Oltre i sistemi locali del lavoro - Antonio G. Calafati e Fabiano Compagnucci
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In: Economia Marche, 2005, n. 1. Oltre i sistemi locali del lavoro Antonio G. Calafati e Fabiano Compagnucci* 1. Introduzione In questo lavoro viene condotta un’analisi critica dei risultati del calcolo sperimentale con il quale sono stati identificati i “sistemi locali del lavoro” (ISTAT, 1997). Si tratta di un calcolo sperimentale che ha generato una rappresentazione del territorio italiano ampiamente utilizzata dagli economisti a fini analitici1 . Recentemente, anche organismi internazionali hanno assunto tale rappresentazione come riferimento per l’interpretazione delle traiettorie di sviluppo locale in Italia (OECD, 2001). Nonostante la rileva nza del tema, fino ad oggi non sembrano essere state effettuate analisi critiche degli esiti del calcolo sperimentale che ha condotto alla identificazione dei sistemi locali del lavoro. Tale analisi critica, benché preliminare, è invece l’obiettivo della presente ricerca. Poiché il resoconto fornito dall’ISTAT non permette una replica della procedura di identificazione dei sistemi locali del lavoro – e non permette neanche un’analisi della struttura dell’algoritmo –, nelle pagine che seguono l’analisi viene condotta da una prospettiva induttiva, esaminando direttamente i caratteri di un certo numero di sistemi locali del lavoro tra quelli individuati nella Regione Marche. * Gli autori ringraziano Pietro Alessandrini, Francesco Chelli, Francesca Mazzoni e un anonimo lettore per i puntuali commenti ad una precedente versione del lavoro. I paragrafi 2, 3 e 6 sono da attribuire ad Antonio G. Calafati, mentre i paragrafi 4 e 5 sono da attribuire a Fabiano Compagnucci. Una versione preliminare del lavoro è stata presentata alla XXIV Conferenza Nazionale dell’AISRe (Perugia, ottobre 2003). 1 La letteratura sullo sviluppo locale che assume come punto di partenza i “sistemi locali del lavoro” così come calcolati dall’Istat è molto vasta. Tra i contributi recenti si segnalano: Signorini (2000), Burroni e Trigilia (2001), Dematteis (2001).
In: Economia Marche, 2005, n. 1. Il lavoro è organizzato nel modo seguente. Dopo una riflessione preliminare dedicata al concetto di coalescenza territoriale (paragrafo 2), verrà brevemente esposta l’algebra dei sistemi locali del lavoro (paragrafo 3). Nel paragrafo 4, con riferimento alle Marche, verranno analizzati rispetto al loro significato territoriale tre sistemi locali del lavoro, quelli di Comunanza, di Mondolfo e di Osimo. Nel paragrafo 5 viene brevemente esaminato come il Distretto calzaturiero delle Marche è STATO concettualizzato in termini di “sistemi locali del lavoro”. Nella sezione finale verranno commentati i risultati ottenuti e suggeriti cambiamenti nella procedura di identificazione dei sistemi locali del lavoro. 2. I sistemi locali del lavoro: prospettive di analisi La rapidità con la quale il concetto di “sistema locale del lavoro” (Sll) è entrato nel sistema categoriale dell’economia dello sviluppo locale dipende dal fatto che esso sembra risolvere un problema basilare creato dalle trasformazioni territoriali che hanno avuto luogo in Italia a partire dagli anni Cinquanta: identificare le nuove densità relazionali del paesaggio economico italiano dopo le profonde modifiche determinate dai processi di coalescenza territoriale 2 . Si tratta di un tema fondamentale sia rispetto alla interpretazione dei processi di auto-organizzazione economico-territoriale sia rispetto alla identificazione degli ambiti di regolazione efficaci. Relativamente ad entrambe le questioni, le partizioni amministrative sub- regionali tradizionali – comuni, province e comunità montane – sono ormai evidentemente obsolete nella gran parte dei casi. Gli esiti della coalescenza territoriale – cioè dei processi attraverso i quali comuni contigui si sono integrati fino a formare un’unica unità socio-territoriale – possono essere discussi nelle loro specifiche manifestazioni, caso per caso. Ad esempio, l’identificazione delle aree metropolitane in Italia può essere interpretata come la specifica declinazione del tema della coalescenza territoriale nel caso di processi di integrazione territoriale generati dallo sviluppo economico delle grandi città. Tuttavia, l’esigenza di giungere ad una lettura generale degli esiti della coalescenza territoriale e di ridefinire le nuove densità relazionali alla scala dell’intero territorio nazionale è indubbiamente un obiettivo che non può essere eluso – come di fatto avverrebbe se ci si fermasse alle aree metropolitane. Benché, certamente, non l’unica disponibile o realizzabile, la concettualizzazione del paesaggio economico italiano attraverso la categoria dei 2 Sul concetto di “coalescenza territoriale” vedi Calafati (2002). 2
In: Economia Marche, 2005, n. 1. “sistemi locali del lavoro” è apparsa come la strada più semplice – nel senso di più economica – per raggiungere questo obiettivo. L’algoritmo utilizzato, il quale ha condotto ad una ridefinizione delle partizioni economico-territoriali nelle quali viene concettualizzata l’Italia in termini di sistemi locali, genera un risultato a partire da una quantità minima di informazione (sostanzialmente, pendolarismo per motivi di lavoro), disponibile alla data dei censimenti. Si possono sollevare molte obiezioni alla categoria di sistema locale del lavoro. La principale è che essa si basa esclusivamente su una modalità di interazione territoriale – pendolarismo per motivi di lavoro – che costituisce una parte limitata delle interazioni territoriali e, anche, una parte che non è necessariamente la più rilevante per esprimere le forme e l’intensità dell’interazione territoriale stessa. A questa obiezione si può, tuttavia, replicare sostenendo che il pendolarismo per motivi di lavoro è una proxy abbastanza efficiente dell’insieme delle relazioni di interdipendenza tra territori comunali. Posta in questi termini, la riflessione critica sui sistemi locali del lavoro diventa un’analisi del valore del pendolarismo come proxy delle densità relazionali territoriali. L’ipotesi che il pendolarismo per motivi di lavoro possa essere considerato una proxy delle relazioni territoriali, tuttavia, sembra basarsi su una interpretazione dei processi di coalescenza territoriale inadeguata, soprattutto nel senso che esso funziona come proxy soltanto sotto certe condizioni che, tuttavia, non sono generalizzabili. In effetti, la tesi che sia sufficiente una sola dimensione – il pendolarismo per motivi di lavoro – per identificare, anche se in forma approssimata, le relazioni di interdipendenza sembra una forzatura. Peraltro, sono già disponibili molte altre informazioni sulla dimensione territoriale del processo economico che potrebbero essere utilizzate o facilmente integrate con quelle contenute nei dati sul pendolarismo 3 . La seconda obiezione che può essere sollevata alla categoria di sistema locale del lavoro può essere definita interna e riguarda la struttura stessa dell’algoritmo – cioè se l’algoritmo, per come è costruito, usa le informazioni in entrata in modo efficiente rispetto all’obiettivo – e se l’obiettivo stesso è pertienente. Nel condurre un’analisi critica dei sistemi locali del lavoro da questo punto di vista si incontrano, tuttavia, alcune difficoltà. L’unico resoconto dell’esperimento che ha generato i sistemi locali del lavoro tuttora disponibile (ISTAT, 1997, pp. 236-247) – in definitiva, l’unica spiegazione dell’algoritmo applicato – non permette, per la 3 Per una prospettiva diversa sul tema della identificazione dei sistemi locali vedi Calafati (2002), Calafati e Mazzoni (2005). 3
