SECONDA ONDATA/ Palù: ecco i tre indici che ci fanno stare tranquilli (per ora)

Pagina creata da Raffaele Mori
 
CONTINUA A LEGGERE
SECONDA ONDATA/ Palù: ecco i tre indici che ci fanno stare
tranquilli (per ora)
L’emergenza Covid in Europa, a partire dalla Spagna, è peggiore che in Italia.
Ma al momento la carica virale e la mortalità sono basse. Bisogna evitare gli
assembramenti

In Spagna oltre 10mila casi positivi e 241 morti nelle ultime 24 ore, tanto che
la comunità autonoma di Madrid chiederà oggi al governo “supporto logistico
militare urgente” per installare tende ed eseguire test sulla popolazione e alla
polizia nazionale e alle guardie civili per verificare l’effettivo rispetto delle
misure di quarantena. In Francia oltre la metà del paese è diventata zona
rossa. In Belgio, in Olanda e nei Balcani il tasso di crescita dei contagi è a
due cifre. In Gran Bretagna il premier Boris Johnson, di fronte a una
diffusione che è tornata a essere esponenziale, è pronto a far intervenire
l’esercito “se necessario”. Intorno all’Italia, la pandemia in Europa ha ripreso
a correre, con un numero di positivi più alto di quando l’emergenza era nella
fase più critica e acuta. Come può esplodere in questo modo così violento?
C’è un rischio importazione del virus in Italia? Può essere questo lo scenario
cui andremo incontro quest’inverno? “Occorre subito dire – risponde Giorgio
Palù, virologo dell’Università di Padova e già presidente della Società
europea di virologia – che anche in Francia e nel Regno Unito per ora non si
registrano casi gravi in terapia intensiva, segno che la morbosità del virus
potrebbe non essere ancora così grave. Sicuramente, però, non possiamo
trascurare l’incidenza cumulativa, che sta aumentando: più virus circola, più
c’è la possibilità che si diffonda e che i soggetti più deboli si ammalino in
forma grave fino ad arrivare al decesso”.

E l’incidenza cumulativa è la stessa della scorsa primavera?

Da noi sicuramente no, al momento, ma è vero in Spagna, Francia e Regno
Unito, dove una forte ripresa c’è e dovremo stare molto attenti, anche perché
tutti i virus a diffusione respiratoria, come il Covid, in autunno e inverno vanno
incontro al culmine della loro diffusione.

Quindi cosa dobbiamo aspettarci?
Con temperature più rigide, irradiazione ultravioletta più bassa e minore
umidità è possibile che si verifichi una maggiore diffusione per aerosol.
Tuttavia bisogna sempre guardare al tasso di letalità, cioè al numero di morti,
e di morbosità, cioè quanto gravi sono i positivi, nonché al numero di pazienti
in terapia intensiva.

Cosa dicono questi numeri oggi?

Nel Regno Unito, per esempio, hanno sì qualche caso in più nelle
rianimazioni ma non sono nelle condizioni in cui erano a marzo-aprile,
quando tra l’altro disponevano di ancora meno posti in terapia intensiva.

Invece noi siamo a un livello molto più basso di incidenza giornaliera
rispetto a marzo-aprile?

Sì, siamo a un livello di plateau, visto che oscilliamo sempre tra i 1.200 e i
1.800 casi positivi al giorno. E soprattutto il tasso di mortalità è relativamente
molto basso e i soggetti ricoverati in terapia intensiva si aggirano intorno ai
200. Vorrei ricordare che in primavera avevamo quasi saturato le
rianimazioni…

Si può parlare di rischio di seconda ondata?

Non so se si può parlare in termini semantici di seconda ondata, perché una
seconda ondata si ha quando la prima si azzera e questo è avvenuto solo in
Cina. In Italia non c’è mai stato un azzeramento, abbiamo osservato un calo
estivo, peraltro atteso, perché la vita all’aperto, l’irradiazione solare inficiano
la forza del virus.

Allora possiamo dire che il coronavirus che circola in Spagna è diverso
da quello presente in Italia? È ancora il virus di prima?

