Un commento all'attesa ordinanza Esami di Stato - anno scolastico 2021/2022 A cura del prof. Mauro Arena - consulente FILINS

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Un commento all’attesa ordinanza
                        Esami di Stato - anno scolastico 2021/2022
                       A cura del prof. Mauro Arena – consulente FILINS
                                         16 marzo 2022

Concluso un rituale, un po’ incomprensibile… un po’ inutile, vengono ora pubblicate le ordinanze
annuali sugli esami di Stato.
Incomprensibile: la bozza dell’ordinanza è stata inviata, per un parere, il giorno 15 febbraio alla
settima commissione (cultura, scienza e istruzione) e, contestualmente, alla quinta commissione
(bilancio) della Camera, nonché ancora alla settima commissione del Senato (istruzione pubblica,
beni culturali).

E’ un adempimento previsto dal comma 956 dell’articolo 1 della legge n. 234 del 30.12.2021 (legge
di bilancio per l’anno 2022), che introduce questa novità procedurale: In relazione all’evolversi
della situazione epidemiologica e al fine di garantire il corretto svolgimento degli esami di Stato
conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2021/2022, con una
o più ordinanze del Ministro dell’istruzione, possono, sentite le competenti Commissioni
parlamentari, essere adottate specifiche misure per la valutazione degli apprendimenti e per lo
svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione.
Resta da capire il perché di questa procedura straordinaria, che vede, per la prima volta, a ragione
della situazione di emergenza sanitaria, porre lo Schema di ordinanza ministeriale recante
disciplina dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione per l’anno scolastico
2021/2022 e poi lo Schema di ordinanza ministeriale recante disciplina dell’esame di Stato
conclusivo del secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2021/2022, ed infine lo Schema di
ordinanza ministeriale concernente le modalità di costituzione e di nomina delle commissioni
dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2021/2022;
quindi tutte e tre queste ordinanze (ordinarie ed annuali) all’autorevole parere delle commissioni
parlamentari.

I pareri, tutti favorevoli, sono stati espressi, per la Camera, in data 22 febbraio (bilancio) e 2 marzo
(istruzione), per il Senato in data 9 marzo.

Il parere della commissione bilancio non poteva che essere favorevole, visto che le procedure
d’esame non comportano nuovi oneri per lo Stato, poiché i costi da sostenere (indennità ed altro)
sono già ricompresi nell’ambito del bilancio annuale del Ministero: inutile burocrazia?

Passiamo al contenuto dei rispettivi pareri.
La Camera.
Per il primo ciclo: si esprime apprezzamento per il ripristino della prova quasi interamente
all’assetto precedente alla pandemia, anche se va tenuto conto delle difficoltà derivanti dalla
discontinuità del percorso scolastico degli ultimi due anni.
Si raccomanda, poi, la partecipazione alle prove INVALSI, che se non costituisce requisito per
l’ammissione all’esame, restano comunque importanti per la conoscenza dei livelli di
apprendimento degli studenti italiani, anche al fine di individuare i necessari interventi per superare
gli attuali tassi di abbandono.
Per il secondo ciclo: è immutata l’osservazione sulle prove INVALSI come per il primo ciclo.
Viene approvata la scelta del Ministero per l’individuazione delle discipline oggetto della seconda
prova scritta (ma non si faceva sempre così?); quindi, poiché la prova è predisposta dalle singole
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commissioni, esse vanno formulate nel rispetto dei quadri di riferimento allegati al decreto
ministeriale n. 769 del 26 novembre 2018, affinché detta prova sia aderente alle attività didattiche
effettivamente svolte nel corso dell’anno scolastico sulle specifiche discipline di indirizzo; ciò al
fine di evitare difformità tra queste e, quindi, disparità di trattamento per gli studenti, pericolo che
potrà essere superato se il Ministero fornirà alle commissioni indirizzi che rendano chiari obiettivi,
struttura e valutazione della prova, assieme ai nodi essenziali delle discipline, ed infine che si
garantisca che il colloquio, sia approfondito ed articolato.