In: Economia Marche, 2005, n. 1. sua incompletezza, un’analisi del significato della categoria proposta 4 . Inoltre, a partire da tale resoconto non si può neanche condurre una vera e propria replica dell’esperimento. (Nel resoconto fornito dall’ISTAT si fa riferimento ad un processo di calibrazione finale – di cui non sono stati resi noti i criteri). La possibilità di replicare un calcolo sperimentale è così importante nella prassi scientifica da rendere necessaria la formulazione di un resoconto più accurato del calcolo in questione, così da permettere la sua replica e di comprenderne, ino ltre, la logica. Non si tratta, infatti, soltanto di convalidare i risultati attraverso la ripetizione del calcolo sperimentale. Vi è un ulteriore aspetto da considerare: ciò che potremmo definire il significato ontologico dei sistemi locali del lavoro emerge soltanto attraverso la conduzione del calcolo sperimentale, la quale permette di esplicitare i risultati intermedi, cioè quelli che si ottengono ai diversi stadi del processo di calcolo. Di fronte alla impossibilità di replica del calcolo sperimentale, per verificare la congruenza della mappatura non resta che procedere per via induttiva ed esaminare direttamente il significato di questa categoria attraverso una descrizione/interpretazione dei sistemi locali che si ottengono – descrizione condotta con la stessa logica dell’algoritmo o con una logica diversa. La discussione caso per caso dei sistemi locali del lavoro ha anche il vantaggio, certo non trascurabile, di poter prendere in esame il contesto territoriale di ciascuno di essi, permettendo così di esaminare la distorsione interpretativa, quando sussiste, in termini di concettualizzazione del territorio. Naturalmente, le difficoltà di questa prospettiva di analisi risiedono nel fatto che si deve lasciare la “poltrona filosofica” per condurre analisi specifiche ed avere una conoscenza diretta, acquisita attraverso indagini sul campo, delle relazioni territoriali. Nel presente lavoro si è provato a percorrere questa strada esaminando una parte del territorio delle Marche – una delle regioni italiane che negli ultimi cinquanta anni ha subìto trasformazioni territoriali molto profonde, le quali hanno condotto ad una ridefinizione delle gerarchie territoriali. Relativamente al territorio esaminato, i risultati sono sorprendenti per la loro evidente contraddittorietà. In tutti i casi considerati, la logica territoriale indicata dalla rappresentazione dei Sll risulta profondamente distorcente. La parzialità delle logiche gravitazionali che i sistemi locali del lavoro proposti suggeriscono è peraltro confermata dall’evidenza di altre logiche gravitazionali per i territori di volta in volta esaminati. 4 Una ricostruzione della struttura logico-formale dell’algoritmo è stata effettuata in Merlini (1991). 4
In: Economia Marche, 2005, n. 1. L’analisi effettuata nelle pagine che seguono può essere estesa a tutti i sistemi locali del lavoro italòiani. I risultati ottenuti per via induttiva esaminando una parte del territorio delle Marche – analizzando direttamente le caratteristiche dei Sll – sembrano, tuttavia, sufficienti a suggerire la necessità di sottoporre ad analisi la coerenza e la rilevanza della mappatura del territorio italiano in termini di sistemi locali del lavoro proposta dall’ISTAT. Per quanto concerne le Marche, comunque, è evidente che tale mappatura debba essere rivista e non possa essere utilizzata senza correzioni molto rilevanti. 3. L’algebra dei sistemi locali del lavoro I sistemi locali del lavoro sono degli insiemi di comuni contigui – insiemi ottenuti attraverso una determinata procedura. Se indichiamo con c i ∈ C un generico comune italiano – dove C è l’insieme dei comuni italiani – , un sistema locale del lavoro (sj) non è altro che un insieme di comuni – s j = {c1, c2 ,..., cr }, dove r j ≥ 2 – tra loro “contigui”, nel senso che ciascun comune dell’insieme deve confinare con almeno uno degli altri comuni appartenenti all’insieme considerato. Un’altra caratteristica è che ciascun comune viene assegnato ad un sistema locale del lavoro e a quello soltanto. La procedura di identificazione degli insiemi di comuni – l’algoritmo proposto dall’ISTAT (con l’aggiunta delle relative calibrazioni) – genera l’insieme S: S = {s j }, j = 1, ..., k . Una delle caratteristiche dell’insieme S è che esso contiene gli stessi elementi dell’insieme C. In altre parole, l’insieme S dei sistemi locali del lavoro fornisce una mappatura completa del territorio italiano (tutti i comuni italiani appartengono all’insieme S). L’associazione dei singoli comuni avviene sulla base di un algoritmo che utilizza come unica informazione i flussi di pendolarismo per motivi di lavoro tra i comuni (oltre che popolazione occupata e addetti). Per illustrare come viene caratterizzato ciascun elemento primario (comune) si può partire dalla Fig. 1, la quale esprime la tassonomia sulla quale si basa la procedura di identificazione dei sistemi locali del lavoro. Fig. 1 – La tassonomia dei flussi di pendolarismo tra comuni 5
In: Economia Marche, 2005, n. 1. Comune i-esimo Tutti gli altri (m-1) comuni Popolazione Popolazione occupata del comune i-esimo che lavora Popolazione occupata in altri comuni: “pendolari in uscita” Popolazione occupata nel comune stesso Popolazione occupata di altri comuni che Addetti nel svolge attività lavorativa nel comune i- comune esimo: “pendolari in entrata” Come illustrato nella Fig. 1, a partire dai residenti di un comune generico i- esimo (i=1) che svolgono un’attività lavorativa (L1 ) si può effettuare la distinzione tra coloro che svolgono tale attività nel comune medesimo (x11 ) e coloro che svolgono un’attività lavorativa in un comune esterno x1j (j=2,.., m). Infine, si devono considerare i residenti di tutti gli altri comuni italiani che si recano a lavorare nel comune in esame (xj1 , j=2,…, m). I flussi tra le diverse unità territoriali (comuni) possono essere espressi in modo sintetico in termini algebrici attraverso la seguente matrice quadrata m∗ m: Xm = [xij ], i,j = 1,…m Per convenzione, i valori sulla diagonale principale esprimono il numero di residenti occupati che lavorano nel comune di residenza. Si possono quindi definire, a partire dalla matrice X, rispettivamente il vettore L – popolazione occupata internamente ed esternamente – e il vettore A – addetti totali (residenti nello stesso comune o in altri comuni): 6
