AQUACULTURA - Marzo 2021 - Slow Food

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AQUACULTURA - Marzo 2021 - Slow Food
AQUACULTURA

   Marzo1 2021
Un lavoro coordinato da Michèle Mesmain
con la rete Slow Fish nel 2016
BRIEF SULL’ACQUACOLTURA

Da migliaia di anni, l’acquacoltura rappresenta una fonte di proteine sane e sostenibili in diversi
contesti e regioni del mondo, spesso imitando la natura o integrandosi con altri metodi di
produzione alimentare.
La rapida diffusione e il consolidamento industriale dell’acquacoltura negli ultimi decenni hanno,
tuttavia, dato adito a molte importanti questioni e controversie.
Questo documento cerca di esaminare l’argomento offrendo indicazioni e linee guida per comprendere,
caso per caso, quali sono i prodotti ittici buoni, puliti e giusti, allevati all’interno di un sistema
alimentare sostenibile. Abbiamo innanzitutto definito un quadro di riferimento concettuale che si
articola intorno ad alcuni assunti fondamentali (generali e specifici) ed esaminiamo gli elementi
critici più salienti dell’acquacoltura, al centro di qualsiasi valutazione e analisi di questa attività.
Questo brief è un documento di lavoro destinato ai membri di Slow Food che lavorano sul tema
e che potranno usarlo per creare una libreria collettiva di esempi di acquacoltura per rendere
tangibili i criteri illustrati.

ASSUNTI FONDAMENTALI

            Oceani sani
            Un mare sano e resiliente è essenziale per fornire proteine sane per il consumo
            umano. Continua inoltre ad avere un ruolo inestimabile per la produzione di ossigeno,
            l’assorbimento di biossido di carbonio, la regolazione di un clima globale sempre più
            caldo e svolge probabilmente molte altre funzioni che ignoriamo, visto che degli oceani
            sappiamo meno di quanto sappiamo della luna.

            Priorità alla pesca selvatica sostenibile
            Non possiamo cercare di nutrire una popolazione mondiale in crescita in modo sostenibile
            senza salvaguardare le risorse ittiche naturali. La pesca di stock selvatici non richiede
            input esterni. In un contesto di gestione corretta della pesca, il pesce è la fonte
            alimentare su ampia scala “più verde” dell’intero sistema alimentare. Qualsiasi
            azione che riduca questo potenziale ponendo pressioni aggiuntive sugli stock
            selvatici o sugli ambienti acquatici è controproducente.

            Pesce selvatico per il consumo umano, non mangimi animali
            Se davvero vogliamo nutrire il mondo, così come dobbiamo smettere di alimentare gli
            erbivori con cereali per produrre carne bovina, allo stesso modo bisogna smettere di
            sprecare il pesce, destinandolo all’alimentazione umana e non a quella animale, che
            si tratti di altri pesci o di animali allevati a terra.

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Un modello alimentare sostenibile e integrato
Per raggiungere la sostenibilità, è essenziale riconoscere i tanti svantaggi dell’allevamento
su larga scala di pesci carnivori e di qualsiasi altro animale, o della produzione intensiva
di colture per il mercato globale, trovando risposte migliori. Dobbiamo ripensare il nostro
modello affinché includa le attività sostenibili e su piccola scala che sostengono e
arricchiscono gli ecosistemi e rigenerano sistemi e culture alimentari. Occorre
creare un sistema alimentare economicamente sostenibile basato su qualità,
rispetto dell’ambiente e delle persone e non sul massimo profitto a ogni costo.

Effetto sul mercato e il tema centrale della disponibilità di cibo
e il mercato globale
Quando si valuta l’acquacoltura, occorre anche tenere conto degli effetti più ampi
sul mercato. Gli attuali mercati globali, insostenibili, limitano la conoscenza e la
scelta dei consumatori, oltre a ridurre la qualità generale del cibo. Consolidano la
dittatura dei prezzi bassi, mentre i costi reali sono pagati dalla risorsa stessa o dal
consumatore. Spingono il consumatore a scegliere poche varietà e specie. In questo
contesto, l’acquacoltura industriale ha un ruolo molto importante. Può infatti facilmente
alimentare la convinzione che abbiamo diritto al pesce fresco, di qualsiasi varietà e per
tutto l’anno, contribuendo allo scenario appena descritto e allontanando ulteriormente
l’essere umano dai mari, dai fiumi e dai laghi. L’onnipresenza di salmoni, orate e branzini
allevati nella maggior parte dei ristoranti e dei supermercati nel Mediterraneo e nel
mondo occidentale è un esempio perfetto.

