Nota Paese India Ufficio ICE di New Delhi Aprile 2017

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Nota Paese India Ufficio ICE di New Delhi Aprile 2017
Nota Paese India
Ufficio ICE di New Delhi
Aprile 2017

                 versione in lingua italiana
Nota Paese India - Aprile 2017

                                                INDICE

1. CENNI GENERALI E COSTITUZIONALI........................................................................ 5

2. QUADRO POLITICO....................................................................................................... 7

3. QUADRO MACROECONOMICO DEL PAESE............................................................. 8

4. COMMERCIO ESTERO DELL’INDIA........................................................................... 10

5. RELAZIONI COMMERCIALI ITALIA - INDIA............................................................... 13

6. INVESTIMENTI INTERNAZIONALI INDIA – MONDO................................................ 15

7. INVESTIMENTI INDIA – ITALIA..................................................................................... 17

8. ANALISI SULLA PROMOZIONE DEL MADE IN ITALY IN INDIA -

   ATTIVITA’ E OPPORTUNITA’......................................................................................... 19

9. PROGRAMMI GOVERNATIVI DI SVILUPPO............................................................... 41

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Nota Paese India - Aprile 2017

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                                 CENNI GENERALI E COSTITUZIONALI
L’India è una repubblica parlamentare federale (la Costituzione1 la definisce una “Unione di Stati”), suddivisa in 29
Stati e sette territori dell’Unione, con capitale New Delhi.
Il Paese ha una popolazione complessiva di quasi 1,3 miliardi di abitanti, cosa che ne fa il secondo Paese al mondo
per popolazione (è il settimo Paese al mondo per area con una estensione di 3.287.263 kmq).
La popolazione indiana è molto giovane con oltre il 46% sotto i 25 anni e solo il 5,95 % sopra i 64 anni.2 Di questi,
il 79,8% sono induisti, il 14,2% musulmani, 2,3% cristiani, 1,7% sikh, il restante 2% si compone di buddhisti, jainisti,
parsi e altri.
La lingua ufficiale è l’Hindi, la più diffusa con 422 milioni di persone che la parlano come madrelingua (258 milioni
parlano Hindi vero e proprio, altri 164 milioni parlano una delle altre 49 varianti dello stesso), scritto con i propri
caratteri (Devanagari). Altra lingua ufficiale per uso governativo dell’India è l’Inglese. Vi sono inoltre ventidue lingue
di rilevanza costituzionale; si tratta delle lingue regionali o degli Stati.
L’India ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito il 15 agosto del 1947 ed è divenuta una Repubblica il 26 gennaio
1950.
Tutti i 29 Stati e due dei sette territori (quelli di Delhi e Puducherry) hanno una specifica configurazione parlamentare
(bicamerale per sette Stati, monocamerale per tutti gli altri Stati e i due territori citati). Nelle composizioni bicamerali,
che ricalcano quella dell’Unione, la camera alta è nota come “Consiglio legislativo” e quella bassa come “Assemblea
legislativa” e un governo responsabile nei confronti della stessa.
I restanti cinque territori (Andamane e Nicobare, Chandigarh, Dadra e Nagar Haveli, Daman e Diu e le Laccadive)
sono amministrati direttamente dal Governo centrale, mediante amministratori nominati.
Il ramo legislativo della Repubblica indiana si compone di un parlamento bicamerale suddiviso in Assemblea
Popolare (Lok Sabha, equivalente alla Camera dei Deputati; è la “Camera bassa” del Parlamento indiano) e Consiglio
degli Stati (Rajya Sabha, che è la “Camera alta”).
Il Lok Sabha ha 545 deputati, 543 dei quali sono eletti direttamente, a suffragio universale, con maggioranza semplice
in collegi uninominali, i rimanenti due sono nominati dal Presidente della Repubblica e restano tutti in carica per 5
anni.
Il Rajya Sabha si compone di 245 membri, di cui 233 sono eletti dai governi degli Stati e territori dell’Unione con
criteri di rappresentanza proporzionale e dodici vengono nominati dal Presidente della Repubblica (restano in carica
per 6 anni). I membri del Rajya Sabha vengono rinnovati per un terzo ogni due anni.
Il Rajya Sabha ha competenza pari al Lok Sabha in tutte le materie, eccetto che per le leggi finanziarie, ambito in cui
il Lok Sabha ha l’iniziativa esclusiva e può prevalere sul Rajya Sabha (le mozioni di sfiducia spettano soltanto al Lok
Sabha). Il Rajya Sabha tutela i diritti degli Stati nei confronti dell’Unione, che può legiferare in materie di competenza
esclusiva degli Stati solo temporaneamente e solo con l’approvazione a maggioranza qualificata (due terzi) del Rajya
Sabha.
Le “Assemblee legislative” degli Stati sono elette ogni cinque anni. In caso di necessità, il governo locale può essere
rimosso, in genere quando non riesce più a funzionare, da parte del governo centrale, ricorrendo all’amministrazione
controllata esercitata dal governatore (c.d. President’s rule). Si tratta di una misura d’emergenza e teoricamente
temporanea fino a nuove elezioni.
Il capo dell’esecutivo della Repubblica indiana è il Capo di Stato che è, dal 26 gennaio 1950, il Presidente della
Repubblica (e che ha un potere esecutivo soltanto nominale).
Il potere esecutivo (nominale) risiede nel Presidente, che lo esercita direttamente o mediante delega a suoi sottoposti
in accordo con la Costituzione (il potere esecutivo viene quindi delegato al Consiglio dei Ministri ed al Primo Ministro,
che lo esercitano fattualmente).
L’attuale Presidente della Repubblica, dal luglio 2012, è Pranab Mukherjee, esponente di spicco del Partito del
Congresso.

