25 APRILE 2020 - FESTA DELLA LIBERAZIONE

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25 APRILE 2020 - FESTA DELLA LIBERAZIONE
L’Amministrazione comunale di Rivarossa

      25 APRILE 2020 - FESTA DELLA LIBERAZIONE

Cari concittadini Rivarossesi,
Quest’anno non è possibile celebrare come di consueto la
Festa della Liberazione a causa delle restrizioni del Covid
19. Tuttavia per celebrare degnamente questa importante
ricorrenza abbiamo preparato un semplice opuscolo che
racconta alcuni episodi accaduti sul nostro territorio e
riporta le testimonianze delle persone che vissero
direttamente quei fatti.
Vengono ricordati coloro i quali, in questa parte del
Canavese, svolsero un ruolo attivo contro l’oppressione
nazi-fascista, animati da un ardente spirito patriottico e da
una incondizionata fede nella libertà e in una società più
giusta.
Ci auguriamo che la lettura di questo documento possa suscitare in Voi un sentimento
di riconoscenza verso i partigiani caduti nella lotta di liberazione e di fierezza per
questo luogo.
È la Storia ad insegnarci quello che siamo oggi e con la memoria possiamo onorarla e
con essa i suoi attori e protagonisti.

VIVA L’ITALIA!
VIVA LA LIBERTA’, LA PACE E LA GIUSTIZIA!
Introduzione

Di seguito, le storie, le testimonianze della lotta partigiana in Rivarossa e di alcuni dei
suoi protagonisti raccolte a partire da varie fonti, tra le quali il Museo della Resistenza
di Torino, il sito internet ANPI Canavese, il libro “Una Storia Minima” di Aleardo
Fioccone (cittadino di Lombardore), il libro “Resistenza e Liberazione nella Provincia
di Torino (1943-’45)” di M.Florio.
In fondo al presente documento si ricordano anche i nomi presenti sulle lapidi poste in
alcuni luoghi significativi del territorio comunale con le relative epigrafi.
BREVE PROFILO DI ALCUNI PARTIGIANI CADUTI

• ARDUINO Giovanni Battista
Nato a Rivarossa – classe 1924
Professione: Panettiere a Rivarossa
Formazione Partigiana: 4^ Div. Garibaldi -18^ Bgt. “Papandrea”(c.te Sasso Pierino
detto Pierin d’la Fisa)
Luogo morte: La rampa di Lombardore 20 aprile 1945.

Testimonianza resa dal figlio Arduino Ernesto residente a Rivara
“ …a quell’epoca mio padre gestiva una panetteria a Rivarossa vicino al vicolo Merli
insieme ad un certo “Cichinetu”. La mamma faceva la sarta.
La scarsità di farina e lievito costringeva mio padre a fare la spola tra Rivarossa e
Torino, di notte, con la bicicletta autarchica (ruote in gomma piena e due portapacchi,
uno davanti e uno dietro). Egli possedeva un lasciapassare “bilingue” in quanto
prestava servizio presso il gallettificio militare di Torino in V.Modena ang. V.Parma
con il grado di sergente maggiore. Al tempo stesso collaborava con i partigiani nel
limite delle sue possibilità.”

Dal libro “Una Storia Minima” di Aleardo Fioccone
“ …. Un venerdì, è sera. Un reparto tedesco-ucraino ben equipaggiato proveniente
dall’alto Canavese è diretto a Torino per ricongiungersi con il grosso delle forze
tedesche a difesa della città ormai circondata dalla tenaglia delle formazioni
partigiane che convergono. Passato il Malone affrontano la salita; oltrepassano la
cappella dell’Addolorata, svoltano la curva. Dall’altura sovrastante partono le
raffiche partigiane; i tedeschi rispondono; per oltre un’ora è un fitto scambio di colpi.
Perché in quei frangenti, un uomo in bicicletta si intestardisce a voler comunque
passare? Affronta la discesa e cade colpito a morte da una raffica.
Sono le 22,30 i tedeschi arretrano. Occupano la Bottina, Lombardore, la casa
parrocchiale che è un ottimo punto strategico, nel frutteto piazzano le mitragliatrici
che spazzano lo stradone sottostante. Ci rimarranno per 10 giorni, giorni angosciosi
per gli abitanti con la paura che i partigiani ingaggino un conflitto. Ci saranno
pourparlers fra parroco e garibaldini: i partigiani non attaccheranno e i tedeschi se
ne andranno il giorno 30 alle due di notte.
Per anni una semplice croce di legno resterà infissa sulla rampa a ricordo di
quell’uomo. “

