AL POSTO DI DI MAIO di Sandokan
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AL POSTO DI DI MAIO… di Sandokan [ 29 maggio 2019 ] NON POTEVA ESSERE DIVERSAMENTE. La DRAMMATICA disfatta elettorale del Movimento 5 stelle sta provocando un terremoto che tocca i suoi vertici politici. Domani gli iscritti sono chiamati a votare sulla piattaforma Rousseau per dire sì o no alle dimissioni di Di Maio come “capo politico”. Tante MALELINGUE già dicono che sarà una consultazione truccata, che tanto decideranno i capoccia in camera caritatis. Voglio sperare che non sarà così. Dico subito che le dimissioni di “giggino” sono auspicabili. Della batosta infatti, dato che grazie ai suoi “super-poteri” e letteralmente saltando da una Tv all’altra è APPARSO l’unico simbolo del M5S, egli ne porta le principali (non certo esclusive) responsabilità. Domanda: chi sarà eventualmente il successore di Di Maio come capo politico? Non so voi ma io vedrei bene, come “capo politico”, Gianluigi Paragone. Improbabile, mi suggeriscono i maligni, poiché troppo intelligente a verace antieuro.
Gira la notizia che Di Maio sarà rimpiazzato da Di Battista, col che il Movimento darebbe un segnale di ritorno alla radicalità delle origini. Come subordinata potrebbe andare bene.Ma Di battista si candida davvero? e che dice? Per sapere quel che dice si deve andare alla sua pagina facebook di oggi. Tra le pieghe del discorso leggiamo: «Abbiamo fatto un mucchio di cazzate evidentemente. Cazzate politiche, strategiche, comunicative, di atteggiamento». Esatto! Il problema è che resta sul vago e si guarda bene dal dirci quali siano state queste “cazzate”. Insomma, non scopre le sue carte. Prima o poi, più prima che poi, sarà costretto a farlo ove Di Maio facesse l’auspicato un passo di lato. In questo caso gli attivisti del M5S saranno tenuti a scegliere chi prenderà il suo posto. E allora vedremo quale sarà, tra le due principali anime (quella radicale e quella moderata), quale avrà la meglio. Una cosa però Di Battista, alla fine — chi ha orecchie per intendere intenda —, la dice: «Siamo sempre stati impertinenti e sfrontati di fronte al potere. Continuiamo ad esserlo anche se al potere ci siamo noi. E un’ultima cosa. Provate a pensare che non abbiamo nulla da perdere. Nè ruoli, né poltrone, né carriera. Sono gli altri i politici di professione, non noi. Perché è proprio quando non si ha più nulla da perdere che si ricomincia a vincere.» Solo una dichiarazione d’intenti, direte voi. Meglio comunque del gattopardismo (europeista) del Di Maio. Sostieni SOLLEVAZIONE e Programma 101
SUICIDIO DELLE SINISTRE- LEMMING di Carlo Formenti [ mercoledì 29 maggio 2019] Ci segnalano e volentieri pubblichiamo… Prima impressione a botta calda sull’esito elettorale. Dovessi scrivere un articolo sul tema lo intitolerei “Il suicidio delle sinistre lemming”. Come saprete, i lemming sono dei simpatici roditori che vivono nelle zone artiche e che, periodicamente, si suicidano in massa gettandosi in mare per motivi non del tutto chiari. Secondo alcuni l’evento sarebbe associato a una pulsione istintuale che scatta quando la loro popolazione cresce troppo rapidamente in rapporto alle risorse alimentari disponibili. Per le sinistre vale il principio opposto: quanto più diventano residuali e diminuiscono numericamente sia in termini di militanti che di voti, tanto più si comportano in modo da diminuire ancora più rapidamente. Era evidente che, accodandosi al carrozzone dei partiti e dei media liberal liberisti che invitavano a costruire un fronte comune europeista contro populisti e sovranisti – invece di assumere in prima persona gli interessi delle classi subalterne che, nella misura in cui pagano il prezzo salatissimo delle politiche liberali, si rivolgono per disperazione ai populismi di destra – avrebbero fatto una
misera fine. Eppure si sono buttati a capofitto, come i lemming, nel burrone. Risultato: Podemos – già calato di cinque punti alle politiche per aver sostenuto il Psoe in cambio di nulla – ne perde altri cinque; France Insoumise, che ha sacrificato sull’altare del rientro nelle file della sinistra classica l’originale ispirazione populista di sinistra, vede ridotti di due terzi i propri consensi, Corbyn – incapace di scegliere una linea chiara sulla Brexit, regala i voti operai a Farage e i voti della sinistra fighetta ai verdi; la Linke che aveva sdegnosamente respinto le critiche di Oskar Lafontaine arretra a sua volta; le nostre sinistre “radicali” crollano sotto il 2% ecc.; socialisti francesi e socialdemocratici tedeschi proseguono la loro allegra corsa verso l’estinzione. Le uniche “sinistre” che avanzano (o recuperano parte di quanto avevano perso) sono il Psoe e il Pd che più di altre analoghe formazioni europee hanno saputo lucrare sul paradigma del “voto utile” per arginare le destre. Quindi i voti degli ex antagonisti si