UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA - a.a. 2010-2011
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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA a.a. 2010-2011 TESI DI LAUREA SPECIALISTICA INGEGNERIA ENERGETICA Utilizzi e sostenibilità delle biomasse per scopi energetici Relatore: Laureanda: Prof. Antonino Sorrenti Livia Carratù Mat. 682884 In collaborazione con la Federazione Italiana sull'Uso Razionale dell'Energia 1
Ai miei figli Elisa, Emanuele ed Enrico perché questo lavoro sia la prova che l'impegno, la tenacia e la costanza permettono di raggiungere mete a prima vista irraggiungibili. Con l'augurio che possano un giorno sperimentarlo!!! Passando ai ringraziamenti..... ringrazio i miei genitori, che mi hanno trasmesso l’ amore per lo studio e la costanza nell’impegno; mio fratello Claudio, che ha sempre creduto in me e nelle mie capacità, gioendo di ogni mio successo; e tutti coloro che mi hanno sostenuto in questa sfida. Un ringraziamento particolare: al mio collega universitario e amico Valerio, che mi ha aiutato concretamente e spronato nei momenti di difficoltà; all’ingegner Tomassetti, che mi ha insegnato a ragionare sui problemi in un modo che non si apprende su nessun testo universitario Più di tutti ringrazio mio marito Andrea, con cui ho condiviso questa scelta e tutte le conseguenze, in termini di sacrifici e successi. 2
Indice generale INTRODUZIONE ................................................................................................................................ 4 CAPITOLO 1 ....................................................................................................................................... 5 Panorama normativo ............................................................................................................................................. CAPITOLO 2 ....................................................................................................................................... 9 Stato dell'arte nazionale ......................................................................................................................................... CAPITOLO 3 ..................................................................................................................................... 26 Tecnologie ed utilizzi ............................................................................................................................................ CAPITOLO 4 ..................................................................................................................................... 43 La sostenibilità delle biomasse .............................................................................................................................. CONCLUSIONI................................................................................................................................. 76 ALLEGATO I .................................................................................................................................... 79 Assunzioni/metodologie alla base del potenziale energetico delle biomasse ....................................................... ALLEGATO II ................................................................................................................................... 83 Tecniche di combustione ....................................................................................................................................... ALLEGATO III ................................................................................................................................. 85 Apparecchiature per il riscaldamento .................................................................................................................... ALLEGATO IV ................................................................................................................................. 87 Confronto tra usi energetici alternativi di alcune colture ...................................................................................... BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................... 88 SITOGRAFIA .................................................................................................................................... 90 3
INTRODUZIONE Questa tesi vuole effettuare un’analisi critica dei possibili utilizzi della biomassa per usi energetici. E’ ormai universalmente riconosciuta la necessità di dover ricorrere, per motivi di varia natura, a fonti energetiche alternative che possano accompagnare quelle tradizionali per coprire il fabbisogno crescente di energia. A tale scopo si vuole promuovere soprattutto l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili. Tra tutte le fonti rinnovabili merita alta considerazione la biomassa, definita secondo direttiva 2009/28/CE, come « la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani” [1]. Per quanto riguarda gli aspetti di rinnovabilità, ossia della capacità di riprodurre la stessa materia nelle stesse condizioni, si entra in argomenti complessi quali i successivi stadi di degradazione biologica di una sostanza e di una scala dei tempi sui quali si confronta una vita umana, non esistono definizioni univoche ed esaustive in merito. La biomassa presenta la peculiarità di avere una natura molto varia, in termini sia di origine che di forma fisica e di utilizzi. Le origini possono essere di tipo agro-forestale diretto o da prodotti a fine vita di medesima origine, le forme fisiche possono essere solide (legno), liquide (oli) e gassose (biogas), mentre le applicazioni possono essere finalizzate alla produzione di elettricità, di calore o al trasporto. Tuttavia occorre distinguere tra la biomassa naturalmente disponibile sul territorio e quella “rinnovabile”; questa è un’altra caratteristica che la distingue dalle altre fonti, dove la risorsa utilizzata è già disponibile e non deve essere coltivata appositamente, aspetto che comporta una valutazione sia sulla convenienza degli utilizzi energetici delle biomasse rispetto ad utilizzi alternativi, quali quello alimentare o quello come materia prima per la chimica sia sulla possibilità di disporre di territori per colture dedicate. Ad un’analisi sintetica la combustione di biomassa ha bilancio neutro della CO2 poiché i vegetali, durante la loro crescita, la sottraggono dall’atmosfera attraverso la fotosintesi, soprattutto in fase di accrescimento, trasformandola in carboidrati. Per tali ragioni essa presenta delle ottime potenzialità in termini di uso energetico, ma, per valutarne le potenzialità, occorre riuscire ad individuare quali siano le filiere/utilizzi più promettenti. In generale, l’effettiva riuscita delle potenzialità di una risorsa è condizionata da: - un’ alta attenzione a livello politico e quindi l’introduzione di normative ad hoc; - la reale disponibilità sul territorio italiano e la presenza di politiche di incentivazione; - l’esistenza di tecnologie, per la coltura, la raccolta e la trasformazione, già mature e la consapevolezza delle potenzialità di quelle emergenti; - la sostenibilità della risorsa, intesa nei suoi pilastri fondamentali, quali quello ambientale, economico e sociale. I capitoli seguenti saranno dedicati all’analisi di queste quattro condizioni. 4
