Analisi e prospettive Analysis and Prospects 601 - Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 - Processo Penale e ...
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Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 601 Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 Analisi e prospettive Analysis and Prospects ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 602 STEFANO RUGGERI Professore di Procedura penale italiana ed europea – Università degli Studi Messina Indagini e azione penale nei procedimenti di competenza della nuova procura europea Criminal investigations and prosecution in the proceedings of the new European Public Prosecutor’s Office L’analisi della disciplina sulle indagini e sulle decisioni concernenti l’esercizio dell’azione penale nei procedimenti di com- petenza della nuova Procura europea rivela un quadro complesso nel quale nuovi meccanismi processuali s’intrecciano a soluzioni largamente collaudate. Proiettate sul piano sovranazionale, tali combinazioni risultano peraltro foriere di nuovi problemi. Così la struttura composita del nuovo organo e le dinamiche che contraddistinguono i suoi rapporti con le au- torità nazionali e con le altre istituzioni dell’Unione si coagulano in una regolamentazione che appronta strumenti di con- trollo sull’operato dei titolari delle indagini interni all’apparato dell’EPPO. L’indipendenza della Procura europea, su cui insiste il Regolamento, si accompagna alla riproposizione di formule antiche, come quella del pubblico ministero qua- le parte imparziale, funzionalmente deputata a svolgere indagini sia contro il presunto reo che a suo favore. Il presente studio affronta la disciplina su indagini e azione della Procura europea mediante un’analisi orientata ai diritti della persona. L’adozione di questa prospettiva consente d’individuare non poche deficienze nella recente normativa sulla fase investigativa della Procura europea. In effetti, il Regolamento EPPO non solo ha considerevolmente trascurato le garanzie partecipative nella fase preprocessuale, ma affida inoltre a un organo interno all’apparato della Procura euro- pea (le Camere permanenti) delicatissime decisioni, quali quelle relative all’avvio della fase investigativa e alla formula- zione dell’addebito investigativo, senza offrire un adeguato controllo da parte di un organo indipendente. In questo qua- dro le enormi attribuzioni decisorie riconosciute alle Camere permanenti e i criteri di selezione delle stesse suscitano peraltro interrogativi di non facile risposta con riguardo alla definizione della competenza investigativa della Procura eu- ropea in procedimenti transfrontalieri e ai poteri archiviativi dell’EPPO. Ciò pone difficili problemi di compatibilità col dirit- to costituzionale, nonché con la Convenzione europea e con lo stesso diritto dell’Unione europea. Un corretto approccio a tali problematiche nell’ottica dell’human rights law sospinge verso un’impostazione in grado di combinare virtuosa- mente la prospettiva del diritto costituzionale con quelle del diritto internazionale, del diritto dell’Unione europea e del diritto penale sostanziale e processuale, mettendo in luce le nuove sfide che per il cittadino europeo pongono oggi prin- cipi fondamentali come quello di legalità e di obbligatorietà dell’azione penale. The examination of the rules on the inquiry and decision to charge in the proceedings of the new European Public Prosecutor’s Office displays a complex picture in which new mechanisms interact with largely proven solutions. Projected onto the supranational law plane, such combinations lead to unprecedented problems. Thus, the com- plex structure of the EPPO and the dynamics that characterise its relationships with domestic authorities and oth- er EU institutions are reflected in a regulation on the pre-trial inquiry that provides tools of oversight of the con- duct of the investigative authorities within the same European Prosecutor’s Office. The independence of the new EPPO, proclaimed by the Regulation, is combined with old doctrines, such as that of a public prosecutor as an im- partial party, aimed at carrying out investigations both against and in favour of the alleged perpetrator. The present study deals with the investigative and prosecutorial powers of the EPPO by providing a critical analy- sis oriented towards human rights. The choice of this perspective allows detecting several shortcomings of the * (Il presente scritto ha rappresentato per me una preziosa occasione di approfondimento di un tema finora lontano dalle mie ricerche e, a un tempo, un’occasione di confronto con colleghi di discipline diverse, che ho dovuto disturbare (e più volte) per affrontare una problematica estremamente complessa, che a mio modesto avviso pone una serie di delicatissime questioni, se non altro, di diritto costituzionale, diritto penale sostanziale e processuale, diritto internazionale e diritto dell’Unione euro- pea, questioni che vanno ben al di là dell’ambito delle mie conoscenze personali. Desidero quindi ringraziare mio padre, Anto- nio Ruggeri, nonché gli amici e colleghi Giuseppina Panebianco, Lorena Bachmaier Winter, Oreste Pollicino e Stefano Agosta per la pa- zienza dedicatami e per gli utilissimi suggerimenti da loro tutti ricevuti e che spero di avere saputo mettere a frutto, sia pur in minima parte. Resto ovviamente responsabile personalmente per ogni errore od omissione che il lettore dovesse trovare. ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 603 rules on the investigative phase. Indeed, the EPPO Regulation not only has largely overlooked participatory rights in the pre-trial inquiry, but has also entrusted delicate decisions to an organ within the European Prosecutor’s Of- fice (namely, the Permanent Chamber), such as those regarding the institution of a criminal investigation and the preferment of the preliminary charge, without ensuring a proper oversight by an independent authority. Moreover, the enormous decision-making powers of the Permanent Chambers and the criteria set for their selection raise further questions concerned with the definition of the investigative competence of the EPPO in transborder cases and the power to discontinue the proceedings. All this poses delicate problems of consistency with constitutional law, as well as with the European Convention and EU law. The focus on human rights law promotes a critical ap- proach to this problematic area that calls for virtuous combination of the viewpoints of constitutional law, interna- tional human rights law, EU law, and substantive and procedural criminal law, bringing to light new challenges that fundamental