si distribuiscono fra vecchie e nuove sirene liberali (vedere l’affermazione dei verdi) e populismi di destra, secondo appartenenze di classe (i piccolo borghesi ai verdi, i proletari alle destre). Quanto alla batosta dell’M5S segue dinamiche simili, anche se questo movimento non è classificabile come parte della sinistra (ma molta della sua base elettorale viene da lì): se prima inneggi ai gilet gialli e poi fai capellucce alla Ue cos’altro vuoi aspettarti? I nostri impareranno la lezione? Temo proprio di no: la degenerazione è troppo avanzata, quindi continueranno la ì corsa verso il burrone e troveranno una meritatissima fine annegando nel mare dell’insipienza politica e culturale più assoluta. Per trovare alternative rivolgersi altrove…
LA NOSTRA LINEA IN SETTE PUNTI Cc di P101 [ mercoledì 29 maggio 2019] Comunicato n. 6-2019 del Comitato centrale di P101 Il doppio risultato Alle porte di elezioni europee che l’élite eurocratica aveva trasformato in un referendum pro o contro la sua supremazia invitammo ad un voto contro l’Unione europea, augurandoci dunque la tenuta del governo giallo-verde. Mentre a livello europeo il variopinto blocco a guida eurocratica ha momentaneamente vinto, in Italia è stato nuovamente sconfitto, a conferma che quella della protesta affermatasi il 4 marzo 2018 è un’onda forte e lunga. L’Italia e la Gran Bretagna si confermano come le due temibili spine nel fianco all’eurocrazia, ed i paesi dove più profonda è la crisi dell’élite e del loro tradizionale sistema di comando bipolare.
Alleanza giallo-verde a rischio Quell’onda lunga ha sì confermato che il “campo populista” conserva un consenso maggioritario nel Paese ma ha prodotto un profondo ribaltamento dei rapporti di forza al suo interno: la Lega ha raddoppiato i suoi voti mentre i 5 stelle hanno subito un vero e proprio tracollo elettorale. Questo capovolgimento potrebbe avere conseguenze letali per il governo ove Salvini cercasse un nuovo assetto in seno al governo umiliando i 5 stelle. Per questo, mentre chiamavamo ad un voto di resistenza che sostenesse il governo giallo-verde, scongiuravamo uno sfondamento della Lega e un forte indebolimento dei pentastellati. La prova del 9 di Salvini E’ legittimo, dato il responso delle urne, mettere mano alla composizione del governo? Sì, lo è. Ma ciò può avvenire in due opposte maniere: a spese dei 5 stelle oppure a quelle del Cavallo di Troia dei poteri forti“, il partito di Mattarella” il quale, vale ricordarlo, non è solo la terza forza della coalizione ma quella che detiene l’ultima parola sulle decisioni che contano. Se la Lega vuole più potere in seno al Consiglio dei ministri, avocasse a sé i Ministeri chiave dell’Economia e degli Esteri. Se invece Salvini non attaccherà in quella direzione — ove ad esempio ponesse sul tavolo in modo ultimativo questioni come una flat tax a favore dei più ricchi o la sciagurata “autonomia differenziata” che approfondirebbe il solco già enorme tra Nord e Sud del Paese —, vorrà dire che avrà ceduto alle frazioni nordiste e anti-nazionali della Lega che hanno già deciso di rompere l’alleanza col M5s per andare ad elezioni anticipate. Soluzione gradita ai poteri forti che così vedono la possibilità di restaurare il sistema bipolare o delle “larghe intese”. La partita decisiva dell’autunno Ove Salvini chiedesse la sostituzione di Tria e Moavero vorrà dire non solo che la Lega è davvero nelle sue mani, che egli
farà seguire alle parole — “non rispetteremo i vincoli di bilancio che la Ue vuole imporre, non torneremo a politiche austeritarie” — i fatti, sfidando così l’Unione europea in vista della prossima, fatale partita da cui molto dipende, quella della Legge di bilancio. L’augurio della Sinistra patriottica è dunque che il governo resti in sella, che la Lega non rompa il patto coi 5 stelle e non precipiti il Paese verso elezioni anticipate che sancirebbero, come spera l’élite eurocratica, la disintegrazione del “campo populista”. Il tracollo dei 5 stelle Vero è che le elezioni europee, più delle altre, sono contraddistinte da un’accentuata volatilità elettorale, che sono niente di più che un grande sondaggio. Tuttavia le dimensioni della sconfitta elettorale dei 5 stelle (sei milioni di voti persi in un anno) hanno messo in evidenza sia i suoi lampanti punti deboli che i suoi errori. Tra i punti deboli la sua effimera e aleatoria struttura d’organizzazione, e l’assenza di una netta identità ideologica. O si riforma come partito democratico di massa o il M5s sparirà come fugace figlio di una stagione di transizione. E se non vorrà sparire deve darsi una nuova e più combattiva direzione ed una spiccata identità politica . La sola che può scegliere, dato che il populismo reazionario salviniano occupa quasi tutto il lato destro dello spettro politico, mentre il vecchio “centro moderato” è presidiato dall’élite euro-liberale