AGROMAFIE, ECCO I NUMERI SUI CAMPI. FARA (EURISPES): BENE IL LAVORO FATTO FIN QUI, MA ORA E' TEMPO DI CAMBIARE - Agricolae

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AGROMAFIE, ECCO I NUMERI SUI CAMPI. FARA (EURISPES): BENE IL LAVORO FATTO FIN QUI, MA ORA E' TEMPO DI CAMBIARE - Agricolae
AGROMAFIE, ECCO I NUMERI SUI
CAMPI. FARA (EURISPES): BENE
IL LAVORO FATTO FIN QUI, MA
ORA E’ TEMPO DI CAMBIARE
Coldiretti ed Eurispes hanno presentato il Rapporto Agromafie.
Ancora tanto da fare, la mano lunga del malaffare imperversa
ancora nei campi. Il primo passo è renderlo noto. Il secondo
sarebbe istituire un Osservatorio nazionale ed istituzionale
presso il dicastero competente. il Mipaaf. Che in tal senso
non ha mai preso alcuna iniziativa.

E dal palco di Palazzo Rospigliosi, il fondatore e presidente
dell’Eurispes annuncia un cambiamento: bene il lavoro fatto
finora, ma adesso è tempo di cambiare..

AGROMAFIE, CERCIELLO RENNA:      INDISPENSABILE   OSSERVATORIO
ISTITUZIONALE PRESSO IL MIPAAF

CRIMINALITA’: COLDIRETTI/EURISPES, +30% BUSINESS AGROMAFIE,
21,8 MLD

14/03/2017 at 12:11
AGROMAFIE, ECCO I NUMERI SUI CAMPI. FARA (EURISPES): BENE IL LAVORO FATTO FIN QUI, MA ORA E' TEMPO DI CAMBIARE - Agricolae
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è salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30%
nell’ultimo anno. E’ quanto è emerso alla presentazione del
quinto Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti,
Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e
sul sistema agroalimentare nel quale si evidenzia che tale
stima rimane, con tutta probabilità, ancora largamente
approssimativa per difetto, perché restano inevitabilmente
fuori i proventi derivanti da operazioni condotte “estero su
estero” dalle organizzazioni criminali, gli investimenti
effettuati in diverse parti del mondo, le attività speculative
poste in essere attraverso la creazione di fondi di
investimento operanti nelle diverse piazze finanziarie, il
trasferimento formalmente legale di fondi attraverso i money
transfer in collaborazione con fiduciarie anonime e la
cosiddetta banca di “tramitazione”, che veicola il denaro
verso la sua destinazione finale. La filiera del cibo, della
sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita, ha tutte
le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di
organizzazioni che via via abbandonano l’abito “militare” per
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vestire il “doppiopetto” e il “colletto bianco”, come si
diceva un tempo, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i
vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie,
dell’economia e della finanza 3.0. Sul fronte della filiera
agroalimentare – spiega la Coldiretti -, le mafie, dopo aver
ceduto in appalto ai manovali l’onere di organizzare e gestire
il caporalato e altre numerose forme di sfruttamento,
condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti,
gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere
catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso
Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di
produzione dell’Italian sounding e la creazione ex novo di
reti di smercio al minuto. Nel 2016 si è registrata
un’impennata di fenomeni criminali che colpiscono e
indeboliscono il settore agricolo nostrano dove quasi
quotidianamente ci sono furti di trattori, falciatrici e altri
mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti (dai limoni alle
nocciole, dall’olio al vino) e animali con un ritorno
prepotente dell’abigeato. Non si tratta più soltanto di “ladri
di polli” quanto di veri criminali che organizzano raid capaci
di mettere in ginocchio un’azienda, specie se di dimensioni
medie o piccole, con furti di interi carichi di olio o frutta,
depositi di vino o altri prodotti come file di alveari, intere
mandrie o trattori caricati su rimorchi di grandi dimensioni.
A questi reati contro l’agricoltura, secondo il Rapporto
Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità
nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, si affiancano
racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione
nelle campagne mentre nelle città, silenziosamente, i
tradizionali fruttivendoli e i nostri fiorai sono quasi
completamente scomparsi, sostituiti i primi da egiziani e i
secondi da indiani e pakistani che, pur sapendo proferire a
stento poche frasi compiute in italiano, controllano ormai
gran parte delle rivendite attive sul territorio. Si direbbe
un vero miracolo all’italiana, affiancato però dal dubbio che
tanta efficacia organizzativa possa anche essere, spesso, il
prodotto di una recente vocazione mafiosa per il marketing. I
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poteri criminali si “annidano” nel percorso che frutta e
verdura devono compiere per raggiungere le tavole degli
italiani, e che vede uno snodo essenziale in alcuni grandi
mercati di scambio per arrivare alla grande distribuzione. Tra
tutti i settori “agromafiosi” – continua la Coldiretti -,
quello della ristorazione è forse il comparto più tradizionale
e immediatamente percepito come tipico del fenomeno. In alcuni
casi sono le stesse mafie a possedere addirittura franchising
e dunque catene di ristoranti in varie città d’Italia e anche
all’estero, forti dei capitali assicurati dai traffici
illeciti collaterali. Il business dei profitti criminali
reinvestiti nella ristorazione coinvolgerebbe oltre 5.000
locali, con una più capillare presenza a Roma, Milano e nelle
grandi città. Attività “pulite” che si affiancano a quelle
“sporche”, avvalendosi degli introiti delle seconde,
assicurandosi così la possibilità di sopravvivere anche agli
incerti andamenti del mercato e alle congiunture economiche
sfavorevoli, ma anche di contare su un vantaggio rispetto alla
concorrenza con la disponibilità di liquidità e la possibilità
di espandere gli affari secondo il Rapporto Coldiretti,
Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e
sul sistema agroalimentare. “Le agromafie vanno contrastate
nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si
determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella
fase della distribuzione di prodotti che percorrono centinaia
e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore
finale, ma soprattutto con la trasparenza e l’informazione dei
cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto
che arriva nel piatto”, ha affermato il presidente della
Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “per
l’alimentare occorre vigilare sul sottocosto e sui cibi low
cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate,
l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione
alternativi se non l’illegalità o lo sfruttamento”.

MAFIA: COLDIRETTI/EURISPES, DA RIINA A CASALESI LE COSCHE A
TAVOLA
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14/03/2017 at 12:13
Dalle infiltrazioni nel settore ortofrutticolo del clan
Piromalli all’olio extra vergine di oliva di Matteo Messina
Denaro fino alle imposizioni della vendita di mozzarelle di
bufala del figlio di Sandokan del clan dei Casalesi e al
controllo del commercio della carne da parte della ‘ndrangheta
e di quello ortofrutticolo della famiglia di Totò Riina, i più
noti clan della criminalità si dividono il business della
tavola mettendo le mani sui prodotti simbolo del Made in
Italy. E’ quanto afferma la Coldiretti che, in occasione della
presentazione a Roma del quinto rapporto #Agromafie2017 sui
crimini agroalimentari in Italia, elaborato assieme ad
Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e
sul sistema agroalimentare, ha allestito una “tavola delle
cosche” con i prodotti frutto dei business specifici dei
diversi clan mafiosi, camorristici e ‘ndranghetisti. Solo
nell’ultimo anno – ricorda Coldiretti – le forze dell’ordine
hanno messo a segno diverse operazioni contro le attività
della malavita organizzata, con arresti, sequestri e confische
contro personaggi di primissimo piano della mafia che hanno
deciso di investire ed appropriarsi – sottolinea la Coldiretti
– di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne
derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato
legale e soffocando l’imprenditoria onesta. Il risultato è la
moltiplicazione dei prezzi che per l’ortofrutta arrivano a
triplicare dal campo alla tavola, ma anche pesanti danni di
immagine per il Made in Italy in Italia e all’estero se non
rischi per la salute. Nel febbraio scorso i Carabinieri del
Ros – rileva Coldiretti – hanno smascherato le attività
criminali in Calabria della cosca di ‘ndrangheta Piromalli che
controllava la produzione e le esportazioni di arance,
mandarini e limoni verso gli Stati Uniti, oltre a quelle di
olio attraverso una rete di società e cooperative.

