OLTRE LE PAROLE: COMPRENDERE IL MUTISMO SELETTIVO - Giuliano Cuoghi Psicologo Psicoterapeuta - dd castel maggiore

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OLTRE LE PAROLE: COMPRENDERE IL MUTISMO SELETTIVO - Giuliano Cuoghi Psicologo Psicoterapeuta - dd castel maggiore
OLTRE LE PAROLE:
COMPRENDERE IL MUTISMO SELETTIVO
                           Giuliano Cuoghi
                          Psicologo Psicoterapeuta

               Centro Terapia Cognitiva di Bologna (www.ctc.bo.it)
    Docente presso la Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva (www.sbpc.it)
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Un po’ di storia…

1877: “afasia volontaria” (Kussmal)

1934: “mutismo elettivo” (Tramer)

1980: “persistente rifiuto di parlare” (DSM-III)

1983: “mutismo selettivo” (Hasselman)

1994: “costante incapacità di parlare” (DSM-IV)
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Il bambino con Mutismo Selettivo non è che
            non vuole parlare…

      …è che proprio non ci riesce !!!
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Il Mutismo Selettivo è inserito tra i
         Disturbi d’Ansia
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Criteri diagnostici secondo il DSM-V (2013)

A. costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta
   che si parli (per esempio a scuola), nonostante si sia in grado di parlare in altre
   situazioni;

B. la condizione interferisce con i risultati scolastici e con la comunicazione
   sociale;

C. la durata della condizione è di almeno 1 mese (non limitato al primo mese di
   scuola);

D. l’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce la lingua, o non
   si è a proprio agio con il tipo di linguaggio richiesto dalla situazione sociale;

E. la condizione non è meglio spiegata da un disturbo della comunicazione e
   non si manifesta esclusivamente durante il decorso di disturbi dello spettro
   autistico, schizofrenia o altri disturbi psicotici.
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Caratteristiche associate

eccessiva timidezza, imbarazzo sociale, isolamento,
clinging —> ansia sociale

negativismo

ansia da prestazione e perfezionismo

accessi di collera e comportamenti oppositivi

difficoltà scolastiche

occasionalmente, disturbi della comunicazione
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“Il silenzio non è assenza ma presenza”
Epidemiologia e decorso

La prevalenza del disturbo è di circa 7 bambini su 1000.

Il 60% circa sono di sesso femminile.

L’età di insorgenza si colloca tipicamente tra i 3 e i 6 anni di età,
anche se il disturbo è più spesso individuato e riconosciuto in età
scolare (tra i 6 e gli 8 anni).

La prognosi è variabile: il disturbo può persistere per alcuni mesi
oppure cronicizzarsi, continuando per diversi anni. Può evolvere
in un Disturbo da Ansia Sociale.
Quali sono le cause del Mutismo Selettivo?
                                           FATTORI PREDISPONENTI
-   vulnerabilità all’ansia, timidezza, ipersensibilità;
-   storia familiare di timidezza, ansia, o mutismo selettivo;
-   scarsa socializzazione della famiglia;
-   difficoltà di linguaggio;
-   bilinguismo (specialmente quando connesso a una situazione di isolamento sociale).

                                                     TRIGGERS
-   ingresso alla scuola materna/primaria;
-   trasferimenti e traslochi;
-   reazioni negative alle parole del bambino (ad es. prese in giro, urla, risate).

                                          FATTORI DI MANTENIMENTO
-   diagnosi errata o tardiva;
-   isolamento sociale della famiglia;
-   contesto familiare caratterizzato da dipendenza, iper-protettività e iper-sostegno;
-   innalzamento dei livelli d’ansia nel bambino, attraverso un clima di pressione e colpevolizzazione;
-   abilità nel comunicare attraverso messaggi non-verbali;
-   sfiducia nella possibilità di superare il disturbo.
…e il trauma?
Situazioni difficili per il bambino con MS

 la scuola…

 parlare al telefono

 parlare del Mutismo Selettivo, anche in famiglia

 feste e ricorrenze in cui si incontrano persone che possono fare domande

 domande sul sintomo (“Oggi a scuola hai parlato?”)

 incontri inattesi con conoscenti

 negozi

 ascensore

 momenti di separazione dal genitore

 attività extra-scolastiche (soprattutto se l’adulto di riferimento non viene
 avvisato del disturbo)
I modelli esplicativi del MS (I)

                  Percezione di pericolo nelle situazioni sociali
                (paura per la realtà sociale esterna, non familiare)

Attivazione del sistema neurovegetativo (ad es. postura rigida, volto inespressivo)

 Inibizione comportamentale: il “congelamento” della produzione verbale è una
   reazione istintiva, una strategia di difesa di fronte all’incapacità percepita di
                         affrontare le richieste ambientali
I modelli esplicativi del MS (II)
           Expectation of speech

