusione del matrimonio forzato a danno delle minori non solo
segue un andamento geografico ma, all’interno della stessa regione, il fattore povertà è
determinante. In Tanzania e in Nepal, ad esempio, le ragazze povere rischiano quattro volte di più
rispetto alle ragazze di buona famiglia, di sposarsi in giovane età.
Le motivazioni che portano ancora oggi a portare avanti questa pratica si basano generalmente
sull’ignoranza e la povertà. In maniera profonda sono colpiti i paesi (gia poco sviluppati) in cui vi
sono atto guerre e carestie che aumentano il tasso di povertà e non permettono lo sviluppo di servizi
essenziali di buona qualità (Save the Children,2016) . La scarsità delle risorse limita la possibilità
dei genitori di trovare lavoro ed essendo famiglie estremamente numerose, i genitori vedono nelle
vendita delle loro bambine come spose, l’unica possibilità di reddito che permette loro di mantenere
il resto della prole. Questa si può considerare in un certo senso come una dote al contrario.
Tra le motivazioni inoltre vi è un principio arretrato di natura culturale e religiosa che si basa
sull’onore e rispettabilità di una famiglia. Secondo la cultura di questi paesi infatti, il nome di una
famiglia può essere sporcato se una figlia non risulta essere pura al momento del matrimonio, e
secondo alcune pratiche e tradizioni, per confermare tale purezza, la mattina dopo la prima notte di
nozze deve essere appeso fuori dalla casa della coppia il lenzuolo macchiato di sangue che
conferma la verginità della moglie. Dando la propria figlia in sposa in giovane età, le famiglie
quindi non corrono il rischio di essere disonorare.
Oltre alla cultura, come accennato precedentemente, ad influenzare il fenomeno è sicuramente la
guerra. I popoli infatti si colpiscono rapendo le fanciulle dei popoli nemici ed infliggo loro torture
brutali: nel Nord della Nigeria, ad esempio, il gruppo ribelle Boko Haram, stando alle stime di Save
the Children del 2016, ha rapito più di 270 ragazze e le ha sottoposte a violenze fisiche, sessuali e in
alcuni casi, vendute e date in moglie. Di conseguenza i padri di queste bambine, cercano di venderle
prima dell’arrivo dei ribelli, in modo da evitare loro gli abusi, pensando di infliggere il male
minore. Si entra quindi in un meccanismo senza via d’uscita, un’aspirale che se non spettata , porta
a gravi conseguenze.
Negli ultimi anni sono stati compiuti numerosi progressi a livello legale e politico; i governi si sono
impegnati negli obiettivi degli SDAGs ad eliminare ogni pratica maltrattante nei riguardi dei
bambini e oltre ai paesi sviluppati, anche l’UA (l’Unione Africana) nel 2015 si è posta l’obiettivo di

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eliminare la pratica dei matrimoni forzati e precoci. Attualmente sono molti gli Stati in cui la
legislazione vieta i matrimoni precoci ma tuttavia, in molte situazioni l’età minima per il
matrimonio è fissata ad una soglia troppo bassa e sono ancora molti invece gli stati dove non esiste
un’età minima per il matrimonio. Ne sono esempio la Tanzania, dove l’ordinamento giuridico
permette di decidere ad ogni comunità in base alle proprie tradizioni, o lo Yemen, dove non esiste
alcuna legislazione su questo : il 32% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni.
Le Nazioni Unite, continuano a lavorare per cercare di eliminare il fenomeno e nonostante sia
un’impresa ardua si è prefissata, tra gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, di riuscirci entro la fine
del 2030.

2.4 La situazione in Italia

La questione delle spose bambine non è un problema solo extra-comunitario ma, in alcuni casi è
presente anche in Europa e in Italia e proprio per questo, da qualche tempo l’Europa comincia a
porsi il problema in maniera più attenta.
Sotto il profilo legislativo, in tutti gli Stati dell’Unione Europea l’età fissata per il consenso al
matrimonio è la maggiore età, ma come accade negli altri continenti non vi è un’omogeneità tra le
varie legislazioni tant’è che non in tutti gli Stati il matrimonio forzato costituisce un reato a se ma è
comunque punibile poiché sottende una serie diversificata di reati.
In Italia il matrimonio forzato è penalmente perseguibile grazie alla legge 19 luglio 2019, n.69 che,
all'Art. 7, prevede l'introduzione dell'Art. 558-bis del Codice Penale (Costrizione o induzione al
matrimonio). Chiunque obblighi un’altra persona a contrarre matrimonio od unione civile mediante
qualsiasi tipo di minacce e/o violenze, anche se il fatto avviene fuori dal territorio italiano nei
confronti di un italiano o di un cittadino non italiano residente in Italia da parte di un italiano o di
un cittadino non italiano residente in Italia, viene punito con la reclusione in carcere da uno a
cinque anni. Sono previste aggravanti nel caso la vittima sia minore di anni diciotto e/o minore di
anni quattordici, in particolare in quest'ultimo caso dove la pena prevista è da due a sette anni.
Fare delle stime precise sulla diffusione del fenomeno è estremamente difficile perché le vittime
nella stragrande maggioranza dei casi non sporge denuncia. Quest’ultima infatti viene vista come
un tradimento nei confronti della famiglia d’origine e riconoscere che i carnefici del male subito
sono i propri genitori, non è un processo semplice. Risulta più semplice accettare il matrimonio e