CAPITOLO 1 Panorama normativo Panorama internazionale Le emissioni prodotte dai combustibili fossili utilizzati per soddisfare la crescente domanda mondiale di energia stanno provocando un pericoloso mutamento climatico del pianeta. Il mondo scientifico sta mandando messaggi chiari su questo punto già da anni. La temperatura media globale è già aumentata di 0,8°C rispetto all'era preindustriale; il surriscaldamento del pianeta non deve superare i 2°C se si vogliono evitare conseguenze catastrofiche. Affinché ciò avvenga, le emissioni globali devono stabilizzarsi prima del 2020, per poi essere almeno dimezzate rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050, continuando a diminuire anche in seguito [1']. Per attuare questo piano ambizioso occorre realizzare una nuova rivoluzione energetica, che ponga come priorità la diffusione e l'utilizzo delle fonti rinnovabili insieme alla promozione dell’efficienza energetica. Questo permetterebbe inoltre di risolvere contemporaneamente altre problematiche, prime tra tutte la sicurezza degli approvvigionamenti vista la dipendenza dai paesi-extracomunitari, alcuni fortemente instabili, per il fabbisogno di combustibili fossili. Inoltre comporterebbe una riduzione dei costi dell’energia per le imprese e per i cittadini nonché avrebbe anche un impatto positivo a livello occupazionale. È un obiettivo che potrà essere realizzato solo dando un forte impulso della ricerca, effettuando grossi investimenti nel settori e intraprendendo scelte coerenti di politica energetica a livello nazionale e internazionale. A tale proposito vengono di seguito illustrate brevemente le principali azioni politiche intraprese sia livello internazionale che comunitario. 1992: viene firmata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici , un trattato ambientale internazionale che puntava alla riduzione delle emissioni dei gas serra, sulla base dell'ipotesi di riscaldamento globale. Il trattato non introduceva limiti vincolanti per le emissioni di gas serra per i singoli paesi, ma rimandava a successivi protocolli che, invece, avrebbero posto i limiti obbligatori di emissioni [2]. 1997: viene firmato il protocollo di Kyoto nell'ambito della stessa Convenzione. Esso rappresenta il primo strumento vincolante, in base al quale 39 paesi si sono impegnati a limitare e/o ridurre le proprie emissioni di gas serra. nel periodo dal 2008 al 2012, anno in cui devono essere raggiunti gli obiettivi [3]. 2003: poiché il protocollo di Kyoto è entrato in vigore solo nel 2005, nel 2003 la comunità europea ha adottato la direttiva 2003/87/CE che ha istituito il sistema comunitario per lo scambio delle quote di gas serra all’interno della Comunità (ETS) [4]. Il funzionamento del sistema ETS è di seguito sintetizzato: La direttiva regolamenta le emissioni di CO2 provenienti dalla maggior parte delle attività industriali e prevede l’obbligo per i gestori degli impianti di restituire annualmente un numero di “quote” d’emissione pari alle emissioni di CO2 prodotte durante l’anno precedente La restituzione 5
delle quote avviene per via informatica attraverso il registro nazionale. Lo Stato Membro rilascia, prevalentemente a titolo gratuito, annualmente al gestore di ciascun impianto regolato dalla direttiva “quote di emissione” sulla base di una Decisione di Assegnazione soggetta alla valutazione della Commissione Europea. Una quota rappresenta il diritto per l’operatore di rilasciare “gratuitamente” in atmosfera una tonnellata di CO2. Se l’operatore nel corso dell’anno emette in atmosfera emissioni in quantità maggiore delle quote ad esso rilasciate deve acquistare sul mercato quote per “coprire” le emissioni in eccesso . Al contrario se nel corso dell’anno l’operatore emette in atmosfera emissioni in quantità minore rispetto alle quote ad esso rilasciate può vendere sul mercato le quote non utilizzate ai fini della restituzione. Al fine di adempiere all’obbligo di restituzione delle quote, la direttiva permette l’utilizzo dei crediti derivanti dai progetti di Joint Implementation (JI) e Clean Development Mechanism (CDM)1. Tale possibilità permette di ridurre i costi di attuazione poiché le previsioni indicano che il prezzo dei crediti dovrebbe essere inferiore al prezzo delle quote 2003: viene adottata la direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'utilizzo delle fonti rinnovabili. Essa introduce un obiettivo nazionale indicativo al 2010 pari a 5,75% [5]. 2006: viene adottata la direttiva 2006/32/CE concernente l'efficienza degli usi finali di energia. Essa, tra l'altro, prevede che gli Stati Membri redigano un piano nazionale d'azione per l'efficienza energetica [6]. 2008: viene presentato un “pacchetto” di proposte legislative a livello comunitario, denominato “pacchetto clima energia”, adottato dall’Unione Europea nel dicembre del 2008, che fissa obiettivi ambiziosi per il 2020, quali: § ridurre i gas ad effetto serra del 20% (o del 30%, a condizione che si raggiunga un accordo internazionale soddisfacente); § ridurre i consumi energetici del 20% attraverso un aumento dell'efficienza energetica; § soddisfare il 20% del nostro fabbisogno energetico mediante l'utilizzo delle energie rinnovabili. Per raggiungere questi obiettivi sono state adottate quattro azioni legislative: a)revisione del sistema ETS [7]; La revisione dell’ETS , che dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2013, definisce in maniera più puntuale il campo di applicazione per quanto riguarda gli impianti di combustione ed estende il sistema ad altri gas diversi dalla CO22. E' prevista inoltre la possibilità di escludere i piccoli impianti (impianti con potenza termica nominale inferiore ai 25 MW ed emissioni annue inferiori a 10.000 t CO2), purché gli stessi siano soggetti a misure equivalenti. Per quanto concerne il raggiungimento degli obiettivi al 2020, è previsto che i settori regolati dalla direttiva “Emissions Trading” ,di seguito “ETS”, riducano le emissioni di gas ad effetto serra del 21% rispetto ai livelli del 2005 (contro il -10% richiesto ai settori non regolati dall’ETS, vedi proposta legislativa b)). La scelta di assumere quale anno di riferimento il 2005 (anziché il 1990), è 1 Un progetto CDM o JI è un progetto realizzato o in un Paese in via di sviluppo o in un Paese con economia in transizione che riduce le emissioni del Paese rispetto alle emissioni che si avrebbero avute se invece di quel progetto ne fosse stato realizzato uno in linea con la tecnologia mediamente usata nel Paese. Le emissioni “evitate” con la realizzazione del progetto comportano la generazione di crediti che possono essere utilizzati dai Paesi industrializzati per adempiere ai propri obblighi di riduzione. 2 Più precisamente sono inclusi nel campo di applicazione le emissioni di CO2 derivanti dagli impianti di combustione nell’industria chimica, petrolchimica, dell’ammoniaca, dell’alluminio, tutte le emissioni di gas serra dagli impianti per la cattura, trasporto e stoccaggio geologico del carbonio, le emissioni di N2O derivanti dalla produzione di acido nitrico, adipico e gliossilico e le emissioni di PFC dell’industria dell’alluminio. 6
