Theologica - Centro Culturale Il Faro Modena

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Theologica

  l’EducazionE nEllE ScuolE ParEntali
     cattolicHE: PrinciPi E Finalità

                                                    Stefano Fontana

      Alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, l’Autore focalizza
l’importanza dell’impegno educativo della Chiesa nei confronti di tut-
ti gli uomini, rispecchiando così il suo ruolo di Madre che esercita la
sua maternità soprannaturale
                                                                       -
gato il dovere da parte dei genitori di «
                                                                       -
                                                                      ».
Si assiste, al dire dell’Autore, al fenomeno della “secolarizzazione
dell’educazione” penetrata purtroppo anche nella Chiesa. Una so-

che «rivendica la libertà di educazione come espressione del diritto
naturale e divino, oggettivo ed universale».
150                          stefano fontana

    In questo intervento prendo in considerazione la scuola
parentale cattolica, collocandola nella visione dell’educazione
cattolica dal punto di vista della Dottrina sociale della Chiesa.
Con l’espressione “scuole parentali cattoliche” intendo riferir-
mi sia alle scuole parentali sia alle esperienze di homeschooling.

1. l’EducazionE            nElla       dottrina          SocialE       dElla
cHiESa
      La Chiesa Cattolica si è sempre occupata di educazione,
non solo di educazione religiosa e morale, ma anche di educa-
zione ed istruzione civile. Innumerevoli ed eroiche le iniziative
in questo campo di Ordini religiosi, missionari, sacerdoti e, in
generale, del popolo cattolico. Per usare le parole della Divini
illius Magistri (1929) di Pio XI, la Chiesa

             «ha in tutti i secoli creato e promosso una moltitudine
          ingente di scuole e istituzioni in ogni ramo del sapere [...]
                                                                           -
          rosi i monasteri, i conventi, le chiese, le collegiate, i capitoli
          cattedrali e non cattedrali, presso ognuna di queste istitu-
          zioni era un focolare scolastico, un focolare di istruzione e
          di educazione cristiana»1.

    Il motivo di questo impegno educativo della Chiesa è che
essa esercita nei confronti di tutti gli uomini una “maternità
soprannaturale”2. La sopra-natura esercita una sua materni-
tà nei confronti della natura umana, aiutandola a perseguire

l’aiuta anche a sviluppare adeguatamente le proprie stesse

1
    pio XI, Lettera Enciclica Divini illius Magistri, in Enchiridion delle Enci-
cliche, EDB, Bologna 1995, vol. 5, pp. 547, 549.
2
    Ivi, p. 453.
l’educazione nelle scuole paRentali cattoliche               151

prosecuzione e compimento di quella procreativa, così la Chie-
                                                             -
mo che è Dio come elevazione della loro creazione naturale.
             3

nel senso che nella natura ci sia un diritto alla sopra-natura4,
bensì una predisposizione o, se vogliamo, una attesa5. L’aiuto

alla natura già realizzata come tale, come un secondo scalino si
aggiunge al primo scalino, bensì risponde gratuitamente ad una
sua predisposizione ontologica ad accoglierla, educandola ad
una nuova vita. Come la mamma, tramite l’educazione cristia-
na, genera una seconda volta il proprio bambino, così la Chiesa
crea una seconda volta l’uomo, tramite la vita di grazia e l’edu-
cazione cristiana, con le quali ri-capitola la stessa vita naturale.
     Nascono da qui i due doveri/diritti originari dell’educazio-
ne, quello della Chiesa e quello della mamma, vale a dire dei
genitori:

             «I genitori hanno dalla natura il diritto di educare colo-
          ro che hanno procreato, con il conseguente dovere che la
          loro educazione corrisponda alla grazia di aver avuto dei

          reagendo, si sforzino di respingere in questo campo ogni

3
   Cf san toMMaso d’aquino, S. Th. I-II, q. 2, a. 8.
4
   Questo pericolo era presente nella “svolta” circa i rapporti tra natu-
ra e sopra-natura determinata dal libro Surnaturel (1946) di Henri de
Lubac, tentativo denunciato da Pio XII nell’enciclica Humani generis
(1950). Si apriva così la lunga discussione sulla “natura pura”, ossia
sulla possibilità di una natura senza la grazia. Per una valutazione teo-
logica cf card. G. siRi, Getsemani, Fraternità della Santissima Vergine
Maria, Roma 1987. Per una presentazione della complessa querelle cf
F. gianfReda, Il dibattito sulla natura pura tra H. de Lubac e Karl Rahner,
Pizzini Editore, Verrucchio 2007. La corretta impostazione dottrinale
del problema è esposta in M. gagliaRdi, La verità è sintetica. Teologia
dogmatica cattolica, Cantagalli, Siena 2017, pp. 334-339.
5
    Cf S. fontana, Parola e comunità politica. Saggio su vocazione e attesa,
Cantagalli, Siena 2010.
152                           stefano fontana

           intromissione ingiuriosa e rivendichino il diritto di educare

           tenendoli lontani da quelle scuole nelle quali corrono il
           pericolo di assorbire il veleno dell’empietà»6.