Nello stesso mese ancora gli uomini dell’Arma hanno confiscato
4 società siciliane operanti nel settore dell’olivicoltura
riconducibili a Matteo Messina Denaro e alla famiglia mafiosa
di Campobello. Attraverso la gestione occulta di oleifici e
aziende, intestate a prestanome, il boss era in grado di
monopolizzare il remunerativo mercato olivicolo. Sempre agli
inizi di febbraio i carabinieri hanno arrestato Walter
Schiavone, figlio capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan”
Schiavone. L’accusa – spiega la Coldiretti – è di imporre la
fornitura di mozzarella di bufala Dop prodotta da un
caseificio di Casal di Principe a distributori casertani e
campani, ma anche in altre parti d’Italia, come in Calabria. A
novembre 2016 è la Dia a mettere a segno il sequestro dei beni
di un imprenditore dei trasporti siciliano considerato lo
snodo degli affari che il clan dei Casalesi conduce assieme al
fratello di Totò Riina, Gaetano, per monopolizzare il
trasporto di frutta e verdura da Roma in giù, grazie anche al
controllo del grande mercato di Fondi, nell’agro-pontino. A
giugno la Guardia di Finanza mette a segno un blitz – continua
la Coldiretti – contro il clan camorristico Lo Russo. La cosca
aveva il monopolio della distribuzione di pane e l’imposizione
del prezzo di vendita, a grossi supermercati, a botteghe e
agli ambulanti domenicali della zona. Non c’è pace neppure nel
centro della Capitale dove a maggio 2016 i carabinieri
sequestrano beni per 80 milioni di euro tra i quali bar,
ristoranti, pizzerie a quattro imprenditori, ritenuti
coinvolti in traffici gestiti dalla camorra napoletana. Tutti
i locali si trovano nel “salotto buono” di Roma, dalla zona di
piazza Navona a quelle cosiddette “bene”. Pochi giorni prima,
ad aprile – continua la Coldiretti – le fiamme gialle
sequestrano beni per 33 milioni alla cosca di ‘ndrangheta
Labate. L’organizzazione criminale aveva il controllo del
settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio della carne.
“Di fronte a questa escalation senza un adeguato apparato di
regole penali e di strumenti in grado di rafforzare l’apparato
investigativo, l’enorme sforzo messo a punto dalla macchina
dei controlli apparirà sempre insufficiente” ha affermato il
presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare
che “bisogna, al più presto, portare all’esame del Parlamento
o valutare l’ipotesi di una decretazione di urgenza, riguardo
al testo della Commissione Caselli di Riforma dei reati
agroalimentari per accendere il semaforo rosso alla rete
criminale che avvolge da Nord a Sud tutte le filiere
agroalimentari”.

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IRETTI/EURISPES, SPORCA 1 PIATTO STRANIERO SU 5

14/03/2017 at 12:15
Dal riso asiatico alle conserve di pomodoro cinesi,
dall’ortofrutta sudamericana a quella africana in vendita nei
supermercati italiani fino ai fiori del Kenya, quasi un
prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia
dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela dei
lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel
nostro Paese. E’ quanto è emerso alla presentazione del quinto
Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e
Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema
agroalimentare con un focus specifico dedicato al “caporalato
nel piatto”, con l’esposizione degli alimenti più a rischio
presenti sugli scaffali. Si stima che siano coltivati o
allevati all’estero oltre il 30% dei prodotti agroalimentari
consumati in Italia, con un deciso aumento negli ultimi
decenni delle importazioni da paesi extracomunitari dove non
valgono gli stessi diritti sociali dell’Unione Europea. Riso,
conserve di pomodoro, olio d’oliva, ortofrutta fresca e
trasformata, zucchero di canna, rose, olio di palma sono solo
alcuni dei prodotti stranieri che arrivano in Italia che sono
spesso il frutto di un “caporalato invisibile” che passa
inosservato solo perché avviene in Paesi lontani, dove viene
sfruttato il lavoro minorile, che riguarda in agricoltura
circa 100 milioni di bambini secondo l’Organizzazione
Internazionale del Lavoro (ILO), di operai sottopagati e
sottoposti a rischi per la salute, di detenuti o addirittura
di veri e propri moderni “schiavi”. E tutto questo accade
nell’indifferenza delle Istituzioni nazionali ed europee che
anzi spesso alimentano di fatto il commercio dei frutti dello
sfruttamento con agevolazioni o accordi privilegiati per gli
scambi che avvantaggiano solo le multinazionali. Un esempio è
rappresentato dalle importazioni di conserve di pomodoro dalla
Cina al centro delle critiche internazionali per il fenomeno
dei laogai, i campi agricoli lager che secondo alcuni
sarebbero ancora attivi, nonostante l’annuncio della loro
chiusura.

Nel 2016 sono aumentate del 43% le importazioni di concentrato
di pomodoro dal Paese asiatico che hanno raggiunto circa 100
milioni di chili, pari a circa il 10% della produzione
nazionale in pomodoro fresco equivalente. In questo modo, c’è
il rischio concreto che il concentrato di pomodoro cinese,
magari coltivato da veri e propri “schiavi moderni”, venga
spacciato come Made in Italy sui mercati nazionali ed esteri
per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la
provenienza. Un problema che riguarda anche il riso straniero
i cui arrivi in Italia hanno raggiunto il record nel 2016, con
una vera invasione da Oriente da cui proviene quasi la metà
delle importazioni secondo il Rapporto Coldiretti, Eurispes e
Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema
agroalimentare. L’aumento varia dal +489% per gli arrivi dal
Vietnam al +46% dalla Thailandia per effetto dell’introduzione
da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato per i Paesi
che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi) a dazio zero.
Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano gli
agricoltori locali, i quali subiscono peraltro lo sfruttamento
del lavoro anche minorile e danni sulla salute e sull’ambiente
provocati dall’impiego intensivo di prodotti chimici vietati
in Europa. Rilevanti sono anche le importazioni di nocciole
dalla Turchia sulla quale pende l’accusa per lo sfruttamento
del lavoro delle minoranze curde, ma il problema dello
sfruttamento riguarda anche le rose dal Kenya per il lavoro
sottopagato e senza diritti, i fiori dalla Colombia dove è
stato denunciato lo sfruttamento del lavoro femminile o la
carne dal Brasile dove è stato denunciato il lavoro minorile.