• BORLO Giacomo
Nato a Rivarossa – classe 1915
Professione: Operaio a Torino
Dimora: Torino - Via Farina,4
Formazione Partigiana: 4^ Div. Garibaldi - Nome battaglia: Pianella
Luogo morte: Fucilato a Torino il 15 aprile 1945
“ catturato in circostanze non documentate, venne tradotto nella caserma di Via Asti,
tristemente nota per le indicibili torture e sevizie praticate sui prigionieri tanto da
guadagnarsi l’ appellativo di “macelleria fascista” (sotto la responsabilità del
colonnello Saporito, siciliano, affiancato, nel suo miserabile compito, dal suo degno
figlio, entrambi appartenenti ai reparti delle brigate nere; verranno impiccati in piazza
Crispi nei giorni della liberazione), ubicata dietro la chiesa della Gran Madre di Dio
a Torino, dove venne torturato e successivamente fucilato o, stando a talune
testimonianze, murato vivo nelle intercapedini della caserma stessa.”

• BRUATTO Bartolomeo
Nato a Rivarossa – classe 1925
Professione: Agricoltore
Dimora: Rivarossa
Formazione Partigiana: 6^ Div. Alpina Canavesana G.L. - Nome battaglia: Nini
Luogo morte: Fucilato a Mastri (Bosconero) il 9 ottobre 1944

Testimonianza resa da Borlo Ettore (cugino):
“Catturato nella frazione di San Francesco Benne di Oglianico sulla strada tra
Argentera e Front , insieme ad altri partigiani (tra questi c’era anche Cat Berro
Giacomo di Favria - civile) nel corso di un rastrellamento tedesco. Vennero fucilati in
località Mastri lungo la strada SP 460 dopo averli legati insieme con la corda del
campanile della frazione.”
Nella notte tra l'8 e il 9 la brigata "Mario Costa" della VI° GL si trasferisce in
Valchiusella a Rueglio. Cinque partigiani, che hanno dovuto ritardare la partenza per
un guasto ad un automezzo, vengono sorpresi da un rastrellamento tedesco e catturati
alle Benne di Oglianico. Legati ai polsi, le braccia dietro la schiena, vengono quindi
condotti ai Mastri a piedi, e lì fucilati alla schiena con raffiche di fucile mitragliatore.
Tra di loro vi è Franco Dusi , di anni 18, di Torino. Gli altri caduti sono: Dazzo Mario,
Elio Mattioda, di 20 anni, da S.Anna di Castellamonte, Bruatto Bartolomeo e Ugo
Marcone.

• FRISATTO Matteo
Nato a Rivarossa V. Neuscheller,40 – classe 1923
Professione: Agricoltore
Dimora: Bosconero
Formazione Partigiana: 4^ Div. Garibaldi - Bgt. Spartaco II - Nome battaglia:
Pedro
Luogo morte: nella propria dimora il 15 settembre 1945 per le precarie condizioni
di salute e malattie causate dalla scarsa ed inadeguata alimentazione e dalle
proibitive condizioni ambientali in cui operavano i partigiani.

