Si è dimesso il direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno. Cosa aspettava ? - Il Corriere del Giorno
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Si è dimesso il direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno. Cosa aspettava ? ROMA – E’ trascorso quasi un anno da quando quello che era il principale quotidiano di Puglia e Basilicata, è stato sottoposto il 24 settembre del 2018, alla gestione giudiziaria per la sentenza di sequestro e confisca del 70% delle quote azionarie della Edisud spa, che fanno capo all’editore catanese Mario Ciancio Sanfilippo, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa.“Ci sembra giusto informarVi che il Vostro giornale ha avviato una procedura societaria, che prende il nome di ‘concordato preventivo’, che è stata chiesta al Tribunale di Bari, che ha a sua volta ha nominato due Commissari, che ne seguiranno gli sviluppi”. Con una lettera aperta l’ex-editore ha annunciato ai lettori de ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’ la scelta pressoché obbligata che permetterebbe “di riportare in equilibrio i conti del giornale, che negli ultimi anni ha sofferto pesantemente della crisi, che ha colpito l’editoria giornalistica”.
La situazione dei conti fortemente deficitaria maturata ancor prima dell’atto del sequestro, ha portato a chiudere il bilancio del 2018 con una perdita operativa di oltre 7 milioni (che contribuiscono agli oltre 30 milioni di euro complessivi di debiti maturati). Una situazione che ha reso inevitabile, ai fini della continuità aziendale imposta dalle norme di legge , da parte del Tribunale di Catania – Sezione misure di prevenzione attraverso i Custodi-Amministratori Giudiziari nominati, di trovare un acquirente. L’unico a rendersi interessato e disponibile è stato Valter Mainetti amministratore delegato del fondo Sorgente Group Italia proprietario della testata del quotidiano ‘Il Foglio’ e del mensile ‘Tempi’, che era già socio di minoranza di Edisud spa. La proposta, con il supporto della Banca Popolare di Bari, (fortemente esposta con la precedente gestione) , prevede all’omologa del concordato, prevista fra aprile e settembre del 2020, una importante ricapitalizzazione finanziaria con capitali propri e l’ingresso nel capitale di un partner industriale.
Nel frattempo l’avvio del concordato facilita una preliminare contrazione dei costi e accelera la dismissione di alcuni cespiti. Infatti con il parere favorevole del Tribunale di Catania, al quale risponde la gestione commissariale, il cda di Edisud spa ha chiesto nella seconda metà di luglio al Tribunale di Bari l’ammissione alla procedura di concordato preventivo in continuità , che ha comportato la nomina immediata di due commissari. In particolare la ristrutturazione, che verrà presentata in un piano che Edisud si è impegnata a presentare entro il prossimo ottobre, prevede, oltre allo sviluppo del digitale e la concentrazione delle risorse nell’informazione locale e regionale, di incorporare le sette edizioni attuali in non più di tre, per offrire ai lettori un giornale più completo, rispetto al territorio d’influenza. Importanti sinergie editoriali interesseranno poi le news nazionali e internazionali, unitamente alla pubblicità e al marketing per promuovere intorno al brand giornalistico, forte e unico per la Puglia e Basilicata, come la Gazzetta del Mezzogiorno, eventi e iniziative speciali per coinvolgere, con rinnovata energia e idee, i giovani e il ricco mondo dell’economia e della cultura delle due regioni. “Il giornale che da tanti anni e per tante generazioni è stato vicino al territorio – scrive Edisud nella sua lettera pubblica – è un patrimonio nazionale che oggi non solo va conservato, ma deve essere con urgenza rilanciato tenendo conto delle innovazioni che hanno interessato fortemente anche il settore editoriale. E ciò vuol anche dire una struttura produttiva più snella, unita alla ricerca di economie di scala e sinergie con gruppi editoriali, che permettano di concentrare le risorse giornalistiche alla copertura dell’informazione locale, sul piano di servizio e di cultura”. “La procedura avviata chiede il concorso e il sacrificio di tutti, dai creditori alle maestranze, per preludere ad un solido assetto proprietario – conclude la lettera dell’editore – . Durante questo percorso Vi chiediamo di continuare a starci vicino, anzi ancora di più. Il giornale sarà gradualmente innovato nel contenuto, nella grafica e nella tecnologia. E punterà sempre più ad accompagnare lo sviluppo e a difendere l’orgoglio di una Puglia e Basilicata, le loro città ed aree interne, strategiche per l’economia e la cultura del Paese”.
Giuseppe De Tomaso La Gazzetta del Mezzogiorno ha 130 di storia che hanno visto passare sulle sue pagine grandi firme come Oronzo Valentini, Giuseppe Giacovazzo, dovrà affrontare una sfida difficile. Secondo quanto prevede il concordato si dovrà infatti riuscire, a riportare rapidamente i suoi conti in equilibrio , peggiorati progressivamente negli ultimi sei anni con la direzione giornalistica di Giuseppe De Tomaso ha visto i propri ricavi da copie vendute scendere del 40%, arrivando a vendere in un bacino di oltre 5 milioni di persone, soltanto 17mila copie. Numeri che hanno conseguentemente comportato il crollo della pubblicità calata del 60%. Ed oggi finalmente Giuseppe De Tomaso si è “arreso” ed ha capito che il suo ciclo era finito, rassegnando le proprie dimissioni. Una decisione che avrebbe dovuto prendere da molto tempo, ma che ha deciso soltanto ora in vista di un suo pressochè certo previsto licenziamento. Lasciando nello sconforto i suoi devoti “orfanelli ed orfanelle”…
Bari, arrestato l'ex giudice Bellomo: maltrattava studentesse e minacciò il premier Conte ROMA – E’ finito agli arresti domiciliari Francesco Bellomo, 49enne barese, consigliere di Stato destituito dopo che nel 2017 scoppiò lo scandalo della sua scuola di preparazione per il concorso in magistratura. Bellomo viene accusato non solo dei maltrattamenti e delle estorsioni nei confronti di quattro giovani borsiste e di estorsione aggravata ai danni di una ricercatrice della Scuola di Formazione Giuridica Avanzata “Diritto e scienza” con sedi a Bari, Milano e Roma a cui imponeva anche il “dress code”, fatti questi risalenti al settembre 2017, ma anche per le calunnie e la minacce espresse nei confronti del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. La scuola secondo la gip Antonella Cafagna era “il teatro dei suoi adescamenti”, e l’assegnazione delle borse di studio “il veicolo per orientare i rapporti professionali verso derive sul piano personale” L’arresto giunge al termine di un’indagine della Procura di Bari condotta dalla pm Daniela Chimienti e coordinata dal procuratore aggiunto dr. Roberto Rossi , con l’ordinanza firmata dalla dr.ssa Antonella Cafagna, Gip del Tribunale di Bari. Sono quattro le studentesse individuate come parti offese, per i reati di maltrattamenti e estorsione, alcune delle quali legate a Bellomo da relazioni sentimentali. Le indagini vennero avviate dalla Procura di Piacenza a seguito della denuncia di una studentessa, e si allargò subito dopo a Bari, città d’origine del Bellomo e dove è presente una sede della scuola “Diritto e scienza”, tuttora in funzione.