giustificata dalla constatazione che il 2005 è l’anno più recente per il quale sono disponibili dati di emissione verificati. b) decisione per ripartire tra gli Stati Membri l’obiettivo comunitario di riduzione delle emissioni di gas serra per i settori non regolati dalla direttiva (cd “Effort Sharing”) [8]; La decisione stabilisce che, al 2020, a livello Comunitario, i settori non regolati dalla direttiva “Emissions Trading”3 (di seguito “settori non-ETS”), riducano le emissioni di gas ad effetto serra del 10% rispetto ai livelli del 2005 (contro il -21% richiesto ai settori regolati dall’ ETS). Di conseguenza anche gli obiettivi di riduzione per ciascuno Stato Membro fanno riferimento all’anno 2005. L’individuazione degli obiettivi di riduzione per ciascuno Stato Membro è stata fatta tenendo conto dell’efficacia dei costi e del PIL pro capite, cosicché gli SM caratterizzati da un PIL pro capite inferiore alla media possono aumentare le rispettive emissioni, mentre quelli con un PIL pro capite superiore alla media devono ridurre le emissioni. Nessuno SM può aumentare/ridurre le proprie emissioni per più del 20% rispetto ai livelli del 2005. L’Italia dovrà ridurre le emissioni nei settori non regolati dall’ETS del 13% rispetto ai livelli del 2005. Vengono inoltre introdotti obiettivi di riduzione delle emissioni annuali vincolanti a livello nazionale, a partire dal 2013. Nel caso di raggiungimento di un accordo globale, lo sforzo di riduzione per i settori regolati dall’ETS e per quelli non regolati dall’ETS sarà adeguato secondo un meccanismo automatico così da tener conto dell’impegno di riduzione assunto dalla Comunità nell’ambito dell’accordo. c) direttiva per la creazione di un quadro di riferimento per l’utilizzo delle tecnologie di cattura e sequestro del carbonio [9] La direttiva crea un quadro di riferimento per l’utilizzo delle tecnologie di cattura e stoccaggio geologico della CO2. Queste tecnologie consistono in un insieme di operazioni di carattere industriale finalizzate alla separazione della CO2 dal flusso di gas in uscita dai camini degli impianti (centrali elettriche, raffinerie,..), il suo trasporto ed in fine la sua iniezione in adatte strutture geologiche profonde al fine del suo stoccaggio permanente. Essa non rappresenta un’iniziativa legislativa ad hoc in quanto la cattura e il trasporto della CO2, presentano rischi analoghi ad attività già regolamentate dalla legislazione europea e quindi la direttiva si limita a modificare ed integrare la legislazione e le politiche comunitarie vigenti in materia di valutazione di impatto ambientale e di lotta contro l'inquinamento industriale. In particolare la cattura, ponendo rischi simili a quelli presenti nel settore chimico o della produzione di elettricità, è stata considerata nell’ambito della direttiva 96/61/CE (direttiva IPPC), mentre il trasporto della CO2, presentando rischi analoghi a quelli legati al trasporto di gas naturale, è stato regolamentato attraverso la direttiva 85/337/CEE sulla valutazione dell’impatto ambientale e attraverso eventuali ulteriori regolamentazioni lasciate all’iniziativa degli Stati membri. d) direttiva per promuovere l’uso di energia prodotta attraverso fonti rinnovabili 2009/28/CE [1] Obiettivo della direttiva è la promozione dell’energia da fonti rinnovabili. Essa stabilisce target nazionali obbligatori (in % rispetto al consumo energetico totale) all’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, nonché un target specifico per l’utilizzo di biocarburanti nel settore dei trasporti da raggiungere nel 2020. Vengono inoltre identificate delle disposizioni relativamente alla garanzia di origine, alle procedure amministrative, ai collegamenti con la rete elettrica e a sistemi di supporto per l’uso di energia da fonti rinnovabili. Vengono infine individuati i criteri di sostenibilità per i 3 Prevalentemente settore civile, agricolo e dei trasporti. 7
biocarburanti destinati al trasporto e per i bioliquidi destinati alla produzione di energia termo- elettrica. 2009: a dicembre si tiene a Copenaghen la 15esima Conferenza sui cambiamenti climatici. Non è stato raggiunto lo scopo di negoziare un nuovo trattato da sostituirsi al Protocollo di Kyoto in scadenza al 2012, fissando degli obiettivi in termini di riduzione delle emissioni al 2020 per i paesi industrializzati. Si è però raggiunto l’accordo di porre un tetto massimo in termini di incremento di temperatura del 2% [2']. 2011: - a Bonn sono proseguiti i lavori nell’ambito della Convenzione sui cambiamenti climatici, ma non si è riusciti ancora a trovare un accordo definitivo sul “post-Kyoto”[3'] -la Commissione europea ha presentato a Bruxelles una nuova proposta di direttiva sull'efficienza energetica.[4'] Stato dell’arte nazionale Secondo quanto stabilito dalla direttiva 2009/28/CE, nel 2020 l’Italia dovrà coprire il 17% dei consumi finali di energia mediante fonti rinnovabili. Tale approccio, che misura il raggiungimento dell’obiettivo come rapporto tra la produzione da rinnovabili e i consumi totali di energia, impone un contestuale sforzo sull’efficienza energetica e sulle rinnovabili. Per raggiungere tale obiettivo, l'Italia ha prodotto uno scenario sulle azioni da intraprendere, come ampiamente illustrato nel Piano di azione nazionale sulle energie rinnovabili (PAN), previsto nell'ambito della stessa direttiva e trasmesso alla Commissione europea a luglio 2010 [10]. Nel PAN sono riportati gli scenari energetici al 2020, sulla base dei quali si prevede che nel 2020 il consumo finale di energie rinnovabili dovrà attestarsi a 22,3 Mtep, come riportato in Tabella 1.1 B. Obiettivo di energia da FER nel consumo finale lordo di energia nel 2020 (%) 17 C. Consumo atteso totale di energia, adeguato, nel 2020 (Ktep) 131214 D. Quantitativo atteso di energia da fonti rinnovabili corrispondente all'obiettivo per 22306 il 2020 (B x C) (Ktep) Tabella 1.1 Inoltre, specifica come il 45% dell’energia rinnovabile attesa per il 2020 debba provenire dalle biomasse. Questo implica che questa fonte giocherà un ruolo chiave per il raggiungimento degli obiettivi e pertanto questa tesi intende focalizzarsi su questa risorsa analizzando quali sono le matrici più promettenti sotto il profilo della sostenibilità. Uno dei problemi aperti, trattandosi di utilizzi molto dispersi, e spesso di materiale auto approvvigionato e autoprodotto, è quello delle reale conoscenza dei quantitativi in gioco. 8