Empowerment delle comunità e cambiamento climatico
Se consideriamo gli impatti del cambiamento climatico su tutti gli aspetti delle nostre
vite, soprattutto sugli oceani, e la volatilità del cibo e dell’energia e i movimenti
migratori che probabilmente ne deriveranno, l’empowerment delle comunità
diventa essenziale per garantire sistemi alimentari resilienti, capaci di mitigare
questi effetti e di adattarsi. Le comunità con una maggiore conoscenza dei sistemi
locali sapranno come gestirli in modo sostenibile, garantendo la produzione alimentare
con minimi input esterni e meno dipendenza da prodotti e imballaggi che richiedono
il consumo di carburanti e petrolio.

Società sane
Slow Food promuove sistemi alimentari in cui la produzione alimentare è radicata
nelle comunità e contribuisce al loro benessere grazie all’accesso a cibo di qualità
e alla resilienza dell’economia locale, favorendo inoltre la conoscenza e l’uso sostenibile
degli ecosistemi locali. Crediamo che questo sia uno dei fondamenti per avere società
democratiche, sostenibili e stabili.

Regionalità
L’acquacoltura buona, pulita e giusta, così come qualsiasi altra produzione alimentare, ha
natura regionale. Ciò che funziona in un’area, per una specie, può non essere adatto altrove,
per un’altra comunità o una specie diversa. I processi informati e partecipativi incentrati su
caratteristiche culturali, sociali ed ecologiche regionali sono in grado di dare vita ai migliori
sistemi produttivi possibili e a trade-off accettabili, promuovendo al contempo dinamiche di
gestione condivise.

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UN APPROCCIO CASO PER CASO

Qualsiasi produzione alimentare ha un impatto su ecosistemi, culture, sapere, organizzazioni sociali e
politiche, ecc. Definire i confini di un impatto ecologico accettabile è un’operazione complessa e non
necessariamente tiene conto dei principi del buono, pulito e giusto, che riguardano anche aspetti legati
all’organizzazione sociale intorno alle risorse.
Le variabili sono così numerose che definire regole generali diventa controproducente e tende a
non cogliere il cuore dei problemi, tralasciando una prospettiva multidimensionale.
Qualsiasi specie ittica, che sia carnivora, onnivora o erbivora e che si tratti di un crostaceo, un organismo
bentonico o pelagico o vegetale come il kelp, presenta una serie specifica di sfide. Specie allevate
in zone rurali costiere o interne, in recinti in mare aperto (in diverse posizioni), in recinti chiusi, in
acqua calda o fredda, in lagune, in stagni o laghi collegati a corsi d’acqua, o in acquaponica: anche in
questo caso, le sfide cambiano. Le attività di acquacoltura possono prevedere la riproduzione di pesci
o partire da esemplari selvatici, oppure dalla raccolta di uova in natura, per esempio, e questo crea
profonde differenze tra produzioni altrimenti simili. La produzione di ostriche è un buon esempio. Una
produzione su piccola scala, che non richiede input esterni, può utilizzare seme triploide prodotto in
massa, incubatoi di ricerca locali che migliorano gli stock locali, o seme naturale raccolto in natura.
Alcuni casi possono essere ben lontani dall’essere buoni, puliti e giusti; alcuni possono essere adatti a
una regione e non a un’altra.
In ogni caso, la scala dell’attività (in forma singola e aggregata) e la sua intensità sono un fattore
determinante per la sostenibilità. A prescindere dal tipo di acquacoltura, il suo essere buona, pulita
e giusta è determinato dal modo in cui la produzione locale e regionale partecipa al ciclo generale
della vita, in modo da favorire maggiore conoscenza, pratiche ecologiche e culture resilienti e generare
possibilità di autodeterminazione sostenibile e democratica.

PUNTI CRITICI ESSENZIALI
Prendiamo ora in esame gli aspetti fondamentali dell’acquacoltura per capire in che modo sono correlati
ai punti descritti nella prima parte del documento.