Il virus è evoluto sicuramente, rispetto a quello di Wuhan. Non è più quello, si
è differenziato in sei raggruppamenti diversi (cladi) che comprendono vari
genotipi e ciascun genotipo fa riferimento a un progenitore diverso. Abbiamo
ormai mille mutazioni in tutto il genoma virale di Sars-Cov-2 e finora abbiamo
classificato bene la mutazione 614 sul gene S, ma non sappiamo ancora con
certezza quanta influenza abbiano tutte le altre mutazioni, se e quanto
possano aver inficiato la virulenza del virus.
Clinicamente il virus è più debole?

In effetti, dal punto di vista clinico, possiamo ipotizzare che, già dall’estate, la
bassa carica virale, ancora presente adesso, sia dovuta a qualche
mutazione, ma non abbiamo ancora evidenza virologica. Ci vuole tempo.
Quindi, dobbiamo stare sempre molto attenti.

In questi mesi ci hanno più volte rassicurato: siamo pronti, c’era da
aspettarselo, sappiamo come fare… Intanto aumentano i casi autoctoni.
Come se lo spiega?

I casi di importazione erano il 60-70% a luglio, poi abbiamo avuto i casi di
ritorno dalle vacanze, adesso l’80% sono casi autoctoni, visto che abbiamo
più di 2mila focolai attivi. Ovviamente si tratta di persone che si sono infettate
in ambito familiare o di lavoro venendo a contatto con questi casi di
importazioni o con soggetti che rientravano dai luoghi di vacanza.

Solo colpa del fatto che abbiamo allentato qualcosa?

Sicuramente questa estate i giovani, dopo tre mesi di lockdown, hanno molto
allentato le misure di prevenzione e contenimento. E adesso a preoccupare è
il rischio che si infettino le persone più anziane e deboli. Come abbiamo
sperimentato in primavera, la mortalità per il 90% ha colpito i soggetti più
anziani.

Da agosto è iniziata la terza fase, quella della risalita dei contagi. Eppure
si diceva che in estate il virus sarebbe stato meno pericoloso. Che cosa
è successo? Ci sono ragioni biologiche, epidemiologiche che spiegano
questa risalita?

In estate il virus vive pochissimo: temperature elevate, condizioni di umidità
relativa e irradiazione ultravioletta agiscono come stress sulle goccioline che
noi emettiamo (droplets) di 4 o più micron di diametro. In più, all’aria aperta
con ventilazione naturale, è molto più difficile infettarsi, perché quando
espelliamo il virus dalle mucose respiratorie, questo, essendo un parassita
obbligato delle nostre cellule non ha vita autonoma nell’ambiente esterno, e
trova quindi grandi difficoltà a sopravvivere. Avviene con tutti i virus che si
diffondono per via aerea. Ed è avvenuto in parte anche con la diffusione del
SARS-CoV2, però ha funzionato un po’ meno perché in molti hanno
abbassato la guardia.

Se è sopravvissuto in estate, quest’inverno potremmo ritrovarci nella
stessa grave situazione della primavera scorsa?

Possibile. D’inverno succede un po’ quello che avviene nelle celle frigorifere:
quando emettiamo le droplet, queste trovano l’aria fredda che le polverizza;
quindi le goccioline di 4 micron diventano goccioline più piccole (meno di 1
micron) che si diffondono come aerosol e in tal modo il virus viaggia a
maggior distanza e si preserva più a lungo in ambiente dove l’aria ricircola
senza ricambi o espulsione forzata. Visto che ci stiamo avviando verso la
stagione fredda, dovremo preoccuparci di più. Ricordando una cosa: questo
virus non è che ritorna, è endemico, gira per tutto il mondo.

Come difenderci? Facendo più tamponi?

Non bastano i tamponi, che pure sono utili. Possiamo difenderci soprattutto
proteggendo gli anziani e i soggetti affetti da più patologie croniche, evitando
assembramenti, usando correttamente le mascherine assieme all’ex misure
di igienizzazione e sanificazione e adottando lockdown molto selettivi e
localizzati, perché lockdown diffusi e generalizzati rischiano di chiudere di
nuovo il paese e non siamo in grado di sostenerli. Dobbiamo tenere più
bassa possibile la curva dei contagi, mantenendola cioè intorno ai 1.200-
1.300 casi giornalieri e senza troppi ricoveri in terapia intensiva. Questo virus,
che è nuovo, continuerà a circolare, non ce ne liberiamo.