• FRISATTO Michele
Nato a Rivarossa – classe 1895
Professione: Agricoltore
Dimora: Cascina Bandonio – Rivararossa
Formazione Partigiana: 4^ Div. Garibaldi - Bgt. Spartaco II - Nome battaglia:
Pedro II°
Luogo morte: caduto in combattimento nel comune di S.Gillio in circostanze non
documentate.
• SALVEMINI Ignazio
Nato a Torino - V. Monterosa classe 1923
Professione: Operaio (c/o Stabilimento Aeronautica c.so Francia - Torino)
Dimora: Torino - V. Monterosa
Formazione Partigiana: 1^ Div. Garibaldi (c.te Barbato) – Nome di battaglia: Pisolo
Luogo morte: Fucilato dai tedeschi a Bagnolo Piemonte il 12 dicembre 1944

Testimonianza resa dalla sorella Salvemini Maria Nicoletta residente a Leinì:

“ Mio fratello prestava servizio in aviazione presso l’aeroporto di Verona con il ruolo
di telegrafista. Dopo 8 settembre 1943, fugge, raggiunge Torino a piedi e con mezzi di
fortuna, quindi aderisce alla 1^ Divisione Garibaldi, comandata dal leggendario
comandante Barbato (Pompeo Colajanni), che opera nel Pinerolese. Catturato da
reparti tedeschi, mentre riposava in una baita con altri compagni nel corso di un
rastrellamento; un certo Novena, partigiano loro commilitone, li aveva traditi. Alcuni
di loro riuscirono a fuggire. Lui non ce la fece perché era stato chiuso a chiave nella
stalla dal proprietario per rendere più sicuro il rifugio; gli vennero rotte le gambe per
impedirgli di fuggire e successivamente fu passato per le armi sul posto. Anche il
proprietario della subì la stessa sorte nonostante i suoi 91 anni di età.
Appena mi fù possibile feci recuperare il corpo di Ignazio affinché venisse tumulato
nel cimitero di Rivarossa.”

Testimonianze raccolte da Enrico Vallino presso parenti e conoscenti dei caduti.
Rivarossa, aprile 2005

                AGGUATO FASCISTA AL MULINO DI RIVAROSSA
(03 novembre 1944)

