AGROMAFIE, ECCO I NUMERI SUI CAMPI. FARA (EURISPES): BENE IL LAVORO FATTO FIN QUI, MA ORA E' TEMPO DI CAMBIARE - Agricolae
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AGROMAFIE, ECCO I NUMERI SUI CAMPI. FARA (EURISPES): BENE IL LAVORO FATTO FIN QUI, MA ORA E’ TEMPO DI CAMBIARE Coldiretti ed Eurispes hanno presentato il Rapporto Agromafie. Ancora tanto da fare, la mano lunga del malaffare imperversa ancora nei campi. Il primo passo è renderlo noto. Il secondo sarebbe istituire un Osservatorio nazionale ed istituzionale presso il dicastero competente. il Mipaaf. Che in tal senso non ha mai preso alcuna iniziativa. E dal palco di Palazzo Rospigliosi, il fondatore e presidente dell’Eurispes annuncia un cambiamento: bene il lavoro fatto finora, ma adesso è tempo di cambiare.. AGROMAFIE, CERCIELLO RENNA: INDISPENSABILE OSSERVATORIO ISTITUZIONALE PRESSO IL MIPAAF CRIMINALITA’: COLDIRETTI/EURISPES, +30% BUSINESS AGROMAFIE, 21,8 MLD 14/03/2017 at 12:11
Il vol ume d’a ffa ri com ple ssi vo ann ual e del l’a gro maf ia è salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30% nell’ultimo anno. E’ quanto è emerso alla presentazione del quinto Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare nel quale si evidenzia che tale stima rimane, con tutta probabilità, ancora largamente approssimativa per difetto, perché restano inevitabilmente fuori i proventi derivanti da operazioni condotte “estero su estero” dalle organizzazioni criminali, gli investimenti effettuati in diverse parti del mondo, le attività speculative poste in essere attraverso la creazione di fondi di investimento operanti nelle diverse piazze finanziarie, il trasferimento formalmente legale di fondi attraverso i money transfer in collaborazione con fiduciarie anonime e la cosiddetta banca di “tramitazione”, che veicola il denaro verso la sua destinazione finale. La filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita, ha tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che via via abbandonano l’abito “militare” per
vestire il “doppiopetto” e il “colletto bianco”, come si diceva un tempo, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza 3.0. Sul fronte della filiera agroalimentare – spiega la Coldiretti -, le mafie, dopo aver ceduto in appalto ai manovali l’onere di organizzare e gestire il caporalato e altre numerose forme di sfruttamento, condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding e la creazione ex novo di reti di smercio al minuto. Nel 2016 si è registrata un’impennata di fenomeni criminali che colpiscono e indeboliscono il settore agricolo nostrano dove quasi quotidianamente ci sono furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti (dai limoni alle nocciole, dall’olio al vino) e animali con un ritorno prepotente dell’abigeato. Non si tratta più soltanto di “ladri di polli” quanto di veri criminali che organizzano raid capaci di mettere in ginocchio un’azienda, specie se di dimensioni medie o piccole, con furti di interi carichi di olio o frutta, depositi di vino o altri prodotti come file di alveari, intere mandrie o trattori caricati su rimorchi di grandi dimensioni. A questi reati contro l’agricoltura, secondo il Rapporto Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, si affiancano racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione nelle campagne mentre nelle città, silenziosamente, i tradizionali fruttivendoli e i nostri fiorai sono quasi completamente scomparsi, sostituiti i primi da egiziani e i secondi da indiani e pakistani che, pur sapendo proferire a stento poche frasi compiute in italiano, controllano ormai gran parte delle rivendite attive sul territorio. Si direbbe un vero miracolo all’italiana, affiancato però dal dubbio che tanta efficacia organizzativa possa anche essere, spesso, il prodotto di una recente vocazione mafiosa per il marketing. I
poteri criminali si “annidano” nel percorso che frutta e verdura devono compiere per raggiungere le tavole degli italiani, e che vede uno snodo essenziale in alcuni grandi mercati di scambio per arrivare alla grande distribuzione. Tra tutti i settori “agromafiosi” – continua la Coldiretti -, quello della ristorazione è forse il comparto più tradizionale e immediatamente percepito come tipico del fenomeno. In alcuni casi sono le stesse mafie a possedere addirittura franchising e dunque catene di ristoranti in varie città d’Italia e anche all’estero, forti dei capitali assicurati dai traffici illeciti collaterali. Il business dei profitti criminali reinvestiti nella ristorazione coinvolgerebbe oltre 5.000 locali, con una più capillare presenza a Roma, Milano e nelle grandi città. Attività “pulite” che si affiancano a quelle “sporche”, avvalendosi degli introiti delle seconde, assicurandosi così la possibilità di sopravvivere anche agli incerti andamenti del mercato e alle congiunture economiche sfavorevoli, ma anche di contare su un vantaggio rispetto alla concorrenza con la disponibilità di liquidità e la possibilità di espandere gli affari secondo il Rapporto Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. “Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma soprattutto con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “per l’alimentare occorre vigilare sul sottocosto e sui cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi se non l’illegalità o lo sfruttamento”. MAFIA: COLDIRETTI/EURISPES, DA RIINA A CASALESI LE COSCHE A TAVOLA
14/03/2017 at 12:13 Dalle infiltrazioni nel settore ortofrutticolo del clan Piromalli all’olio extra vergine di oliva di Matteo Messina Denaro fino alle imposizioni della vendita di mozzarelle di bufala del figlio di Sandokan del clan dei Casalesi e al controllo del commercio della carne da parte della ‘ndrangheta e di quello ortofrutticolo della famiglia di Totò Riina, i più noti clan della criminalità si dividono il business della tavola mettendo le mani sui prodotti simbolo del Made in Italy. E’ quanto afferma la Coldiretti che, in occasione della presentazione a Roma del quinto rapporto #Agromafie2017 sui crimini agroalimentari in Italia, elaborato assieme ad Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, ha allestito una “tavola delle cosche” con i prodotti frutto dei business specifici dei diversi clan mafiosi, camorristici e ‘ndranghetisti. Solo nell’ultimo anno – ricorda Coldiretti – le forze dell’ordine hanno messo a segno diverse operazioni contro le attività della malavita organizzata, con arresti, sequestri e confische contro personaggi di primissimo piano della mafia che hanno deciso di investire ed appropriarsi – sottolinea la Coldiretti – di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta. Il risultato è la moltiplicazione dei prezzi che per l’ortofrutta arrivano a triplicare dal campo alla tavola, ma anche pesanti danni di immagine per il Made in Italy in Italia e all’estero se non rischi per la salute. Nel febbraio scorso i Carabinieri del Ros – rileva Coldiretti – hanno smascherato le attività criminali in Calabria della cosca di ‘ndrangheta Piromalli che controllava la produzione e le esportazioni di arance, mandarini e limoni verso gli Stati Uniti, oltre a quelle di olio attraverso una rete di società e cooperative. Nello stesso mese ancora gli uomini dell’Arma hanno confiscato 4 società siciliane operanti nel settore dell’olivicoltura riconducibili a Matteo Messina Denaro e alla famiglia mafiosa