     Il dovere/diritto della Chiesa è “sopraeminente”7, in quanto
istituito direttamente da Dio. Per questo è originario e fondati-
vo. Il dovere/diritto dei genitori è naturale, ma col Battesimo e
il sacramento del Matrimonio diventa sopra-naturale anch’esso,
per partecipazione al dovere/diritto della Chiesa. I due doveri/
diritti – quello della Chiesa e quello dei genitori – non sono
sullo stesso piano: sono ambedue originari e non derivati da
altro, ma quello della Chiesa fonda ultimamente anche quel-
lo dei genitori, perché la natura ha bisogno della sopra-natura
anche per essere natura8.
     Quando lungo la storia viene meno la consapevolezza del
compito pubblico della Chiesa di educare, ossia del suo dove-
re/diritto alla “maternità soprannaturale”, viene progressiva-
mente meno anche la consapevolezza del dovere dei genitori

di ordine naturale. Oggi molti genitori si dimostrano incapa-

percepire le più semplici dinamiche dell’educazione nell’ordine

6
    leone XIII, Lettera Enciclica Sapientiæ christianæ, 10 gennaio 1890,
in Enchiridion delle Encicliche, p. 573.
7
    pio XI, Lettera Enciclica Divini illius Magistri, in Enchiridion delle Enci-
cliche, pp. 451, 461.
8
    «La missione dell’educazione spetta innanzitutto, soprattutto, in primo
luogo alla Chiesa e alla famiglia, spetta a loro per diritto naturale e divi-
no, e perciò in modo inderogabile, ineluttabile, insurrogabile»: pio XI,
Lettera Enciclica Divini illius Magistri, in Enchiridion delle Encicliche, p. 469.
«Benché poi questo divino rinnovamento, che abbiamo detto, riguardas-
se principalmente e direttamente gli uomini costituiti nell’ordine della
grazia soprannaturale, tuttavia i preziosi e salutari frutti della medesima
ridondarono largamente anche nell’ordine naturale»: leone XIII, Lettera
Enciclica Arcanum divinæ sapientiæ, in Enchiridion delle Encicliche, p. 97.
l’educazione nelle scuole paRentali cattoliche                  153

naturale delle cose. Rivendicare il dovere/diritto dei genito-

dovere/diritto della Chiesa non raggiunge il fondo del proble-
ma: il dovere/diritto dei genitori rimane debole e soggetto ad
involuzioni di senso. Spesso oggi la rivendicazione del diritto
                                                               -
cizio della libertà di scelta, disancorata da doveri oggettivi e

allora dovremmo legittimare l’educazione gender se i genitori
la chiedessero.
     Queste osservazioni gettano una luce particolare sul feno-
meno della “secolarizzazione dell’educazione”9 in corso da
molti secoli ed oggi ampiamente accolta anche nella Chiesa.
Espulsa la Chiesa dalla pubblica educazione e negato che essa
sia «indipendente da qualsiasi potestà terrena, come nell’origi-
ne così nell’esercizio della sua missione educativa»10, dall’edu-
cazione vengono espulsi anche i genitori. Per questa via non si
giungerà – come molti dicono – ad una educazione naturale,
razionale, umana anche se privata della dimensione religiosa,
ma nascerà un altro grande educatore, il mondo, che educherà

                                                                               -
to nell’uomo il cristiano non rimarrà nemmeno l’uomo.
     Il dovere/diritto della Chiesa ad educare tutti gli uomini
                                                              -
so, in quanto adatti o non adatti alla verità religiosa e mora-
le, riguarda anche indirettamente tutti gli ambiti del sapere e
dell’attività umana, fatte le debite distinzioni. L’educazione
cristiana è anche una educazione civile e non può non farsi
cultura e civiltà. L’educazione cristiana non può non tendere a

9
    Cf S. fontana, Chiesa gnostica e secolarizzazione, Fede & Cultura, Vero-
na 2019, soprattutto pp. 42-56.
10
     pio XI, Lettera Enciclica Divini illius Magistri, in Enchiridion delle Enci-
cliche, p. 453.
154                           stefano fontana

produrre una civiltà cristiana11, perché la Chiesa è corpo nella
storia e come tale deve farsi cultura12. Il Magistero sociale ha
sempre avuto la consapevolezza, bene espressa dalla Quadrage-
simo anno (1931) di Pio XI, che

