Rassegna Stampa del 17 aprile 2020 Testata
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Rassegna Stampa del 17 aprile 2020 Testata Data 14 aprile 2020 COVID-19, LA DENUNCIA DEL SINDACATO MEDICI: «FALLIMENTO GESTIONE TERRITORIALE NONOSTANTE NOSTRA ABNEGAZIONE» «Ad oggi in Regione Lazio non sono stare istituite le Unità Sanitarie di Continuità Assistenziale (USCA) né ancora sono state forniti i dpi agli operatori sanitari. Il virus corre e la Regione lo insegue con circolari incomprensibili agli operatori e che non servono a debellarlo> «Per medicinali prescrivibili dai medici di famiglia siamo ad un’indecente impasse» scrive in una nota la Segreteria Regionale del Lazio del Sindacato Medici Italiani (SMI) «Se non si potenzia il territorio dando il via libera ai medici di famiglia a prescrivere il farmaco nelle primissime fasi della malattia causata dal Covid19 si rischia di continuare a mandare in ospedale pazienti tenuti a casa fino al momento del non ritorno» cosi recita una nota della Segreteria Regionale Lazio del Sindacato Medici Italiani «Assistiamo al fallimento della gestione territoriale nonostante l’abnegazione e il sacrificio dei medici di famiglia. Chiediamo solo che i pazienti vengano sottoposti a tampone su nostra indicazione, chiediamo contatti diretti con gli ospedali, per poter programmare per i nostri pazienti meritevoli di accertamenti, un percorso preferenziale me separato. Chiediamo di poter prescrivere farmaci di comprovata efficacia nelle fasi iniziali di malattia (idrossiclorochina, Ebpm, etc) che, secondo la medicina dell’evidenza, stanno funzionando La circolare regionale della Regione Lazio prevede, invece, che i medici di medicina generale possano prescrivere solo se i pazienti sono accertati Covid positivi. Di fatto le nostre richieste di fare tamponi rimangono inevase e, conseguentemente non si prescrivono farmaci che tra l’altro vengono distribuiti solo nelle farmacie ospedaliere; i pazienti si aggravano a domicilio e siamo costretti ad ospedalizzarli. I servizi di profilassi non funzionano e non rispondono nella maggior parte dei casi » conclude la nota.
Testata Data 14 aprile 2020 CORONAVIRUS, I MEDICI DI BASE: “CHIEDIAMO VIA LIBERA PER PRESCRIVERE MEDICINALI E TAMPONI A DISTANZA” “Se non si potenzia il territorio dando il via libera ai medici di famiglia a prescrivere il farmaco nelle primissime fasi della malattia causata dal Covid19 si rischia di continuare a mandare in ospedale pazienti tenuti a casa fino al momento del non ritorno” cosi una nota la Segreteria Regionale Lazio del Sindacato Medici Italiani. “Assistiamo al fallimento della gestione territoriale nonostante l’abnegazione e il sacrificio dei medici di famiglia. Chiediamo solo che i pazienti vengano sottoposti a tampone su nostra indicazione, chiediamo contatti diretti con gli ospedali, per poter programmare per nostri pazienti meritevoli di accertamenti, un percorso preferenziale me separato. Chiediamo di poter prescrivere farmaci di comprovata efficacia nelle fasi iniziali di malattia (idrossiclorochina, Ebpm, etc) che, secondo la medicina dell’evidenza, stanno funzionando”. “La circolare regionale della Regione Lazio prevede, invece, che i medici di medicina generale possano prescrivere solo se i pazienti sono accertati Covid positivi. Di fatto le nostre richieste di fare tamponi rimangono inevase e, conseguentemente , non si prescrivono farmaci che tra l’altro vengono distribuiti solo nelle farmacie ospedaliere; i pazienti si aggravano a domicilio e siamo costretti ad ospedalizzarli. I servizi di profilassi non funzionano e non rispondono nella maggior parte dei casi “. “Ad oggi in Regione Lazio non sono stare istituite le Unità Sanitarie di Continuità Assistenziale (USCA) né ancora sono state forniti i dpi agli operatori sanitari. Il virus corre e la Regione lo insegue con circolari incomprensibili agli operatori e che non servono a debellarlo” conclude la nota.
