Una sedia di ferro e una gazzosa - The Wall - Scuola Holden

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Una sedia di ferro e una gazzosa - The Wall - Scuola Holden
Una sedia di ferro e una gazzosa                                                             Anna Scerra

                Una sedia di ferro e una gazzosa
    Ecco perché in un’arena in Sicilia devi sempre portarti un cuscino e non chiedere
                                  mai una Coca-Cola

  Una tradizione cinematografica
  Si dice che il cinematografo fu portato in Sicilia da ambulanti girovaghi che, per un piccolo
  pagamento, mostravano agli isolani “le prodigiose scoperte europee”. Anche se di questa leggenda
  non abbiamo prova, sappiamo che uno dei primi tentativi di proiezione in Sicilia avvenne all’inizio
  del Novecento a Catania, nella piazzetta del porto piccolo. Si dovrà aspettare la fine degli anni Venti
  e l’arrivo del sonoro per avere i primi veri cinema, sia al chiuso che all’aperto. Inizia così una lunga
  tradizione di passione cinematografica che accomuna tutti i siciliani: le arene. Le arene, almeno
  inizialmente, non erano solo cinema all’aperto, erano luoghi di aggregazione. Erano diventate un
  punto di ritrovo talmente importante da essere costrette a chiudere durante il periodo fascista, a
  differenza dei cinema al coperto. Mia nonna mi racconta sempre come fosse usanza andare lì una
  volta a settimana, un’oretta prima del tramonto in modo tale che i bambini potessero giocare (e il loro
  gioco preferito era fare i cowboy del film western della settimana precedente) e gli adulti potessero
  “fare salotto”. Anche se l’usanza non è sopravvissuta allo scorrere del tempo, per molti catanesi
  l’estate è fatta anche delle serate passate all’arena. Tuttavia, non in molti sanno che l’arena è un luogo
  che rischia l’estinzione. Quasi sparita in Italia, rimpiazzata da proiezioni in piazza o sale temporanee,
  in Sicilia si salva miracolosamente, ma ha bisogno di essere preservata per resistere al futuro.

  Una chiacchierata con i gestori delle arene
  Catania ama le arene e le ha sempre amate. Tra il 1946 e il 1947 contava trentaquattro arene a fronte
  di quaranta cinema. Oggi è la provincia con più arene in Italia, tre solo nel comune di Catania. Per
                                                   capire le motivazioni di questo amore ho deciso di
                                                   fare una chiacchierata con i gestori. Uno di questi è
                                                   Francesco Gallina, gestore dell’arena Adua.
                                                   Francesco, nella sua famiglia, fa parte della seconda
                                                   generazione che sceglie di dedicarsi al cinema: la
                                                   prima ha letteralmente costruito le sale in cui oggi
                                                   lavora. Decidiamo di parlare tra gli spalti dell’arena
                                                   e mi stupisco di vedere delle sedie nuove. Hanno
                                                   infatti da poco finito i lavori di restauro in cui, oltre
  Francesco Gallina, gestore dell’arena Adua
                                                   al vecchio proiettore, hanno cambiato le originali
                                                  sedie in ferro anni Settanta, lasciandone qualcuna al
                                                  bar come ricordo. Le sedie accomunano tutte le arene
                                                  della provincia. Sono delle sedie brutte e scomode,
                                                  ma la loro presenza fa sorgere molti ricordi a chi,
                                                  come i miei genitori, andava da giovane
                                                  accompagnato dal primo amore o dai compagni di
                                                  liceo. Francesco mi parla anche di un’altra abitudine,
                                                  quella della gazzosa e della simenza (i semi di zucca),
                                                  lo snack tipico dell’arena, versione isolana della
                                                  Coca-Cola e dei popcorn. Mi parla anche di come sia
Alberto Sorrentino, gestore dell’arena Argentina
                                                 cambiato il pubblico negli ultimi trent’anni. Ai tempi
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Una sedia di ferro e una gazzosa                                                             Anna Scerra