Le banane sono il terzo frutto più consumato in Italia, ma su
quelle che vengono dall’Ecuador sono stati segnalati
trattamenti chimici fuorilegge in Europa, mentre lo zucchero
di canna, divenuto di gran moda, viene ottenuto in Bolivia in
piantagioni dove si segnala l’abuso di stimolanti per
aumentare la resistenza al lavoro. Ma ci sono trattative in
corso anche per i prodotti frutticoli con i Paesi del Mercosur
(Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay) dove non ci sono le
stesse norme di tutela di lavoro vigenti in Italia.
L’Argentina, che è nella lista nera del dipartimento di Stato
americano per lo sfruttamento del lavoro minorile nelle
coltivazioni di aglio, uva, olive, fragole, pomodori, ha
aumentato le esportazioni di prodotti ortofrutticoli in Italia
del 17% nel corso del 2016. O ancora l’Egitto con le
importazioni di ortofrutta in Italia che sono aumentate del
20% nel 2016 rispetto all’anno precedente raggiungendo i 100
milioni di euro. Le fragole dell’Egitto sono indicate dal
sistema di allarme rapido UE (RASFF) tra i cibi più
contaminati per residui chimici, con le melagrane che superano
i limiti in un caso su tre (33%). Ma fuori norma dal Paese
africano sono anche l’11% delle fragole e il 5% delle arance
che arrivano peraltro in Italia grazie alle agevolazioni
concesse dall’Unione europea.
Un pericolo per la salute dei consumatori, ma anche degli
agricoltori locali spesso vittime di sfruttamento. Un caso a
parte è quello delle importazioni di olio di palma ad uso
alimentare che in Italia sono più che raddoppiate negli ultimi
20 anni raggiungendo nel 2016 circa 500 milioni di chili. Uno
sviluppo enorme che sta portando al disboscamento di vaste
foreste senza dimenticare l’inquinamento provocato dal
trasporto a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di
produzione e naturalmente le condizioni di sfruttamento del
lavoro delle popolazioni locali private di qualsiasi diritto.
“Non è accettabile che alle importazioni sia consentito di
aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul
caporalato ed è necessario, invece, che tutti i prodotti che
entrano nei confini nazionali rispettino gli stessi criteri a
tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro
tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli
scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda
l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta
distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo
e solidale”, ha affermato il presidente della Coldiretti
Roberto Moncalvo.

IL CAPORALATO NEL PIATTO

     Il concentrato di pomodoro dalla Cina dove è stato
     denunciato il lavoro forzato dei detenuti
     il riso basmati dal Vietnam dove sono stati segnalati
     lavoro minorile e sfruttamento
     le nocciole dalla Turchia sotto accusa per lo
     sfruttamento delle minoranze (Curdi)
     le rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza
     diritti
     le fragole dall’Egitto dove è a rischio la salute sul
     lavoro per l’uso di prodotti chimici fuorilegge in
     Europa
     i fiori dalla Colombia dove è stato denunciato lo
     sfruttamento del lavoro femminile
la canna da zucchero dalla Bolivia dove si segnala
     l’abuso di stimolanti per aumentare la resistenza al
     lavoro
     la carne dal Brasile dove sono stati denunciati lavoro
     minorile e sfruttamento
     l’aglio dall’Argentina dove sono stati segnalati lavoro
     minorile e sfruttamento
     le banane dall’Ecuador dove vengono effettuati, con
     mezzi aerei, trattamenti a base di prodotti chimici
     fuorilegge in Europa

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, 200MILA CONTROLLI DA CAMPI A SCAFFALI, ITALIA LEADER

14/03/2017 at 12:16
Sono oltre duecentomila i controlli effettuati dalle forze
dell’ordine nel 2016 per combattere le agromafie dal campo
allo scaffale e garantire all’Italia il primato nella qualità
e nella sicurezza alimentare. E’ quanto afferma il presidente
della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione della
presentazione del quarto Rapporto #Agromafie2017 sui crimini
agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e
Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema
agroalimentare. Una attività di controllo quotidiana e
capillare tra il Comando Carabinieri per la Tutela della
Salute (Nas), Nuclei Antifrodi Carabinieri (NAC) del Ministero
delle Politiche Agricole e Alimentari, lo SCICO-GDF, il Corpo
Forestale ora confluito nel Comando Unità per la tutela
forestale,    ambientale    e   agroalimentare    dell’Arma,
l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della
repressione frodi dei prodotti agroalimentari e la Guardia
costiera. “Si tratta – ha sottolineato il presidente della
Coldiretti – di un presidio a difesa non solo del tessuto
economico, ma anche della salute dei cittadini, dell’ambiente
e dell’intero territorio nazionale. In Italia – ha precisato
Moncalvo – le attività criminali nell’agroalimentare si
scoprono perché c’è una attività di controllo all’avanguardia
a differenza di quanto avviene in altri Paesi dentro e fuori
dall’Unione Europea”.

Uno studio della Coldiretti sulla base dell’ultima relazione
dell’Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) evidenzia che
il 6,5% dei campioni provenienti da Paesi extracomunitari,
conteneva residui superiori ai limiti di legge, soprattutto
per la presenza di tracce di pesticidi non approvati nell’Ue
mentre al contrario secondo il “National summary reports on
pesticide residue” pubblicato dall’Efsa appena lo 0,3% dei
prodotti Made in Italy – sottolinea la Coldiretti – contiene
residui chimici oltre il limite con la percentuale che sale
all’1,6 per cento per i prodotti di origine comunitaria. In
Italia ci sono le regole produttive più rigorose nelle
caratteristiche dei prodotti alimentari, dal divieto di
produrre pasta con grano tenero a quello di utilizzare la
polvere di latte nei formaggi fino al divieto di aggiungere
zucchero nel vino che non valgono in altri Paesi dell’Unione
Europea, dove si assiste ad un crescendo dell’uso di
surrogati, sottoprodotti e aromi vari che snaturano l’identità
degli alimenti. Senza dimenticare la decisione nazionale di
vietare la coltivazioni di organismi geneticamente modificati
(Ogm) fortemente sostenuta dalla Coldiretti e il primato
europeo con oltre 50mila imprese agricole biologiche e la
leadership nelle produzioni tutelate con 289 specialità a
denominazione di origine (Dop/Igp).

AGROMAFIE, FARA: BENE LAVORO DI QUESTI ANNI MA C’E’ BISOGNO DI
CAMBIARE

14/03/2017 at 12:24
                                                                 “
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oddisfatti dell’esperienza fatta in questi 5 anni di attività
nel redigere il rapporto sulle agromafie. Tuttavia, il
desiderio che ogni ricercatore ha di fare sempre meglio, ci
impone oggi una riflessione sulla necessità di rinnovare la
formula che abbiamo fin qui seguito. Per poter adeguare le
metodologie di analisi e di approfondimento alla luce della
complessità degli elementi e dei risultati maturati nel corso
del tempo. Un lavoro, il nostro, svolto in spirito di servizio
che continuerà nella consapevolezza della centralità della
lotta alle mafie per la crescita e la libertà del nostro paese
e la salute dei suoi cittadini”.