il premier Giuseppe Conte Nell’inchiesta barese si inserisce un nuovo filone giudiziario, che vede come parte lesa il prof. Giuseppe Conte attuale Presidente del Consiglio, in passato vicepresidente del Consiglio della presidenza della giustizia amministrativa, organo chiamato ad esercitare l’azione disciplinare nei confronti di Bellomo, subito dopo che erano emersi i primi illeciti a suo carico. Il prof. Giuseppe Conte che all’epoca dei fatti, non era ancora diventato premier, insieme alla collega Concetta Plantamura (componente dello stesso organismo) vennero entrambi accusati da Bellomo che sosteneva avessero commesso illeciti nella trattazione del giudizio a suo carico e poi fece notificare loro un atto di citazione per danni trascinandoli davanti al Tribunale civile di Bari “incolpandoli falsamente” per aver esercitato “in modo strumentale e illegale il potere disciplinare“, compiendo “deliberatamente e sistematicamente una attività di oppressione” nei suoi confronti, secondo Bellomo “mossa da un palese intento persecutorio, dipanatosi in un numero impressionante di violazioni procedurali e sostanziali, in dichiarazioni e comportamenti apertamente contrassegnate dal pregiudizio“. Alcuni giorni successivi alla notifica della citazione e nell’imminenza della seduta del Plenum della giustizia amministrativa, per la discussione finale del procedimento disciplinare a suo carico, Bellomo aveva depositato anche una memoria chiedendo “l’annullamento in autotutela degli atti del giudizio disciplinare per vizio di procedura” ed il proprio “proscioglimento immediato per evitare ogni ulteriore aggravamento dei danni ingiusti
già subiti“. Bellomo a “Porta a Porta” intervistato da Bruno Vespa Secondo la Procura di Bari, tale azione di Bellomo fu un’implicita minaccia, “prospettato oltre all’aggravarsi dell’entità del risarcimento chiesto, anche il possibile esercizio di azioni civili in caso di ulteriori danni” finalizzata a prospettare all’intero Consiglio il possibile esercizio di azioni civili nei confronti di Conte e Plantamura, come si legge nell’imputazione ” per turbarne l’attività nel procedimento disciplinare a suo carico ed impedire la loro partecipazione alla discussione finale, influenzandone la libertà di scelta e determinando la loro estensione, benché il CPGA avesse votato all’unanimità, ed in loro assenza, l’insussistenza di cause di astensione e ricusazione“. Il gip del Tribunale di Bari dr.ssa Antonella Cafagna che ha disposto l’arresto, dell’ex giudice barese del Consiglio di Stato Francesco Bellomo, con concessione degli arresti domiciliari, nella sua ordinanza parla di “indole dell’indagato in seno al rapporto interpersonale in termini di elevata attitudine alla manipolazione psicologica mediante condotte di persuasione e svilimento della personalità della partner nonché dirette ad ottenerne il pieno asservimento se non a soggiogarla, privandola di qualunque autonomia nelle scelte, subordinate al suo consenso” analizzando quello che chiama “sistema Bellomo” nel quale “l’istituzione del servizio di borse di studio non era altro che un espediente per realizzare un vero
e proprio adescamento delle ragazze da rendere vittime del proprio peculiare sistema di sopraffazione, fondato sulla concezione dell’agente superiore e sui corollari di fedeltà, priorità e gerarchia”. Le vittime secondo “la concezione ‘bellomiana’ dei rapporti interpersonali” sarebbero state prima “isolate, allontanandole dalle amicizie”, e successivamente Francesco Bellomo avrebbe tentato una “manipolazione del pensiero se non addirittura di indottrinamento con successivo controllo mentale, mediante l’espediente di bollare come sbagliate le opinioni espresse o le scelte compiute dalla vittima, in modo da innescare un meccanismo di dipendenza da sé”. È proprio una delle ragazze sue vittime a definire il rapporto con Bellomo “come se si fosse impossessato della mia testa“.
Una borsista della Scuola di Formazione dell’ex giudice Francesco Bellomo, confidandosi con la sorella, le raccontò di aver sottoscritto “un contratto di schiavitù sessuale...Non sai che cosa mi voleva far fare, hai presente 50 sfumature di grigio? “, mentre un’altra borsista sarebbe stata “punita” mediante la rivelazione di “dettagli intimi sulla sua vita privata” per aver violato secondo Bellomo, gli obblighi imposti dal contratto, finendo in una rubrica sulla rivista della Scuola “Diritto e scienza” . Con un’altra studentessa, oggi diventata sostituta procuratrice in una città toscana, nel momento in cui cercò di allontanarsi dal direttore della scuola cominciò a ricevere insulti e minacce “Ora la tua carriera la fai da sola e dubito che ci riesca” le disse Bellomo “Non mi faccio restituire i soldi perché sei una pezzente. Al concorso Tar non accederai neppure, ringrazia se non ti buttano fuori dalla magistratura” arrivando a pretendere ” Ti devi inginocchiare e chiedermi perdono” per avere violato regole del contratto. Molto peggio andò ad un’altra borsista minacciata di farle aprire a suo carico un procedimento penale . “Era un’ipotesi spaventosa, perché ero in procinto di entrare in magistratura — dichiarò a verbale — Mi rivolsi spaventata a Gianrico Carofiglio ( ex-magistrato, poi ex parlamentare ed scrittore di successo n.d.r.), allora mio amico e in servizio alla Procura di Bari, e lui mi consigliò di rivolgermi a un penalista. Poco dopo mi chiamò Bellomo furente e mi disse di essere stato contattato da Carofiglio, che gli diceva che io gli stavo prospettando una violenza privata“.