Il Senato.
In questa sede si fa più volte riferimento al parere del CSPI, ripetendone i contenuti.
Per il primo ciclo, richiamato quanto affermato dal CSPI per la sostituzione delle prove scritte con
la presentazione, durante la prova orale, di un elaborato (vedi oltre), il suggerimento si limita alla
revisione delle modalità di certificazione delle competenze in armonia con la raccomandazione del
Consiglio dell’Unione europea del 22 maggio 2018.
Per il secondo ciclo, ancora richiamando il parere già espresso dal CSPI (vedi oltre), si sottolinea la
già detta rilevanza delle prove INVALSI anche in regime di non obbligatorietà.
Relativamente alla prima prova scritta il suggerimento si limita a richiamare l’opportunità che le
tracce fornite si riferiscano a tematiche che meglio possano interpretare le attività svolte in questi
ultimi tre anni.
Per la seconda prova, invece, il parere è più drastico: si suggerisce di individuare strumenti
alternativi all’effettuazione della seconda prova scritta, e, insieme, si sottolinea l’eventuale
difformità tra le commissioni nell’assegnazione di detta prova (si sollecitano correttivi al fine di
garantire la collegialità nella formulazione della seconda prova scritta almeno a livello di istituto).
Non manca, anche qui, il richiamo ad un colloquio approfondito e articolato.
La Commissione introduce poi un richiamo alle esigenze di omogeneità delle valutazioni finali, che
siano cioè confrontabili tra loro in conformità alle indicazioni programmatiche dei singoli indirizzi
di studio.
Qualche confusione si legge nel richiamo al credito formativo (ora soppresso) al posto di credito
scolastico.

Laddove le affermazioni restano nella genericità (come la precisazione che la prova corrisponda a
ciò che si è effettivamente svolto nel programma scolastico annuale, ma anche che il colloquio sia
approfondito ed articolato, attenzione! non deve essere affrettato e superficiale!) sono perciò inutili.
Ma lo sono anche laddove riprendono le osservazioni già proposte dal CSPI, con una evidente
sovrapposizione ripetitiva.
Senza dimenticare – da ultimo – che le proposte formulate non hanno poi trovato sostanzialmente
accoglienza, al di là di una enfatica dichiarazione di attenzione da parte del MI agli organi
istituzionali (ed anche agli studenti): per le Commissioni parlamentari si registra semplicemente il
sintetico parere favorevole conclusivo; per il CSPI si ribatte sulla temuta disomogeneità territoriale
della seconda prova e si accolgono invece parzialmente altre osservazioni secondarie.
Tutto ciò, comunque, ha ritardato le procedure di almeno tre settimane.

Più “tecnico” (ovviamente) il parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (seduta n. 74
del 7 febbraio).
Per il primo ciclo.
Il Consiglio stigmatizza subito il vizio di diffondere le bozze dei provvedimenti, sì che gli organi di
comunicazione diffondono informazioni spesso distorte o imprecise (lagnanza che va senza dubbio
condivisa): Tale procedura depotenzia, anche agli occhi del mondo della scuola e dell’opinione
pubblica, il ruolo consultivo di questo organo istituzionale, in quanto i provvedimenti oggetto di
parere sono diffusi prescindendo da eventuali proposte di modifica e suggerimenti.
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La critica che segue coglie il contenuto dello schema di ordinanza: la soppressione di una prova
scritta (lingua straniera), pure motivata dal riconoscimento di un trascorso periodo di criticità, è
respinta dal CSPI: Ridurre la procedura a due prove scritte, scegliendo solo quella relativa alle
competenze di italiano o della lingua nella quale si svolge l’insegnamento e quella relativa alle
competenze logico-matematiche, rischia, inoltre, di creare una gerarchia di importanza tra le
discipline, considerando le lingue straniere ancillari rispetto alle discipline di Italiano e
Matematica.
La difficile situazione in cui si è svolto l’anno scolastico richiede piuttosto una particolare
attenzione alle esigenze degli studenti con Bisogni Educativi Speciali che nel periodo di emergenza
sanitaria hanno vissuto maggiori difficoltà.
Decisa critica anche alle modalità di valutazione: è respinta la mera valutazione sommativa delle
diverse discipline con una sommatoria di punteggi decimali tra prove scritte e colloquio invece che
una valutazione formativa più attenta della pluri-interdisciplinarietà e del processo globale di
maturazione (ma la forma grafica corretta del termine è interdisciplinarità).
Qui il parere del CSPI è decisamente più drastico: proporre una sola prova in sostituzione di tutte
quelle previste dal decreto legislativo n. 62/2017, che tenga a riferimento il profilo finale dello
studente secondo le "Indicazioni nazionali per il curricolo", così come è accaduto lo scorso anno,
possa consentire di valorizzare il percorso scolastico di tutti e di ciascuno, facendo emergere le
esperienze vissute e le competenze acquisite.
Infine, è posta l’esigenza di un aggiornamento del modello della certificazione delle competenze, in
armonia alla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 maggio 2018 sulle
competenze chiave per l’apprendimento permanente.