In: Economia Marche, 2005, n. 1. [ ] L = Li = K∑ x , i = 1,..., k j =1 ij [ ] k [ A = A j = ∑ x ij , j = 1,..., k i=1 ] Le uscite totali (Ui) e le entrate totali (Ei), e i corrispondenti vettori, si definiscono a partire dalle grandezze X, L e A come: m U i = ∑ xij − xii j =1 m E j = ∑ x ij − x jj i =1 Come illustrato nella Fig. 2, all’insieme C si può associare la matrice Xm, la quale esprime le relazioni – una certa tipologia di relazioni – tra gli elementi dell’insieme C. Utilizzando le informazioni contenute nella matrice Xm, l’algoritmo trasforma l’insieme C nell’insieme S – nel senso che crea delle associazioni di comuni. Fig. 2 - La forma dell’algoritmo dei sistemi locali del lavoro algoritmo C Xm S=(S1, S2, …, Sk) F1, F2, …, Fk Sulla base del calcolo dell’ISTAT sono stati identificati 784 sistemi locali del lavoro, cioè 784 insiemi di comuni, ciascuno dei quali presenta un grado di coesione interna che li qualificherebbe, secondo la procedura, come sistemi locali del lavoro. Per definizione, per ogni sistema locale del lavoro ottenuto (si ) esiste un livello di descrizione in termini degli stessi dati della matrice Xm. Si può definire, cioè, 7
In: Economia Marche, 2005, n. 1. un insieme di matrice Fj, (j=1, .., k) , la quale identifica i flussi di pendolarismo tra i comuni del sistema locale del lavoro (tale matrice ha, inoltre, sulla diagonale principale gli occupati residenti). Ciascuna matrice Fh ha una dimensione rh , cioè una dimensione pari al numero dei comuni che compone l’insieme corrispondente – numero che varia considerevolmente da caso a caso ma che, secondo la procedura, deve comunque essere maggiore o uguale a 2. Il fatto di avere le informazioni contenute nella matrice Xm – e soltanto quelle – come immissione dell’algoritmo impone, per definizione, delle restrizioni all’interpretazione delle matrici Fj: devono essere interpretate con la stessa metrica con la quale si assegna un significato alla matrice Xm. Poiché, come richiamato nel paragrafo precedente, non è possibile replicare l’esperimento, l’analisi dei risultati – cioè l’analisi del significato delle matrici Fj appare come l’unica strategia di analisi per esaminare criticamente il significato dell’esperimento stesso. Nelle due sezioni che seguono verrà condotta un’analisi delle matrici Fj per tre sistemi locali del lavoro delle Marche e per il territorio corrispondente al Distretto calzaturiero delle Marche. 4. I sistemi locali del lavoro delle Marche: tre studi 4.1 Il sistema locale di Comunanza Il sistema locale del lavoro di Comunanza (SllC) individuato dalla procedura ISTAT è situato nella provincia di Ascoli Piceno ed ha una forte caratterizzazione montana. Occupa una superficie di 450 kmq e si compone di 12 comuni, tutti di piccole e piccolissime dimensioni (dai circa 4.000 abitanti di Amandola ai 223 abitanti di Palmiano – dati 2001). La popolazione complessiva del SllC è di 15.000 abitanti. Si tratta di un sistema locale che ha come centroide5 Comunanza, un comune che ha seguito un percorso di industrializzazione stimolato dagli incentivi della Cassa per il Mezzogiorno: l’occupazione industriale è salita da 204 addetti nel 1961 a 2.202 addetti nel 1991 e a 2.783 addetti nel 2001. Tra i comuni che appartengono al SllC, Comunanza è l’unico ad avere una base industriale 5 Con il termine “centroide” si fa riferimento al comune che, tra quelli appartenenti ad un dato sistema locale del lavoro, ha il numero maggiore di lavoratori in entrata. 8
In: Economia Marche, 2005, n. 1. significativa. Nel suo complesso, il territorio corrispondente a questo sistema locale del lavoro ha subìto, in termini di scala, un forte declino negli ultimi cinquanta anni, declino solo in parte mitigato dal processo di industrializzazione del comune centroide. Nel caso in esame, la matrice Fcij – la quale contiene i dati del censimento 1991 non essendo ancora disponibili i dati del pendolarismo relativi al censimento 2001 – ha dimensione 12x12 ed è riportata nella Tab. 1. Il primo aspetto da sottolineare è la variabilità dei valori fij. Come già osservato, si è in presenza di unità comunali di piccole dimensioni ma, in termini relativi, nell’insieme in esame vi sono comuni molto più grandi/piccoli degli altri. Quello più grande (in termini di addetti totali) – Comunanza – ha una dimensione quaranta volte maggiore a quella del comune più piccolo (Smerillo). Ciò, evidentemente, si riflette sull’intensità delle relazioni e sul valore assoluto delle entrate/uscite dai comuni di residenza. Si passa da un flusso in entrata nel comune centroide pari a 237 individui da Amandola ad un flusso pari ad un individuo da Monteleone di Fermo. Ciò suggerisce di sottoporre il SllC ad un’analisi del grado di densità relazionale di ciascun comune del sistema rispetto al centroide. Ciò suggerisce, inoltre, – e questa è una delle tesi centrali del lavoro – di sollevare il problema della soglia del grado di interdipendenza al di sotto della quale si dovrebbe semplicemente assumere la non esistenza di un’associazione territoriale. L’analisi della matrice Fcij evidenzia un insieme di comuni tra i quali sembra esistere una connessione significativa con il centroide. Si tratta dei comuni di Amandola, Montefortino, Montemonaco, Montefalcone Appennino, Smerillo. Questi comuni hanno un grado di gravitazione su Comunanza maggiore che su altri comuni non appartenenti al sistema locale del lavoro in esame. Inoltre, sommando le uscite dai singoli comuni a seconda dei Sll di destinazione, si vede che quello di Comunanza è per tutti i comuni il principale sistema locale di destinazione dei pendolari. 9