AGROMAFIE, FARA: BENE LAVORO
DI  QUESTI   ANNI   MA  C’E’
BISOGNO DI CAMBIARE
                                                                 “
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oddisfatti dell’esperienza fatta in questi 5 anni di attività
nel redigere il rapporto sulle agromafie. Tuttavia, il
desiderio che ogni ricercatore ha di fare sempre meglio, ci
impone oggi una riflessione sulla necessità di rinnovare la
formula che abbiamo fin qui seguito. Per poter adeguare le
metodologie di analisi e di approfondimento alla luce della
complessità degli elementi e dei risultati maturati nel corso
del tempo. Un lavoro, il nostro, svolto in spirito di servizio
che continuerà nella consapevolezza della centralità della
lotta alle mafie per la crescita e la libertà del nostro paese
e la salute dei suoi cittadini”.

VINO, TROPPA BUROCRAZIA. 10
ORGANI   DI  CONTROLLO   CHE
CHIEDONO LE STESSE COSE. 300
VITICOLTORI    SCRIVONO    A
MARTINA
                                                     Troppe
                                                     novità
                                                     per   il
                                                     settore
                                                     del
                                                     vino.
                                                     Troppe
                                                     pratiche
                                                     da fare
                                                     per    i
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                                                     viticolt
                                                     ori. Che
prendono carta e penna e in 300 scrivono al ministro Martina.
E dicono: sono 10 gli organi che ci controllano, e spesso chi
chiedono le stesse cose…

Qui di seguito AGRICOLAE riporta la missiva

Oggetto: dematerializzazione registri vinicoli e burocrazia

Il vino buono non si fa con la burocrazia che uccide i piccoli
produttori

Non accettiamo l’imposizione dei registri dematerializzati!
Non   vogliamo   alimentare    un’economia    virtuale    e
parassitaria. E’ necessaria un’inversione di tendenza, una
rivoluzione delle norme; dobbiamo dire forte e chiaro che
bisogna interrompere questo stillicidio di procedure,
obblighi, corsi, patentini, registri che stanno strangolando
le nostre aziende.

CHI SIAMO
Siamo trecento Vignaioli, agricoltori di ogni Regione. Siamo
innamorati della terra, del cielo, delle piante e del nostro
lavoro che vorremmo continuare a svolgere.

LA SITUAZIONE ATTUALE In Italia ci sono 52 mila produttori e
di questi 48 mila imbottigliano meno di 1000 ettolitri, il 53%
della produzione è ottenuta dalle cantine cooperative, mentre
la superficie media è di soli 1,6 Ha. Rappresentiamo quindi
circa il 90% dei produttori e non più del 30% della produzione
totale. Perché allora non pensare un sistema adatto alle
esigenze del maggior numero di produttori?    Siamo quelli che
abitano e conservano i borghi rurali e i loro territori che,
senza di noi, andrebbero irrimediabilmente in abbandono. La
burocrazia sta uccidendo le nostre aziende e il nostro sistema
agricolo, fatto esclusivamente di micro imprese. Crediamo
che si debba rallentare questa corsa alla burocratizzazione
estrema, dove per ogni azione concreta sono richieste decine
di pezzi di carta e gigabyte che tanti di noi non hanno la
possibilità di seguire, di compilare e di pagare: i nostri
piccoli numeri ci impongono delle scelte, e noi alla fine
dobbiamo scegliere sempre la terra, la pianta, il vino.
Inoltre, non siamo più disposti a dover pagare corsi e
consulenti per poter fare il nostro lavoro. In pratica, non
vogliamo mantenere un’economia virtuale e parassitaria, spesso
rappresentata dalle associazioni di categoria, sindacati o
società di consulenza.
Il tutto col beneplacito di chi avrebbe dovuto difendere la
nostra vita e il nostro lavoro: si chiamino associazioni di
categoria, sindacati o altro ancora, di antica o recente
costituzione. Vogliamo reagire,rispondere, non per ottenere
qualche mediocre compromesso, ma per imporre la nostra idea di
lavoro, di rapporti umani; per riappropriarci del nostro
tempo. A questo si aggiunge il fatto che delegare tutti gli
adempimenti a servizi on line richiede una connessione potente
e veloce e forse non ci si rende conto di quale sia lo stato
delle ADSL nelle campagne italiane. Non si comprende perché le
uniche esenzioni concesse siano a favore delle piccole
produzioni che effettuano vendita diretta in azienda o per
quelle fino a 1000/hl che non imbottigliano. Sembra che
l’obiettivo sia quello di ostacolare la partecipazione delle
piccole aziende al Mercato Globale, riservandolo così alle
grandi imprese.

#####

QUESTI GLI ENTI E ORGANISMI CHE CI CONTROLLANO

1- ICQRF

2- Guardia Forestale

3- Organismo controllo per certificazione Dop, Igp

4-Organismo controllo per certificazione Bio

5- HACCP controllo igiene in cantina

6- Sicurezza sul lavoro: organismi vari
7- Agea ed Enti regionali collegati./CAF.

8- Asl: normative sanitarie.

9- Province, esistono ancora e spesso hanno mantenuto le
deleghe per la viticoltura.

10- Valoritalia, TCA, ecc.

Organismi o Enti diversi che ci richiedono sempre le stesse
cose, di produrre sempre gli stessi documenti .

#####
QUESTI ALCUNI DEI VARI PATENTINI CHE DOBBIAMO CONSEGUIRE:

Alimentarista, HACCP, utilizzo fitosanitari. taratura botte
irrorazione, patentino guida trattore…

Poi ci sono i Consorzi di Tutela, le Associazioni, i Sindacati
ecc. Questo impegno corrisponde in termini temporali a quasi
un mese di lavoro ed indicativamente a 2000-3000€ ogni anno,
una cifra troppo importante per chi fattura poche decine di
migliaia di euro.

