Patto per il lavoro, contrattazione collettiva e PNRR (maggio 2022) - WP CSDLE "Massimo D'Antona".IT 455/2022 - Bollettino Adapt
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Patto per il lavoro, contrattazione collettiva e PNRR (maggio 2022) WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT – 455/2022
Tiziano Treu 2022 Emerito Università Cattolica di Milano tiziano.treu@yahoo.it WP CSDLE MASSIMO D’ANTONA.IT - ISSN 1594-817X Centre for the Study of European Labour Law "MASSIMO D'ANTONA" , University of Catania On line journal, registered at Tribunale di Catania n. 1/2012 – 12.1.2012 Via Gallo, 25 – 95124 Catania (Italy) Tel: +39 095230855 – Fax: +39 0952507020 csdle@lex.unict.it http://csdle.lex.unict.it/workingpapers.aspx
1 Patto per il lavoro, contrattazione collettiva e PNRR (maggio 2022) Tiziano Treu Università Cattolica di Milano 1. Crescita sostenibile, PNRR e ruolo delle parti sociali ................ 2 2. L’urgenza di un patto sociale ................................................ 5 3. Promuovere una “just transition” .......................................... 6 4. Gestire le transizioni produttive e occupazionali ...................... 7 5. Parità di genere e generazionale ......................................... 10 6. La crescita e la multidimensionalità delle diseguaglianze ........ 11 7. Le innovazioni necessarie nelle relazioni industriali ............... 14 8. Regole certe sulla rappresentatività delle parti sociali ............ 15 9. Garantire minimi salariali adeguati: la via contrattuale .......... 16 10. Sostegno legislativo alla contrattazione nei settori scoperti .. 19 11. Difendere i salari dall’inflazione ........................................ 20 12. Ambiti e forme nuove di partecipazione ............................. 22 13. La digitalizzazione delle imprese e del lavoro: come regolare gli algoritmi ............................................................................. 24 WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
2 TIZIANO TREU 1. Crescita sostenibile, PNRR e ruolo delle parti sociali Siamo tutti (credo) consapevoli che le grandi trasformazioni economiche e sociali del nostro tempo, accelerate dalla pandemia, ci impongono un ripensamento delle politiche e delle categorie concettuali ricevute dal passato. Il cambiamento di approccio richiesto è profondo perché le innovazioni necessarie non sono marginali, ma riguardano le strutture portanti dei nostri sistemi economici e sociali e le direzioni dello sviluppo umano, come emerge dagli obiettivi indicati per l’Europa dal Next Generation Eu, che sono incentrati sulle due transizioni ecologica e digitale. La sfida del cambiamento riguarda tutti. Anzitutto le istituzioni pubbliche ai vari livelli, da quelle comunitarie a quelle locali, perché lo Stato e le strutture pubbliche sono state investite di un ruolo primario nella costituzione delle condizioni fondamentali per un nuovo sviluppo. Già questo nuovo ruolo del pubblico implica un cambio di rotta non marginale rispetto alle tendenze affermatesi negli anni recenti che lo aveva svalutato; e quindi richiede un ripensamento radicale delle politiche pubbliche, dei loro contenuti e dei rapporti con gli attori privati, corpi sociali e imprese. Ma il cambiamento investe l’intera società nelle sue varie espressioni organizzate, i diversi attori economici e direttamente tutti noi, persone singole, nei nostri comportamenti quotidiani. Le maggiori rappresentanze di interessi, sindacati e associazioni imprenditoriali, quelle che usiamo chiamare parti sociali, sono coinvolte in prima linea in tale sfida, per la loro responsabilità riconosciuta dalla nostra Costituzione nella regolazione dei rapporti sociali e di lavoro e nelle relative politiche. Se queste parti vogliono esercitare con consapevolezza la loro responsabilità, mantenendo un ruolo effettivo nei confronti dei lavoratori e offrendo un contributo utile al bene comune, sono chiamate a un cambiamento altrettanto profondo delle strategie e delle pratiche ricevute dal secolo scorso. L’importanza di questo contributo nella costruzione di nuove direzioni dello sviluppo umano è riconosciuta con inusitata chiarezza dal regolamento europeo (2021/241 art.18, 4a) riguardante la approvazione e la implementazione dei Piani nazionali di ripresa, che prevede l’obbligo di consultare e coinvolgere le parti sociali e la società organizzata, nella formazione e attuazione di tali piani. Inoltre lo stesso regolamento precisa che delle consultazioni con le parti simili e dei loro esiti occorre tenere e dare conto pubblicamente.1 1 Regolamento 12 febbraio 2021, n. 241 del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, nov. 2021, in https://ec.europa.eu/info/index_it. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
APPALTI E TUTELA DEI LAVORATORI 3 Dalle rilevazioni comparate del CESE risulta, come è comune consapevolezza anche in Italia, che nella fase cd. ascendente di preparazione e approvazione dei vari PNRR il coinvolgimento delle parti sociali è stato alquanto limitato e comunque insufficiente. 2 Così non può continuare nella fase che ora si è aperta, di implementazione dei piani. Non è possibile non solo per motivi di opportunità sociale, ma perché questa fase, di estrema complessità, richiede comportamenti convergenti di centinaia di istituzioni centrali e locali, di altrettante imprese e gruppi sociali i più diversi, e non può avere successo se non si attivano meccanismi efficaci di partecipazione e coordinamento di tutti questi attori. Il nostro legislatore (art. 3 del decreto 77/2021) ha predisposto a tale fine uno strumento istituzionale specifico, il Tavolo permanente di partenariato economico sociale e territoriale, ove sono presenti le maggiori organizzazioni rappresentative della società, insieme con le rappresentanze degli enti locali, delle regioni e delle università. Con questa norma, unica nel panorama europeo, si è voluto dare un riconoscimento istituzionale stabile e specifico alla partecipazione delle organizzazioni sociali alla implementazione del PNRR. Tale scelta accresce il potenziale valore di tale partecipazione, sottraendola all’ informalità e ai rischi della casualità. 3 Il senso fondamentale della partecipazione istituzionale prevista dal decreto e da realizzarsi col Tavolo permanente per il partenariato è di coinvolgere la intera comunità nazionale con i suoi attori principali nella responsabilità comune di promuovere e sostenere le attività del Piano per favorirne il pieno successo. Conosciamo per esperienza storica quanto sia difficile rendere effettivi nella pratica i progetti, le riforme e gli investimenti deliberati; abbiamo verificato in passato le debolezze del nostro sistema- Paese anche nella implementazione di impegni e attività meno complesse del PNRR. La istituzionalizzazione di un Tavolo di partenariato, per quanto importante, non esaurisce la responsabilità delle parti sociali, né il dovere di dare il loro contributo alle politiche necessarie alla costruzione del nuovo modello di sviluppo quale indicato dagli ambiziosi orizzonti del PNRR. L’impegno delle parti è più ampio di quello richiesto per l’attuazione del Piano; anzitutto perché questo ha durata limitata, anche se è auspicabile 2 Vedi le prese di posizione del CESE sul debole coinvolgimento delle parti sociali e della società civile organizzata nella fase ascendente di costruzione del NGEU: Risoluzione del 24-25 febbraio 2021, “Coinvolgimento delle parti sociali organizzate nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Cosa funziona e cosa no?”, ECO/GSE, www.consilium.europa.eu. 3 Cfr. la mia introduzione all’avvio dei lavori del Tavolo di partenariato (25 novembre 2021) in www.italiadomani.it. Il resoconto di tali lavori con le osservazioni e la documentazione presentata dalle parti sociali nelle diverse sessioni è reperibile sul sito www.Italiadomani.it. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
