TEATRO LABILE - OFFERTA SCUOLE 2019/2020

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TEATRO LABILE – OFFERTA SCUOLE 2019/2020
OTTOBRE

Il malato immaginario di Molière
5 ottobre h.18:00 (ciclo delle pomeridiane)

La famosissima Comédie-ballet di Molière riproposta con una prosa sopra le righe, comica e farsesca,
prendendo spunto dai tipi della Commedia dell’Arte. Il testo è stato leggermente riadattato e ridotto ed è
interpretato dagli allievi del laboratorio teatrale età 18-35 anni, I anno. In scena solo i corpi degli attori che
plasmano dei personaggi molto caratterizzati e divertenti. Il protagonista, Argante, è interpretato da tre attori
contemporaneamente che ne mettono in risalto tre aspetti: Argante innamorato, Argante ipocondriaco e
Argante burbero. Gli attori, alcuni dei quali vestono i panni di più di un personaggio, indossano tutti abiti
semplici e usano diversi oggetti ed elementi per caratterizzare i personaggi che via via entrano in scena. Il
testo di Molière, palese critica alla medicina e alla società del suo tempo, si conclude con una strampalata
proclamazione in latino maccheronico che la regia ha deciso di mettere in scena a modo tutto suo…

Tradimenti di Harold Pinter
18 ottobre h.18:00 (ciclo delle pomeridiane)

Il palcoscenico assume diverse forme e colori e incontra l’atmosfera sospesa e reminiscente del passato. Un
passato che racconta la storia d’amore di Emma e Jerry dal suo sgretolarsi sino alla sua nascita. La messa in
scena mira a far risaltare il testo di Pinter attraverso una composizione suggestiva e semplice, che usa lo
spazio e il legarsi tra le varie scene in modo quasi cinematografico, così da generare nello spettatore un senso
di continuità al ritroso. Le parole guidano il tutto srotolando gli avvenimenti e generando un senso di
malinconia e forte coinvolgimento. La scena è pensata dividendo gli spazi della storia grazie ai tendaggi e alle
abat-jour che colorano i volti di rosa, di bianco pallido e di intimità, quell’intimità che si instaura lentamente,
piano piano, nell’appartamento rifugio d’amore dei protagonisti.

Arte di Yasmina Reza
20 ottobre h.18:00 (ciclo delle pomeridiane)

“Se io sono io in quanto me stesso e tu sei tu in quanto te stesso, io sono io e tu sei tu. Se, però, io sono io in
quanto tu sei tu e se tu sei tu in quanto io sono io, ciò vuol dire che io non sono io e tu non sei tu”

Arte è una riflessione sull’amicizia, affrontata attraverso un quadro bianco, da cui scaturisce un confronto tra
tre amici di lunga data che si trasforma a poco a poco in un massacro. L’arte diventa metafora della
soggettività assoluta e di conseguenza dell’impossibilità di comunicare. Quella che era partita con l’essere
una semplice cena tra amici si trasforma a poco a poco in un litigio che rivela sentimenti e rivalità di persone
legate non si sa più da cosa, se non dal ricordo di uno sguardo che, forse, un tempo condividevano. I tre
protagonisti si vedono come non sono più o come vorrebbero essere e nessuno dei tre accetta il
cambiamento degli altri. La discussione viene infiammata dalla comparsa, a seguito di un dispendioso
acquisto in casa di uno dei tre, di un quadro interamente bianco di un artista contemporaneo. Attraverso una
riflessione sul concetto di opera d’arte e sulla soggettività o meno del suo contenuto l’autrice scrive un
dialogo che si infittisce e si complica sempre di più, man mano che vengono rivelate le storie e le dinamiche
relazionali tra i tre personaggi. La scena è un salotto borghese con una poltrona, un divano e tre quadri che
rispecchiano le personalità degli amici e racchiudono la loro visione del mondo.
NOVEMBRE