di Campobello. Attraverso la gestione occulta di oleifici e aziende, intestate a prestanome, il boss era in grado di monopolizzare il remunerativo mercato olivicolo. Sempre agli inizi di febbraio i carabinieri hanno arrestato Walter Schiavone, figlio capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone. L’accusa – spiega la Coldiretti – è di imporre la fornitura di mozzarella di bufala Dop prodotta da un caseificio di Casal di Principe a distributori casertani e campani, ma anche in altre parti d’Italia, come in Calabria. A novembre 2016 è la Dia a mettere a segno il sequestro dei beni di un imprenditore dei trasporti siciliano considerato lo snodo degli affari che il clan dei Casalesi conduce assieme al fratello di Totò Riina, Gaetano, per monopolizzare il trasporto di frutta e verdura da Roma in giù, grazie anche al controllo del grande mercato di Fondi, nell’agro-pontino. A giugno la Guardia di Finanza mette a segno un blitz – continua la Coldiretti – contro il clan camorristico Lo Russo. La cosca aveva il monopolio della distribuzione di pane e l’imposizione del prezzo di vendita, a grossi supermercati, a botteghe e agli ambulanti domenicali della zona. Non c’è pace neppure nel centro della Capitale dove a maggio 2016 i carabinieri sequestrano beni per 80 milioni di euro tra i quali bar, ristoranti, pizzerie a quattro imprenditori, ritenuti coinvolti in traffici gestiti dalla camorra napoletana. Tutti i locali si trovano nel “salotto buono” di Roma, dalla zona di piazza Navona a quelle cosiddette “bene”. Pochi giorni prima, ad aprile – continua la Coldiretti – le fiamme gialle sequestrano beni per 33 milioni alla cosca di ‘ndrangheta Labate. L’organizzazione criminale aveva il controllo del settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio della carne. “Di fronte a questa escalation senza un adeguato apparato di regole penali e di strumenti in grado di rafforzare l’apparato investigativo, l’enorme sforzo messo a punto dalla macchina dei controlli apparirà sempre insufficiente” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “bisogna, al più presto, portare all’esame del Parlamento o valutare l’ipotesi di una decretazione di urgenza, riguardo
al testo della Commissione Caselli di Riforma dei reati agroalimentari per accendere il semaforo rosso alla rete criminale che avvolge da Nord a Sud tutte le filiere agroalimentari”. C A P O R A L A T O : C O L D IRETTI/EURISPES, SPORCA 1 PIATTO STRANIERO SU 5 14/03/2017 at 12:15 Dal riso asiatico alle conserve di pomodoro cinesi, dall’ortofrutta sudamericana a quella africana in vendita nei supermercati italiani fino ai fiori del Kenya, quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel nostro Paese. E’ quanto è emerso alla presentazione del quinto Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare con un focus specifico dedicato al “caporalato nel piatto”, con l’esposizione degli alimenti più a rischio presenti sugli scaffali. Si stima che siano coltivati o allevati all’estero oltre il 30% dei prodotti agroalimentari consumati in Italia, con un deciso aumento negli ultimi
decenni delle importazioni da paesi extracomunitari dove non valgono gli stessi diritti sociali dell’Unione Europea. Riso, conserve di pomodoro, olio d’oliva, ortofrutta fresca e trasformata, zucchero di canna, rose, olio di palma sono solo alcuni dei prodotti stranieri che arrivano in Italia che sono spesso il frutto di un “caporalato invisibile” che passa inosservato solo perché avviene in Paesi lontani, dove viene sfruttato il lavoro minorile, che riguarda in agricoltura circa 100 milioni di bambini secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), di operai sottopagati e sottoposti a rischi per la salute, di detenuti o addirittura di veri e propri moderni “schiavi”. E tutto questo accade nell’indifferenza delle Istituzioni nazionali ed europee che anzi spesso alimentano di fatto il commercio dei frutti dello sfruttamento con agevolazioni o accordi privilegiati per gli scambi che avvantaggiano solo le multinazionali. Un esempio è rappresentato dalle importazioni di conserve di pomodoro dalla Cina al centro delle critiche internazionali per il fenomeno dei laogai, i campi agricoli lager che secondo alcuni sarebbero ancora attivi, nonostante l’annuncio della loro chiusura. Nel 2016 sono aumentate del 43% le importazioni di concentrato di pomodoro dal Paese asiatico che hanno raggiunto circa 100 milioni di chili, pari a circa il 10% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente. In questo modo, c’è il rischio concreto che il concentrato di pomodoro cinese, magari coltivato da veri e propri “schiavi moderni”, venga spacciato come Made in Italy sui mercati nazionali ed esteri per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza. Un problema che riguarda anche il riso straniero i cui arrivi in Italia hanno raggiunto il record nel 2016, con una vera invasione da Oriente da cui proviene quasi la metà delle importazioni secondo il Rapporto Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. L’aumento varia dal +489% per gli arrivi dal Vietnam al +46% dalla Thailandia per effetto dell’introduzione
da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato per i Paesi che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi) a dazio zero. Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano gli agricoltori locali, i quali subiscono peraltro lo sfruttamento del lavoro anche minorile e danni sulla salute e sull’ambiente provocati dall’impiego intensivo di prodotti chimici vietati in Europa. Rilevanti sono anche le importazioni di nocciole dalla Turchia sulla quale pende l’accusa per lo sfruttamento del lavoro delle minoranze curde, ma il problema dello sfruttamento riguarda anche le rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza diritti, i fiori dalla Colombia dove è stato denunciato lo sfruttamento del lavoro femminile o la carne dal Brasile dove è stato denunciato il lavoro minorile. Le banane sono il terzo frutto più consumato in Italia, ma su quelle che vengono dall’Ecuador sono stati segnalati trattamenti chimici fuorilegge in Europa, mentre lo zucchero di canna, divenuto di gran moda, viene ottenuto in Bolivia in piantagioni dove si segnala l’abuso di stimolanti per aumentare la resistenza al lavoro. Ma ci sono trattative in corso anche per i prodotti frutticoli con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay) dove non ci sono le stesse norme di tutela di lavoro vigenti in Italia. L’Argentina, che è nella lista nera del dipartimento di Stato americano per lo sfruttamento del lavoro minorile nelle coltivazioni di aglio, uva, olive, fragole, pomodori, ha aumentato le esportazioni di prodotti ortofrutticoli in Italia del 17% nel corso del 2016. O ancora l’Egitto con le importazioni di ortofrutta in Italia che sono aumentate del 20% nel 2016 rispetto all’anno precedente raggiungendo i 100 milioni di euro. Le fragole dell’Egitto sono indicate dal sistema di allarme rapido UE (RASFF) tra i cibi più contaminati per residui chimici, con le melagrane che superano i limiti in un caso su tre (33%). Ma fuori norma dal Paese africano sono anche l’11% delle fragole e il 5% delle arance che arrivano peraltro in Italia grazie alle agevolazioni concesse dall’Unione europea.