4 TIZIANO TREU un prolungamento di un contributo europeo diretto allo sviluppo dei nostri paesi e del modello innovativo di programmazione comune inaugurato dal NGEU. Inoltre il PNRR è diretto a sostenere gli investimenti necessari alle due grandi transizioni digitale ed ecologica, ma non sostituisce le politiche pubbliche nazionali necessarie per le riforme né la gestione delle attività essenziali per lo sviluppo economico e sociale del paese. 4 Del resto i contributi di analisi e proposta apportati al Tavolo richiedono di essere preparati dalle stesse parti e poi sostenute con la loro azione pratica nelle sedi appropriate di contrattazione e di partecipazione, sia nei loro rapporti reciproci sia nelle relazioni concertative con le istituzioni pubbliche. Le parti sociali, sulla base di un’intesa comune, possono dare un contributo specifico al raggiungimento degli obiettivi del Piano nonché al raccordo fra questi e le Politiche pubbliche necessarie per l’ammodernamento e la rinascita del paese. L’azione concertata fra parti e governo è essenziale per verificare giorno per giorno il rispetto delle direzioni di marcia indicate dal piano, integrandone le carenze e contribuendo a superare i prevedibili ostacoli. Inoltre i complessi progetti del PNRR, per quanto ben concepiti, richiedono di essere adeguati alle variazioni del contesto; ora più che mai a fronte degli sconvolgenti eventi ai confini dell’Europa che prefigurano una economia di guerra. Per altro verso, le singole misure necessitano di un forte coordinamento strategico per potersi tradurre nelle politiche organiche di trasformazione economica e sociale indicate dall’Europa. Anche questo compito, che pure compete alle autorità responsabili del Piano, 5 può 4 In tal senso si sono espresse diverse opinioni sia europee sia nazionali; v. documento CNEL, Osservazioni e proposte per la riforma del patto di stabilità e crescita, del 28 ottobre 2021, www.CNEL.it. Una innovazione necessaria per dare seguito al nuovo corso avviato dall’NGEU è la riforma del Patto di stabilità. Il rilievo è ormai comune: v. S. Fabbrini, Sdoppiamento. Una prospettiva nuova per l’Europa, Laterza, 2017; ID, Scelte chiare per costruire il futuro dell’Europa, Sole24Ore, 8 dic. 2020; ID, Next Generation EU, Il futuro dell’Europa,e Italia dopo la pandemia, Bologna, Mulino, 2022; e gli interventi di E. Bonino, L. Jahier, ne Il mondo che verrà, Quaderni del Cnel, 2020, p. 27 ss. e p. 103 ss.; L. Bini Smaghi, La riforma del Patto di stabilità e crescita, Ce n’è veramente bisogno?, Policy Brief, 9/2022, Luiss; M. Bordignon, Regole fiscali europee: una proposta di riforma, www.lavoceinfo.com; G. Colazzo (ed.), The debate on how to improve the EMU’S economic governance framework, SEP Luiss, Policy Brief 15/2021. 5 Per guidare l’attuazione del Piano è prevista una forte governance centrale, con una cabina di regia composta dal Presidente del Consiglio e dai ministri competenti che esercita poteri di indirizzo, impulso e coordinamento generale sulla implementazione degli interventi del PNRR e che è coadiuvata nella istruttoria dei provvedimenti da una segreteria tecnica. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
APPALTI E TUTELA DEI LAVORATORI 5 ricevere un contributo dall’intelligenza e dall’esperienza sul campo delle diverse organizzazioni della società civile. 2. L’urgenza di un patto sociale Se questo è vero, l’importanza del compito cui sono chiamate le parti, come della sfida per il nostro paese, è senza precedenti. Inoltre si è aggravata ulteriormente per un convergere di fattori critici: gli effetti ancora incombenti dalla pandemia, la crisi energetica e la montante inflazione, infine l’aggravarsi delle tensioni internazionali, fino allo scoppio della guerra in Ucraina. Per fronteggiare tale sfida il contributo delle parti non può limitarsi alle normali attività di contrattazione né a forme di partecipazione occasionali e settoriali alle scelte del governo relative alla implementazione del PNRR e alle riforme necessarie per rilanciare l’Italia. Occorre il coraggio di attivare una grande intesa fra le parti sociali e di queste col governo per contribuire al raggiungimento degli obiettivi che ci siamo assegnati, insieme all’Europa, per la rinascita del nostro paese. Appelli per procedere in questa direzione sono stati avanzati da varie parti, compreso il presidente Draghi, ma non hanno avuto finora seguito; e ciò nonostante l’aggravarsi delle condizioni del contesto economico e geopolitico ne sottolinei più che mai l’urgenza. Un simile patto è necessario per unire e finalizzare l’impegno di tutte le componenti della nostra società a sostenere il nuovo modello di crescita e di società. Oggi il compito è persino più impegnativo di quello richiesto dai parti sociali del passato, compreso il grande accordo del 1993 firmato fra parti sociali e governo in un altro momento di grave crisi dell’Italia. Allora la concertazione sociale ebbe il grande merito di contribuire alla stabilizzazione economica del paese e al controllo dell’inflazione. Oggi l’obiettivo è più ambizioso, perché non può limitarsi alla ricostruzione degli assetti produttivi e sociali precedenti alla crisi e da questa colpiti, ma deve costruire le condizioni per avviare un nuovo modello di crescita e di società, utilizzando gli eccezionali stimoli e strumenti offerti dal NGEU e accompagnandoli con politiche economiche e sociali coerenti. Se questa è la dimensione dell’obiettivo, deve essere chiaro che il coinvolgimento delle parti e il loro impegno non si esauriscono nell’ accordo sui contenuti del patto e nell’assunzione dei relativi impegni, e neppure nella adozione di singole misure attuative. L’intesa deve tradursi in una partecipazione diretta alla implementazione e alla stessa progettazione e gestione delle principali misure necessarie al raggiungimento degli Tale governance centrale prevede il coinvolgimento di regioni ed enti locali che hanno, specie questi ultimi, un ruolo centrale nella messa a terra di gran parte degli interventi del Piano. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