CAPITOLO 2 Stato dell'arte nazionale La prima parte di questo capitolo vuole tentare di riportare una fotografia nazionale in termini sia di disponibilità potenziale che di consumi delle biomasse. Come si vedrà, si tratta di una fotografia ben frammentata, a causa dell'incertezza o mancanza dei dati; nel caso della legna questa carenza è ancora più evidente. Le fonti citate, sebbene anche esse dotate di incertezza, sono quelle degli studi o statistiche più recenti ed esaustive a riguardo. Disponibilità Attualmente lo strumento più valido per il censimento del potenziale energetico delle biomasse è rappresentato dall’Atlante sulle biomasse, frutto di un accordo di programma tra l’ENEA e il Ministero dello sviluppo economico. L’ENEA ha realizzato un portale che permette di censire e monitorare principalmente, tramite geodatabases della biomassa e biogas annualmente disponibili a livello provinciale: § biomasse agricole (paglie, potature, lolla di riso, gusci di frutta, vinacce e sanse) • biomasse forestali (legno latifoglie, conifere, arboricoltura) • colture energetiche (sorgo, miscanto, cardo, panico, arundo) • reflui allevamenti suini e bovini per produzione di biogas • FORSU per produzione di biogas • scarti di macellazione per produzione di biogas Esso è stato realizzato allo scopo di costituire un utile strumento nelle scelte dei possibili bacini di approvvigionamento delle biomasse. Le Tabelle 2.1 e 2.2 riportano una panoramica regionale, rispettivamente, della disponibilità sul territorio di alcune tipologie di biomassa e delle varie matrici del biogas. In particolare, per quanto riguarda la voce “legna forestale”, i dati forniti rappresentano i quantitativi disponibili al netto dei quantitativi già utilizzati per usi energetici, stimate da varie indagini campionarie riportate di seguito. Per quanto riguarda il biogas, la prima voce della Tabella 2.2. è stata ricavata sulla base dei dati sui rifiuti totali riportati dall'Osservatorio sui rifiuti di Ispra, suddivisi in rifiuti differenziati, da cui il biogas da FORSU e rifiuti non differenziati, da cui il biogas da FO. Il biogas riportato nella tabella è la somma di questi due valori. Questo implica che l'atlante ha traccia anche della produzione di rifiuti totali. Nell'Allegato I si riporta una breve descrizione delle assunzioni/studi fatti per censire le singole voci della tabelle, desunte dal rapporto finale atlante biomasse redatto dall'ENEA a conclusione del progetto [11]. Infine sono state analizzate e riportate a livello provinciale le potenzialità produttive di 5 colture energetiche: sorgo, miscanto, cardo, panico e arundo. Questa parte appare piuttosto carente in quanto non considera ad es. le colture destinabili alla 9
produzione di biodiesel (girasole, colza, soia). Tabella 2.1 :scheda riassuntiva disponibilità potenziale alcuni tipi di biomasse in Italia REGIONI Paglie (Kton) Potature (Kton) Sanse+vinacce Totale foreste Biogas (Kton) (Kton) (milioni Nm3) Piemonte 2.478,63 110,21 48,47 256,57 337,87 Valle D'Aosta 0,20 1,70 0,30 1,09 12,16 Lombardia 3.616,85 40,01 16,98 242,13 723,31 Veneto 1.744,74 367,09 74,73 90,99 272,61 Trentino A A 1,52 64,63 12,95 34,99 67,66 Friuli V G 592,80 56,40 11,15 65,13 48,80 Liguria 4,23 19,36 5,38 96,47 43,91 Emilia R 1.556,55 398,46 62,62 236,54 318,05 Toscana 724,08 237,67 63,76 365,07 127,68 Marche 539,23 57,86 16,96 32,32 56,47 Lazio 436,80 247,85 56,70 112,33 229,43 Umbria 430,10 101,89 13,73 67,15 43,78 Abruzzo 229,23 290,35 54,99 60,13 55,05 Molise 163,45 31,48 29,04 43,75 18,83 Campania 316,88 286,58 65,85 119,83 260,19 Basilicata 452,10 49,96 11,58 65,28 35,95 Puglia 1.219,42 813,88 369,64 46,43 136,87 Calabria 212,11 1.012,21 189,92 153,80 85,23 Sicilia 731,97 597,92 186,35 25,58 210,50 Sardegna 260,00 120,90 28,78 65,01 122,43 TOTALE 15710,90 4906,40 1319,90 2180,58 3206,77 Tabella 2.2: scheda riassuntiva varie matrici del biogas REGIONI KTEP KTEP KTEP KTEP Biogas Biogas Biogas Biogas FORSU REFLUI MACELLI Piemonte 40,38 120,39 2,29 163,06 Valle D'Aosta 1,07 4,83 0,02 5,91 Lombardia 78,55 262,89 8,57 350,01 Veneto 43,09 85,21 0,10 128,40 Trentino A A 8,39 24,21 1,91 34,51 Friuli V G 9,12 13,99 0,19 23,30 Liguria 18,04 2,03 0,02 20,09 Emilia R 46,49 99,62 6,44 152,55 Toscana 46,37 11,99 0,54 58,90 Marche 16,67 9,35 0,60 26,61 Lazio 65,04 41,45 0,37 106,87 Umbria 10,83 9,21 1,08 21,12 Abruzzo 14,53 10,70 0,67 25,90 Molise 2,71 6,27 0,08 9,06 Campania 62,25 59,82 0,86 122,92 Basilicata 4,76 12,47 0,34 17,57 Puglia 41,03 22,59 0,11 63,57 Calabria 18,86 21,26 0,28 40,40 Sicilia 55,81 42,71 0,45 98,97 Sardegna 19,5 38,70 0,57 58,77 TOTALE 603,49 899,69 25,46 1528,64 10
Per quanto riguarda le informazioni sulle colture destinabili alla produzione di oli vegetali vengono riportati i dati di ASSITOL in merito [5’], da cui si evince che: -per quanto riguarda la produzione nazionale di girasole il 70% dei campi coltivati a girasole si trova in tre regioni: Marche, Umbria e Toscana, ed il 30% restante in : Molise, Abruzzo ed Emilia Romagna. La produzione nel 2011 è stimata essere pari a 240000 tonn (+10% rispetto al 2010). -per quanto riguarda la produzione nazionale di colza, questa è più limitata del girasole e si trova principalmente nelle regioni settentrionali; la produzione nel 2011 è stimata essere pari a 34000 tonn(-15% rispetto al 2010). -la produzione nazionale di soia invece si trova principalmente nelle regioni settentrionali; la produzione nel 2011 è stimata essere pari a 885000 tonn (+15% rispetto al 2010). Ipotizzando una resa in olio pari al 33% per il girasole e la colza e pari a 20% (max) per la soia, si avrebbe una produzione di 79200 tonn di olio di girasole, di 11220 tonn di olio di colza e di 177000 tonn di olio di soia, per un totale di 267420 tonn oli. Ovviamente il quantitativo di questi oli comprende anche quelli destinati all'uso alimentare, per cui sicuramente il quantitativo disponibile per scopi energetici sarà minore. Non esistono allo stato attuale filiere destinate alla produzione di bioetanolo per scopi energetici ma per la gestione del surplus delle colture vinicole. Consumi energetici da biomasse a. Produzione di energia elettrica Per quanto riguarda la produzione energia elettrica, ci sono le statistiche annuali sui consumi energetici di Terna e del Gestore dei Servizi Energetici (GSE) che offre una panoramica piuttosto completa. I rapporti statistici del 2010 di TERNA riportano la produzione di energia elettrica dal 1999 al 2010 da impianti, suddivisi in impianti finalizzati alla sola produzione di energia elettrica e in quelli destinati alla cogenerazione, come illustrato nella Tabella 2.3, nonché del confronto, in termini sia di potenza che di numerosità di impianti, tra il 2009 e il 2010,come riportato nella Tabella 2.4. [12] In entrambe le statistiche la produzione di energia elettrica da biomassa, totale o suddivisa, risulta essere la somma di tre apporti: − da solidi, suddivisa ulteriormente in biomasse solide e RSU; − da biogas, suddivisa ulteriormente in rifiuti, fanghi, deiezioni animali e attività agricole e forestali; − da bioliquidi, suddivisa in oli vegetali grezzi e altri bioliquidi 11