Nella medesima seduta del giorno 7 febbraio il CSPI si è espresso anche sull’ordinanza relativa
all’esame di Stato del secondo ciclo.
Uguale la contestazione sulla modalità di comunicazione (ancora tutta da condividere): si sarebbe
potuto utilizzare una modalità di comunicazione delle scelte più coerente rispetto ai tempi di uscita
dell’ordinanza in esame e alle dichiarazioni e annunci che fino a pochi giorni fa lasciavano
intravvedere soluzioni differenti da quelle presenti nello schema di ordinanza.
A questo si aggiunge che, ancor prima della pubblicazione del testo definitivo delle ordinanze
corredate dal parere obbligatorio del CSPI, è stata data ampia diffusione dei contenuti e delle
modalità di svolgimento dell’esame di Stato, non solo attraverso anticipazioni di stampa ma in
modo formale sui canali istituzionali del Ministero dell’Istruzione. Queste modalità di
comunicazione alimentano nell’opinione pubblica e nelle scuole, in assenza del testo dei
provvedimenti, prese di posizione e giudizi spesso contraddittori e imprecisi.

Per la prima prova scritta il Consiglio torna sull’aspetto della disomogeneità del tempo scuola
trascorso, sì che non tutte le studentesse e tutti gli studenti hanno potuto affrontare le diverse
tipologie testuali previste dalla normativa vigente; il suggerimento è quindi che nelle tracce relative
alle diverse tipologie testuali siano individuate le tematiche che meglio possano interpretare le
attività svolte in questi ultimi tre anni.
Per la seconda prova l’aspetto di principale criticità è individuato nel fatto che la prova non avendo
carattere nazionale non garantisce uniformità nella verifica dei livelli di apprendimento raggiunti,
sì che si teme, rispettivamente:
Difformità delle prove e dei risultati tra le diverse aree geografiche, tra le scuole e tra le classi
della stessa scuola;
Assenza di indicazioni che possano garantire la collegialità nella formulazione della prova almeno
a livello d’Istituto, per esempio coinvolgendo i dipartimenti disciplinari;
individuazione di una sola disciplina tra quelle di indirizzo e possibile situazione che veda un unico
docente a preparare la prova;

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rischio che la prova di indirizzo, elaborata dal docente della disciplina, diventi una semplice
riproposizione di fatto di una prova analoga ad altre effettuate nel corso dell’anno;
rischio che nei fatti la predisposizione e la valutazione della prima e della seconda prova scritta
siano affidate allo stesso commissario (caso del liceo classico per il docente di lettere e latino).
Il CSPI conclude con l’affermazione che L’insieme di tali criticità, a parere del CSPI, rende la
predisposizione e lo svolgimento della seconda prova scritta molto problematici per docenti e
studenti, arrivando alla più decisa proposta di individuare altre modalità e altri strumenti che
consentano di accertare i livelli raggiunti nelle discipline d’indirizzo coerenti con il percorso
effettivamente svolto dagli studenti nelle diverse situazioni, senza dover far ricorso
necessariamente alla prevista seconda prova scritta.
Tra gli altri argomenti esaminati particolare rilievo assume l’attenzione posta alla definizione di
situazioni e criteri certi per l’effettuazione delle prove in videoconferenza.

Fin qui i pareri.
Passiamo alle ordinanze in questione.

Primo ciclo: O.M. n. 64 del 14.03.2022.
Respinto il suggerimento del CSPI (una sola prova) motivato dalla maggiore continuità della
didattica nell’anno scolastico 2021/2022, è confermata l’articolazione delle prove scritte, come da
proposta originaria: lingua italiana e logico-matematica, oltre ovviamente al colloquio.
Anche la proposta di una diversa modalità di valutazione non è poi considerata.

Secondo ciclo: O.M. n. 65 del 14.03.2022.
Qui la vera novità è rappresentata dalla procedura prevista per la predisposizione della seconda
prova scritta sulla materia – e solo una - caratterizzante l’indirizzo, a carico della collegialità delle
commissioni operanti nell’istituto (predisposta entro il giorno 22 giugno e quindi sorteggiata il
giorno seguente), e poi dalla distribuzione del punteggio, che è fissato nel massimo di 15 punti
(prima prova), 10 punti (seconda prova, con evidente riduzione per una intuibile concessione alle
preoccupazioni ed alle richieste degli studenti), quindi 25 punti per il colloquio (dove si mantiene
l’attenzione ai percorsi di educazione civica e PCTO) ed infine 50 punti per i crediti (per un
altrettanto evidente apprezzamento della carriera scolastica dello studente).
Un allegato – A – offre criteri per la valutazione della prova orale con indicatori e descrittori, che
potranno garantire un accettabile livello di omogeneità sul territorio nazionale.