6 TIZIANO TREU obiettivi, in particolare sulle tematiche di più diretto impatto sul mondo del lavoro e delle imprese. Al riguardo sarà necessario evitare di riempire l’agenda del patto di impegni tanto onnicomprensivi quanto generici, una tentazione seguita in passato e che non ha giovato alla efficacia e alla stessa credibilità di altri Patti sociali. 3. Promuovere una “just transition” Una questione prioritaria che dovrebbe essere al centro dell’intesa riguarda le modalità di realizzazione delle transizioni digitale ed ecologica, affinché esse siano sostenibili economicamente e socialmente.6 La just transition che l’Europa indica come indispensabile non si verifica automaticamente per il solo attuarsi degli investimenti previsti per sostenere le due transizioni. Occorre accompagnarli con politiche che ne massimizzino l’impatto non solo economico ma sociale. Ciò implica precise scelte strategiche che devono costituire una parte essenziale del patto che competono anzitutto alle istituzioni pubbliche e allo Stato.7 Le parti sociali, sindacato in primis, dovranno chiedere che i programmi del piano dedichino particolare attenzione agli investimenti che realizzino un effettivo moltiplicatore in termini di occupazione, in specie nei settori a più alto potenziale occupazionale. Le possibilità di creare buona occupazione sono molteplici in diverse linee di intervento del PNRR: nei nuovi lavori richiesti dalle produzioni 6 Il concetto e i meccanismi di Just transition sono stati sviluppati in contesti e con obiettivi diversi. Nell’Unione Europea sono considerati in particolare per sostenere il processo di transizione verso l’economia verde: v. European Commission, The just transition mechanism: making sure no one is left behind; e ID, Financing the green transaction. The European Green Deal investment Plan and just transition mechanism, EC Europa en., 14 novembre 2021. (https://ec.europa.eu). L’obiettivo di rendere giuste le transizioni in atto e previste nel NGEU richiede interventi più ampi, volti a sostenere persone e imprese per far fronte alle conseguenze negative d elle transizioni. 7 Fin dalle prime manifestazioni dell’emergenza il ruolo delle istituzioni e degli Stati nazionali si è confermato importante contro tutte le profezie di declino; e gli eventi successivi ne ribadiscono il ruolo centrale nel promuovere la ripresa. V. al riguardo le opinioni di R. Prodi, Antiche e nuove pestilenze; L. Reichlin, La crisi un’occasione per ripensare al ruolo dello Stato; E. Bonino, Le lezioni politiche della pandemia; G. Tamburi, Sostegno economico e settori strategici, in Quaderni CNEL, Il mondo che verrà, 2020; F. Gallo, Il futuro non è un vicolo cieco: lo Stato fra globalizzazione, decentramento ed economia digitale, Sellerio, Palermo, 2019, p. 29: l’a. afferma che “la scelta non dovrebbe essere fra Stato e mercato ma fra due tipi di Stato “uno più invasivo, e per certi versi produttivistico e monopologeno” e “l’altro non alternativo al mondo, e perciò sussidiario, regolatore, rispettoso delle autonomie territoriali, re distributore e promotore della cittadinanza attiva”. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
APPALTI E TUTELA DEI LAVORATORI 7 dell’economia green,8 nelle diverse attività rivolte alla cura delle persone e al welfare, che rispondono ai bisogni crescenti della popolazione, dai bambini agli anziani come emerso durante la pandemia, nei vari campi delle attività di rigenerazione urbana e di difesa del territorio, della agricoltura e del turismo sostenibile, della valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In queste attività un ruolo particolare può essere giocato dalla economia sociale, il cui sviluppo è un obiettivo indicato anche da un apposito piano di azione europeo.9 Ma per sostenere tali richieste e renderle credibili le parti devono promuovere una ricerca condivisa e documentata che fornisca indicazioni puntuali sulla fattibilità e sulle ricadute dei vari interventi, così da evitare che la crescita economica attesa sia povera di lavoro, come è stata in passato, e serva invece a mobilitare le risorse umane del nostro paese, specie di giovani e di donne, ancora poco utilizzate. L’impegno delle parti per il lavoro dovrà considerare che le nuove direzioni della economia verde e digitale comporteranno una grande trasformazione nella geografia del lavoro e delle produzioni, con la necessità di promuovere e governare massicce dislocazioni di risorse finanziarie, organizzative e di manodopera fra settori produttivi in declino verso settori innovativi e in crescita. 4. Gestire le transizioni produttive e occupazionali Questa trasformazione apre un grande ambito di impegno che va condiviso fra le parti: quello di gestire le transizioni produttive e occupazionali. Si tratta di dare finalmente attuazione a un sistema di politiche attive, organizzate e attrezzate con le professionalità necessarie che siano in grado di promuovere la riconversione professionale di migliaia di lavoratori verso nuove professioni e di accompagnarne il passaggio fra imprese e fra settori. La riforma degli ammortizzatori sociali di recente approvata dal Parlamento fornisce una prima risposta.10 Ma non pochi osservatori 8 Cfr. il contributo di S. Grandi, V. Mini, Il lavoro verde nell’era del Green Deal europeo, in Rapporto sul mercato del lavoro, Cnel 2021, p. 349 ss., e ivi altre citazioni; Fondazione Symbola Unioncamere, Rapporto Green Italy 2021, Un’economia a misura d’uomo per il futuro dell’Europa, 2021. https://www.symbola.net. 9 Si veda il piano di azione sull’economia sociale, pubblicato dalla Commissione Europea il 9 dicembre 2021, che propone una serie di iniziative comuni per il periodo 2021/2030; cfr. analisi e commenti critici in L. Martignetti, Impresa Sociale, I, 2022. 10 AA.VV., Misure a sostegno del reddito fra emergenza Covid e ripresa economica del rapporto sul lavoro, in Rapporto Cnel sul mercato del lavoro, cap. 9, 2021, p. 253 ss.; M. Cecilia Guerra, La riforma degli ammortizzatori sociali: lezioni dalla crisi pandemica, in ItalianiEuropei, 2, WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