principles – such as the nullum poena sine lege and the principle of legality – pose today for EU citizens. PREMESSA All’interno dell’area di libertà, sicurezza e giustizia, il 2017 ha visto l’emanazione di due importanti provvedimenti normativi da parte delle istituzioni dell’Unione europea: la Direttiva 2017/1371, del 5 lu- glio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (di séguito, DirPIF), e il Regolamento 2017/1939, del 12 ottobre 2017, che ha realizzato una coope- razione rafforzata tra venti Stati membri mediante l’istituzione della Procura europea (di séguito, RegEP- PO). A distanza di oltre quattro anni dalla presentazione di una proposta di Regolamento da parte della Commissione europea (di séguito, PRegEPPO) 1 e di quasi un ventennio dalle prime iniziative vòlte alla costituzione di un pubblico ministero europeo 2, si è dunque concluso un lungo e travagliato percorso di gestazione normativa che ha portato a un tempo all’armonizzazione della disciplina di diritto sostanziale relativa ai reati che colpiscono gli interessi finanziari dell’Unione e all’istituzione di un apposito organo deputato al loro accertamento investigativo e all’esercizio dell’azione penale, la Procura europea (di sé- guito, EPPO). La strettissima relazione tra tali provvedimenti normativi non implica tuttavia una perfetta sovrapposizione fra i due piani, come si evince dalla previsione concernente la competenza per materia della Procura europea. Essa, per un verso, non copre l’intera area dei reati PIF, poiché la competenza dell’EPPO per le frodi a danno degli interessi finanziari dell’Unione – con riguardo alle azioni od omis- sioni di carattere transfrontaliero commesse in materia di entrate derivanti dalle risorse proprie prove- nienti dall’IVA – concerne solo le condotte dolose «connesse al territorio di due o più Stati membri e che comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 milioni di euro» 3. Per altro verso, la competenza della Procura europea eccede l’ambito applicativo della Direttiva PIF, nella misura in cui si estende alla parteci- pazione a un’organizzazione criminale quale definita dalla Decisione-quadro 2008/841/GAI, se l’attività criminosa di tale organizzazione è vòlta alla commissione di uno dei reati PIF 4, nonché a ogni altro reato in- dissolubilmente connesso a una condotta criminosa rientrante nell’ambito di applicazione di tali reati 5. Nel corso dell’evoluzione della proposta di Regolamento sulla Procura europea, la struttura e le funzioni dell’organo sono sensibilmente mutate, e con esse i rapporti con le autorità nazionali 6. L’ini- ziale progetto di un pubblico ministero europeo (l’European Public Prosecutor) ha lasciato il posto a un organo (la Procura europea, ovvero l’European Public Prosecutor’s Office) dalla struttura composita e for- temente decentrata 7. La responsabilità delle indagini investigativa è assegnata ai procuratori europei delegati, che peraltro godono di ogni potere partecipativo e impugnatorio riconosciuto dal diritto na- zionale 8. Inoltre il Regolamento ha stabilito un sistema di competenze concorrenti tra l’EPPO e le auto- 1 COM (2013) 534 final. 2 Cfr., in particolare, M. Delmas-Marty-J.A.E. Vervaele (a cura di), The implementation of the Corpus Juris in the Member States, voll. 1-4, Intersentia, 2000. 3 Art. 22, par. 1, RegEPPO. 4 Art. 22, par. 2, RegEPPO. 5 Art. 22, par. 3, RegEPPO. 6 Al nuovo Regolamento sulla Procura europea è dedicato l’intero fascicolo 3/2017 di Eucrim, nel quale sono state affrontate alcune fra le questioni problematiche analizzate nel presente scritto. 7 Art. 8, parr. 1-2, RegEPPO. 8 Artt. 8, parr. 4, e 13, par. 1, RegEPPO. ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 604 rità nazionali nella lotta ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, sistema basato sul diritto di avocazione dell’EPPO 9. All’interno di questo quadro, il principio di leale cooperazione richiede sia all’EPPO sia alle autorità nazionali di fornirsi reciproca assistenza al fine di combattere efficacemente i reati di competenza dell’EPPO 10. La complessità della materia e l’ampia gamma delle competenze riconosciute alla Procura europea impongono una lettura interdisciplinare e human rights-oriented della nuova disciplina. Il presente stu- dio adotta tale approccio critico con specifico riguardo alla normativa sulle indagini e sulle decisioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, avvalendosi di un’impostazione che combina anzitutto le pro- spettive del diritto costituzionale e del diritto internazionale in materia di diritti della persona grazie soprattutto all’opera ricostruttiva della giurisprudenza di Strasburgo. Un utile parametro di riferimento è inoltre costituito dall’emergente EU human rights law, quale definito non solo dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (di séguito, CDFUE) ma anche dalla normativa su certe garanzie processuali emanata specie dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, normativa esplicitamente richiamata dal Regolamento EPPO 11. Per chiarezza espositiva, concentrerò la mia analisi precipuamente sulle seguenti tre problematiche: a) l’avvio delle indagini penali da parte dell’EPPO con particolare riguardo alla formalizzazione del- l’addebito preliminare; b) la definizione della competenza investigativa della Procura europea in pro- cedimenti transfrontalieri; e infine c) i poteri archiviativi dell’EPPO alla luce del principio di legalità e del principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale pubblica che informa l’agire del pubbli- co ministero europeo. La disamina di tali tematiche consente di apprezzare le tensioni fra la nuova di- sciplina e alcuni principi fondamentali del modello costituzionale di giustizia penale, quale i principi di precostituzione della giurisdizione penale e di obbligatorietà dell’azione penale; nonché alcuni diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione europea e dall’EU human rights law, come il diritto ad ot- tenere le condizioni per impostare una difesa effettiva e il diritto all’assistenza legale e all’assistenza linguistica. Una lettura sistematica di tali principi e diritti fondamentali mette peraltro in luce una ben più cospicua problematica, che chiama in causa il principio di eguaglianza. Nell’attuale contesto euro- peo, tale basilare principio non può essere più esclusivamente inteso nella sua accezione di eguaglianza di tutti i consociati davanti alla legge nazionale, ma impone l’adozione di una ben più complessa pro- spettiva, che chiama in causa l’eguaglianza di tutti i cittadini dell’Unione – anche dei cittadini degli Sta- ti membri che non partecipano (ancora) alla cooperazione rafforzata nella quale opererà la Procura eu- ropea – davanti a una legalità a sua volta dalla struttura composita, fatta (se non altro) di regole e prin- cipi sovranazionali armonizzati dal diritto dell’Unione, dai principi e dalle tradizioni costituzionali co- muni e dall’esperienza giurisprudenziale delle Corti europee. L’AVVIO DELLA FASE INVESTIGATIVA, LA FORMALIZZAZIONE DELL’ADDEBITO PRELIMINARE E LE GARAN- ZIE PER LA PERSONA INDAGATA La competenza investigativa della Procura europea pone un primo ordine di problemi, che concerne l’avvio delle indagini con specifico riguardo alla formalizzazione dell’imputazione preliminare. Il Rego- lamento è estremamente parco a questo proposito, limitandosi a prevedere che, qualora in forza del dirit- to nazionale applicabile, esistano ragionevoli motivi per ritenere che sia stato commesso un reato di com- petenza dell’EPPO, un Procuratore europeo delegato di uno Stato membro che sia competente per tale reato avvii un’indagine e annoti il presunto reato nel sistema automatico di gestione dei fascicoli 12. Il case management system costituisce un registro di proprietà dell’EPPO, tenuto «in linea di massima» in forma elettronica, nel quale andranno annotate sia le informazioni ricevute e riguardanti presunti reati di com- petenza della Procura europea sia informazioni provenienti dai fascicoli, anche se chiusi 13. In altre parole, tale sistema automatizzato convoglierà sia la notitia criminis sia l’informazione riguardante le investiga- zioni compiute, tanto (eventualmente) a livello nazionale quanto dai Procuratori europei delegati. 9 Considerando n. 13 RegEPPO. 10 Considerando n. 14 RegEPPO. 11 Art. 41, par. 2, RegEPPO. 12 Art. 26, par. 1, RegEPPO. 13 Considerando n. 47 RegEPPO. ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 605 Ciò pone una cospicua serie di interrogativi, che proiettano su scala sovranazionale alcune fra le preoccupazioni evidenziate rispetto al sistema di avvio di procedimenti nazionali, quale disciplinato dalla legge processuale italiana. Anzitutto, entro quando andranno inserite tali informazioni e con quali modalità andranno nel frattempo effettuate le investigazioni della Procura europea? Il Regolamento in- siste sulla necessità che non solo le autorità nazionali informino l’EPPO «senza ritardo» di qualsiasi condotta che potrebbe costituire un reato di sua competenza 14, ma anche che le «istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie dell’Unione, come pure le autorità nazionali», forniscano alla Procura europea «senza ritardo» tutte le informazioni di cui dispongano, riguardanti tali reati 15. Nulla invece si prevede quanto alla tempistica con cui l’EPPO dovrebbe inserire tali informazioni e sulla rilevanza formale e soprattutto sulle implicazioni processuali di tale annotazione. Così, laddove la Procura europea non abbia provveduto all’avocazione del caso e nessuna indagine sia stata previamente avviata dalle autori- tà nazionali competenti, non si specifica se l’annotazione delle informazioni sulla notitia criminis impli- chi un addebito formale e a partire da che momento il destinatario delle indagini assuma pertanto la veste formale di “indagato” nel senso di persona “charged with a criminal offence”. Il che ha evidenti conseguenze non solo sul piano interno, ma anche in relazione alla Convenzione eu- ropea e allo stesso EU law. Non c’è dubbio che, laddove le indagini della Procura europea si svolgano in Italia, sia il Procuratore europeo delegato sia le autorità nazionali da questi eventualmente incaricate di svolgere specifiche attività investigative siano tenuti a rispettare le forme richieste dalla legge processuale italiana. Ma entro che limiti troveranno applicazione le fondamentali clausole di garanzia previste dal- l’art. 63 c.p.p.? Varranno anche nei confronti di attività investigative condotte o incaricate dalla Procura europea? E quale tutela è offerta al cittadino italiano che sia indagato da un Procuratore europeo delegato in un altro Stato membro la cui legge processuale non fornisce analoga garanzia? Le dichiarazioni even- tualmente rese da chi è già materialmente sottoposto ad indagini, senza che nei suoi confronti sia stato tuttavia ancora formalizzato un addebito, potranno essere usate nei suoi confronti o nei riguardi di altri? La previsione con cui il Regolamento esclude l’inammissibilità in giudizio di prove presentate dal- l’EPPO «per il solo motivo che sono state raccolte in un altro Stato membro o conformemente al diritto di un altro Stato membro» 16, congiuntamente al riconoscimento della libertà valutativa del giudice na- zionale 17, non sembra fornire garanzie molto rassicuranti. Di sicuro la vaghezza del dettato normativo sovranazionale circa il valore dell’annotazione del presunto reato di competenza dell’EPPO e l’incerto momento di formalizzazione di tale informazione, e con essa dello status d’indagato, non consentono di dare risposte appaganti a questo delicato interrogativo. Sennonché, a ben vedere, non sembra che le previsioni dell’art. 37 del Regolamento possano essere interpretate in modo a tal punto rigido da frustrare basilari garanzie. Ciò vale anzitutto per le garanzie informative. In effetti, se il diritto costituzionale italiano, la Convenzione europea e la Direttiva 2012/13/UE, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali (di séguito, DirIPP), richiamata dal- lo stesso Regolamento 18, assicurano già all’indagato un’adeguata informazione sull’addebito preliminare, dotata di quel livello di dettaglio compatibile con l’evoluzione del procedimento, ciò sembra a un tempo imporre a carico dell’autorità procedente l’obbligo di porre in essere il presupposto perché tale fonda- mentale garanzia informativa possa realizzarsi, formalizzando per l’appunto tale charge. Né pare che da quest’obbligo possa considerarsi esente un’autorità sovranazionale, quale la Procura europea. Laddove sia essa ad avviare le indagini senza un previo intervento da parte delle autorità nazionali, l’anno- tazione della notitia criminis nel sistema automatico di gestione dei fascicoli dovrà considerarsi alla stre- gua della formalizzazione dell’addebito 19, di cui andrà fornita puntuale informazione all’indagato in linea con la (e nei limiti tracciati dalla) giurisprudenza di Strasburgo 20, nonché la Direttiva del 2012. Se 14 Considerando n. 48 RegEPPO. 15 Considerando n. 49 RegEPPO. 16 Art. 37, par. 1, RegEPPO. 17 Art. 37, par. 2, RegEPPO. 18 Art. 41, par. 2, lett. b), RegEPPO. 19 Ciò pare confermato dal fatto che il Considerando n. 78 richiede la formulazione di capi d’accusa nei confronti non solo dell’imputato ma anche dell’indagato, il che attesta pure l’adozione di una nozione amplia di “azione penale”, in quanto estesa all’azione investigativa della Procura europea. 