              «il deposito della Verità a noi commesso da Cristo e il
           dovere gravissimo impostoci di divulgare e d’interpretare
           tutta la legge morale ed anche di esigerne l’osservanza, sot-
           topongono ed assoggettano al supremo Nostro giudizio
           tanto l’ordine sociale quanto l’economico»13.

                       che i vari ambiti del sapere e del fare
perdano la propria legittima autonomia14, dato che la sopra-na-

                                                                               -

conseguire il premio Nobel nel suo campo di ricerca, ma vuol
dire che se quella ricerca non si collega con la morale e la fede,

elevata ed esemplare, ma che «una società nella quale Dio è
assente non trova il consenso necessario sui valori morali e

11
     Cf paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, n. 31 sul
reciproco appello tra il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale
dell’uomo.
12
     «La fede stessa è cultura. Essa non esiste nuda, come mera reli-
gione»: J. RatzingeR, Fede verità tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del
mondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 71; «la Chiesa per il credente è un
autentico soggetto culturale»: ivi, p. 72; «Cristo rimane uomo per l’eter-
nità, mantiene un corpo in eterno; essere uomo ed essere corpo però
implicano storia e cultura, questa storia del tutto particolare, con la sua
cultura, ci piaccia o no»: ivi, p. 74.
13
     pio XI, Lettera Enciclica Quadragesimo anno, n. 41.
14
     concilio ecuMenico vaticano II, Costituzione Pastorale Gaudium
et spes, n. 36.
l’educazione nelle scuole paRentali cattoliche               155

la forza per vivere secondo il modello di questi valori, anche
contro i propri interessi»15.
      Il punto appena toccato spiega perché è lecito parlare di
educazione nell’ambito della Dottrina sociale della Chiesa.
Quest’ultima è un sapere che si colloca nel punto in cui la Chie-
sa si interfaccia con il mondo16, il punto in cui la sopra-natura
si interfaccia con la natura. La Dottrina sociale della Chiesa
è quindi anche essa espressione di “maternità soprannatura-
le” ed infatti appartiene alla missione stessa della Chiesa17 ed è
strumento di evangelizzazione18. Essa non può svolgere il pro-
prio compito se non si fa anche educazione e se non costruisce
la vita sociale e politica in modo da permettere ai due agenti
originari dell’educazione, ossia la Chiesa e i genitori, di svolgere
convenientemente e armonicamente il loro compito. Poiché,
come appena ricordato, il Cattolicesimo non può non farsi
civiltà, ecco che il tema dell’educazione ha le proprie ripercus-
sioni su tutta la vita sociale e politica. Per questi motivi non è
improprio collocare l’educazione e la scuola dentro il quadro
della Dottrina sociale della Chiesa.
      Chiesa e genitori non sono tuttavia gli unici soggetti aven-
ti un dovere/diritto di educare. Anche la comunità politica
(civitas, koinonia politiké) lo ha. La famiglia è la prima società
naturale, avente una propria autorità e propri doveri e dirit-
ti antecedenti alla comunità politica19, ma anche la comunità
politica ha una sua originarietà naturale, dato che ha la carat-
                                20
                                   , possiede cioè tutti gli strumen-
15
     Benedetto XVI, Discorso di inaugurazione della VI Conferenza generale
dell’Episcopato latinoamericano e dei Caraibi, 13 maggio 2007. Il concetto è
ripreso in ideM, Lettera Enciclica Spe salvi, n. 36.
16
     Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus caritas est, n. 48.
17
     giovanni paolo II, Lettera Enciclica Centesimus annus, n. 5.
18
     giovanni paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo rei socialis, n. 41;
ideM, Lettera Enciclica Centesimus annus, n. 55.
19
     leone XIII, Lettera Enciclica Rerum novarum, n. 10.
20

famiglia e uno Stato vuol essere veramente tale quando la comunità
                                                           aRisto-
156                              stefano fontana

comune. La comunità politica ha quindi un proprio dovere/
diritto ad educare, che essa però deve esercitare nel rispetto
del dovere/diritto assolutamente originario e fondante della
Chiesa e del dovere/diritto naturale dei genitori. Possiamo
dire che il compito educativo della comunità politica ha una
sua legittima autonomia, ma non è fondativo né originario,
bensì è complementare e sussidiario21.
     Ho adoperato l’espressione “comunità politica” e non
Stato, perché in rapporto allo Stato la questione educativa si
complica per due motivi. Ad un certo punto della storia, lo
Stato, da strumento a servizio della comunità politica ha pre-
teso di esserne il fondamento. Per fare questo doveva negare
l’esistenza di una comunità politica ad esso precedente, dato
che in questo caso essa sarebbe stata anche normativa nei suoi
confronti. Il regime ha avuto così il primato assoluto sulla comu-
nità22
Thomas Hobbes23, lo Stato diventa così “Dio-uomo-anima-
le-macchina” nello stesso tempo e non può non concentrare
in sé tutta l’educazione del cittadino. Non si deve però pensare
che così sia solo negli Stati assoluti o totalitari. Ciò avviene
anche negli Stati liberali e parlamentari, perché è inevitabile
il passaggio dallo Stato neutro rispetto a principi e valori allo