1 Constitution of India, versione pubblicata dal Governo dell’India, Ministero della Giustizia, 2015, Parte I, art.1.
2 CIA The World Factbook, https://www.cia.gov/library/publications/resources/the-world-factbook/geos/in.html.

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Ufficio ICE di New Delhi

Il Presidente è eletto con mandato di cinque anni, rinnovabile, da un collegio elettorale apposito (rappresentanti
delle Camere più rappresentanti di Stati e territori). Segue il Vice-Presidente della Repubblica, carica attualmente
ricoperta da Mohammed Hamid Ansari (al secondo mandato), che viene eletto come il Presidente e anche esso con
mandato di cinque anni rinnovabili. Il Vice-Presidente presiede di diritto la Camera alta (Rajya Sabha) del Parlamento
indiano
Il Consiglio dei Ministri, che formalmente consiglia il Presidente nell’utilizzo del potere esecutivo, ha al suo vertice il
Primo Ministro, che attualmente, dal maggio 2014, è Narendra Modi del BJP (Bharatya Janata Party – Partito Popolare
Indiano).
Il Primo Ministro, che detiene in realtà i principali poteri esecutivi, è nominato dal Presidente della Repubblica, su
indicazione del partito di maggioranza. Il Consiglio dei Ministri dell’Unione si compone di Ministri, nominati dal
Presidente della Repubblica, su indicazione del Primo Ministro.
Il Governo è responsabile davanti alla Camera bassa del Parlamento (Lok Sabha) e tutti i Ministri con portafoglio
devono essere membri di una delle due Camere.
Il ramo giudiziario è indipendente dal potere politico e strutturato attraverso una Corte Suprema, presieduta dal
Chief Justice of India, ventiquattro alte corti e numerosi corti o tribunali di primo livello. La Corte Suprema svolge
diverse funzioni, fra cui la risoluzione di dispute tra Governo centrale e governi degli Stati; essa funge inoltre da corte
d’appello nei confronti delle alte corti, oltre ad altre possibili funzioni demandate dal Parlamento.
Vale la pena notare che l’attuale Primo Ministro della Repubblica indiana è stato in precedenza Chief Minister (titolo
che identifica la carica di Primo Ministro di uno Stato dell’Unione) dello Stato del Gujarat per oltre 12 anni (dal 2001
al 2014).
Gli Stati dell’Unione sono stati riorganizzati a partire dal 1956 su basi linguistiche; il più recente in ordine di creazione
è il Telangana, che è stato separato dall’Andra Pradesh nel giugno 2014. Il più recente, come ordine di acquisizione,
è il Sikkim, che fino al 1975 era uno Stato indipendente.
Gli Stati dell’India variano considerevolmente per dimensioni e popolazione, andando dai circa 600.000 abitanti del
Sikkim, ai circa 200 milioni di abitanti dell’Uttar Pradesh (altri Stati con circa 100 milioni di abitanti sono il Maharashtra,
il Bengala occidentale e il Bihar).
Come area, si va dai 3700 kmq di Goa agli oltre 342.000 Kmq del Rajasthan (pari a circa il 114% del territorio
nazionale dell’Italia, pari a 301.338 kmq).
Alcuni Stati sono suddivisi in regioni (aree culturali, prive di poteri) o divisioni (raggruppamenti di distretti). Tutti gli
Stati, i territori dell’Unione e le divisioni sono a loro volta suddivisi in distretti ovvero unità amministrative (per un
totale di 686 distretti in tutta l’India).