8 TIZIANO TREU ritengono che essa debba essere perfezionata per assicurare livelli adeguati di sostegno al reddito e di formazione a tutti i lavoratori, non solo dipendenti ma autonomi, specie a quelli più direttamente investiti da crisi settoriali e territoriali. Il funzionamento e la gestione delle politiche attive e della formazione professionale in relazione alle transizioni occupazionali devono essere assunti come argomenti centrali non solo delle istituzioni pubbliche competenti ma della contrattazione collettiva e degli enti bilaterali da essa costituiti. Perché entrambe queste funzioni sono essenziali per il futuro della occupazione e della produttività del paese, ma non sono ancora all’altezza dei nuovi compiti.11 La contrattazione e gli enti bilaterali sono chiamati a svolgere, più direttamente di quanto fatto finora, un ruolo integrativo e, ove necessario, anche di supplenza all’ azione pubblica. È quanto succede in paesi vicini (cd. sistema di Ghent) e ha precedenti storici nella nostra esperienza. L’ eccezionalità della attuale situazione occupazionale impone di riprendere in considerazione anche questa opzione perché essa rientra in pieno nelle funzioni di parti sociali che vogliano essere protagonisti delle attuali transizioni. Al riguardo, data la delicatezza della materia, che rientra in parte nelle competenze regionali, si potrebbe avviare qualche sperimentazione in settori dove esperienze simili hanno già buone basi, come quella delle casse edili, una sperimentazione che potrebbe essere riconosciuta dalle istituzioni competenti e coordinata con l’azione dei servizi pubblici dell’impiego. 12 L’intesa fra parti e governo potrebbe contribuire al raggiungimento di alcuni obiettivi necessari affinché le transizioni in atto non pregiudichino 2021; M. Franzini, M. Raitano, Quando svanisce il reddito da lavoro. Ipotesi di riforma degli ammortizzatori sociali, in “Menabò di etica ed economia”, 25 mar 2021; M. Cinelli, Da «ammortizzatori» a «attivatori» sociali. Una riconfigurazione auspicabile per il dopo Covid?, in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, 2021 fasc. 2, pp. 243 – 252; S. Renga, Un taccuino per la riforma degli ammortizzatori sociali, in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, 2021 fasc. 2, pp. 265 – 272; G. Mammone, in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, 2021 fasc. 2, pp. 253 – 263. 11 Cfr. P. A. Varesi, Una nuova stagione per le politiche attive del lavoro: le prospettive tra azioni dell’Unione Europea e riforme nazionali, DRI, 2022; P. Ichino, Appunti per un rilancio delle politiche attive in Italia, ivi, p. 161 ss.; M. Della Seta, Il contratto di espansione tra riforme e prassi applicativa: una rassegna ragionata, ivi, p. 206 ss.; A. Sartori, Transizioni occupazionali e fragilità del lavoratore: il difficile compito per il diritto del lavoro post pandemico, Ivi, 2021, p. 967 ss. 12 Una sperimentazione simile può costituire parte di più ampi patti territoriali per lo sviluppo e il lavoro come quello operante in Emilia Romagna; v. P. Bianchi, F. Butera, G. De Michelis, F. Seghezzi, G. Scarano, Coesione e innovazione, Mulino, 2020. Patti simili si stanno sperimentando in altri contesti, specie metropolitani (Milano, Napoli, Torino) per accompagnare e gestire gli investimenti del PNRR e le loro ricadute sul territorio. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
APPALTI E TUTELA DEI LAVORATORI 9 ma rafforzino le condizioni del nostro mercato del lavoro e le occasioni di una buona occupazione. In particolare può contribuire ad aumentare la partecipazione dei lavoratori ad attività di formazione continua verso gli obiettivi stabiliti dall’action plan dell’Unione Europea (60% di partecipazione annua) e a rendere effettivo il diritto alla formazione già sancito da alcuni contratti collettivi, in primis quello dei metalmeccanici.13 Può potenziare gli strumenti di politica attiva finora sperimentati (contratto di espansione, accordi di ricollocazione, contratti di solidarietà, staffetta generazionale); impegnarsi ad adottare criteri unici nazionali per la certificazione dei risultati formativi e delle competenze dei lavoratori; attuare un piano straordinario di orientamento per giovani concordato fra scuole e servizi all’impiego; a generalizzare forme di alternanza scuola-lavoro per tutti gli studenti degli ultimi anni di secondaria; ad aumentare la disponibilità dei vari tipi di apprendistato (duale, professionalizzante e di alta qualificazione).14 Un governo giusto delle transizioni dovrebbe comprendere politiche di sostegno non solo ai lavoratori ma anche alle imprese. Il sostegno dovrà realizzarsi non tanto nelle forme spesso abusate dei bonus o degli incentivi generici, ma tramite politiche economiche finalizzate alla promozione della ricerca e delle innovazioni produttive, al trasferimento tecnologico, specie a favore delle piccole imprese e al generale upgrading del nostro sistema produttivo. La realizzazione delle politiche attive e formative necessarie al governo delle transizioni richiedono non solo più risorse pubbliche specificamente destinate, ma infrastrutture sociali in grado di sostenere tali transizioni Qui è essenziale il contributo delle parti attraverso le loro istituzioni bilaterali e delle imprese cui si richiede un coinvolgimento finanziario e organizzativo necessario allo svolgimento della formazione continua nelle aziende. La valorizzazione del lavoro e delle risorse umane sarà un test centrale per verificare la capacità delle imprese di affrontare positivamente la sfida delle transizioni. Gli esperti aziendali di relazioni del lavoro osservano che le imprese dovranno occuparsi più che nel passato della formazione, delle motivazioni e del benessere dei loro dipendenti, se vorranno rispondere 13 Cfr. il dibattito su Speciale Adapt, 25 febb. 2021, n. 1; V. Bavaro, Il contratto nazionale dei metalmeccanici 2016. Una prospettiva sulle relazioni industriali italiane, DLRI, 2017, I, p. 729 ss.; G. Valenti, The individual right to continuos training of workers: an analysis of best practices in the international framework, Labour & Law Issue, 7, n.1, 2021. 14 Cfr. P. A. Varesi, Una nuova stagione per le politiche attive del lavoro, cit., p. 75 ss. P. Ichino, Appunti per un rilancio delle politiche attive in Italia, cit., p. 161 ss.; M. Della Seta, Il contratto di espansione tra riforme e prassi applicativa: una rassegna ragionata, cit., p. 206 ss.; A. Sartori, Transizioni occupazionali e fragilità del lavoratore: il difficile compito per il diritto del lavoro post pandemico, cit., p. 967 ss. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