tele,   Politica, 1261b, 11-14; «per Stato intendiamo, volendo parlare in

indipendenza di vita» (ivi, 1275b, 21-23).
21
    «Anche lo Stato può reclamare diritti sull’educazione e la cultura,

ha un diritto originario di creare educazione e cultura, perché questo
appartiene alle famiglie e alla Chiesa»: J. Meinvielle, Concezione cattolica
della politica, a cura di padre Arturo Ruiz Freites, IVE, Edizioni Setteco-
lori, Lamezia Terme 2011, p. 327.
22
     Prendo i due termini da F. gentile, Intelligenza politica e ragion di
Stato, Giuffré, Milano 1984.
23
     Cf G. cRepaldi, La secolarizzazione del diritto e le leggi contro la vita, in S.
fontana (a cura di), Il diritto e i diritti. Il senso della legge e le leggi senza senso,
Fede & Cultura, Verona 2019, pp. 141-154.
l’educazione nelle scuole paRentali cattoliche                157

Stato che impone questa neutralità come un valore. Lo Stato
moderno assoluto e lo Stato moderno liberale e democratico
hanno ambedue eliminato la comunità politica come proprio
antecedente normativo e quindi ambedue pongono in se stes-
si la ragione assoluta del proprio operato. Né l’uno né l’altro
commetteranno mai ingiustizia24, il che è il principio tirannico.
Oggi la tirannia dello Stato liberale si esercita prima di tutto
nella scuola.

2. la   dEriVa dEl       naturaliSmo          E i PEricoli dEl        PEr-
SonaliSmo EducatiVo
    Il Naturalismo è la pretesa del piano naturale di fare senza
quello sopra-naturale25. Esso è una conseguenza del raziona-
lismo, ossia della pretesa della ragione di fare da sé senza la
rivelazione e la grazia. Per Naturalismo politico si intende la
presunzione del piano della politica di fare da sé. L’organizza-
                                                               -

24
     La maggioranza «non commetterà mai ingiustizia ma trasformerà
ogni sua azione in diritto e legalità»: C. schMitt, Legalità e legittimità,
introduzione di C. Galli, Il Mulino, Bologna 2018, p. 62.
25
     Pio IX nell’Enciclica Quanta cura (1864) attribuiva al Naturalismo
politico la convinzione che «il migliore ordinamento della società pub-
blica il progresso civile esigono assolutamente che la società umana sia
costituita e governata senza alcun riguardo per la religione, come se
essa non esistesse, o almeno senza fare alcuna differenza tra la vera e
le false religioni». Leone XIII, nella Immortale Dei (1885) ricordava che
«l’integrità della fede cattolica non è compatibile con le opinioni che
inclinano al Naturalismo o al razionalismo, le quali in sostanza non

nella società il principio dell’uomo indipendente da Dio». Lo stesso
                          Sapientiæ christianæ (1890), dice che i sostenitori
del Naturalismo politico «trasferiscono alla natura umana il dominio
strappato a Dio, e sostengono che si deve ricercare nella natura il prin-
cipio e la norma di ogni verità» sicché «è necessario non lasciare alla
Chiesa spazio alcuno nelle istituzioni dello Stato».
158                         stefano fontana

conclude sempre a favore della «presenza onnipotente dello
Stato»26                                                              -
lutizzare se stessa. Questo esito si esprime nella storia a due
livelli, quello dell’autonomia della politica e quello dell’indipenden-
za della politica. Il primo corrisponde ad una visione cosiddetta
moderata (o dell’ipotesi, secondo la nota distinzione del vesco-
vo Doupaloup) e il secondo ad una visione cosiddetta radicale.
Molti chiamano la prima liberale e la seconda giacobina27. Alla
prima si dà anche il nome di secolarizzazione (o laicità) e alla

quello moderato e quello radicale, è facile da superare e infatti
nella pratica l’autonomia tende inevitabilmente a scivolare ver-
so l’indipendenza e la secolarizzazione verso il secolarismo28.
Ciò vale anche in campo educativo, come sottolineava Pio XI:
«Una tale scuola [neutra o laica] del resto, non è praticamente
possibile, giacché nel fatto essa diviene irreligiosa»29.