L'Avaro di Molière
29-30 novembre h.9:00 & h.11:00

Arpagone è attaccato al potere, al denaro, a tutto ciò che è materiale. Il famoso testo francese di Molière è
riproposto, in versione ridotta, con un’ottica originale e particolare: ci troviamo all’interno della mente del
protagonista, e vediamo attraverso i suoi occhi. La scena rappresenta lo specchio di se stesso, quello stesso
specchio che alla fine gli presenterà il conto: ogni oggetto di scena e la stessa costruzione dello spazio è chiara
rappresentazione della sua visione; una visione alterata e staccata dalla realtà, che lo dipinge come un gigante
dorato su di un trono scarlatto, mentre i personaggi attorno a lui vestono abiti poveri e si muovono come
silenziose serpi. Sono tutti entità maligne, pronte a derubarlo e a turbare la sua quiete. Una casa dove tutti
sbirciano, bisbigliano e si intrufolano subdolamente. Lo spettacolo ci mostra la visione del malato di avarizia,
di come vede e sente gli altri e di come vorrebbe conformarli a se stesso, senza riuscirci; di come si distragga
per conservare il suo potere e il suo denaro mentre tutto, intorno, gli sfugge definitivamente. Grazie anche
alla musica di Lully, alle atmosfere steampunk e a un finale registicamente rivisitato (che non scalfisce il testo
originale) la commedia assume un retrogusto amaro e inquietante.

DICEMBRE

La parola ai giurati di Reginald Rose
5-6 dicembre h.9:00 & h.11:00

Tratto dal film “Twelve angry men” di Sidney Lumet (1957) lo spettacolo racconta di dodici giurati senza
nome, riuniti intorno a un tavolo, che devono arrivare ad un verdetto definitivo: giudicare colpevole o
innocente un giovane ispano-americano accusato di aver assassinato il padre. Il testo di Reginald Rose è un
capolavoro assoluto che ci pone di fronte a noi stessi e alla nostra capacità di ascoltare, di relazionarci e di
liberarci del pregiudizio. Durante i primi minuti capiamo che la maggioranza dei giurati è convinta della
colpevolezza del ragazzo e le prove sembrano inconfutabili, tanto che si vorrebbe liquidare in fretta la
faccenda per poter tornare a casa o andare allo stadio a vedere la partita. Alla votazione che tutti pensano
definitiva, però, uno dei dodici vota per l’innocenza del giovane: “Io credo che meriti qualche parola,
nient’altro”. Attraverso la razionalità, la resilienza e la positività, analizzando a poco a poco tutta la dinamica
del delitto, l’ottavo giurato dimostra agli altri quanto sia facile, in realtà, superare l’apparenza e quanto il
proprio vissuto e i pregiudizi possano essere fatali. Il testo è enorme bacino di spunti di riflessione: la lotta
per la giustizia, l’indifferenza, il pregiudizio, il razzismo. Il tutto è raccontato attraverso le storie dei
personaggi senza mai essere didascalico o paternalistico. L’ottavo giurato non vuole insegnare niente agli
altri, ma analizzando i fatti instilla il dubbio che porta la giuria a riconsiderare le sue posizioni. La messa in
scena è in stile noir: la musica e le luci richiamano l’atmosfera di questo genere. Gli attori indossano e sono
truccati in modo da richiamare una pellicola in bianco e nero e lo spettacolo, pur sembrando molto statico
nella sua costruzione, racchiude in realtà una forte dinamicità che viene veicolata attraverso le reazioni dei
personaggi alla discussione, ai colpi di scena e alla forza delle tematiche trattate. Lo spettatore è costretto
ad un forte ascolto attivo che genera quesiti dalle risposte ineludibili.
Studio su Amleto di William Shakespeare
13 dicembre h.9:00 & h.11:00