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                                           QUADRO POLITICO
In India vi sono sei partiti politici di livello nazionale e circa 40 di livello regionale. Dal maggio 2014 è al governo in
India il BJP (Bharatiya Janata Party o Partito Popolare indiano), schieramento di destra.
Si tratta del primo governo di destra dopo 10 anni di governo di centro-sinistra da parte della UPA (United-
Progressive Alliance), alleanza guidata dall’INC (Indian National Congress o Partito del Congresso o semplicemente
“Congresso”), storico partito indiano (fondato nel 1885), che ha guidato tutti i governi dall’indipendenza al 1977 e
molti dei successivi.
Il Congresso, dall’indipendenza fino alle elezioni del 2009 incluse, aveva infatti vinto 10 delle 15 elezioni nazionali,
sei da solo e quattro in alleanza, governando il Paese per 49 anni su 67.
Il BJP è un partito nato nel 1980, dalla fusione di vari partiti, per sfidare il Congresso. Si tratta, fomalmente, di uno
schieramento nazionalista indù, con forti connotati religiosi, socialmente conservatore e fautore di una politica estera
nazionalista. Nella pratica è tendenzialmente liberista e riserva una particolare attenzione alla crescita economica.
Le ultime elezioni nazionali (del Lok Sabha) hanno avuto luogo tra aprile e maggio 2014, le prossime sono in
programma per il 2019. In India si contano attualmente, come già accennato, sei partiti di rilevanza nazionale e oltre
40 di rilevanza regionale (che possono comunque presentare liste per il parlamento nazionale).
Nelle elezioni 2014 per il Lok Sabha i risultati dei voti sono stati: Bharatiya Janata Party - BJP (partito all’epoca
all’opposizione e attualmente al governo) 31,3%; Indian National Congress (partito di governo uscente) 19,5%; vari
altri partiti si sono attestati tra 1 e 4% dei voti.
Con questi voti il BJP, che è il partito che guida la National Democratic Alliance o NDA (la coalizione attualmente al
governo in India), ha ottenuto da solo quasi il 52% dei seggi e la maggioranza assoluta al Lok Sabha. Altri membri
dell’alleanza sono alcuni partiti regionali.
L’attuale governo, composto dai partiti della National Democratic Alliance, ha il 61,65% dei seggi nel Lok Sabha, ma
non ha la maggioranza al Rajya Sabha (dove conta, al 17 marzo 2017, 74 seggi su 245).
Per il Partito del Congresso (Indian National Congress) le elezioni del 2014 hanno rappresentato il peggior risultato
mai ottenuto.
Si è assistito, in anni recentissimi, a una crescente rilevanza dei partiti regionali nel controllo delle Assemblee
legislative dei vari Stati dell’Unione e ad una parallela marginalizzazione del Partito del Congresso (che se nel 2014
controllava 11 Stati dell’Unione ed era nell’alleanza di governo, in altri due ne controlla adesso sei ed è in allenza di
governo in un altro soltanto).
A seguito di recenti elezioni amministrative (dal 2015 a oggi), Delhi, precedentemente contesa, è guidata da un
partito regionale (AAP), mentre il Bihar è passato dal BJP a un’alleanza locale di cui fa parte il Congresso. Lo Stato
dell’Assam è passato dal Partito del Congresso al BJP, lo Stato del Kerala è passato dal Partito del Congresso al Partito
marxista indiano. Gli Stati del Tamil Nadu e il Bengala occidentale sono rimasti ai partiti regionali che li avevano
governati nel mandato precedente. A marzo 2017 il governo dell’Uttar Pradesh (lo Stato più popoloso dell’India, con
oltre 200 milioni di abitanti) è passato da un partito regionale al BJP, che ha riportato una vittoria di ampie proporzioni,
conquistando il 78% dei seggi. Il BJP ha conquistato anche lo Stato dell’Uttarkhand, governato in precedenza dal
Partito del Congresso e ha riportato un buon risultato nello Stato di Manipur, dove il Partito del Congresso mantiene
però la maggioranza relativa. Inoltre, nonostante una netta flessione (ha perso 8 dei 21 seggi che deteneva), il BJP
dovrebbe poter mantenere (di stretta misura), grazie agli alleati, il governo di Goa (Stato di provenienza del Ministro
della Difesa dell’India). Infine, nello Stato del Punjab il BJP e il suo alleato regionale SAD (Shiromani Akali Dal) hanno
subito una grave sconfitta, perdendo 50 dei 68 seggi detenuti in precedenza e quindi il governo dello Stato, passato
al Partito del Congresso (che ha ottenuto una netta affermazione, conquistando 77 seggi su 117).