20 Nonostante la distinzione terminologica tra charge ed accusation abbia condotto a ritenere che la nozione di informazione ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 606 l’indagine sarà avviata da un Procuratore europeo delegato in Italia, l’annotazione del presunto reato di competenza dell’EPPO dovrà peraltro avvenire con la stessa immediatezza richiesta per la registrazione della notizia di reato dal codice di rito; l’informazione sull’accusa preliminare dovrà inoltre avvenire in modo riservato, così come prescritto dalla Costituzione. Quand’anche la garanzia costituzionale non dovesse ritenersi applicabile ratione personae, gli standard offerti dalla giurisprudenza di Strasburgo e dalla Direttiva 2012/13/UE dovrebbero pertanto fornire sufficiente tutela al cittadino italiano nei cui riguardi fosse avviata un’indagine da un Procuratore europeo delegato in altro Stato membro che non contemplasse un sistema di formalizzazione della notitia criminis assimilabile a quello previsto dalla legge processuale italiana. A partire dal momento dell’annotazione, certamente la persona indagata gode inoltre del diritto al- l’assistenza di un difensore e del privilege against self-incrimination, quale ampiamente riconosciuti dalla giurisprudenza di Strasburgo 21 e, più di recente, dall’EU law mediante le Direttive 2013/48, del 22 otto- bre 2013, (di séguito, DirAD) e 2016/343, del 9 marzo 2016, (di séguito, DirPIDPP), anch’esse richiamate dal Regolamento 22. Il riferimento alla Direttiva 2013/48 consente peraltro di estendere la fondamentale garanzia dell’assistenza legale «alle persone diverse da indagati o imputati che, nel corso di un interro- gatorio da parte della polizia o di altre autorità di contrasto, diventano indagati o imputati» 23. A primo acchito, tale anticipazione dell’ambito applicativo della Direttiva del 2013 sembrerebbe potere fornire adeguata tutela a chi, come nella situazione qui problematicamente considerata, non avesse ancora as- sunto lo status formale d’indagato. A ben guardare, il quadro che emerge da un’analisi sistematica della normativa sovranazionale solleva più di una preoccupazione. In particolare, tale anticipazione dell’am- bito di tutela trova inevitabili limiti, specie per il fatto che, a un’analisi comparata dei modelli offerti dagli ordinamenti europei, non esistono soluzioni univoche né sempre è possibile individuare un mo- mento preciso (e un preciso atto processuale) a partire dal quale chi è materialmente indagato diviene tale con un addebito determinato 24. In effetti, l’assistenza legale è dovuta solo a chi diventi un indagato durante un interrogatorio di polizia o condotto da altra autorità di contrasto. In questa prospettiva i re- dattori della Direttiva 2013/48 hanno sottolineato l’opportunità di sospendere immediatamente l’inter- rogatorio 25; e della necessità di un atto di formalizzazione dell’addebito nel corso dell’interrogatorio sembra dar prova il fatto che quest’ultimo potrebbe «proseguire qualora l’interessato sia stato informa- to di essere indagato o imputato e sia in grado di esercitare pienamente i diritti previsti» dalla Diretti- va 26. Entro questi limiti l’EU law sembra riconoscere anche il diritto a non essere costretto ad autoincri- sull’accusa adottata dalla Convenzione europea presupponga la formulazione dell’imputazione vòlta a dare avvio alla fase giu- risdizionale (per tutti S. Trechsel, Human rights in criminal proceedings, Oxford Univesity Press, 2005, p. 198 s.), tale impostazione non sembra riflettere la complessità della giurisprudenza di Strasburgo, che da quasi trent’anni individua la necessità di fornire tale fondamentale informazione sin dal primo atto processuale che incida su diritti della persona sulla base di un’ipotesi di rea- to. Cfr., per tutte, Corte e.d.u., 19 dicembre 1989, Brozicek v. Italy. 21 È noto che, sebbene la Convenzione europea (a differenza di altre Carte internazionali dei diritti, quale il Patto internazio- nale dei diritti civili e politici) non riconosca esplicitamente il principio del nemo tenetur se detegere, esso riveste dalla fondamen- tale decisione Funke c. Francia (25 febbraio 1993) un’importanza centrale nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Essa ne ha anzi rafforzato la tutela persino rispetto ad altri fair trial rights esplicitamente riconosciuti dalla Convenzione europea. Co- sì in Gäfgen c. Germania (1° giugno 2010) la Grande Camera ha escluso che strumenti di coazione possano essere utilizzati per estorcere dichiarazioni persino lì dove ciò si renda necessario al fine di proteggere altri valori fondamentali consacrati dalla Convenzione, finanche lì dove la vita di un’altra persona sia in pericolo. In Jalloh c. Germania (11 giugno 2006) la Corte ha pe- raltro significativamente esteso l’ambito applicativo del principio oltre il settore delle prove dichiarative, affermando che l’uso di misure invasive dell’integrità fisica di una persona al fine di ottenere coattivamente informazioni da utilizzare nei suoi con- fronti lede, oltre ad altri diritti convenzionalmente riconosciuti, il privilege against self-incrimination. Non meno significativa l’impostazione seguita dalla Grande Camera in Saunders c. Regno Unito (17 dicembre 1996), nella quale decisione essa aveva già puntualmente rafforzato la tutela del nemo tenetur se detegere al punto di considerare una violazione esistente persino laddo- ve nessun uso fosse fatto in sede nazionale dell’informazione ottenuta coattivamente. Si tratta di un approccio che conserva una grande rilevanza dal punto di vista sistematico, ancor più se confrontato col progressivo ammorbidimento della sole and decisive evidence doctrine realizzatosi dopo la sentenza Al-Khawaja and Tahery c. Regno Unito (15 dicembre 2011). 22 Art. 41, par. 2 lett. c) e d), RegEPPO. 23 Art. 2, par. 3, DirAD. 24 Sottolinea quest’aspetto opportunamente L. Bachmaier Winter, The EU Directive on the Right to Access to a Lawyer: A Critical Assessment, in S. Ruggeri (a cura di), Human Rights in European Criminal Law. New Developments in European Legislation and Case Law after the Lisbon Treaty, Springer Verlag, p. 114. 25 Considerando n. 21 DirAD. 26 Ibidem. 