Riepilogando: cinque tratti del linguaggio per Hjelmslev - Facoltà di Lettere e Filosofia
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Riepilogando: cinque tratti del linguaggio per Hjelmslev 1. Distinzione tra un piano dell’espressione e un piano del contenuto 2. Due assi: sistema e processo 3. Commutazione 4. Relazioni tra unità linguistiche: reggenza e combinazione 5. Non conformità dei piani
De Mauro Principi differenziali e proprietà delle lingue
Memoria e Temporalità • Spazio individuale • Memoria a breve e a lungo termine • Connessioni • Parole e percezione • Parole e corporeità (Rodari) • Memi: unità funzionali della memoria, private e collettive
Parole ed esperienza • Lieberman, Uniquely Human, 1991 • Parlare un linguaggio fa parte di una forma di vita (Wittgenstein, Ricerche filosofiche, 1953: giochi linguistici) • Comprensione • Pagliaro (1898-1973) • Prieto (1927-1995) • Grice (1913-1988) • Enunciazione • Benveniste (1902-1976) • Culioli (1924-2018)
Interattività • Ippocrate: parola come fondamentale capacità del corpo umano, accanto a udito, vista, odorato, gusto, tatto, respiro • Area della corteccia cerebrale che governa il linguaggio individuata da Broca (1824-1880) • Area corticale individuata da Wernicke (1848-1905), con funzione di regolazione e autoregolazione, autopercettiva e motoria, presente solo negli umani • Naturalità, istinto linguistico • Lenneberg, Biological Foundations of Language, 1967 • Pinker, L’istinto del linguaggio, 1994 • Funzione comunicativa e interattiva specifica del linguaggio: il linguaggio non è solo attività naturale ma culturale (Aristotele: zoon politikon): ars longa • L’uso linguistico è interazione e azione (prassein e poiein) • L’interattività presuppone la metalinguisticità
Complessità del linguaggio verbale • Il linguaggio è un calcolo? Cfr. Noam Chomsky: • Linguistica cartesiana, 1966 • Grammatica generativo trasformazionale, 1970 • Le strutture della sintassi, 1970 • Linguaggio come uso infinito di mezzi finiti (cfr. Humboldt)
Dimensioni del segno Distinzione tra segnali e schemi di persistenza, schemi astratti di identificazione e d’ordine Charles Morris (1901-1979) • Semantica: collegamento tra il segno e i sensi particolari che possono raccogliersi nel suo significato • Sintattica: collegamento tra la forma del segno e le forme degli altri segni dello stesso linguaggio • Pragmatica: collegamento tra il segno e le interazioni mediate dai segnali • Espressiva: collegamento tra il segno e i materiali che danno corpo al suo significante
Funzioni del segno Karl Bühler (1879-1963): Teoria del linguaggio, 1934 • Funzione denotativa o rappresentativa: un segnale denota qualcosa, una situazione, un fatto • Funzione di appello: un segnale è rivolto a un destinatario • Funzione espressiva: un segnale manifesta il parlante • Funzione sistemica: un segno entra in relazione con altri segni di un sistema.
Una semiotica a segni articolati e non articolati • I segni sono raggruppamenti di un numero limitato di unità di base (proprietà linguistica condivisa da cifrazioni e calcoli) • Raggruppamenti = disposizioni con ripetizione • Nelle semiotiche non articolate un segno si oppone a un altro nella sua globalità.
Chiusura o apertura del numero dei segni Parametro compreso tra due e un numero potenzialmente infinito • Codici chiusi (codici della certezza, perché ritagliano un campo noetico quanto mai ristretto): prevedono un numero di segni chiuso, spesso il grado zero (stato inerziale) è pertinentizzato come significante (principio di economia) • A due segni: • spia accesa/spia spenta • Sì /no • Bandiera ammainata / abbassata
• A più segni: • Zodiaco • Alfabeto: campo noetico costituito dal tipo di suoni che si producono o sentono in una lingua • Minicodice delle cifre comprese tra zero e nove: campo noetico costituito dalla quantità degli insiemi che vanno dall’insieme vuoto, con nessuna quantità all’insieme con nove unità • Vantaggi dei codici della certezza: • Il campo noetico è strettamente delimitato ed è rigorosamente sezionato e ripartito in un numero ristretto di classi differenti • Svantaggi • Non consentono di esprimere formalmente novità o sfumature
• Codici aperti, a segni non articolati • Linguaggio gestuale spontaneo • Iconologia paleocristiana • Simbologia politica: l’aquila, falce e martello, rosa, fiamma, ecc. • Ideogrammi, geroglifici: il significato di ciascun segno è una parola; il significante è un disegno • Sintatticità povera: ciascun significante si contrappone nella sua interezza a tutti gli altri previsti dal codice (rapporti di contrapposizione globale) • Tendono a funzionare localmente e non sistematicamente • I significanti hanno spesso una base naturale o iconica, che ne aiuta la memorizzazione e l’apprendimento • L’evocazione di un significato non richiede il richiamo ad altri segni Vantaggi: apparentemente più trasparenti e motivati Svantaggi: caricano la memoria.