COSA CHIEDIAMO
E’ urgente unificare quanto più possibile i vari Enti deputati
al controllo: è auspicabile un unico organismo che esegua
tutti i controlli. Per tutto ciò chiediamo:
1) Abolizione dei registri di cantina: ognuno di noi è
obbligato a compilare ogni dicembre la denuncia di produzione
delle uve e a fine luglio la dichiarazione di giacenza del
vino. Se a questi due documenti affianchiamo le fatture di
vendita, abbiamo tutte le informazioni necessarie per
effettuareil controllo delle produzioni. Senza considerare che
tutte queste informazioni vengono ripetute nei documenti del
Sistema di Controllo del Biologico, nei manuali HACCP,Valor
Italia, TCA ecc
Per i piccoli produttori (entro i 1000 Hl/anno) che non
acquistano vino i registri non servono.
In subordine proponiamo di mantenere i registri cartacei ed
agevolarne la tenuta al produttore che non acquista vino,
posticipando il termine ultimo per la compilazione del
registro di vinificazione al momento della dichiarazione di
produzione; per imbottigliamento e tagli al momento della
denuncia di giacenza. Proponiamo inoltre di eliminare
l’obbligo di tenuta del registro di commercializzazione sotto
i   1000    hl:   è   un   duplicato    del   registro     di
vinificazione/imbottigliamento e dei movimenti già tracciati
con altri documenti.
2) Anche per l’olio extra vergine di oliva chiediamo di
portare il limite per l’esenzione dalla compilazione dei
registri telematici dagli attuali 350 Kg a 3500 Kg/annui di
produzione di olio.
3) Chiediamo per chi è Imprenditore Agricolo a titolo
Professionale da almeno 5 anni di sostituire con
un’autodichiarazione i corsi e i relativi patentini per guida
trattori. Se lo scopo dichiarato è aumentare la sicurezza dei
lavori in campagna, allora si diano contributi diretti per
l’adeguamento delle macchine.
4) Esenzione totale dal patentino fitofarmaci nel caso in cui
si utilizzino esclusivamente fitofarmaci a base di sali di
rame e/o zolfo.
5) Eliminazione delle prestazioni viniche obbligatorie che
sono misure anacronistiche. Inoltre, eliminando la
distillazione obbligatoria delle vinacce (cioè regalare le
vinacce alle distillerie) si creerebbe un valore di mercato
per tutti i prodotti agricoli destinati alla distillazione.
Proponiamo di eliminare l’obbligo di dichiarazione preventiva,
incentivando il procedimento di smaltimento agronomico delle
vinacce.
6) Proponiamo la semplificazione del modello INTRASTAT
(basterebbe un elenco delle fatture inviate con PEC) e
scadenza annuale per i vignaioli che producono meno di 1000
hl.
7) Chiediamo che in vendemmia e per la raccolta delle olive
si possa ricorrere alla manodopera parentale e amicale con
assicurazioni agevolate, con un forfettario assicurativo
proporzionato alle dimensioni aziendali.
8) Chiediamo che su base volontaria e non obbligatoria sia
possibile riportare nelle etichette del vino la lista degli
ingredienti.

Comunichiamo che se non otterremo quanto richiesto, avvieremo
una Campagna di DISOBBEDIENZA CIVILE invitando tutti i
vignaioli italiani a non ottemperare alle richieste di
adeguamento ai registri telematici.

Il cuore della nostra protesta è comunque quello di mettere in
evidenza il ruolo centrale che le piccole aziende svolgono
nella salvaguardia dell’ambiente e del territorio nel suo
complesso. Il soffocamento di queste piccole realtà non potrà
che passare la mano ad un tipo di agricoltura             che
inevitabilmente distruggerà la risorsa primaria.

Egregio Ministro, in pochissimi giorni su questa proposta
abbiamo raccolto 300 adesioni; con altrettanto poco tempo
siamo certi di poter coinvolgere migliaia di agricoltori.
VIGNAIOLI UNITI contadinicritici@inventati.org
Seguono le adesioni dei titolari 300 aziende agricole

ABRUZZO
–            Stefano De Fermo – Az. Agr. De Fermo

–            Mariapaola Di Cato – Az. Agr Di Cato Francesco

–            Lorenza Ludovico – Az. Agr. Ludovico

–            Sofia Pepe – Az. Agr. Emidio Pepe

–            Stefania Pepe – Az. Agr. Stefania Pepe

–            Enrico Gallinaro – Az. Agricola E. Gallinaro

–            Massimiliano D’Addario – Az. Agr. Marina Palusci

–            Guido Strappelli – Az. Agr. Strappelli Guido

–            Jacopo Fiore – Az. Agr. Fiore Podere San Biagio

BASILICATA

–            Antonio    Cascarano – Az. Agr. Camerlengo

–            Elisabetta     – Az. Agr. Musto Carmelitano

CALABRIA

–   Santino Lucà    –    Az. Agr. Cantine Lucà

–    Luigi Viola –       Az. Agr. Cantine Viola

– Assunta Dell’Aquila- Az. Agr.      F.lli Dell’Aquila

– Francesco De Franco-   Vigna De Franco srl
– Cataldo Calabretta – Amigdala srl
– Sergio Arcuri – Az. Agr. Arcuri
-Mariangela Parrilla – Tenuta del Conte

– Antonino Altomonte – Az. Agr. Altomonte

CAMPANIA

–            Giovanni Ascione – Az. Agr. Nanni Copè
–         Ennio Romano Cecaro – Az. Agr. Canlibero

–         Elisabetta Iuorio – Az. Agr. Casebianche

–         Raffaello Annicchiarico – Podere Veneri Vecchio

–         Fortunato Rodolfo Arpino – Az. Agr. Montedigrazia

–         Salvatore Magnoni – Az. Agr. Prima La Terra

–         Diana Iannacone – Az. Agr. I Cacciagalli

–         Sandro Lonardo – Az. Agr. Contrade di Taurasi

–         Claudio Guerriero – Az. Agr. Guerriero Wine

–         Alessandro Meoli – Az. Agr. Meoli

–         Mario Donnabella – Az. Agr. Silva Plantarium

–

EMILIA ROMAGNA

–         Alberto Carretti – Podere Pradarolo

–         Laura Cardinali – Az. Agr. Cardinali

–         Vittorio Graziano – Az. Agr. Graziano

–         Mirco Mariotti – Az. Agr. Mariotti

–         Elena Pantaleoni – Az. Agr. La Stoppa

–         Federico Orsi – Vigneto S.Vito

–         Denny Bini – Az. Agr. Podere Cipolla

–         Francesco Torre – Az. Agr. Il Maiolo

–         Marco Cordani – Az. Agr. Cordani

–         Stefano   Malerba – Az. Agr. Gualdora
–   Vanni Nizzoli – Az. Agr. Cinque Campi

–   Katia Babini – Az. Agr. Vigne dei Boschi

–   Paolo Francesconi – Az. Agr. Francesconi

–   Roberto Maestri – Az. Agr. Quarticello

–   Andrea Cervini – Az. Agr. Il Poggio

–   Massimiliano Croci – Az. Agr. Tenuta Croci

–   Flavio Cantelli – Az. Agr. Maria Bortolotti

–   Erica Tagliavini –Soc. Agr. Bedogni Barbaterre

–   Romano Mattioli – Az. Agr. Terraquilia

–   Ettore Matarese – Az. Agr. Il Palazzo

–   Gianni Storchi – Az. Agr. Storchi

–    Paolo Crotti   –   Az. Agr. Podere Giardino

–   Alberto Anguissola – Az. Agr. Casè

–    Flavio Restani – Az. Agr. Il Farneto

–   Antonio Ognibene – Az. Agr. Gradizzolo

–   Manuela Venti – Az. Agr. Villa Venti

–   Susanna Diamanti – Az. Agr. Oro di Diamanti

–   Andrea Berti – Soc. Agr. Folesano

–   Marco Rizzardi – Az. Agr. Crocizia

–   Antonio Capelli – Corte D’Aibo

–   Roberto Mascherini – Az. Agr. S.Valentino

–   Cesare Corazza – Az. Agr. Lodi Corazza
–        Alberto Perdisa – Tenuta Palazzona