Testata Data 15 aprile 2020 CORONAVIRUS, SMI CHIEDE PER I MEDICI DEL SERVIZIO EMERGENZA TERRITORIALE 118 IL PASSAGGIO ALLA DIPENDENZA Roma, 15 aprile 2020 – “Gentile Direttore, considerato il periodo devastante, dal punto di vista sanitario, che il Paese sta attraversando, il Sindacato Medici Italiani non intende fare polemica ma considera prioritaria la tutela del sistema sanitario e la salute di ogni singolo cittadino; per queste ragioni intendiamo porre la necessità del passaggio alla dipendenza per i medici convenzionati del Servizio Emergenza Territoriale 118. Attualmente in tutta Italia i medici del 118 appartengono per la maggior parte alla categoria dei medici convenzionati, di conseguenza non hanno tutele come il riconoscimento della malattia, degli infortuni, della legge 104, sono pagati molto meno dei colleghi dipendenti (pur svolgendo lo stesso lavoro), hanno contributi pensionistici irrisori, lo stesso decreto cura Italia li tiene fuori. I medici dipendenti, inoltre, con i quali lavorano fianco a fianco, sono transitati alla dipendenza grazie all’art. 8, 1bis della legge 299/99. Tale articolo non è più stato messo in pratica dalle Regioni per risparmiare, in quanto il costo aziendale di un medico convenzionato è minore di quello di un dipendente. Adesso, in tutta Italia, sono circa tremila i medici del Servizio Emergenza Territoriale 118 convenzionati che attendono, ormai da anni, il passaggio alla dipendenza! Sono quelle figure mediche che svolgono il “lavoro sporco”; sono costantemente a contatto con i pazienti Covid, perché li trattano quasi sempre a domicilio; la loro attività permette di collaborare a ridurre il sovraffollamento dei pronto soccorso. Questi stessi medici inoltre trattano le patologie tempo dipendenti, lavorano fino a 300 ore al mese saltando i riposi (pagati poco più di 22 euro lordi all’ora). Considerato lo sforzo economico che il Governo promette per il sistema sanitario con l’assunzione di neolaureati e specializzandi, con il richiamo in servizio addirittura di medici in pensione, chiediamo da subito il passaggio alla dipendenza per chi ha maturato 5 anni di servizio continuativi, con il riconoscimento dell’anzianità di servizio e della specializzazione “sul campo” (come già è stato fatto in passato per alcuni dei nostri colleghi più anziani). La convenzione è nata per la medicina di famiglia e per gli specialisti territoriali, ed è stata estesa ai medici del 118 alla nascita del sistema di emergenza territoriale, quando ancora il medico aveva il compito di stabilizzare i parametri vitali e di accompagnare il paziente all’ospedale più vicino in quanto la funzione del 118 era essenzialmente di soccorso.
Dalla fine degli anni novanta ad ora la figura del medico del 118 si è evoluta: fa diagnosi, dispone delle prime cure, stabilizza le vie aeree e l’emodinamica del paziente critico, per poi accompagnare all’ospedale più adeguato per la patologia evidenziata (anche se la struttura è distante dal luogo dell’evento). La convenzione non è la tipologia contrattuale che si addice al lavoro usurante del medico del 118, alla necessità di formazione continua e di verifica costante delle competenze acquisite. Il medico del 118 non può permettersi la libera professione, il lavoro ha tutte le caratteristiche del lavoro subordinato: fa i turni, timbra, lavora nei PS, ha un responsabile che firma i turni e le ferie! Non si capisce perché non debba essere tutelato come qualsiasi altro lavoratore dipendente. La sua vita forse vale di meno rispetto al dipendente quando si prende in faccia gli sputi dei familiari del paziente, quando viene picchiato, quando scende in un dirupo per portare aiuto al paziente, quando si trova in mezzo al traffico autostradale per intubare un paziente, quando rimane in isolamento perché si è ammalato di polmonite da Covid? Perché tutto il sistema del 118 non può essere omogeneo con professionisti che abbiano da nord a sud del paese lo stesso profilo contrattuale e la stessa formazione? Perché un paziente, anche della stessa Regione, non ha il diritto di ricevere la stessa cura e lo stesso trattamento da ogni medico del 118? Ogni paziente si sentirebbe molto più tutelato se ogni medico avesse le stesse tutele! Riteniamo inaccettabile che per preservare le finanze delle Regioni i medici debbano riceve trattamenti di serie A e di serie B! Si ponga fine a questa inammissibile discriminazione! Pur rispettando tutte le altre categorie che rappresentano il SSN, il Sindacato Medici Italiani ritiene che il passaggio alla dipendenza per questi “soldati in prima linea” sia il giusto riconoscimento per chi in silenzio da decenni combatte e muore e si ammala sul campo senza tutele”. Maurizio Borgese Responsabile Nazionale 118 del Sindacato Medici Italiani.