                  Anxiety

Relief          Avoidance

 Negative reinforcement
LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO
      DI JOHN BOWLBY
Gli studi etologici ci dimostrano che:

l’attaccamento è un legame predeterminato
predisposto a svilupparsi spontaneamente (ovviamente
ogniqualvolta le condizioni lo permettano);
il bisogno di vicinanza affettiva è importante tanto
quanto l’alimentazione.
Il sistema motivazionale dell’attaccamento

     Quando ti trovi in difficoltà - per stanchezza,
     paura, dolore, etc. - mantieniti vicino o ripristina
     la vicinanza ad un membro conosciuto del tuo
     gruppo sociale che ti appaia più forte o più saggio

i comportamenti di attaccamento dunque non sono sempre
visibili, ma sono evidenti in momenti di stress, paura e disagio.
La teoria dell’attaccamento viene assunta come trama
concettuale di riferimento per comprendere lo sviluppo
infantile all’interno di una dinamica continua tra bisogno
di dipendenza e bisogno di autonomia (esplorazione).
ATTACCAMENTO       ESPLORAZIONE

EQUILIBRIO —> ATTACCAMENTO SICURO
Il concetto di BASE SICURA e PORTO SICURO

 …”fornire una base sicura da cui il bambino possa
 partire per affacciarsi al mondo esterno e un porto
 sicuro a cui possa ritornare sapendo che sarà il
 benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo,
 confortato se triste, rassicurato se spaventato […]
 consiste nell’essere disponibili, pronti a rispondere
 quando chiamati in causa, per incoraggiare o dare
 assistenza, ma intervenendo attivamente solo quando è
 chiaramente necessario”.
                                           John Bowlby
La valutazione dell’attaccamento

     (Mary Ainsworth e Patricia Crittenden, 1980)
(grazie a Davide Osenda per le illustrazioni)
Modalità di chiusura evitante

Il bambino si comporta come se la tendenza fosse quella di non
influenzare il campo intersoggettivo circostante, non perturbarlo,
per non esporsi alle relazioni ritenute minacciose. Le emozioni
prevalenti sottese all’ansia sono la paura e la vergogna.

      il silenzio può svolgere la funzione di controllo del Sè
                   (autosufficienza/compiacenza)
Modalità di chiusura coercitiva
Il bambino suscita nell’adulto risposte prevedibili che soddisfano i
suoi bisogni. Le emozioni prevalenti sottese all’ansia sono la
paura (modalità passiva: atteggiamenti disarming, richieste
implicite di conforto, etc.) e la rabbia (modalità attiva:
atteggiamenti oppositivi, proteste, etc.).

 il silenzio può svolgere la funzione di controllo della relazione e
                      dell’ambiente circostante
“Il mutismo è una forma di controllo, che non deve essere inteso
in maniera intenzionale o vendicativa, ma come manifestazione di
uno stato d’ansia e della difficoltà a gestire le proprie
emozioni” (Elisa Shipon-Blum, 2010)
Rezzonico, Iacchia et al. (2018) propongono la definizione clinica
di “chiusura espressiva” o “mutismo situazionale”: “si passa dal
concetto di “selettività”, che orienta l’attenzione alla persona in
riferimento alle proprie azioni e vede i contesti come contenitori
passivi, al concetto di “situazionalità”, che sposta il focus della
riflessione clinica sulla situazione entro cui compare il sintomo,
intesa come insieme complesso di relazioni e significati che lo
mantengono e amplificano. Il mutismo passa dall’essere visto
come una caratteristica prevalentemente individuale a
caratteristica relazionale, che comprende le modalità con cui la
persona si è costruita il proprio modello di interazione sociale.
Tutto quello che non dobbiamo fare…!
LA PSICOTERAPIA DEL BAMBINO CON MS

            “…sognando gli altri come ora non sono:
            ciascuno cresce solo se sognato”
                                            Danilo Dolci
“Ti accetto esattamente così come sei: io so che tu sai parlare, e credo che presto tu
sarai in grado di farlo ovunque”: la legittimazione dei meccanismi di auto-protezione
del bambino e il ruolo delle (nostre!) aspettative

Il “terapeuta imperfetto” e la self-disclosure

Assessment: analisi storica e funzionale del sintomo

Il set di “regole interne” del bambino: quali sono i criteri interni della selettività?

Visione “tutto-o-nulla” del disturbo

Abbassare il livello di ansia: l’alfabetizzazione emotiva e le tecniche CBT

Esposizione graduale: piccoli passi…grande pazienza!

Sistemi Motivazionali Interpersonali (SMI) cooperativo ed esplorativo —>

L’approccio multi-situazionale: il coinvolgimento di genitori e insegnanti

Arteterapia, musicoterapia, psicomotricità, etc.