–        Fabio Bovina – Az. Agr. Botti

–        Gianni             – Az. Agr. La Colombarola

–        Francesca Zanetti – Az. Agr. La Mancina

–        Andrea Iorio – Az. Agr. Bosco dei Caprioli

–        Gabriele Succi – Az. Agr. Costa Archi

FRIULI

–        Gaspare Buscemi – Az. Agr. Buscemi

–        Federica Magrini – Az. Agr. Vignai da Duline

–        Franco Terpin – Az. Agr. Terpin

–        Silvana Forte – Az. Agr. Le Due Terre

–        Dario Princic – Az. Agr. Princic

–        Fausto De Andreis – Az. Agr. Le Rocche del Gatto

–        Jelena Misina – Az. Agr. Bressan Nereo

–        Denis Montanar – Az. Agr. Denis Montanar

–        Andrea Rizzo – Az. Agr. Feudo dei Gelsi

–        Paolo Bonora – Az. Agr. Do Ville

–        Giovanni Dri – Az. Agr. Il Roncat

LAZIO

–        Giuliano Salesi – Az. Agr.Podere Orto

–        Andrea Occhipinti – Az. Agr. Occhipinti

–        Chiara Bianchi – Az. Agr. Cantina Ribelà
–           Daniele Manoni – Az. Agr. Il Vinco

–           Marco Marrocco – Az. Agr. Palazzo Tronconi

–           Antonio Cosmi – Az. Agr. Casale Certosa

–           Maria Teresa Verdacchia – Tenuta La Pazzaglia

–           Antonella Deledda – Az. Agr. Le Spinose

–           Mariano Mampieri –   Az. Agr. Compagnia di Ermes

–           Loredana Reale – Soc. Agr. Riccardi Reale

LIGURIA

–           Stefano Legnani – Az Agr. Legnani

–           Andrea Marcesini – Az. Agr. La Felce

–           Aris Blancardi – Az. Agr. Selvadolce

–           Luca Deperi – Az. Agr. Deperi Luca

–           Gilda Musetti – Az. Agr. Il Torchio

–           Lino Grecale – Az. Agr. Podere Grecale

LOMBARDIA

–           Emanuele Pelizzati Perego – Ar.Pe.Pe. srl

–           Antonio Ligabue – Az. Agr. Ligabue

–           Giacomo Baruffaldi – Az. Agr.Castello di Stefanago

–           Enrico Togni – Az. Agr. Togni Rebaioli

–           Matteo Sega – Az. Agr. Barbacan

–           Diego Tiraboschi – Fattoria Mondo Antico
MARCHE

–          Alessandro Bonci – Az. Agr. La Marca di S. Michele

–          Paolo   Beretta – Az. Agr. Fiorano

–          Maria Pia Castelli – Az. Agr. Maria Pia Castelli

–          Corrado Dottori – Az. Agr. La Distesa

–          Rocco Vallorani – Az. Agr. Vigneti Vallorani

–          Igino Brutti – Az. Agr. Fontorfio

–          Enrico Gabrielli – Az. Agr. Aurora

–          Natalino Crgnaletti – Az. Agr. Fattoria S. Lorenzo

–          Lanfranco Quaquarini – Az. Agr. Quaquarini

–               Mattia Marcantoni – Az. Agr. Conventino
Monteciccardo

MOLISE

–          Rodolfo Gianserra – Az. Agr. Vinica

PIEMONTE

–          Guido Zampaglione – Tenuta Grillo

–          Paolo Laiolo – Az. Ag. Laiolo Reginin

–          Alessandro Barosi – Az. Agr. Cascina Corte

–          Nicoletta Bocca – Az. Agr. San Fereolo

–          Stefano Marelli e Enzo Kizito Volpi -Az. Agr. Corte
Solidale

–          Eleonora   Costa   – Az. Agr. Crealto

–          Ezio Trinchero – Az. Agr. Trinchero
–      Nadia Verrua – Cascina Tavijn

–      Lucesio              Az. Agr. Rocca Rondinaria

–      Carlo Daniele Ricci – Az. Agr. Cascina S. Leto

–      Paola e Elena Conti – Cantine del Castello Conti

–      Andrea Fontana – Az. Agr. Platinetti Guido

–      Claudio Rosso – Az. Agr. Cascina Roera

–      Daniele Oddone – Az. Agr. Cascina Gentile

–      Paolo Malfatti – Az. Agr. Cascina Zerbetta

–      Daniele Saccoletto – Az. Agr. Saccoletto

–      Fabrizio Iuli – Az. Agr. Iuli Fabrizio

–      Rizzolio Giovanna – Az. Agr. Cascina delle rose

–      Stefania Carrea – Az. Agr. Terre di Matè

–      Paolo     Veglio   – Az. Agr. Cascina Roccalini

–      Chiara Penati – Az. Agr. Oltretorrente

–      Marta Rinaldi – Az. Agr. Rinaldi

–      Guido Corino – Az. Agr. Case Corini

–      Claudio Cepollina – Az. Agr. Casa Wallace

–      Alfio Cavallotto – Tenuta Bricco Boschis

–      Roberto Semino – Az. Agr. La Vecchia Posta

–      Nadia Curto – Az. Agr. Curto Marco

–      Daniele Carlo Ricci – Az. Agr. Ricci Cascina San
Leto

–      Jole Dellapiana – Az. Agr. Rizzi
–          Andrea Careglio – Az. Agr. Careglio Pierangelo

–          Monica Tibaldi – Az. Agr. Tibaldi

–          Michela Adriano – Az. Agr. Adriano Marco e Vittorio

–          Marco Minnucci – Az. Agr. Cascina S. Michele

–          Marina Marcarino – Az. Agr. Punset

–          Ilaria Salvetti –   Az. Agr. Ilaria Salvetti

–          Mauro Drocco – Az. Agr. Camparo

PUGLIA

–          Natalino Del Prete – Az. Agr. Natalino Del Prete

–          Francesco Marra – Az. Agr. Francesco Marra

–          Marta Cesi – Az. Agr. Dei Agre

–          Mimmo            – Az. Agr. Pantun

SARDEGNA

–          Alessandro Dettori – Tenute Dettori

–          G. B. Columbu – Az. Agr. Malvasia Columbu

–          Giovanni Montisci – Az. Agr. Cantina G. Montisci

–          Francesco Sedilesu – Az. Agr. Giuseppe Sedilesu

–          Maurizio Altea – Az. Agr. Altea Illotto

–          Enrico Esu – Az. Agr. E. Esu

–          Andrea Taris – Az. Agr. Piccola Cantina

–          Giuseppe Musina – Az. Agr. La Cantina di Orgosa

–          Carlo Deperu – Az. Agr. Deperu Holler
–         Davide Orro – Az. Agr. Famiglia Orro

–         Stefano Soi – Az. Agr. Soi

SICILIA

–         Pierpaolo Badalucco – Az. Agr. Dos Tierras

–         Gianfranco Daino – Az. Agr. Daino

–         Guglielmo Manenti – Az. Agr. Manenti

–            Giovanni Gurreri – Cantina Gurrieri Az. Agr.
Battaglia Graziella

–         Marco Sferlazzo – Az.Agr.Porta del Vento

–         Alice Bonaccorsi – Az. Agr. A. Bonaccorsi

–         Bruno Ferrara Sardo – Az. Agr. Bruno Ferrara

–         Davide Bentivegna – Az. Agr. Etnella

–         Paola Lantieri – Az. Agr. Punta dell’Ufala

–         Nino Barraco – Az. Agr. Barraco

–         Giovanni Scarfone – Az. Agr. Bonavita Faro

–         Francesco Guccione – Az. Agr. Guccione

–         Francesco Fenech – Az. Agr. F. Fenech

–         Giovanni Raiti – Az. Agr. Raiti – Vino Quantico

–         Giuseppe Valeria Scirto – Az. Agr. Faro Giuseppina

TOSCANA

–         Rinaldi Maria Pierina – Az Agr Casale Giglioli
–     Giovanni Borella – Az. Agr. Casale

