Un cantone senza swing - Azione.ch
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Un cantone senza swing Jazz: un giro di orizzonte tra alcuni jazzisti e promoter musicali ticinesi per scoprire cosa stanno facendo e come affrontano l’attuale situazione di crisi / 20.04.2020 di Alessandro Zanoli Musica jazz? Quale musica jazz? Il panorama cantonale, normalmente così ben fornito e propositivo è completamente congelato. Se non ci fosse Facebook sarebbe difficile capire dove e come incontrare i jazzisti di casa nostra, i promotori, gli organizzatori. Eppure ci sono, e proprio dalle pagine dei social media ci accorgiamo di come si siano attivati per reagire alla catastrofe che ha colpito il mondo dello spettacolo. Abbiamo cercato di contattare alcuni di loro per capire come se la passano, cosa pensano della situazione attuale e come si organizzano. «Quasi tutte le mie attività di insegnamento proseguono regolarmente online. In questo periodo, mi dedico poi soprattutto allo studio del mio strumento. Vivo però come un po’ sospeso, aspettando che torni il tempo per la serenità e la creatività» ci confida Gabriele Pezzoli, pianista locarnese. «Comincio a credere che la fase di incertezza finanziaria che sta attraversando il mondo musicale non sia che la punta dell’iceberg, il manifestarsi di una “crisi annunciata” che affonda le proprie radici anche in un certo squilibrio tra “domanda” e “offerta”. L’attuale crisi ha portato a galla una realtà già fragile e problematica, anche a causa del peculiare contesto dei lavoratori indipendenti». Anche il chitarrista luganese Roberto Pianca vede le sue attività online come centrali ma precarie «L’insegnamento e i miei workshops online mi garantiscono solo un salario parziale». Di fatto sia Pianca sia Pezzoli stanno sfruttando la situazione per studiare il loro strumento, un compito del resto fondamentale per la loro crescita artistica. Occorre dire che sia la Confederazione che il Cantone hanno varato alcuni dispositivi d’aiuto e di sostegno finanziario per gli artisti e per le attività culturali. I termini sono pubblicati online e sono reperibili, per chi fosse interessato, a questi indirizzi: www.bak.admin.ch/bak/it/home/temi/covid19.html (Misure per attenuare l’impatto economico del Coronavirus nel settore della cultura) e www4.ti.ch/decs/dcsu/sportello/emergenza- coronavirus/richiesta-di-sostegno/ (Coronavirus: Sostegno finanziario per operatori culturali). I musicisti da noi interpellati sono al corrente dell’esistenza di tali paracadute. Roberto Pianca da parte sua ha inoltrato richiesta di sostegno al sindacato e alla Cassa di compensazione AVS. Gabriele Pezzoli coglie la situazione come uno spunto per una riflessione più ampia: «In qualità di musicisti, noi produciamo poca ricchezza, ma viviamo, per così dire, soprattutto dei frutti della ricchezza altrui. Gli aiuti diretti all’economia avranno quindi anche un’importante ripercussione indiretta su quanto succederà in futuro per la cultura. A lato degli interventi urgenti, si potrebbe, secondo me, sfruttare l’occasione per risanare una situazione già fragile di per sé, ad esempio ripensando lo statuto dei lavoratori indipendenti in ambito culturale». Pianca gli fa eco: «Mi piacerebbe che la mia categoria, quella dei musicisti (così come quella degli artisti), guadagnasse salari dignitosi tutto l’anno e fosse tutelata meglio dallo Stato».