Sintatticità articolata • Codici a segni articolati: • Linguaggio morse Codici articolati in unità • Linguaggio braille commutabili minime asemantiche • Il significante è articolato in parti, in unità distinte (unità formali minime: puntino vs non puntino in Braille; punto vs tratto in morse), ciascuna delle quali occorre, in diversa collocazione, in altri segni • Queste parti sono di numero limitato di tipi (segmentazione formale) • Le repliche di tali tipi occorrono in numerose configurazioni • Si alternano o possono alternarsi tra loro (sono commutabili) Articolazione formale dei significanti: • Le unità non hanno di per sé un significato, ma concorrono a rendere riconoscibile un significante con il suo significato
Combinatoria: dato un numero n di unità di base, il calcolo combinatorio consente di calcolare quanti sono i possibili raggruppamenti (disposizioni con ripetizione) a k posti, cioè capaci di contenere k volte le repliche delle n unità. • Formula per il calcolo delle disposizioni con ripetizione: nK • Nelle lingue il numero di raggruppamenti è potenzialmente infinito, conseguenza della natura combinatoria dei sistemi dotati di doppia articolazione.
I significanti delle parole di una lingua sono disposizioni con ripetizione di n unità minime (fonemi) non ulteriormente segmentabili. I fonemi vengono individuati attraverso la segmentazione e le prove di commutazione (es.: /t/ vs /d/ vs /p/ I fonemi si raggruppano in sequenze a k posti (dove k oscilla tra 1 e un numero non ben precisabile) In italiano n = 30, k = 1,2,3…29 (o, ho, ciclopentanoperidrofenantrene) Le D’ possibili risultano dalla sommatoria di una serie di potenze di 30 (301+ 302+303+304…308+309): centinaia di miliardi di disposizioni possibili Se n = 30 30 sono le disposizioni a 1 posto 900 le disposizioni a 2 posti (302) 27.000 le disposizioni a 3 posti (303) (molte disposizioni restano inutilizzate: *aba, *aca*, *apa, ecc. (ridondanza di norma) Disposizioni non utilizzate a 5 posti: *craca, *traca, *tarca, *craba ecc.
Ridondanza Per distinguere i significanti, il numero di fonemi e la lunghezza delle parole sono sovrabbondanti. Nella comunicazione è ridondanza tutto ciò che non serve a distinguere e individuare una entità rispetto alle altre. La ridondanza mostra l’importanza della doppia articolazione.
• A una persona molto colta basterebbero 600.000 significanti diversi (una persona colta ne conosce 60-80.000), ottenibili con 10 fonemi combinati in D’ a 6 posti; Perché non rinunciare a 3/4 dei fonemi e accontentarsi di significanti a 6 posti? Sul piano materiale, significanti più brevi (economici) sarebbero esposti al rischio di fallimento della comunicazione (a causa del rumore). La ridondanza consente realizzazioni fonetiche rilassate: qui sta una delle radici della questione, relativa a gradi diversi di formalità nell’attività verbale. Sul piano formale, una maggiore economicità del sistema ridurrebbe le possibilità di espansione del sistema stesso. La ridondanza permette anche la formazione di parole nuove.
• Ridondanza morfologica sistemica La massa dei morfemi lessicali è ipertrofica rispetto alle necessità dell’uso. Sarebbero sufficienti per esprimersi e capirsi alcune decine di migliaia di parole. L’offerta dei lessici delle lingue di cultura è infinitamente più ampia Il vocabolario fondamentale (circa 2000 parole) copre il 90% delle occorrenze; altre parole di alta frequenza coprono circa il restante 8% il vocabolario comune (circa 40.000 parole) copre circa il 2-3%.