                                              di suo padre l’arena era un luogo per famiglie, si andava
                                              senza nemmeno sapere quale film ci fosse in programma.
                                              Oggi è raro trovare delle famiglie tra gli spettatori, ma in
                                              compenso tanti ragazzi preferiscono l’arena al cinema. Io
                                              stessa sono costretta ad ammettere di essere andata più
                                              volte all’arena che in qualsiasi altra sala. Francesco,
                                              gestendo anche un cinema, non ne è stupito: a Catania le
                                              arene sono molto più frequentate, tanto che d’estate non
                                              vale la pena tenere aperte le sale al coperto, se non per le
 Le sedie originali in ferro, qui all’arena   prime visioni. Cambiando ogni sera la programmazione,
Argentina                                     proponendo una vasta gamma di film e almeno una
rassegna monografica o monotematica per stagione attirano molto più pubblico. Alberto Sorrentino,
uno dei gestori dell’arena Argentina, mi conferma che di settimana, nei giorni morti come il
mercoledì, si è fortunati se in una sala al coperto ci sono più di cinquanta persone, a differenza di
un’arena dove, su 600 posti disponibili, 400 spettatori sono la norma. Alberto mi spiega anche come
mai così tanti giovani si siano riavvicinati a questo tipo di proiezione. Negli anni Ottanta il pubblico
dell’arena Argentina era interamente formato da ventenni; negli anni Novanta, quando si sarebbe
dovuto compiere un naturale ricambio generazionale, ciò non avvenne: l’arena Adua e l’arena
Argentina decisero così, nei primi anni Duemila, di abbassare un giorno alla settimana il costo del
biglietto a un euro. Quest’iniziativa, che ho lungamente sfruttato nei miei anni a Catania, ha coinvolto
una miriade di giovani che hanno invaso le sale e riportato all’apice le arene. Conseguentemente oggi,
tra i vecchi e i nuovi spettatori, possiamo trovare un pubblico eterogeneo.

Un       patrimonio
storico non tutelato
Come già detto, tra il
1946 e il 1947 vi erano
a Catania più di trenta
arene. Com’è possibile
che ne siano rimaste
solo tre? I problemi per
le arene iniziano negli
                                                         L’anfiteatro Gangi
anni ’70. Il miracoloso
boom economico è ormai terminato, ma ha lasciato dietro di sé due invenzioni adesso a portata di
tutti: l’automobile e la televisione. Con un’automobile non esiste più la necessità di avere un’arena
sotto casa e infatti non è un caso che tutte e tre le arene sopravvissute si trovino in una posizione
centrale. E come non parlare della televisione, che porta nelle case degli italiani una trasmissione a
colori e una valida alternativa di intrattenimento alla pellicola. Ciò nonostante Alberto Sorrentino
tiene a precisare che la vera motivazione per cui le arene iniziarono a chiudere in massa fu la
cementificazione edilizia. Un’arena infatti altro non è che un terreno molto esteso in mezzo alla città,
così grande da ospitare centinaia di persone e con un recinto tutt’ intorno per dividerlo dalla strada.
Questi terreni sono nella stragrande maggioranza edificabili e, anche quando gli incassi dell’arena
sono molto buoni, il proprietario preferisce venderli. Il primo esempio di cementificazione si ha nel
1938 con la chiusura dell’anfiteatro Gangi, venduto per costruire delle scale di collegamento tra due
vie. Questa follia perdura negli anni e arriva fino al 2002 quando l’arena Miramare, l’unica arena ad
avere la vista sul mare a Catania, chiude per fare posto a un grattacielo. Come Alberto spiega, il

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Una sedia di ferro e una gazzosa                                                              Anna Scerra

                                                                 problema è che nessuno dei gestori
                                                                 possiede il terreno su cui poggia
                                                                 l’arena e conseguentemente non c’è un
                                                                 interesse nel preservarla. Oggi le
                                                                 poche         arene      sopravvissute
                                                                 rappresentano un patrimonio storico
                                                                 per la città e dovrebbero quindi essere
                                                                 tutelate, come l’arena Giardino di
                                                                 Riposto (sempre in provincia di
                                                                 Catania) che è attualmente l’unica
                                                                 arena il cui terreno è vincolato e
L’arena Adua                                                     dunque non edificabile.

Una domanda senza risposta
Una domanda sorge spontanea: perché
ci sono così tante arene in Sicilia? Me
lo sono chiesta io, se lo sono chiesto
Alberto e Francesco, ce lo siamo
chiesti a vicenda, ma non sembra
esistere       una     riposta     certa.
Probabilmente grazie alle condizioni
meteorologiche o forse per una
tradizione ormai radicata sul territorio.
Penso che non esista una verità
assoluta dietro a questo fenomeno: a
mio avviso le arene funzionano per le
sensazioni che solo una proiezione L’arena Argentina
sotto le stelle può darti, nonostante l’inquinamento acustico e la qualità visiva ridotta dalla dispersione
della luce. Quindi, caro lettore, se dovessi mai passare dalla Sicilia, recupera un cuscino, dirigiti verso
l’arena più vicina, ordina una gazzosa ghiacciata e goditi lo spettacolo.

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