Perché studiare le migrazioni e la diaspora attraverso la cultura popolare - AGEI

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Elena dell’Agnese, Fabio Amato1

              Perché studiare le migrazioni e la diaspora attraverso
              la cultura popolare

              Summary: Why        studing migrations and diaspora through popular culture

              Popular culture was praised as “peripheral geography” already in 1947, when an authoritative figure such as the by then
              President of the Association of American Geographers, John K. Wright, claimed its importance as a source for understan-
              ding “geographical imagination”. Nowadays, notwithstanding this early endorsement, popular culture seems still to be a
              “terra incognita” of geographical research. This special issue, connected with the work of the Study Group “Media and
              Geography”, of the Association of Italian Geographers, is aimed at demonstrating how media and popular culture can be
              useful in the understanding of complex phenomenona such as border-crossing, migrations and diaspora.

              Keywords: popular geopolitics, postcolonial studies, media studies, migration, diaspora.

              Premessa                                                      storia della geografia, per l’attenzione focalizza-
                                                                            ta per la prima volta, nei confronti di questioni
                 L’esistenza di una connessione fra letteratura,            come intertestualità e contestualizzazione del te-
              poesia e altre forme di cultura popolare da un                sto, e della relazione fra potere della rappresenta-
              lato e immaginazione geografica dall’altro è stata            zione, fosse anche in forma di dépliant turistico o
              messa in luce già da parecchi decenni, ossia da               di fotografia, e costruzione discorsiva dell’imma-
              quando John K. Wright, allora presidente della                ginario geografico.
              Association of American Geographers, dedicò,
              nel 1947, il suo discorso di apertura del meeting
              annuale dell’associazione al ruolo della immagi-              La geo-grafia e il potere della rappresentazione
              nazione in geografia e all’importanza di quelle
              che allora definì come “geografie periferiche”                   Il potere della geografia, o meglio – proprio
              (Wright, 1947). L’interesse nei confronti della let-          per evidenziare il ruolo esercitato dalla scrittura
              teratura come fonte di sapere geografico è succes-            nei confronti di ciò di cui si scrive – della geo-gra-
              sivamente emerso in innumerevoli occasioni, sia               fia, di cui già Dematteis (1985) aveva sottolineato
              nel contesto della ricerca anglofona, sia in quella           l’importanza con l’idea della “morfogenesi mime-
              francofona, sia in quella italiana, tanto che si par-         tica”, veniva così allora ad essere messo in piena
              la oggi di “geografia letteraria” (literary geography),       evidenza anche per le geografie “non formali”, os-
              oppure di “geopoetica” o anche, sul versante della            sia per le rappresentazioni geografiche veicolate
              critica letteraria che si occupa di temi “spaziali”,          dai media e dalla cultura popolare. Sulla base del-
              ambientali e geografici at large, di “ecocritica”. Ac-        la medesima impostazione teorica, nel milieu della
              canto all’esame del testo letterario, per analizzare          geografia che all’epoca si definiva post-moderna e
              se vi sia o meno corrispondenza con la realtà, qua-           delle posizioni filosofiche del post-strutturalismo,
              le sia l’immaginazione geografica di chi scrive o             la riflessione sul potere della geografia veniva sot-
              quale sia il tipo di sensibilità ambientalista da esso        tolineata anche dalla galassia di autori che si rico-
              propagata, altri tipi di preoccupazioni geografi-             noscono sotto la bandiera della critical geopolitics.
              che hanno indotto a rilevare, nel corso del tempo,            Tale approccio sviluppava, nel corso degli anni
              l’importanza del sapere e delle rappresentazioni              Novanta e soprattutto del decennio successivo, un
              trasmesse dalla cultura popolare e la loro capaci-            ambito di ricerca definito come popular geopolitics
              tà di veicolare un “discorso”. Nel 1992, per esem-            (O’ Tuathail, 1999) che dell’analisi del discorso
              pio, Barnes e Duncan curavano Writing Worlds:                 prodotto dalla cultura popolare (fumetti, cinema,
              Discourse, Text and Metaphor in the Representation of         romanzi, canzoni) faceva il proprio ambito di os-
              Landscape, un volume destinato ad entrare nella               servazione specifico.