26
     leone XIII, Lettera Enciclica Arcanum divinæ sapientiæ, in Enchiridion
delle Encicliche, p. 137.
27
     Si apre a questo proposito l’annosa questione del confronto tra ver-
sione americana e francese (o continentale) del rapporto tra religione e
politica, questione che a mio parere va risolta confermando la comune
origine e natura delle due concezioni. A questo proposito rimane pro-
blematico quanto affermato da Benedetto XVI nel famoso discorso
alla Curia romana del 20 dicembre 2005 a proposito della nuova pro-
spettiva aperta dalla Rivoluzione americana circa il rapporto tra politica
e religione cristiana rispetto alla Rivoluzione francese. Il concetto di
società “aperta” alla religione non chiude il problema.
28
      Sono dell’idea, in accordo con molti autorevoli autori, che sia
impossibile che la secolarizzazione non diventi secolarismo, ossia che
una secolarizzazione “moderata” sia impraticabile, in quanto la secola-
rizzazione è una erosione dei presupposti (di senso) e di presupposti da
erodere ce ne sono sempre.
29
     pio XI, Lettera Enciclica, Divini illius Magistri, in Enchiridion delle
Encicliche, p. 497. «E la scuola, per triste e ineluttabile necessità, diven-
ne non soltanto laica e irreligiosa, ma anche apertamente atea e anti-
religiosa, dovendo l’ignaro fanciullo presto persuadersi che nessuna
importanza hanno per la vita Dio e la religione, di cui mai sente par-
l’educazione nelle scuole paRentali cattoliche         159

     L’aspetto decisivo è chiarire se la politica abbia bisogno
della religione per essenza o se ne abbia bisogno solo come
aiuto complementare, se il Cristianesimo sia indispensabile o
solo utile30. Nel primo caso la politica senza la religione non
riesce ad essere politica, nel secondo caso riesce ugualmente
ad essere politica ma in modo più limitato, con delle disfun-
zioni da sanare o delle incongruenze da correggere. Se il biso-
gno è “per essenza”, la politica è se stessa non per l’apporto
della religione, ma prima e indipendentemente. Se la politica
ha bisogno della religione ma non essenzialmente, allora ne
deriva un rapporto accidentale e contingente, un rapporto che
può esserci o non esserci e ciò dipende dalle circostanze. Ma
se tale rapporto può esserci come non esserci, se la presenza
della religione può essere utile ma non indispensabile, allora
l’autonomia contiene già in sé l’indipendenza, come la sostanza
è indipendente dall’accidente. Il Magistero sociale ha sempre
parlato di “legittima autonomia”. Con tale espressione si inten-
de che il rapporto tra politica e religione cristiana è essenziale,
è ciò che appunto legittima l’autonomia, la rende tale secondo
un ordine, le riconosce una forma, ossia una verità. Con ciò
la politica non riesce ad essere tale senza il Cristianesimo, pur

non per diventare fede o religione, ma per essere politica. Que-
sto è appunto quanto negato dal Naturalismo politico.
    Il Naturalismo politico separa quindi politica e religione,

fede, come Naturalismo teologico ha separato natura e gra-
zia, come Naturalismo antropologico ha separato il fedele dal
cittadino. Per gli stessi motivi esso separa educazione e Fede
cristiana, togliendo alla Chiesa la sua naturale e originaria giu-
risdizione in questo campo. Togliendola alla Chiesa, la politica
la assume su di sé, privandone quindi anche i genitori. Non

lare, se non forse con parole di vilipendio»: ideM, Lettera Enciclica
Ubi arcano, in Enchiridion delle Encicliche, p. 31.
30
    Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritas in veritate, n. 4.
160                           stefano fontana

è possibile che lo Stato tolga alla Chiesa l’educazione per poi
darla ai genitori.
    Al Naturalismo politico (e giuridico) aveva dedicato gran-
de attenzione padre Matteo Liberatore, autorevole giurista e
considerato tra gli autori materiali della Rerum novarum31. In
una serie di tre articoli pubblicati su La Civiltà Cattolica nel
188332 egli aveva spiegato che il Naturalismo politico, come
annota Giovanni Turco, rende «impenetrabile l’esistenza
umana alla grazia» perché, come dice Liberatore, vuole «impe-

quindi in un’“immanentizzazione” del conoscere e dell’agi-
re, e quindi dell’educare. Ogni attività umana «è posta come
dotata in se medesima del suo principio e del suo compi-
mento». Quando questo avviene, si hanno delle conseguenze
inevitabili: la Chiesa si pone davanti allo Stato semplicemente
come una associazione di cittadini e quindi si sottomette alla
legislazione e alle politiche dello Stato; diventa impossibile