Un pericolo per la salute dei consumatori, ma anche degli agricoltori locali spesso vittime di sfruttamento. Un caso a parte è quello delle importazioni di olio di palma ad uso alimentare che in Italia sono più che raddoppiate negli ultimi 20 anni raggiungendo nel 2016 circa 500 milioni di chili. Uno sviluppo enorme che sta portando al disboscamento di vaste foreste senza dimenticare l’inquinamento provocato dal trasporto a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di produzione e naturalmente le condizioni di sfruttamento del lavoro delle popolazioni locali private di qualsiasi diritto. “Non è accettabile che alle importazioni sia consentito di aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul caporalato ed è necessario, invece, che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. IL CAPORALATO NEL PIATTO Il concentrato di pomodoro dalla Cina dove è stato denunciato il lavoro forzato dei detenuti il riso basmati dal Vietnam dove sono stati segnalati lavoro minorile e sfruttamento le nocciole dalla Turchia sotto accusa per lo sfruttamento delle minoranze (Curdi) le rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza diritti le fragole dall’Egitto dove è a rischio la salute sul lavoro per l’uso di prodotti chimici fuorilegge in Europa i fiori dalla Colombia dove è stato denunciato lo sfruttamento del lavoro femminile
la canna da zucchero dalla Bolivia dove si segnala l’abuso di stimolanti per aumentare la resistenza al lavoro la carne dal Brasile dove sono stati denunciati lavoro minorile e sfruttamento l’aglio dall’Argentina dove sono stati segnalati lavoro minorile e sfruttamento le banane dall’Ecuador dove vengono effettuati, con mezzi aerei, trattamenti a base di prodotti chimici fuorilegge in Europa M A F I A : C O L D I R E T T I , 200MILA CONTROLLI DA CAMPI A SCAFFALI, ITALIA LEADER 14/03/2017 at 12:16 Sono oltre duecentomila i controlli effettuati dalle forze dell’ordine nel 2016 per combattere le agromafie dal campo allo scaffale e garantire all’Italia il primato nella qualità e nella sicurezza alimentare. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione della presentazione del quarto Rapporto #Agromafie2017 sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e
Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Una attività di controllo quotidiana e capillare tra il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute (Nas), Nuclei Antifrodi Carabinieri (NAC) del Ministero delle Politiche Agricole e Alimentari, lo SCICO-GDF, il Corpo Forestale ora confluito nel Comando Unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari e la Guardia costiera. “Si tratta – ha sottolineato il presidente della Coldiretti – di un presidio a difesa non solo del tessuto economico, ma anche della salute dei cittadini, dell’ambiente e dell’intero territorio nazionale. In Italia – ha precisato Moncalvo – le attività criminali nell’agroalimentare si scoprono perché c’è una attività di controllo all’avanguardia a differenza di quanto avviene in altri Paesi dentro e fuori dall’Unione Europea”. Uno studio della Coldiretti sulla base dell’ultima relazione dell’Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) evidenzia che il 6,5% dei campioni provenienti da Paesi extracomunitari, conteneva residui superiori ai limiti di legge, soprattutto per la presenza di tracce di pesticidi non approvati nell’Ue mentre al contrario secondo il “National summary reports on pesticide residue” pubblicato dall’Efsa appena lo 0,3% dei prodotti Made in Italy – sottolinea la Coldiretti – contiene residui chimici oltre il limite con la percentuale che sale all’1,6 per cento per i prodotti di origine comunitaria. In Italia ci sono le regole produttive più rigorose nelle caratteristiche dei prodotti alimentari, dal divieto di produrre pasta con grano tenero a quello di utilizzare la polvere di latte nei formaggi fino al divieto di aggiungere zucchero nel vino che non valgono in altri Paesi dell’Unione Europea, dove si assiste ad un crescendo dell’uso di surrogati, sottoprodotti e aromi vari che snaturano l’identità degli alimenti. Senza dimenticare la decisione nazionale di vietare la coltivazioni di organismi geneticamente modificati
(Ogm) fortemente sostenuta dalla Coldiretti e il primato europeo con oltre 50mila imprese agricole biologiche e la leadership nelle produzioni tutelate con 289 specialità a denominazione di origine (Dop/Igp). AGROMAFIE, FARA: BENE LAVORO DI QUESTI ANNI MA C’E’ BISOGNO DI CAMBIARE 14/03/2017 at 12:24 “ C o m e i s t i t u t o s i a m o s oddisfatti dell’esperienza fatta in questi 5 anni di attività nel redigere il rapporto sulle agromafie. Tuttavia, il desiderio che ogni ricercatore ha di fare sempre meglio, ci impone oggi una riflessione sulla necessità di rinnovare la formula che abbiamo fin qui seguito. Per poter adeguare le metodologie di analisi e di approfondimento alla luce della complessità degli elementi e dei risultati maturati nel corso del tempo. Un lavoro, il nostro, svolto in spirito di servizio che continuerà nella consapevolezza della centralità della
lotta alle mafie per la crescita e la libertà del nostro paese e la salute dei suoi cittadini”. AGROMAFIE, FARA: BENE LAVORO DI QUESTI ANNI MA C’E’ BISOGNO DI CAMBIARE “ C o m e i s t i t u t o s i a m o s oddisfatti dell’esperienza fatta in questi 5 anni di attività nel redigere il rapporto sulle agromafie. Tuttavia, il
desiderio che ogni ricercatore ha di fare sempre meglio, ci impone oggi una riflessione sulla necessità di rinnovare la formula che abbiamo fin qui seguito. Per poter adeguare le metodologie di analisi e di approfondimento alla luce della complessità degli elementi e dei risultati maturati nel corso del tempo. Un lavoro, il nostro, svolto in spirito di servizio che continuerà nella consapevolezza della centralità della lotta alle mafie per la crescita e la libertà del nostro paese e la salute dei suoi cittadini”. VINO, TROPPA BUROCRAZIA. 10 ORGANI DI CONTROLLO CHE CHIEDONO LE STESSE COSE. 300 VITICOLTORI SCRIVONO A MARTINA Troppe novità per il settore del vino. Troppe pratiche da fare per i piccoli viticolt ori. Che
