Seconda tappa alla scoperta del Parco Alpi Liguri: Pigna - IVG.it

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      Seconda tappa alla scoperta del Parco Alpi Liguri: Pigna
      di Luca Riolfo e Valentina Staricco
      30 Novembre 2021 – 8:00

      Come promesso oggi vi raccontiamo l’itinerario percorso martedì scorso a Pigna! Mentre
      scriviamo siamo nel parco di Montemarcello Magra Vara nello spezzino alla scoperta di un
      altra bellissima area protetta della Liguria! Da Ventimiglia a Bocca di Magra in una
      settimana, attraverso luoghi differenti e caratterizzati da prodotti locali eccezionali tutelati
      da produttori che in Liguria sono spesso da considerarsi eroici.

      Torniamo a noi e sveliamolo subito. Per raggiungere Pigna stavolta Luca ha lasciato
      guidare la Vale. Alle 6.30 di mattina, per due ore consecutive, un vero miracolo. Arrivati
      indenni a Pigna incontriamo subito il sindaco Roberto Trutalli che ci viene incontro
      cantando “Contessa” in ricordo di Paolo Pietrangeli, scomparso recentemente. Ci invita ad
      osservare la loggia posta tra il Comune e la parrocchia di San Michele e ci racconta che in
      passato qui si riuniva il parlamento e si discuteva della vita sociale dei cittadini che
      all’epoca superavano i 3000 abitanti.

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      Pigna si trova esattamente sulla via del sale che provenendo dalla Francia giungeva alla
      riviera. Trattandosi di un luogo di confine, era da considerarsi particolarmente strategica
      per il pagamento dei dazi sul sale e sul grano.

      Insieme al sindaco ci incamminiamo lungo la via principale che da Via Piazza porta alla
      grotta di Lourdes. Qui Roberto ci racconta di quando durante la transumanza scendevano i
      paesani tirando i loro muli oppure quando negli anni 70 vennero stanate le prime brigate
      rosse nascoste in una delle case affacciate sulla via.

      La grotta di Lourdes si presenta come un agglomerato di tufo sapientemente ricostruito
      con stalattiti e stalagmiti recuperate nelle grotte alle pendici del monte Toraggio, la più

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      alta vetta della zona. Qui le donne venivano a pregare inginocchiate sull’acciottolato che in
      passato ricopriva lo spiazzo antistante la grotta e che tramite ciottoli di diversi colori
      recitava il rosario. Purtroppo adesso risulta quasi completamente ricoperto e se ne
      immagina la bellezza ammirando pochi metri di pavimentazione proprio davanti al portone
      della grotta.

      Continuando in piano per la mulattiera giungiamo in breve alla chiesa di San Bernardo,
      luogo che ospita gli affreschi del Canavesio. È una fortuna che con noi ci sia una delle
      persone che più hanno contribuito allo studio e ristrutturazione sia della chiesa che degli
      affreschi.

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      Roberto ci racconta che trovandosi al di fuori delle mura del borgo la chiesa era a tutti gli
      effetti un luogo di sosta per gli avventori che una volta stesi a terra, guardando il soffitto,
      potevano “leggere” i vangeli dipinti. Entrando rimaniamo incantati dalla bellezza artistica
      custodita all’interno e il sindaco ci permette di capire ogni volta e parete, raccontandoci
      dei personaggi che ivi sono raffigurati. Scopriamo anche che molti soldati fermatisi per
      dormire e conoscendo le scritture hanno inciso i loro nomi proprio su alcuni personaggi
      piuttosto che altri.

      Usciti dalla chiesa torniamo sulla mulattiera percorrendo a ritroso qualche centinaio di
      metri fino ad incontrare il bivio proprio dietro alla grotta di Lourdes, salutiamo Roberto e
      ci incamminiamo alla volta della parrocchia di Passoscio.

      Percorriamo una ripida salita che si fa strada tra oliveti abbandonati e che attraversa un
      piccolo rio, sempre seguendo le linee rosse e bianca della rete escursionistica del Cai. Ci
      accompagnano le stazioni della via crucis ed alcuni ruderi di pietra abbandonati. Ben
      presto la mulattiera diventa sentiero pedonale e sempre in salita raggiungiamo una strada
      asfaltata. Dopo pochi metri, prendiamo la via alla nostra destra in direzione del santuario.
      Si presenta come una chiesa e una costruzione semi ristrutturata senza finestre. Dal
      piazzale antistante si gode di una fantastica vista sulle colline sottostanti. Oggi splende il
      sole e il vento ha spazzato via le ultime nuvole cariche di pioggia.

      Dopo una breve perlustrazione dei dintorni notiamo una casa immersa in un oliveto ben
      tenuto e 3 persone intente a raccogliere le olive. Si da il caso che la signora sia la custode
      del santuario e che sia il nostro giorno fortunato: ci aprirà la chiesa! All’interno notiamo
      che, nonostante le crepe che la deturpano, è davvero accogliente e raccolta, con un bel
      organo posto davanti all’abside. Accanto l’edificio semi ristrutturato presenta delle stanze
      con un affaccio sul mare in lontananza molto suggestivo!