Tabella 2.3: Produzione lorda degli impianti al 31 dicembre 2010 (dati TERNA) 12
Tabella 2.4: Potenza efficiente lorda e numero impianti da fonti rinnovabili 2009-2010 (TERNA) Infine, la Tabella 2.5 pubblicata sul rapporto statistico 2010 del GSE riporta i medesimi dati di produzione di energia relativi al 2009 e 2010, senza la suddivisione tra impianti in cogenerazione e non [13]. 13
Tabella 2.5: produzione bioenergie in Italia (fonte GSE) Una lettura congiunta delle tre precedenti tabelle permette di fare le seguenti osservazioni: 1) Per quanto riguarda la produzione di energia da biomasse solide, tra il 1999 e il 2009 sono aumentati sia la potenza istallata, che è passata da 7,9MW nel 1999 a 8,9 MW nel 2009, sia il numero degli impianti , che è passato da 25 nel 1999 a 53 nel 2009. Nel 2010 invece tale crescita non solo si arresta, ma addirittura si assiste ad un trend inverso. In particolare, nel caso senza cogenerazione il numero di impianti cresce ma la potenza totale diminuisce, per cui vuol dire che i nuovi impianti hanno tutti taglie molto piccole. D'altronde questo significa che gli impianti tradizionali a vapore di taglia medio- elevata stanno cedendo il posto ad impianti molo piccoli, come conseguenza della revisione del valore dei certificati verdi e della scadenza dell'incentivo “CIP6”. Parallelamente, si stanno sviluppando gli impianti a ciclo ORC di piccola taglia, atta a soddisfare il fabbisogno termico locale. Per quanto riguarda invece l’evoluzione concernente la potenza istallata e al numero di impianti alimentati con rifiuti solidi urbani (RSU) il numero degli impianti è passato da 28 nel 1999 a 69 nel 2009, con un tasso medio di crescita del 9,4%. Contemporaneamente la potenza media è passata da 5,9MW nel 1999 a 11,3 MW nel 2009 con un tasso medio di crescita del 16,8%. Nel 2010 il numero degli impianti è rimasto pressoché invariato (da 69 a 70) mentre l’energia prodotta è cresciuta rispetto al 2009 del 26% . Non si riesce a capire se in questa voce sono stati considerati anche i gassificatori. 3) Per quanto riguarda l’ evoluzione della potenza istallata e il numero degli impianti alimentati da biogas tra il 1999 e il 2010 il numero di impianti è in costante crescita ed è passato dai 103 impianti del 1999 ai 448 presenti nel 2010. Anche la potenza installata è in crescita e solo tra il 2009 e il 2010 si è avuto un aumento del 23,4%. Se si guarda il biogas da rifiuti, si capisce subito che questo viene quasi esclusivamente dalla discarica e questo è il motivo per cui si fanno pochi impianti in cogenerazione, dato che le discariche si trovano in posti isolati. Visto che le grandi discariche stanno presentando una situazione di saturazione, il lieve aumento può essere dovuto all’utilizzo di FORSU. Il biogas da deiezioni animali è cresciuto molto e questo trova giustificazione nel fatto che la maggior parte di imprese nuove è costituita proprio da aziende agricole. Non è chiara, invece, la voce “biogas da attività agricole e forestali” considerando il fatto che le attività forestali in teoria non possono essere sottoposte a digestione anaerobica per cui non verrà commentata. 14
Infine, il settore del biogas da fanghi è cresciuto tantissimo, in corrispondenza della sola produzione di energia elettrica, e questo si può ricollegare ad un fabbisogno di elettricità negli impianti di trattamento delle acque. 4) Per i bioliquidi ( per i quali comunque non esiste una statistica decennale) il trend di crescita è elevatissimo (+112% tra il 2009 e 2010). Vediamo ora di cercare di capire quanta parte di questa produzione proviene da filiera nazionale. Riprendendo i dati ASSITOL sul girasole, soia e colza e stimando che ci vogliono circa 260 g di olio per fare 1 KWh di energia, allora ipotizzando che tutta la produzione degli oli vada per fini energetici si avrebbero in tutto 317 MWh da girasole, 45 MWh da colza e 708 MWh da soia, per un totale di 1070 MWh, un valore comunque ben lontano da quello riportato in tabella. Questo mostra chiaramente come gli oli siano quasi interamente importati. b. Produzione di energia termica: teleriscaldamento, impianti termici ad uso domestico e centralizzato impianti di teleriscaldamento Per quanto riguarda la fotografia degli impianti teleriscaldamento presenti sul territorio italiano, si riporta nella Figura 2.1 una fotografia del 2006 elaborata dall'Associazione Italiana Riscaldamento Urbano (AIRU) [6’] Figura 2.1: impianti di teleriscaldamento presenti in Italia nel 2006 Questa mappa è significativa, in quanto mostra che il teleriscaldamento non è diffuso in tutte le regioni, o almeno tale era la situazione nel 2006; essa si riferisce però alle reti di teleriscaldamento in generale e non contempla solo i casi di alimentazione da biomassa. Limitandosi invece al teleriscaldamento da biomassa, si riporta di seguito una panoramica di quanto è presente a livello nazionale e nelle varie regioni, sebbene per alcune di esse i dati si riferiscono al 2008 e quindi sono certamente sottostimati . Secondo quanto riportato in un articolo del 28/07/2011, sono oltre 200 gli impianti di 15
teleriscaldamento alimentati a biomasse solide attivi in Italia. Dei 210 impianti 102 superano il MWh, gli altri hanno una potenza inferiore. Secondo lo studio riportato da ITABIA nel 2008, invece, il numero totale era di 120 alimentate con biomasse vergini. Questo dimostra come negli ultimi due anni e mezzo il trend sia continuato a crescere. La Tabella 2.6 riassume gli impianti di teleriscaldamento alimentati da biomasse presenti in Italia [7’] [14] Regioni italiane n. impianti (data monitoraggio) Toscana 47 (2011) Veneto 24 (2011) Alto Adige+ 57 (2011) Trentino 15 (2011) Lombardia 12 (2008) Piemonte 10 (2008) Liguria 3 (2008) Emilia Romagna 1 (2008) Marche 1 (2008) Molise 1 (2008) Basilicata 1 (2008) Friuli Venezia 15 (2008) Giulia Valle d'Aosta 3 (2008) Totale 190 Tabella 2.6: impianti di teleriscaldamento alimentati da biomasse in Italia Poiché si contano 210 impianti, vuol dire tra il 2008 e il 2010 sono nati altri venti impianti , distribuiti tra le regioni monitorate nel 2008. Si evidenzia inoltre la presenza di tre grandi distretti energetici: 1) Alto Adige-Trentino, con 73 centrali 2) Lombardo-valtellinese, con 12 centrali 3) Piemonte-valdostano, con 13 centrali Gli impianti toscani sono prevalentemente mini reti di edifici pubblici. Impianti termici ad uso domestico e centralizzato Anche per quanto concerne la produzione di energia termica in generale sia a livello centralizzato che domestico non esistono studi completi tranne uno studio, di seguito riportato, dell' Apat nel 2006 sui consumi di legna da ardere. A seguire si riportano, solo a titolo di esempio, i risultati di uno dei pochi studi completi condotti a livello regionale in Piemonte. 16
