STEREOTIPO E PREGIUDIZIO (STEP): PER UN CAMBIAMENTO CULTURALE NELLA RAPPRESENTAZIONE DI GENERE IN AMBITO GIUDIZIARIO, NELLE FORZE DELL'ORDINE E ...

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STEREOTIPO E PREGIUDIZIO (STEP): PER UN CAMBIAMENTO
CULTURALE NELLA RAPPRESENTAZIONE DI GENERE IN AMBITO
GIUDIZIARIO, NELLE FORZE DELL’ORDINE E NEL RACCONTO DEI
                          MEDIA

              CONVEGNO 28 GENNAIO 2021
  PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO DI RICERCA DEL PROGETTO
                        STEP

       Prof.ssa Flaminia Saccà, Responsabile scientifica STEP

                         Università degli Studi della Tuscia

Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                             racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
PROGETTO STEP
                                             Il gruppo di lavoro
• Università della Tuscia capofila (Progetto di ricerca)

• Responsabile scientifica del progetto: Prof.ssa Saccà

• In partnership con Differenza Donna (Formazione)

• Responsabile per Differenza Donna: Dott.ssa Ercoli

• Consiglio scientifico: interdisciplinare composto dal team di
  Unitus e DD ma anche da magistrate/i, procuratrici/ori, giornaliste.

 Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
PROGETTO STEP - IL TEAM DI RICERCA UNITUS
• Prof.ssa Flaminia Saccà, Coordinatrice scientifica progetto STEP, Prof.ssa Ordinaria
  di Sociologia dei fenomeni politici, Università degli Studi della Tuscia
• Prof.ssa Fabrizia Giuliani, Consulente per l’analisi del linguaggio, Docente di Filosofia
  del Linguaggio, Università di Roma Sapienza, già parlamentare PD
• Dott. Michele Negri, Metodologo, ricercatore senior, Università degli Studi della Tuscia
• Dott. Luca Massidda, Esperto di processi comunicativi, ricercatore, Università degli
  Studi della Tuscia
• Dott.ssa Rosalba Belmonte, assegnista di ricerca in Sociologia dei fenomeni politici
• Il gruppo software ed elaborazione dati di Extreme: Dott. Ugo Esposito, Daniele
  Calabrese ed Emanuela D'Eugenio
• Più due ricercatrici junior e due unità di personale amministrativo

 Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA RICERCA EMPIRICA
                                            I reati contemplati

Violenza domestica
Violenza sessuale
Omicidio/Femminicidio
Tratta/riduzione in schiavitù di esseri umani
Stalking

Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                             racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
L’ANALISI DELLE SENTENZE
   Difficoltà a reperire i dati. Non esiste un database delle sentenze di primo e
     secondo grado sulla violenza di genere. Noi abbiamo usato 4 repertori

                                • 52 sentenze                                                Repertorio                 • 32 sentenze
     Repertorio
                                • 2010-2018                                                   Di Nicola                 • 2015-2020
      Manente
                                • Studio Manente                                             Travaglini                 • 7 giudice Di Nicola

                                                                                                                        • 184 sentenze
                                • 15 sentenze                                                                           • 2014-2017
     Repertorio                                                                               Database
                                • 2018-2020                                                                             • Juris Data-
      Picozzi                                                                                 UNITUS
                                • Tribunale di Palermo                                                                    DeJure e Cedam Utet
                                                                                                                          Ipsoa

Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine
                                       e nel racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA STAMPA
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                                                    ANALIZZATI: 16.715

      15 GIORNALI:
      • Il Corriere della Sera                               • Il Messaggero
                                                                                                                          TRE ANNI:
      • Il Fatto Quotidiano                                  • Il Corriere Adriatico
                                                                                                                             2017
      • Il Giornale                                          • Il Gazzettino
      • Il Manifesto                                         • Il Tirreno                                                    2018
      • La Repubblica                                        • La Gazzetta del Mezzogiorno                                   2019
      • Libero Quotidiano                                    • La Sentinella del Canavese
      • Il Giorno                                            • L’Unione Sarda
      • Il Mattino

Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                             racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LE INTERVISTE ALLE DONNE VITTIME DI
                        VIOLENZA
  •Ad integrazione del lavoro di analisi sui testi, abbiamo
   deciso di restituire la voce alle donne vittime di violenza.
  •Attraverso il metodo qualitativo dell’intervista in
   profondità, semi-strutturata, abbiamo coinvolto nella
   ricerca un piccolo campione di 10 donne.
  •Volevamo che fossero loro a raccontare in prima
   persona, senza mediazioni e distorsioni, la propria
   esperienza.

Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                             racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
PERCHE’ QUESTO PROGETTO/1
• Il quadro della violenza alle donne è un quadro dai contorni sfocati:
• I dati della violenza contro le donne non sono chiari, pubblici,
  costantemente monitorati o oggetto di analisi e dibattito pubblico (l’ultima
  grande rilevazione in materia è dell’ISTAT e risale al 2014. Ora hanno
  riavviato l’indagine ma ancora non abbiamo i risultati)
• Non sappiamo con precisione quante donne denunciano, cosa succede
  dopo la denuncia, quanti casi vanno a processo, quante denunce
  arrivano a condanna, così come non conosciamo la media della
  condanne o delle assoluzioni per ogni tipologia di reato.

• Sappiamo però con certezza che la violenza è diffusa: coinvolge quasi
  un terzo della popolazione femminile tra i 14 e i 70 anni di età (fonte
  ISTAT) e che la rappresentazione sociale di questa violenza è
  distorta: sia sulla stampa che nelle sentenze.

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                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
PERCHE’ QUESTO PROGETTO/2
• La donna vittima di violenza è al centro di questa rappresentazione sociale, di
  questa narrazione distorta ed è vittima due volte, anzi tre, perché è vittima:
• 1) della violenza subita (vittimizzazione primaria);
• 2) della rappresentazione colpevole che di lei da’ la stampa e non di rado l’ambito
  giudiziario (vittimizzazione secondaria)
• 3) di una giustizia che troppo spesso viene depotenziata proprio da questa
  narrazione distorta, permeata da pregiudizi e stereotipi di genere, frutto di una
  cultura patriarcale che non vede uomini e donne come persone poste sullo stesso
  piano e come portatrici degli stessi diritti (vittimizzazione terziaria) (v. anche
  CEDAW)
• Proprio per contribuire al contrasto dei fenomeni di vittimizzazione secondaria e
  terziaria abbiamo deciso di avviare questo progetto pilota.
• Per contrastare gli stereotipi e i pregiudizi che colpiscono le donne che finiscono
  col porre loro – le vittime! - sotto la lente del pubblico giudizio e non l’uomo che
  invece perpetra il crimine violento ai loro danni.

 Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
I DATI DELLA VIOLENZA SULLE DONNE IN ITALIA
                      DATI ISTAT –INTERVISTE A CAMPIONE
• Quasi un terzo delle donne italiane, il 31,5%, riferisce di aver subito nel
  corso della loro vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale (6
  milioni 788mila donne vittime di violenza)

• Di queste:
• Il 20,2% riferisce di aver subito violenza fisica (4mln 353mila donne)

• Il 21,0% riferisce di aver subito una qualche forma di violenza sessuale
  (4mln 520mila)

• Il 5,4 riferisce di aver subito uno stupro/tentato stupro (1mln 157mila)

• Il 23, 3% violenza psicologica/economica da partner o ex

• Il 16,1% riferisce di aver subito stalking (3mln 466 mila)

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                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
Fig. 1 Violenza contro le donne: tipologie di reati (2019)
               I DATI DEL MINISTERO DELL’INTERNO (DENUNCE)
• Fonte: Elaborazione Università della Tuscia su dati del Ministero dell’Interno

                                    Violenza sessuale
                                          2,762
                                         17.1%
                       Omicidi di donne
                             111
                            0.7%

           Tratta e schiavitù                                                                 Maltrattamenti familiari
                   64                                                                                  8,260
                 0.4%                                                                                  51.1%

                                       Stalking
                                        4,959
                                        30.7%

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                                               racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
Fig.2 La violenza contro le donne per tipologie di reato nella rappresentazione della
stampa

     Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                                  racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA E
                NORMALIZZAZIONE DEI MALTRATTAMENTI FAMILIARI
Come abbiamo visto dalle figure precedenti, il reato più frequente registrato dalle procure è dato dai
maltrattamenti familiari (51,1%), il secondo dallo stalking (30,7%), il terzo dalla violenza sessuale
(17,1%), il quarto dal femminicidio (0,7%) mentre, all’ultimo posto troviamo la tratta/riduzione in schiavitù
(0,4%).
Invece la rappresentazione sociale della violenza contro le donne restituitaci dalla stampa ci dice in
primo luogo che il reato più diffuso e problematico è lo stalking con ben il 53,4% degli articoli,
seguito dai casi di omicidio/femminicidio (44,5%). E solo al terzo posto, con uno scarso 14%, troviamo la
violenza domestica, ovvero i maltrattamenti familiari che invece, come abbiamo visto rappresentano la
larga maggioranza dei reati contro le donne.
Da ultimo troviamo lo stupro, con meno del 10% degli articoli mentre le denunce reali sono quasi il doppio,
raggiungendo il 17.1% dei casi.
 Ovviamente i giornali scelgono i fatti che diventano notizie. Sullo stesso fatto possono tornare più volte
quindi gli articoli non possono essere scambiati per fotografie del reale, tuttavia questa rappresentazione
sociale della realtà è già significativa.
Ci racconta che lo stalking, il reato tutto sommato meno grave tra tutti quelli in elenco, fa più notizia della
vera e propria piaga della condizione femminile ancora oggi, che è quella di trovare la violenza proprio tra
le mura domestiche. Invece, stando a questi dati, della violenza così come emerge dal racconto sulla
stampa, il maltrattamento in famiglia non fa notizia, quasi appunto che sia da considerarsi la norma. E
cosa traspare dunque? Una normalizzazione di questa tipologia di violenza che rischia di lasciare le
donne più sole ed indifese. Perché se indotte a pensare che questa è la norma, saranno anche portate a
tollerarla più a lungo, esponendo se stesse e i propri figli ad una violenza reiterata, rinviando la richiesta di
aiuto anche di decenni o addirittura non arrivando mai alla denuncia.

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                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA SULLA STAMPA:
                  UNA VIOLENZA SENZA COLPEVOLI
                     La word cloud di tutti i 16.771 articoli di tutti i 15 quotidiani analizzati (anni 2017, 2018, 2019)

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                                             racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA
                         E LA RIMOZIONE DEI COLPEVOLI
Sappiamo, abbiamo letto anche di recente, che l’Italia registra una serie impressionante di
femminicidi, stupri e violenze: tra i casi più eclatanti e recenti la 17enne uccisa dal fidanzato,
qualche mese fa la strage di Carignano dove un uomo all’improvviso decide di tornare a casa
e sterminare la moglie, i figlioletti e il cane…Un uomo descritto dalla stampa e dai mass media
come un uomo «devoto alla famiglia», «tutto casa e lavoro», che aveva costruito la villetta con
le proprie mani e il sudore della fronte…insomma, un uomo perbene!
 Per non parlare degli stupri violenti, reificanti dell’imprenditore di successo. Eppure anche di
fronte a questo orrore, ai fatti accertati, alla droga usata per stuprare, alle minorenni abusate,
non sono mancate le trasmissioni televisive nazionali pronte a dipingere le minori in questione
come ninfette di facili costumi, pronte a vendersi in cambio di notorietà, lussi et similia.
Insomma, le colpevoli erano loro. Sono state loro, le loro azioni, i loro comportamenti, stili di
vita, aspirazioni, a finire sotto l’implacabile giudizio del pubblico, dei giornalisti, degli opinion
leader.
Ecco dunque che la slide precedente fotografa lucidamente questo imponente processo di
rimozione dei veri colpevoli a mezzo stampa.
Perché l’orrore di questi crimini, viene sistematicamente attutito, omesso, rarefatto dalla
narrazione sulla stampa.

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                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA
           E LA TABUIZZAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ MASCHILE
Il risultato è che la violenza sulle donne è una narrazione senza colpevoli, che
non riesce a mettere a fuoco i fatti. In cui la violenza “capita”, non viene agìta.
Gli stereotipi e i pregiudizi di cui è infarcita, intossicata direi, la rappresentazione
della violenza di genere sui media sono tutti qui.
Nella costante, reiterata, spesso persino inconsapevole ma non per questo
meno colpevole, omissione dei fatti.