Le borsiste della Scuola di Formazione dell’ex giudice Francesco Bellomo, arrestato per maltrattamenti e estorsione, erano tenute ad “attenersi ad un dress code suddiviso in ‘classico‘ per gli ‘eventi burocratici’, ‘intermedio‘ per ‘corsi e convegni’ ed ‘estremo‘ per ‘eventi mondani’ e dovevano curare la propria immagine anche dal punto di vista dinamico (gesti, conversazione, movimenti), onde assicurare il più possibile l’armonia, l’eleganza e la superiore trasgressività’ al fine di pubblicizzare l’immagine della scuola e della società“. Questi sono alcuni passaggi contenuti del contratto imposto alle borsiste e riportati nell’ordinanza di arresto firmato dal Gip del Tribunale di Bari dr.ssa Antonella Cafagna. L’abbigliamento “estremo” prevedeva “gonna molto corta (1/3 della lunghezza tra giro vita e ginocchio), sia stretta che morbida + maglioncino o maglina, oppure vestito di analoga lunghezza“. Quello “intermedio” contemplava l’uso di “gonna corta (da 1/3 a ½ della lunghezza tra giro vita e ginocchio), sia stretta che morbida + camicetta, oppure vestito morbido di analoga lunghezza, anche senza maniche”; quello “classico” prevedeva “gonna sopra il ginocchio (da ½ a 2/3 della lunghezza tra giro vita e ginocchio) diritta + camicetta, oppure tailleur, oppure pantaloni aderenti + maglia scollata. Alternati“. Il “dress code” previsto da Bellomo (che deve avere qualche problema…) imponeva anche “gonne e vestiti di colore preferibilmente nero o, nella stagione estiva, bianco. Nella stagione invernale calze chiare o velate leggere, non con pizzo o disegni di fantasia; cappotto poco sopra al ginocchio o piumino di colore rosso o nero, oppure giacca di pelle. Stivali o scarpe non a punta, anche eleganti in vernice, tacco 8-12 cm a seconda dell’altezza, preferibilmente non a spillo. Borsa piccola. Trucco calcato o intermedio, preferibilmente un rossetto acceso e valorizzazione di zigomi e sopracciglia; smalto sulle mani di colore chiaro o medio (no rosso e no nero) oppure french”. Le indicazioni sull’abbigliamento da osservare erano la minima parte di quello che le borsiste dovevano sottostare, in quanto Bellomo imponeva loro persino di mettere fine ai rapporti con i fidanzati e di non sposarsi, di non uscire la sera e non frequentare amici. L’ orami ex-consigliere Bellomo instaurò con la maggior parte di loro relazioni sentimentali ( anche in contemporanea), imponendo loro di allontanarsi perfino dalle famiglie. Una ragazza ha raccontato ai Carabinieri “Fui costretta spesso a mangiare da sola, perché mi impediva di chiudere le telefonate e sedermi a mangiare, mi ero allontanata da tutti. Mi diceva che ero una poco di buono, la cosa peggiore che gli fosse capitata. Rimanevo vestita, in casa, nell’attesa di vederlo“. Il lato triste della vicenda è che praticamente quasi nessuna delle
sue vittime, impaurite, denunciò Bellomo. Praticamente tutte le ragazze ascoltate dalla polizia giudiziaria hanno però confermato l’atteggiamento di sopraffazione, che per la Gip Cafagna “si perpetuava identico in ogni rapporto amoroso e con modalità tali da mettere a repentaglio l’integrità fisica delle fidanzate”. “Sono terrorizzata — diceva una corsista — non so come uscirne“ La tesi difensiva sostenuta da Bellomo, che è già imputato in un processo simile dinnanzi al Tribunale Penale di Piacenza insieme con Davide Nalin, ex pm di Rovigo e suo braccio destro alla scuola, era che le sue fidanzate erano coscienti delle condizioni del contratto, e che era stato firmato senza alcuna costrizione. Ma la Procura di Bari la pensa diversamente ed insiste sulla circostanza non indifferente che Bellomo quale direttore della scuola si trovasse in una condizione di superiorità rispetto alle borsiste e quindi in grado di poter esercitare su di loro una sudditanza psicologica. Al punto tale da far finire una ragazza dallo psichiatra e poi in ospedale per una forte anoressia Il ministro di Giustizia domani a Bari per visitare i nuovi uffici giudiziari ROMA – Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede domani mattina sarà a Bari, per visitare gli edifici che sono stati già in parte destinati a sedi degli uffici giudiziari e quelli che sono stati individuati per la realizzazione del futuro Polo di Giustizia.
Il Guardasigilli si recherà prima al palazzo ex Telecom, nel quartiere residenziale di Poggiofranco, che su una superficie lorda di circa 15mila metri, è attualmente sede degli uffici del Tribunale e della Procura della Repubblica di Bari , ed assisterà anche alla firma del verbale di consegna dei piani 2° e 3°, da parte del Direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie del Ministero della Giustizia e dell’Amministratore delegato della società Nova Re SiiQ SpA, che si è aggiudicata a settembre del 2018 la gara per la locazione dell’immobile. Ad oggi sono già operativi e funzionanti i piani quarto, quinto, sesto e settimo, per gli uffici della Procura, che sono stati consegnati quasi immediatamente, nel mese di novembre. La visita del Ministro proseguirà con un sopralluogo nell’area di proprietà demaniale delle ex Caserme Milano e Capozzi, individuata per la realizzazione della nuova sede del Polo di Giustizia e, successivamente avrà un breve incontro con i vertici degli uffici giudiziari, dell’Associazione Nazionale Magistrati e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari. Mafia. 32 arresti nei clan Diomede e Capriati per traffico di droga a Bari BARI – Un operazione della Compagnia di Modugno dei Carabinieri , supportata dai reparti speciali “Cacciatori di Puglia”, dal Nucleo Cinofili di Modugno ed un elicottero del 6° Elinucleo CC di Bari, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia ha mandato in carcere 26 persone 6 ai domiciliari, tutti appartenenti ai clan baresi Capriati e Diomede, dopo aver messo in salvo cinque ragazzini minorenni che venivano utilizzati come spacciatori. I clan non avevano alcuno scrupolo a far spacciare droga neanche sui gradini di una scuola elementare di Modugno.
Al vertice dell’associazione a delinquere Lorenzo Siciliani, arrestato nel giugno dello scorso anno nell'”operazione Pandora“, affiancato da Valentino Martino, Domenico Moretti e Giuseppe Pastore, come hanno spiegato il procuratore capo della repubblica di Bari Giuseppe Volpe ed il procuratore aggiunto Francesco Giannella L’inchiesta è nata a seguito di una sparatoria avvenuta lo scorso 4 dicembre 2014, in cui vennero esplosi molteplici colpi di arma da fuoco contro la casa di un pregiudicato barese che si trovava agli arresti domiciliari. Grazie alle dichiarazioni della vittima designata, gli investigatori hanno trovato i primi riscontri, avvalorati da un’attività investigativa tradizionale, effettuata mediante pedinamenti, supportate da evolute intercettazioni telefoniche e ambientali, mediante anche diverse telecamere piazzate a Modugno.