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Al di là delle rappresentazioni, o meglio, oltre     da scuole di pensiero e da pratiche geografiche
              le rappresentazioni (Thrift, 1996), anche la pra-       differenti e che, all’interno del lavoro di gruppo,
              tica delle azioni quotidiane, il movimento nello        hanno imparato a ragionare collettivamente e a
              spazio, l’articolazione dei comportamenti, l’inte-      misurarsi con metodologie e impostazioni teori-
              razione della quotidianità, dimostrano di essere        che che devono, in qualche misura, diventare co-
              legati alla cultura popolare. Da un lato, perché        muni.
              l’immaginazione geografica di tutti noi ne è in            Fondato e coordinato da Elena dell’Agnese in
              qualche modo coinvolta; dall’altro, perché la cul-      occasione delle Giornate della geografia di Cata-
              tura popolare stessa è un prodotto che riflette il      nia, nel 2009, il Gruppo è passato nel 2015 sotto
              sentire geografico, che esprime il sogno di una         il coordinamento di Fabio Amato. Al di là delle
              meta o il desiderio di una appartenenza, che fa da      periodiche riunioni, tenute all’interno delle Gior-
              collante all’interno di quelle forme di long-distan-    nate della Geografia, il gruppo ha prodotto alcu-
              ce nationalism, già ricordate da Benedict Anderson      ni incontri tematici (come il convegno su Cinema,
              nel 1992, in cui si intreccia con le tecnologie della   ambiente, beni ambientali, tenutosi a Milano nel
              contemporaneità, per produrre un senso del luo-         marzo 2010 e focalizzato sul rapporto fra cultura
              go che va ben oltre i confini dello stato-nazione.      popolare e ambientalismo, oppure il workshop su
              Tramite la cultura popolare, la diaspora ricorda, op-   Musica e territorio, organizzato a Roma da Elena
              pure reinventa lo spazio, addirittura immaginando       Dell’Agnese e Massimiliano Tabusi nel maggio
              paesaggi che diventano luoghi simbolici. Oppure         2015), e alcuni volumi, dedicati al cinema (Cine-
              esprime se stessa, producendo a sua volta nuove for-    ma, ambiente, territorio, a cura di Elena dell’Agnese
              me di cultura popolare, che tramite il loro carattere   e Antonella Rondinone), alle serie televisive ame-
              ibrido divengono il simbolo stesso del costante pro-    ricane (Fabio Amato e Elena dell’Agnese, Schermi
              cesso di transculturazione dei luoghi.                  americani, 2015) e italiane (Teresa Graziano e En-
                                                                      rico Nicosia, in preparazione), alla musica (dell’A-
                                                                      gnese e Tabusi, in preparazione).
              Il gruppo AGeI “Media e geografia”                         Accanto allo sforzo per analizzare al meglio il
                                                                      rapporto fra un determinato mezzo di comunica-
                 Nonostante la vistosa importanza della cultu-        zione o una forma di cultura popolare e la rappre-
              ra popolare nella costruzione dell’immaginario          sentazione geografica (il cinema, la fiction televi-
              geografico e nella diffusione di discorsi geopoliti-    siva, la musica popolare), il gruppo si è impegnato
              ci, nonostante il fiorire di approcci di ricerca che    anche nel tentativo di capire come un fenomeno
              variamente hanno affrontato la questione, cercan-       della contemporaneità possa essere connesso, in
              do di offrire non solo uno stimolo di riflessione,      termini geografici, alla cultura popolare. Lo sfor-
              ma anche degli strumenti di analisi (dell’Agnese,       zo su cui ci siamo misurati in questo caso è stato
              2009; Dittmer, 2010), e a dispetto dei sessant’an-      quello di prendere in esame il ruolo dei mezzi di
              ni passati dal già citato (e celeberrimo) discorso      comunicazione nel racconto della migrazione,
              di John Wright, in Italia studiare geografia attra-     nella costruzione della identità di chi migra, nella
              verso l’analisi delle rappresentazioni non formali      costruzione di un elemento di continuità capace
              sembra ancora essere una terra incognita, o, forse      di fare da collante all’interno della rete diaspo-
              più semplicemente, una prassi eterodossa.               rica.
                 Per questo motivo, o meglio, per rompere gli
              indugi in questa direzione, all’interno dell’AGeI
              è nato, nel 2009, un gruppo di studio che ha de-        Movimenti migratori, diaspora e cultura popolare
              ciso baldanzosamente di chiamarsi “Media e geo-
              grafia” e che ha assunto, come temi di ricerca,            Il fenomeno migratorio è, forse mai come in
              proprio il rapporto complesso fra i media e le loro     questi ultimi anni, oggetto di grande interesse
              rappresentazioni territoriali (i media come geo-        nella letteratura delle scienze sociali e in una
              grafia, il cinema e il turismo) da un lato, e quello    ampia e ridondante pubblicistica dei media. Si
              della geografia dei media, ossia della loro articola-   tratta spesso di una letteratura “grigia” che riela-
              zione produttiva nello spazio dall’altro.               bora numeri o si limita a una drammatizzazione
                 Lo sforzo è stato quello di confrontarsi su temi     dell’eccezionalità degli eventi. In realtà, di fron-
              e metodi di ricerca, apparentemente lontani, ma         te ad un fenomeno così articolato e complesso
              decisamente convergenti, su cui si sono focalizzati     come quello migratorio, la necessità di andare
              gli interessi di una trentina di studiosi che, come     oltre al racconto ufficiale è impellente, da un
              nella buona pratica dei Gruppi AGeI, provengono         lato per capire come la società d’arrivo (scrivere