E questi vengono omessi perché la cultura patriarcale nella quale il paese è
ancora immerso di fatto continua a tabuizzare l’atto di accusa di una donna nei
confronti di un uomo e a “comprendere” la violenza di lui contro di lei nell’ambito
di una relazione privata, familiare. In un processo di normalizzazione che finisce
con il legittimarla e pertanto, col riprodurla.

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                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA
       E LA TABUIZZAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ MASCHILE
Così ad es. se in caso di femminicidio scrivo che è stata “una tragedia familiare” in
seguito alla quale una donna è morta, in quel titolo, in quella breve frase sto attivando,
riproducendoli, tutta una serie di stereotipi culturali.

Mediante il ricorso a tali stereotipi rafforzo una cultura patriarcale che promuove,
ritenendola accettabile, la relazione diseguale tra i sessi.
Lo faccio 1) tramite la tabuizzazione della responsabilità maschile (perché la ometto
quando pure è evidente); 2) tramite la normalizzazione della rabbia di lui, della
reazione maschile a qualche comportamento di lei (viene sempre presentata come una
reazione a qualcosa che lei ha fatto o non voleva fare, spostando il soggetto
dell’azione da lui a lei che invece ne è la vittima); 3) tramite l’omissione dell’evidenza
che lui non ha saputo controllare questa sua rabbia (di fatto deresponsabilizzandolo);
4) tramite l’inserimento della reazione di un uomo entro una cornice di fatti attesi, noti,
comprensibili ed accettabili da parte di un marito/partner/fidanzato/persino ex
(normalizzando così la violenza all’interno delle relazioni intime tra uomo e donna).

 Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA
E LA NORMALIZZAZIONE DELLA VIOLENZA MASCHILE CONTRO LE DONNE
 In altre parole, così facendo, ho:

 1) normalizzato, mitigato la violenza maschile contro le donne all’interno di una
 relazione privata;

 2) omesso di individuare il responsabile;

 3) omesso di definire la vittima;

 4) omesso di specificare che quei comportamenti sono inaccettabili, che sono
    un reato grave. Che sono socialmente riprovevoli.

 5) Da ultimo, ho omesso di descrivere i fatti concreti nella concatenazione degli
    eventi e nei loro nessi causali. Se ne dovrebbe concludere che non ho
    informato. Che, anzi, ho letteralmente stravolto la realtà.

  Flaminia Saccà. STEP – Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel
                                               racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA
   E IL PROCESSO DI OMISSIONE DELLE RESPONSABILITA’ MASCHILI

. Per di più, lo stigma sociale oltre che giuridico, non compare mai in queste
narrazioni, se non a carico della vittima.
Contro le donne verrà messo in atto un potentissimo processo di omissione della
realtà, che di fatto da un lato favorisce i colpevoli e dall’altra getta sospetto sulle
vittime. Nascondendo i primi alla vista e alla percezione e lasciando per contro in piena luce
le donne e i loro comportamenti che verranno passati al microscopio. Sulla stampa. Nelle
questure. Nei tribunali. Esponendo le donne, come abbiamo accennato a vittimizzazione
secondaria e terziaria.
Più grave ancora, ci siamo resi conto, con le interviste, che le donne vittime di violenza
introiettano questa cultura, questi stereotipi e questa rappresentazione sociale della violenza
ad opera di stampa e magistratura. Quando chiediamo loro di parlarci della loro storia,
omettono di definire il colpevole. L’aggressore non è il soggetto della violenza nemmeno nella
loro narrazione del proprio vissuto. Anche a distanza di anni dalla sentenza definitiva di
condanna dell’ex marito, dell’ex compagno, spesso continuano a chiedersi: dove ho sbagliato.
Una condanna a vita, di matrice culturale, che fa agio sull’esperienza vissuta in prima persona
e persino sulla sentenza di un tribunale che pure ha sancito la responsabilità maschile.