10 TIZIANO TREU alle aspettative delle nuove generazioni di lavoratori, che sono più istruiti e più consapevoli dei loro genitori. 5. Parità di genere e generazionale Un’ attenzione specifica dovrà essere dedicata, anche all’interno del patto, ai problemi della occupazione e in genere delle condizioni di lavoro delle donne e dei giovani. Una serie di misure, in parte indicate nel PNRR, è necessaria per rafforzare le opportunità dei giovani di accedere a una buona occupazione, dal rafforzamento dei sistemi educativi fini dalla prima infanzia, al miglior raccordo fra scuola e lavoro. 15 La promozione della parità di genere ha ricevuto di recente maggiore attenzione dai legislatori italiano ed europeo, con norme innovative in tema di eguaglianza salariale, di contrasto alle discriminazioni, in particolare indirette, e di obblighi alle imprese di rendere pubbliche i trattamenti e le condizioni di lavoro dei dipendenti disaggregati per genere.16 Ma le diseguaglianze che si sono accresciute nei confronti di queste categorie richiedono un salto di qualità sia nelle politiche pubbliche, anche a integrazione dei programmi contenuti nel PNRR, sia nella contrattazione collettiva ai vari livelli. La promozione della parità di genere e generazionale è un obiettivo trasversale del PNRR. Per questo non bastano provvedimenti isolati, è necessario orientare tutte le politiche pubbliche e le azioni sociali al raggiungimento di tale obiettivo. Una norma di particolare importanza è l’art. 47 del decreto 77/2021 che prevede come requisito necessario per partecipare a contratti di appalto (e anche concessioni) finanziati dalle risorse del Piano, l’obbligo di assicurare una quota almeno del30% delle assunzioni necessarie per la esecuzione del contratto sia alla occupazione giovanile e sia a quella giovanile. Si tratta di una disposizione molto innovativa, senza riscontro in altri piani nazionali, ma alquanto complessa, per facilitare la cui applicazione sono state emanate specifiche linee guida che danno indicazioni precise in diverse direzioni. Pongono in capo alle imprese appaltatrici l’obbligo di dare pubblicità con apposita relazione sulle condizioni occupazionali di giovani e donne nella loro azienda; prevedono la possibilità di adottare norme premiali per le imprese che s’impegnino a comportamenti virtuosi non richiesti dalla normativa e migliorativi; ammettono la possibilità per le stazioni appaltanti di stabilire in deroga, dandone adeguata motivazione, 15 A. Rosina, Giovani e lavoro ai tempi del coronavirus, Rapporto Cnel 2020, p. 215 ss.; e il volume E. Ambrosi, A. Rosina, Non è un paese per giovani, Marsilio, 2009. 16 T. Treu, La nuova legge sulla parità di genere, Guida Lavoro, 8 febbraio 2022. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
APPALTI E TUTELA DEI LAVORATORI 11 una quota di assunzioni inferiore al limite generale del 30%,quando le condizioni del contratto, il tipo di lavoro e altri elementi rendano l’obbligo assunzionale del 30% impossibile o contrastante con obiettivi di “universalità, di efficienza e di qualità del servizio”.17 La novità e la complessità di questa normativa sono tali che affinché essa possa operare occorrerà un impegno specifico delle parti sociali, sindacati e imprese, a farla conoscere e a monitorarne attentamente le applicazioni, compreso in particolare vigilare il ricorso alle deroghe specie nei settori ove la occupazione femminile è storicamente meno presente. 6. La crescita e la multidimensionalità delle diseguaglianze Se come si è visto le diseguaglianze colpiscono più gravemente alcuni gruppi sociali e aree geografiche, e pur vero che esse sono cresciute in generale e si presentano sempre più come un fenomeno multidimensionale. Come risulta dalla indagine affidata dalla Commissione lavoro della Camera dei deputati a Istat e Cnel, i diversi aspetti della diseguaglianza si intrecciano fra loro. La loro combinazione ne aggrava l’impatto, anche perché molte diseguaglianze si concentrano sulle stesse persone, gruppi sociali e aree geografiche, di solito quelli più fragili e meno protetti. 18 La crisi pandemica è senza precedenti, anche perché ha aggravato non una ma molte dimensioni della diseguaglianza; non solo il lavoro e il reddito delle persone, ma la loro salute e il tasso di mortalità, la partecipazione scolastica e l’apprendimento, le relazioni sociali e le condizioni generali di vita. L’indagine Istat, la prima di questa ampiezza trasversale, ha il valore di raccogliere e organizzare una grande mole di dati per ciascuna di queste dimensioni, così da fornire una possibilità di lettura e di analisi incrociate, che ci permette di comprendere a fondo le complessità delle diseguaglianze, anche al fine di trarne indicazioni di policy. Le indicazioni della ricerca mostrano che queste diseguaglianze possono affrontarsi solo valutandone le determinanti e correggendo i fattori strutturali che le hanno originate, con politiche adeguate. La ricerca rileva come le misure approvate dal governo negli ultimi mesi, di dimensioni anch’esse senza precedenti, hanno avuto l’effetto 17 T. Treu, Pari opportunità di genere e generazionali. Le linee guida, Guida Lavoro, n. 6, 11 febbraio 2022 18 V. Audizione del Presidente Cnel T. Treu su “Nuove diseguaglianze prodotte dalla pandemia da Covid-19 nel mondo del lavoro”, dinanzi alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, 8 febbraio 2022. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
12 TIZIANO TREU parziale di rimediare ad alcune delle conseguenze più gravi della pandemia, sul piano non solo economico ma sociale e personale. Hanno contribuito a ridurre in misura significativa l’indice di Gini, che prima della pandemia era fra i più alti d’Europa. Ma tale indice misura solo le diseguaglianze di reddito e di ricchezza, non tutte le altre dimensioni, che vanno valutate per cogliere la gravità del fenomeno e che invece sono state toccate solo in parte dagli interventi di emergenza del governo. Inoltre la ricerca segnala un dato di particolare importanza e che voglio sottolineare, cioè il fatto che tali interventi di emergenza, nonostante abbiano riguardato molte categorie di persone e di situazioni e siano stati ispirati da obiettivi egualitari, non sono riuscite a ripristinare situazioni di equilibrio fra i diversi gruppi e soggetti colpiti dalla pandemia, in particolare fra donne, giovani e aree del Mezzogiorno. 19 Se alcune diseguaglianze sono state ridotte o contenute, il quadro complessivo che emerge mostra la persistenza di diseguaglianze nelle diseguaglianze. Mi limito a qualche esempio fra i tanti che sono presenti nei testi prodotti da Istat. La Cassa integrazione guadagni nelle sue varie forme è stata una misura di sostegno dei redditi di ampia portata, perché ha riguardato in varia misura circa la metà dei lavoratori dipendenti. Ma ha protetto molto meno, spesso per niente, i lavoratori precari, a termine breve e i dipendenti delle piccole imprese. Ancora meno sono stati risarciti dalle perdite, con le indennità di 600- 1000 euro, i lavoratori autonomi (solo il 10%), nonostante la recente misura di sostegno (Iscro) approvata su proposta del CNEL. 20 Analogamente la tutela è stata minore e insufficiente per molte professioni autonome anche qualificate, che fino a ieri sembravano in grado di difendersi da sole, ma che si sono scoperte molto vulnerabili come mostrano bene i dati Istat. Il reddito di cittadinanza si è dimostrato insufficiente a far fronte ai rischi di povertà che sono fortemente cresciuti anche per soggetti 19 Gli interventi di emergenza si sono susseguiti nel tempo, con una varietà e sequenza tale che ha finora precluso analisi sistematiche. V. comunque alcuni primi commenti; M. Faioli, Covid-19 e istituti speciali di sostegno al reddito, in O. Bonardi, U. Carabelli, M. D’Onghia, L. Zoppoli (a cura), Covid-19 e diritti dei lavoratori, Istant Book Consulta Giuridica CGIL, Ediesse, n.1, 2020, p. 167 ss.; A. Pileggi (a cura), Il diritto del lavoro dell’emergenza epidemiologica, supplemento Lavoro e Previdenza Oggi, Giuridica Ed., n. 3-4, 2020; M. Brollo, Il lavoro agile alla prova dell’emergenza epidemiologica, in D. Garofalo, M. Tiraboschi, V. Filì, F. Seghezzi, (a cura di), Welfare e lavoro nella emergenza epidemiologica, ADAPT Studies, 2021, n. 89, sez. II, p. 168 ss.; Camera dei Deputati, Gli interventi in materia di lavoro per fronteggiare l’emergenza Covid-19, in www.cameradeideputati.it. 20 In generale, A. Buratti, P. Feltrin, Il lavoro autonomo professionale. Le trasformazioni in crisi e le sfide future, Rapporto Cnel 2020, p. 171 ss. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