estata Data 15 aprile 2020 PASSAGGIO ALLA DIPENDENZA PER MEDICI EMERGENZA TERRITORIALE 118 Gentile Direttore, considerato il periodo devastante, dal punto di vista sanitario, che il Paese sta attraversando, il Sindacato Medici Italiani non intende fare polemica ma considera prioritaria la tutela del sistema sanitario e la salute di ogni singolo cittadino; per queste ragioni intendiamo porre la necessità del passaggio alla dipendenza per i medici convenzionati del Servizio Emergenza Territoriale 118 Attualmente in tutta Italia i medici del 118 appartengono per la maggior parte alla categoria dei medici convenzionati, di conseguenza non hanno tutele come il riconoscimento della malattia, degli infortuni, della legge 104, sono pagati molto meno dei colleghi dipendenti (pur svolgendo lo stesso lavoro), hanno contributi pensionistici irrisori, lo stesso decreto cura Italia li tiene fuori. I medici dipendenti, inoltre, con i quali lavorano fianco a fianco, sono transitati alla dipendenza grazie all’art. 8, 1bis della legge 299/99. Tale articolo non è più stato messo in pratica dalle Regioni per risparmiare, in quanto il costo aziendale di un medico convenzionato e minore di quello di un dipendente. Adesso, in tutta Italia, sono circa tremila i medici del Servizio Emergenza Territoriale 118 convenzionati che attendono ,ormai da anni, il passaggio alla dipendenza! Sono quelle figure mediche che svolgono il “lavoro sporco”; sono costantemente a contatto con i pazienti Covid, perché li trattano quasi sempre a domicilio; la loro attività permette di collaborare a ridurre il sovraffollamento dei pronto soccorso. Questi stessi medici inoltre trattano le patologie tempo dipendenti, lavorano fino a 300 ore al mese saltando i riposi (pagati poco più di 22 euro lordi all’ora). Considerato lo sforzo economico che il Governo promette per il sistema sanitario con l’assunzione di neolaureati e specializzandi, con il richiamo in servizio addirittura di medici in pensione, chiediamo da subito il passaggio alla dipendenza per chi ha maturato 5 anni di servizio continuativi, con il riconoscimento dell’anzianità di servizio e della specializzazione “sul campo” (come già è stato fatto in passato per alcuni dei nostri colleghi più anziani). La convenzione è nata per la medicina di famiglia e per gli specialisti territoriali ed è stata estesa ai medici del 118 alla nascita del sistema di emergenza territoriale ,quando ancora il medico aveva il compito di stabilizzare i parametri vitali e di accompagnare il paziente all’ ospedale più vicino in quanto la funzione del 118 era essenzialmente di soccorso. Dalla fine degli anni novanta ad ora la figura del medico del 118 si è evoluta :fa diagnosi ,dispone delle prime cure ,stabilizza le vie aeree e l’emodinamica del paziente critico, per poi accompagna all’ospedale più adeguato per la patologia evidenziata (anche se la struttura è distante dal luogo dell’evento) La convenzione non è la tipologia contrattuale che si addice al lavoro usurante del medico del 118,alla necessità di formazione continua e di verifica costante delle competenze acquisite.