• Ridondanza semantica La massa dei morfi presenta fenomeni di ipertrofia onomasiologica: micio e gatto, viso e faccia, cadere e cascare, cavallo - baio - destriero • Ridondanza sistemica dei morfi operatori se, nel caso in cui, nella misura in cui, allorquando quando, nel momento in cui, allorché • Ridondanza morfologica sintagmatica o lineare Il plurale del soggetto è rimarcato nel sostantivo, nell’articolo, nel verbo, nell’aggettivo. La ridondanza è un indicatore di sintagmaticità, di coesione
Morfi operatori e (co)operatori • Nell’aritmetica elementare: • Da un lato stanno le cifre portatrici di valori numerici (morfi parlanti): serie aperta, potenzialmente infinita = morfi significativi. • Dall’altro i simboli /+/, /-/, /x/, /:/, serie chiusa di morfi che indicano operazioni da fare con e sui morfi numerici oppure rapporti di uguaglianza (=). • Analogamente nelle lingue: • Da un lato, morfi lessicali o pieni o categorematici (sostantivi, aggettivi, avverbi deaggettivali, quasi tutti i verbi), che però sono una lista aperta e soggetta a variazioni. • Dall’altro, morfi vuoti o sincategorematici (preposizioni, congiunzioni, alcuni avverbi, verbi copulativi e ausiliari, morfi grammaticali).
Segnalatori del raggruppamento dei morfi • Parentesizzazione nelle espressioni aritmetiche e algebriche (codici con stand-by) • Anche nelle lingue è necessario segnalare il raggruppamento dei morfi: a tal fine intervengono • nella realizzazione orale, mezzi prosodici o soprasegmentali: • variazioni prosodiche (di tono, intensità e tempo), che scandiscono i sintagmi; • Accento di sillaba, per segnalare una parola come unità autonoma di significante e di significato • nella realizzazione scritta, la punteggiatura • Es. : Luca, che era all’università, ha chiamato Mario, che stava a casa, per dire che il professore, che di solito è in ritardo, quel giorno era arrivato puntuale
L’articolazione non è però un tratto esclusivo del linguaggio umano. E nel linguaggio umano non tutto è articolato: vedi variazioni prosodiche soprasegmentali, interiezioni, fonosimbolismi (posti però ai margini del sistema fonematico delle lingue). La loro presenza impedisce comunque di ridurre la lingua a una aritmetica, a qualcosa di decifrabile e calcolabile sempre allo stesso modo e analiticamente.
Requisiti di un calcolo Teorema della non-creatività: Il calcolo deve operare con un numero chiuso di unità di base (morfi pieni) e di indicatori di operazione (morfi vuoti), il cui inventario non deve mutare nel corso delle operazioni. La chiusura riguarda il numero, la forma, il valore delle unità di base: è garanzia dell’automaticità del calcolo. Nei calcoli non c’è spazio per interiezioni, variazioni prosodiche, forme omonime o polisemiche, espressioni polirematiche, oscillazioni.
Perché la lingua non è un calcolo Diversamente dalle cifre dell’aritmetica è impossibile ridurre i vocaboli di una lingua a un numero chiuso di unità di base per generare tutte le altre. I morfi di una lingua costituiscono un insieme numericamente indefinito, aperto e oscillante • Suffissazione per la formazione di avverbi deaggettivali (-mente) non analogica (*pocamente, *cattivamente ecc.). • Produttività di suffissi aggettivali -ico, -oso (benef-ico, munif-ico, glori- oso,vent-oso, gol-oso ecc.) che potenzialmente ampliano all’infinito la lista degli aggettivi. • Produttività di schemi di formazione di verbi: in + sostantivo+ -are (insediare, instaurare, insinuare, ecc.). • Possibilità di formare parole composte (guastafeste, reggicalze, scendiletto, portacenere); espressioni polirematiche (scala mobile, pentola a pressione, veder rosso, bestia nera) (che però la norma accetta solo con parsimonia). • Regole di restrizione tendono comunque a escludere il cumulo degli elementi di composizione e dei suffissi.