prendono carta e penna e in 300 scrivono al ministro Martina. E dicono: sono 10 gli organi che ci controllano, e spesso chi chiedono le stesse cose… Qui di seguito AGRICOLAE riporta la missiva Oggetto: dematerializzazione registri vinicoli e burocrazia Il vino buono non si fa con la burocrazia che uccide i piccoli produttori Non accettiamo l’imposizione dei registri dematerializzati! Non vogliamo alimentare un’economia virtuale e parassitaria. E’ necessaria un’inversione di tendenza, una rivoluzione delle norme; dobbiamo dire forte e chiaro che bisogna interrompere questo stillicidio di procedure, obblighi, corsi, patentini, registri che stanno strangolando le nostre aziende. CHI SIAMO Siamo trecento Vignaioli, agricoltori di ogni Regione. Siamo innamorati della terra, del cielo, delle piante e del nostro lavoro che vorremmo continuare a svolgere. LA SITUAZIONE ATTUALE In Italia ci sono 52 mila produttori e di questi 48 mila imbottigliano meno di 1000 ettolitri, il 53% della produzione è ottenuta dalle cantine cooperative, mentre la superficie media è di soli 1,6 Ha. Rappresentiamo quindi circa il 90% dei produttori e non più del 30% della produzione totale. Perché allora non pensare un sistema adatto alle esigenze del maggior numero di produttori? Siamo quelli che abitano e conservano i borghi rurali e i loro territori che, senza di noi, andrebbero irrimediabilmente in abbandono. La burocrazia sta uccidendo le nostre aziende e il nostro sistema agricolo, fatto esclusivamente di micro imprese. Crediamo che si debba rallentare questa corsa alla burocratizzazione estrema, dove per ogni azione concreta sono richieste decine di pezzi di carta e gigabyte che tanti di noi non hanno la possibilità di seguire, di compilare e di pagare: i nostri
piccoli numeri ci impongono delle scelte, e noi alla fine dobbiamo scegliere sempre la terra, la pianta, il vino. Inoltre, non siamo più disposti a dover pagare corsi e consulenti per poter fare il nostro lavoro. In pratica, non vogliamo mantenere un’economia virtuale e parassitaria, spesso rappresentata dalle associazioni di categoria, sindacati o società di consulenza. Il tutto col beneplacito di chi avrebbe dovuto difendere la nostra vita e il nostro lavoro: si chiamino associazioni di categoria, sindacati o altro ancora, di antica o recente costituzione. Vogliamo reagire,rispondere, non per ottenere qualche mediocre compromesso, ma per imporre la nostra idea di lavoro, di rapporti umani; per riappropriarci del nostro tempo. A questo si aggiunge il fatto che delegare tutti gli adempimenti a servizi on line richiede una connessione potente e veloce e forse non ci si rende conto di quale sia lo stato delle ADSL nelle campagne italiane. Non si comprende perché le uniche esenzioni concesse siano a favore delle piccole produzioni che effettuano vendita diretta in azienda o per quelle fino a 1000/hl che non imbottigliano. Sembra che l’obiettivo sia quello di ostacolare la partecipazione delle piccole aziende al Mercato Globale, riservandolo così alle grandi imprese. ##### QUESTI GLI ENTI E ORGANISMI CHE CI CONTROLLANO 1- ICQRF 2- Guardia Forestale 3- Organismo controllo per certificazione Dop, Igp 4-Organismo controllo per certificazione Bio 5- HACCP controllo igiene in cantina 6- Sicurezza sul lavoro: organismi vari
7- Agea ed Enti regionali collegati./CAF. 8- Asl: normative sanitarie. 9- Province, esistono ancora e spesso hanno mantenuto le deleghe per la viticoltura. 10- Valoritalia, TCA, ecc. Organismi o Enti diversi che ci richiedono sempre le stesse cose, di produrre sempre gli stessi documenti . ##### QUESTI ALCUNI DEI VARI PATENTINI CHE DOBBIAMO CONSEGUIRE: Alimentarista, HACCP, utilizzo fitosanitari. taratura botte irrorazione, patentino guida trattore… Poi ci sono i Consorzi di Tutela, le Associazioni, i Sindacati ecc. Questo impegno corrisponde in termini temporali a quasi un mese di lavoro ed indicativamente a 2000-3000€ ogni anno, una cifra troppo importante per chi fattura poche decine di migliaia di euro. COSA CHIEDIAMO E’ urgente unificare quanto più possibile i vari Enti deputati al controllo: è auspicabile un unico organismo che esegua tutti i controlli. Per tutto ciò chiediamo: 1) Abolizione dei registri di cantina: ognuno di noi è obbligato a compilare ogni dicembre la denuncia di produzione delle uve e a fine luglio la dichiarazione di giacenza del vino. Se a questi due documenti affianchiamo le fatture di vendita, abbiamo tutte le informazioni necessarie per effettuareil controllo delle produzioni. Senza considerare che tutte queste informazioni vengono ripetute nei documenti del Sistema di Controllo del Biologico, nei manuali HACCP,Valor Italia, TCA ecc
Per i piccoli produttori (entro i 1000 Hl/anno) che non acquistano vino i registri non servono. In subordine proponiamo di mantenere i registri cartacei ed agevolarne la tenuta al produttore che non acquista vino, posticipando il termine ultimo per la compilazione del registro di vinificazione al momento della dichiarazione di produzione; per imbottigliamento e tagli al momento della denuncia di giacenza. Proponiamo inoltre di eliminare l’obbligo di tenuta del registro di commercializzazione sotto i 1000 hl: è un duplicato del registro di vinificazione/imbottigliamento e dei movimenti già tracciati con altri documenti. 2) Anche per l’olio extra vergine di oliva chiediamo di portare il limite per l’esenzione dalla compilazione dei registri telematici dagli attuali 350 Kg a 3500 Kg/annui di produzione di olio. 3) Chiediamo per chi è Imprenditore Agricolo a titolo Professionale da almeno 5 anni di sostituire con un’autodichiarazione i corsi e i relativi patentini per guida trattori. Se lo scopo dichiarato è aumentare la sicurezza dei lavori in campagna, allora si diano contributi diretti per l’adeguamento delle macchine. 4) Esenzione totale dal patentino fitofarmaci nel caso in cui si utilizzino esclusivamente fitofarmaci a base di sali di rame e/o zolfo. 5) Eliminazione delle prestazioni viniche obbligatorie che sono misure anacronistiche. Inoltre, eliminando la distillazione obbligatoria delle vinacce (cioè regalare le vinacce alle distillerie) si creerebbe un valore di mercato per tutti i prodotti agricoli destinati alla distillazione. Proponiamo di eliminare l’obbligo di dichiarazione preventiva, incentivando il procedimento di smaltimento agronomico delle vinacce. 6) Proponiamo la semplificazione del modello INTRASTAT (basterebbe un elenco delle fatture inviate con PEC) e scadenza annuale per i vignaioli che producono meno di 1000 hl.