Se la situazione è critica per i musicisti, altrettanto si può dire per quella degli organizzatori. Nicolas Gilliet, promoter e direttore artistico, è in una fase di osservazione: «Rimango attivo restando in contatto con i musicisti, tento di capire come evolvono le cose per poter ripartire con il lavoro non appena possibile. Al momento sto attualizzando il programma della radio (Jazz Gumbo Radio) che porto avanti a livello personale e che ha come scopo anche quello di promuovere i numerosi musicisti con i quali collaboro». Spinto da un ottimismo di fondo Gilliet ha però perplessità per il futuro: «C’è tanta frustrazione nell’aria perché i tempi si allungano sempre di più, i concerti saranno visti come assembramenti di persone e, viste le complicazioni economiche per tutti, vedo dura a trovare sponsor che investano prossimamente nella cultura». Anche Santo Sgrò, animatore e musicista, fondatore del club luganese Jazz in Bess è perplesso: «Sento un grande punto di domanda incombere sul futuro e in particolare sul momento in cui si dovrà riaprire. Sono problemi che riguardano tutti i locali simili. Bisognerà adattarsi per rispettare le norme della distanza sociale. Sarà inevitabile una riduzione in generale del pubblico, ciò che forse porterà ad aumentare i prezzi. La nostra fortuna è che noi, a differenza di altri grandi locali a Zurigo o Ginevra, non abbiamo spese legate al personale, agiamo per volontariato, e avremo meno difficoltà. Per fortuna i nostri soci ci sono vicini e hanno accettato di sostenerci. Abbiamo sentito il loro affetto». L’amore per il jazz in Ticino è vivo, ma in futuro dovrà vivere prove molto, molto ardue. Le interviste Nicolas Gilliet, organizzatore e direttore artistico Come sta utilizzando il periodo di isolamento in casa? Rimango attivo restando in contatto con i musicisti, tento di capire come evolvono le cose per poter ripartire con il lavoro non appena possibile (quando e come). Al momento sto attualizzando il programma della radio (Jazz Gumbo Radio), una radio che porto avanti a livello personale che ha come scopo quello di promuovere tra le altre cose i numerosi musicisti con i quali collaboro. Non nascondo che c’é tanta frustrazione nell’aria perché i tempi si allungano sempre di più, i concerti saranno visti come assembramenti di persone e, viste le complicazioni economiche per tutti, la vedo dura a trovare sponsor che investano prossimamente nella cultura. Esistono opportunità concrete per lei di mantenere un'attività che permetta un salario? No. A dire il vero sto tentando di capire i dettagli di quanto proposto dalla Confederazione e Cantone. Sicuramente utile, ma non ancora chiarissimo. Devo ammettere che in tempi difficili, a cui si aggiunge una fase buia del “dopo-JazzAscona”, tutto é il benvenuto anche se mi piacerebbe essere più propositivo. Una copertura dei miei costi va bene ma io vorrei lavorare per quei soldi. Vedrei meglio un investimento nella cultura con delle somme elargite per far suonare i musicisti, creando lavoro e distribuzione dei fondi. Esattamente quello che avevo fatto con i soldi raccolti per aiutare i musicisti di New Orleans dopo Katrina: nessuno voleva soldi e basta, volevano suonare ed essere remunerati. Era quello che avevo fatto. Avevo organizzato dei concerti in una New Orleans senza musica coinvolgendo un maggior numero di musicisti professionisti possibile. Non dobbiamo pensare solo a grandi palchi con grandi nomi. Sarebbe bello pensare a piccoli palchi con relativamente poca tecnica dispersi in varie piazze del Cantone dove proporre musica durante più mesi (magari una volta a settimana). Fa niente se ci sono 10 o 100 persone. L’importante é il coinvolgimento e proporre musica per ricostruire una socialità. Penso si andrebbe a rivalutare un po’ la musica, l’intrattenimento e la si aiuterebbe a crescere. Ha fatto ricorso alle misure in sostegno della cultura messe in atto dalla Confederazione o dal Cantone? Le sembra che siano sufficienti?