Quindi?

Questo virus, quando lo hanno studiato i cinesi, aveva una mortalità tra
l’1,5% e il 2%. Adesso, guardando ai numeri della John’s Hopkins University,
abbiamo 31 milioni di casi nel mondo e un milione di morti. Cioè il tasso di
mortalità è al 2,9%. Ma stiamo parlando di un denominatore che comprende
solo i casi confermati dal tampone. Sappiamo però che l’80% circa dei casi
sono asintomatici o paucisintonatici e che in molte parti del mondo non si
fanno i tamponi, quindi dobbiamo moltiplicare questi numeri almeno per
cinque o per sei.

Cosa intende dire?
Come è stato dimostrato da 4-5 studi clinici di sieroprevalenza ben fatti, con
un denominatore più preciso su quante persone sono state infettate, la
mortalità oscilla tra lo 0,3 e lo 0,6%, con una media dello 0,5%. Il che vuol
dire 5 morti per mille contagiati. Siccome la pericolosità di una pandemia si
misura proprio sulla mortalità, questo virus non è la Sars, che aveva una
mortalità del 10%, non è la Mers, che aveva una mortalità del 37%, non è
ebola virus, che all’inizio aveva una mortalità sopra il 90% e poi con le cure è
scesa tra 50 e 70%, e non è nemmeno l’aviaria che, pur avendo colpito
poche persone, aveva una mortalità del 70%. Parliamo di una mortalità del 5
per mille che va commisurata non solo con le risorse di cui disponiamo per
fronteggiarla, ma anche con il fatto che ci sono malati che hanno dovuto
attendere e rinviare cure urgenti salva-vita perché ospedali e pronto soccorso
erano intasati. Nessuna pandemia virale ci ha mai estinto, nemmeno il vaiolo;
tanto meno ci riuscirà questo coronavirus.

Il viceministro Sileri ha detto che “in Italia ci sarà un aumento dei
contagi, ma controllato”. Perché può dire così?

È vero che da agosto abbiamo visto risalire la curva, ma – ripeto – siamo in
una fase di plateau, il che significa che in Italia le misure di controllo dal punto
di vista epidemiologico stanno funzionando. In più abbiamo imparato a
trattare i casi gravi, usando il remdesivir, l’unico anti-virale approvato che
funziona in fase precoce; usando l’eparina a basso peso molecolare per
prevenire inconvenienti da coagulopatia infiammatoria; usando il
desametasone quando occorre, in una fase più avanzata per ridurre la
tempesta citochinica prodotta dal virus. Abbiamo imparato a evitare le morti
improvvise per tromboembolia polmonare.

Siccome anche nel governo sono coscienti che non possiamo
affrontare un nuovo lockdown, altrimenti le conseguenze sull’economia
sarebbero letali, che cosa dobbiamo fare?

In un’analisi seria rischio-beneficio dobbiamo puntare a tenere più bassa
possibile la curva dei contagi. Non potendo rinunciare alla scuola e all’attività
delle industrie, che ci permettono di mantenere il Pil, il Servizio sanitario
nazionale e la ricerca, dobbiamo rinunciare a ogni forma di assembramento,
soprattutto in ambienti con aria condizionata senza doppia mandata di
immissione ed espulsione esterna, e costringendo a usare la mascherina
quando si è in un ambiente pubblico.

C’è qualcosa che dovrebbe fare adesso il governo in questa terza fase
dell’epidemia?

Anziché consultare Comitati tecnico-scientifici di 150 persone, che discutono
per mesi se mettere i banchi con le rotelle o se va indossata la mascherina o
meno, il governo deve affidarsi a pochi esperti responsabili, come negli altri
paesi, in grado di fare un’analisi rischio-beneficio dettagliata e seria.

(Marco Biscella)

24.09.2020

https://www.ilsussidiario.net/news/seconda-ondata-palu-conte-sciolga-il-cts-
bastano-le-mascherine-e-due-commissari/2073345/
Puoi anche leggere