In: Economia Marche, 2005, n. 1. Tab. 1 - Matrice Fcij del Sll di Comunanza 6 Comune di residenza Santa Vittoria in in altri comuni Montemonaco Monteleone di Montefalcone Montefortino W(A)-RW(A) Totale W(A) Montelparo Comunanza Montegallo Appennino Amandola Matenano Palmiano Smerillo Fermo Force Amandola 761 31 4 6 54 1 1 3 4 1 10 9 142 1027 266 Comunanza 237 902 68 44 129 21 1 15 47 14 29 27 203 1737 835 Force 3 11 382 1 1 0 14 12 2 4 11 0 74 515 133 Montefalcone Appennino 1 3 0 75 1 0 0 0 0 0 0 6 8 94 19 Comune di arrivo Montefortino 27 5 0 1 110 0 0 0 6 0 0 0 20 169 59 Montegallo 0 1 0 0 1 41 0 0 1 0 0 0 21 65 24 Monteleone di Fermo 1 1 0 0 0 0 94 12 0 0 3 0 37 148 54 Montelparo 1 1 0 0 0 0 3 85 0 1 4 0 41 136 51 Montemonaco 7 2 0 2 8 1 0 0 74 0 0 0 15 109 35 Palmiano 0 1 1 0 0 0 0 0 0 26 0 0 24 52 26 Santa Vittoria in Matenano 6 1 3 5 0 0 2 16 1 0 219 3 58 314 95 Smerillo 3 1 0 1 1 0 0 0 2 0 1 31 4 44 13 in altri comuni 126 82 104 32 20 57 48 90 23 27 114 21 Totale R(A) 1173 1042 562 167 325 121 163 233 160 73 391 97 R(A)-RW(A) 412 140 180 92 215 80 69 148 86 47 172 66 Per gli altri comuni del SllC non si registra la stessa elevata densità relaziona le. Si può iniziare l’analisi dal comune di Force, i cui 68 spostamenti quotidiani sul centroide (12% degli occupati e 38% delle uscite totali), nonostante rappresentino la terza voce di occupati in entrata per Comunanza, non identificano una gravitazione dominante. Analizzando, infatti, i dati dei pendolari in uscita da Force si può notare che più della metà delle sue uscite è diretta verso comuni esterni al SllC. Pertanto, per questo comune non sembra esistere soltanto un sistema sovra-ordinato di gravitazione. In particolare, non si devono trascurare le connessioni con Ascoli Piceno, comune di arrivo di 36 pendolari, con Rotella (27 pendolari) e con Fermo (15 unità), appartenenti rispettivamente ai Sll di Ascoli Piceno, Offida e Fermo. 6 Totale R(A): totale degli occupati della località A Totale W(A): totale degli addetti nella località A RW(A): totale degli addetti residenti = occupati residenti R(A)-RW(A): totale dei pendolari in uscita dalla località A W(A)-RW(A): totale dei pendolari in entrata nella località A 10
In: Economia Marche, 2005, n. 1. Alla stessa conclusione si giunge analizzando il pendolarismo in entrata del comune di Force. Nonostante la principale fonte delle entrate provenga da un comune del SllC – 14 pendolari da Monteleone di Fermo –, la seconda fonte delle entrate per importanza è quella dal comune di Rotella (appartenente al Sll di Offida) con 13 pendolari. Oltre alle entrate da Montelparo e da Comunanza, pari rispettivamente a 12 e a 11 individui, si hanno quelle da Ascoli Piceno e da Venarotta, entrambe pari a 9 individui. In termini di sistemi locali del lavoro di destinazione, quello di Comunanza intercetta, comunque, la quota maggiore delle uscite totali da Force (38%), mentre il Sll di Ascoli Piceno ne intercetta il 20%. Se, relativamente a Force, i dati sul pendolarismo non permettono di attribuire ad esso una chiara gravitazione sul Sll di Comunanza, per i restanti comuni la relazione con il Sll di Comunanza non sembra giustificata. Eclatante è il caso di Montegallo, comune di piccolissime dimensioni (636 abitanti), incluso nel SllC nonostante la principale direzione in uscita dei suoi pendolari sia il comune di Ascoli Piceno (42 lavoratori). Coloro che si dirigono quotidianamente a Comunanza (vedi Tab. A/3 in Appendice statistica) sono la metà di coloro che pendolano su Ascoli Piceno. Anche considerando i flussi in uscita da Montegallo verso l’insieme dei comuni del SllC la situazione non cambia: il numero di coloro che si dirige nel Sll di Ascoli Piceno è decisamente superiore al numero di coloro che si dirige nel SllC : 57 unità contro 23 unità7 (vedi Tab. A/4 in Appendice statistica). Altrettanto dubbia appare l’inclusione del comune di Monteleone di Fermo (465 abitanti) nel SllC. Il flusso verso il centroide è, infatti, pari ad un solo individuo. Non esiste, inoltre, una relazione inversa significativa: da Comunanza un solo lavoratore si reca quotidianamente a Monteleone. Una volta esclusa l’appartenenza di Monteleone di Fermo al SllC, si può osservare che questo comune non ha, comunque, una precisa gravitazione territoriale. In termini di pendolarismo la relazione più forte – 16 pendolari – è quella con Fermo, che è il comune centroide del Sll di Fermo. Se, invece, si considera la somma dei pendolari in uscita da Monteleone per Sll di destinazione, emerge una nuova situazione nella quale i sistemi locali del lavoro di riferimento sono due, quello di Montegiorgio e quello di Comunanza che, rispettivamente con 7 In linea di principio, l’appartenenza di Montegallo a SllC potrebbe dipendere dall’esistenza di una forte relazione inversa (di pendolarismo dall’interno del SllC verso Montegallo). Ma, come si può facilmente verificare dalla matrice FCij, non è questo il caso. Il totale delle entrate a Montegallo da Comunanza è pari ad una unità e il totale delle entrate dagli altri comuni del SllC è pari a 3 unità. 11
In: Economia Marche, 2005, n. 1. 22 e con 21 uscite, si equivalgono in termini di meta di destinazione delle uscite da Monteleone. In questo caso, è soltanto attraverso l’analisi sul campo – indagando, cioè, le logiche territoriali generali (relazioni che si instaurano per lo scambio di beni e servizi, per la fruizione ricreativa, ecc.) – che è possibile giungere ad un quadro relazionale più definito. Le informazioni ricavate dalle indagini effettuate permettono di associare Monteleone al sistema gravitazionale di Fermo. Ne consegue, pertanto, che anche in questo caso l’algoritmo associa Monteleone ad un insieme di comuni – quelli che definiscono il SllC – con i quali non ha una interdipendenza (relativa). Situazioni meno eclatanti di quelle ora esaminate ma che sollevano, comunque, perplessità rispetto alla significatività del risultato dell’algoritmo si hanno anche in relazione ai comuni di Montelparo, Palmiano e Santa Vittoria in Matenano (vedi matrice Fcij). 4.2 Il sistema locale del lavoro di Mondolfo Il sistema locale del lavoro di Mondolfo (SllM), situato a cavallo delle province di Pesaro e Ancona, occupa una superficie di 142 kmq e si compone di 7 comuni, anche in questo caso di piccole e piccolissime dimensioni La popolazione complessiva del SllM è di circa 23.000 abitanti, 11.000 dei quali risiedono nel comune centroide di Mondolfo. Dal punto di vista economico, si tratta di un territorio che ha conosciuto una moderata espansione fino agli anni Settanta. Gli addetti al settore manifatturiero sono aumentati da 730 unità del 1961 a 2.355 unità del 1971 e da 3.477 unità del 1981 a 3.223 unità del 2001 – la metà dei quali si concentra nel centroide. Dall’analisi della matrice FMij (Tab. 2) sembra emergere un modesto grado di densità relazionale fra i comuni del SllM e dubbi sul ruolo di centroide del comune di Mondolfo. Rispetto al caso di Comunanza, si nota una minore variabilità dei flussi in entrata nel centroide dalle unità comunali appartenenti al SllM (da 3 individui a 57 individui) e, soprattutto, che tali flussi sono modesti rispetto agli arrivi dai comuni esterni al SllM (si veda la colonna “altri comuni” della Tab. 2). Con riferimento a quest’ultimo aspetto si può osservare che le entrate nel comune di Mondolfo provengono nell’82% dei casi da comuni non appartenenti al SllM. Si tratta di 652 12