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                          QUADRO MACROECONOMICO DEL PAESE
Secondo recenti stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI), il PIL nominale dell’India avrebbe raggiunto i 2250
miliardi di USD nel 20163, consentendo al Paese di mantenere la settima posizione su scala mondiale (raggiunta
nel 2015), attestandosi davanti a Italia, Brasile e Canada (rispettivamente 8°, 9° e 10°) e immediatamente dietro alla
Francia.
Sempre secondo il FMI, il PIL dell’India (PPP- a parità di potere d’acquisto) è di 8.720 miliardi di USD4, dato che ne fa
la terza economia al mondo per PPP (dietro a Cina e USA).
Il PIL pro-capite nominale indiano occupa invece una posizione molto più bassa (144esima) con soli 1.719 USD e tale
posizione migliora solo marginalmente a livello di PPP, salendo alla 126esima con 6.658 USD.
L’India ha fatto registrare elevati tassi di crescita nei due decenni appena trascorsi, con una media del 5,8% e con
alcuni picchi al 9.57% tra il 2003 e 20074 per poi diminuire e quindi accelerare di nuovo con il 7,3% nel 2014, il 7,5%
nel 2015 e il 7,1% nel 2016, portandola ad essere oggi la prima sia fra i paesi cd. BRICS (Brasile, Russia, India, Cina,
Sud Africa) che fra le grandi economie (con un tasso che si attesta a fine 2016 intorno al 7,1% su base annua).
Tra le origini di questa crescita economica cosi’ rapida vi è sicuramente la progressiva apertura dell’economia
indiana al mondo ed ai commerci internazionali, unita a una serie di riforme del mercato interno che, seppure non ha
ancora portato a una completa liberalizzazione del mercato, ha modificato profondamente gli assetti dell’economia
nazionale.
Da un lato, queste riforme sono state ritenute all’origine della più rapida crescita economica registrata dal Paese,
dall’altro sono state accusate di avere aumentato le disparità economiche e sociali già esistenti.
Si può notare come il PIL dell’India sia cresciuto ad una media del 3,5% tra il 1950 e il 1980 (mentre il Pakistan
cresceva al 5%, Thailandia e Indonesia al 9%, la Corea del Sud al 10% e Taiwan al 12%).
La crescita è tuttavia rimasta incerta e irregolare, con picchi solitari e anni di crescita più modesta (anche tra l’1% e
il 4%) sino all’abbandono delle politiche protezioniste nel 1991 e all’adozione delle riforme economiche accennate
sopra. In sintesi non vi è chi non veda la struttura fortemente duale del tessuto economico indiano.
L’apertura al commercio internazionale ha avuto un ruolo significativo e l’India è passata da esportazioni marginali e
importazioni relativamente modeste ad una quota non trascurabile sul commercio mondiale per entrambe. Le cifre
sono state cosi’ rilevanti da superare, a tratti, il 15% del PIL, non potendo non riverberare forti riflessi sulla crescita
del PIL nazionale.
Il rallentamento dell’Inflazione, in particolare di quella all’ingrosso (WPI), ha favorito la crescita reale del PIL. Per i
prezzi al consumo, l’inflazione (CPI) registrata nel 2014 è stata del 5,9% ed è scesa al 4,9 % nel 2015 per prima risalire
al 5,5% e poi scendere al 3,41% nel 2016.
Per ciò che riguarda la composizione della Produzione, le stime più recenti danno il 52,5% del PIL proveniente dal
settore dei servizi, il 31.2% dall’industria e il 16,3% dall’agricoltura.5
L’India dispone della seconda forza lavoro al mondo, con poco più di 502 milioni di lavoratori. Stime del 2012 la
davano cosi’ distribuita: 49% nell’agricoltura, 31% nei servizi e 20% nell’industria.
Nonostante vi siano alcune stime che ipotizzano un effetto benefico della crescita economica sulle fasce più
povere della popolazione, ancora il 12.8% degli indiani vive al di sotto della soglia di povertà assoluta, mentre la
disoccupazione, seppur con stime contrastanti, sembra essere in lieve discesa (al 4,9% secondo stime locali per il
2014, all’8,4% secondo stime internazionali).
La rupia indiana ha subito sensibili variazioni del tasso di cambio in anni recenti, da una media annua di circa 81 rupie
per un Euro nel 2014 (con un picco a 86 rupie per 1 Euro), si è scesi a una media annua di 71,19 rupie per Euro nel
2015 (con una punta minima di ca. 65 rupie per Euro nella prima parte del 2015), per poi risalire su una media di
quasi 75 rupie per Euro nel primo semestre 2016 e ridiscendere prima verso le 71 rupie per Euro negli ultimi mesi
del 2016 e dopo, nel marzo 2017, fino alle 69 rupie per Euro.
Nella graduatoria “Ease of doing business 2017” (EADB 2016), l’India è risultata alla 130ma posizione su 190 Paesi,
3 FMI Fondo Monetario Internazionale. Si vedano gli aggiornamenti sull’anno 2016 nella tabella a pag. 9
4 4Ministry of Commerce & Industry, India.
5 EXIM Bank of India.

