Un'architettura moderna sulle Alpi per il Villaggio Eni di Borca di Cadore
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Un’architettura moderna sulle Alpi per il Villaggio Eni di Borca di Cadore Il Villaggio Eni di Borca di Cadore è un insediamento voluto dal presidente Eni Enrico Mattei tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta. Nasce sulle Dolomiti bellunesi su progetto dell’architetto Edoardo Gellner come luogo di vacanze estive e invernali per i dipendenti del gruppo e le loro famiglie. La sua realizzazione risponde a istanze molteplici, richiedenti un’architettura aggiornata, moderna, carica di valenze e rappresentativa di progresso e futuro per una società in crescita. La scelta per la progettazione cade sull’architetto istriano originario di Abbazia (oggi in Croazia), che per dieci anni si dedica all’incarico più importante della sua carriera. Gellner disegna una nuova architettura alpina senza nostalgie passatiste, integrata con il paesaggio e l’ambiente naturale. Il progetto ricorre ai nuovi materiali, come il cemento armato spesso lasciato a vista, che si affiancano a un nuovo utilizzo dei materiali della tradizione, come legno, pietra e rame. Il progetto del villaggio Eni a Borca di Cadore Il villaggio nasce per essere un insediamento articolato che comprende diverse strutture. La fase progettuale si conclude nel 1959, mentre la realizzazione viene interrotta nel 1962 dalla prematura morte del committente Enrico Mattei, che lo lascia incompleto ma funzionante. Persegue la qualità architettonica, l’integrazione organica con il paesaggio alpino e l’ambiente naturale e la realizzazione di un’utopia
sociale. Sorto a una decina di chilometri da Cortina d’Ampezzo, occupa 100.000 mq in pendenza all’interno di un grande bosco ai piedi del Monte Antelao. L’impianto urbanistico di progetto prevede un imponente insediamento per 6.000 persone diffuso e sviluppato lungo una strada principale a tornanti. La parte residenziale avrebbe dovuto essere completata da strutture di servizio con negozi, bar e parchi giochi. La colonia e i servizi Il nucleo principale, partendo dall’ingresso, è costituito dalla colonia con un primo nucleo di servizi che comprendono gli impianti sportivi. La colonia distribuisce i suoi 30.000 mq all’interno di 17 edifici che si adattano alla pendenza del terreno e possono ospitare fino a 400 bambini dai 7 ai 12 anni, uniti tra loro da rampe coperte e collegati attorno al padiglione centrale destinato all’ingresso e agli spazi di riunione comuni. Le aree esterne sono progettate per il gioco e la vita all’aria aperta, unite da collegamenti pedonali. I dormitori raggruppano i loro 40 letti in più piccoli gruppi da 4. La chiesa Salendo lungo la strada principale si trovano gli alberghi, realizzati solo due dei molti previsti dal progetto, e la Chiesa di Nostra Signora del Cadore. Il suo progetto vede la preziosa collaborazione di Carlo Scarpa, a cui Gellner si rivolge per la parte artistica. È un edificio impostato su una sezione triangolare equilatera sorretta da capriate controventate da tiranti metallici e sostenute da pilastri in cemento. Il corpo della chiesa è introdotto da un sagrato da cui si aveva visibilità sull’intero villaggio. L’interno crea una
navata centrale affiancata da due navate laterali più piccole illuminate dalle finestre a nastro laterali e dai lampadari disegnati da Scarpa in vetro di Murano verde e rosso. I materiali uniscono naturale e artificiale, mettendo insieme metallo, vetro, cemento, pietra e legno. Le villette del villaggio Eni Il progetto originario prevede anche 500 villette unifamiliari, il cui numero è ridotto dalla realizzazione alla metà. Sono realizzate nel bosco in posizioni sparse ma in armonia con l’andamento del terreno e progettate in modo attento negli aspetti tipologici e costruttivi. Il loro unico piano organizza di differenti metrature interne chiuse da tetti a una sola falda e sorrette da setti portanti in cemento rivestiti di pietra. Largo è il ricorso all’utilizzo di componenti prefabbricate. L’interno è illuminato da grandi vetrate orizzontali e arredato da complementi su misura, fissi e mobili. Ivrea Patrimonio Unesco: il Centro dei Servizi Sociali Ivrea Patrimonio Unesco: l’Unità residenziale Ovest Il campeggio Collocato nella posizione più alta e lontana del villaggio Eni, il campeggio si trova ai piedi del monte Antelao, a una quota sul livello del mare di 1200 metri. È composto da una serie di tende fisse per 200 ragazzi servite da strutture comuni per refettorio, bagni con docce e spazi per il soggiorno in comune. Ogni tenda è in grado di ospitare 6 posti letto e prende le forme di una capanna di legno appoggiata su un basamento di pietra, con sezione a triangolo isoscele e le due falde del tetto rivestite di legno. Quattro colori contraddistinguono i altrettanti gruppi di capanne.
Photogallery La chiesa (© Nicola Noro) Chiudi La chiesa (© Nicola Noro) Chiudi La chiesa (© Nicola Noro) Chiudi La Colonia (© Nicola Noro) Chiudi La Colonia (© Nicola Noro) Chiudi La Colonia (© Nicola Noro) Chiudi La Colonia (© Nicola Noro) Chiudi La Colonia (© Nicola Noro) Chiudi La Colonia (© Nicola Noro) Chiudi Le Villette (© Nicola Noro) Chiudi
Le Villette (© Nicola Noro) Chiudi Le Villette (© Nicola Noro) Chiudi Il campeggio (© Nicola Noro) Chiudi Il campeggio (© Nicola Noro) Chiudi ivreOggi, il Progettoborca di Dolomiti Contemporanee Il villaggio, utilizzato fino al 1992, è oggi proprietà del gruppo immobiliare Minoter-Cualbu e ravvivato grazie alle azioni e ai programmi di Dolomiti Contemporanee. DC nasce nel 2011 in seguito all’iscrizione delle Dolomiti nel Patrimonio dell’Umanità Unesco e dal 2014 ha attivato proprio sull’ex Villaggio di Borca di Cadore un progetto specifico di rigenerazione. Progettoborca mira alla valorizzazione culturale e alla rifunzionalizzazione di alcune delle aree del villaggio per riattivarlo in modo permanente. Le leve sono l’arte, la letteratura, gli eventi, le visite guidate e iniziative che puntano, ovviamente, anche sull’architettura. Nel 2018, ad esempio, il Villaggio ha ospitato lo studio milanese di David Chipperfield. Nel 2021 è stato parte integrante del programma di Comunità Resilienti, il Padiglione Italia alla Biennale di Architettura di Venezia curato da Alessandro Melis.
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