 Mangimi :
q Il feed ratio (il rapporto tra mangimi e prodotto ottenuto) richiede una quantità di pesce
  selvatico maggiore rispetto al pesce allevato che si ottiene? Questo danneggia l’ambiente
  marino selvatico su scala ampia e sistemica? I mangimi somministrati superano l’aumento
  di peso degli animali? Il tasso di conversione alimentare è elevato?
q I mangimi comprendono cereali? Qual è l’origine dei cereali? I mangimi sono ottenuti dalla
  sovrapproduzione e dagli scarti di cereali coltivati su larga scala e in luoghi distanti? Si
  tratta di cereali OGM? Che distanze percorrono i mangimi destinati agli animali allevati?
q Il pesce è alimentato in modo diverso rispetto alla sua dieta naturale? Alimentare pesci erbivori
  con pellet di farina di pesce per via di considerazioni sul prezzo o sull’efficienza dell’ingrasso
  è dannoso per gli ecosistemi e per gli animali, ed è insostenibile così come lo è alimentare
  animali erbivori come i bovini con alimenti a base di pesce o cereali altamente proteici.

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q Quando l’alimentazione è composta da pesci interi, da dove arrivano questi pesci? Far arrivare
  pesci, anche morti, da ecosistemi lontani può portare con sé nuovi virus, batteri o parassiti.
q Chi controlla i mangimi? La produzione di mangimi è un monopolio? Cosa succede se
  l’azienda produttrice di mangimi raddoppia i prezzi? Cosa succede se crolla lo stock su cui
  si basa l’azienda produttrice di mangimi? Ci sono alternative?
q Che impatto ha la pesca per la produzione di farine e oli (la cosiddetta pesca di riduzione) sugli
  stock e sulle comunità in cui viene praticata (ad esempio nel caso dell’anchoveta peruviana)?

 Incubatoi :
q È necessario un incubatoio per la produzione?
q Chi controlla l’incubatoio?
q L’incubatoio ha una posizione monopolista?
q L’incubatoio utilizza specie autoctone e cambia regolarmente i riproduttori per mitigare la
  riduzione del pool genetico locale e imitare la selettività e l’adattabilità naturali?
q Quanti produttori sono serviti dall’incubatoio?
q L’incubatoio minaccia in qualche modo l’ambiente locale? Contaminazione con specie non
  autoctone, virus, ecc.? Quali sono le procedure di sicurezza?
q Chi lavora nell’incubatoio? A chi vanno i profitti? Che percentuale dei profitti resta a livello locale?
q Quanta acqua è utilizzata/è necessaria per l’incubatoio?
q L’incubatoio, o fondi che ne derivano, supportano specie a rischio o minacciate?

 Fughe :
q Sono possibili fughe di singoli esemplari o di uova?
q Quanto è elevato il rischio di contaminazione genetica di specie selvatiche e/o di propagazione
  di specie nuove/invasive? Le fughe possono prevalere sulle specie locali?
q Esiste un rischio di sterilizzazione dello stock selvatico? Ad esempio, se le ostriche tetraploidi
  vengono rilasciate nell’ambiente naturale?

 Contaminazione :
q Sono usati pesticidi, e in che quantità?
q Sono utilizzati prodotti chimici? (Cloro nel caso di alcuni allevamenti di gamberi, ad esempio)
q Queste sostanze sono degradabili? Dispersibili? In che modo si accumulano nei pesci e nell’ecosistema?
q Servono antibiotici? Qual è il piano di mitigazione/contenimento nel caso in cui siano utilizzati
  in sistemi in mare aperto? Ne restano tracce nel prodotto alimentare finale?
q Come sono controllate le perdite di mangimi?
q Come sono trattati gli escrementi animali e l’acqua sporca?

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Impronta di carbonio
q Quanto carburante e quanta energia sono utilizzati nell’intera filiera, compresa la produzione
  di input (mangimi e pesticidi, ad esempio) e la fase di postproduzione (imballaggio e
  trasporto)? Qual è l’impronta di carbonio totale?