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con un miglioramento di una posizione rispetto al 2016.
L’India soffre di forti disparità di condizioni tra i suoi vari Stati, (p.es. il PIL pro-capite medio di Delhi è sei volte il PIL
pro-capite medio del Bihar ovvero ca. 3.000 USD contro ca. 500 USD per anno, nel 2015. Per un caso un pò meno
estremo, ma comunque significativo, il Maharashtra ha un PIL procapite di ca. 2.200 USD, che è quasi 4,5 volte quello
del Bihar o quasi il doppio di quello del Bengala occidentale).
Si notino infine due unità di misura indiane molto usate (non solo per i valori monetari, ma anche per tutto il resto), un
lakh = 100.000 (centomila), un crore (abbreviato “cr”) = 10.000.000 (dieci milioni) e le date di inizio e fine dell’anno
fiscale indiano 1 aprile – 31 marzo (abbreviato “FY”).

                                            TABELLA RIEPILOGATIVA6
                                   2014                     2015                      2016                      2017
                                                                                                       2,457 mld di USD
 PIL nominale             2.051 mld di USD         2.183 mld di USD          2.250 mld di USD
                                                                                                       (previsione FMI)
                                                                                                       7,2% (previsione
 Crescita del PIL         7,3%                     7,5%                      7,1% (stima)
                                                                                                       FMI)
 PIL pro-capite                                                                                        1.852 (previsione
                          1.600 USD                1.604 USD                 1.719 USD
 nominale                                                                                              FMI)
 PIL pro-capite PPP       5.808 USD                6.209 USD                 6.658 USD
 Debito pubblico          51,9% del PIL            51,9% del PIL
 netto                    (Stime EIU)              (Stime EIU)
                          3,3% del PIL
 Deficit                                           4% del Pil (Stime EIU) 3,5% del PIL (stime)
                          (Stime FMI)
                                                                                                       3,65% dato feb 2017
 Inflazione CPI           5,9%                     4,9%                      3,41% (dic)
                                                                                                       5,15 (previsione FMI)
 Inflazione WPI           2 (FY)                   -0.91 (FY)                3,39% (dic)               6.55 (feb 2017)
 Crescita produz.
                          ND                       +3,2% (stime EIU)         +4,9%
 industriale
                                                                                                       1,33 mld (previsione
 Popolazione              1,26 mld (stima)         1,28 mld (stima)          1,3 mld (stima)
                                                                                                       FMI)
 Forza lavoro             Ca. 490 mln (stima)      502,1 mln (stima)
                          49% agricoltura
 Distribuzione
                          31% servizi              ND                        ND
 forza lavoro
                          20% industria
                          52,9% servizi            52,5% servizi             53,5% servizi             53,8% servizi
 Struttura PIL
                          30,02% industria         31,2% industria           31,2% industria           31,1% industria
 (anno fiscale)
                          17,01% agricoltura       16,3% agricoltura         15,3% agricoltura         15,1% agricoltura
                          4.9%
                          (stime fonte locale)
 Disoccupazione                                    8,4% (Stime EIU)
                          8,4% (stime
                          internazionali)
                                                                             246.2 mld di USD
 Esportazioni             319,5 mld Euro           267 mld Euro
                                                                             (apr-feb)
                                                                             275,4 mld USD
 Importazioni             460 mld di Euro          391,6 mld di Euro
                                                                             (apr-fic)
                          30,9 mld di USD          40 mld di USD             35,8 mld di USD
 Flussi di IDE
                          (stima)                  (stima)                   (apr-dic, stima)
 Posizione EADB           134 (nel 2015)           130 (nel 2016)            130
 Cambio medio
                                                                             74,32 INR = 1 Euro 68,56 INR = 1 Euro