In: Economia Marche, 2005, n. 1. unità. Le restanti 147 entrate provengono per lo più da tre comuni – Monte Porzio (57 unità), Monterado (46 unità) e Mondavio (24 unità) –, mentre dai comuni di Barchi, Orciano di Pesaro e San Giorgio di Pesaro provengono complessivamente 20 unità. Ciò significa che la metà dei comuni del SllM non ha relazioni significative con il centroide. Un altro elemento da evidenziare è che sia le entrate che le uscite dai comuni del SllM sono, in generale, poco autocontenute all’interno dello stesso (Tabb. A/5 e A/6 in Appendice statistica). Si è già osservato che le entrate di Mondolfo provengono nell’82% dei casi da comuni esterni al SllM individuato dall’ISTAT. Lo stesso vale per le altre unità comunali. Ad eccezione del comune di Monte Porzio, più della metà delle entrate relative a ciascun comune è di origine esterna al SllM, con percentuali che variano dal 52% di Orciano di Pesaro al 67% di Monterado. Tab. 2 - Matrice FMij del Sll di Mondolfo Comune di residenza Orciano di Pesaro in altri comuni San Giorgio di Monte Porzio W(A)-RW(A) Totale W(A) Monterado Mondavio Mondolfo Barchi Pesaro Barchi 172 12 1 1 0 17 4 65 272 100 Comune di arrivo Mondavio 18 587 16 39 2 63 16 175 916 329 Mondolfo 3 24 1614 57 46 8 9 652 2413 799 Monte Porzio 1 36 139 420 74 19 19 131 839 419 Monterado 1 8 35 22 194 2 0 136 398 204 Orciano di Pesaro 21 67 8 4 1 237 24 135 497 260 San Giorgio di Pesaro 2 7 0 3 0 10 203 42 267 64 in altri comuni 123 469 1401 198 203 289 183 Totale R(A) 341 1210 3214 744 520 645 458 R(A)-RW(A) 169 623 1600 324 326 408 255 Nel caso del SllM, dunque, la non elevata variabilità dei flussi fra i comuni del SllM (nel solo caso di Monte Porzio i pendolari superano le 100 unità) invece che indicare una certa omogeneità nelle densità relazionali tra comuni indica la scarsa 13
In: Economia Marche, 2005, n. 1. pregnanza di tali relazioni, soprattutto se questo dato viene interpretato in relazione ai flussi di pendolarismo verso i comuni esterni al Sll di Mondolfo. Analizzando i flussi di pendolarismo in uscita si nota, infatti, che in tutti i casi le uscite verso i comuni esterni al SllM sono sensibilmente maggiori al 50%, con un range che va dal 61% di Monte Porzio all’88% di Mondolfo (riga “altri comuni” della Tab. A/6 in Appendice statistica). Come richiamato in precedenza, in almeno tre casi l’inserimento delle unità comunali all’interno del SllM fa sorgere forti dubbi sulla coerenza dell’operazione. Si tratta dei comuni di Barchi, Orciano di Pesaro e San Giorgio di Pesaro. Nel caso di Barchi, le mete principali dei suoi pendolari sono i comuni di Sant’Ippolito e di Saltara, rispettivamente con 27 e 25 unità, mentre solo 3 lavoratori si dirigono quotidianamente a Mondolfo. Se si considerano, invece, i Sll di destinazione, i riferimenti sono i Sll di Fossombrone e di Fano, oltre a quello di Mondolfo – senza alcuna prevalenza da parte di uno di essi (Tab. A/8 in Appendice statistica). I dati del pendolarismo in uscita relativi ai comuni di Orciano di Pesaro e di San Giorgio di Pesaro indicano, invece, una evidente densità relazionale con Fano, sia come comune – rispettivamente 75 e 79 uscite – che come Sll – rispettivamente 161 e 133 uscite (vedi Tabb. A/7 e A/8 in Appendice statistica). Relativamente agli altri comuni, solo per quelli di Monte Porzio e di Monterado sembra esistere una relazione significativa con il centroide – e fra loro. Il comune di Mondavio, invece, che non ha una elevata gravitazione su Mondolfo, si presenta più aperto verso altre direttrici sul territorio: 469 pendolari si dirigono, infatti, in comuni non appartenenti al SllM. Ciò rende piuttosto discutibile il fatto di associare Mondavio al Sll di Mondolfo, tanto più che se si procedesse – come sarebbe opportuno sulla base delle considerazioni sopra effettuate – a riconsiderare l’appartenenza dei comuni di Orciano di Pesaro e di San Giorgio di Pesaro al Sll di Mondolfo e alla loro inclusione in quello di Fano, la connessione di Mondavio con il Sll di Fano emergerebbe ancora più chiaramente. Se, infatti, i comuni di Orciano di Pesaro e di San Giorgio di Pesaro fossero associati al Sll di Fano, la somma delle uscite dal comune di Mondavio per Sll di destinazione vedrebbe come meta principale il Sll di Fano, seguito da quello di Mondolfo (vedi Tab. A/8 in Appendice statistica). 14
In: Economia Marche, 2005, n. 1. 4.3 Il sistema locale del lavoro di Osimo Il sistema locale del lavoro di Osimo (SllO), situato in provincia di Ancona, è composto da sette comuni e si estende su una superficie di circa 270 kmq che ospita, al 2001, 69.147 abitanti. Poco meno dei 2/3 della popolazione si concentra nel comune centroide di Osimo (29.074 abitanti) e in quello di Castelfidardo (16.000 abitanti). Le altre cinque unità comunali di Camerano, Filottrano, Numana, Offagna, e Sirolo – la cui associazione al SllO è, come si vedrà in seguito, di difficile comprensione – sono di piccole dimensioni, non superando i 10.000 residenti. Si tratta di un territorio che ha conosciuto negli ultimi 50 anni un aumento demografico costante (rispetto al 1951 la popolazione è cresciuta del 28% circa) e un significativo processo di industrializzazione. A differenza dei Sll di Comunanza e di Mondolfo, quello di Osimo è caratterizzato da un maggior grado di policentrismo in termini di produzione manifatturiera. Gli addetti alle attività manifatturiere, infatti, si distribuiscono in modo abbastanza omogeneo sul territorio: Castelfidardo occupa il 35% degli addetti totali (4.263 unità), Osimo ne occupa il 26% (3.213 unità), Filottrano il 19% (2.283 unità) e Camerano il 14% (1.736 unità). La presenza di un carattere policentrico per quanto concerne la struttura produttiva manifatturiera del SllO ha implicazioni importanti in termini di relazioni tra comuni. Diversamente da quanto osservato nei due casi precedenti, essa dà luogo ad una situazione in cui vi è maggiore integrazione fra i comuni appartenenti al SllO e, inoltre, il rapporto fra le singole unità comunali e il centroide risulta meno univoco. Da una parte, infatti, Osimo intercetta, in valore assoluto, il numero più elevato di pendolari in uscita dai comuni appartenenti al SllO che rimangono all’interno del sistema, dall’altra sono elevati anche i flussi di coloro che da Osimo si recano quotidianamente a Castelfidardo (soprattutto), a Camerano e a Filottrano. Come si osserva dalla matrice FOij (Tab. 3), fra i comuni appena menzionati esiste un buon grado di scambio reciproco di forza lavoro. Osimo è meta del 16,5% delle uscite totali di Camerano (146 unità), del 21% di quelle di Castelfidardo (400 unità), del 22% di quelle di Filottrano (178 unità). Per il comune centroide tali flussi rappresentano, rispettivamente, il 6%, il 17% e l’8% delle entrate totali. Se si considerano, poi, i flussi in entrata nei comuni appena citati provenienti da Osimo, si osservano valori ugualmente elevati: il 21% delle entrate totali di Camerano (291 unità), il 41% di quelle di Castelfidardo (766 unità) e il 35% di quelle di Filottrano (185 unità) provengono da Osimo. A questo gruppo di comuni che instaurano con il centroide un rapporto di maggiore interscambio si contrappone il comune di Offagna che, dato il ruolo di 15