Le indagini sono partite nel 2016 ed hanno già consentito l’arresto in flagranza di reato di 12 persone, con il sequestro complessivo di g.700 di hashish, 1 kg. di marijuana, 100 grammi di cocaina, 2 pistole, 2 mitragliette e 79 cartucce di diverso calibro. La cittadina confinante alla zona industriale di Bari era diventata il baricentro di un sodalizio che contemporaneamente faceva riferimento ai gruppi criminali baresi Capriati e Diomede dai quali gli arrestati, acquistavano cocaina, hashish e marijuana, da rivendere con una media di cinquanta dosi al giorno. Un ruolo di primo piano era ricoperto nell’organizzazione da quattro donne: Grazia Bellomo (moglie di Massimo Ricupero), Angela De Meo (moglie di Fabio Ferrarese), Beatrice Fanelli (sposata con Valentino Martino), Katia Franco (moglie di Massimo Cirillo) che si occupavano non solo di spacciare la droga ma anche di custodirla e tenere i contatti con i detenuti, come ha raccontato il pm Renato Nitti, titolare del fascicolo d’ indagini. Gli arresti sono stati disposti dal Gip dr. Francesco Mattiace del Tribunale di Bari, mentre nove ragazzini di età compresa tra i due e gli undici anni sono stati tolti ai genitori, in quanto arrestati sia il padre che la madre, ed affidati ad altri familiari, in alcuni nonni o zii. Lo spaccio di stupefacenti era diventato un lavoro a tempo pieno per le quattro famiglie, per il quale entrambi i coniugi si dedicavano nonostante la presenza di bambini, in alcuni casi molto piccoli. Per questo motivo è stata applicata rigorosamente la norma che prevede l’affidamento ad altre persone e quindi i ragazzini sono finiti tutti a casa di parenti. Dei cinque minori coinvolti nell’attività di spaccio, invece, quattro sono diventati nel frattempo maggiorenni e
quindi sono stati destinatari delle misure cautelari mentre la posizione di un minorenne e’ attualmente al vaglio della procura dei minori. La Cassazione: "Vittorio Sgarbi diffamò Nichi Vendola" e lo condanna al risarcirimento la Suprema Corte di Cassazione di Giovanna Rei La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da Sgarbi e confermato la sentenza con la quale nel marzo 2018 la Corte di Appello di Bari aveva condannato Vittorio Sgarbi a risarcire l’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, per averlo diffamato, riconoscendo i toni e i contenuti diffamatori, espressi nel corso della trasmissione televisiva trasmessa il 18 maggio 2011 su Rai 1, nel corso della quale la politica ‘green’ della regione pugliese era stata associata ad episodi di illegalità. Il giornalista Carlo Vulpio anch’egli sotto processo per diffamazione dinanzi al Tribunale di Bari, aveva trattato il tema delle energie rinnovabili facendo riferimento a dei presunti interessi mafiosi.
Sgarbi, ospite del programma, solo pochi giorni prima aveva parlato di una “Puglia massacrata da una forma di criminalità istituzionale che l’ha sfigurata con pale eoliche”, e aveva annuito durante la trasmissione alle dichiarazioni espresse da Vulpio sul presunto ruolo della Regione Puglia nella gestione del business dell’eolico. Nel novembre 2015 Sgarbi era stato assolto in primo grado, “perché il fatto non sussiste” a conclusione di un processo celebrato con il rito abbreviato . Ma quella sentenza di assoluzione dal reato di diffamazione aggravata venne impugnata dalla sola parte civile Nichi Vendola, rappresentata dall’avvocato Vincenzo Muscatiello . I giudici successivamente in Appello ed ora in Cassazione, non si sono pronunciati sulla responsabilità penale ma esclusivamente sulla sussistenza di un danno, che è stato riconosciuto e dovrà essere quantificato in sede civile. Csm. Per un consigliere "i magistrati non vogliono andare a Bari e Foggia anche con gli incentivi" ROMA – Secondo Ciccio Zaccaro, giudice del Tribunale di Bari eletto da Area, la corrente sindacale più di sinistra della magistratura nel consiglio del Csm, il magistrato che ha sollevato il caso al plenum del Consiglio superiore della magistratura, ci sono delle sedi giudiziarie “dove nessun magistrato vuole trasferirsi”, indicando “i tribunali di Bari e Foggia“, e “sedi dalle quali tutti fuggono , la
Calabria fra tutte. Un problema serio del quale il Csm ed il ministro si devono fare carico” chiedendo perciò ai colleghi di “ripensare complessivamente insieme al ministro della Giustizia la materia degli incentivi“. Il problema non riguarda solo i tribunali di Bari, Foggia, Reggio Calabria e Catanzaro, ma anche quelli di Messina, Caltanissetta e Napoli Nord (Aversa). In realtà è una questione che non investe solo il Mezzogiorno del Paese, infatti vi c’è carenza di domande di trasferimento al Nord anche per gli uffici giudicanti del Veneto e del distretto di Brescia. Un problema che andrà posto al ministro di Giustizia nel tavolo tecnico sulla distribuzione dei posti risultanti dall’aumento delle piante organiche negli uffici giudiziari, non si può non considerare che “gli effetti benefici dell’aumento delle piante organiche si avranno solo fra qualche anno quando sarà completato il piano di assunzioni ed i posti in più in pianta organica saranno realmente completati. Dunque non potranno risolvere le gravi scoperture di organico di oggi“.
Per questo motivo, ha aggiunto Zaccaro, occorre ripensare gli incentivi, oggi previsti che per chi accetta le sedi disagiate: “invece di incentivare i colleghi ad andare nei posti meno ambiti, si deve pensare a vantaggi per chi rimane nelle sedi poco ambite o comunque favorire la migrazione dai posti dove si sta bene a posti dove si sta male“. Iniziato il processo penale a Bari contro l' Assostampa e Raffaele Lorusso Raffaele Lorusso ROMA – Si è svolta ieri finalmente, dopo ben tre rinvii la prima udienza preliminare dinnanzi al giudice dr.ssa Cafagna del Tribunale di Bari nei confronti dell’ Assostampa, il sindacato pugliese dei
giornalisti ed il suo ex presidente Raffaele Lorusso, attuale segretario nazionale della FNSI. A nulla è valsa la strenua e vana difesa rappresentata in maniera anche fuorviante dall’ Avv. Francesco Paolo Sisto del Foro di Bari, in quanto il pubblico ministero ed il giudice per le indagini preliminari hanno accolto le costituzioni civili della nostra società editrice e del nostro direttore Antonello de Gennaro rappresentati ed assistiti dall’ Avv. Giuseppe Campanelli del Foro di Roma La difesa di Lorusso ha presentato una memoria con cui, nel consueto stile sindacale dei rappresentanti dell’ Assostampa pugliese, hanno cercato di mistificare i nostri diritti con produzioni documentali peraltro estranee al processo ed infondate. Il giudice ha fissato un’altra udienza per il prossimo 19 marzo per consentire al nostro legale di poter analizzare (e quindi confutare) la produzione documentale dell’ Avv. Sisto. " Berlusconi pagò per le bugie di Tarantini sulle escort" : inizia il processo a Bari BARI – Il processo comincia lunedì nell’ex sezione distaccata del Tribunale di Bari a Modugno davanti al giudice Flora Cistulli. Secondo i pm baresi Silvio Berlusconi, all’epoca Presidente del Consiglio dei Ministri , tramite il faccendiere-editore campano Valter Lavitola , la cui posizione è stata stralciata e trasmessa alla Procura di Napoli, avrebbe fornito all’imprenditore barese Giampi Tarantini, avvocati, un lavoro e centinaia di migliaia di euro affinchè mentisse ai pm che indagavano sulle “escort” portate nelle residenze estive dell’ex premier fra il 2008 e il 2009 ed assicurandogli dei forti appoggi in Finmeccanica (ora Leonardo spa) . Nel procedimento contro Berlusconi si è costituita parte civile in udienza preliminare la presidenza del consiglio.