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“d’accoglienza” rischia di essere, in alcuni casi,      Contenuti e proposte di ricerca
              quasi ironico) reagisca alla necessità di interagi-
              re con la diversità e la varietà culturale imposta          Di tutto questo, geografe e geografi che fanno
              dall’immigrazione straniera, dall’altro per vede-       riferimento al Gruppo di Lavoro hanno cercato
              re come gli stessi immigrati raccontano e rielabo-      di tenere conto, proponendo analisi e punti di vi-
              rano la loro esperienza. Dunque oltre i numeri, le      sta diversi fra loro e anche metodologie piuttosto
              migrazioni possono essere raccontate e studiate         distanti, ma vicini per quanto riguarda una impo-
              anche guardando i film, leggendo i romanzi, o           stazione teorica che si colloca, come si noterà dal
              ascoltando i rapper e sfogliando i fumetti. La let-     rincorrersi di alcune citazioni fra un testo e l’al-
              teratura riflette il passato, l’esperienza migratoria   tro, fra i post-colonial studies e la Popular geopolitics.
              di chi oggi appartiene alla società dove si immi-           Il numero speciale si apre con due studi che
              gra e con questo dovrebbe aiutare a ricordare, a        trattano, seppur con taglio diverso, il mondo della
              creare empatia nei confronti di un’esperienza           letteratura “alta” e la sua capacità di misurarsi con
              che, se non appartiene alla propria generazione,        il tema del confine e della esperienza migratoria
              ha certamente segnato la generazione dei genito-        (Lorenzo Bagnoli e Biamonti) e con il “dispatrio”,
              ri, e in misura ancora maggiore, quella dei nonni.      sperimentato da chi scrive, con le sue durezze e le
              Ai singoli autori spettano riflessioni importanti       sue necessità (Bonazzi e Meneghello).
              sul confine e sulla frontiera, o sull’esperienza del-       Il ricordo della esperienza migratoria degli ita-
              la lontananza da casa. Inoltre, al ruolo della cul-     liani costretti, nell’arco del Novecento, a lasciare
              tura popolare nella rappresentazione, che, lungi        la casa per trovare lavoro e reddito altrove, attra-
              dall’essere solo geografia-spettacolo, costituisce      verso la letteratura, viene trattato anche nel sag-
              un potente veicolo discorsivo, si aggiunge anche        gio successivo, di Marengo e Alaimo, le quali si
              quello della cultura popolare come autorappre-          soffermano su testi fra loro diversi (un romanzo,
              sentazione, ossia come affermazione del sé, al di       scritto da Adrien Pasquali, e due scritti autobio-
              là degli stereotipi o delle etichette omogeneiz-        grafici) per studiare le traiettorie esistenziali de-
              zanti.                                                  gli italiani nella Svizzera romanda.
                  La connessione fra cultura popolare e mobilità          Fabio Amato apre successivamente il tema del-
              va tuttavia al di là della rappresentazione e della     la rappresentazione cinematografica e televisiva,