In: Economia Marche, 2005, n. 1. centro residenziale-satellite gravitante intorno ad Osimo, si colloca in un rapporto univoco rispetto al centroide (soltanto 19 pendolari si recano da Osimo ad Offagna). Più periferici, sia dal punto di vista spaziale che dell’integrazione territoriale, sono i comuni di Numana e Sirolo, i quali hanno innanzitutto un elevato grado di interscambio reciproco (le maggiori uscite di Sirolo verso un comune del SllO sono quelle dirette a Numana e viceversa). In secondo luogo, questi comuni si relazionano rispettivamente con i comuni di Castelfidardo e Camerano – ma, comunque, non con quello di Osimo. Dall’analisi svolta fino ad ora è emerso che il Sll di Osimo sembra caratterizzarsi per un ma ggior livello di integrazione territoriale, se confrontato con i casi di Comunanza e Mondolfo. Se, tuttavia, si osservano i valori dei flussi di pendolarismo in uscita dai comuni del SllO verso i comuni esterni ad esso emerge come, in valore assoluto, le uscite maggiori di tutti i comuni del SllO si dirigano ad Ancona (Tab. A/11 in Appendice statistica). Ancona, cioè, intercetta il numero maggiore di pendolari in uscita dai sette comuni analizzati – in alcuni casi, come quello di Camerano, con una differenza rilevante rispetto ad Osimo. Tab. 3 - Matrice FOij del SllO di Osimo Comune di residenza in altri comuni Castelfidardo W(A)-RW(A) Totale W(A) Camerano Filottrano Numana Offagna Osimo Sirolo Camerano 1.579 162 17 40 12 291 80 761 2.942 1.363 Comune di arrivo Castelfidardo 81 3.423 41 49 5 766 38 886 5.289 1.866 Filottrano 1 11 2.498 1 0 185 2 331 3.029 531 Numana 37 105 2 353 3 77 147 201 925 572 Offagna 0 7 1 0 111 19 0 46 184 73 Osimo 146 400 178 38 101 5.889 52 1.368 8.172 2.283 Sirolo 40 19 0 66 0 24 418 131 698 280 in altri comuni 578 1.185 568 236 257 2.570 277 Totale R(A) 2.462 5.312 3.305 783 489 9.821 1.014 R(A)-RW(A) 883 1.889 807 430 378 3.932 596 16
In: Economia Marche, 2005, n. 1. Un altro elemento da evidenziare è il fatto che i saldi netti delle entrate/uscite fra Osimo e i comuni di Castelfidardo, Camerano e Filottrano sono sempre di segno negativo. I pendolari su Osimo provenienti da Castelfidardo, Camerano e Filottrano sono, infatti, inferiori ai pendolari che da Osimo si recano in questi comuni. Se a questa osservazione si aggiunge il fatto che, come si è appena visto, Ancona svolge un ruolo preminente in quanto principale comune di destinazione dei pendolari in uscita da tutti i comuni del SllO – e, quindi, anche da Osimo stessa –, si può ragionevolmente ipotizzare che l’algoritmo abbia colto una densità relazionale – il SllO – che si manifesta ad un livello inferiore rispetto alla effettiva organizzazione spaziale del processo economico. In effetti, se si analizzano i flussi di pendolarismo in uscita da Osimo si nota che il 45,5% delle sue uscite totali è associato al solo comune di Ancona. Da ciò si può dedurre che Osimo faccia parte di un’area di gravitazione più ampia corrispondente alla città in nuce di ‘Ancona’. Di essa il SllO costituisce un ispessimento localizzato della trama relazionale non tale, tuttavia, da giustificarne l’autonomia. L’analisi condotta sul campo allo scopo di individuare le relazioni territoriali associate alla fruizione di beni e servizi, sia pubblici che privati, fornisce informazioni che avvalorano l’interpretazione indicata di accorpare il SllO al sistema gravitazionale della città in nuce di ‘Ancona’. 5. Il Distretto calzaturiero delle Marche e i sistemi locali del lavoro Il Distretto calzatur iero delle Marche (DcM) rappresenta un caso emblematico ed anche paradossale delle difficoltà che l’algoritmo dell’ISTAT incontra nel cogliere le densità relazionali di un territorio. A seconda che si consideri la definizione del DcM che discende dalla normativa regionale o quella derivante dall’analisi territoriale proposta in altri studi8 , l’area in esame è costituita da un numero variabile di Comuni. Le analisi sembrano tuttavia convergere sull’ipotesi che il core del DcM sia costituito da 24 comuni contigui localizzati nella fascia costiera e collinare a cavallo delle province di Macerata ed Ascoli Piceno. Certamente il Distretto calzaturiero delle Marche sembra presentare un’articolazione territoriale interna e vi sono ragioni per considerarlo come articolato in due sistemi locali a carattere urbano 9 . Anche la rappresentazione del 8 Vedi Calafati, Compagnucci (2004). 9 Vedi Ibidem. 17
In: Economia Marche, 2005, n. 1. territorio del DcM che l’ISTAT fornisce in termini di sistemi locali del lavoro mostra la presenza di più unità socio-territoriali. In questo caso, tuttavia, tale rappresentazione sembra contraddire il concetto stesso di distretto industriale. L’ISTAT, infatti, individua ne l territorio in esame ben 9 sistemi locali del lavoro, di cui circa la metà – i Sll di Monte San Giusto, Monte San Pietrangeli, Montegranaro e Porto Sant’Elpidio – composti da due comuni soltanto, mentre quello di Civitanova Marche ne include tre. Di fronte a questo paradossale risultato è opportuno applicare la stessa procedura di analisi con la quale sono stati esaminati i sistemi locali del lavoro di Comunanza, di Mondolfo e di Osimo alle matrici F dei sistemi locali del lavoro individuati dall’ISTAT per il territorio del DcM allo scopo di verificare la congruenza dell’articolazione proposta. In questo caso, tuttavia, è ancora più interessante riflettere sul significato della discrepanza tra l’esito della clusterizzazione ottenuta attraverso l’algoritmo dei Sll e il concetto di “distretto industriale”. L’analisi puntuale delle matrici F dei nove sistemi locali del lavoro nei quali l’ISTAT suddivide il DcM evidenzia alcune situazioni in cui l’accorpamento di comuni all’interno di un dato sistema locale del lavoro non sembra giustificato. Consideriamo, innanzitutto, il comune di Morrovalle. Questo comune viene associato a Monte San Giusto, dando luogo al sistema locale di Monte San Giusto. In realtà, esaminando i flussi di pendolarismo di Morrovalle emerge che questo comune gravita principalmente su Civitanova Marche. I pendolari che da Morrovalle si recano a Civitanova Marche sono 214 unità, mentre quelli che si recano a Monte San Giusto sono 161 unità. Se si considerassero i valori assoluti verrebbe completamente modificata la logica gravitazionale dell’area. Associando Morrovalle al Sll di Civitanova Marche, anche Monte San Giusto dovrebbe essere associato ad esso con il risultato che scomparirebbe un sistema locale del lavoro e se ne amplierebbe in misura significativa un altro, quello di Civitanova Marche 10 . Proprio per la logica della procedura di clusterizzazione, la concettualizzazione dell’intero territorio cambierebbe profondamente. Problemi analoghi sorgono per i comuni di Grottazzolina, Magliano di Tenna, Monte Giberto, Rapagnano e Ponzano di Fermo che, pur essendo stati inclusi nel Sll di Montegiorgio, presentano un maggior livello di densità relazionale con il comune di Fermo. Più problematico è il problema metodologico posto dalla discrepanza tra la categoria di “distretto industriale ” e quella di “sistema locale del lavoro”. Se il 10 Questo cambiamento avvicina il Sll di Civitanova Marche alla logica gravitazionale della città in nuce di ‘Civitanova Marche’ (vedi Calafati, Mazzoni 2005). 18