Mi sono messo in contatto. Il problema vero però si porrà quando ci sarà una riapertura e la cultura rimarrà indietro. Ho l’impressione che si dovrà aspettare diversi mesi per tornare ad una pianificazione “normale”. Da chi si attende più comprensione e sostegno: dai musicisti? Dal pubblico? Dalle autorità? Il problema é che la comprensione c’é da tutte le parti. Tutte le parti sono però al momento sotto pressione e non vedo come si può pretendere qualcosa da uno di loro. Facendo suonare gratuitamente i musicisti? Non la vedo così. Andando ad intaccare dei budget che non esistono più presso le autorità? Andando a chiedere al pubblico di subito spendere soldi in musica dopo le ristrettezze che ha passato? Difficile. Una volta che tutto questo sarà finito come ricorderà questo periodo? Come un momento di testardaggine. Amo troppo il mio lavoro, la buona musica e i musicisti con cui collaboro. Mi hanno dato tanto e vorrei poter continuare ad operare per la loro crescita con promozione, produzione e organizzazione di concerti. Lasciare il settore nel quale io ho investito molto e creduto ancor di più non rientra in considerazione per ora. Questa volta però sono veramente messo alla prova… Gabriele Pezzoli, pianista e insegnante Come sta utilizzando il periodo di isolamento in casa? Quasi tutte le mie attività di insegnamento proseguono regolarmente on line. Parte del mio tempo rimane quindi occupato come prima delle chiusure. In questo periodo, mi dedico poi soprattutto allo studio del mio strumento, il pianoforte, e alle passioni di sempre, come la lettura. Vivo però come un po’ sospeso, aspettando che torni il tempo per la serenità e la creatività. Esistono opportunità concrete per lei di mantenere un'attività che permetta un salario? In parte sì, soprattutto grazie all’insegnamento. Comincio però a credere che la fase di incertezza finanziaria che sta attraversando il mondo culturale non sia che la punta dell’iceberg, il manifestarsi di una “crisi annunciata” da molto tempo che, tra le varie cause possibili, affonda le proprie radici anche in quello che, per semplicità, potremmo definire uno squilibrio tra la “domanda” e l’”offerta” musicale. In Ticino come altrove, l’attuale crisi ha portato a galla una condizione già fragile prima della pandemia, una realtà resa particolarmente problematica anche a causa del peculiare contesto dei lavoratori indipendenti. La mia situazione personale, in questo senso, non fa eccezione. Ha fatto ricorso alle misure in sostegno della cultura messe in atto dalla Confederazione o dal Cantone? Le sembra che siano sufficienti? Sto leggendo il tutto, e valutando come procedere. Va detto che, in qualità di musicisti, di piccoli artigiani della cultura, noi produciamo poca ricchezza, ma viviamo, per così dire, soprattutto dei frutti della ricchezza altrui. In questo senso, gli aiuti diretti all’economia avranno anche un’importante ripercussione indiretta su quanto succederà in futuro a livello culturale. A lato degli interventi urgenti, si tratterebbe ora, secondo me, di sfruttare l’occasione per risanare una situazione che è già fragile di per sé, ad esempio ripensando lo statuto dei lavoratori indipendenti in ambito culturale.
Da chi si attende più comprensione e sostegno: dai musicisti? Dal pubblico? Dalle autorità? Non è un momento facile per nessuno e penso che la comprensione e il sostegno debbano essere reciproci e trasversali. Spero soprattutto che in questo periodo, che ci ha in qualche modo costretti a sederci tutti al tavolo per elaborare soluzioni a fronte di una situazione eccezionale, si potranno porre le basi per un migliore e rinnovato dialogo tra le parti. Stiamo dimostrando di poter funzionare velocemente, in modo razionale e in un clima di collaborazione e solidarietà. Spero che questo possa essere lo spirito, in ogni ambito, anche per il ritorno alla nuova normalità che ci aspetta. Una volta che tutto questo sarà finito come ricorderà questo periodo? Come il tempo della fragilità, ma anche come il tempo delle opportunità. Per ripensare alle nostre relazioni con la natura e l’ambiente, con l’alimentazione, con il tempo. Per porre le basi di una ripresa economica all’insegna della sostenibilità e per mettere un freno alla folle corsa al superfluo, allo spreco. Per riconsiderare il nostro rapporto con la politica e le nostre responsabilità nella società in cui viviamo. La musica - la colonna sonora delle nostre vite - non potrà che guadagnarci. Roberto Pianca, chitarrista e insegnante Come sta utilizzando il periodo di isolamento in casa? Sto studiando molto. Esistono opportunità concrete per lei di mantenere un'attività che permetta un salario? L'insegnamento