 annuo INR/Euro           81,04 INR = 1 Euro       71,19 INR = 1 Euro
                                                                             (gen-dic 2016)     (apr 2017, dati ECB)
 (fonte ECB)

6 World Bank Report,EIU, IMF, Ministry of Labour & Employment .

                                                                                                                       9
Ufficio ICE di New Delhi

                                                             4
                                   COMMERCIO ESTERO DELL’INDIA
Il commercio estero dell’India ha subito una sensibile flessione nel 2015 sia sul versante delle esportazioni che
delle importazioni. Questa flessione è proseguita nel 2016, principalmente, ma non solo, sul lato delle importazioni
indiane.
Possibili cause possono essere identificate sia nella flessione dei prezzi delle materie prime che nel rallentamento
della crescita dei principali partner commerciali.
Per il 2016 sono attualmente disponibili i dati di fonte internazionale (Fondo Monetario Internazionale) del periodo
gennaio-settembre, che mostrano, come accennato sopra, un proseguimento del declino dell’interscambio indiano,
con un interscambio totale di 445,7 miliardi di dollari contro i 487,7 miliardi di dollari del medesimo periodo del 2015
(-8,7%). Questa volta sono state le importazioni indiane a subire la contrazione maggiore (-12,2%), perdendo circa 32
miliardi di dollari in valore, mentre le esportazioni (-4%), hanno sinora registrato un decremento di 10 miliardi di dollari.
In valore i primi nove mesi del 2016 evidenziano una ulteriore, modesta, flessione delle esportazioni indiane
(passando da 203,2 a 194,8 mld di dollari) e una più marcata riduzione delle importazioni indiane, con soli 261,3
mld di dollari contro i 297,6 dei primi nove mesi 20157.
Nonostante dati di fonte nazionale8, in rupie, indicassero, da febbraio 2016, una ripresa sia delle esportazioni che
delle importazioni, i dati attualmente disponibili, di fonte indiana, del 2016 hanno smentito questa prima stima,
rimarcando invece una ulteriore flessione del commercio estero indiano. Come visto sopra infatti le esportazioni
sono in lieve calo, mentre la tendenza delle importazioni è di ulteriore forte riduzione.
Segnali di ottimismo per la possibile ripresa dell’interscambio indiano provengono da una serie di sei mesi
consecutivi di crescita delle esportazioni indiane (da settembre 2016 – febbraio 2017), che ha avuto il suo picco
di crescita percentuale a febbraio 2017, con 24,5 miliardi di dollari di export (+17,5% sul febbraio 2016, miglior
risultato percentuale mese su mese dal 2011 a oggi). Le esportazioni indiane sembrano essere state trainate dai
prodotti d’ingegneria e dai prodotti petroliferi grazie anche all’aumento del prezzo del petrolio stesso e questo in un
periodo nella quale, secondo stime WTO, la domanda di beni è rimasta bassa.
In crescita, a febbraio 2017, anche le importazioni indiane, grazie essenzialmente a massicci acquisti d’oro (3,5
miliardi di dollari) e di petrolio (7,7 miliardi di dollari).
Nel complesso l’anno fiscale 2016-17 (periodo 1 aprile 2016 – 31 marzo 2017, l’anno fiscale indiano è usato per tutte
le statistiche di fonte nazionale indiana) mostra finora (negli 11 mesi aprile 2016-febbraio 2017) una lieve crescita sia
delle esportazioni (+2,6%) che delle importazioni (+3,6%) rispetto allo stesso periodo dell’anno fiscale precedente.
Nel 2015 l’interscambio commerciale indiano si era attestato a circa 658 miliardi di dollari contro i 779 miliardi di
dollari del 2014, con una riduzione pari a circa il 15,5%.
Nello stesso anno le esportazioni indiane (266,9 miliardi di dollari; -16,4% sul 2014) erano state inferiori alle
importazioni (391,6 miliardi di dollari, -14,9% sul 2014). 8
Nel quadriennio 2011-2014, le importazioni indiane si sono assestate tra i 460 e i 490 miliardi di dollari (per poi
diminuire a 391 miliardi nel 2015), mentre le esportazioni sono state, nello stesso periodo, tra i 290 e i 319 miliardi di
USD (scese a 267 miliardi nel 2015).
Nel biennio 2012-2013, l’interscambio indiano ha raggiunto i suoi livelli più elevati con, rispettivamente, 780,4 e
780 miliardi di USD, per poi flettere lievemente nel 2014 (per via della flessione delle importazioni) e molto più
marcatamente nel 2015, rispettivamente, a 779 e 658 miliardi di USD.
Il picco delle esportazioni indiane si è avuto nel 2014 con 319,5 miliardi, mentre il picco delle importazioni è stato
nel 2012 con 489,2 miliardi di USD.
La bilancia commerciale indiana è tradizionalmente negativa (non ha registrato attivi almeno dal 2007 a oggi).
Il deficit nel 2015 era stato di circa 125 miliardi di USD (per i primi nove mesi del 2016 il deficit è di 66,5 mld di dollari,
in contrazione rispetto ai 94,5 dello stesso periodo del 2015), in calo rispetto al 2014 quando era stato di circa 141
miliardi di USD. Il peggior risultato di sempre è stato registrato nel 2012 quando aveva sfiorato la cifra record di 200
miliardi di dollari.9
7 Fondo Monetario Internazionale
8 Ministry of Commerce, India.
9 UN Comtrade.