In: Economia Marche, 2005, n. 1. concetto di “distretto industriale” si basa sulla prossimità (fisica e cognitiva) che permette di sfruttare le economie esterne, è evidente che le imprese operanti in questi comuni sono parte costitutiva della rete di imprese calzaturiere che formano il DcM – o almeno di una sua parte. Come è quindi possibile che la connessione non si espliciti alla scala territoriale alla quale dovrebbe comparire quella del distretto industriale? Dal punto di vista metodologico, l’errore consiste nell’assegnare al pendolarismo un valore di proxy dell’interdipendenza territoriale che, in questo caso, evidentemente non ha. I valori relativamente elevati dell’autocontenimento di forza lavoro, infatti, invece di segnalare l’autonomia dei comuni e, dunque, forme di discontinuità territoriale, sono la conseguenza della presenza diffusa sul territorio dei luoghi di produzione che, in rete, formano appunto il distretto industriale. Ogni comune ha le proprie fabbriche e la maggior parte dei residenti è occupata in aziende localizzate all’interno del proprio comune. Ciò perché quanto viene offerto in termini di opportunità lavorative nel comune di residenza è molto simile a quanto offerto nei comuni limitrofi, sia in termini di condizioni lavorative che di compensi. Il fatto che molte imprese calzaturiere siano capillarmente presenti sul territorio – e, di fatto, in tutti i comuni – del DcM riduce gli spostamenti per motivi di lavoro al di fuori del comune di residenza. Ciò non significa, dunque, essere in presenza di un territorio frammentato. Come l’analisi sul campo ha evidenziato, si è in presenza di un territorio fortemente integrato ma ad un livello di interazione diverso da quello del pendolarismo per motivi di lavoro 11 . 6. Oltre i sistemi locali del lavoro: riflessioni conclusive Ad un’analisi puntuale appare evidente, certamente per le Marche, che i sistemi locali del lavoro sono una categoria inadeguata per rappresentare la nuova organizzazione spaziale del processo economico. Alla fondamentale, per quanto trascurata, obiezione di utilizzare soltanto una delle modalità di interazione territoriale – il pendolarismo per motivi da lavoro – si deve aggiungere che la procedura genera sistemi locali del lavoro che, esaminati da vicino, appaio no incongrui. Si deve concludere che condurre una descrizione – e spiegazione – 11 Per un’analisi delle relazioni territoriali nel distretto e un esame del processo di coalescenza territoriale verificatosi nell’area vedi Calafati, Mazzoni (2005). 19
In: Economia Marche, 2005, n. 1. delle traiettorie di sviluppo locale in termini di sistemi locali del lavoro dà luogo ad una profonda distorsione delle dinamiche territoriali. Il problema interpretativo che si è cercato di risolvere con la categoria dei sistemi locali del lavoro è, tuttavia, di grande rilievo. Anche il tentativo di utilizzare un solo algoritmo di generazione per tutto il territorio può essere considerato interessante da molti punti di vista. Tuttavia, è evidente che si debbano introdurre dei cambiamenti in grado di tenere conto di almeno quattro questioni. La prima concerne l’anomala attribuzione di un comune ad un sistema locale, situazione che si è ripetuta più volte nei casi esaminati. Ciò potrebbe dipendere dalla struttura dell’algoritmo che in un territorio con un policentrismo fine come quello marchigiano genera esiti paradossali. Il fatto è che gran parte del territorio italiano presenta una struttura urbana policentrica con caratteristiche che sembrano contrastare con la logica dell’algoritmo. La seconda questione da considerare è molto rilevante da un punto di vista metodologico e decisiva per l’intero progetto di ri-concettualizzazione del territorio italiano : si deve introdurre una soglia dell’intensità di interdipendenza territoriale al di sotto della quale non si procede ad associare un comune ad un altro comune (o ad un altro insieme di comuni). La procedura di associazione contemplata dall’attuale algoritmo fa sì che nell’ultima fase tutti i comuni, anche quelli che hanno flussi in entrata e in uscita irrilevanti, siano associati ad altri sistemi. Questa scelta non ha alcun significato, oltre al fatto di complicare il lavoro dell’algoritmo, in una situazione di parcellizzazione territoriale come quella che caratterizza l’Italia. Essa nasconde, inoltre, uno dei problemi fondamentali del paesaggio economico italiano: l’esistenza di comuni che sono disconnessi territorialmente e formano sistemi locali a sé – sistemi locali che, in genere, hanno seguito una traiettoria di declino economico e sociale Naturalmente, tutti i sistemi socioeconomici sono sistemi aperti ed è difficile trovare sistemi locali che non abbiano flussi di pendolarismo, per quanto piccoli. Ma la questione della soglia oltre la quale la relazione si trasforma in interdipendenza è metodologicamente fondamentale. D’altra parte, la scelta di non definire “sistema locale” una densità relazionale composta da un solo comune è contradditoria, poiché ciò che si sta cercando sono delle densità relazionali è un comune è di norma una densità relazionale in sé. Densità territoriali intercomunali potrebbero anche non esserci. E, nel caso non esistano, il fatto di imporre la condizione che vi siano (poiché, secondo la procedura ISTAT nessun comune può restare in una condizione di non associazione) è una scelta contraddittoria. 20