I consumi di legna da ardere sono stati valutati in un lavoro condotto dall' APAT con l'ARPA Lombardia nel 2006 dal titolo “Stima dei consumi di legna da ardere per riscaldamento ed uso domestico in Italia”in cui si è effettuata un'indagine campionaria sottoponendo un questionario a 5000 famiglie [15]. Per poter ottenere i quantitativi di legna consumata in un anno dagli italiani sono state prese in considerazione le famiglie realmente utilizzatrici rispetto a quelle che lo sono raramente, ossia che usano la legna meno di 5 volte l’anno, ritenendo a ragione che il loro contributo al fine dei consumi sia marginale in termini di volumi. Precisamente la percentuale di famiglie italiane che utilizza legna da ardere più di 4 volte l’anno è risultata essere pari al 19,9% e corrispondente a 4.432.419 abitazioni. L’indagine svolta ha permesso di stimare che il consumo domestico di legna da ardere nel 2006 è stato pari a circa 19 Mton, con un consumo medio annuo pari a circa 4,3 tonnellate per abitazione. Tale stima è stata effettuata sulla base di: 1) dati (1/3 del totale) sui quantitativi di legna consumati e la durata di funzionamento dello strumento di combustione forniti direttamente dalle famiglie. 2) dati(1/3del totale ) in cui sono stati riportati solo consumi totali; in questo caso i dati sono stati controllati come valori assoluti rispetto a parametri medi di riferimento 3) dati (1/3del totale )dedotti con una certo grado di incertezza, in base al dichiarato tempo di utilizzo dello strumento; i consumi sono stati stimati sulla base del consumo medio orario per unità di superficie riscaldata e per tipo di strumento di combustione. Si capisce subito come queste stime siano affette da una grossa incertezza, basandosi su interviste telefoniche in cui, inoltre, non sono stati nemmeno forniti i dati diretti dei consumi. Il Piemonte invece rappresenta una piccola realtà virtuosa, dove si è provveduto ad effettuare un censimento degli impianti di teleriscaldamento, suddivisi in taglie piccole, medie ed elevate [8’]. Gli impianti che producono solo energia termica superiori a 1 MW di potenza sono 15, di cui otto alimentano utenze singole (scolastiche, attività produttive o uffici), mentre gli altri sette sono collegati a reti di teleriscaldamento. Utilizzano tutti cippato, tranne uno che usa gusci di nocciole. Gli impianti con potenze tra i 200 e i 900 KW sono circa 40, ed utilizzano, oltre al cippato, anche segatura, trucioli, pellet, tronchetti, tutoli, gusci di nocciole. Infine si trovano anche molti impianti termici sotto i 200 kW e, anche se esistono casi di piccole reti di teleriscaldamento, sono generalmente collegati a utenze singole, comprese le abitazioni isolate; i combustibili utilizzati variano dalla legna e dai suoi derivati fino alla sansa. La Tabella 2.7 riporta una stima totale sui consumi totali di biomassa legnosa derivanti dagli utilizzi sopra esposti con relative fonti [16]. Utilizzo Consumi legna, cippato, pellets (Mtonn) Termico residenziale (APAT) 18-20 Energia elettrica (BEN,2010) 3 Teleriscaldamento (AIRU) 0,41 Minireti termiche (FIPER) 0,38 Totale 21-24 Tabella 2.7: consumi biomassa in Italia secondo le fonti Antonini e Francescato (2010) ed il Bilancio Energetico Nazionale (2010) 17
Un criterio per testare la qualità dei dati potrebbe essere quello di effettuare un confronto tra produzione e consumi di biomasse a fini energetici, tuttavia i consumi sono condizionati anche dalle importazioni e dai diversi utilizzi a cui sono destinabili. Come esempio, riportiamo una panoramica dei dati relativi alla produzione e al consumo delle biomasse legnose in Italia, che sono molto incerti soprattutto a causa: 1) dell'importazione 2) dei possibili usi alternativi E’ stato stimato che per il 2009 sono stati importati 0,48Mt di legna da ardere e 0,7 Mt di cippato; del tutto assente è il contributo del pellets, di cui si ipotizza un'importazione, in termini quantitativi, pari a quella del cippato (0,7Mt) [16] Le importazioni totali sarebbero in tutto pari a circa 1,9 Mt; la relativa quota da destinare ai fini energetici però è minore perché una piccola quota viene destinata all'industria del legno. Mancano poi totalmente i dati sul legname che viene importato per essere destinato direttamente al settore residenziale. L' altro fattore che rende il confronto non semplice è legato alla possibilità di usi alternativi, in particolare: 1) impiego non energetico del legname della foresta che viene destinato all'industria, al netto degli scarti delle stesse che possono essere utilizzati per fine energetico e si attestano intorno al 30-50% del prodotto in ingresso 2) riciclo di prodotti a fine ciclo di vita da parte del consorzio Rilegno che possono confluire successivamente sia nell'industria della carta sia utilizzata per fini energetici Il Programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti di imballaggio pubblicato da Rilegno riporta i quantitativi di biomassa provenienti sia dalla produzione che dall'importazione de2009 e parte del 2010 [17] indicati nella Tabella 2.8. Tabella 2.8: biomassa proveniente dalla produzione e dall'importazione di Rilegno In realtà, questi dati non sono sufficienti ad individuare tutti i flussi, in quanto vi è una quota di essa sempre crescente destinata al mercato estero e tale aspetto interessa in particolare misura le produzioni di nuovi pallets. La Figura 2.2 rappresenta i vari flussi del legno e scarti del legno, che mostra come sia complessa la ricostruzione del quadro “filiera legno”. 18
Figura 2.2: flussi della biomassa legnosa Consumi di biocarburanti Come verrà descritto nella seconda parte di questo capitolo, l'utilizzo dei biocarburanti in Italia è regolamentata da un obbligo annuale di miscelazione con i carburanti fossili da parte dei fornitori. Attualmente sono riconosciuti come biocarburanti miscelabili al fine del rispetto dell'obbligo il biodiesel e il bioetanolo. Di fatto, il biodiesel ha una quota del 95% sul totale. Questo obbligo costituisce l'unico “incentivo” in materia in quanto dal 2011 è cessato l'esenzione di accisa di cui godevano. Questo ha comportato un arresto nella crescita della capacità produttiva italiana del biodiesel e nella produzione (ferma a circa 700.000 tonn); la crescita di immissione al consumo (quasi raddoppiata, passando dalle 740.000 tonnellate del 2008 alle oltre 1,32 milioni di tonnellate nel 2010) è dettata in larga parte dai prodotti finiti importati. Anche la filiera agricola comunque è piuttosto debole e ha bisogno di normative ad hoc per poter emergere [9']. Per quanto riguarda il bioetanolo, secondo i dati di Unione Petrolifera esso attualmente non viene miscelato alla benzina, ma viene trasformato in ETBE. Si stima che si utilizzino annualmente tra le 250.000 e le 300.000 tonn di ETBE, di cui circa 150.000tonn prodotte in Italia e il restante quantitativo importato dall’estero. Di queste 150.000 tonn. di ETBE prodotte in Italia, solo una parte minima utilizza etanolo prodotto di Italia; la produzione nazionale di etanolo è addirittura “crollata” nel 2010 rispetto al 2009, passando da 100.000 tonnellate a poco meno di 50.000, riportandosi ai livelli di due anni fa e le imprese sono sostanzialmente “ferme”. Nel 2012 in Italia dovrebbe partire la produzione di bioetanolo di II generazione in un impianto situato nella provincia di Vercelli realizzato dalla società Mossi e Ghisolfi. L’impianto avrà una capacità produttiva di 40.000 tonnellate annue di bioetanolo, realizzato con biomasse ligno-cellulosiche disponibili sul territorio locale (entro un raggio di circa 40 km) e non destinate al consumo alimentare [10’]. Concludendo questa parte di analisi, la mancanza di un quadro chiaro dei flussi di biomassa, 19