                                                                -
ciente, sicché autorità e diritto si ridurranno a dipendere dalla
pura forza. Sono facili da intuire le conseguenze di tutti que-
sti punti sull’educazione. Dal Naturalismo politico si è quindi
sviluppato il Naturalismo pedagogico33 e si è sviluppata la
laicità educativa e scolastica che, come ho già avuto modo di
osservare, diventa subito laicismo educativo, anche sul piano
epistemologico34.
31
     Cf G. antonazzi, Il laboratorio della “Rerum novarum”, in g. de Rosa
(a cura di), I tempi della “Rerum novarum”, Rubbettino, Soveria Mannelli
2002, pp. 293-298.
32
    Cf M. liBeRatoRe, Il naturalismo politico, Introduzione e cura di G.
Turco, Ripostes, Giffoni Valle Piana 2016. Liberatore si era occupato
del problema anche in La Chiesa e lo Stato, pubblicato da Giannini nel
1872, ossia ben un ventennio prima della Rerum novarum.
33
     pio XI, Lettera Enciclica Divini illius Magistri, in Enchiridion delle Enci-
cliche, pp. 483-485, 487.
34
     S. fontana, La scuola italiana e la laicità epistemologica, in Educazione e
libertà, Cantagalli, Siena 2009, pp. 127-132. Secondo J. Meinvielle, i lai-
l’educazione nelle scuole paRentali cattoliche                 161

     Il Personalismo, compreso il Personalismo cristiano del
Novecento di Mounier e Maritain, è una forma di Naturali-
smo e quindi il personalismo educativo è espressione del Natu-
ralismo pedagogico. La parte della Pascendi di Pio X dedicata
                                         35
                                            descrive bene il Natu-
ralismo, secondo il quale la ragione umana è limitata al campo
dei fenomeni, la rivelazione passa attraverso la coscienza e la
natura umana ha diritto all’ordine soprannaturale. Il Naturali-
smo consiste, così dice la Pascendi, nel negare qualsiasi rivelazio-
ne esterna36
fuori dell’uomo. Si vede così il nesso, già da essa stabilito, tra
Modernismo, Naturalismo e Personalismo.
     Il Personalismo è una forma di Naturalismo in quanto
sostiene che la sintesi della conoscenza e della rivelazione avven-
ga nella coscienza umana, intesa come produttrice, o almeno
come co-produttrice della verità. La Pascendi afferma che per il

essere e mantenersi adatte tanto alla fede quanto al credente»37.
La persona, vale a dire la coscienza, l’esperienza, il sentimento,
l’esistenza dal cui interno prende le mosse la vita di coscienza,
è quindi elemento fondante la sintesi della verità, sempre nuova
perché processuale, nel senso dialettico dell’espressione.

cismo scolastico «viola i diritti di Dio, che deve regnare come maestro
dell’intelligenza e del cuore del bambino; i diritti di Cristo, che ha com-
prato col suo sangue la sua anima; i diritti della Chiesa, che ha fatto diven-

del bambino, perché, se c’è qualcosa di cui ha urgente bisogno, è preci-
samente Dio»: J. Meinvielle, Concezione cattolica della politica, pp. 328-329.
35
    pio X, Pascendi dominici gregis. Sugli errori del modernismo, Introduzio-
ne di R. De Mattei, Premessa di L. Negri, Cantagalli, Siena 2007, pp.
49-58.
36
    Infatti K. Rahner sostiene che oggi è impossibile presupporre pro-
ve o argomenti di credibilità: cf K. RahneR, Corso fondamentale sulla fede.
Introduzione al concetto di cristianesimo, 1976, San Paolo, Cinisello Balsamo
1990, p. 26.
37
    pio X, Pascendi dominici gregis. Sugli errori del modernismo, p. 58.
162                      stefano fontana

    È interessante notare che il Personalismo comporta un
cambiamento nell’architettura del sapere. L’antropologia si
propone come disciplina di partenza e fondamentale, lo stu-
dio dell’uomo è l’inizio perché la persona è la sintesi, mentre
in precedenza l’antropologia arrivava dopo altre discipline
                                                                  -
to dell’ontologia, ma anche quello della Teologia come sintesi
del sapere. Come era naturale, un’antropologia autopoietica
che nasce da se stessa è una antropologia non fondata, quin-
di fragile, nonostante la sua pretenziosità. Di conseguenza
è fatale che essa si indebolisca nel fenomenismo e poi nel
sociologismo, come infatti è avvenuto non solo nella Teolo-
gia cattolica ma spesso anche nei documenti del Magistero,
soprattutto i più recenti. In questi luoghi, quando si parla
della persona, si dice di voler utilizzare la prospettiva antro-
pologica, ma di fatto si utilizzano le scienze sociali. Ormai il
passaggio è dal racconto dell’esperienza, ai dati delle scienze
sociali, agli insegnamenti della Chiesa, alla prassi. È questa l’e-
voluzione del principio “vedere, giudicare, agire”. Non solo
                                                                  -