Giampi Tarantini Uno dei passaggi del provvedimento con il quale il Gup del Tribunale di Bari dr.ssa Rosa Anna Depalo aveva rinviato a giudizio l’ex premier per induzione a rendere false dichiarazioni all’autorità giudiziaria sulla vicenda escort, sostiene che “Il più delle volte al pagamento delle prestazioni sessuali delle escort reclutate da Gianpaolo Tarantini provvedeva lo stesso Berlusconi. E ciò non era propriamente indifferente per la reputazione interna e internazionale di un presidente del consiglio” . Sarebbe stata questa la ragione per la quale Berlusconi avrebbe pagato e finanziato Tarantini (nel frattempo fallito con le sue società) per mentire ai pm baresi che indagavano sulle escort.
Dal provvedimento emerge che secondo la difesa di Berlusconi, difeso dagli avvocati Niccolò Ghedini e Francesco Paolo Sisto (entrambi deputati di Forza Italia) , l’ex premier ” non aveva interesse” ad indurre Gianpaolo Tarantini a mentire in quanto “Tarantini aveva reso dichiarazioni devastanti per l’immagine pubblica di Berlusconi, oltre che controproducenti rispetto ai suoi interessi anche economici. Pertanto nessun ulteriore pregiudizio avrebbe potuto provocare sull’imputato la divulgazione del fatto che egli fosse ben consapevole di interagire con prostitute e, di conseguenza, il suo interesse a tenere riservata la circostanza era pari a zero”.
Ma secondo il giudice “ non può non rilevarsi che oggetto del mendacio non era tanto la qualifica soggettiva delle giovani, quanto la circostanza che il più delle volte al pagamento delle prestazioni provvedeva lo stesso Berlusconi“. “In quanto mero fruitore di dette prestazioni, Berlusconi non avrebbe mai potuto essere coinvolto nel reato di agevolazione e sfruttamento della prostituzione. Sicché la sua conoscenza del fatto che tali prestazioni fossero prezzolate era del tutto irrilevante ai fini dell’indagine a carico di Tarantini“ aggiunge il Gup Depalo che ha rigettato l’eccezione preliminare della difesa sulla competenza del Tribunale per i Ministri o non del giudice ordinario, rilevando che “la prospettazione probatoria è tale da lasciar intravedere solamente un nesso di occasionalità temporale tra la condotta stigmatizzata e le funzioni di presidente del Consiglio esercitate dall’imputato all’epoca dei fatti“. E’ stato rinviato al prossimo 17 giugno 2019 il processo nei confronti di Silvio Berlusconi, imputato per induzione a rendere false dichiarazioni all’autorità giudiziaria. Il giudice monocratico del Tribunale di Bari Flora Cistulli ha accolto la richiesta della difesa di Berlusconi, con parere favorevole del pm Eugenia Pontassuglia, e della parte civile, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed ha rinviato il processo a dopo le elezioni Europee.
Bari. Arrestato un falso appartenente della Guardia di Finanza BARI – Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari hanno arrestato Marco Paolillo un pregiudicato 40enne di Barletta, socio unico della Polo Edizioni Italia srl (l’amministratore Lorenzo Dipilato è indagato) in esecuzione di una ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal GIP dr.ssa Maria Teresa Romita del Tribunale di Bari, su richiesta del pm Chiara Giordano della Procura della Repubblica, per il reato di truffa aggravata tentata e consumata . che ha chiesto al gip i domiciliari per Paolillo, nella convinzione che possa continuare a estorcere soldi a titolari di attività e studi sotto la minaccia di subire possibili verifiche fiscali. All’esito di approfondite indagini di polizia giudiziaria, protrattesi per diversi mesi, delegate alla Sezione Anticorruzione del Gruppo Tutela Spesa Pubblica, e condotte dagli uomini del Nucleo di polizia economico- finanziaria del colonnello Pierluca Cassano, sono stati acquisiti elementi che hanno palesato come Marco Paolillo, contattando imprenditori e professionisti mediante utenze telefoniche intestate ad una società di Barletta, rappresentava di essere un appartenente al Corpo della Guardia di Finanza o, in altri casi, di essere in servizio presso gli uffici amministrativi della Guardia Finanza, al fine di promuovere e “sollecitare” l’acquisto di pubblicazioni di argomento giuridico-economico intitolate “Rivista di Finanza ed Economia” e “La verifica fiscale”, quest’ultima contenente anche “La modulistica della Guardia di Finanza per la verifica fiscale”, al prezzo di € 100,00. In questa maniera il pregiudicato barlettano incuteva e generava negli interlocutori il timore del pericolo connesso al rischio di pagare multe in occasione di controlli della Guardia di Finanza, con l’intento di determinarli ad acquistare le riviste per procurarsi un ingiusto guadagno. I poveri malcapitati interlocutori venivano quindi indotti ad acquistare le riviste in questione per timore di poter di subire delle eventuali ripercussioni negative, nell’ambito delle loro rispettive attività. Alcune riviste riportavano persino l’emblema della Repubblica Italiana ed, in particolare tra gli altri, anche un “modello” di richiesta di autorizzazione per l’esecuzione di accertamenti bancari indirizzata al
Comandante Regionale della Guardia di Finanza. Questa vicenda è stata propizia per il generale Nicola Altiero comandante provinciale di Bari della Guardia di Finanza, per invitare tutti gli imprenditori e professionisti a non accogliere richieste del genere (ed a denunciarle prontamente anche mediante il ricorso al numero di pubblica utilità “117”), da parte di chiunque si proponga di vendere riviste e pubblicazioni a nome della Guardia di Finanza o di Uffici Finanziari, in particolare modo quando l’offerta di vendita è accompagnata da promesse di immunità da imminenti controlli fiscali ovvero da velate minacce di immediata esecuzione di verifiche fiscali in caso di mancata adesione alla illecita proposta commerciale. Bari. Palazzo di giustizia, terminato trasloco BARI – Il palazzo di via Nazariantz dopo 18 anni non ospita più gli uffici giudiziari del capoluogo. Il cancello di accesso all’immobile è chiuso ed inaccessibile da ieri , primo giorno dopo il termine ultimo previsto per lo sgombero. I cinque piani del palazzo, dichiarato inagibile nel maggio scorso per rischio crollo, sono ormai completamente vuoti. Si sta procedendo al trasloco dell’ultima parte dell’archivio. Dal muro esterno di colore azzurro è stata rimossa anche la scritta “Uffici giudiziari” ed entro la prossima settimana saranno ri consegnate le chiavi all’Inail proprietario dell’immobile.