Conviene a questo punto, omettendo ulteriori commenti alle disposizioni, per altro già ben note,
sottolineare la situazione relativa ai candidati esterni.
Si tratta, come è noto, delle due distinte categorie rappresentate da soggetti del tutto esterni ai
percorsi di studio e che quindi intendono avvalersi della possibilità per acquisire il titolo conclusivo
del secondo ciclo; ovvero di quegli studenti che hanno frequentato le lezioni, ma poi hanno scelto di
ritirarsi entro la data del 15 marzo per sostenere l’esame in qualità appunto di candidati esterni.
Una sana consuetudine del passato – che mai però ha raggiunto una vera e propria formale
disposizione normativa – ha visto collocare detti candidati del primo tipo ad una classe loro
assegnata assieme ad un corrispondente docente tutor, consentendo l’allineamento della loro
preparazione con i contenuti programmatici svolti nel corso dell’anno dalla medesima classe. Ciò
consentiva, come si capisce, di armonizzare una preparazione, che da assolutamente individuale
veniva invece coordinata con quella dei compagni di corso frequentanti.
Detta procedura era apprezzata e risultava efficace, nonostante che nei tempi passati, ai quali
facciamo qui riferimento, non vi fossero significative differenze nella preparazione dei candidati
rispetto ai programmi ministeriali (come si chiamavano), poiché questi si presentavano uguali per
tutti in ogni scuola del Paese.

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In tempi successivi la pratica assumeva maggiore rilievo, dopo che l’autonomia delle istituzioni
scolastiche produceva percorsi di studio via via sempre più differenziati (come esplicitati non a caso
nel Piano dell’Offerta Formativa della scuola) e talvolta, seppure corrispondenti alle Indicazioni
nazionali (che sostituivano così i Programmi), solo appena confrontabili tra loro.
Era di ostacolo, però, la tardiva assegnazione dei candidati esterni alle istituzioni scolastiche
operante dagli Uffici scolastici regionali (almeno da alcuni), che consentivano solo in parte questo
allineamento, che poteva effettuarsi solo in tempi molto ristretti (in genere nel corso del mese di
marzo), e non dall’inizio dell’anno scolastico, come sarebbe stato preferibile.
Un aspetto, questo, risolvibile con una maggiore solerzia sui tempi delle operazioni e possibile,
quindi, anche in futuro.
L’elemento di novità introdotto in questo anno scolastico, cioè la scelta e la redazione della seconda
prova, quella che rispecchia la caratteristica del corso di studio, e che viene predisposta
collegialmente dalle commissioni interne, ripropone con maggiore forza il problema.
È del tutto evidente che il candidato esterno, se assegnato alla scuola solo in tempi avanzati (ancora:
nel corso del mese di marzo) ha troppo poco tempo - o forse per niente - per assimilare i contenuti e
le strategie contenute nella prova, che invece i compagni interni possiedono per la effettiva
frequentazione del corso.
Diventa così più che necessario – cioè indispensabile – tanto anticipare i tempi di queste
assegnazioni (il mese di settembre è ovviamente più che appropriato), quanto permettere ai
candidati di scegliere la sede d’esame, avendo essi impostato la loro preparazione su quella
particolare specifica impostazione di attività didattica scelta dalla scuola come espressa nel PTOF.
Un punto, oggi frequentemente disatteso, certamente da rivedere con attenzione per il prossimo
futuro.

La terza ordinanza (n.66 del medesimo giorno 14) disciplina la costituzione la nomina delle
commissioni.
Nella costanza delle procedure già note, vale la pena qui riprendere e sottolineare i seguenti punti:
     1. l’abbinamento di due commissioni non esclude che la commissione della scuola paritaria
         possa ricoprire il ruolo di prima classe quando si abbia la combinazione con un’altra classe
         di scuola statale, superando un’abitudine che collocava la scuola paritaria in subordine
         (articolo 3, comma 1/b);
     2. ogni commissario ha facoltà di interrogare in tutte le discipline per le quali hanno titolo
         secondo la normativa vigente, ponendo, qui, la situazione dei docenti non abilitati (si dice
         espressamente abilitazione o, in mancanza, laurea) che spesso viene dagli Uffici scolastici
         stigmatizzata alle scuole paritarie;
     3. la facoltà – già esistente – di assegnare ad un unico docente anche un numero superiore a
         due classi salvo casi eccezionali e debitamente motivati, condizione che talvolta si presenta
         per le scuole paritarie.
Di questa ordinanza non sono stati prodotti commenti o osservazioni da parte degli organi
istituzionali sopra richiamati.

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