Una rivisitazione in chiave contemporanea della tragedia di William Shakespeare, un'opera collettiva in cui
ciascuno è Amleto, ma anche Ofelia, figura controbilanciante del protagonista. Una riflessione oscura sul
senso di responsabilità e sugli eventi della vita che a volte ci cadono addosso come macigni e al di sotto dei
quali ci divincoliamo disperatamente per “non essere” del tutto sopraffatti, arrancando per trovare una via
che ci aiuti a gestirli o quantomeno a sopportarli. “Essere o non essere” non è un dilemma scontato, un modo
di dire, ma una domanda che si rivolge al profondo intimo umano, una decisione relativa al senso della vita
e all'anelito di non fare solo i figuranti su questo grande palcoscenico che è il mondo, come lo definisce
l'autore. La scena è vuota, quasi sempre, a volte una sedia o due... le luci segnano le atmosfere interiori; i
pensieri e i tormenti si fanno carne in corpi dilaniati dal dubbio o dalla pazzia; la musica, a tratti, dal vivo, fa
parte integrante di questo movimento. Cosa fare di fronte alla corrosione dell'animo umano? Come porsi di
fronte all'impotenza? Gli attori si scambiano i ruoli ed in alcuni momenti sono tutti Amleto o la coscienza di
Amleto; Ofelia si moltiplica in più figure, in un primo istante di gioia fugace per giungere al caleidoscopio della
follia. Il nostro è un tentativo di cogliere i movimenti interiori della coscienza, trasponendoli nell'emergenza
di un movimento corporeo visibile, una coscienza che diventa muscoli, carne, sangue e nervi e che plasma,
anche in maniera grottesca, l'involucro corporeo. Amleto ed Ofelia sono, per motivi diversi, posti di fronte
allo specchio dell'esistenza. Soccomberanno entrambi. Appare il contrasto con la superficialità di chi vive
lasciandosi vivere dalle circostanze, accettando di percorrere il cammino più semplice, come Gertrude, madre
del protagonista. È ad Amleto che toccherà scalare l'abisso a mani nude. Sappiamo bene che cadrà.

Gli interpreti sono i ragazzi del laboratorio teatrale età 15/18.

FEBBRAIO

La casa di Bernarda Alba di Federico Garcia Lorca
21-22 febbraio h.9:00 & h.11:00

Il capolavoro lorchiano è riproposto in una veste minimalista, con una scenografia spoglia ed essenziale:
alcune sedie di legno e pochi oggetti di scena. Gli spessi muri bianchi richiesti dall’autore in prima didascalia
sono realizzati in stoffa. La contrapposizione tra questi e il nero degli abiti di scena e dei veli da lutto, con
l’ausilio delle luci taglienti, crea una dicotomia visiva di forte impatto: è come se le donne della casa fossero
intrappolate in uno spazio asettico, privo di qualsiasi emotività, svuotato dei ricordi e di ogni reminiscenza;
ciononostante lo stesso spazio è colmo dei corpi di chi lo occupa, corpi apparentemente statici che
nascondono tuttavia una tempesta di emozioni travolgenti. Lo spazio è svuotato di significato ma è
comunque presente e claustrofobico agli occhi delle figlie, che vorrebbero uscirne a tutti i costi. L’immagine
scenica rappresenta per la regia un’importante componente in quanto lo stesso autore definì l’opera un
“documentario fotografico”. È l’immagine del femminile in ambiente chiuso che viene travolto da un evento
esterno: l’arrivo di un uomo che, attraverso le finestre delle camere delle figlie, introduce nella casa una
speranza di salvezza. Il testo tratteggia, nonostante sia stato scritto quasi un secolo fa, un’immagine della
condizione della donna non molto diversa da quella odierna, in alcuni contesti. Non è possibile entrare in
casa di Bernarda senza porsi delle domande: cosa porta l’animo umano ad incatenarsi in nome di una
moralità? Come si può reprimere un istinto vivo, una passione vera? Quali sono le conseguenze di regole
arcaiche imposte dalla società, dal buon costume, da un volere superiore, figlio di una morale comune, non
capace di ascoltare e vedere davvero? Si deve avere paura del giudizio sociale? Per Bernarda è essenziale
nascondersi in casa, lasciare la madre, pazza, in libertà solamente nel patio, dove l’occhio indiscreto dei vicini
non può arrivare. Quello della casa di Bernarda è un quotidiano dominato dall’apparenza del silenzio e
dell’immobilità, dove ci si ama e ci si odia, ma che diventa, giorno dopo giorno, insopportabile. Si reprimono
le emozioni e si raggiunge solo una reazione: quella più estrema, quella definitiva.
MARZO