Il medico del 118 non può permettersi la libera professione, il lavoro ha tutte le caratteristiche del lavoro subordinato: fa i turni, timbra ,lavora nei PS, ha un responsabile che firma i turni e le ferie! Non si capisce perché’ non debba essere tutelato come qualsiasi altro lavoratore dipendente. La sua vita forse vale di meno rispetto al dipendente quando si prende in faccia gli sputi dei familiari del paziente, quando viene picchiato, quando scende in un dirupo per portare aiuto al paziente, quando si trova in mezzo al traffico autostradale per intubare un paziente, quando rimane in isolamento perché si è ammalato di polmonite da Covid? Perché tutto il sistema del 118 non può essere omogeneo con professionisti che abbiano da nord a sud del paese lo stesso profilo contrattuale e la stessa formazione? Perché’ un paziente, anche della stessa Regione , non ha il diritto di ricevere la stessa cura e lo stesso trattamento da ogni medico del 118? Ogni paziente si sentirebbe molto più tutelato se ogni medico avesse le stesse tutele! Riteniamo inaccettabile che per preservare le finanze delle Regioni i medici debbano riceve trattamenti di serie A e di serie B! Si ponga fine a questa inammissibile discriminazione! Pur rispettando tutte le altre categorie che rappresentano il SSN, il SMI ritiene che il passaggio alla dipendenza per questi “soldati in prima linea” sia il giusto riconoscimento per chi in silenzio da decenni combatte e muore e si ammala sul campo senza tutele. Maurizio Borgese Responsabile Nazionale 118 del Sindacato Medici Italiani
estata Data 15 aprile 2020 SMI E COVID: SUBITO PASSAGGIO ALLA DIPENDENZA PER I MEDICI CONVENZIONATI DEL SERVIZIO EMERGENZA TERRITORIALE 118 A CURA DI MARIO BORGESE – Responsabile Nazionale 118 del Sindacato Medici Italiani LETTERA AL DIRETTORE «Gentile Direttore, considerato il periodo devastante, dal punto di vista sanitario, che il Paese sta attraversando, il Sindacato Medici Italiani non intende fare polemica ma considera prioritaria la tutela del sistema sanitario e la salute di ogni singolo cittadino; per queste ragioni intendiamo porre la necessità del passaggio alla dipendenza per i medici convenzionati del Servizio Emergenza Territoriale 118 Attualmente in tutta Italia i medici del 118 appartengono per la maggior parte alla categoria dei medici convenzionati, di conseguenza non hanno tutele come il riconoscimento della malattia, degli infortuni, della legge 104, sono pagati molto meno dei colleghi dipendenti (pur svolgendo lo stesso lavoro), hanno contributi pensionistici irrisori, lo stesso decreto cura Italia li tiene fuori. I medici dipendenti, inoltre, con i quali lavorano fianco a fianco, sono transitati alla dipendenza grazie all’art. 8, 1bis della legge 299/99. Tale articolo non è più stato messo in pratica dalle Regioni per risparmiare, in quanto il costo aziendale di un medico convenzionato è minore di quello di un dipendente. Adesso, in tutta Italia, sono circa tremila i medici del Servizio Emergenza Territoriale 118 convenzionati che attendono, ormai da anni, il passaggio alla dipendenza! Sono quelle figure mediche che svolgono il “lavoro sporco”; sono costantemente a contatto con i pazienti Covid, perché li trattano quasi sempre a domicilio; la loro attività permette di collaborare a ridurre il sovraffollamento dei pronto soccorso. Questi stessi medici inoltre trattano le patologie tempo dipendenti, lavorano fino a 300 ore al mese saltando i riposi (pagati poco più di 22 euro lordi all’ora). Considerato lo sforzo economico che il Governo promette per il sistema sanitario con l’assunzione di neolaureati e specializzandi, con il richiamo in servizio addirittura di medici in pensione, chiediamo da subito il passaggio alla dipendenza per chi ha maturato 5 anni di servizio continuativi, con il riconoscimento dell’anzianità di servizio e della specializzazione “sul campo” (come già è stato fatto in passato per alcuni dei nostri colleghi più anziani).