7) Chiediamo che in vendemmia e per la raccolta delle olive si possa ricorrere alla manodopera parentale e amicale con assicurazioni agevolate, con un forfettario assicurativo proporzionato alle dimensioni aziendali. 8) Chiediamo che su base volontaria e non obbligatoria sia possibile riportare nelle etichette del vino la lista degli ingredienti. Comunichiamo che se non otterremo quanto richiesto, avvieremo una Campagna di DISOBBEDIENZA CIVILE invitando tutti i vignaioli italiani a non ottemperare alle richieste di adeguamento ai registri telematici. Il cuore della nostra protesta è comunque quello di mettere in evidenza il ruolo centrale che le piccole aziende svolgono nella salvaguardia dell’ambiente e del territorio nel suo complesso. Il soffocamento di queste piccole realtà non potrà che passare la mano ad un tipo di agricoltura che inevitabilmente distruggerà la risorsa primaria. Egregio Ministro, in pochissimi giorni su questa proposta abbiamo raccolto 300 adesioni; con altrettanto poco tempo siamo certi di poter coinvolgere migliaia di agricoltori. VIGNAIOLI UNITI contadinicritici@inventati.org Seguono le adesioni dei titolari 300 aziende agricole ABRUZZO
– Stefano De Fermo – Az. Agr. De Fermo – Mariapaola Di Cato – Az. Agr Di Cato Francesco – Lorenza Ludovico – Az. Agr. Ludovico – Sofia Pepe – Az. Agr. Emidio Pepe – Stefania Pepe – Az. Agr. Stefania Pepe – Enrico Gallinaro – Az. Agricola E. Gallinaro – Massimiliano D’Addario – Az. Agr. Marina Palusci – Guido Strappelli – Az. Agr. Strappelli Guido – Jacopo Fiore – Az. Agr. Fiore Podere San Biagio BASILICATA – Antonio Cascarano – Az. Agr. Camerlengo – Elisabetta – Az. Agr. Musto Carmelitano CALABRIA – Santino Lucà – Az. Agr. Cantine Lucà – Luigi Viola – Az. Agr. Cantine Viola – Assunta Dell’Aquila- Az. Agr. F.lli Dell’Aquila – Francesco De Franco- Vigna De Franco srl – Cataldo Calabretta – Amigdala srl – Sergio Arcuri – Az. Agr. Arcuri -Mariangela Parrilla – Tenuta del Conte – Antonino Altomonte – Az. Agr. Altomonte CAMPANIA – Giovanni Ascione – Az. Agr. Nanni Copè
– Ennio Romano Cecaro – Az. Agr. Canlibero – Elisabetta Iuorio – Az. Agr. Casebianche – Raffaello Annicchiarico – Podere Veneri Vecchio – Fortunato Rodolfo Arpino – Az. Agr. Montedigrazia – Salvatore Magnoni – Az. Agr. Prima La Terra – Diana Iannacone – Az. Agr. I Cacciagalli – Sandro Lonardo – Az. Agr. Contrade di Taurasi – Claudio Guerriero – Az. Agr. Guerriero Wine – Alessandro Meoli – Az. Agr. Meoli – Mario Donnabella – Az. Agr. Silva Plantarium – EMILIA ROMAGNA – Alberto Carretti – Podere Pradarolo – Laura Cardinali – Az. Agr. Cardinali – Vittorio Graziano – Az. Agr. Graziano – Mirco Mariotti – Az. Agr. Mariotti – Elena Pantaleoni – Az. Agr. La Stoppa – Federico Orsi – Vigneto S.Vito – Denny Bini – Az. Agr. Podere Cipolla – Francesco Torre – Az. Agr. Il Maiolo – Marco Cordani – Az. Agr. Cordani – Stefano Malerba – Az. Agr. Gualdora
– Vanni Nizzoli – Az. Agr. Cinque Campi – Katia Babini – Az. Agr. Vigne dei Boschi – Paolo Francesconi – Az. Agr. Francesconi – Roberto Maestri – Az. Agr. Quarticello – Andrea Cervini – Az. Agr. Il Poggio – Massimiliano Croci – Az. Agr. Tenuta Croci – Flavio Cantelli – Az. Agr. Maria Bortolotti – Erica Tagliavini –Soc. Agr. Bedogni Barbaterre – Romano Mattioli – Az. Agr. Terraquilia – Ettore Matarese – Az. Agr. Il Palazzo – Gianni Storchi – Az. Agr. Storchi – Paolo Crotti – Az. Agr. Podere Giardino – Alberto Anguissola – Az. Agr. Casè – Flavio Restani – Az. Agr. Il Farneto – Antonio Ognibene – Az. Agr. Gradizzolo – Manuela Venti – Az. Agr. Villa Venti – Susanna Diamanti – Az. Agr. Oro di Diamanti – Andrea Berti – Soc. Agr. Folesano – Marco Rizzardi – Az. Agr. Crocizia – Antonio Capelli – Corte D’Aibo – Roberto Mascherini – Az. Agr. S.Valentino – Cesare Corazza – Az. Agr. Lodi Corazza
– Alberto Perdisa – Tenuta Palazzona – Fabio Bovina – Az. Agr. Botti – Gianni – Az. Agr. La Colombarola – Francesca Zanetti – Az. Agr. La Mancina – Andrea Iorio – Az. Agr. Bosco dei Caprioli – Gabriele Succi – Az. Agr. Costa Archi FRIULI – Gaspare Buscemi – Az. Agr. Buscemi – Federica Magrini – Az. Agr. Vignai da Duline – Franco Terpin – Az. Agr. Terpin – Silvana Forte – Az. Agr. Le Due Terre – Dario Princic – Az. Agr. Princic – Fausto De Andreis – Az. Agr. Le Rocche del Gatto – Jelena Misina – Az. Agr. Bressan Nereo – Denis Montanar – Az. Agr. Denis Montanar – Andrea Rizzo – Az. Agr. Feudo dei Gelsi – Paolo Bonora – Az. Agr. Do Ville – Giovanni Dri – Az. Agr. Il Roncat LAZIO – Giuliano Salesi – Az. Agr.Podere Orto – Andrea Occhipinti – Az. Agr. Occhipinti – Chiara Bianchi – Az. Agr. Cantina Ribelà