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                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA
               E LA VITTIMIZZAZIONE TERZIARIA DELLE DONNE
In senso stretto la vittimizzazione terziaria definisce la frustrazione provata dalla vittima
di qualsiasi reato di fronte al mancato ottenimento della giustizia, alla mancata
condanna del colpevole, o all’eventuale mancato risarcimento economico..
Noi qui intendiamo estenderne il significato al mancato riconoscimento di una giustizia
anche dal punto di vista della rappresentazione sociale della violenza.
La chiamiamo terziaria perché se la secondaria tende ad esporre la donna come
potenzialmente corresponsabile della violenza subita (“voleva lasciarlo”, “era ubriaca”,
“aveva un amante…”) con la terziaria si completa l’opera omettendo di specificare il
colpevole, o attenuandone l’atteggiamento, la volontà, il carattere (“era tanto una brava
persona”, “un gigante buono”, “un uomo mite, tutto casa e lavoro…”).
Una vera e propria chiamata di correo su base semantica che finisce col sottrarre
giustizia oltre che empatia alla donna vittima di violenza, prima ancora che si arrivi a
sentenza. Anzi, è in questo clima culturale - che la rappresenta socialmente più vicina
all’idealtipo del colpevole che a quello della vittima - che dovrà affrontare poi il già di
per sé doloroso processo.

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                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA
            E LA VITTIMIZZAZIONE TERZIARIA DELLE DONNE
Ed è con questo humus culturale che tutti gli attori del processo giudiziario si
accingono a portarlo a vanti. La polizia, gli avvocati, i magistrati, i testimoni.
Il primo sbilanciamento che incontriamo nelle sentenze, che riflette il rapporto
diseguale tra i sessi, così come è stato perfettamente fotografato dalla Convenzione di
Istanbul ormai 10 anni fa, è dato dal riconoscimento(o meno) dell’identità e della
dignità di vittime e colpevoli. Gli uomini, ancorché sotto accusa, vengono chiamati con
rispetto, con nome, cognome e titolo professionale (l’Ing. X, il Dott. X). Le donne,
ancorché vittime, vengono deprivate non solo del cognome ma anche del titolo (Maria,
Luisa, Francesca) come ad attestare una loro non completa autonomia. Normalmente
solo i minori si chiamano per nome, quelli sottoposti ad autorità terza, materna o
paterna. Non gli adulti.
Dunque nel nostro compendio sulle buone e cattive pratiche, raccomandiamo sempre
di designare la vittima almeno con lo stesso rispetto dovuto al colpevole.
Riconoscendole anche il ruolo sociale e professionale che le spetta. Riferendosi a lei
con il suo titolo oltre che con il nome e il cognome.

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LA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA
                        E L’ATTENDIBILITA’ DELLA VITTIMA
Sappiamo che nel processo l’attendibilità della vittima è fondamentale ma è proprio su questo che si
riscontrano le maggiori denigrazioni, manipolazioni, processi di vittimizzazione secondaria della vittima.
Come vedremo meglio con i prossimi interventi e con il panel pomeridiano, si assiste di sovente ad un
indulgere sulla vita privata –sentimentale e sessuale – della vittima. Se è stata fedele, se veste in modo
modesto, se ha avuto diverse relazioni, se , se, se,…è la sua vita e la sua condotta che si passa al
setaccio. Non quella dell’aggressore.

Inoltre, lo stato emotivo di lei (la rabbia come la fragilità) viene visto con sospetto. Si dubita della sua veridicità come
della sua obiettività. La rabbia prelude a vendetta. Lei non è mai giustamente arrabbiata per i torti e le violenze subite.
No. Il diritto alla rabbia non viene riconosciuto alle donne. Se è arrabbiata si sospetta qualche motivo più futile, magari la
gelosia, per mettere in atto una ritorsione o una vendetta nei confronti dell’imputato, che pertanto si vuole dipingere come
accusato ingiustamente dalla erinni di turno.

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                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
L’ATTENDIBIILTÀ: ESEMPI DI CATTIVE PRATICHE
         La negazione del diritto alla rabbia delle donne

•    «Qualsiasi prospettazione che voglia l’imputata vittima, o difensore armato a protezione
    di sé e degli altri, è assolutamente incompatibile con […]l’inquietante freddezza con cui,
    dopo il fatto, la donna iniziava a pulire “come quando cade un vaso di marmellata […]” Il
    processo ha poi offerto un’immagine dell’imputata particolarmente contrassegnata da
    scaltrezza e disinvoltura, tutt’altro che soverchiata, EVIDENTEMENTE ASTIOSA NEI
    CONFRONTI DELLA VITTIMA PER LE VICENDE DI TRADIMENTO PIÙ RECENTI»
    (RM N1, 2020, gravi maltrattamenti).

