10 OTTOBRE 2020: MARCIA PER - LA LIBERAZIONE di Liberiamo l'Italia

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10 OTTOBRE 2020: MARCIA PER - LA LIBERAZIONE di Liberiamo l'Italia
10 OTTOBRE 2020: MARCIA PER
LA LIBERAZIONE di Liberiamo
l’Italia

                                               MARCIA PER LA
LIBERAZIONE – I° INCONTRO ORGANIZZATIVO

DIRETTA STREAMING HOOMO SAPIENS venerdì 12 giugno 2020 ore
17:00

La consapevolezza diffusa della necessità di percorrere, in
questo momento così complesso, strade che portino ad unire le
intelligenze, le esperienze, le diverse competenze e
sensibilità ha fatto nascere l’idea di una grande MARCIA PER
LA LIBERAZIONE per il prossimo 10 ottobre. Mauro Scardovelli,
Paolo Maddalena, Gianluigi Paragone, Moreno Pasquinelli con
LIT, Tiziana Alterio, Diego Fusaro, Glauco Benigni sono tra i
primi sostenitori di questa grande MARCIA PER LA LIBERAZIONE.

Tutti insieme, ti chiediamo di unirti a noi!

Per assitere alla diretta streaming dell’incontro collegati
10 OTTOBRE 2020: MARCIA PER - LA LIBERAZIONE di Liberiamo l'Italia
alla pagina facebook di Homo Sapiens.

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10 OTTOBRE 2020: LA MARCIA PER LA LIBERAZIONE
Lavoro, reddito, sovranità, democrazia

Per decenni il popolo lavoratore ha subito duri sacrifici.
Governi e classi dirigenti ci avevano assicurato che lasciando
fare i mercati avremmo avuto un Paese più giusto e democratico
in un’Europa unita e solidale. Il risultato è sotto gli occhi
di tutti: l’Unione europea sta andando in pezzi e l’Italia è
sull’orlo del baratro.

E’ colpa delle classi dirigenti se siamo giunti a questo
punto. Esse provano ad autoassolversi con l’alibi della
pandemia. E’ vero, il virus maledetto, aiutato da una sanità
ridotta allo sbando dai tagli imposti dall’Unione Europea con
la complicità dei governi italiani, ha falcidiato migliaia di
cittadini, anzitutto delle fasce sociali più deboli.

Ma non è il virus che sta spazzando via interi comparti
economici, che sta mandando in fallimento le aziende, che sta
togliendo il lavoro e gettando nella miseria milioni di
italiani. Il disastro è il risultato delle deficienze croniche
dell’economia neoliberista e delle misure sproporzionate e
sbagliate, messe in atto dal   governo per contrastare il Covid,
 che oltre a sospendere la     democrazia hanno paralizzato il
Paese lasciandolo allo         sbaraglio e senza risorse,
condannandolo alla deriva       economica.

C’è bisogno, per evitare il baratro, di una netta inversione
di rotta. Vanno cacciate dal governo le classi dirigenti,
l’Italia deve uscire    dalla gabbia dell’Unione europea,
abbandonando una volta per tutte la strada del neoliberismo
per imboccare quella della democrazia sociale e della
sovranità popolare.

Non si procederà al buio, la nostra stella polare è la
Costituzione del 1948.

Il nemico appare forte solo perché il popolo è in ginocchio.
Se solo si alzasse in piedi sarebbe un gigante imbattibile.
Dobbiamo aiutarlo a prendere coscienza della sua forza, a
liberarlo dalla paura. Chi sta più avanti deve trascinare chi
è rimasto indietro, chi ha cognizione di causa deve
conquistare la fiducia del popolo, deve spiegare che solo con
la lotta potremo evitare il peggio e che l’Italia può farcela.
Coloro che in questi anni hanno tenuto accesi i focolai della
resistenza devono unirsi e prepararsi alla grande sfida alle
porte. Devono dare l’esempio costituendo l’embrione di un
potente fronte popolare.

E’ in questa direzione che facciamo loro una proposta:
promuovere per il prossimo 10 ottobre una grande MARCIA PER LA
LIBERAZIONE che converga da diversi punti del Paese sulla
capitale.

Una marcia per il lavoro, il reddito, la sovranità e la
democrazia.

Mettiamoci    attorno    ad   un   tavolo,   promuoviamola   e
organizziamola tutti assieme.
Ognuno prenda le proprie responsabilità.