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considerarlo come una tradizione culturale. Mettendo a paragone i dati raccolti dall'università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano e quelli dell’associazione Trama di Terre di Imola, spicca la
discrepanza tra le denunce effettive e gli ipotetici casi reali di matrimonio forzato. L’università di
Milano ha infatti provato a contare i casi accertati registrandone 150 all’anno, mentre Trama di
Terre, ha calcolato che nel nostro paese siano circa 2000 le bambine che vengono date in sposa.
L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha cercato di contare i casi accertati, quelli nei
quali c’è stata una denuncia e la relativa messa in sicurezza della vittima: sarebbero non meno di
150 ogni anno. Si tratta di bambine nate nelle nostre città, che sottoscrivono un contratto fin da
piccole con la famiglia dello sposo e che vengono rimandate nel Paese d’origine(Pakistan, India,
Bangladesh, Albania, Turchia ,etc) quando è giunto il momento del matrimonio. Ciò avviene perché
in Italia non sono accettati dalla legge matrimoni con i minori, a meno che il minore non abbia
compiuto sedici anni e sia autorizzato dal tribunale per i minorenni.
Un’altro dato interessante, ci giunge grazie al Report del Novembre 2017 “Non ho l’età. I
matrimoni precoci nelle baraccopoli della città di Roma” dell’Associazione 21 luglio che analizza
appunto la realtà delle baraccopoli romane e della comunità Rom. Lo studio da loro condotto indaga
sui matrimoni avvenuti dal 2014 al 2016 in otto diverse realtà abitative, di cui sette baraccopoli e
un’occupazione, in cui vivono più di 3mila persone. I risultati del ripor mettono alla luce dei dati
allarmanti: su un totale di 142 neo-sposi, 71 e quindi quasi il 50% si sono sposati prima di ever
compiuto i 18 anni; tra questi la percentuale dei ragazzi/e di età compresa tra i 16 e i 17 anni è del
72% mentre dei giovani tra i 12 e i 15 anni è del 30%. La ricerca inoltre evidenzia che come nel
resto del continente, anche nelle baraccopoli romane, il matrimonio precoce penalizzi
maggiormente le donne ma si sottolinea la difformità per quanto riguarda la differenza d’eta tra i
coniugi. I dati mostrano infatti che tale differenza varia dai 3 ai 10 in contrasto con i matrimoni dei
paesi asiatici o dell’Africa sub-sahariana, nei quali le coppie generalmente sono formate da
bambine di appena 10 anni e uomini ultra trentenni.
Altissimo risulta invece il tasso di matrimoni precoci nella comunità delle baraccopoli, 77%,
superando il record mondiale del Niger (76%) e quello della Georgia (17%) che risulta essere lo
Stato del Consiglio d’Europa con il tasso più alto di matrimoni precoci.
Anche per matrimoni delle baraccopoli romane , i motivi dell’età precoce, sono legati alle tradizioni
culturali consolidate nel tempo, all’onore della famiglia e al grande valore che viene dato alla
verginità. Come si legge nel report “Il valore della verginità è tale che i matrimoni possono
configurarsi come una soluzione utile laddove sia forte il timore dei genitori che i figli vivano