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Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 607 minarsi, garanzia che, sebbene la Direttiva 2016/343 formalmente assicuri solo a chi abbia già assunto la veste d’indagato o imputato 27, è in realtà legata al diritto all’assistenza legale da un rapporto così stretto da dovere essere estesa alla persona diversa dall’indagato, per l’appunto, alle condizioni stabilite dalla Direttiva 2013/48 28. Tale assetto inevitabilmente incide sulle future indagini di competenza della Procura europea. Per le ragioni esposte, non sembra possano sussistere dubbi sul fatto che l’EPPO, per il fatto di dovere garantire il diritto all’informazione sull’accusa (e l’accesso agli atti) già all’indagato, debba provvede- re alla formalizzazione della notizia di reato, attraverso l’annotazione nel case management system, e al suo aggiornamento, laddove le risultanze investigative impongano una modifica dell’addebito pre- liminare. Tuttavia l’assenza di indicazioni normative circa i tempi entro cui tale annotazione dovrà avvenire fa sì che, laddove nulla sia previsto dal diritto processuale nazionale dello Stato in cui le in- dagini saranno avviate, il Procuratore europeo delegato avrà ampio margine di discrezionalità quan- to all’attivazione di tali fondamentali garanzie informative. Tale deficit non sembra poter trovare al- cuna compensazione mediante l’anticipazione del diritto all’assistenza legale e del privilege against self-incrimination, prevista dalla Direttiva 2013/48 solo per l’ipotesi in cui il diritto nazionale consenta l’acquisizione dello status d’indagato nel corso di un interrogatorio di polizia o di altra autorità di contrasto, cosa che non sempre avviene. Del resto è significativo che tale provvedimento normativo neppure fornisca alcuna indicazione circa la sorte delle dichiarazioni eventualmente rese dalla perso- na che, sfornita di assistenza legale, si sia autoincriminata in un interrogatorio nel quale le sia stato poi formalizzato un addebito penale. LA DEFINIZIONE DELLA COMPETENZA INVESTIGATIVA DELLA PROCURA EUROPEA. LA NORMATIVA UE A CONFRONTO COL DIRITTO DI DIFESA E COL PRINCIPIO DI PRECOSTITUZIONE DELLA GIURISDIZIONE In uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, non è certamente tollerabile che l’attivazione di fon- damentali garanzie possa dipendere dal caso. Il che pone un secondo ordine di problemi, che riguarda la scelta del Paese nel quale saranno avviate e condotte le indagini della Procura europea, ovvero i cri- teri di determinazione della competenza investigativa dell’EPPO. In ciò bisogna riconoscere che il Re- golamento ha apportato considerevoli modifiche all’originale proposta del 2013, la quale facoltizzava il Procuratore europeo o, per suo conto, un Procuratore europeo delegato ad avviare un’indagine penale ogniqualvolta vi fosse «fondato motivo di ritenere che [fosse] stato commesso o si [stesse] consumando un reato di competenza della Procura europea» 29. La considerevole indeterminatezza di tale previsione, che non si basava su nessuno dei tradizionali principi di diritto internazionale relativi alla fissazione spaziale della giurisdizione penale, era ulteriormente aggravata dal riconoscimento del potere del Pro- curatore europeo di attribuire il caso a un altro Procuratore europeo delegato in base ai parametri stabi- liti dall’art. 18 par. 5 della proposta 30, alcuni fra i quali erano anch’essi connotati da un elevato grado di vaghezza, come le circostanze specifiche connesse alla dimensione transfrontaliera dell’indagine e l’indisponibilità delle autorità investigative nazionali 31. Alla fluidità di tale impostazione con riguardo alla fase investigativa faceva séguito altrettanta indeterminatezza nella scelta del foro competente per il processo. Non solo la proposta prevedeva la determinazione del Paese nel quale esercitare l’azione pe- nale in base a criteri legati ad eventi accidentali, quale il luogo in cui è ubicata la prova 32, ma non forni- va inoltre la benché minima indicazione quanto ai parametri che avrebbero dovuto guidare la scelta fra un criterio e un altro, scelta affidata alla generale «considerazione della corretta amministrazione della giustizia» 33. D’altra parte, il mancato interesse della Commissione verso l’esigenza di una puntuale de- terminazione della competenza investigativa e processuale s’inquadrava all’interno di un contesto più 27 Art. 7 DirPIDPP. 28 Considerando n. 21 DirAD. 29 Art. 16, par. 1, PRegEPPO. 30 Art. 16, par. 2, PRegEPPO. 31 Art. 18, par. 5, lett. c) e d), PRegEPPO. 32 Art. 27, par. 4, lett. c), PRegEPPO. 33 Art. 27, par. 4, PRegEPPO. ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 608 generale che vedeva, «ai fini delle indagini e dell’azione penale promosse dalla Procura europea, il ter- ritorio degli Stati membri dell’Unione» alla stregua di «un unico spazio giuridico in cui la Procura eu- ropea può esercitare la sua competenza» 34. Senza dubbio il Regolamento si è discostato sensibilmente da tale impostazione. Esso non solo ha ri- stretto la lista dei criteri di determinazione del foro competente, espungendo criteri vaghi e legati a fat- tori accidentali, ma li ha inoltre ordinati secondo un ordine gerarchico, che prevede di regola la fissa- zione della giurisdizione nel Paese in cui si trova il “centro” dell’attività criminosa oppure, se sono stati commessi più reati connessi di competenza dell’EPPO, nello Stato membro in cui è stata commessa la “maggior parte” dei reati. A tali regole si può derogare in base a tre diversi parametri, legati al luogo di residenza abituale del reo, di nazionalità dello stesso e al luogo in cui si è verificato il danno finanziario principale 35. È peraltro degno di nota il fatto che tali parametri, anch’essi stabiliti secondo un ordine di priorità, giovano non solo alla determinazione della competenza giurisdizionale ma anche della compe- tenza investigativa, che non può dunque essere esercitata in uno Stato purchessia tra quelli partecipanti alla cooperazione rafforzata ma soltanto in quelli che soddisfano i criteri previsti dal paragrafo 4 del- l’art. 26 del Regolamento. Apparentemente la soluzione adottata concilia in modo virtuoso l’esigenza di flessibilità, specie di casi aventi dimensione transnazionale, con la basilare garanzia della certezza giuridica. Ma un’attenta analisi della disciplina sovranazionale desta più di una preoccupazione quanto all’incidenza che tale meccanismo potrà avere sulla sfera dei diritti fondamentali dell’indagato e del futuro imputato. In real- tà, fondate preoccupazioni sono già state espresse nella prospettiva del diritto difesa, che potrebbe esse- re compromesso dalla possibile riassegnazione del caso nella fase investigativa al Procuratore europeo delegato di un altro Stato membro, riassegnazione che ben potrebbe avvenire più di una volta. È palese che, se la certezza giuridica non riguarda solo il diritto penale sostanziale ma anche il diritto processua- le 36, la possibilità di