coi suoi ammennicoli libertari di sinistra, è quella di un deciso “populismo di sinistra” che sfidi entrambi per l’egemonia. Di Maio, con la sua furbizia trasformistica, è l’incarnazione stessa di questo vuoto identitario e ideologico. Egli (e chi lo ha piazzato come capo politico) ha sulle spalle gran parte della responsabilità del tracollo. Avendo un cuore che pulsa a destra Di Maio ha prima fatto enormi concessioni a Salvini, consentendogli di passare come il dominus del governo, poi, in campagna elettorale ha tentato di contrastarlo ma adottando un profilo moderato, europeista, anti-populista, gradito ai poteri forti e alla Confindustria. Al primo grave errore ha fatto dunque seguito il secondo, peggiore. V’è infine, per spiegare il tonfo, la discrepanza avvertita tra i settori colpiti dalla povertà tra le aspettative suscitate dal
cosiddetto “Reddito di cittadinanza” e l’effettivo risultato: date le stringenti condizionalità reddituali per riceverlo (fissate per rispettare i parametri euro liberisti sul deficit pubblico) troppi non l’hanno ricevuto, moltissimi percependo un umiliante “assegno di povertà”. Un tonfo elettorale che il m5s ha infatti subito anzitutto nel Mezzogiorno, dove di fatto ha vinto il “partito dell’astensione” mentre solo un anno fa il Movimento aveva ottenuto consensi anche oltre il 50%. L’avanzata precaria di Salvini Non c’è quindi da stupirsi se Salvini ha stravinto il duello con Di Maio, ed ha stravinto non solo per la sua straordinaria abilità populista di parlare a milioni di italiani, ma perché ha raccolto una serie di istanze ideali, domande sociali e aspettative inevase, indirizzando la protesta e il desiderio di un cambiamento contro i poteri forti, tra cui anzitutto l’eurocrazia. No all’immigrazione di massa, sicurezza, stato forte, fine dell’austerità, lavoro, giustizia sociale, rispetto democratico della volontà dei cittadini, orgoglio nazionale. Da intelligente populista non ha solo fatto sue questa catena di disparate domande, le ha ordinate in una scala gerarchica, incardinandole a quella principale — quella del no all’immigrazione —, le ha quindi impastate con una forte identità di tradizionalismo cattolico. Ma la stessa onda che lo ha portato in alto può presto trascinarlo in basso. La gerarchia dei fattori che lo hanno portato alla vittoria non corrisponde infatti a quella di chi comanda davvero, che imporrà ben presto — lettera Commissione Ue in arrivo con minaccia di procedura d’infrazione su deficit e debito — la sua propria agenda, che al primo posto pone il rientro dell’Italia, già con la prossima Legge di bilancio, nei ranghi delle politiche austeritarie ed eurocratiche. La tregua tra Bruxelles e Roma siglata a dicembre aveva una scadenza ed è già finita. Vedremo presto se Salvini vorrà resistere ai diktat di Bruxelles e Francoforte o se cederà. Non potrà ubbidire a due padroni, rispettare al medesimo tempo le principali quanto contraddittorie domande sociali che ha raccolto ed i desiderata dell’eurocrazia.
La Sinistra Patriottica La sinistra radicale esce nuovamente malconcia dalla prova elettorale. L’aggressiva quanto velleitaria politica anti- salviniana in nome dell’antifascismo, dell’immigrazionismo come atto di fede, del prima i diritti civili di piccole minoranze rispetto a quelli sociali delle masse popolari — quindi la sua prossimità ideologica con l’élite dominante liberal-liberista —, l’ha fatta precipitare ad un nuovo minimo storico di consensi. Potrà sopravvivere come satellite del Pd o come pulviscolo settario e autoreferenziale. A causa di questo disastro nel vecchio perimetro della sinistra radicale ed ex-rivoluzionaria prevale l’idea che quello attuale sia “il più nero periodo di sempre”. Una visione allucinata che indica quanto siderale sia la distanza non solo dalla grande maggioranza del popolo lavoratore ma dalla realtà effettuale. Non serve frustare un cavallo morto, chi vorrà vivere vivrà. Alla divisa Sinistra Patriottica, spetta unire le forze e mettere da parte vecchie incrostazioni, per costruire una nuova e solida casa dei rivoluzionari. La crisi sistemica è di lunga durata, ed aperta a sbocchi diversi e opposti. Proprio adesso i rivoluzionari debbono organizzarsi, prepararsi, non commettere errori tattici che potrebbero rivelarsi strategicamente fatali. Chi è minoranza oggi può diventare maggioranza domani. Siamo solo alla prima fase del “momento populista”, seguirà la seconda, quella in cui larghe e giovani masse entreranno finalmente in scena dando la spinta che serve al “populismo di sinistra” per sfidare e battere quello della nuova-vecchia destra. Non c’è liberazione sociale senza liberazione nazionale! Costruire il partito della sinistra patriottica! Il Comitato centrale di Programma 101 Roma, 28 maggio 2019 Sostieni SOLLEVAZIONE e Programma 101
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