Trattamento farmacologico?
IL LAVORO CON I GENITORI

     “Lavorare con un bambino in difficoltà significa
     lavorare con una madre [con due genitori] in difficoltà”
                                                 John Bowlby
“Noi non vediamo le cose come sono: noi vediamo
le cose come siamo”
                                       Anaïs Nin
La “musica dello squalo”
(Powell, Cooper, Hoffman e Marvin, 2014)

                      Quando si attiva la musica dello
                      squalo, noi veniamo “deviati
                      dall’amigdala” (Goleman, 1995),
                      e - in preda al nostro stato
                      mentale - perdiamo di vista il
                      bambino.
La “colonna sonora” che sentiamo dentro di noi determina
 quali bisogni del bambino vengono percepiti come sicuri e
 quali come pericolosi.

Modelli Operativi Interni (MOI) e memoria procedurale (implicita)
Le modalità di parenting osservabili nel genitore sono frutto della
sua storia evolutiva, che si esprime nell’attuale in un particolare
stato mentale, caratterizzato da livelli più o meno buoni di
integrazione del sé, di mentalizzazione in prima e in terza
persona e quindi di mind-mindedness (o insightfulness), cioè di
orientamento alla mente del proprio figlio”.

                                      (Lambruschi e Lionetti, 2015)
Mind-mindedness (Meins, 1997)
Insightfulness (Oppenheim, 2002)
Le schede ABC
(analisi funzionale)
(mentalizzazione in terza persona)
(mentalizzazione in prima persona)
IL MUTISMO SELETTIVO A SCUOLA
“Non ci sono motivi filosofici, scientifici o morali perché
la scuola debba diventare un luogo di sofferenza”

                                               Pierre Vayer
L’insegnante come “co-terapeuta”

   La costruzione di un team
        “mentalizzante”
La priorità è creare una relazione “rilassata”
     tra bambino e contesto scolastico
   (insegnanti e compagni): lo scopo che
      dobbiamo porci è questo, non la
               verbalizzazione!

Se il clima cambia in senso tranquillizzante e
      coinvolgente, l’apertura e la parola
                  arrivano…

            —> diamo l’esempio!
Le difficoltà del bambino con MS a scuola

      l’inserimento
      l’ingresso del mattino
      il “circle time”
      la ricreazione
      la valutazione dell’apprendimento
      l’educazione motoria
      le esibizioni in pubblico (recite, saggi, etc.)
      l’ingresso di nuove figure in classe
Qualche consiglio agli insegnanti (1)
qual é il set di “regole interne” del bambino? Mettiamoci in una
posizione “osservativa” e sospendiamo l’azione.
impariamo a vedere quel che c’è e non quel che manca: non
focalizziamoci solamente sulla parola e non facciamo sentire le nostre
aspettative al bambino;
facciamo il possibile per far sentire il bambino a suo agio e rilassato:
l’obiettivo è ridurre l’ansia;
non mostriamo eccessivo entusiasmo per qualunque verbalizzazione
dovesse verificarsi: comportiamoci come se nulla fosse accaduto, e
normalizziamo anche le eventuali reazioni dei compagni;
evitiamo il ricorso a punizioni, ricatti, inganni o premi pur di far
parlare il bambino;
ridurre il più possibile il contatto visivo con il bambino permette di
diminuire sia la sua ansia, sia la sensazione di essere sotto pressione;
Qualche consiglio agli insegnanti (2)
aiutiamo il bambino dando risposte opportune a chi gli chiede
“Perchè non parli?”: “Francesco sa parlare benissimo, ma in certe
occasioni le parole gli si incastrano in gola”;
diamo la possibilità al bambino di esprimersi anche non verbalmente
(ad es. coi gesti, o attraverso un sistema di carte con parole e
immagini), senza sostituirci a lui nel dare risposte;
diamo spazio alla creatività e a forme di comunicazione alternativa:
disegno, pittura, musica, teatro…
cerchiamo di aumentare l’autostima del bambino attraverso attività
mirate (ad es. piccoli compiti e incarichi di fiducia che facciano sentire
il bambino capace);
favoriamo l’interazione sociale con i pari, (inizialmente privilegiando
attività in coppia o in piccolo gruppo);
incentiviamo l’esplorazione e l’autonomia;
Valutare la capacità di comunicazione del bambino:
la scala di comunicazione SM-SCCS (Shipon-Blum, 2010)
LIVELLO 0
Assenza di comunicazione (verbale e non verbale) del bambino:
    non reagisce, non prende iniziative;
    resta immobile, senza espressione, irrigidito.
LIVELLO 1
Comunicazione non verbale del bambino:
    1A, risponde indicando con il dito, o annuendo con la testa, con gesti o scrivendo;
    1B, prende l’iniziativa (attira l’attenzione di un’altra persona puntando, indicando, alzando la
    mano, picchiettando sulla spalla di qualcuno, o porgendo una nota scritta, etc.)
Per passare dal livello 1 al livello 2 è necessario un intermediario verbale (mediatore).
LIVELLO 2
Comunicazione verbale del bambino.
    2A, reagisce producendo suoni come mugugni, linguaggio infantile, versi di animali, gemiti,
    sussurri, parole;
    2B, inizia lo scambio attirando l’attenzione di un’altra persona producendo un suono qualsiasi.
Programma di introduzione progressiva
                  della parola a scuola
          (associazione “Ouvrir La Voix”, 2009)