              autorappresentazione. La stessa cultura popolare        dove al racconto e alle parole si incrociano le im-
              costituisce infatti, in alcuni casi, un elemento di     magini (e talora gli stereotipi) di tipo visuale. Il
              contatto fra migranti, un prodotto della diaspora       cinema europeo, pur prediligendo uno sguardo
              che in essa, attraverso la sua produzione o sem-        drammatico, è capace di raccontare, in modo sem-
              plicemente la sua fruizione, si riconosce come          pre più articolato, la migrazione. Non può fare
              tale. La cultura popolare, sia fatta di cinema o        a meno di non vederla, anche se ancora troppo
              di musica, parla ai migranti e in qualche modo          spesso, sia in Italia (Amato), sia in Francia (Gra-
              li aiuta a costruire la rete diasporica: a titolo di    ziano e Nicosia) ne fa un ritratto dicotomico (che
              esempio, non a caso, gli innumerevoli “indiani          oppone “noi” a “loro”), solo raramente riuscendo
              non residenti” che si trovano sparsi ai quattro         ad offrire di questo un quadro sufficientemente
              lati del mondo vengono scherzosamente definiti          caleidoscopico ed articolato. Analogamente, la fic-
              come “Bollystan”, ossia come “paese di Bollywo-         tion televisiva sembra essere, ancora, difficilmente
              od”, per sottolineare da un lato la dimensione          capace di uscire da una sorta di “qualunquismo
              immateriale della loro connessione al territorio,       etnico”, che la porta ad utilizzare un giovane atto-
              dall’altra il ruolo del cinema made-in-Mumbai           re dai tratti somatici non caucasoidi a rappresen-
              per mantenere stretti i loro legami (dell’Agnese,       tare, costantemente, la persona dell’ “Immigrato”,
              2009).                                                  di qualsiasi provenienza, purché marginale e pro-
                  La musica, anche solo nella forma di ricordo        blematico (come ben dimostrano nel loro saggio
              e suggestione, costruisce, o aiuta a costruire, il      Cardillo e De Felice). Solo di recente, l’immagine
              senso del luogo. I testi possono, anche se non ne-      cinematografica sembra divenuta capace di supe-
              cessariamente devono, ricordare l’esperienza del        rare la rappresentazione dicotomica per offrire
              viaggio, il confine, la famiglia lontana. Gli arran-    qualche cosa di più, un prodotto capace di creare
              giamenti portano con sé le sonorità tradizionali,       non solo identificazione ed empatia, ma persino
              oppure si mescolano fra loro, in una produzione         identità. Questo tipo di prodotto cinematografi-
              culturale che rappresenta in modo vistoso il risul-     co, di cui sono esempi Terraferma (Crialese, 2011)
              tato del costante meticciamento culturale legato        e Io sto con la sposa (Augugliaro, Del Grande, e Al
              all’esperienza migratoria.                              Nassiry, 2014), viene analizzato da Valentina Alba-