–         Valentina Baldini Libri – Fattoria Cerreto Libri

–         Arnaldo Rossi – Taverna Pane e Vino

–         Stefano Gonnelli – Az. Agr. Borgaruccio

–         Giovanna Tiezzi – Az. Agr. Pacina

–           Gabriele Buondonno – Az. Agr. Casavecchia alla
Piazza

–         Gabriele Da Prato- Az. Agr. Podere Concori

–         Giuseppe Ferrua – Az. Agr. Fabbrica di S. Martino

–         Francesco Carfagna – Az.Agr. Altura

–         Stella di Campalto – Az. Agr. Podere S.Giuseppe

–         Francesca Padovani – Az. Agr.Podere Fonterenza

–         Marzio   Politi   – Coop. Agr. Voltumna

–         Olivier Paul Morandini – Az. Agr. Fuorimondo

–         Paolo Marchionni – Az. Agr. Vigliano

–         Alessio Miliotti – Az. Agr. Tenuta di Sticciano

–         Fabrizio Zanfi – Podere La Mercareccia

–         Paolo Giuli – Az. Agr. Al Podere di Rosa

–         Riccardo Papni – Az. Agr. La Pievuccia

–           Francesco De Filippis – Az. Agr. Cosimo Maria
Masini

–         Sergio Falzari – Az. Agr. Il Giardino

–         Carlo Parenti – Az. Agr. Macchion de Lupi
–   Stefano Amerighi – Az. Agr. Amerighi

–   Umberto Valle – Az. Agr. Poggio Trevvalle

–   Francesco Anichini – Az. Agr. Vallone di Cecione

–   Roberto Bianchi – Az. Agr.Podere Val delle Corti

–   Luca Orsini – Az. Agr. Le Cinciole

–   Monica Raspi – Az. Agr. Fattoria Pomona

–   Patrizia Bruni – Az. Agr. Villa Bruni

–   Marco Tanganelli – Az. Agr. Tanganelli

–   Susanna Grassi – Az. Agr. I Fabbri

–   Nadia   Riguccini   – Az. Agr. Campinuovi

–   Maurizio Comitini     – Az. Agr. Croce di Febo

–   Luca Tomassini – Az. Agr. Sangervasio

–   Paolo Socci – Az. Agr. Fattoria di Lamole

–   Rossella    Bencini     – Az. Agr. Terreamano

–   Massimo Pasquetti – Az. Agr. I Mandorli

–   Michele Braganti – Az. Agr. Monteraponi

–   Paolo Cianferoni – Az. Agr. Caparsa

–   Jacy Farrel – Az. Agr. Monte Bernardi

–   Moreno Panattoni – Az. Agr. Montechiari

–   Giorgio Secchi – Az. Agr. Palmo di Terra

–   Piero Tartagni – Az. Agr. Fattoria Colleverde

–   Michele    Guarino – Az. Agr. Tenuta Lenzini
–         Stefano Grandi – Az. Agr. Canneta

–         Emilio Falcione – Az. Agr. La Busattina

–         Alessandro Sderci – Az. Agr. Podere il Palazzino

–         Jan Hendrik Erbach – Az. Agr. Pian dell’Orino

–         Katia Nussbaum – Az. Agr. San Polino

–         Davide Borselli – Az. Agr. La Poderina Toscana

…

MAFIA: COLDIRETTI, 200MILA
CONTROLLI    DA   CAMPI  A
SCAFFALI, ITALIA LEADER
Sono oltre duecentomila i controlli effettuati dalle forze
dell’ordine nel 2016 per combattere le agromafie dal campo
allo scaffale e garantire all’Italia il primato nella qualità
e nella sicurezza alimentare. E’ quanto afferma il presidente
della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione della
presentazione del quarto Rapporto #Agromafie2017 sui crimini
agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e
Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema
agroalimentare. Una attività di controllo quotidiana e
capillare tra il Comando Carabinieri per la Tutela della
Salute (Nas), Nuclei Antifrodi Carabinieri (NAC) del Ministero
delle Politiche Agricole e Alimentari, lo SCICO-GDF, il Corpo
Forestale ora confluito nel Comando Unità per la tutela
forestale,    ambientale    e   agroalimentare    dell’Arma,
l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della
repressione frodi dei prodotti agroalimentari e la Guardia
costiera. “Si tratta – ha sottolineato il presidente della
Coldiretti – di un presidio a difesa non solo del tessuto
economico, ma anche della salute dei cittadini, dell’ambiente
e dell’intero territorio nazionale. In Italia – ha precisato
Moncalvo – le attività criminali nell’agroalimentare si
scoprono perché c’è una attività di controllo all’avanguardia
a differenza di quanto avviene in altri Paesi dentro e fuori
dall’Unione Europea”.

#####

Uno studio della Coldiretti sulla base dell’ultima relazione
dell’Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) evidenzia che
il 6,5% dei campioni provenienti da Paesi extracomunitari,
conteneva residui superiori ai limiti di legge, soprattutto
per la presenza di tracce di pesticidi non approvati nell’Ue
mentre al contrario secondo il “National summary reports on
pesticide residue” pubblicato dall’Efsa appena lo 0,3% dei
prodotti Made in Italy – sottolinea la Coldiretti – contiene
residui chimici oltre il limite con la percentuale che sale
all’1,6 per cento per i prodotti di origine comunitaria. In
Italia ci sono le regole produttive più rigorose nelle
caratteristiche dei prodotti alimentari, dal divieto di
produrre pasta con grano tenero a quello di utilizzare la
polvere di latte nei formaggi fino al divieto di aggiungere
zucchero nel vino che non valgono in altri Paesi dell’Unione
Europea, dove si assiste ad un crescendo dell’uso di
surrogati, sottoprodotti e aromi vari che snaturano l’identità
degli alimenti. Senza dimenticare la decisione nazionale di
vietare la coltivazioni di organismi geneticamente modificati
(Ogm) fortemente sostenuta dalla Coldiretti e il primato
europeo con oltre 50mila imprese agricole biologiche e la
leadership nelle produzioni tutelate con 289 specialità a
denominazione di origine (Dop/Igp).
CAPORALATO:
COLDIRETTI/EURISPES, SPORCA 1
PIATTO STRANIERO SU 5
Dal riso asiatico alle conserve di pomodoro cinesi,
dall’ortofrutta sudamericana a quella africana in vendita nei
supermercati italiani fino ai fiori del Kenya, quasi un
prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia
dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela dei
lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel
nostro Paese. E’ quanto è emerso alla presentazione del quinto
Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e
Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema
agroalimentare con un focus specifico dedicato al “caporalato
nel piatto”, con l’esposizione degli alimenti più a rischio
presenti sugli scaffali. Si stima che siano coltivati o
allevati all’estero oltre il 30% dei prodotti agroalimentari
consumati in Italia, con un deciso aumento negli ultimi
decenni delle importazioni da paesi extracomunitari dove non
valgono gli stessi diritti sociali dell’Unione Europea. Riso,
conserve di pomodoro, olio d’oliva, ortofrutta fresca e
trasformata, zucchero di canna, rose, olio di palma sono solo
alcuni dei prodotti stranieri che arrivano in Italia che sono
spesso il frutto di un “caporalato invisibile” che passa
inosservato solo perché avviene in Paesi lontani, dove viene
sfruttato il lavoro minorile, che riguarda in agricoltura
circa 100 milioni di bambini secondo l’Organizzazione
Internazionale del Lavoro (ILO), di operai sottopagati e
sottoposti a rischi per la salute, di detenuti o addirittura
di veri e propri moderni “schiavi”. E tutto questo accade
nell’indifferenza delle Istituzioni nazionali ed europee che
anzi spesso alimentano di fatto il commercio dei frutti dello
sfruttamento con agevolazioni o accordi privilegiati per gli
scambi che avvantaggiano solo le multinazionali. Un esempio è
rappresentato dalle importazioni di conserve di pomodoro dalla
Cina al centro delle critiche internazionali per il fenomeno
dei laogai, i campi agricoli lager che secondo alcuni
sarebbero ancora attivi, nonostante l’annuncio della loro
chiusura.