La tempesta di William Shakespeare
13-14 marzo h.9:00 & h.11:00

La Tempesta, ultimo capolavoro teatrale di William Shakespeare, viene proposto attraverso una suggestiva
metafora musicale: l'usurpato duca di Milano, Prospero, è un direttore d'orchestra in rovina, un compositore,
le cui musiche hanno il potere di manipolare, trasformare e cambiare gli eventi. Così la bacchetta magica è
una bacchetta da orchestrale, gli incanti sono spartiti, perfettamente pensati e predisposti. Coadiuvato
dall'aiuto di Ariel, spirito dell'isola, Prospero scatena una Tempesta per far sì che la nave su cui viaggiano
coloro che un tempo lo esiliarono naufraghi vicino a lui. La Tempesta è il motore scatenante dell'azione che
porterà Prospero a dirigere tutti i personaggi verso i suoi propositi. Attraverso la magia della musica Prospero
riesce a manipolare il complotto architettato dal mostro Calibano e i suoi complici, a far innamorare sua figlia
Miranda e il principe Ferdinando e a far confrontare i suoi nemici coi loro misfatti. Tuttavia Prospero arriverà
ad analizzare il proprio operato e ben presto si renderà conto che tutte le sue azioni non hanno alleviato il
suo dolore né tanto meno hanno reso felice la sua amata figlia Miranda, suo unico bene. La magia prende
forma attraverso i componimenti di Maurice Ravel, artista la cui musica perfettamente si adatta alle
molteplici atmosfere della fantastica isola di Prospero. Una riflessione sulla potenza della musica e sulla sua
capacità di modificare gli umori, le volontà e le intenzioni dell'essere umano. Una riflessione che prende vita
dal meraviglioso testo shakespeariano, ricondotto a un’aerea essenzialità per incontrare le scelte di regia. Gli
attori si muovono in uno spazio vuoto, animato solamente dai loro corpi e dal complesso disegno delle luci,
che riesce a creare le molteplici atmosfere necessarie allo svolgimento del dramma.

APRILE

La locandiera di Carlo Goldoni
4-6-7 aprile h.9:00 & h.11:00

La figura di Mirandolina è la protagonista indiscussa di questa famosissima commedia di Goldoni. È tanto
presente e caratterizzata che la regia ha sentito la necessità di analizzarla approfonditamente e dividere il
ruolo in tre attrici: esse sono in scena contemporaneamente e hanno l’istruzione precisa di far risaltare tre
aspetti diversi del più famoso personaggio goldoniano. In Mirandolina c’è la scaltrezza, l’intraprendenza, il
giocare all’amore; c’è il suo interesse e il suo bisogno e quindi il profitto della sua locanda, il senso del dovere
e quel saper disimpegnarsi con stile dai maldestri tentativi di seduzione; c’è quel suo essere maliziosa e a
tratti schietta e definitiva quando ha a che fare con gli avventori della sua locanda, i quali tutti vorrebbero
essere qualcosa di più ai suoi occhi. La messa in scena si concentra sulla figura della protagonista e predilige
una regia scarna e semplice, dove Mirandolina è regista e attrice, intrattiene e decide, è tanto determinata
che si rivolge spesso anche al pubblico spiegando quel che farà e ci mostra chiaramente qual è l’arma
vincente, ossia l’intelligenza. Goldoni ci mostra una donna emancipata, autonoma e sicura di sé, capace di
gestire gli uomini e, infine, di sconfiggere la misoginia del Cavaliere. Nel finale, seppure da vincitrice, ritorna
in parte sui suoi passi onorando la promessa, fatta al padre defunto, di sposare Fabrizio. Goldoni ci avvisa
che la storia della Locandiera deve mettere in guardia gli uomini dalle illusioni e dagli amari tranelli che le
donne sanno, con somma astuzia, architettare; la stessa Mirandolina ci avvisa: “Lor signori approfittino di
quanto hanno veduto […] e quando mai si trovassero in occasione di dubitare, di dover cedere, di dover
cadere, pensino alle malizie imparate e si ricordino della locandiera.”
Il delfino Arno di Francesca Petrucci e Luca Tessieri
Date in corso di definizione