– Daniele Manoni – Az. Agr. Il Vinco – Marco Marrocco – Az. Agr. Palazzo Tronconi – Antonio Cosmi – Az. Agr. Casale Certosa – Maria Teresa Verdacchia – Tenuta La Pazzaglia – Antonella Deledda – Az. Agr. Le Spinose – Mariano Mampieri – Az. Agr. Compagnia di Ermes – Loredana Reale – Soc. Agr. Riccardi Reale LIGURIA – Stefano Legnani – Az Agr. Legnani – Andrea Marcesini – Az. Agr. La Felce – Aris Blancardi – Az. Agr. Selvadolce – Luca Deperi – Az. Agr. Deperi Luca – Gilda Musetti – Az. Agr. Il Torchio – Lino Grecale – Az. Agr. Podere Grecale LOMBARDIA – Emanuele Pelizzati Perego – Ar.Pe.Pe. srl – Antonio Ligabue – Az. Agr. Ligabue – Giacomo Baruffaldi – Az. Agr.Castello di Stefanago – Enrico Togni – Az. Agr. Togni Rebaioli – Matteo Sega – Az. Agr. Barbacan – Diego Tiraboschi – Fattoria Mondo Antico
MARCHE – Alessandro Bonci – Az. Agr. La Marca di S. Michele – Paolo Beretta – Az. Agr. Fiorano – Maria Pia Castelli – Az. Agr. Maria Pia Castelli – Corrado Dottori – Az. Agr. La Distesa – Rocco Vallorani – Az. Agr. Vigneti Vallorani – Igino Brutti – Az. Agr. Fontorfio – Enrico Gabrielli – Az. Agr. Aurora – Natalino Crgnaletti – Az. Agr. Fattoria S. Lorenzo – Lanfranco Quaquarini – Az. Agr. Quaquarini – Mattia Marcantoni – Az. Agr. Conventino Monteciccardo MOLISE – Rodolfo Gianserra – Az. Agr. Vinica PIEMONTE – Guido Zampaglione – Tenuta Grillo – Paolo Laiolo – Az. Ag. Laiolo Reginin – Alessandro Barosi – Az. Agr. Cascina Corte – Nicoletta Bocca – Az. Agr. San Fereolo – Stefano Marelli e Enzo Kizito Volpi -Az. Agr. Corte Solidale – Eleonora Costa – Az. Agr. Crealto – Ezio Trinchero – Az. Agr. Trinchero
– Nadia Verrua – Cascina Tavijn – Lucesio Az. Agr. Rocca Rondinaria – Carlo Daniele Ricci – Az. Agr. Cascina S. Leto – Paola e Elena Conti – Cantine del Castello Conti – Andrea Fontana – Az. Agr. Platinetti Guido – Claudio Rosso – Az. Agr. Cascina Roera – Daniele Oddone – Az. Agr. Cascina Gentile – Paolo Malfatti – Az. Agr. Cascina Zerbetta – Daniele Saccoletto – Az. Agr. Saccoletto – Fabrizio Iuli – Az. Agr. Iuli Fabrizio – Rizzolio Giovanna – Az. Agr. Cascina delle rose – Stefania Carrea – Az. Agr. Terre di Matè – Paolo Veglio – Az. Agr. Cascina Roccalini – Chiara Penati – Az. Agr. Oltretorrente – Marta Rinaldi – Az. Agr. Rinaldi – Guido Corino – Az. Agr. Case Corini – Claudio Cepollina – Az. Agr. Casa Wallace – Alfio Cavallotto – Tenuta Bricco Boschis – Roberto Semino – Az. Agr. La Vecchia Posta – Nadia Curto – Az. Agr. Curto Marco – Daniele Carlo Ricci – Az. Agr. Ricci Cascina San Leto – Jole Dellapiana – Az. Agr. Rizzi
– Andrea Careglio – Az. Agr. Careglio Pierangelo – Monica Tibaldi – Az. Agr. Tibaldi – Michela Adriano – Az. Agr. Adriano Marco e Vittorio – Marco Minnucci – Az. Agr. Cascina S. Michele – Marina Marcarino – Az. Agr. Punset – Ilaria Salvetti – Az. Agr. Ilaria Salvetti – Mauro Drocco – Az. Agr. Camparo PUGLIA – Natalino Del Prete – Az. Agr. Natalino Del Prete – Francesco Marra – Az. Agr. Francesco Marra – Marta Cesi – Az. Agr. Dei Agre – Mimmo – Az. Agr. Pantun SARDEGNA – Alessandro Dettori – Tenute Dettori – G. B. Columbu – Az. Agr. Malvasia Columbu – Giovanni Montisci – Az. Agr. Cantina G. Montisci – Francesco Sedilesu – Az. Agr. Giuseppe Sedilesu – Maurizio Altea – Az. Agr. Altea Illotto – Enrico Esu – Az. Agr. E. Esu – Andrea Taris – Az. Agr. Piccola Cantina – Giuseppe Musina – Az. Agr. La Cantina di Orgosa – Carlo Deperu – Az. Agr. Deperu Holler
– Davide Orro – Az. Agr. Famiglia Orro – Stefano Soi – Az. Agr. Soi SICILIA – Pierpaolo Badalucco – Az. Agr. Dos Tierras – Gianfranco Daino – Az. Agr. Daino – Guglielmo Manenti – Az. Agr. Manenti – Giovanni Gurreri – Cantina Gurrieri Az. Agr. Battaglia Graziella – Marco Sferlazzo – Az.Agr.Porta del Vento – Alice Bonaccorsi – Az. Agr. A. Bonaccorsi – Bruno Ferrara Sardo – Az. Agr. Bruno Ferrara – Davide Bentivegna – Az. Agr. Etnella – Paola Lantieri – Az. Agr. Punta dell’Ufala – Nino Barraco – Az. Agr. Barraco – Giovanni Scarfone – Az. Agr. Bonavita Faro – Francesco Guccione – Az. Agr. Guccione – Francesco Fenech – Az. Agr. F. Fenech – Giovanni Raiti – Az. Agr. Raiti – Vino Quantico – Giuseppe Valeria Scirto – Az. Agr. Faro Giuseppina TOSCANA – Rinaldi Maria Pierina – Az Agr Casale Giglioli