A. Abituare il bambino a parlare a scuola per mezzo di un
   intermediario verbale (solitamente, un genitore);
B. Non appena il bambino parla, ed è a suo agio a scuola con il
   genitore, si può iniziare a introdurre altre persone, “trasferendo”
   la parola ad altre persone diverse dal genitore (compagni,
   insegnanti, etc.);
C. Allontanamento progressivo del genitore, affinché il bambino
   possa relazionarsi autonomamente a scuola.
Programma di introduzione progressiva
                della parola a scuola:
                        le 4 fasi

1. Introduzione della parola all’interno del contesto scolastico;
2. Introduzione progressiva dei compagni di classe;
                                                        (anche in parallelo)
3. Introduzione progressiva dell’insegnante;
4. Presenza in contemporanea dei compagni e dell’insegnante.
È importante offrire al bambino delle
 occasioni regolari in cui frequentare i suoi
compagni di classe, per esempio a casa sua o
                 al parco…
             …e gli insegnanti?
1.                       Il bambino parla in casa, ma non a scuola. A
                                             scuola sembra molto in ansia, e a volte rifiuta di
       Mutismo assoluto a scuola.            andarci.

                                             Il bambino parla in casa, ma non a scuola. Inizia
                    2.                       a rilassarsi e a partecipare - non verbalmente -
  Partecipazione non verbale rilassata.      alle attività scolastiche. Parla della scuola in
                                             maniera positiva.

                                             Il bambino parla a scuola quando si trova
                    3.                       completamente da solo con un genitore, in un
                                             luogo in cui i compagni e gli insegnanti non
Il bambino parla ad un genitore a scuola.    possono né vederlo né sentirlo (spesso
                                             bisbigliando).

                    4.                       Il bambino parla a scuola con un genitore, e i
Il bambino parla e i suoi coetanei possono   compagni possono vederlo - ma non sentirlo -
          vederlo mentre parla.              in quanto egli bisbiglia.

                    5.                       Il bambino parla normalmente a scuola con un
                                             genitore. Gli altri bambini possono vederlo e
Il bambino parla e i suoi coetanei possono   ascoltarlo. Il bambino non parla direttamente ai
                 sentirlo.                   compagni e all’insegnante.
6.                         Il bambino parla a un genitore, che riporta il
                                                 messaggio a un compagno che si trova vicino a
Il bambino parla a un suo compagno tramite il    lui. Il compagno può eventualmente ascoltare e
                   genitore.                     rispondere direttamente al bambino.

                      7.                         Il bambino parla a scuola con un compagno,
                                                 spesso durante l’intervallo. Non parla con gli
     Il bambino parla ad un compagno.            insegnanti.

                      8.                         Il bambino parla a scuola con diversi compagni,
Il bambino parla a diversi compagni di classe.   ma non con gli insegnanti.

                      9.                         Il bambino inizia a parlare con un insegnante,
     Il bambino parla con un insegnante.         oltre che con diversi compagni.

                     10.                         Il bambino parla con la maggior parte degli
                                                 adulti e dei compagni; la conversazione ha un
             Discorso normale.                   tono normale.
Esempi di attività: passo dopo passo…
far rumore con uno strumento musicale o un oggetto;

far rumore con il proprio corpo (ad es. battere le mani);

far rumore con la bocca ma senza vocalizzare (ad es. soffiare, schioccare la lingua, sbadigliare);

riprodurre versi di animali;

riprodurre suoni di oggetti;

riprodurre una lettera (ad es. la “A”) impiegando le labbra ma non la voce, poi la voce ma non le labbra;

riprodurre una lettera con voce e labbra;

pronunciare le vocali o le sillabe;

rispondere “sì” o “no”;

contare insieme;

contare a turno, alternati;

leggere insieme una parola;

rispondere a domande facilissime (ad es. “Quanti anni hai?”, oppure “Quanto fa 2+2?”).
LETTURE CONSIGLIATE

Associazione Italiana Mutismo Selettivo - A.I.Mu.Se
                   www.aimuse.it
Non si vede bene che con il cuore:
l’essenziale è invisibile agli occhi
      (Antoine de Saint-Exupéry)
GRAZIE PER L’ATTENZIONE

giuliano.cuoghi@gmail.com
Tel. 349 6046678
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