Lo spettacolo è frutto di un lavoro di adattamento e di trasposizione in azione scenica del racconto della
scrittrice Francesca Petrucci. Tre attori vestono i panni di sei personaggi: Tommaso e Nonno Aldo, i
personaggi umani; Arno, Nonno Delfino, l'oca Osvaldo e la Gabbiana, i personaggi animali. I cambi di ruolo si
susseguono a ritmo incalzante, così come quelli della scenografia multifunzionale che si adatta, si trasforma
all'occorrenza. Ogni pezzo è come un ingranaggio di un meccanismo messo in moto dai protagonisti. Nell’idea
di un’universale comunanza fra i viventi che non conosce distinzione fra specie, due cuccioli, Tommaso e
Arno, profondamente sensibili alla purezza d'animo che leggono l'uno nell'altro, si riconoscono
istintivamente come simili e sono portati immediatamente a rispettarsi e ad amarsi nella loro diversità, mai
vivendola come un ostacolo. Anche il personaggio di Nonno Delfino che non è presente nel racconto
originale, è stato creato per sottolineare il tema del doppio, fondamentale nel libro e nello spettacolo: il
rapporto speciale fra bambino/nonno umano ne genera dunque uno speculare cucciolo di tursiope/nonno
delfino. Fil rouge della pièce è il rispetto per gli animali e per la loro libertà, una critica esplicita al sistema di
internamento negli zoo, negli acquari o in qualsivoglia gabbia. Un insegnamento che si tramanda di
generazione in generazione attraverso la voce di Nonno Aldo e di Nonno Delfino. Acquisire consapevolezza
della violenza che gli animali costantemente subiscono nel mondo per mano degli esseri umani “convinti che
il mondo sia stato creato per loro”, è un primo passo necessario verso la salvaguardia del pianeta e di tutti i
suoi abitanti, a cui ciascuno di noi è chiamato a collaborare, a partire proprio dai ‘grandi’ di domani. Lo
spettacolo, pensato per i più piccoli, è tuttavia godibile anche da parte di un pubblico adulto.

                                       Luogo delle rappresentazioni
                      Tutti gli spettacoli avranno luogo presso il Teatro Sant’Andrea
                                            Via del cuore n.1 - Pisa

                                                       Costo
                               Il costo di tutti gli spettacoli è di 5€ a studente.

                                 Progetti legati alle nostre produzioni:
Se avete piacere siamo disponibili a redigere progetti collegati coi nostri spettacoli: lezioni in classe
 sul linguaggio teatrale, la regia, la messa in scena; approfondimenti sul testo e laboratori teatrali
  specifici (a scuola o in teatro) collegati con le tematiche e i testi trattati (in italiano o in inglese).

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                           Luca Tessieri, referente per le scuole di Teatro Labile
                                      luca.tessieri@teatrolabile.com
                                                328.5740555
                                     www.teatrolabile.it/area-scuole
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