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      Il fratello della signora ci indica il proseguo del percorso verso il ponte di Bausson. Ci
      incamminiamo e circa 900 metri dopo raggiungiamo un altura e subito dopo percorriamo
      in discesa 500 metri circa che ci portano al ponte. Stretto e posto particolarmente in alto
      rispetto al letto del fiume sottostante, una serie di cascatelle creano laghetti che come
      perle incastonate riflettono i colori dell’autunno. Il percorso prosegue seguendo un anello
      di 18 km che può essere percorso in una giornata ma che noi non continueremo perché
      abbiamo due belle aziende da visitare e di cui adesso vi racconteremo.

      Tornati a Pigna prima del tempo decidiamo di percorrere una parte di mulattiera che da
      Pigna porta a Castelvittorio, il borgo posto proprio sopra le terme. Si presenta come una
      serie di case arroccate intorno alla chiesa e al campanile, posto stranamente di fronte alla

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      facciata della parrocchia, staccato completamente dal corpo della stessa, come una torre.

      Riprendiamo l’auto in direzione di Buggio, unica frazione di Pigna, alla volta della nostra
      prima visita, quella all’agriturismo Ca de Na gestito dalla famiglia Pastor, in particolare
      dai 2 giovani fratelli Dario e Alberto. Ci aspettano con un sorriso onesto e tanta voglia di
      raccontarsi.

      Scese le scale, ci hanno già colpito le numerose voliere e gabbie per galline, tacchini,
      quaglie, papere, uccellini, oche e fagiani. Dario ci racconta che loro sono un azienda
      agricola che produce miele di castagno, erica, millefiori e addirittura edera, dalle preziose
      api nere, presidio slow food.

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      Oltre alla ristorazione per cui vantano anche un ampia area esterna coperta, si occupano
      anche della vendita di uova ed olio. La loro casa è storica a Buggio, costruita dal bisnonno
      e sede durante la guerra anche di divisioni tedesche del cui passaggio è rimasto il
      pianoforte in una delle sale dell’agriturismo. Sono entusiasti di accompagnarci alla visita
      della fattoria didattica dove allevano numerosi tipi di galline e pollame da tutto il mondo.
      Particolarmente belli e colorati gli esemplari orientali. Da buoni animali ornamentali la
      produzione di uova è piuttosto limitata ma ben compensata dalla presenza di parecchie
      ovaiole.

      I due fratelli sono davvero affiatati e dove non arriva l’uno ecco che ci pensa l’altro. La loro
      giovane età e la determinazione con cui portano avanti questa realtà ci colpisce. Siamo

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      sicuri che esaudiranno tutti i loro progetti, compreso quello per riportare a nuova vita
      tutta la frazione che, tra l’altro, vanta la più antica chiesa del comprensorio, datata 800
      D.C.(e non 1800).

      Dopo averci raccontato caratteristiche di ogni specie presente nella loro fattoria, facciamo
      un salto alle arnie, 25. Godono di un ambiente naturale ideale per cui da sciami selvatici,
      non hanno bisogno di alcun trattamento. Li salutiamo con un grande in bocca al lupo, certi
      che ritorneremo, magari a mangiare.

      Ripresa l’auto alla volta dell’agriturismo Al Pagan, ci inerpichiamo sulla collina e dopo vari
      tornanti imbocchiamo una strada cementata. Ci accolgono Roberto ed Elisa e dopo un
      saluto ai gatti super giocherelloni andiamo a visitare il loro recentissimo fiore all’occhiello,
      la casetta sensoriale. Hanno adibito uno spazio dalla vista su tutta la vallata con una vasca
      idromassaggio all’aperto, una tinozza antica per godere del passaggio dall’acqua calda alla
      fredda e un curatissimo giardino di salvia ornamentale e aromatiche.

      La casetta in legno si presenta all’interno con 2 sedute sospese che ammirano lo skyline
      del Toraggio e dalle quali è possibile godere di tisane delle loro erbe, della sauna
      finlandese e del letto di fieno con cromoterapia. Tutto l’ambiente è scaldato dalla presenza
      del legno e dei preziosi manufatti dei proprietari. La casetta è attualmente utilizzabile
      dagli ospiti dell’agriturismo. L’azienda vanta 5 appartamenti posti nel corpo centrale e
      finemente recuperati dopo la ristrutturazione dell’intero edificio.

      Elisa e Roberto sono due artigiani della natura e si percepisce da ogni dettaglio. Ci
      colpiscono gli oleoliti posti al sole a fermentare, i fiori delle aiuole, i dettagli in legno negli
      appartamenti e il loro orgoglio quando li notiamo. Insieme andiamo a visitare i
      terrazzamenti dove producono il famoso fagiolo bianco presidio slow food di Badalucco
      (che si scorge in lontananza sulle colline), Conio e Pigna. Insieme a pochi altri produttori
      portano avanti questa antica coltivazione e vantano parecchi appezzamenti anche lontani
      da casa.

      Il vento fortunatamente è calato e dopo averli aiutati un pochino nella raccolta, ci
      riaccompagnano all’auto. Sta calando il sole sulle montagne e lì da loro, così in alto, è uno
      spettacolo davvero suggestivo. Ci incuriosiscono parlandoci delle grotte e dei percorsi
      (anche per bambini) che hanno intenzione di organizzare la prossima primavera. Anche a
      loro auguriamo buona fortuna e chissà che Luca non porti Carolina per una piccola
      passeggiati nei boschi di castagne, in un luogo che è davvero un paradiso.

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