In: Economia Marche, 2005, n. 1. Se si esamina il complesso delle relazioni tra i comuni del sistema locale del lavoro di Comunanza, ad esempio, si ottengono risultati interessanti. Se si considerano soltanto le relazioni tra i comuni che si stabiliscono attraverso le entrate ponendo una soglia di 40 unità si ottiene il grafo indicato nella Fig. 5. Soltanto cinque comuni hanno una relazione con il centroide che per intensità supera in valore assoluto le 40 unità. Inoltre, soltanto tra due comuni diversi dal centroide (Montefortino e Amandola) si ha una relazione significativa. Pur cercando di costruire un grafo simmetrico (e si considera la somma delle entrate e delle uscite), la struttura del grafo che si ottiene non muta. Per ottenere un grafo che replichi il sistema locale del lavoro calcolato dall’ISTAT si devono considerare flussi in entrata (e uscita) di valore irrisorio. Per quanto si scenda nel valore di soglia, inoltre, una struttura reticolare di fatto non appare e si ha una semplice gravitazione sul centroide. Fig. 5 – Sistema locale del lavoro di Comunanza: nucleo relazionale E A: Comunanza B: Amandola F A D C: Montefortino D. Force E. Montemonaco F. Montefalcone Appenninico C B La terza fondamentale questione riguarda il tema dei comuni che presentano una interdipendenza territoriale difficile da gerarchizzare: comuni (e territori) che non hanno una gravitazione ben definita. Anche in questo caso, assegnare questi comuni al sistema locale del lavoro con il quale hanno una gravitazione marginalmente maggiore – ammesso che ciò si possa determinare in modo univoco e si è visto che in molti casi ciò non è possibile – conduce a risultati paradossali, come è emerso con riferimento ai sistemi locali del lavoro esaminati in precedenza. Di nuovo, si dovrebbe introdurre il criterio secondo il quale 21
In: Economia Marche, 2005, n. 1. l’assegnazione di un comune ad un sistema locale del lavoro avviene quando la gravitazione sul centroide (o sul sistema locale associato al centroide) è significativamente maggiore della gravitazione su altri sistemi locali del lavoro. In caso diverso, questi comuni devono essere definiti come sistemi locali del lavoro composti da un unico comune. La quarta questione, infine, riguarda il significato del pendolarismo per motivi di lavoro all’interno di sistemi territoriali che hanno sub ìto un profondo processo di integrazione e che hanno seguito un itinerario di sviluppo spaziale che ha organizzato il territorio su modelli urbani. In tutti questi casi – quando, cioè, “si fa cercare” all’algoritmo i sistemi locali del lavoro in un territorio che ha la struttura della città in nuce si ottengono risultati paradossali. Con riferimento ad una città in nuce, il pendolarismo per motivi di lavoro non è una proxy dell’interdipendenza territoriale bensì una proxy dell’organizzazione territoriale del sistema locale (spesso “città dispersa” di riferimento): esso riflette la localizzazione della residenza rispetto alla localizzazione dei luoghi di lavoro – soprattutto fabbriche nelle città industriali. Questo è, appunto, il caso del Distretto calzaturiero delle Marche nel quale l’integrazione spaziale e sociale – almeno nella parte del distretto che appartiene alla città in nuce di ‘Civitanova Marche’ – è particolarmente densa fino a configurare l’esistenza di una unica città (dispersa) 12 . La localizzazione delle aree industriali è tuttavia distribuita sul territorio – come in molte città medio- grandi – in un modo da segmentare territorialmente i movimenti del pendolarismo. Gli individui, come è tipico di un sistema urbano, cercano una residenza che minimizzi la distanza dal luogo del lavoro (o viceversa). In tutti questi casi, se non si riuscisse ad integrare l’algoritmo, sarebbe necessario utilizzare altre prospettive metodologiche per cogliere i processi di integrazione territoriale. Sullo sfondo dei processi di coalescenza territoriale avvenuti in Italia – i quali hanno determinato la formazione di nuove densità relazionali nello spazio –, il tema che il concetto di “sistema locale del lavoro” affronta è molto importante. Tuttavia, i sistemi locali del lavoro, almeno sulla base dell’analisi svolta in questo lavoro, non sembrano costituire una soluzione accettabile. Un cambiamento dell’algoritmo lungo le linee indicate permetterebbe di migliorare notevolmente i risultati. Ma, la scelta più opportuna è forse quella di passare ad altre prospettive metodologiche, le quali sembrano permettere di giungere ad una migliore soluzione del problema dell’interpretazione del nuovo paesaggio economico italiano. 12 Vedi Calafati, Mazzoni (2005). 22
In: Economia Marche, 2005, n. 1. Appendice statistica Tab. A/1 - Matrice dei flussi pendolari in entrata per comune del Sll di Comunanza dai comuni del Sll e da altri comuni sul totale delle entrate – val. % Comune di residenza Santa Vittoria In in altri comuni Monteleone di Montemonaco Montefalcone Montefortino Comunanza Montelparo Montegallo Appennino Amandola Matenano Palmiano Smerillo Totale Fermo Force Amandola 11,7 1,5 2,3 20,3 0,4 0,4 1,1 1,5 0,4 3,8 3,4 53,4 100,0 Comunanza 28,4 8,1 5,3 15,4 2,5 0,1 1,8 5,6 1,7 3,5 3,2 24,3 100,0 Force 2,3 8,3 0,8 0,8 0,0 10,5 9,0 1,5 3,0 8,3 0,0 55,6 100,0 Montefalcone Appennino 5,3 15,8 0,0 5,3 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 31,6 42,1 100,0 Comune di arrivo Montefortino 45,8 8,5 0,0 1,7 0,0 0,0 0,0 10,2 0,0 0,0 0,0 33,9 100,0 Montegallo 0,0 4,2 0,0 0,0 4,2 0,0 0,0 4,2 0,0 0,0 0,0 87,5 100,0 Monteleone di Fermo 1,9 1,9 0,0 0,0 0,0 0,0 22,2 0,0 0,0 5,6 0,0 68,5 100,0 Montelparo 2,0 2,0 0,0 0,0 0,0 0,0 5,9 0,0 2,0 7,8 0,0 80,4 100,0 Montemonaco 20,0 5,7 0,0 5,7 22,9 2,9 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 42,9 100,0 Palmiano 0,0 3,8 3,8 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 92,3 100,0 Santa Vittoria in Matenano 6,3 1,1 3,2 5,3 0,0 0,0 2,1 16,8 1,1 0,0 3,2 61,1 100,0 Smerillo 23,1 7,7 0,0 7,7 7,7 0,0 0,0 0,0 15,4 0,0 7,7 30,8 100,0 Tab. A/2 - Matrice dei flussi pendolari in uscita per comune del Sll di Comunanza verso i comuni del Sll e verso altri comuni sul totale delle uscite – val. % Comune di residenza Santa Vittoria In Monteleone di Montemonaco Montefalcone Montefortino Montelparo Comunanza Montegallo Appennino Amandola Matenano Palmiano Smerillo Fermo Force Amandola 22,1 2,2 6,5 25,1 1,3 1,4 2,0 4,7 2,1 5,8 13,6 Comunanza 57,5 37,8 47,8 60,0 26,3 1,4 10,1 54,7 29,8 16,9 40,9 Force 0,7 7,9 1,1 0,5 0,0 20,3 8,1 2,3 8,5 6,4 0,0 Montefalcone Appennino 0,2 2,1 0,0 0,5 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 9,1 Comune di arrivo Montefortino 6,6 3,6 0,0 1,1 0,0 0,0 0,0 7,0 0,0 0,0 0,0 Montegallo 0,0 0,7 0,0 0,0 0,5 0,0 0,0 1,2 0,0 0,0 0,0 Monteleone di Fermo 0,2 0,7 0,0 0,0 0,0 0,0 8,1 0,0 0,0 1,7 0,0 Montelparo 0,2 0,7 0,0 0,0 0,0 0,0 4,3 0,0 2,1 2,3 0,0 Montemonaco 1,7 1,4 0,0 2,2 3,7 1,3 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Palmiano 0,0 0,7 0,6 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Santa Vittoria in Matenano 1,5 0,7 1,7 5,4 0,0 0,0 2,9 10,8 1,2 0,0 4,5 Smerillo 0,7 0,7 0,0 1,1 0,5 0,0 0,0 0,0 2,3 0,0 0,6 verso altri comuni 30,6 58,6 57,8 34,8 9,3 71,3 69,6 60,8 26,7 57,4 66,3 31,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 23
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