apprestare un’effettiva strategia difensiva potrebbe essere ampiamente frustrata nell’ipotesi di un procedimento investigativo a tal punto “itinerante” 37. Le ripercussioni sul diritto di difesa colgono peraltro solo una parte della complessa problematica concernente il rapporto tra la disciplina in questione e l’human rights law, con riguardo anzitutto al mo- dello penale-costituzionale di fair criminal justice. In effetti, dal punto di vista del diritto penale sostan- ziale e del diritto costituzionale, non tutti i parametri stabiliti dal Regolamento per stabilire già la com- petenza investigativa sembrano soddisfare la basilare esigenza di puntuale determinatezza richiesta al- la norma penale 38. Ciò vale in primo luogo per i criteri che contraddistinguono la regola-base. Così, se certo le tradizionali discipline sullo Strafanwendungsrecht (compresa l’italiana) peccano d’indetermina- tezza specie per il fatto di non definire il concetto di “parte” atto ad attrarre la competenza verso la giu- risdizione nazionale, con enormi ricadute soprattutto con riguardo a reati associativi e altre fattispecie plurisoggettive necessarie 39, la nozione di “centro” adottata dal Regolamento non pare prestarsi a lettu- 34 Art. 25, par. 1, PRegEPPO. 35 Art. 26, par. 4, RegEPPO. 36 M. Böse, Choice of Forum and Jurisdiction, in M. Luchtman (a cura di), Choice of Forum in Cooperation Against EU Financial Crime. Freedom, Security and Justice and the Protection of Specific EU-Interests, Eleven International Publishing, 2013, p. 73 ss. 37 F. Giuffrida, Cross-Border Crimes and the European Public Prosecutor’s Office, in Eucrim 2017/3, p. 153. 38 È noto da anni che il principio di sufficiente determinatezza e tassatività non connota solo le norme incriminatrici ma gran parte della materia penale complessivamente intesa, ivi compresa la normativa sull’applicazione spaziale della norma penale e la disciplina processualistica che incide sull’accertamento del fatto e l’applicazione della sanzione. 39 Cfr., per tutte, Cass., sez II, 7 luglio 1999, Cohau, in CED Cass., n. 212974. In effetti, la diffusa indeterminatezza da parte delle legislazioni nazionali circa la natura sia del contributo del concorrente sia della parte di azione criminosa realizzatasi sul territorio nazionale porta a giustificare in diversi Paesi europei – a fronte di qualunque forma di partecipazione interna – l’ap- plicazione della legge penale territoriale all’intera azione in forza della c.d. “Gesamtlösung”. Alcuni ordinamenti hanno peraltro escogitato interessanti soluzioni sul piano processuale. A questo riguardo appare degna di nota la legislazione processuale tede- sca che, nell’ambito di un articolato quadro di regole vòlte a disciplinare l’esercizio discrezionale dell’azione penale (Opportuni- tätsregelungen), consente al pubblico ministero di astenersi dall’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione persino con riguardo a fatti dotati di rilevanza sul piano interno (Straftaten mit Inlandsbezug). Nella prospettiva del presente studio, è significativo il fat- to che nelle ipotesi disciplinate nei §§ 129 e 129a StGB ted. (associazione a delinquere e associazione a delinquere di tipo terrori- stico) è data facoltà di derogare all’obbligo di esercizio dell’azione nei casi in cui l’associazione non operi in maniera prevalente (überwiegend) su territorio nazionale o le attività di partecipazione delittuosa commesse in Germania siano di importanza ridotta o si limitino alla semplice adesione all’organizzazione (§ 153c, par. 1, n. 3 StPO). ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 609 re univoche. D’altra parte il criterio del maggior numero di reati valevole per l’ipotesi in cui siano stati commessi più reati connessi di competenza dell’EPPO, pur soddisfacendo l’esigenza di determinatezza, presta il fianco a censure d’irragionevolezza nella misura in cui permette di radicare la competenza su base esclusivamente numerica, senza alcuna considerazione per criteri qualitativi. Il che può anche fini- re col porre ulteriori e complessi problemi di compatibilità col principio di sussidiarietà dell’intervento della Procura europea in forza dei parametri di determinazione della competenza per materia stabiliti dall’art. 22 del Regolamento. Ad esempio, se una singola condotta criminosa lesiva degli interessi fi- nanziari dell’Unione, commessa nello Stato A, è indissolubilmente legata a due diversi reati commessi nello Stato B, la competenza si stabilirà in quest’ultima giurisdizione. A queste preoccupazioni se ne aggiungono altre, e non meno gravi, sol che si guardi al meccanismo processuale di attribuzione della competenza. Si è osservato che, laddove nessuna indagine sia stata previamente avviata a livello nazionale, un Procuratore europeo delegato di uno Stato che risponda ai criteri suesposti può autonomamente avviare l’indagine penale. Data l’intrinseca vaghezza del concetto di centro focale dell’azione criminosa, ben può accadere che vengano avviate diverse iniziative investi- gative in due o più Stati membri. A questo punto la determinazione della competenza spetta alla Came- ra permanente competente che, pur tenuta a consultare i Procuratori europei e/o i Procuratori europei delegati interessati, deciderà se riassegnare il caso a un Procuratore europeo delegato di un altro Stato membro, oppure riunire o separare i casi e, per ogni caso, scegliere il Procuratore europeo delegato che ne è incaricato. A prescindere dall’eventualità di procedimenti investigativi paralleli, i singoli Procura- tori europei delegati possono peraltro derogare ai criteri-base di assegnazione della competenza, ovve- ro le Camere permanenti possono assegnare il caso a un diverso Procuratore europeo delegato in dero- ga agli stessi parametri. Tale assetto pone una congerie di problemi assai complessi, che sono a un tempo di diritto proces- suale penale e di diritto costituzionale. Come si è notato poc’anzi, la vaghezza del criterio del centro dell’azione criminosa non consente di conoscere con esattezza ex ante in quale giurisdizione si radichi il focus dell’azione criminosa. Il che chiama in causa un principio fondamentale del sistema costituzionale italiano, come di altri Paesi europei, ossia il principio di predeterminazione legale della giurisdizione penale. Non si discute qui sul fatto che il Regolamento soddisfi formalmente la riserva di legge; il pro- blema sta piuttosto nell’indeterminatezza del parametro sostanziale di riferimento, che mette in crisi la basilare esigenza di affidamento che il cittadino deve oggi potere fare sulla giurisdizione che deciderà sul fatto. Ed è un’esigenza su cui ancor più deve oggi