e i miei workshops online mi garantiscono solo un salario parziale. Ha fatto ricorso alle misure in sostegno della cultura messe in atto dalla Confederazione o dal Cantone? Le sembra che siano sufficienti? Sì, ho contattato il sindacato e la cassa di compensazione AVS, ma non ho ancora ricevuto risposta. Per quanto riguarda la seconda domanda non sono a conoscenza delle cifre, ma credo che ogni forma di sostegno debba essere versata a fondo perso. Da chi si attende più comprensione e sostegno: dai musicisti? Dal pubblico? Dalle autorità? In realtà non mi aspetto necessariamente comprensione né sostegno da nessuno, mi piacerebbe però che la mia categoria, quella dei musicisti, guadagnasse salari dignitosi tutto l'anno e fosse tutelata meglio dallo Stato, potrei ampliare il discorso a tutti gli artisti e a tutti i lavoratori indipendenti. Una volta che tutto questo sarà finito come ricorderà questo periodo? Come un periodo unico, storico. Santo Sgrò, musicista e animatore di Jazz in Bess Come state vivendo a Jazz in Bess la situazione attuale? La situazione è simile a quella che stanno vivendo tutti i jazz club in Svizzera. Quelli grandi soffrono perché hanno spese molto consistenti dal punto di vista del personale, ma da altro canto possono godere di un sostegno cantonale e comunale importante che copre le loro spese. Quelli più piccoli invece hanno una vita più difficile perché devono basarsi soltanto sulle loro risorse e non ricevono grandi sovvenzioni. Esistono opportunità concrete per mantenere la vostra attività? Diciamo che noi ci stiamo battendo per la nostra sopravvivenza: è molto bello vedere come i nostri
soci hanno reagito alla nostra richiesta d'aiuto, tanto più che le sovvenzioni cantonali non sono sufficienti a coprire tutte le nostre spese. Per fortuna abbiamo questa sensibilità dei soci che ci stanno dando molto: si dimostrano molto solidali e ci stanno aiutando. Li ringraziamo davvero di cuore perché questo è del tutto inaspettato. Abbiamo avuto anche dimostrazione di solidarietà da parte di vari club e associazioni nazionali. In particolare è venuta in nostro aiuto l'associazione Swiss Diagonale con cui organizziamo ogni due anni un festival delicato alle giovani leve del jazz. Swiss Diagonale ci ha offerto un prestito che ci permetterà di pagare l'affitto fino a giugno. Poi si vedrà. Ha fatto ricorso alle misure in sostegno della cultura messe in atto dalla Confederazione o dal Cantone? Le sembra che siano sufficienti? Abbiamo fatto varie richieste utilizzando le opportunità offerte dalla confederazione e dai sindacati per vedere di poter attivare dei sussidi di sostegno. Stessa cosa con i dispositivi messi a disposizione dal cantone. Come vede la situazione attuale? Nella situazione attuale ho l'impressione che le preoccupazioni del settore culturale non siano molto riconosciute dalla popolazione. È un lavoro molto grande ma che non appare se non quando ci si rende conto della sua scomparsa. In particolare il musicista non è considerato come una professione che e mi sembra di vedere che c'è scarsa considerazione delle sue difficoltà: spero che le persone si accorgano di quanto la ricchezza culturale del nostro cantone sia stata messa in crisi da questa situazione. Mi manca molto di poter vedere concerti, di poter incontrare i musicisti di poter partecipare alla cultura dal vivo. A casa passo il tempo riguardando i DVD e filmati di concerti, ma proprio perché sento una grande mancanza di quelli reali. Una volta che tutto questo sarà finito come ricorderà questo periodo? Sento un grande punto di domanda incombere sul futuro e in particolare sul momento in cui si dovrà riaprire il locale. Sono problemi che riguardano tutti. Bisognerà adattarsi per rispettare le norme della distanza sociale. Servirà una riduzione in generale del pubblico, ciò che forse porterà ad aumentare i prezzi. La nostra fortuna è che noi a differenza degli altri grandi locali non abbiamo spese legate al personale e quindi avremo meno difficoltà economiche. Per loro sarà sicuramente più difficile confrontarsi con la nuova situazione. Per noi sarà più semplice perché non dovremmo licenziare dipendenti o trovare i modi per pagare i salari. Tutti i nostri collaboratori sono volontari. Quello che ci incoraggia e avere sentito la vicinanza dei nostri soci e di molte persone che ci vogliono bene e sostengono il nostro lavoro. La situazione comunque dimostra quanto sia precaria la sopravvivenza della cultura e quanto il ruolo delle autorità sia importante, anche se per noi attualmente le sovvenzioni cantonali non permettono di pagare nemmeno l'affitto del locale.
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