Random Identities: Stefano Pilati racconta a Vogue la sua ultima collezione - GLOBElife
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Leggi l'articolo su beautynews Random Identities: Stefano Pilati racconta a Vogue la sua ultima collezione “Il momento più bello per me è quando le modelle sono pronte, in fila, un attimo prima di uscire in passerella”, mi dice Stefano Pilati quando ci incontriamo alla Stazione Leopolda, a Firenze. E per rendere eterno questo “momento bellissimo”, ha voluto creare uno shooting con la sua community di creativi che indossano i capi della sua linea Random Identities, prima di mandare in passerella la sua ultima collezione all’ex stazione ferroviaria il 9 gennaio nell’ambito di Pitti Immagine Uomo. Random Identities si affranca dalle convenzioni di genere e stagionalità dettate dalla società e dalla fashion industry, regole a cui Pilati ha dovuto aderire quando lavorava per Prada, Armani e Yves Saint Laurent (per la maison francese è stato head designer e direttore creativo dal 2004 al 2012). Come dice lui stesso: “Random rappresenta la casualità dell’esistenza, e Identities è la risposta a quella casualità. I due termini definiscono lo spazio in cui le persone posso identificarsi non con i trend, ma con la personalità, la funzione, la qualità e il design”. Cosa si prova dopo una dichiarazione di indipendenza del genere? “È una sensazione fantastica,” risponde Pilati, che è nato a Milano ma vive a Berlino. “Non tornerei mai indietro. In questo modo, non ti preoccupi per il futuro, sei concentrato a mantenere quel mood positivo, quella sensazione di libertà”. Stefano Pilati, Random Identities a Pitti Uomo 2020 Paul won JeongUno stile senza tempo Pilati ha lanciato Random Identities su Instagram nel 2017, dopo aver lasciato la posizione di head designer da Ermenegildo Zegna Couture l’anno precedente: oggi la linea è in vendita da Dover Street Market e sul sito di e-commerce Ssense. “Conosco gli abiti a memoria”, dice. “Alcuni capi sono già disponibili per l’acquisto, altri lo saranno nei prossimi giorni o mesi, altri ancora saranno pronti in concomitanza con le stagioni della moda, che io non seguo”. La collezione presentata a Pitti comprende sandali e stivali col tacco realizzati in collaborazione (ancora in corso) con Birkenstock e con il brand di sportswear cinese Li-Ning, e saranno disponibili a partire dal 10 e dal 17 gennaio rispettivamente, i primi in una nuova stampa leopardo e con modelli in broccato. Completi sartoriali dall’esecuzione pagina 1 / 5
impeccabile, in gran parte in lana grigia o nera, ma anche in total look bluette o ciliegia e con tocchi di giallo, hanno le spalle squadrate, oppure più morbide e scese, e i pantaloni a gamba larga, oppure affusolati. Maglioni over e sciarpe con grandi disegni geometrici sono indossati a contrasto con camicie bianche e catene sottili usate come elementi di décor. “Sento il bisogno di creare capi timeless, soprattutto dopo aver lavorato per Yves Saint Laurent, che resta sempre rilevante con il passare degli anni”, spiega Pilati. “Il mio obbiettivo non è definire nuovi trend sentendomi sotto pressione per le esigenze del mercato, ma creare capi per tutti da indossare in qualunque momento e in qualsiasi occasione. Voglio che tutti si sentano sé stessi. Non devono essere dei personaggi, ma accogliere quello che sono davvero”. pagina 2 / 5
Lyra Pramuk per Stefano Pilati, Random Identities, Pitti Uomo 2020 Paul won JeongA little help from his friends In passerella per lui c’erano Lyra Pramuk, il cui album di debutto di ‘folk futuristico' Fountain esce il 20 marzo; il ballerino e pagina 3 / 5
coreografo MJ Harper (ex membro delle compagnie di danza Alvin Ailey e Wayne McGregor, oggi collabora regolarmente con Grace Wales Bonner) e l’artista interdisciplinare, scrittrice e public speaker Fatima Jamal, tutti fra i venti e i trent’anni. “Menswear, womenswear… Questa generazione non si vede rappresentata da nessuna di queste categorie, ma non è una forzatura. E il genere qualcosa che non prendo più in considerazione”, afferma Pilati. “I miei amici mi hanno aperto la mente e fatto capire molte cose. Quando lavori per un big brand, sei isolato dal mondo, e quando non lavori vuoi solo isolarti e staccare dal tuo lavoro”. Il suo lavoro con Random Identities è invece “più viscerale, più personale, più sincero”. Tuttavia, per Pilati nessun aspetto della sua prestigiosa carriera è stato inutile. “Quando mi occupavo di styling per Vogue Italia, quel plissé doveva essere un plissé: scattavamo in pellicola, non esisteva Photoshop, tutto doveva essere assolutamente perfetto” spiega, mentre con estrema cura crea una serie di pieghe e onde sul fondale. Per Pilati la presentazione è fondamentale. “Le persone pensano spesso che la moda non abbia nulla di intellettuale, ma io credo invece si possa imparare moltissimo dal modo in cui ci vestiamo” aggiunge. “Il modo in cui ci vestiamo dimostra il rispetto per le persone intorno a noi. È un modo per stabilire un canale di comunicazione”. pagina 4 / 5
MJ Harper per Stefano Pilati, Random Identities, Pitti Uomo 2020 Photography Paul won Jeong pagina 5 / 5 Powered by TCPDF (www.tcpdf.org)
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