estata Data 15 aprile 2020 REGIONE LAZIO, IL SINDACATO MEDICI ITALIANI CHIEDE MEDICINALI PRESCRIVIBILI DAI MEDICI DI FAMIGLIA «Se non si potenzia il territorio dando il via libera ai medici di famiglia a prescrivere il farmaco nelle primissime fasi della malattia causata dal Covid19 si rischia di continuare a mandare in ospedale pazienti tenuti a casa fino al momento del non ritorno”, è quanto ha dichiarato in una nota la Segreteria Regionale Lazio del Sindacato Medici Italiani. “Assistiamo al fallimento della gestione territoriale nonostante l’abnegazione e il sacrificio dei medici di famiglia. Chiediamo solo che i pazienti vengano sottoposti a tampone su nostra indicazione, chiediamo contatti diretti con gli ospedali, per poter programmare per nostri pazienti meritevoli di accertamenti, un percorso preferenziale me separato. Chiediamo di poter prescrivere farmaci di comprovata efficacia nelle fasi iniziali di malattia (idrossiclorochina, Ebpm, etc) che, secondo la medicina dell’evidenza, stanno funzionando». La nota della Segreteria continua: «La circolare regionale della Regione Lazio prevede, invece, che i medici di medicina generale possano prescrivere solo se i pazienti sono accertati Covid positivi. Di fatto le nostre richieste di fare tamponi rimangono inevase e, conseguentemente, non si prescrivono farmaci che tra l’altro vengono distribuiti solo nelle farmacie ospedaliere e i pazienti si aggravano a domicilio; siamo costretti a ospedalizzarli. I servizi di profilassi non funzionano e non rispondono nella maggior parte dei casi». Per poi concludere: «A oggi in Regione Lazio non sono stare istituite le Unità Sanitarie di Continuità Assistenziale (USCA), né ancora sono state forniti i dpi agli operatori sanitari. Il virus corre e la Regione lo insegue con circolari incomprensibili agli operatori e che non servono a debellarlo».
estata Data 16 aprile 2020 “La continuità assistenziale in tutta la Campania sta svolgendo un ruolo di prima linea insostituibile: i medici della ex guardia medica sia titolari che sostituti stanno svolgendo un ruolo di primaria importanza al servizio della Nazione.Questi medici sono impegnati nei presidi territoriali pubblici aperti h 24 in queste giornate prefestive e festive, nelle USCA unita’ speciali che effettuano i tamponi sia nel monitoraggio dei pazienti positivi al virus ma anche nei casi sospetti, sono presenti anche nei penitenziari di tutta la Regione per garantire assistenza sanitaria”. Questa la dichiarazione del segretario aziendale smi Asl Napoli 1 centro Ernesto Esposito che aggiunge: “La fase 2 prevista per Maggio presenterà molte criticità in particolare legate alla gestione delle sale di attesa dei presidi di guardia medica che dovranno essere adeguatamente normate attraverso disposizioni legislative Regionali che consentano solo visite per appuntamento telefonico individuali poiché le sale di attesa degli ambulatori della ex guardia medica sono frequentate da moltissime persone ed anche bambini con i genitori sopratutto nel fine settimana.E’ necessario un triage telefonico preliminare da parte del medico ed un appuntamento individuale nel presidio in modo che il paziente non dovrà attendere il turno per la visita evitando quindi gli assemblamenti nelle sale di attesa o addirittura le file fuori dalle sedi delle guardie mediche.” Medici in prima linea ,che in percentuale maggiore sono in Campania sostituti da tantissimi anni ed in attesa del conferimento delle carenze, siamo quasi all’anniversario della manifestazione del 10 maggio 2019 a Napoli organizzata dalla Associazione” Medici Senza Carriere” e qualcosa si è mosso: si devono ancora assegnare le carenze per graduatoria anno 2018 e sono state pubblicate pochi giorni fa le carenze 2019.E’ evidente la impossibilità di procedere alle assegnazioni convocando gli oltre mille medici aspiranti presso l’auditorium del centro direzionale di Napoli per motivi sanitari di sicurezza ;Tuttavia i medici di medicina generale non possono più attendere i tempi della lunga FASE 2 prevista e quindi l’appello va alle istituzioni Regionali per stabilizzare i medici in graduatoria Regionale ed in attesa di Trasferimento tramite provvedimenti ad horas mediante convocazioni di poche unita’ per volta o attraverso strumenti telematici certificati tanto per consentire la uscita dal precariato e la immissione sul territorio di centinaia di medici necessari per potenziare adeguatamente il territorio.