soprattutto di quella legnosa, è un problema per poterla considerare come una fonte sicura nelle politiche di tipo strategico e di conseguenza adottare dei meccanismi di incentivazioni ad hoc. La seconda parte del capitolo vuole invece analizzare lo stato dell'arte italiano in termini di incentivi. Incentivi per la produzione di elettricità In Italia i meccanismi sono di due tipi: 1)incentivi pubblici in conto capitale che cercano di promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili attraverso un finanziamento, a livello nazionale, regionale o provinciale, che copra una quota del costo di investimento. 2) incentivi in conto esercizio che tendono a remunerare l' energia elettrica prodotta; questi si suddividono ulteriormente in : a) sistema di incentivazione tariffaria diretta, esso è stato introdotto con il provvedimento del Comitato interministeriale prezzi n-6/92 per incentivare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili o assimilate, ed è noto come come “CIP6”[11']. Il meccanismo consiste in un incentivo diretto a favore dei produttori di energia elettrica con impianti alimentati da fonti rinnovabili o assimilate, che cedono l’energia prodotta in eccesso ad un prezzo fisso superiore a quello di mercato, comprensivo della quota di incentivo. Tale incentivo è dato in base alla tecnologia adottata. Inizialmente questa elettricità veniva ceduta all’ENEL, che poi recuperava la differenza di prezzo attraverso un’apposita voce di costo nella bolletta degli utenti, poi, con l’entrata in vigore del “decreto Bersani”, è subentrato il Gestore dei servizi elettrici (GSE), che dal 1° gennaio 2001 ritira le “eccedenze” di energia elettrica da fonti rinnovabili ed assimilate. Questo sistema di incentivazione, che sta cedendo il posto al sistema di incentivazione indiretta di cui al punto b), è stato fortemente criticato in quanto aveva considerato tra gli impianti oggetto del provvedimento i termovalorizzatori alimentati dai rifiuti, in quanto considerate all’epoca fonti assimilate alle rinnovabili. b) sistema di incentivazione indiretta, conseguente al sistema delle quote obbligate da parte dei produttori di energia elettrica [18]. Il D.Lgs 79/2009 ha introdotto l’obbligo, a carico dei produttori e degli importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nel sistema elettrico nazionale, a partire dal 2002, una quota minima di energia elettrica prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo l’1/4/1999. Tale quota, inizialmente pari al 2%, è stata incrementata negli anni, come riportato nella Tabella 2.9. Anno di Quota d’obbligo Anno di riferimento Assolvimento 2001 2% 2002 2002 2% 2003 2003 2% 2004 2004 2,35% 2005 2005 2,70% 2006 2006 3,05% 2007 2007 3,80% 2008 2008 4,55% 2009 2009 5,30% 2010 2010 6,05% 2011 2011 6,80% 2012 20
Tabella 2.9 :incremento annuale della “quota d’obbligo” introdotta dal D.Lgs. 79/1999 I soggetti destinatari di tale obbligo possono sia autoprodurla sia acquistare da altri produttori titoli, chiamati certificati verdi (CV), comprovanti la produzione dell’equivalente quota. Si crea quindi un mercato, in cui la domanda è data dai soggetti sottoposti all’obbligo e l’offerta è costituita dai produttori di energia elettrica con impianti aventi diritto ai certificati verdi, che hanno un valore pari a 1 MWh, e che quindi rappresentano l’incentivo alla produzione da fonte rinnovabile. I CV vengono rilasciati in funzione dell’energia netta da fonte rinnovabile prodotta da un nuovo impianto (EA), mentre nel caso dei potenziamenti di impianti già esistenti generalmente è incentivabile solo l’incremento di produzione. In base alla data di entrata in servizio degli impianti vi è un'ulteriore distinzione, come segue: -impianti entrati in servizio fino al 31/12/2007, CV si applicano per 12 anni , indistintamente dalla fonte; -impianti entrati in servizio a partire dal 1/1/2008, CV si applicano per 15 anni e sono attribuiti moltiplicando l’energia riconosciuta come incentivabile per un coefficiente K, il cui valore è differenziato in base alla fonte rinnovabile utilizzata. Nella Tabella 2.10 riportiamo i valori del coefficiente relativo alle varie biomasse. . Fonte rinnovabile Coefficiente K Rifiuti biodegradabili, biomasse diverse da quelle di cui al 1,3 punto successivo Biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ottenuti nell’ambito di intese 1,8 di filiera, contratti quadro, o filiere corte Gas di discarica e gas residuati dai processi di depurazione 0,8 e Biogas diversi da quelli del punto precedente Tabella 2.10. Coefficienti moltiplicativi per il calcolo del numero di Certificati Verdi. La Legge Finanziaria 2008 ha introdotto inoltre un nuovo sistema di incentivazione, al quale i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse da quella solare - soprattutto quelli più piccoli -possono aderire in alternativa al sistema dei Certificati Verdi: si tratta della cosiddetta "tariffa onnicomprensiva" (TO), così chiamata poiché include sia la componente incentivante sia la componente relativa alla remunerazione derivante dalla vendita dell’energia immessa nella rete elettrica. Si tratta di tariffe di ritiro da parte del GSE dell’energia immessa in rete, differenziate per fonte rinnovabile. Alla tariffa onnicomprensiva possono accedere solo i produttori degli impianti entrati in esercizio dopo il 31/12/2007, ed aventi potenza nominale media annua non superiore a 1 MW e vale anche essa per 15 anni. Mentre i Certificati Verdi sono riconosciuti sulla base dell’energia netta prodotta (EA) - e quindi premiano anche l’eventuale quota di produzione autoconsumata - le Tariffe Omnicomprensive sono riconosciute in funzione della sola energia netta immessa in rete (ER). Naturalmente, nel caso in cui un impianto prelevi dalla rete l’energia elettrica necessaria per alimentare i propri servizi ausiliari, 21