 Capacità di carico complessiva
q L’attività planctonica è sufficiente per la scala di acquacoltura dei molluschi?
q L’area è una zona ad alta produzione primaria?
q Quali sono i livelli di biodiversità nell’area specifica?
q In che modo maree e correnti contribuiscono al ricambio di acqua e alla dispersione dei
  contaminanti?
q Se vengono rimossi individui o uova dall’ambiente selvatico per essere incubati e allevati, in che
  modo questa attività influisce sull’abbondanza naturale?

 Malattie :
q Qual è il rischio di epidemie di virus, batteri o parassiti? Se esiste, come viene gestito?
q È stata osservata un’attività parassitaria, come la presenza di pidocchi, maggiore rispetto
  all’ambiente selvatico?

 Relazioni :
q Chi controlla e possiede l’attività (una multinazionale? Una società a conduzione familiare? È un
  caso di proprietà di una comunità o di una cooperativa?)?
q Qual è il contributo o il ritorno, se c’è, per lo sviluppo della comunità? Quanti posti di lavoro o
  investimenti locali vengono creati dall’attività? Quale proporzione dei profitti e dei salari “resta
  nella comunità locale”?
q In che modo è distribuita la ricchezza generata dalla produzione?
q La produzione migliora la resilienza della comunità? Favorisce la comprensione dell’ecosistema,
  buone pratiche e una cultura ecologica?
q A quale esigenza risponde l’acquacoltura? In che modo migliora il benessere della comunità? La
  produzione garantisce una fonte di prodotti alimentari ittici a chi ne ha bisogno? A chi altrimenti
  non avrebbe accesso a proteine sufficienti? Sono beni di lusso?
q Esistono conflitti sociali legati a questa produzione?

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Qualità del pesce :
q Qual è la percentuale di grasso rispetto allo stesso pesce selvatico?
q Qual è il valore nutritivo rispetto all’equivalente selvatico?
q Il pesce contiene antibiotici o altre sostanze chimiche?
q In che modo viene gestita la possibile contaminazione e tossicità esterna (proveniente da deflussi
  agricoli, rifiuti urbani, contaminazione mineraria, ecc.)?

 Benessere dei pesci :
q I pesci mostrano segni di stress e ferite fisiche?
q Qual è il tasso di mortalità naturale?
q Fanno ciò che normalmente farebbero in libertà?

 Sistema multitrofico e integrato :
q Sono allevate più specie complementari? Questo contribuisce a limitare la dipendenza dai mangimi,
  i problemi di contaminazione dell’acqua e la dipendenza da una sola specie?
q Porta alla produzione di prodotti stagionali?

 Effetti sull’ecosistema più ampio
q La produzione crea stabilità economica ed ecologica nella regione, aiutando, ad esempio, a
  preservare le foreste o offrendo alternative alla comunità, che altrimenti si occuperebbe di
  attività più dannose?
q Le acque reflue e fertilizzate vengono utilizzate per altre produzioni agricole?
q La costruzione o la gestione della struttura danneggiano l’ecosistema locale? Ad esempio, è stata
  tagliata una foresta di mangrovie?

 Mercati :
q La produzione ha bisogno di un mercato globale per essere assorbita? Può essere assorbita nella
  regione di produzione?
q La produzione contribuisce alla riduzione del numero di specie che il pubblico desidera
  consumare? Viene data l’impressione che dovremmo avere la libertà di acquistare qualsiasi
  specie in qualsiasi momento dell’anno?

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Diritti umani :
q Sono state spostate comunità locali per sviluppare la produzione locale?
q È stata danneggiata la sussistenza delle comunità marginali?
q C’è stato un processo partecipativo e inclusivo per determinare l’adeguatezza e le possibili
  conseguenze della produzione?
q I lavoratori ricevono un salario equo e dignitoso?
q Dove vivono i lavoratori rispetto all’attività?

A COSA SLOW FOOD SI OPPONE CON FORZA

Agli allevamenti industriali su larga scala con elevati input e output, forte pressione sugli
stock locali e sulla capacità di carico dell’ambiente, causato da un unico allevamento o da
diversi allevamenti presi insieme (effetto di scala).
Ci opponiamo a qualsiasi progetto che non coinvolga (tutta) la comunità interessata fin dall’inizio
e che non preveda almeno un controllo parziale della produzione da parte delle comunità, e che
causi quindi un ulteriore consolidamento dell’attuale sistema alimentare.
Ci opponiamo a qualsiasi progetto che violi i diritti umani.

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