APPALTI E TUTELA DEI LAVORATORI 13 appartenenti al cd. ceto medio.21 La povertà assoluta (familiare) è cresciuta fino al 7,7% e quella individuale al 9,4%: si tratta di oltre 5 milioni di persone. Il divario fra questi due dati della povertà sembra indicare un ruolo compensativo della famiglia, ancora rilevante, ma esso stesso messo in pericolo dalla crisi. 22 Nonostante l’ampliamento dei requisiti di accesso stabilito nel corso della pandemia per il Reddito di emergenza rispetto al reddito di cittadinanza, la sua tutela copre in modo diseguale le famiglie numerose e discrimina fortemente gli immigrati. L’esperienza degli ultimi mesi conferma dunque la necessità di andare oltre le misure di emergenza, ma segnala anche la possibilità di trarre indicazione dei limiti manifestati da queste misure. Una indicazione fondamentale della ricerca conferma l’urgenza di rivedere l’impostazione complessiva del nostro welfare, per andare oltre l’assetto ricevuto dal passato, che è di tipo lavoristico-categoriale, per procedere nella direzione di un sistema di protezione e di promozione sociale universalistico.23 Sottolineo protezione e promozione, perché compito delle politiche pubbliche non è solo di proteggere le persone dai rischi, ma anche di promuovere le loro capacità umane con misure di welfare attivo, a cominciare dalla formazione nel corso della vita. Questa è una impostazione già seguita in altri paesi e avviata anche da noi per alcuni istituti, come da ultimo per gli ammortizzatori sociali. Essa va estesa alla generalità degli istituti di welfare, con i dovuti aggiustamenti, per adeguarli ai caratteri dei singoli interventi e alle condizioni dei beneficiari. 21 M. Raitano, Reddito di cittadinanza e reddito di emergenza. Problemi aperti, Rapporto Cnel 2020, p. 117 ss.; M. Baldini, Come cambia il reddito di cittadinanza, www.lavoceinfo.it, 12 nov. 2021; L. Corazza, La condizionalità “relazionale”: reddito di cittadinanza, mercato del lavoro, esclusione sociale, DRI, 2022, p. 174 ss. 22 Vedi, in generale, la Relazione del Gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà in Italia, presieduta da Andrea Garnero, presentata il 18 gennaio 2022, in www.lavoro.gov.it; v. il numero di Lavoro Diritti Europa, I/2022, La povertà nonostante il lavoro, con interventi di M. Brollo, P. Lambertucci, C. Zoli, A. Bellavista, L. Calafà, C. Alessi, O. Razzolini, R. Santucci. 23 Il tema è analizzato da tempo anche nel dibattito internazionale: ILO, Report for the global Commission on the future of work, 2018, www.ILO.org; B. Caruso, R. Del Punta, T. Treu, Manifesto per un futuro del lavoro sostenibile, WP M. D’Antona, 2020, in part. cap. IX, Oltre il welfare lavoristico; G. Toniolo, Welfare State: il futuro è nel ritorno a Beveridge, www.lavoceinfo.it, 3.6. 2021; F. Marhold, New forms of labor: new Solidarities?, in (G. Casale, T. Treu, eds.), Transformations of Work, Challenges for the Institutions and Social Actors, Wolters Kluwer, 2019, p. 49 ss.; T. Treu, Transformations of Work. Challenges to national System of labour law and Social Security, in Transformations of work, p.11 ss. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
14 TIZIANO TREU Va sottolineato che universalismo nel welfare non significa applicare a tutti le medesime misure, perché non tenere conto delle diverse condizioni oggettive e soggettive comporterebbe un altro tipo di ingiustizia. Per questo le pratiche migliori di riforma adottate in Europa introducono forme di “universalismo selettivo”. Si tratta di una formula sintetica la cui applicazione richiede di ricercare un difficile equilibrio fra la esigenza di garantire garanzie e diritti di base comuni a tutte le persone per i loro bisogni fondamentali, e di prevedere nel contempo misure di tutela e di sostegno diverse in grado di rispondere a condizioni personali e oggettive differenziate.24 La ricerca di questo equilibrio costituisce uno dei compiti principali che ci aspetta nel futuro, se vogliamo costruire un sistema di welfare in grado di contrastare le diseguaglianze e di promuovere una eguaglianza di opportunità per tutte le persone. 7. Le innovazioni necessarie nelle relazioni industriali Le indicazioni qui presentate sui contenuti di un patto sociale all’altezza delle sfide presenti assegnano alla contrattazione collettiva e agli strumenti partecipativi delle relazioni industriali compiti di grande rilievo in aree decisive per una “gestione giusta” delle transizioni future e per la crescita economica e sociale del nostro paese: dal contributo alla implementazione delle politiche di sviluppo sostenibile indicate dal PNRR, al coinvolgimento nella definizione e nel sostegno delle principali misure di politica industriale e occupazionale, alla partecipazione e gestione diretta delle politiche attive e nella formazione professionale continua. Questo richiede alle parti sociali, in particolare al sindacato, di interrogarsi sulle innovazioni da introdurre negli orientamenti della contrattazione e sulla necessità di integrare le attività e gli istituti contrattuali con forme di partecipazione in questi nuovi ambiti tematici. La questione è da tempo nell’agenda delle maggiori organizzazioni sindacali, anche nella prospettiva del patto sociale. Qui mi concentro su alcuni punti che mi sembrano particolarmente rilevanti e critici: sul sistema di regole che dovrebbe governare la contrattazione e che in Italia è ancora gravemente carente; sul ruolo della contrattazione nella garanzia dei salari minimi e in generale delle dinamiche salariali; sulle nuove forme di partecipazione nella fabbrica e nella economia digitale. 24 V. A. Perulli, T. Treu, “In tutte le sue forme e applicazioni”: per un nuovo Statuto del lavoro, in corso di pubblicazione. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