– Giovanni Borella – Az. Agr. Casale – Valentina Baldini Libri – Fattoria Cerreto Libri – Arnaldo Rossi – Taverna Pane e Vino – Stefano Gonnelli – Az. Agr. Borgaruccio – Giovanna Tiezzi – Az. Agr. Pacina – Gabriele Buondonno – Az. Agr. Casavecchia alla Piazza – Gabriele Da Prato- Az. Agr. Podere Concori – Giuseppe Ferrua – Az. Agr. Fabbrica di S. Martino – Francesco Carfagna – Az.Agr. Altura – Stella di Campalto – Az. Agr. Podere S.Giuseppe – Francesca Padovani – Az. Agr.Podere Fonterenza – Marzio Politi – Coop. Agr. Voltumna – Olivier Paul Morandini – Az. Agr. Fuorimondo – Paolo Marchionni – Az. Agr. Vigliano – Alessio Miliotti – Az. Agr. Tenuta di Sticciano – Fabrizio Zanfi – Podere La Mercareccia – Paolo Giuli – Az. Agr. Al Podere di Rosa – Riccardo Papni – Az. Agr. La Pievuccia – Francesco De Filippis – Az. Agr. Cosimo Maria Masini – Sergio Falzari – Az. Agr. Il Giardino – Carlo Parenti – Az. Agr. Macchion de Lupi
– Stefano Amerighi – Az. Agr. Amerighi – Umberto Valle – Az. Agr. Poggio Trevvalle – Francesco Anichini – Az. Agr. Vallone di Cecione – Roberto Bianchi – Az. Agr.Podere Val delle Corti – Luca Orsini – Az. Agr. Le Cinciole – Monica Raspi – Az. Agr. Fattoria Pomona – Patrizia Bruni – Az. Agr. Villa Bruni – Marco Tanganelli – Az. Agr. Tanganelli – Susanna Grassi – Az. Agr. I Fabbri – Nadia Riguccini – Az. Agr. Campinuovi – Maurizio Comitini – Az. Agr. Croce di Febo – Luca Tomassini – Az. Agr. Sangervasio – Paolo Socci – Az. Agr. Fattoria di Lamole – Rossella Bencini – Az. Agr. Terreamano – Massimo Pasquetti – Az. Agr. I Mandorli – Michele Braganti – Az. Agr. Monteraponi – Paolo Cianferoni – Az. Agr. Caparsa – Jacy Farrel – Az. Agr. Monte Bernardi – Moreno Panattoni – Az. Agr. Montechiari – Giorgio Secchi – Az. Agr. Palmo di Terra – Piero Tartagni – Az. Agr. Fattoria Colleverde – Michele Guarino – Az. Agr. Tenuta Lenzini
– Stefano Grandi – Az. Agr. Canneta – Emilio Falcione – Az. Agr. La Busattina – Alessandro Sderci – Az. Agr. Podere il Palazzino – Jan Hendrik Erbach – Az. Agr. Pian dell’Orino – Katia Nussbaum – Az. Agr. San Polino – Davide Borselli – Az. Agr. La Poderina Toscana … MAFIA: COLDIRETTI, 200MILA CONTROLLI DA CAMPI A SCAFFALI, ITALIA LEADER Sono oltre duecentomila i controlli effettuati dalle forze dell’ordine nel 2016 per combattere le agromafie dal campo allo scaffale e garantire all’Italia il primato nella qualità e nella sicurezza alimentare. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione della presentazione del quarto Rapporto #Agromafie2017 sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Una attività di controllo quotidiana e capillare tra il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute (Nas), Nuclei Antifrodi Carabinieri (NAC) del Ministero delle Politiche Agricole e Alimentari, lo SCICO-GDF, il Corpo Forestale ora confluito nel Comando Unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della
repressione frodi dei prodotti agroalimentari e la Guardia costiera. “Si tratta – ha sottolineato il presidente della Coldiretti – di un presidio a difesa non solo del tessuto economico, ma anche della salute dei cittadini, dell’ambiente e dell’intero territorio nazionale. In Italia – ha precisato Moncalvo – le attività criminali nell’agroalimentare si scoprono perché c’è una attività di controllo all’avanguardia a differenza di quanto avviene in altri Paesi dentro e fuori dall’Unione Europea”. ##### Uno studio della Coldiretti sulla base dell’ultima relazione dell’Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) evidenzia che il 6,5% dei campioni provenienti da Paesi extracomunitari, conteneva residui superiori ai limiti di legge, soprattutto per la presenza di tracce di pesticidi non approvati nell’Ue mentre al contrario secondo il “National summary reports on pesticide residue” pubblicato dall’Efsa appena lo 0,3% dei prodotti Made in Italy – sottolinea la Coldiretti – contiene residui chimici oltre il limite con la percentuale che sale all’1,6 per cento per i prodotti di origine comunitaria. In Italia ci sono le regole produttive più rigorose nelle caratteristiche dei prodotti alimentari, dal divieto di produrre pasta con grano tenero a quello di utilizzare la polvere di latte nei formaggi fino al divieto di aggiungere zucchero nel vino che non valgono in altri Paesi dell’Unione Europea, dove si assiste ad un crescendo dell’uso di surrogati, sottoprodotti e aromi vari che snaturano l’identità degli alimenti. Senza dimenticare la decisione nazionale di vietare la coltivazioni di organismi geneticamente modificati (Ogm) fortemente sostenuta dalla Coldiretti e il primato europeo con oltre 50mila imprese agricole biologiche e la leadership nelle produzioni tutelate con 289 specialità a denominazione di origine (Dop/Igp).