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l’intimità di coppia al di fuori della cornice nuziale”. Per un genitore, scegliere con chi la propria
figlia si sposerà, in queste realtà , rappresenta una tutela, una protezione affinché la verginità della
fanciulla venga persa in una “situazione sicura”. E’ anche per questo motivo che con la pubertà, a
molte di loro viene vietato di frequentare le scuole e sono costrette a casa.
Si evidenzia inoltre il fatto che spesso sono i giovani a volersi sposare precocemente: vogliono
vivere la loro sessualità in libertà e date le credenze culturali , il matrimonio risulta essere l’unica
strategia vincente.
La comunità che vive nelle baraccopoli è una comunità chiusa, che generalmente non permette
intrusioni dall’esterno e di conseguenza è povera di stimoli e di opportunità lavorative e
professionali. Tra le donne vi è un altissimo tasso di disoccupazione e per questo motivo, avere una
famiglia e dei figli, diviene l’unico modo per occupare il tempo, avere responsabilità e dare un
senso all’esistenza. Queste donne non corrono il rischio di “sacrificare” la carriera, perché una
carriera non la posseggono.
Il report “Non ho l’età” ha sottolineato inoltre la trasversalità del fenomeno, che si palesa come
abbiamo visto in differenti situazioni e culture ma che alla base hanno sicuramente una situazione di
svantaggio socio-economi e una concezione di collettività coesa, ed estremamente chiusa.
Non a caso , il report evidenzia che nelle aree rurali, il tasso d’incidenza dei matrimoni precoci
registrino è doppio rispetto alle aree urbane, doppio nelle aree rurali rispetto alle aree urbane e che
una ragazza con un titolo di studio della scuola elementare rispetto ad una con un titolo di istruzione
secondaria di secondo grado, è esposta maggiormente al rischio del matrimonio precoce.
Quello dei matrimoni forzati e precoci è quindi un dramma che anche nel nostro paese si fa sentire
e che non è presente solo nella Capitale: molto spesso le notizie di cronaca purtroppo riportano
situazioni di questo genere che nei peggiori dei casi hanno un’epilogo drammatico e straziante .

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2.5 Strategie d’intervento

     “Solo l’educazione è capace di salvare le nostre società da un possibile collasso, violento,
                                   oppure graduale” (J.Piaget)

La pratica del matrimonio forzato, sopratutto quando in ballo vi sono dei minori, è quindi un
abominio che necessariamente va abolito e prevenuto anche perché oltre ad essere un problema di
maltrattamento è anche un problema economico. Il matrimonio precoce contribuisce a rendere
sempre più povere le società e le tribù dove viene praticato non permettendo il loro sviluppo
economico: si trovano a fronteggiare problemi economicamente importanti( aborti, morti precoci
ecc.) senza avere i mezzi adatti per poterli affrontare.
Secondo le stime dell’UNICEF del 2014 riportante nel “Ending Child Marriage: Progress and
prospects” se non si lavora in modo efficace ed intelligente affinché questo fenomeno non scompaia
definitivamente,la situazione peggiorerà ulteriormente. Se non vi è una riduzione di questa pratica
infatti, fino a 280 milioni di ragazze dei giorni nostri, rischia di sposarsi prima dei 18 anni e a causa
della crescita della popolazione , questo numero si avvicinerà ai 320 milioni entro il 2050. Si
passerebbe cosi quindi da un totale di 700 milioni a 950 milioni circa entro il 2030 e 1,2 miliardi nel
2050.
Il lavoro che fino ad ora è stato portato avanti, ha fatto si che negli ultimi tre decenni, ci fosse una
riduzione della percentuale delle donne sposate in giovane età e per questo è importante che
continui nel tempo. Ciò nonostante bisogna incrementare tale lavoro, perché i risultati positivi,
purtroppo, sono più lenti rispetto alla crescita demografica, che peggiora questa situazione.
Ma cosa si può fare per prevenire tali matrimoni?
Le linee guida dei progetti che oggi vengono messi in campo si basano principalmente
sull’esperienza che l’UNICEF, in collaborazione con i governi, la società civile e le altre Agenzie
dell’ONU, che si sono impegnati a coordinare programmi e politiche per affrontare sia le cause che
le conseguenze di questo fenomeno. Nel 2006, ad esempio, l’UNICEF ha permesso l’approvazione
del Child Marriage Prohibition Act, contribuendo allo sviluppo di Piani di azione nazionali basati
sulla creazione di "club" di ragazze che sono stati formati sul tema dei diritti dell'infanzia e su
come stimolare e sensibilizzare le comunità locali.
Le esperienze in Bangladesh, Burkina Faso, Gibuti, Etiopia, India, Niger, Senegal e
Somalia dimostrano come l’intervento legislativo e la tutela dei diritti dei minori sia si necessario
affinché questo dramma termini, ma non sia sufficiente.