APPALTI E TUTELA DEI LAVORATORI 15 8. Regole certe sulla rappresentatività delle parti sociali L’efficacia della regolazione è da sempre una condizione importante per la tenuta dei sistemi di relazioni industriali. Lo è tanto più in periodi come l’attuale in cui gli equilibri di questi sistemi sono stati alterati dalle trasformazioni del contesto globale economico e sociale, in senso non favorevole alle forme di attività collettiva su cui poggiano le relazioni industriali. L’Italia è rimasto l’unico grande paese con un sistema a bassa regolazione. Per molti anni, in assenza di regole legali, le relazioni industriali sono state tenute insieme da una forma di autoregolamentazione, via via perfezionato nel tempo con una serie di accordi interconfederali. Tale sistema di regole ha funzionato abbastanza bene fino a tempi recenti in quanto sostenuto da un mutuo riconoscimento fra le maggiori organizzazioni delle due parti, oltre che da un contesto di relativa stabilità economica. Ma in tempi più recenti è stato messo in crisi da fattori strutturali quali le pressioni della competizione globale, la volatilità dei mercati, la frammentazione dei lavori. Questi fattori hanno indebolito le relazioni industriali in tutti I paesi avanzati e hanno aggravato la debolezza intrinseca di una regolazione solo privatistica, e quindi provvista di efficacia vincolante solo per i soggetti che la accettano. 25 La divisione e frammentazione attuale, non solo delle organizzazioni sindacali ma ora ancor più di quelle imprenditoriali, hanno accentuato i limiti di questa efficacia, come mostra il crescente numero di contratti pirata conclusi “al ribasso” al di fuori delle confederazioni più rappresentative. Questa situazione ha rafforzata la convinzione, degli esperti, e anche di parti sociali tradizionalmente contrarie a una legislazione in materia sindacale, che un intervento legislativo di sostegno, sia pure leggero, è necessario per rafforzare la tenuta delle regole concordate e in definitiva del sistema. Il contrasto alla contrattazione “pirata” presuppone in primis una identificazione della consistenza rappresentativa di entrambe le organizzazioni stipulanti, attraverso la definizione di criteri certi di misura. 25 Riprendo qui in sintesi temi che ho sviluppato più ampiamente altrove, v. T. Treu, Regole e procedure nelle relazioni industriali: retaggi storici e criticità da affrontare, WP C.S.D.L.E. “Massimo D'Antona”, IT, 396/2019; T. Treu, La questione salariale. Legislazione sui minimi e contrattazione collettiva, in WP M. D’Antona, 386/2019, e da ultimo, ID, Direttiva europea sul salario minimo in Italia, DRI, 2, 2020. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
16 TIZIANO TREU Come è noto, questo primo passo necessario per rafforzare il sistema contrattuale, è stato compiuto (solo in parte) per il versante sindacale, dove le regole del TU del 2014 richiedono peraltro di essere completamente operative. Viceversa non è ancora stato fatto per la definizione dei criteri di rappresentatività delle organizzazioni datoriali, nonostante i tentativi compiuti anche da parte mia al Cnel. Inoltre, una volta concordati i criteri di rappresentatività di entrambe le parti, questi criteri devono essere rafforzati e presidiati per evitare che vengano disattesi da organizzazioni dissidenti, in primis quelle interessate a negoziare fuori delle regole e al ribasso. 26 La efficacia di queste regole può imporsi per forza propria nei settori dove le organizzazioni delle parti stipulanti sono sufficientemente consolidiate per farle rispettare da tutti; ma non altrettanto in aree dove le regole e le organizzazioni che le hanno stipulate sono contestate da organizzazioni diverse che sfruttano la loro posizione specifica per negoziare termini diversi spesso al ribasso.27 In questi casi non vedo altro modo se non quello di attribuire a tali regole un valore generale con una legislazione di sostegno. La certezza della rappresentatività delle parti non esaurisce i problemi e le difficolta delle relazioni industriali attuali, ma è un requisito essenziale per la stabilità del sistema contrattuale, come testimonia la esperienza di tutti i paesi che riconoscono e praticano la contrattazione collettiva. 9. Garantire minimi salariali adeguati: la via contrattuale Questa certezza è un presupposto anche per affrontare e risolvere sia il problema dei contratti pirata, sia quello della garanzia dei minimi salariali. La direttiva europea sui minimi salariali, che è prossima alla approvazione, ammette, come è noto, due strade per stabilire livelli retributivi “adeguati” (questo è opportunamente il termine utilizzato). Mentre dà atto che la maggior parte dei paesi europei ha adottato la via legislativa, riconosce che altri ordinamenti, fra cui quello italiano, e quelli dei paesi nordici, hanno storicamente preferito utilizzare a tale fine la contrattazione collettiva e intendono continuare a seguire questa via. La direttiva prevede però che affinché la contrattazione collettiva possa essere ritenuta adeguata all’obiettivo di garantire effettivamente salari 26 A. Garnero, C. Lucifora, L’erosione della contrattazione collettiva in Italia e il dibattito sul salario minimo legale, DLRI, 2, 2020. 27 Cfr. per indicazioni più recenti l’archivio nazionale dei contratti collettivi del lavoro, edizione aggiornata a fine 2021, in Rapporto del lavoro, Cnel, 2021, p. 379 ss. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
APPALTI E TUTELA DEI LAVORATORI 17 adeguati ai bisogni dei lavoratori deve dimostrare di esprimere la sua efficacia nei confronti di almeno il 70% dei lavoratori delle singole categorie La Commissione non specifica con quali strumenti tale tasso di copertura. dovrebbe essere garantito, limitandosi a sollecitare gli Stati a definire un quadro di condizioni favorevoli alla contrattazione; mentre la confederazione europea dei sindacati (CES) ha avanzato in fase di consultazione la richiesta che sia necessario prevedere forme di estensione per via amministrativa o legale dei contratti collettivi. La estensione erga omnes dei contratti, o almeno dei livelli retributivi base, è in effetti la sola soluzione che garantisce la capacità del sistema contrattuale di fornire una garanzia dei minimi salariali equivalente a quella offerta dai minimi legali. La soglia del 70% di copertura contrattuale indicata dalla Commissione non realizza lo stesso risultato; ma è stata fissata, con evidente compromesso, in base alla ipotesi che una simile diffusione permetta comunque alla contrattazione di esercitare una influenza generale di innalzamento dei salari minimi. La proposta di direttiva europea così formulata apre la possibilità per il nostro paese di affrontare il problema della garanzia dei minimi salariali secondo una prospettiva nuova. Che il problema sia urgente è divenuto sempre più chiaro a fronte della crescita del fenomeno dei working poors, che hanno superato la cifra del 12%, fra le più alte di Europa.28 Se le maggiori organizzazioni rappresentative italiane mantengono la contrarietà alla introduzione di un salario minimo legale, dovrebbero dare seguito all’altro percorso, quello contrattuale, indicato dalla direttiva