Fonte: Liberiamo l’Italia

BENVENUTO “SPIRITO DEL TEMPO”
di Carlo Formenti
“In   nulla
vogliamo somigliare alla Cina”: questa secondo Panebianco la
lezione che andrebbe tratta dalla tragedia della pandemia.
Nemmeno sul piano dell’efficienza che lo Stato cinese ha
dimostrato nel limitare il numero delle vittime? Assolutamente
no, perché quell’efficienza è frutto dell’autoritarismo e
dello statalismo che soffocano il mercato assieme alle libertà
politiche e civili (che secondo i liberali alla von Hayek come
Panebianco sono un tutt’uno).

Poco importa – il nostro non lo dice ma lo pensa – che la
libertà in salsa lombarda (che ha voluto dire, fra le altre
cose, privatizzazione della sanità e sistematica distruzione
della capacità di assistenza pubblica) sia costata 15.000
morti (senza contare quelli stroncati da altre malattie,
perché gli ospedali potevano occuparsi solo dei contagiati dal
virus) e che in altre grandi culle della libertà, dagli Stati
Uniti all’Inghilterra, senza dimenticare il Brasile di
Bolsonaro, il bilancio sia stato dieci volte più pesante. La
guerra allo “statalismo” varrà pure qualche sacrificio
(soprattutto se a morire sono i vecchi, che con le loro
pensioni appesantiscono quella spesa pubblica che resta in
cima alla lista degli anatemi).
Preoccupato perché “stando ai sondaggi, ci sono ormai in
questo Paese estese simpatie per le potenze autoritarie,
Russia e Cina”, il nostro stila l’elenco dei nemici che,
attenzione, non sono solo quelli “lucidi”, quelli cioè che
come il sottoscritto (Panebianco si rassicuri: siamo ancora
troppo pochi) pensano che, dagli anni 80 del 900, democrazia e
libertà abbiano divorziato mentre il “libero mercato” – nella
forma estrema del capitalismo finanziarizzato e globalizzato –
ha distrutto tutti i diritti sociali acquisiti in decenni di
lotte delle classi subalterne; sono anche quei nemici
“inconsapevoli” che accarezzano l’idea di un ritorno
dell’economia mista del trentennio postbellico.

Fra questi “utili idioti” – che si pongono inconsapevolmente
al servizio del complotto autoritario filo cinese perché non
capiscono che una volta che si sia permesso allo Stato di
riallungare le mani sulle imprese, poi diverrebbe difficile,
se non impossibile, sottrarle al suo mortale abbraccio – il
nostro mette perfino Cottarelli (che abbiamo visto
imperversare in tutti i talk difendendo a spada tratta la
necessità di restare fedeli al verbo ordoliberale che viene da
Bruxelles e Berlino) e Prodi. Prodi! L’uomo che ha contribuito
a realizzare i sogni di Carli e successori, svendendo la
nostra sovranità monetaria e dando via libera allo
smantellamento della nostra industria di Stato che era l’unica
in grado di reggere il confronto con i colossi mitteleuropei e
angloamericani (per cui oggi le nostre ”libere” imprese
possono al massimo aspirare al ruolo di terzisti per conto
delle aziende straniere).

Purtroppo, lamenta Panebianco, questo è lo “spirito del tempo”
per cui sarà difficile contrastare la sbornia neostatalista.
Qui si coglie bene quello che Polanyi spiegava nel suo
attualissimo capolavoro, “La grande trasformazione”: il
liberal-liberismo nelle sue forme più radicali – di cui
Panebianco è un esempio paradigmatico – non è affatto una
visione realista del mondo, è una perniciosa utopia che, se
perseguita senza se e senza ma, può portare solo a catastrofi
come quelle della grande crisi del 29 e delle due guerre
mondiali, se non addirittura al suicidio della stessa civiltà
capitalista occidentale. Le élite capitaliste mondiali ne sono
ben consapevoli, al punto che il Financial Times – che ne è il
più autorevole organo mondiale – nelle ultime settimane ha
pubblicato diversi articoli in cui si sostiene che è arrivato
il momento di rivalutare il ruolo dello Stato in economia.
 Quanto ai discorsi secondo cui esisterebbe una relazione di
inscindibile identità fra libertà, democrazia e mercato, sono
ignobili falsificazioni che trovano sempre meno estimatori.
Eppure a Panebianco noi nemici consapevoli dobbiamo
riconoscere un merito: ove messe integralmente in atto, le sue
idee svolgerebbero un formidabile ruolo di acceleratore dei
conflitti sociali.

* Fonte: Micromega
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