CAPORALATO: COLDIRETTI/EURISPES, SPORCA 1 PIATTO STRANIERO SU 5 Dal riso asiatico alle conserve di pomodoro cinesi, dall’ortofrutta sudamericana a quella africana in vendita nei supermercati italiani fino ai fiori del Kenya, quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel nostro Paese. E’ quanto è emerso alla presentazione del quinto Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare con un focus specifico dedicato al “caporalato nel piatto”, con l’esposizione degli alimenti più a rischio presenti sugli scaffali. Si stima che siano coltivati o allevati all’estero oltre il 30% dei prodotti agroalimentari consumati in Italia, con un deciso aumento negli ultimi decenni delle importazioni da paesi extracomunitari dove non valgono gli stessi diritti sociali dell’Unione Europea. Riso, conserve di pomodoro, olio d’oliva, ortofrutta fresca e trasformata, zucchero di canna, rose, olio di palma sono solo alcuni dei prodotti stranieri che arrivano in Italia che sono spesso il frutto di un “caporalato invisibile” che passa inosservato solo perché avviene in Paesi lontani, dove viene sfruttato il lavoro minorile, che riguarda in agricoltura circa 100 milioni di bambini secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), di operai sottopagati e sottoposti a rischi per la salute, di detenuti o addirittura di veri e propri moderni “schiavi”. E tutto questo accade nell’indifferenza delle Istituzioni nazionali ed europee che
anzi spesso alimentano di fatto il commercio dei frutti dello sfruttamento con agevolazioni o accordi privilegiati per gli scambi che avvantaggiano solo le multinazionali. Un esempio è rappresentato dalle importazioni di conserve di pomodoro dalla Cina al centro delle critiche internazionali per il fenomeno dei laogai, i campi agricoli lager che secondo alcuni sarebbero ancora attivi, nonostante l’annuncio della loro chiusura. ##### Nel 2016 sono aumentate del 43% le importazioni di concentrato di pomodoro dal Paese asiatico che hanno raggiunto circa 100 milioni di chili, pari a circa il 10% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente. In questo modo, c’è il rischio concreto che il concentrato di pomodoro cinese, magari coltivato da veri e propri “schiavi moderni”, venga spacciato come Made in Italy sui mercati nazionali ed esteri per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza. Un problema che riguarda anche il riso straniero i cui arrivi in Italia hanno raggiunto il record nel 2016, con una vera invasione da Oriente da cui proviene quasi la metà delle importazioni secondo il Rapporto Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. L’aumento varia dal +489% per gli arrivi dal Vietnam al +46% dalla Thailandia per effetto dell’introduzione da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato per i Paesi che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi) a dazio zero. Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano gli agricoltori locali, i quali subiscono peraltro lo sfruttamento del lavoro anche minorile e danni sulla salute e sull’ambiente provocati dall’impiego intensivo di prodotti chimici vietati in Europa. Rilevanti sono anche le importazioni di nocciole dalla Turchia sulla quale pende l’accusa per lo sfruttamento del lavoro delle minoranze curde, ma il problema dello sfruttamento riguarda anche le rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza diritti, i fiori dalla Colombia dove è
stato denunciato lo sfruttamento del lavoro femminile o la carne dal Brasile dove è stato denunciato il lavoro minorile. ##### Le banane sono il terzo frutto più consumato in Italia, ma su quelle che vengono dall’Ecuador sono stati segnalati trattamenti chimici fuorilegge in Europa, mentre lo zucchero di canna, divenuto di gran moda, viene ottenuto in Bolivia in piantagioni dove si segnala l’abuso di stimolanti per aumentare la resistenza al lavoro. Ma ci sono trattative in corso anche per i prodotti frutticoli con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay) dove non ci sono le stesse norme di tutela di lavoro vigenti in Italia. L’Argentina, che è nella lista nera del dipartimento di Stato americano per lo sfruttamento del lavoro minorile nelle coltivazioni di aglio, uva, olive, fragole, pomodori, ha aumentato le esportazioni di prodotti ortofrutticoli in Italia del 17% nel corso del 2016. O ancora l’Egitto con le importazioni di ortofrutta in Italia che sono aumentate del 20% nel 2016 rispetto all’anno precedente raggiungendo i 100 milioni di euro. Le fragole dell’Egitto sono indicate dal sistema di allarme rapido UE (RASFF) tra i cibi più contaminati per residui chimici, con le melagrane che superano i limiti in un caso su tre (33%). Ma fuori norma dal Paese africano sono anche l’11% delle fragole e il 5% delle arance che arrivano peraltro in Italia grazie alle agevolazioni concesse dall’Unione europea. ##### Un pericolo per la salute dei consumatori, ma anche degli agricoltori locali spesso vittime di sfruttamento. Un caso a parte è quello delle importazioni di olio di palma ad uso alimentare che in Italia sono più che raddoppiate negli ultimi 20 anni raggiungendo nel 2016 circa 500 milioni di chili. Uno sviluppo enorme che sta portando al disboscamento di vaste foreste senza dimenticare l’inquinamento provocato dal
trasporto a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di produzione e naturalmente le condizioni di sfruttamento del lavoro delle popolazioni locali private di qualsiasi diritto. “Non è accettabile che alle importazioni sia consentito di aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul caporalato ed è necessario, invece, che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. ##### IL CAPORALATO NEL PIATTO Il concentrato di pomodoro dalla Cina dove è stato denunciato il lavoro forzato dei detenuti il riso basmati dal Vietnam dove sono stati segnalati lavoro minorile e sfruttamento le nocciole dalla Turchia sotto accusa per lo sfruttamento delle minoranze (Curdi) le rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza diritti le fragole dall’Egitto dove è a rischio la salute sul lavoro per l’uso di prodotti chimici fuorilegge in Europa i fiori dalla Colombia dove è stato denunciato lo sfruttamento del lavoro femminile la canna da zucchero dalla Bolivia dove si segnala l’abuso di stimolanti per aumentare la resistenza al lavoro la carne dal Brasile dove sono stati denunciati lavoro minorile e sfruttamento l’aglio dall’Argentina dove sono stati segnalati lavoro
minorile e sfruttamento le banane dall’Ecuador dove vengono effettuati, con mezzi aerei, trattamenti a base di prodotti chimici fuorilegge in Europa Fonte: Elaborazioni Coldiretti su dati dipartimento di stato Usa sul lavoro, Laogaibook, Unicef, ILO MAFIA: COLDIRETTI/EURISPES, DA RIINA A CASALESI LE COSCHE A TAVOLA Dalle infiltrazioni nel settore ortofrutticolo del clan Piromalli all’olio extra vergine di oliva di Matteo Messina Denaro fino alle imposizioni della vendita di mozzarelle di bufala del figlio di Sandokan del clan dei Casalesi e al controllo del commercio della carne da parte della ‘ndrangheta e di quello ortofrutticolo della famiglia di Totò Riina, i più noti clan della criminalità si dividono il business della tavola mettendo le mani sui prodotti simbolo del Made in Italy. E’ quanto afferma la Coldiretti che, in occasione della presentazione a Roma del quinto rapporto #Agromafie2017 sui crimini agroalimentari in Italia, elaborato assieme ad Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, ha allestito una “tavola delle cosche” con i prodotti frutto dei business specifici dei
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