europea. Le iniziative da intraprendere sono duplici. Anzitutto dovrebbero sollecitare il governo a intraprendere azioni atte a creare, come richiama la Commissione, “un quadro di condizioni favorevoli alla contrattazione collettiva”. Ciò significa ricercare gli strumenti per una nuova legislazione di sostegno, innovativi rispetto a quelli dello Statuto dei lavoratori, perché devono rimediare a debolezze degli attori collettivi diverse da quelle del 1970. Si tratta di una ricerca appena avviata, e che deve orientarsi in più direzioni. Il rafforzamento e la estensione dei diritti dei lavoratori, con la sanzione di una base comune di tutele per ogni forma di lavoro, sono ancora una parte essenziale della legislazione di sostegno anche del sindacato. Ma resta da riscrivere la parte sindacale della normativa, sia precisando le regole fondamentali del sistema sia promuovendo condizioni 28 Vedi già C. Lucifora, Working poor. Un’analisi dei lavoratori a basso reddito, dopo la crisi, in Rapporto Cnel, 2014.; ID, Il salario minimo: contrattazione o minimo legale?, in Salari, produttività, diseguaglianze, C. Dell’Aringa, C. Lucifora, T. Treu (a cura), Mulino, 2017, p. 401 ss. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
18 TIZIANO TREU di contesto economiche e sociali favorevoli, non ostative quali sono spesso oggi prevalenti, all’attività sindacale e alla piena espressione della voce di lavoratori nell’ arena sociale e politica. Più specificamente, per seguire le indicazioni europee privilegiando la via contrattuale è necessario rafforzare la contrattazione collettiva prevedendo meccanismi legali che prendano a riferimento i minimi tabellari (nei termini da definire in dettaglio) previsti dai contratti collettivi nazionali firmati dalle parti rappresentative. Questa è una ipotesi discussa e avanzata ora dal Ministero del lavoro. L’ ipotesi è diversa da quella di una estensione erga omnes di tutta la parte salariale dei contratti nazionali fatta propria dalle maggiori confederazioni rappresentative nei loro accordi più recenti (in particolare il cd. Patto della fabbrica del 2018). Una condizione essenziale per procedere nella direzione indicata dalle confederazioni è – come ho detto sopra - di acquisire criteri univoci ed effettivi di rappresentatività di ambedue le parti negoziali. Rilevo che questa è una condizione necessaria ma non sufficiente per dare seguito a una estensione erga omnes della parte salariale dei contratti, perché altre questioni delicate restano da risolvere, a cominciare dalla definizione degli ambiti entro i quali attribuire la efficacia generale dei contratti nazionali di categoria. 29 La soluzione autonomistica da sempre sostenuta dalle parti e dalla dottrina, secondo cui la perimetrazione degli ambiti negoziali è affidata ai contraenti, è stata messa in crisi dai fattori di destrutturazione del sistema che hanno oscurato le tradizionali divisioni delle categorie merceologiche e dalla frammentazione degli attori negoziali, che è particolarmente accentuata dalla parte dei datori di lavoro, come testimoniano i dati dell’archivio del Cnel. Questi due fattori hanno alterato in profondità la geografia tradizionale dei perimetri e indebolito la capacità delle parti contraenti di individuarli in modo univoco. In conseguenza si sono moltiplicati i casi di sovrapposizione e di contrasto fra ambiti contrattuali definiti in sede contrattuale, non solo da parte di contraenti rivali delle organizzazioni storiche di entrambe le parti, ma talora anche da organizzazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative. Tale concorrenza regolativa, presente all’interno degli stessi attori accreditati del sistema, sta indebolendo la tenuta dei confini fra categoria, specie nei settori più investiti dalle innovazioni tecnologiche o dalla competizione di prezzo fra diversi assetti salariali. 29 S. Ciucciovino, Fisiologia e patologia del pluralismo contrattuale tra categoria sindacale e perimetri settoriali, in Lav. Dir., 2020. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
APPALTI E TUTELA DEI LAVORATORI 19 Al riguardo è significativo che il patto del 2018 prospetta la possibilità delle confederazioni di “intervenire sugli ambiti di applicazione della contrattazione collettiva di categoria, anche al fine di garantire una più stretta correlazione fra CCNL applicato e reale attività di impresa”. Senonché l’impegno delle parti di “assicurare il rispetto dei perimetri della contrattazione collettiva e dei suoi contenuti “impedendo ai soggetti non rappresentativi di forzare arbitrariamente tali perimetri, è “un’affermazione di tipo ottativo: esprime un desiderio, in questo caso irreale”.30 Paesi vicini come la Germania che, nonostante la tradizionale solidità dei loro sistemi, hanno sperimentato sconvolgimenti delle tradizionali categorie economiche simili ai nostri, hanno dovuto progressivamente prendere atto della insufficienza delle soluzioni autonomistiche e quindi della necessità di interventi eteronomi (prima arbitrali poi normativi) per risolvere i conflitti giurisdizionali di regolazione dei confini fra contratti. 31 Una strada simile va percorsa anche nel nostro paese se si vuole dare effettività all’ auspicio formulato dal patto della fabbrica. Il suggerimento delle parti di affidare al Cnel (peraltro privo di poteri al riguardo) il compito di risolvere eventuali conflitti sui perimetri contrattuali è caduto nel vuoto, a conferma della fragilità dell’auspicio. 10. Sostegno legislativo alla contrattazione nei settori scoperti Per tornare alle indicazioni della direttiva europea richiamo l’attenzione su un ulteriore aspetto rilevante, non sempre considerato, cioè sul fatto che il riferimento al tasso medio di copertura dei contratti nazionali per valutare la idoneità del sistema non è sufficiente e può essere fuorviante. Su questo punto è pertinente il riferimento della proposta al “livello settoriale o intersettoriale” dei contratti nazionali, perché la copertura dei contratti nei singoli settori può essere alquanto diseguale e non arrivare sempre alla soglia del 70%. Sulla diffusione e sulla copertura dei contratti nazionali non esistono in Italia indicazioni complete, perché i nostri sistemi di rilevazione non sono ancora a regime. Ma le informazioni già disponibili confermano la esistenza di non poche disparità. Dall’archivio dei contratti presenti al Cnel si rileva che il tasso di copertura dei contratti stipulati dalle organizzazioni più rappresentative nei principali settori è in effetti superiore alla soglia indicata dalla proposta di 30 Cfr. da ultimo, F. Di Noia, Rappresentatività e contratti, in corso di pubblicazione. 31 T. Treu, La questione salariale: legislazione sui minimi e contrattazione collettiva, WP CSDLE M. D’Antona, IT, 386/2019, p. 10 ss. WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .IT – 455/2022
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