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E’ opportuno un approccio sistemico e multidisciplinare che coinvolga le famiglie e i governi.
In primo luogo è necessario, garantire la scolarizzazione a queste ragazze, in modo tale da insegnare
loro, quali sono i diritti di cui godono e dare loro degli strumenti che permettano di avere delle
opportunità future (Fonte : Unicef). E’ estremamente importante che capiscano la loro valenza a
prescindere dal contesto famiglia e che gli venga insegnato che, essere una donna non significa
essere sottomessa, e che al paro degli uomini, possono aspirare ad un’indipendenza economica. Il
matrimonio precoce è infatti, spesso un modo per garantire un futuro alle donne che hanno meno
accesso al credito, al lavoro e all’eredità. E’ importante quindi fare sensibilizzazione anche nelle
famiglie e mostrargli un’altra prospettiva di vita rispetto a quella da loro conosciuta e creare un
dialogo con i funzionari religiosi che per queste comunità hanno un ruolo estremamente importante.
I capi religiosi infatti sono esponenti a cui la comunità da ascolto, ed informare loro sui rischi che le
giovani corrono a sposarsi precocemente potrebbe essere di grande aiuto per l’intera società (Terre
des Hommes, 2018).
Poiché l’istruzione risulta essere il mezzo più efficace, bisogna educare la comunità anche alla
sessualità, ai rischi che si corrono se il corpo non è pronto ad affrontarla e alle diverse malattie
sessualmente trasmissibili.
Attualmente sono molte le associazioni e gli organi che si muovono sia dei paesi più svantaggiati
che nelle comunità europee che presentano situazioni di deprivazione sociale affinché questo
fenomeno venga abolito. Un’iniziativa importante è quella di Save the Children in Africa, che si è
concentrata   appunto sul sostegno all'empowerment delle ragazze per prevenire ed eliminare i
matrimoni precoci nelle loro comunità locali. Per questo fine sono stati dati dei fondi alle famiglie
più bisognose affinché potessero garantire un’istruzione alle figlie.
Oltre a prevenire il fenomeno, bisogna però anche garantire il sostegno a queste ragazze al fine di
farle uscire dalle situazioni maltrattanti. Essendo ragazze abusate, bisogna fornirle di assistenza
legale e sopratutto di sostegno psicologico al fine di elaborare la situazione vissuta e permettere loro
di riprendere in mano una vita che ancora non conoscono veramente. Sono ragazze sole che non
possono confrontarsi con i famigliari poiché sono in genere loro i mandanti del trattamento, e per
questo bisogna costruire anche delle comunità, dei centri di accoglienza, dove queste giovani
possano venire e possano parlare delle loro problematiche.

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Conclusioni
Il fenomeno delle spose bambine è quindi un dramma che tutt’oggi è presente nella nostra società
che obbliga le minori a subire diversi tipi di maltrattamento: abuso sessuale, abuso fisico , abuso
psicologico e violazione dei diritti fondamentali dell’uomo come la libertà di scelta. E’ una pratica
che nell’Antica Roma o nel Rinascimento era presente e tollerata, ma che ai giorni d’oggi è
considerata come un reato perseguibile penalmente e questo grazie a leggi come , fatto esempio
l’Italia, la legge 19 luglio 2019, n.69.
Per arrivare a questo punto però, ci sono voluti anni di battaglie e di studi che hanno permesso di
rivalutare la considerazione del minore e che hanno dato vita a leggi e convenzioni tra cui le più
importanti La Carta di Noto, la Convenzione di Lanzarote e la Dichiarazione dei diritti dei Minori e
del Fanciullo, che vogliono tutelare e difendere i diritti dei minori considerandoli dei soggetti di
diritto a tutti li effetti.
Attualmente esistono zone del Mondo che purtroppo non hanno ancora un sistema giuridico che
tuteli i più piccoli, o anche se esiste, nelle zone rurali o nelle sub-culture più in degrado, come per
esempio le baraccopoli Italiane, non è applicato o addirittura raggirato e per questo il fenomeno è
presente in vasta misura. Questo perché la cultura, le tradizioni o le condizioni economiche fan si
che la pratica sia considerata come una cosa “normale” o ancor peggio, l’unica soluzione per avere
un futuro migliore.
A questo proposito collaborano le Nazioni Unite e molte associazioni che si sono prefissate di
abolire il fenomeno entro il 2030 con dei programmi che si basano sull’istruzione e sull’educazione
perché si pensa che solo tramite la conoscenza si possa porre fine a questa tragedia.
Non è infatti accettabile che ancora oggi, migliaia di bambine si trovino in queste situazioni, come
non è accettabile che muoiano per lacerazioni emorragie o per aver contratto malattie sessualmente
trasmissibili.
I bambini sono bambini e deve essere tutelato il loro diritto a vivere l’età del gioco e della
spensieratezza, per questo è importante che tutti facciano la propria parte e che la battaglia contro
questo fenomeno continui anzi, si incrementi:
Proteggere e difendere i minori tutela a sua volta i futuri adulti che essi diventeranno un giorno e
quindi di conseguenza, la società futura.

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