impostazione era già contenuta in quanto la Pascendi, come
abbiamo visto, chiamava «mantenersi adatte [le formule della
fede] tanto alla fede quanto al credente». La dimensione del
credente, ossia della coscienza della persona, assume via via
                                                            -
te in una dimensione trascendentale, nel senso moderno del

che la Teologia è antropologia: dicendo questo egli uccide
non solo la Teologia ma anche l’antropologia.

3. carattEri dElla Scuola ParEntalE cattolica
l’educazione nelle scuole paRentali cattoliche      163

parentale cattolica. Nel concreto, chi si impegna nella scuola
parentale lo fa con varie motivazioni anche contingenti. Dob-
biamo però recuperare le motivazioni ultime, che riguardano
                                                                -
de di postulare la signoria di Cristo e la “maternità sopran-
naturale” della Chiesa. Attraverso l’opera dei genitori e delle
scuole parentali è la Chiesa stessa che ribadisce e riacquista il
suo compito fondante ed ultimo nell’educazione. La scuola
parentale deve sentirsi sempre a servizio della Chiesa, anche
se opera in situazione di autonomia gestionale ed operativa o
se addirittura avviene nelle mura domestiche. E questo anche
se la Chiesa non ne volesse sentire parlare di rivendicare un
proprio dovere/diritto “sopraeminente” nella piena accetta-
zione della secolarizzazione come processo incontrovertibile
e positivo. Attraverso l’esercizio del dovere/diritto dei geni-
tori, la Chiesa ripropone il proprio dovere/diritto pubblico e
fondativo ad educare.
     La situazione normativa e operativa della scuola paritaria,
invece, non riesce ad assolvere a questo compito decisivo, in
quanto già compromessa dentro l’onnipotenza educativa del-
lo Stato che essa di fatto accetta, pur ritagliandosi con parti-
colari convenzioni qualche limitato spazio di libertà. Si tratta
però di una libertà educativa dal respiro corto, obbligata ad
accettare la supervisione, e quindi il controllo, dello Stato. La
prassi della scuola paritaria non abitua docenti e genitori alla
vera libertà educativa ma li condiziona nell’imitare la scuo-
la pubblica. Se ne ha la riprova considerando come molte

sviluppo integrale della persona umana, in cui è evidente il
Personalismo educativo come espressione del Naturalismo
che ho richiamato più sopra. Nella scuola paritaria la religio-
ne cattolica si accosta ma non si integra né tantomeno ha la
pretesa di orientare gli altri aspetti dell’educazione e dell’i-
struzione, cosa che invece dovrebbe essere fatta nella scuola
parentale cattolica.
164                             stefano fontana

     La scuola parentale cattolica rivendica la libertà di educa-
zione ma non la intende come un insieme di diritti soggettivi38,
bensì come espressione del diritto naturale e divino, oggetti-
vo ed universale. In ciò sta il suo suolo pubblico, compreso il
diritto che leggi adeguate ne contemplino il valore in ordine al
bene comune. Se si trattasse solo di diritti soggettivi dei geni-
tori il tutto verrebbe rinchiuso nel privato. Non è nemmeno
                                                   39
                                                      per rivendi-
care il dovere/diritto alla scuola parentale. Bisognerà invece
                                                                 -

livelli. Non è la sussidiarietà liberale che chiede spazi per fare
ciò che si vuole, è la sussidiarietà della dottrina sociale della
Chiesa che chiede il riconoscimento di diritti per poter assol-

    Sul piano empirico spesso oggi le scuole parentali cattoli-
che nascono contro la scuola pubblica e contro lo Stato. Non
c’è dubbio, come ho già detto sopra, che lo Stato oggi impone
una diseducazione che suscita legittime reazioni e che la pub-
blica istruzione impone il male come un dovere. Questo risulta
evidente da quando lo Stato ha assunto come diritti dell’uomo
pratiche contro la vita e la famiglia e quindi contro l’uomo e,
considerandoli diritti, li difende e li insegna nelle sue scuole.
Su questo le scuole parentali non possono transigere e devono
contrapporsi. Tuttavia non devono trasformarsi in “scuole reli-
giose” perdendo in dimensione civica e politica, con riferimen-
to non allo Stato moderno, di cui sopra abbiamo richiamato le
deformazioni, ma in riferimento alla civitas, alla polis, sentendo
di avere non una missione privata o di piccolo ambito ma pro-
priamente pubblica e ampiamente sociale. Se le scuole parenta-
38
     Cf S. fontana (a cura di), Il diritto e i diritti. Il senso della legge e le leggi
senza senso.
39
     Cf S. fontana (a cura di), La chiave della questione sociale. Bene comu-
ne e sussidiarietà: storia di un equivoco, Fede & Cultura, Verona 2018; d.
castellano,                                                                           -
cipio, in Verbo LVI (565-566/2018) 509-522.
l’educazione nelle scuole paRentali cattoliche                       165