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nese e da Chiara Giubilaro. Valentina Albanese          una forma di musica colta, come illustra nel suo
              adotta l’approccio metodologico della Sentiment         contributo Gian Luigi Corinto.
              Analysis al fine di tentare di comprendere se un           Se i testi del rap ben si prestano a narrare il di-
              film italiano che vuole essere oggettivo, come          sagio dei giovani di seconda generazione in Italia,
              Terraferma, riesca a creare empatia nel pubblico        e il tango brasiliano costituisce un ulteriore prova
              italiano e addirittura identità in un pubblico di       della dinamica del metissage culturale all’interno
              immigrati. Chiara Giubilaro invece analizza Io sto      delle realtà diasporiche, altre forme di musica,
              con la sposa, per capire se il docu-film, tramite la    meno conosciute in Europa anche se di derivazio-
              strategia di mettere insieme il finzionale con il re-   ne europea, si prestano a fare da colonna sonora
              ale, sia stato capace di creare una sfera pubblica      ai percorsi dei migranti americani. È il caso del
              diasporica.                                             corrido, ballata di origine spagnola, reinventato in
                 Nel passaggio successivo, la parola viene data       Messico e divenuta espressione tipica del racconto
              agli “Altri”, ai migranti. Can the Subaltern Speak,     popolare, sia in termini di casi quotidiani, sia in
              si chiedeva un tempo Gayatri Chakravorty Spi-           termini di eventi storici e di personaggi illustri.
              vak (1988), ponendo una domanda che sarebbe             Dopo aver dominato le scene nella prima metà del
              stata alla base del successivo sviluppo degli studi     Novecento, ed aver subito un declino intorno agli
              post-coloniali e che Graziano ben introduce nel         anni Cinquanta, il corrido ha subito in seguito un
              suo contributo, in cui poi analizza la narrazione       periodo di grande revival, grazie ad un gruppo
              dell’esperienza della vita in Italia, tra contatti      come Los Tigres del Norte. Al significato della
              diasporici, episodi di razzismo e dinamiche di          loro musica nel narrare il passaggio del confine,
              integrazione di autrici come Igiaba Sciego, Cri-        l’esperienza di chi migra senza documenti e si tro-
              stina Ali Farah e Gabriella Ghermandi. La voce          va poi in una Jaula de oro (ossia, ha il denaro gua-
              dei giovani che vengono definiti “di seconda ge-        dagnato lavorando negli Stati Uniti, ma non può
              nerazione” si esprime molto bene attraverso una         attraversare nuovamente il confine per tornare a
              forma musicale come il rap, nata per raccontare         casa dalla propria famiglia) è dedicato il contribu-
              il disagio sociale, per la sua natura connessa al       to di Elena dell’Agnese.
              senso del luogo, anche se globalizzata come for-           Se la diaspora messicana negli Stati Uniti si
              ma di produzione (French, 2012). Non per niente,        mantiene unita ascoltando la musica norteña de
              l’ultima scena di Io sto con la sposa si chiude con     Los Tigres del Norte, altre diaspore, più antiche,
              un rap, composto ed eseguito da un giovanissi-          hanno addirittura rielaborato il ricordo del luogo
              mo palestinese protagonista del docu-film. Ben          di origine. Nel caso degli armeni, analizzato da
              fa dunque Donatella Privitera ad analizzare i testi     Fiammetta Martegani, la diaspora ha reiventato la
              dei rapper di seconda generazione che lavorano          patria in forma di luogo simbolico, enfatizzando,
              in Italia, come Amir o Zanko, e a tentare di ve-        in ogni sua rappresentazione, la figura del mon-
              rificare quale tipo di ricezione abbia il loro mes-     te Ararat. L’analisi di Fiammetta Martegani, che
              saggio di “stranieri nella loro nazione” presso un      chiude il volume, si estende a coprire diversi me-
              gruppo di studenti intervistati. Su questa linea di     dia, ma poi analizza in particolare un film, che
              riflessione, attraverso un altro medium, si muove       dal paesaggio simbolico dell’Armenia trae anche
              Giulia de Spuches che analizza Meet the Somalis,        il titolo (Ararat. Il monte dell’Arca, Egoyan, 2002),
              graphic novel prodotto da un gruppo di rifugiati        per evidenziare la complessità della relazione che
              somali in Europa.                                       la diaspora armena intrattiene con il proprio luo-
                 La cultura popolare non è solo narrazione, ma        go di origine e con il proprio passato.
              è anche produzione e consumo e in ciascuno di
              questi tre passaggi veicola e produce significa-
              ti (Dittmer, 2010). Nel caso della musica, su cui       Bibliografia
              aprono il sipario Coletti e de Rosa, diventa anche
              modo di interagire, per offrire un prodotto che         Amato F., dell’Agnese E. (a cura di), Schermi americani. Geografia
                                                                         e geopolitica degli Stati Uniti nelle serie televisive, Milano, Unico-
              nella sua ibridità costituisce un meccanismo di
                                                                         pli, 2015.
              comunicazione all’interno della diaspora dei mi-        Anderson B., Long-Distance Nationalism: World Capitalism and the
              granti. Questo avviene quando si tratta di suona-          Rise of Identity Politics, Amsterdam, Centre for Asian Studies,
              re, come fa l’Orchestra di Piazza Vittorio, oggetto        1992.
              della riflessione delle due autrici, ed anche quan-     Barnes T.J., Duncan J.S. (a cura di), Writing Worlds: Discourse,
                                                                         Text and Metaphor in the Representation of Landscape, London-
              do si tratta di comporre, come è avvenuto con il           New York, Routledge, 1991.
              tango brasiliano, prodotto diasporico per eccel-        dell’Agnese E., Paesaggi ed eroi. Cinema, nazione, geopolitica, To-
              lenza, anche se progressivamente trasformatosi in          rino, Utet, 2009.