La notte del 3 novembre 1944 presso il mulino di Rivarossa, a quell’epoca gestito dalla
famiglia Corgiat (oggi sorge un condominio con annessa la banca S. Paolo), vennero
catturati e fucilati tre giovani partigiani del luogo - Biava Ernesto, Borlo Pietro e
Lurgo Silvio – ad opera di un reparto nazi-fascista proveniente da Lombardore, attirato
sul posto da una vile e infame delazione. I tre partigiani stavano contrattando l’acquisto
ed il trasporto di un quantitativo di farina destinato ai reparti partigiani della 4^ Div.
Garibaldi (c.te Picat Re) -18^ brigata “Papandrea” al comando di Sasso Pierino, detto
“Pierin d’la Fisa”, operanti nelle valli di Lanzo – Monte Soglio.
I primi due, originari di Rivarossa, avevano incontrato il loro amico Lurgo Silvio,
originario di Lombardore, appartenente ai reparti della 6^ Div. Alpina Canavesana G.L.
(c.te Bellandi) operanti nella zona di Cuorgnè/Castellamonte, nel pomeriggio di quel
giorno; si trattennero a lungo a parlare con uno dei figli di Benedetto Pastore (noto
industriale) in V. Neuscheller ang. V. San Francesco al C. (probabili trattative per la
riparazione di mezzi di trasporto e armi). Successivamente si recarono alla trattoria
“Giuanun” per bere un bicchiere di vino e riscaldarsi (non erano presenti altri avventori
nel locale). Lì restarono per qualche tempo, forse troppo a lungo, malgrado le insistenze
del gestore affinché si allontanassero evitando inutili rischi per loro stessi e per la
trattoria (un ragazzo del luogo aveva appena portato la notizia che c’era la “repubblica”
in piazza). Stava per iniziare il coprifuoco delle ore 20.00. Uscirono con cautela dal
locale.
Più tardi, ancora insieme, entrarono nel mulino dove li attendeva uno dei fratelli
Corgiat, mangiarono un boccone delle povere cose disponibili ed avviarono la trattativa
per l’acquisto della farina (probabilmente il trasporto doveva essere effettuato con il
camion del mulino).
Improvvisamente irruppero gli uomini del reparto nazi-fascista provenienti dalla
guarnigione di Lombardore cogliendo di sorpresa i partigiani; il Biava tentò di reagire
ma la sua pistola si inceppò; venne colpito violentemente al capo con il calcio del fucile
che gli devastò orribilmente la scatola cranica. Poco dopo furono trascinati all’esterno
nell’area antistante il mulino, dove c’era il peso pubblico, e vennero fucilati. I corpi
straziati dei giovani partigiani rimasero sul selciato tutta la notte.
Alla sorella di Borlo Pietro che abitava nelle immediate vicinanze in Vicolo Batandero
e a nessun altro venne permesso di avvicinarsi ai corpi dei partigiani trucidati; testimoni
oculari del mattino seguente, tra questi anche gli scolari della scuola elementare
accompagnati dalla maestra su ordine delle autorità fasciste,
riferirono che la posizione del corpo di Borlo Pietro lasciava dedurre che egli non morì
sul colpo e tentò di trascinarsi sul selciato verso casa, che distava poche decine di metri,
prima di morire dissanguato dopo lenta agonia.
Il mulino che avrebbe dovuto essere bruciato per rappresaglia il giorno seguente venne
risparmiato per l’intervento del Podestà, certo Durazzi Bruno, di professione
veterinario, che abitava a Leinì. E’ probabile che su tale decisione abbia prevalso
l’interesse dei fascisti per i sacchi di farina piuttosto che l’esigenza di dare una lezione
esemplare al paese!
Viene riferito che nel periodo precedente l’agguato si verificò la cattura di tre “camicie
nere”, in Lombardore, ad opera dei partigiani che operavano in zona e tra questi il
Biava Ernesto; i tre prigionieri vennero dileggiati in Rivarossa; nel tragitto di
trasferimento verso le montagne di Corio, dove i prigionieri sarebbero stati custoditi in
attesa di eventuali scambi, l’unità partigiana incappò in un posto di blocco nazista
(presso la località Ca’ Brusà – S.Carlo), ci fù uno scontro a fuoco nel quale morì
l’autista della camionetta, Biava Ernesto riportò una ferita alla gamba che non gli
impedì di sottrarsi alla cattura e raggiungere fortunosamente la clinica Villa Turina a
San Maurizio, diretta allora dal benemerito prof. Carlo Angela, dove venne soccorso e
curato, potendo così ricongiungersi alla sua brigata in montagna. I tre prigionieri
tornarono liberi ai loro reparti di Lombardore decisi più che mai ad azioni di vendetta.

Testimonianze raccolte da Enrico Vallino presso parenti e conoscenti dei caduti.
Rivarossa, aprile 2005
LE LAPIDI DEI PARTIGIANI DI RIVAROSSA CADUTI 1943 – ‘45
Lapide nel Cimitero
• AMATEIS Guglielmo (soldato)
• ARDUINO Giovanni (*)
• BIAVA Ernesto
• BORLO Giacomo
• BORLO Pietro
• BRUATTO Bartolomeo
• GINDRO Domenico (soldato)
• REMOGNA Leo
• SALVEMINI Ignazio
• MATTIOLA Giuseppe
• ARDUINO Battista (*)
                                              (*)   Stessa persona – Nome di battesimo
                                                                     Giovanni Battista

Lapide facciata del Municipio
Epigrafe: “ 1940-45 Ai valorosi caduti per la Patria, il Comune riconoscente”
• AMATEIS Guglielmo (soldato)
• ARDUINO Giovanni
• BIAVA Ernesto
• BORLO Giacomo
• BORLO Pietro
• BRUATTO Bartolomeo
• GINDRO Domenico (soldato)
• REMUGNA Leo
• MATTIOLA Giuseppe
Lapide piazzetta ex Mulino
Epigrafe: “Piombo fascista ne stroncava l’eroica esistenza”
•     BIAVA Ernesto
•     BORLO Pietro
•     LURGO Silvio
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