contare il cittadino europeo, posto che per il mec- canismo di operatività dell’EPPO la determinazione della giurisdizione penale davanti alla quale sarà esercitata l’azione penale dipende (di regola, come vedremo) dall’individuazione del Procuratore euro- peo delegato a avviare e condurre l’indagine penale. Quanto all’eventualità di riassegnazione della competenza investigativa ad altro Procuratore euro- peo delegato, la disciplina sovranazionale non potrà fare a meno di confrontarsi con un altro principio espressivo della Verfassungsidentität del sistema costituzionale italiano, peraltro strettamente connesso alla garanzia della precostituzione legale, qual è il principio del giudice naturale. Oltre mezzo secolo addietro, la Corte costituzionale aveva rimarcato la necessità che la competenza fosse «fissata, senza al- Vari studi comparatistici hanno peraltro evidenziato una progressiva tendenza espansiva della giurisdizione penale basata proprio sul principio di territorialità anche in considerazione di altri fattori. Così un indubbio fattore di espansione della giuri- sdizione nazionale su base territoriale è costituito dal diffuso accoglimento del criterio dell’ubiquità, fondato sull’indifferente riferimento al luogo della condotta e dell’evento. Il ricorso alla tesi dell’ubiquità – giustificato in base all’esigenza di evitare vuo- ti di punibilità, specie a fronte delle sempre più frequenti forme di delitti commessi a distanza – aumenta tuttavia il pericolo di conflittualità transnazionali, dovuto alla possibile sovrapposizione di più potestà punitive nazionali. Un’ulteriore estensione della potestà punitiva per fatti commessi nel “territorio” nazionale discende da una tendenza espansiva del concetto di “even- to”. L’analisi comparatistica ha messo in luce una diffusa dilatazione del concetto di “evento” rispetto a particolari forme di manifestazione del reato o peculiari tipologie criminose. Così nei reati omissivi il fatto si considera commesso nel territorio dello Stato quando qui avrebbe dovuto essere tenuta la condotta che non è stata tenuta. Non meno evidenti le conseguenze dell’ado- zione, per i reati di pericolo, di un concetto giuridico di “evento”, che focalizza la violazione del bene giuridico tutelato dalla norma penale e finisce dunque col coprire l’intero ambito di pericolo tutelato dalla norma penale. Tra i numerosi studi compa- ratistici in argomento si rinvia per tutti ad A. Sinn, Das Strafanwendungsrecht als Schlüssel zur Lösung von Jurisdiktionskonflikten? Rechtsvergleichende Beobachtungen, in Id. (Hg.), Jurisdiktionskonflikte bei grenzüberschreitender Kriminalität. Ein Rechtsvergleich zum internationalen Strafrecht, V&R Unipress (Universitätsverlag Osnabrück), 2012, p. 515 ss.; M. Böse-F. Meyer and A. Schneider, Comparative Analysis, in M. Böse-F. Meyer and A. Schneider (a cura di), Conflicts of jurisdiction in criminal matters in the European Union, Nomos, 2013, p. 412 ss. ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 610 ternative, immediatamente ed esclusivamente dalla legge», con esclusione quindi di una determinazio- ne legale «risolubile, a posteriori, con provvedimento singolo» 40. Non c’è dubbio che queste considera- zioni conservino la loro attualità e, ancora una volta, evidenzino una necessità persino più rilevante nell’attuale contesto multiculturale e plurilinguistico dell’Unione. All’epoca la posta in gioco era evitare spostamenti di competenza vòlti a sottrarre l’imputato al giudice naturale all’interno peraltro dello stesso Paese e contesto ordinamentale. Oggi, come si diceva, l’esigenza di predeterminazione legale e di tassatività delle fattispecie sulla definizione e sui possibili spostamenti di competenza costituisce una garanzia imprescindibile per il cittadino europeo, al fine di evitare che il riferimento a criteri vaghi possa portare a radicare la competenza investigativa in uno Stato alla cui cultura (giuridica) il presunto reo po- trebbe essere del tutto estraneo. E si tratta di un rischio che nella problematica in esame non sembra atte- nuato dal fatto che i criteri derogatori stabiliti dall’art. 26 par. 4 del Regolamento hanno un sufficiente grado di determinatezza, sono ordinati secondo un ordine gerarchico e, almeno i primi due, sono orientati a una prospettiva chiaramente accused-centred focalizzando la residenza abituale e la cittadinanza del pre- sunto reo. In effetti, la scelta sul se ricorrere a tali criteri derogatori o lasciare la competenza ancorata alla regola-base resta infatti agganciata a un parametro estremamente vago, qual è «l’interesse generale della giustizia». Il quale parametro peraltro consente anche l’assegnazione a un diverso Procuratore europeo delegato già all’interno dell’ambito applicativo degli ordinari criteri di attribuzione della competenza, ciò che conferma il carattere tutt’altro che univoco del criterio del “centro” dell’attività criminosa. A ciò si lega un ulteriore aspetto di non minore rilevanza nella prospettiva del diritto processuale. Si è osservato che il Regolamento ha affidato tale delicatissima decisione – e con essa dunque la valuta- zione dell’interesse generale della giustizia nel caso concreto – alla Camera permanente competente. Il che desta ancora maggiori preoccupazioni, considerando che la ripartizione delle competenze tra le Camere permanenti avverrà «sulla base di un sistema di assegnazione casuale dei casi e, in casi ecce- zionali e se necessario per il corretto funzionamento dell’EPPO», secondo non meno definite «procedu- re» vòlte a «consentire al procuratore capo europeo di decidere di deviare dal principio dell’assegna- zione casuale» 41. Da ciò discende che una Camera permanente presieduta dal Procuratore capo euro- peo (ovvero da uno dei sostituti del Procuratore capo europeo, o da un Procuratore europeo nominato presidente in conformità del regolamento interno dell’EPPO) e composta da altri due membri permanenti potrebbe decidere, in nome di non altrimenti definiti interessi generali della giustizia, di assegnare un ca- so, inizialmente trattato da un Procuratore europeo delegato in Italia, a un diverso Paese considerato la sede del centro focale dell’azione criminosa. Si aggiunga infine che la Camera permanente, come si è notato, è tenuta a promuovere un contraddit- torio previo solo con i Procuratori europei e/o i Procuratori europei delegati interessati, mentre nessun diritto d’ascolto hanno i difensori e gli stessi indagati, pur destinatari primi degli effetti della decisione. Tale soluzione, probabilmente dovuta a una strutturazione della Procura europea che chiama in causa la vetusta idea della parte imparziale 42, finisce col frustrare