#####

Nel 2016 sono aumentate del 43% le importazioni di concentrato
di pomodoro dal Paese asiatico che hanno raggiunto circa 100
milioni di chili, pari a circa il 10% della produzione
nazionale in pomodoro fresco equivalente. In questo modo, c’è
il rischio concreto che il concentrato di pomodoro cinese,
magari coltivato da veri e propri “schiavi moderni”, venga
spacciato come Made in Italy sui mercati nazionali ed esteri
per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la
provenienza. Un problema che riguarda anche il riso straniero
i cui arrivi in Italia hanno raggiunto il record nel 2016, con
una vera invasione da Oriente da cui proviene quasi la metà
delle importazioni secondo il Rapporto Coldiretti, Eurispes e
Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema
agroalimentare. L’aumento varia dal +489% per gli arrivi dal
Vietnam al +46% dalla Thailandia per effetto dell’introduzione
da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato per i Paesi
che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi) a dazio zero.
Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano gli
agricoltori locali, i quali subiscono peraltro lo sfruttamento
del lavoro anche minorile e danni sulla salute e sull’ambiente
provocati dall’impiego intensivo di prodotti chimici vietati
in Europa. Rilevanti sono anche le importazioni di nocciole
dalla Turchia sulla quale pende l’accusa per lo sfruttamento
del lavoro delle minoranze curde, ma il problema dello
sfruttamento riguarda anche le rose dal Kenya per il lavoro
sottopagato e senza diritti, i fiori dalla Colombia dove è
stato denunciato lo sfruttamento del lavoro femminile o la
carne dal Brasile dove è stato denunciato il lavoro minorile.

#####

Le banane sono il terzo frutto più consumato in Italia, ma su
quelle che vengono dall’Ecuador sono stati segnalati
trattamenti chimici fuorilegge in Europa, mentre lo zucchero
di canna, divenuto di gran moda, viene ottenuto in Bolivia in
piantagioni dove si segnala l’abuso di stimolanti per
aumentare la resistenza al lavoro. Ma ci sono trattative in
corso anche per i prodotti frutticoli con i Paesi del Mercosur
(Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay) dove non ci sono le
stesse norme di tutela di lavoro vigenti in Italia.
L’Argentina, che è nella lista nera del dipartimento di Stato
americano per lo sfruttamento del lavoro minorile nelle
coltivazioni di aglio, uva, olive, fragole, pomodori, ha
aumentato le esportazioni di prodotti ortofrutticoli in Italia
del 17% nel corso del 2016. O ancora l’Egitto con le
importazioni di ortofrutta in Italia che sono aumentate del
20% nel 2016 rispetto all’anno precedente raggiungendo i 100
milioni di euro. Le fragole dell’Egitto sono indicate dal
sistema di allarme rapido UE (RASFF) tra i cibi più
contaminati per residui chimici, con le melagrane che superano
i limiti in un caso su tre (33%). Ma fuori norma dal Paese
africano sono anche l’11% delle fragole e il 5% delle arance
che arrivano peraltro in Italia grazie alle agevolazioni
concesse dall’Unione europea.

#####

Un pericolo per la salute dei consumatori, ma anche degli
agricoltori locali spesso vittime di sfruttamento. Un caso a
parte è quello delle importazioni di olio di palma ad uso
alimentare che in Italia sono più che raddoppiate negli ultimi
20 anni raggiungendo nel 2016 circa 500 milioni di chili. Uno
sviluppo enorme che sta portando al disboscamento di vaste
foreste senza dimenticare l’inquinamento provocato dal
trasporto a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di
produzione e naturalmente le condizioni di sfruttamento del
lavoro delle popolazioni locali private di qualsiasi diritto.
“Non è accettabile che alle importazioni sia consentito di
aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul
caporalato ed è necessario, invece, che tutti i prodotti che
entrano nei confini nazionali rispettino gli stessi criteri a
tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro
tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli
scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda
l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta
distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo
e solidale”, ha affermato il presidente della Coldiretti
Roberto Moncalvo.

#####

IL CAPORALATO NEL PIATTO

        Il concentrato di pomodoro dalla Cina dove è stato
        denunciato il lavoro forzato dei detenuti
        il riso basmati dal Vietnam dove sono stati segnalati
        lavoro minorile e sfruttamento
        le nocciole dalla Turchia        sotto   accusa   per   lo
        sfruttamento delle minoranze (Curdi)
        le rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza
        diritti
        le fragole dall’Egitto dove è a rischio la salute sul
        lavoro per l’uso di prodotti chimici fuorilegge in
        Europa
        i fiori dalla Colombia dove è stato denunciato lo
        sfruttamento del lavoro femminile
        la canna da zucchero dalla Bolivia dove si segnala
        l’abuso di stimolanti per aumentare la resistenza al
        lavoro
        la carne dal Brasile dove sono stati denunciati lavoro
        minorile e sfruttamento
        l’aglio dall’Argentina dove sono stati segnalati lavoro
minorile e sfruttamento
     le banane dall’Ecuador dove vengono effettuati, con
     mezzi aerei, trattamenti a base di prodotti chimici
     fuorilegge in Europa

Fonte: Elaborazioni Coldiretti su dati dipartimento di stato
Usa sul lavoro, Laogaibook, Unicef, ILO

MAFIA: COLDIRETTI/EURISPES,
DA RIINA A CASALESI LE COSCHE
A TAVOLA
Dalle infiltrazioni nel settore ortofrutticolo del clan
Piromalli all’olio extra vergine di oliva di Matteo Messina
Denaro fino alle imposizioni della vendita di mozzarelle di
bufala del figlio di Sandokan del clan dei Casalesi e al
controllo del commercio della carne da parte della ‘ndrangheta
e di quello ortofrutticolo della famiglia di Totò Riina, i più
noti clan della criminalità si dividono il business della
tavola mettendo le mani sui prodotti simbolo del Made in
Italy. E’ quanto afferma la Coldiretti che, in occasione della
presentazione a Roma del quinto rapporto #Agromafie2017 sui
crimini agroalimentari in Italia, elaborato assieme ad
Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e
sul sistema agroalimentare, ha allestito una “tavola delle
cosche” con i prodotti frutto dei business specifici dei
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