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L’ATTENDIBIILTÀ: ESEMPI DI CATTIVE PRATICHE/2
      L’immaginario sessuale da cinematografia di serie C
La ricostruzione in sede giudiziaria degli abusi, quando si sforza di attenuare quelle che parrebbero
invece le evidenti responsabilità dell’abusante, ci restituisce un immaginario sessuale da filmografia di
quart’ordine che francamente offende il livello culturale delle nostre istituzioni:
•    «la minore è munita di una personalità sessualmente esuberante, proattiva e molto disinibita [ha]
     attitudine a intrattenere molteplici relazioni sentimentali non solo con *** e ***, ma anche con un certo
     ***» (RM 2015, n.43, Violenza sessuale, produzione materiale pedopornografico)» [Si trattava qui di un
     professore maturo con una allieva minorenne].

•    «la *** temendo che il *** potesse far vanto di aver avuto un rapporto sessuale (badate non un’attrice
     di grido o una famosa modella ma con una donna sconosciuta qualsiasi, ormai avviata alla
     menopausa) molto più grande di lui» (RM 2014, n.49, Violenza sessuale)».

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La rappresentazione sociale della violenza e
                 l’attenuazione della responsabilità maschile
Abbiamo detto come la rappresentazione sociale della violenza tenda ad attutire, attenuare, omettere
le responsabilità degli uomini che agiscono la violenza.
Le strategie messe in atto sia in ambito giornalistico che giudiziario sono riconducibili ad alcuni ambiti
retorici ricorrenti:

• il richiamo ad una presunta ‘naturale’, soverchiante, prevalenza dello stato emotivo (lui logicamente
  «reagisce» a qualcosa che lei ha detto, ha fatto o non ha fatto);
• il richiamo a vocaboli riconducibili all’area semantica della gelosia, possesso, raptus funzionali ad
  attivare la cornice giustificatoria;
• il richiamo a espressioni mitigatorie ed eufemistiche della violenza nell’ambito della coppia o della
  famiglia, volte a ricondurla all’ambito della normalizzazione del conflitto familiare
• il ridimensionamento della violenza sessuale ricondotto ad una naturale ‘esuberanza’, tipicamente
  maschile, dell’aggressore, accettata tacitamente dalla vittima.

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Quando gli stereotipi portano allo stravolgimento della
              realtà in ambito giudiziario
Abbiamo inoltre detto sin qui come gli stereotipi e i pregiudizi portino ad
una rappresentazione sociale della violenza che attenua le responsabilità
degli aggressori. Abbiamo visto come nella narrazione della violenza
contro le donne la stampa rischi, non di rado, di stravolgere la realtà.
Vediamo ora, in conclusione, il precipitato di questo humus culturale sin
qui descritto, in ambito giudiziario:

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Stereotipi, pregiudizi, giustizia e qualità democratica

«la persona che in una foto teneva una mano sulla bocca era ****, e forse la teneva sul viso per svegliarla.
La foto che ritrae la donna a terra seminuda è relativa a quando si stava riposando. Quanto alla frase in
cui si sente dire alla **** “basta basta” secondo **** tali parole erano solo una dimostrazione di
appagamento sessuale. Quando le aveva detto “zitta troia” non lo aveva fatto per disprezzo ma preso
dall’enfasi del rapporto sessuale» (RDN s. 20 Violenza sessuale di gruppo 2015).

In questo esempio che ritengo particolarmente significativo tra i vari analizzati, se si toglie la retorica così
evidentemente posticcia, che stravolge così palesemente i fatti nel tentativo di attenuare a tutti i costi le
responsabilità dell’aggressore, e si resta invece all’oggettività dei fatti, cosa resta?

Resta una donna a terra, seminuda, con gli occhi chiusi, con un uomo che le mette la mano sulla bocca. Ad un
certo punto si sente lei che dice «basta, basta» e lui che le intima brutalmente di tacere.

Ecco, se si restasse ai fatti non si faticherebbe a riconoscere la responsabilità dell’aggressore e giustizia alla
vittima Si sarebbe meno esposti al rischio di distorsione che il pregiudizio comporta e si vedrebbe rafforzata la
capacità di giustizia del paese. Per le donne certamente, ma non solo.
Anche per la dignità dello Stato e per la qualità democratica delle nostre istituzioni.

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                                              racconto dei media. Progetto coordinato dalla prof.ssa Flaminia Saccà.
Grazie

Info @ www.progettostep.it

sacca@unitus.it

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