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dell’Agnese E., Rondinone A. (a cura di), Cinema, ambiente e                  society, in «Journal of Strategic Studies», 1999, pp. 107-124.
                 territorio, Milano, Unicopli, 2011.                                     Thrift N., Non-Representational theory, London, Routledge, 2007.
              Dematteis G., Le metafore della terra. La geografia umana tra mito e       Wright J.K., Terrae Incognitae: The Place of the Imagination in Ge-
                 scienza, Milano, Feltrinelli, 1985.                                        ography, in «Annals of the Association of American Geogra-
              Dittmer J., Popular Culture, Geopolitics, and Identity, Boulder,              phers», 37, 1, 1947, pp. 1-15.
                 Rowman and Littlefield, 2010.
              French K., “Topomusica” in rap music: Role of geography in hip-hop
                 music, in Situating popular musics: IASPM 16th International
                 Conference Proceedings, International Association for the               Note
                 Study of Popular Music, 2012, pp. 133-138.
              Spivak G.C., Can the Subaltern Speak?, in Nelson C., Grossberg             1
                                                                                           Pur nella piena condivisione di questo testo come del coor-
                 L. (a cura di), Marxism and the Interpretation of Culture, Ur-          dinamento del volume, il quarto paragrafo è da attribuire a
                 bana - Chicago, University of Chicago Press, 1988, pp. 271-             Fabio Amato e gli altri a Elena dell’Agnese. I curatori deside-
                 313.                                                                    rano ringraziare Alessandra Bonazzi per la preziosa collabora-
              O’ Tuathail G., Understanding critical geopolitics: Geopolitics and risk   zione.

                        AGEI - Geotema, 50                                                                                                              9

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