il Palagiustizia via Nazariantz chiuso La Procura di Bari è ormai quasi interamente trasferita nella nuova sede di via Dioguardi, nell’ex Torre Telecom nel quartiere residenziale di Poggiofranco. Da metà gennaio vi traslocheranno anche gli uffici attualmente distaccati in via Brigata Regina. Una parte del nuovo palazzo di giustizia è ancora un cantiere, con gli operai al lavoro per allestire le aule per le udienze e rendere così possibile il trasferimento – previsto a partire dalla prossima primavera – anche del Tribunale, che attualmente è ubicato a Modugno.
il nuovo Palazzo di Giustizia di Bari nello stabile ex Telecom Il “fermo” dei processi penali a Bari stabilito con decreto del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, non finirà all’esame della Corte costituzionale. Il giudice di pace di Bari ha ritenuto “manifestamente infondata” la questione di legittimità costituzionale sollevata dall’avvocato Ascanio Amenduni con riferimento al decreto, poi convertito in legge, che per tre mesi a causa della inagibilità del Palagiustizia di via Nazariantz ha sospeso lo svolgimento dei processi penali . Il giudice ha sentenziato “la oggettiva impossibilità di celebrare le udienze penali derivante dalla sopravvenuta indisponibilità dei luoghi è pacificamente connessa con i presupposti di necessità ed urgenza del decreto legge”.
La questione era stata sollevata in occasione della prima udienza del procedimento dinanzi al giudice di pace, che era stato chiamato a decidere sul merito delle richieste di risarcimento danni avanzate dall’avvocato Amenduni nei confronti del del ministero a seguito dei disagi subiti dagli avvocati penalisti del Foro di Bari, conseguenti all’ inagibilità del Palazzo giustizia, ora sgomberato per rischio crollo . Il giudice di pace del Tribunale di Bari ha rigettato però anche l’eccezione processuale avanzata dal Ministero di Giustizia, che opponendosi, aveva chiesto di trasferire il procedimento dinanzi a un tribunale amministrativo, sostenendo che la competenza fosse di competenza del giudice ordinario perché “ oggetto dell’azione esercitata nel presente giudizio è il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della mancata individuazione di una sede, occorrente alla celebrazione delle udienze e quindi al funzionamento della giustizia”. “Il tentativo di far arrivare alla Consulta la questione non è riuscito ma la strada per l’azione risarcitoria promossa rimane aperta, e, con essa, rimane in vita la possibilità di veder riconoscere agli avvocati penalisti la veste di parti lese dell’incredibile arresto della giurisdizione, economicamente patito soltanto da loro” ha commentato l’avvocato Amenduni . In realtà i danneggiati sono i cittadini, imputati e parti lese. Il giudice ha fissato la prossima udienza per il 21 marzo 2019. La causa continua. Firmato il contratto per il nuovo Palazzo di Giustizia a Bari: la
nuova sede (ex palazzo Telecom) sarà operativa da dicembre BARI – E’ stata finalmente trovata dal Ministero di Giustizia la nuova sede del Tribunale e della Procura situato in viale Saverio Dioguardi a Bari. La firma del contratto di locazione per l’immobile, è stata apposta dopo oltre sei mesi dall’inagibilità per rischio crollo della sede di via Nazariantz. Lo ha comunicato ufficialmente con una nota l’ufficio stampa del ministero, al termine della ricerca di mercato che ha portato alla scelta della sede-ex torre Telecom nel quartiere Poggiofranco di Bari. L’immobile progettato negli anni ’80 dal gruppo dell’ architetto Beniamino Cirillo si estende per una superficie lorda di circa 15mila metri quadrati comprese aree esterne, e due piani interrati di parcheggi, sarà già disponibile a partire da lunedì prossimo per gli interi piani settimo, ottavo, nono e decimo dove saranno collocati gli uffici della Procura mentre i piani quarto, quinto e sesto, saranno consegnati il 1° gennaio 2019. Le altre superfici dell’immobile saranno utilizzate dal Ministero a partire dal 1° aprile 2019. Il Ministero della Giustizia aveva già provveduto nel settembre scorso ad aggiudicare la gara per la locazione dell’immobile da destinare a sede degli uffici del Tribunale e della Procura della Repubblica di Bari ed avviati i normali controlli amministrativi e tecnici. Il canone di affitto sarà pari a 850 mila euro annui oltre IVA. Subito dopo il trasloco dei magistrati e delle cancelleria della Procura, i lavori più lunghi ed importanti, che dureranno per tutto il primo semestre del 2019, saranno quello di realizzazione delle aule
per svolgere le udienze penali, che sono attualmente suddivise nelle sedi distaccate a Bitonto, Modugno e piazza De Nicola. “L’operazione, portata avanti nell’ambito del piano di gestione e valorizzazione del nostro patrimonio immobiliare, rappresenta per noi una bella opportunità di dare un proficuo contributo alla soluzione di un problema rilevante per la città di Bari. Ci siamo messi a completa disposizione del Ministero, anche con il fattivo contributo dell’attuale conduttore dell’immobile, Telecom, per permettere ai soggetti competenti di completare in tempi brevi gli ordinari e necessari controlli, al cui positivo esito è subordinata la finalizzazione dell’operazione, convinti di poter dare una sede solida e moderna al Tribunale del capoluogo pugliese”. ha commentato Claudio Carserà, Head of Real Estate e consigliere d’amministrazione della società Nova RE SIIQ Spa. “Nelle more della definizione del contratto di locazione – dichiara la Nova RE SIIQ Spa, proprietaria del palazzo ex sede degli uffici di Telecom – la società aveva già avviato i lavori di personalizzazione e riqualificazione dell’immobile per adattarlo alle necessità del Tribunale e della Procura della Repubblica, che permetteranno di consegnare in tempi rapidi i primi uffici“. Processo escort, Berlusconi rinviato a giudizio a Bari BARI – Il gup del Tribunale di Bari dr.ssa Rosa Anna Depalo ha rinviato a giudizio