non avranno il respiro necessario. La mamma che fa homeschoo-
ling deve avere la consapevolezza di svolgere, pur tra le mura di
casa, un ruolo pubblico. Per questo la formazione continua di
tutti i soggetti delle scuole parentali è assolutamente necessaria.
     Ultima osservazione di carattere epistemologico. Insegna-

in corretto rapporto tra fede e ragione40. Non si insegnano mai
delle cose settoriali, perché tutto si tiene. Ora, le discipline non
possono essere solo accostate le une alle altre, né solo collegate
per via di una interdisciplinarità priva di un quadro di senso. La
scuola parentale cattolica ha bisogno di educare ed insegnare in
un quadro disciplinare ordinato dentro il quale deve starci anche
la fede, da intendersi anche come conoscenza41. Ogni insegnante
deve conoscere la propria disciplina, ma deve conoscere anche il
quadro completo del sapere in cui il suo insegnamento si inseri-
sce e deve sapere cosa ha a che fare il suo insegnamento con la
Fede Cattolica42, dal punto di vista epistemologico e non solo da
quello della sua esistenza personale.
     La via della scuola di Stato è preclusa e sbagliata in via di
principio, a prescindere dalle pure evidenti disfunzioni del suo

40
     «L’uomo è capace di giungere ad una visione unitaria ed organica
del sapere. Questo è uno dei compiti di cui il pensiero cristiano dovrà
farsi carico nel prossimo millennio dell’era cristiana. La settorialità del
sapere, in quanto comporta un approccio parziale alla verità con la con-
seguente frammentazione del senso, impedisce l’unità interiore dell’uo-
mo contemporaneo. Come potrebbe la Chiesa non preoccuparsene?»:
giovanni paolo II, Lettera Enciclica Fides et ratio, n. 85.
41
     La fede nella rivelazione è una «nuova fonte di conoscenza» (gio-
vanni paolo II, Fides et ratio, n. 98) ed anche un sapere pratico che
orienta a determinate soluzioni (cf concilio vaticano II, Costituzione
pastorale Gaudium et spes, n. 43).
42
     Cf S. fontana, La scuola italiana e la laicità epistemologica. Sul rap-
porto della fede e le altre discipline, in questo caso con la bioetica ma
il discorso può essere fatto più generale, si veda: S. fontana, Le pre-
tese della visione cattolica e le due bioetiche, in Bioetica. Rivista interdisciplinare
(3-4/2010) 615-621.
166                            stefano fontana

sistema. Essa è frutto di un Naturalismo politico che diventa
ateismo. Di fatto nella scuola pubblica oggi si impara a diventare
atei. La via della scuola paritaria non è stata una vera e propria
alternativa al Naturalismo educativo, è stata piuttosto la riven-
dicazione di una libertà di educazione intesa nel senso liberale
dell’espressione. La scuola paritaria chiede solo di essere rico-
nosciuta come un’esperienza educativa accanto ad altre espe-
rienze da parte di uno Stato rispettoso delle opinioni e delle
scelte individuali. Non rivendica alcun primato in campo edu-
cativo né per la Chiesa né per i genitori. Vuole che sia concessa
libertà di scelta alle famiglie, in modo che esse possano man-

la scuola paritaria indebolisce se stessa nel momento stesso in
cui si propone. Per i molti motivi esposti sopra e qui in que-
ste ultime parole conclusive, oggi è il momento della scuola
parentale cattolica a patto che essa abbia il coraggio di impo-
starsi secondo i principi e la natura di una educazione che non
abbia già reciso il rapporto con Dio nelle molteplici forme del
Naturalismo e del Personalismo educativo, ma abbia invece il
nuovo ardire di sostenere che «la Chiesa, ed essa sola, è forma-
trice sicura e perfetta di coscienze»43. Siccome è la Chiesa stes-
sa ad aver perso oggi questa convinzione, la scuola parentale
cattolica potrà essere lievito di consapevolezza anche dentro la
Chiesa, oltre che nel mondo.

43
     pio XI, Lettera Enciclica Ubi arcano, in Enchiridion delle Encicliche, p. 41.
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