estata Data 16 aprile 2020 CORONAVIRUS. SMI: LOMBARDIA, AFFETTA DA 'DELIBERITE' PER COPRIRE FALLIMENTO - "Continua in Regione Lombardia la diffusione della deliberite ovvero la tendenza a deliberare su aspetti che riguardano l'attivita' e la organizzazione dei Medici di Medicina Generale senza sentire a preventivamente le OOSS ma solo a consuntivo. Avvenne cosi' anche nella prima delibera della regione Lombardia sulla presa in carico della cronicita' (PIC) che vide il Sindacato dei Medici Italiani, fare ricorso al TAR e al Consiglio di Stato, da solo e nella assoluta assenza delle altre forze sindacali che al momento erano forse distratte". Cosi' Enzo Scafuro in una nota Segretario Regionale SMI Lombardia commenta le recenti decisioni della giunta lombarda. "Venne, allora disattesa, tra l'altro, una legge nazionale, la legge Balduzzi, perche' non furono create le Aggregazioni Funzionali Territoriali che avrebbero certamente definito un primo passaggio verso la integrazione con le altre figure professionali presente sul territorio. Si preferirono allora le cooperative e i partners privati che attualmente non reggono organizzativamente l'onda d'urto della emergenza epidemiologica da coronavirus- aggiunge Scafuro- Non si volle potenziare il territorio accorpando, seguendo la folle logica del risparmio; le Aziende Sanitarie Locali, le Aziende Ospedaliere e i Servizi Sociosanitari, perdendo cosi' di vista l'identita' di ogni territorio, eliminando preziosi punti di riferimento, e dimenticando che la salute non puo' essere considerata una voce di bilancio negativa , ma un investimento. È convincimento del Sindacato dei Medici Italiani che si continui a perseverare con delibere improvvisate tendenti a scaricare sui medici carichi di lavoro e responsabilita' solo addebitabili ad una cattiva gestione della Sanita' Pubblica con modelli intrisi di cooperative e gestori privati. Le bugie hanno le gambe corte e il Sindacato dei Medici Italiani ha una buona memoria".(SEGUE) (Red/ Dire) CORONAVIRUS. SMI: LOMBARDIA, AFFETTA DA 'DELIBERITE' PER COPRIRE FALLIMENTO -2- (DIRE) Roma, 16 apr. - "Avevamo inviato una nota alla Regione Lombardia, analizzando la D.G.R. n 2986 del 23-03-2020 e successiva circolare applicativa, per evitare che le istituende Unita' Speciali di Continuita' Assistenziale (USCA) non sfociassero in un chiaro esempio di confusione, di scarsa organizzazione e di scarsa conoscenza del territorio; volevamo evitare che le Unita' speciali essendo definite unita' potessero essere costituite da un singolo medico di continuita' assistenziale- conclude Scafuro- bisognava, invece, valorizzare il lavoro di equipe che ogni unita' speciale deve avere: infermiere, figure specialistiche facilmente reperibili, psicologi, adeguati mezzi di trasporto prontamente sanificabili ovvero presenza necessaria di una rete assistenziale in cui, con opportune e definite linee guida, fosse chiaro il ruolo di tutti gli attori coinvolti per assicurare e monitorare in sicurezza le terapie a domicilio dei pazienti COVID positivi dimessi dall'ospedale. L'improvvisazione lasciamola ai teatranti, con la salute non si puo' improvvisare!".
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