        10
Nota Paese India - Aprile 2017

Nel primi nove mesi del 2016, la quota dell’India sull’interscambio globale mostra ulteriori segnali di calo (1,89%)
rispetto al calo subito nel 2015 quando la quota dell’India sul totale degli scambi mondiali ha registrato una lieve
flessione fermandosi al 2% del totale e collocandosi al diciannovesimo posto tra i maggiori esportatori mondiali. La
quota di export dell’India sull’export mondiale si era fermata al 1,62% e quella delle importazioni al 2,34%.
La quota degli scambi indiani sul totale mondiale nel 2014 era stata del 2,1%. L’India si era collocata al diciottesimo
posto tra i maggiori esportatori mondiali con una quota dell’1,7%, mentre si era posizionata al dodicesimo posto tra
gli importatori con una quota del 2,45%.
Gli scambi commerciali indiani sono effettuati prevalentemente con Paesi asiatici ed europei, in particolare, nei primi
nove mesi del 2016, con la Cina (11,1%), gli Emirati Arabi Uniti (10,4%), gli USA (10,3%), l’Arabia Saudita (3,9%), la
Germania (3,0%), Hong Kong (2,6%) e la Svizzera (2,3%). L’Asia è, da anni, tradizionalmente sia il principale fornitore
che il principale cliente per l’India.
La Cina gioca la parte del leone nelle importazioni indiane con una quota record del 17,2% nei primi nove mesi
del 2016. Come fornitore dell’India la Cina, cresciuta continuamente dal 2013 al 2015, sembra stia avendo un
lieve rallentamento in valore, è seguita da Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, che hanno avuto quote
rispettivamente del 6,1%, del 5,5% e del 5,3% nei primi nove mesi 2016, dalla Svizzera al 3,6%, dalla Corea del Sud
al 3,4% e dalla Germania, settima, al 3,3%.
Tra i mercati di destinazione delle esportazioni indiane nei primi nove mesi del 2016 primeggiano gli USA con una
quota del 16,0%, seguiti da EAU all’11,9%, Hong Kong al 5,3%, Regno Unito al 3,4% e Cina al 3,1%.
L’Unione Europea nel suo complesso, dal 2007 a oggi, ha perso quote di mercato. Infatti, mentre nel 2007 la UE
incamerava il 21,5% delle esportazioni indiane e forniva all’India il 15,1% delle sue importazioni, nel 2015 le quote
sono scese rispettivamente al 16,9% e al 11,2%. Nei primi nove mesi del 2016 le quote, in lieve ripresa, sono
rispettivamente del 17,8% delle esportazioni indiane e 11,7% sulle importazioni indiane.
Fra i Paesi UE nei primi nove mesi del 2016, i principali partner commerciali dell’India sono stati, nell’ordine, 1.) la
Germania, con 13,9 miliardi di Dollari; 2.) il Belgio con 10 miliardi di dollari; 3.) il Regno Unito con 9,7 miliardi di