Silvio Berlusconi per il reato di induzione a rendere false dichiarazioni all’autorità giudiziaria sulla vicenda escort. Il processo inizierà il 4 febbraio 2019. Al termine dell’udienza preliminare il giudice ha dichiarato inoltre la propria incompetenza territoriale nei confronti di Valter Lavitola l’ex direttore de L’Avanti , disponendo la trasmissione degli atti ai magistrati di Napoli. Nel procedimento contro Berlusconi è costituita parte civile la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha rilevato il danno d’immagine causato dalle condotte dell’ex premier, accusato di aver pagato le bugie di Tarantini. Secondo l’ ipotesi accusatoria avanzata dai pm Pasquale Drago e Eugenia Pontassuglia, Berlusconi, all’epoca dei fatti presidente del Consiglio in carico, avrebbe fornito un lavoro e centinaia di migliaia di euro in denaro all’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini, attraverso il tramite di Lavitola, affinchè mentisse ai magistrati baresi che indagavano sulle escort pugliesi portate nelle residenze estive dell’ex premier fra il 2008 e il 2009 e sui suoi manifestati desideri di entrare a fare affari con Finmeccanica (ora Leonardo s.p.a.). “Siamo tranquilli che a dibattimento in tempi rapidi il presidente Berlusconi sarà completamente assolto“, ha dichiarato l’avvocato Nicolò Ghedini, insieme con il collega barese Francesco Paolo Sisto (entrambi parlamentari “nominati”) e difensori di Silvio Berlusconi , a margine dell’udienza preliminare che si è conclusa con il rinvio a giudizio dell’ex premier Silvio Berlusconi, accusato di aver pagato Tarantini perché mentisse sulle escort. Proprio a causa degli impegni in parlamento dei due legali, l’udienza preliminare barese di Berlusconi probabilmente batterè ogni record: era in piedi dal 14 novembre 2014. Nel corso degli anni è stata rinviata prima per le elezioni del Presidente della Repubblica, poi per esaminare le intercettazioni
telefoniche e le testimonianze delle ragazze, dopodichè per i motivi di salute dell’ex premier. Infatti la richiesta di rinvio a giudizio era stata avanzata dalla procura di Bari giò quattro anni fa. Negli ultimi mesi, peraltro il procedimento è stato rinviato più volte per la situazione di emergenza che sta vivendo la giustizia barese, costretta in una tendopoli dopo la dichiarazione di inagibilità del Tribunale di via Nazariantz. Resta in piedi parallelamente anche l’altro processo per il caso escort, quello in appello relativo alle donne accompagnate da Gianpaolo Tarantini fra il 2008 e il 2009 nelle dimore dell’allora presidente del Consiglio. Lo scorso 6 febbraio, dopo che l’ istanza era stata rigettata nel processo di primo grado la III sezione della Corte di Appello di Bari ha accolto la richiesta della difesa di inviare gli atti alla Corte costituzionale: per la prima volta a 60 anni dall’approvazione della legge Merlin del 1958, la Consulta è chiamata a esprimersi sulla incostituzionalità di alcune norme in essa contenute. I giudici costituzionali dovranno decidere nello speficico sull’attuale costituzionalità della pena per chi recluta donne che volontariamente si prostituiscono. . “Il rinvio a giudizio è giustificato dall’imponente materiale che
legittima, secondo il giudice, l’esperimento dibattimentale. – ha sostenuto l’ avv. Sisto – La necessità di approfondimento del materiale probatorio è propria del dibattimento e non del giudizio di prognosi del gup. Comunque è stata una udienza preliminare in cui c’è stato ampio spazio per tutti, in cui i diritti sono stati ampiamente rispettati. Il dibattimento – ha concluso Sisto – sarà la fotografia di una difesa che secondo noi è più che sufficiente per ottenere l’assoluzione del presidente Berlusconi“, Palagiustizia Bari: per il procuratore Volpe, il decreto legge è uno ” spot forse in malafede” ! ROMA – Per il procuratore capo della Repubblica di Bari, Giuseppe Volpe, il decreto legge che sospende fino al 30 settembre i termini processuali e di prescrizione e i processi penali senza detenuti “è soltanto uno spot“. “Vorrei capire – aggiunge – se siamo di fronte a trascuratezza, incompetenza o forse malafede“. “E’ la Giustizia che fallisce in pieno il suo compito”, ha detto il procuratore partecipando alla riunione straordinaria del Comitato direttivo dell”Anm con all”ordine del giorno la situazione di emergenza a Bari. Commentando i contenuti del decreto, Volpe sostiene che “per recuperare i tre mesi di sospensione dei processi ci vorranno tre anni. Le cancellerie saranno costrette a fare almeno 60mila notifiche per convocare le nuove udienze e per i costi inutilmente sostenuti”, come consulenze e intercettazioni per processi che non arriveranno a sentenza, “bisognerebbe informare la Procura della Corte dei Conti“.