Ciascun morfo di una lingua è capace di avere una pluralità di sensi diversi (polisemia) e ammette una pluralità di sinonimi (indeterminatezza semantica). Il vocabolario di base contiene un gran numero di parole polisemiche. Es.: diverso = «non simile», ma anche «parecchio»; casi di enantiosemia: es. fondere una campana = distruggere/creare una campana: affittare = dare/prendere in affitto. Dunque, non si dà corrispondenza biunivoca tra significati e significanti: una stessa parola può avere diversi significati (Es., omonimi assoluti: canto, rombo, lega; boa); uno stesso oggetto può avere diversi significanti (es.: geosinonimi). Si distingue perciò • una direzione onomasiologica (nomi diversi per una stessa cosa : sinonimi). • una direzione semasiologica (sensi diversi per una stessa parola: omonimi)
Nelle lingue anche le regole sintattiche sono esposte alla non non- creatività e alla indeterminatezza Es.: il costrutto da+ varia al variare dei verbi: vengo da te; parto da Roma
Nelle lingue le valenze sintattiche e semantiche dei costrutti variano al variare dei tempi, delle persone e delle situazioni con-testuali. La sintassi di una lingua non è né semanticamente né pragmaticamente cieca. La lingua è una complicata algebra antialgebrica.
Principio di con-testualità • Legato alla pragmaticità radicale • Rapporto necessario tra codici e suoi possibili utenti, tra segni e situazioni di utenza • Non esiste segnicità in assenza di contesto • Situazionale: con-testo • Segnico e verbale: co-testo Il senso ma anche i significati di molte frasi possono variare in rapporto al contesto; e non sempre le frasi contengono indicatori formali di tale rapporto. Contenuto assertivo o proposizionale del segno: indipendente dalle variabili con-testuali (piano locutorio). Variazioni prosodiche o altre variabili modali possono modificarlo in esclamazione, interrogazione, ingiunzione, minaccia, preghiera, dubbio (piano illocutorio): rinvio alla teoria degli atti linguistici (Austin: atti constativi e atti performativi).
Principio di riformulabilità o discorsività Principio dirimente, che separa le lingue storico-naturali e i calcoli da un lato dal restante universo semiotico. • Non c’è limite alla riformulazione di qualunque segno • Ma in codici chiusi (senza sinonimia) la riformulazione comporta la riforma o la trasformazione del codice (il passaggio ad altro codice): Es.: i segni del vigile urbano rispetto a quelli del semaforo • Nei codici con sinonimia la riformulabilità è possibile restando all’interno del medesimo codice, uscendo però dal segno: • Sono sinonimi: il cartello di obbligo ad andare dritto, quello di divieto di svolta a destra, quello di direzione vietata sulla strada di destra • La riformulabilità senza uscire né dal codice né dal segno è possibile solo in un codice dotato di operatori sincategorematici, tra cui indicatori di uguaglianza e di diversità • Nelle lingue: predicazione (verbi copulativi: è) e predicazione negativa (non è) • -> giustapposizione e collegamento a segni e frasi precedenti (anafore) e seguenti (catafore)
Illimitatezza del campo noetico Aristotele, Saussure, Hjelmslev, Chomsky hanno messo in evidenza la capacità della lingua di includere sensi appartenenti a ogni altra semiotica: onnipotenza semantica o semiotica (cfr. Lotman: lingua come “sistema modellizzante primario”). Potenza semantica di un codice è il numero di significati che il codice sa distinguere all’interno del suo campo noetico.
Metalinguisticità riflessiva Un calcolo, linguaggio formale non-creativo, non può descrivere se stesso, essere al contempo linguaggio oggetto e metalinguaggio. la logica scolastica sottolinea le conseguenze contraddittorie derivanti dalla mancata distinzione tra suppositio formalis e suppositio materialis es.: Mus est syllaba, Syllaba non rodit caseum, Ergo mus non rodit caseum Gli usi metalinguistici riflessivi sono una conseguenza della indeterminatezza e della illimitatezza semantica delle lingue: possiamo estendere il significato del morfo #mus# fino a servircene per designare il morfo stesso. Tali usi servono anche a bilanciare gli effetti della indeterminatezza semantica, degli usi idiolettali e sociolettali.
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