l’energia incentivata mediante la Tariffa onnicomprensiva non è tutta quella effettivamente immessa in rete, ma quest’ultima decurtata dei prelievi dalla rete destinati ad alimentare i servizi ausiliari. Le Tariffe omnicomprensive vengono erogate in funzione dell’energia netta da fonte rinnovabile immessa in rete da un nuovo impianto, mentre nel caso dei potenziamenti di impianti già esistenti generalmente è incentivabile solo l’incremento di produzione. L’entità dell’incentivazione è differenziata in base alla fonte rinnovabile, ed il valore della tariffa in €/MWh immessi in rete per le biomasse è riportato nella Tabella 2.11. Fonte rinnovabile Tariffa €/MWh Biogas e biomasse, esclusi i biocombustibili liquidi ad eccezione 280 degli oli vegetali puri Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e 180 biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri Tabella 2.11: tariffe onnicomprensive per impianti a biomasse fino a 1 MW . Il produttore che ha una potenza di impianto non superiore a 1MW esercita il diritto di opzione tra l'accesso ai CV a alla TO all’atto della richiesta di qualifica di "Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili" (IAFR) presentata al GSE. Riassumendo, la produzione di energia elettrica da impianti a bioliquidi, biogas e biomassa è incentivata con le modalità previste nel diagramma 2.1 Diagramma 2.1: incentivazioni per la produzione energia elettrica da biomassa Nel caso di utilizzo dei rifiuti urbani a valle della raccolta differenziata o tramite combustibile da rifiuti (CDR), viene incentivata solo il 51% dell’energia prodotta complessivamente. In realtà, per i proprietari di impianti di energia elettrica vi sono due vantaggi dal punto di vista economico: l’accesso agli incentivi statali (CV o TO), che hanno una durata limitata, e la valorizzazione dell’energia elettrica, che invece resta che al termine del periodo di incentivazione. La valorizzazione dell'energia consiste nell'autoconsumo dell'elettricità prodotta e nella vendita/scambio sul posto dell’energia immessa in rete e/o nel ritiro dedicato. Lo scambio sul posto consente di valorizzare l’energia immessa in rete secondo un criterio di 22
compensazione economica con il valore dell’energia prelevata dalla rete. In pratica l’energia immessa in rete viene remunerata al valore di mercato dell’energia più il costo unitario variabile dei servizi, associato alla propria bolletta di fornitura, per la quantità di energia elettrica scambiata. Questo meccanismo è regolato su base economica dal GSE in forma di contributo associato alla valorizzazione a prezzi di mercato dell’energia scambiata con la rete e si applica dal 1° gennaio 2009 ai proprietari di: - impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 20 kW; - impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007 alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 200 kW; - impianti di cogenerazione ad alto rendimento di potenza fino a 200 kW. Un'altra agevolazione per i produttori di energia elettrica da biomasse è quella del ritiro dedicato, che costituisce una modalità semplificata per il collocamento sul mercato dell'energia elettrica immessa in rete, prevista per : − impianti di potenza apparente nominale inferiore a 10 MVA; − impianti di potenza apparente nominale uguale o superiore a 10 MVA, alimentati da fonti rinnovabili programmabili purché nella titolarità di un autoproduttore ( definito nel D.Lgs. 79/1999). La Tabella 2.12 riassume tutte le forme di incentivazioni previste per la produzione di energia elettrica da biomassa. B) impianti con P
investimenti pubblici nella ricerca. In passato il biodiesel, e in parte il bioetanolo, godevano di defiscalizzazione, che però è cessata proprio dal 2011, in quanto si è passati da misure di categoria a) a misura di categoria b), introducendo un obbligo annuale per i fornitori di carburanti di miscelare una percentuale minima di biocarburanti, crescente nel tempo. Questa disposizione è stata introdotta con la Legge n.81 del 1 marzo 2006 e poi ripresa dal Decreto legge 25 febbraio 2010, che stabiliva la percentuale fino al 2012, in misura pari al 4,5% [12']. Incentivi per la produzione di energia termica Attualmente non sono previsti incentivi per gli impianti di produzione dell'energia termica da fonti rinnovabili. Questa lacuna è attribuibile a ragioni di varia natura. In primo luogo, i consumi elettrici sono misurati fiscalmente all'utente finale, quindi ci si può basare su una documentazione precisa per definire le misure di incentivazione; i combustibili per impieghi termici, invece, sono misurati e tassati all'uscita della raffineria. Inoltre, la misura del calore è più complessa e costosa di quella dell'elettricità, per cui in pratica viene attuata molto raramente sia a livello civile che industriale rendendo di fatto gli usi finali del calore sconosciuti. Relativamente poi all'uso delle biomasse legnose a fini di combustione, è difficile contabilizzare il consumo perché la maggior parte avviene a livello domestico tramite auto-approvvigionamento o tramite approvvigionamenti non formalizzati, anche in quanto gli usi termici civili sono fortemente tassati. Incentivi per l'efficienza energetica Sono presenti due meccanismi di incentivazione per l’efficienza energetica. Il primo meccanismo è stato istituito con i decreti ministeriali del 20 luglio 2004 e consiste nell’introduzione di obiettivi di risparmio obbligatori annuali per i grandi distributori di energia elettrica e gas. Tali obiettivi sono crescenti nel tempo, e possono essere raggiunti attraverso la realizzazione di interventi ad hoc presso gli utenti finali (es.: installazione di caldaie ad alta efficienza, interventi di isolamento termico degli edifici etc.) che a loro volta beneficiano di tali interventi in termini di riduzione della propria bolletta. I distributori possono raggiungere tale obbligo, alternativamente ad un diretto intervento, attraverso l’acquisto di certificati bianchi, o Titoli di Efficienza Energetica (TEE), titoli che certificano i risparmi energetici conseguiti attraverso la realizzazione di specifici interventi, da una società terza (ESCO) [13'].Gli obiettivi dei distributori vengono stimati a partire da obiettivi di efficienza nazionale nazionali. Il secondo meccanismo di incentivo riguarda interventi di efficientamento energetico degli edifici che beneficiano della detrazione fiscale del 55%, introdotto dalle leggi finanziarie a partire dal 2007 (ecobonus). La sostituzione delle caldaie tradizionali con caldaie a biomassa rientra tra questi [14']. Novità introdotte dal decreto 3 marzo 2011 n.28 [10] Il decreto del 3 marzo 2011 n.28 all’art. 24 prevede le seguenti modifiche per il sistema di incentivazione: Per quanto riguarda i regimi di sostegno per la produzione di energia elettrica, l'incentivazione tramite Certificati Verdi proseguirà fino all'anno 2015 per gli impianti di taglia superiore ad 1 MW. Per gli impianti entrati in funzione dopo il 31/12/2012 si prevedono due differenti meccanismi di incentivazioni a seconda della taglia. Per gli impianti di potenza inferiore ad un dato valore (ancora da stabilire ma comunque non superiore a 5 MW elettrici) sono previsti incentivi: - diversificati per taglia e per fonte; - costanti lungo tutto il periodo di diritto, che è pari alla vita media utile convenzionale delle 24
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