Per ogni giornata di giustizia penale sospesa, le cancellerie del Tribunale di Bari dovranno predisporre almeno mille notifiche. È il calcolo approssimativo fatto dagli addetti ai lavori, avvocati e magistrati, commentando le conseguenze concrete che avrà il decreto legge adottato ieri dal Consiglio dei Ministri per sospendere i processi penali fino al 30 settembre e smantellare la tendopoli. Calcolando, infatti, che ogni giorno si celebrano circa 200 processi con mediamente cinque parti da convocare (tra imputati, avvocati, parti offese e testimoni), le cancellerie dovranno predisporre circa 5mila notifiche a settimana per comunicare agli interessati le nuove date di udienza. C’è poi la questione delle misure cautelari. I processi con detenuti continueranno a celebrarsi normalmente ma “la bozza di decreto – spiega Rossella Calia Di Pinto, giudice barese e componente della Giunta distrettuale dell’Anm – parla solo di custodia cautelare. Dovrebbero essere sospesi tutti i processi nei confronti di coloro che sono sottoposti a misure non custodiali, come il divieto di avvicinamento, per esempio gli stalker o gli imputati per maltrattamenti e minacce, che rischiano di scadere. Una conseguenza devastante per le parti lese di quei reati“. “Io ascolto e dialogo con tutti, ma la polemica non mi interessa” . Così il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede reagisce alle polemiche sollevate dai magistrati e dagli avvocati sul decreto con il quale è stata disposta la sospensione dei processi a Bari. In un post su Facebook Bonafede afferma che tutte le parti in causa sono state informate “passo dopo passo, addirittura fino al momento prima di recarmi a Palazzo Chigi per presentare il decreto legge in Consiglio dei Ministri.E in quelle telefonate nessuno ha sollevato alcuna perplessità sulla sospensione dei processi“. Il decreto “era stato richiesto dalla Commissione permanente, dove siede anche l’Anm e tutte le parti in causa, come primo passo per affrontare l’emergenza, al quale ne sarebbero seguiti altri. Infatti, nei prossimi giorni sarà individuato l’immobile dove saranno trasferiti gli uffici giudiziari di Bari”, afferma ancora Bonafede. “Forse c’è qualcuno a cui sarebbe piaciuto vedere ancora celebrare i processi in un tendone, magari anche in piena estate“. Pensaci Alfonso di Michele Laforgia “S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche”: se non hanno
più pane, che mangino brioche. La frase, tradizionalmente attribuita a Maria Antonietta, potrebbe essere stata pronunciata dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ieri, secondo il nuovo galateo istituzionale del governo del cambiamento, ha trionfalmente annunciato su Facebook la sospensione di tutti i processi penali da svolgere presso il Tribunale di Bari sino al 30 settembre. Nelle settimane scorse magistrati, avvocati e personale amministrativo si erano adattati a tenere le udienze persino sotto le tende, pur di non interrompere un servizio pubblico essenziale dopo l’inagibilità del palazzo di via Nazariantz, nella vana speranza di ottenere una soluzione in tempi brevi. Agli affamati di pane e giustizia il Ministro ha offerto brioche: se i processi non hanno un luogo per essere celebrati, semplicemente non si fanno. Come non averci pensato prima, viene da dire. Una soluzione da estendere al più presto ad altri settori: ad esempio, se le liste d’attesa della sanità pubblica sono troppo lunghe, aboliamole. Sospendiamo i ricoveri per qualche mese, poi si vede. E magari anche nelle scuole: tutti in vacanza per un anno, in attesa di tempi migliori e a costo zero. Non solo. Il Ministro ha annunciato, giocondo, che l’abolizione temporanea del Tribunale di Bari “consentirà di poter smantellare le
tensostrutture”, mentre si sta “siglando la convenzione che consentirà il trasferimento degli uffici giudiziari in altro stabile” e sarebbe “in dirittura d’arrivo l’individuazione della soluzione-ponte” da allestire all’esito della ricerca di mercato, sempre in attesa, futura e sempre più incerta, di un nuovo, idoneo e dignitoso palazzo di giustizia. Insomma, avevamo tutti implorato il neo Ministro di non interrompere l’attività giudiziaria, di scongiurare l’ulteriore diaspora degli uffici e delle aule e di individuare contestualmente una soluzione definitiva, magari finanziandola. Il Ministro, mettendoci la faccia, come ha ribadito, ha fatto l’esatto contrario, certificando con decreto legge che il Tribunale di Bari per ora può fare a meno della giustizia penale. Non c’è bisogno di un commissario, ha scritto, “perché ci sono io e lo Stato è presente”. i magistrati di Bari insieme al vicepresidente del CSM Legnini in visita al palazzo di Giustizia di Bari In effetti da Maria Antonietta a Luigi XIV il passo è breve, ma il Ministro dovrebbe sapere che dopo i mesi di sospensione sarà necessario notificare migliaia di avvisi alle parti e ai difensori per fissare nuovamente le udienze, paralizzando a tempo indeterminato i processi. Soprattutto, dovrebbe spiegare perché l’emergenza giustifica
la sospensione dei diritti dei cittadini, ma non procedure d’urgenza e finanziamenti straordinari per ripristinare le regole della civile convivenza, che della giustizia penale proprio non può fare a meno. Uno Stato che sospende la giurisdizione ordinaria non è uno Stato. Qualcuno lo spieghi, al Ministro della Giustizia. Procuratore di Bari: “il Ministero sapeva tutto da da 15 anni !” ROMA – “E’ falso” che il Ministero ha saputo della situazione di pericolo crollo del Palagiustizia di via Nazariantz solo lunedì scorso, “perché ha ricevuto informazioni ed inviti continui a rimediare ai problemi segnalati, da almeno quindici anni, se non più”. In una nota inviata dal procuratore di Bari, Giuseppe Volpe, al personale amministrativo del Palagiustizia, c’è un esplicito atto di accusa al Ministero della Giustizia. “Stiamo facendo il possibile per contemperare la sicurezza di tutti noi con le esigenze indifferibili del servizio – scrive Volpe -. Credetemi, ci stiamo sforzando al massimo per raggiungere l’equilibrio tra queste due fondamentali ed imprescindibili esigenze. E non è colpa nostra se siamo arrivati a tanto“. Nella nota Volpe, parlando di “squallida vicenda“, comunica inoltre ai dipendenti il trasferimento nell’edifico di via Brigata Bari n.6 di Procura e Ufficio gip dove si lavorerà “a rotazione“, annunciando per lunedì “un provvedimento che spiegherà cosa faremo”.
Trasloco Palagiustizia Bari Per rispondere nell’immediato all’esigenza di spostamento degli uffici giudiziari di via Nazariantz a Bari, il Ministro della Giustizia ha sottoscritto in data odierna il decreto che consente l’utilizzazione dei locali della ex sezione distaccata di Modugno e la Direzione dei beni e servizi ha chiesto al Demanio la valutazione di congruità ed il nulla osta alla stipula del contratto di locazione per l’immobile dell’INAIL di viale Brigata Regina. Con un comunicato diramato nella tarda mattina odierna, il Ministero di Giustizia ha reso noto che “l’ amministrazione segue la situazione degli uffici della città di Bari, mai affrontata in modo completo e complessivo come invece in questi ultimi anni si sta facendo, adoperandosi per soluzioni di tipo definitivo.Proprio in tale ottica ha recentemente stipulato il Protocollo d’Intesa che consentirà finalmente di dare un’adeguata sistemazione agli uffici giudiziari cittadini presso l’area demaniale delle ex Caserme Milano e Capozzi”. “Con tali iniziative si intende fronteggiare la situazione di emergenza. Il Ministero – continua la nota – che aveva già esperito un tentativo che non aveva dato esito positivo, ha avviato, pubblicandola sul sito, una nuova indagine di mercato per il reperimento in locazione di uno o più immobili per la sistemazione provvisoria degli uffici giudiziari baresi per i quali si è reso necessario predisporre l’immediato trasferimento. Si tratta di un necessario atto di impulso per consentire in tempi rapidi l’individuazione di una soluzione ponte che garantisca adeguata, pur se temporanea, allocazione degli uffici fino alla realizzazione della cittadella giudiziaria” “Gli uffici del Ministero stanno operando in costante contatto con gli
Puoi anche leggere