i diritti partecipativi della difesa, cui è data solo la possibilità di esperire rimedi successivi. Sennonché anche sotto questo riguardo l’assetto complessivo offerto dal Regolamento mostra gravi carenze, non riconoscendo agli interessati un effettivo meccani- smo di controllo delle scelte operate dalla Camera permanente. È vero che il Regolamento enfatizza la necessità di un controllo giurisdizionale degli “atti procedurali dell’EPPO destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi” 43, atti tra i quali sono da annoverare gli «atti procedurali relativi alla scelta dello Stato membro i cui organi giurisdizionali saranno competenti a procedere» 44. Tale controllo dovrà però realizzarsi su base nazionale, non essendo stata accolta la prospettiva di un controllo da parte di un organo sovranazionale indipendente, quale la Corte di giustizia 45. Non è peraltro chiaro sul- 40 C. cost., sent. 3 luglio 1962, n. 88, in www.cortecostituzionale.it Sottolinea l’importanza di tale pronuncia, nell’ambito di un approfondita analisi critica dell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale in tema di rimessione dei processi, G. Di Chiara, Diritto processuale penale, in G. Fiandaca-G. Di Chiara, Una introduzione al sistema penale. Per una lettura costituzionalmente orientata, Napoli, Jovene, 2003, p. 224 s. 41 Art. 10, par. 1, RegEPPO. 42 L’art. 5, par. 4, richiama esplicitamente la necessità che l’EPPO svolge le proprie indagini in modo imparziale «raccoglie tutte le prove pertinenti, sia a carico che a discarico». 43 Art. 42, par. 1, RegEPPO. 44 Considerando n. 87 RegEPPO. 45 Favorevole a questa soluzione invece F. Giuffrida, op. cit., p. 153 s. ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
Processo penale e giustizia n. 3 | 2018 611 la base di quali criteri il controllo dovrà avvenire. Il richiamo alle «procedure e ai requisiti stabiliti dal diritto nazionale» 46 non sembra possa essere interpretato nel senso che l’autorità giurisdizionale del singolo Stato membro potrà contestare la decisione della Camera permanente in base ai requisiti stabili- ti dal proprio diritto sostanziale sull’applicazione spaziale della legge penale. Se così fosse, non si trat- terebbe di un controllo ma di una sovrapposizione di scelte normative (e ideologiche) da parte di orga- ni diversi; e a seconda dell’autorità nazionale cui l’interessato si rivolgesse, diverse sarebbero le solu- zioni possibili. L’interpretazione più ragionevole pare invece quella secondo cui l’autorità giudiziaria nazionale – ovvero, a quanto sembra, l’autorità dello Stato membro il cui Procuratore europeo delegato è stato spogliato del caso oppure di quello cui il caso è stato assegnato – sarebbe chiamata a sindacare la scelta della Camera permanente in base ai criteri stabiliti dal Regolamento. Tale lettura sembra avvalorata dal Considerando n. 87, il quale specifica che la scelta dello Stato membro i cui organi giurisdizionali saranno competenti a procedere «sarà determinata sulla base dei criteri stabiliti nel presente regolamento». Il che presuppone tuttavia una condizione di grande impor- tanza sistematica, che cioè l’autorità nazionale deputata al controllo giurisdizionale possa, e sia anzi te- nuta a, disapplicare la propria normativa sull’applicazione spaziale della legge penale e ad applicare quella stabilita dal Regolamento EPPO. In altri termini, estendendo i criteri di ripartizione della compe- tenza dell’EPPO alle autorità nazionali di controllo, il Regolamento avrebbe finito per introdurre, e im- porre a tutti i venti Paesi della cooperazione rafforzata, uno Strafanwendungsrecht che, sia pur nello spe- cifico ambito dei reati che colpiscono gli interessi finanziari dell’Unione, potrebbe significativamente derogare alle regole adottate dalla legge penale nazionale. Ma il problema è in questo modo tutt’altro che risolto nella prospettiva del destinatario delle indagini: finché il criterio del “centro” dell’azione criminosa e il parametro di riassegnazione della competenza rimarranno vaghi, il controllo giurisdizio- nale finirà per fornire una garanzia solo apparente. IL POTERE DI ARCHIVIAZIONE DELL’EPPO E IL PRINCIPIO DI OBBLIGATORIETÀ DELL’AZIONE PENALE Le enormi competenze attribuite alle Camere permanenti e i criteri di selezione delle stesse suscitano poi ulteriori problemi, che derivano dal modo in cui sono state strutturate le decisioni che l’EPPO è chiamato a prendere a conclusione della fase investigativa. Il meccanismo costruito dal Regolamento si fonda ancora una volta su un controllo interno dell’operato del Procuratore europeo delegato, il quale alla fine delle indagini è tenuto a trasmettere al Procuratore europeo incaricato della supervisione una relazione contenente una sintesi del caso e un progetto di decisione sul se esercitare l’azione penale di- nanzi a un organo giurisdizionale nazionale, o in alternativa, tra l’altro, archiviare il caso 47. Si tratta quindi di una decisione che non compete al titolare delle indagini, e sorprendentemente neppure al suo supervisore, il quale fa solo da tramite tra il Procuratore delegato e la Camera permanente competente, essendo tenuto a fornire una propria valutazione solo se necessario 48. L’unica competenza decisoria spetta ancora una volta alla Camera permanente, che può peraltro tradursi in una decisione interlocu- toria, vòlta a «impartire ulteriori istruzioni» al Procuratore europeo delegato, ovvero definitiva 49. In quest’ultimo caso, sia che la Camera permanente disponga il rinvio a giudizio sia che ordini l’archi- viazione del caso 50, il Procuratore europeo delegato sarà tenuto a uniformarsi alla sua decisione. È pe- raltro possibile che quest’ultimo nella sua relazione proponga un rinvio a giudizio non davanti a una giurisdizione dello Stato nel quale ha svolto le indagini ma in un altro Stato membro, individuato ai sensi dell’art. 26 par. 4. Il Regolamento nulla dice circa le conseguenze di questa proposta, rispetto alla quale basta che il Procuratore europeo delegato esponga le proprie ragioni in modo “sufficiente”; ma pare evidente che l’ultima parola spetti nuovamente alla Camera permanente. Tale assetto pone una serie di delicate questioni nella prospettiva di questo studio. L’ultima ipotesi considerata, nella quale si rompe evidentemente la simmetria tra l’azione investigativa condotta dal- 46 Art. 42, par. 1, RegEPPO. 47 Art. 35, par. 1, RegEPPO. 48 Ibidem. 49 Art. 35, par. 2, RegEPPO. 50 Art. 10, par. 3, lett. a) e b), RegEPPO. ANALISI E PROSPETTIVE | INDAGINI E AZIONE PENALE NEI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLA NUOVA PROCURA EUROPEA
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