dollari; 4.) la Francia con 6,6 miliardi di dollari; 5.) l’Italia con 6,3 miliardi di dollari.10
Nel 2015, i principali partner commerciali UE dell’India erano stati, nell’ordine, 1.) la Germania, con 14,11 miliardi
di Euro; 2.) il Regno Unito con 13,21 miliardi di Euro; 3.) il Belgio con 11,95 miliardi di Euro; 4.) la Francia con 7,89
miliardi di Euro; 5.) l’Italia con 7,35 miliardi di Euro e 6.) la Danimarca con 6,05 miliardi di Euro. 11
Nell’ordine, i principali mercati di sbocco nella UE dell’India nei primi nove mesi del 2016 sono stati 1.) il Regno
Unito con 6,6 miliardi di dollari; 2.) la Germania con 5,4 miliardi di dollari; 3.) il Belgio con 4,1 miliardi di dollari; 4.)
la Francia con 3,7 miliardi di dollari; 5.) i Paesi Bassi con 3,6 miliardi di dollari e 6.) l’Italia con 3,4 miliardi di dollari.11
I principali fornitori UE dell’India nel 2015 sono stati nell’ordine 1.e 2.) parimerito tra Belgio e Germania, con 7,81
miliardi di Euro; 3.) il Regno Unito con 5,3 miliardi di Euro; 4.) la Francia 3,53 miliardi di Euro ; 5.) l’Italia con 3,35
miliardi di Euro e 6.) l’Olanda con 1,99 miliardi di Euro.
Tra i Paesi europei extra-UE merita una nota a sè la Svizzera che nel 2015 ha registrato una quota del 5,4% delle
importazioni indiane dal mondo (per circa 18 miliardi di Euro in valore).12
Nell’insieme il peso della Cina come fornitore è cresciuto negli anni, quello dell’Europa come partner si è ridotto e vi
sono state alcune altre variazioni di minore entità negli orientamenti del commercio estero indiano, con nuovi legami
con Paesi latino-americani e ridistribuzioni intra-aree.
Per ciò che riguarda il dettaglio merceologico delle importazioni, 2015, ultimo anno per il quale è attualmente
disponibile il dato, dell’India la situazione per settori è la seguente: 1.) minerali (29%); 2.) macchinari (19%); 3.) perle,
vetro e ceramica (16%); 4.) prodotti chimici (10%); 5.) metalli (7%). Tra le esportazioni le più rilevanti sono: 1.) il tessile
e l’abbigliamento (17%); 2.) le pietre il vetro e la ceramica (16%); 3.) i minerali (13%); 4.) i prodotti chimici (13%) e 5.)
gli agroalimentari (12%).
Andando ad esaminare i sottosettori delle importazioni, si può rilevare come per il primo dei settori, i minerali, che
pesa per il 29% sul totale delle importazioni indiane, il principale sottosettore sia quello dei prodotti energetici,
soprattutto petrolio, greggio e carbone. Tra i non energetici prevalgono il rame e collegati.
Per il secondo settore, quello dei macchinari, che ha una quota del 19% sul totale import, vi è prevalenza di quelli
elettrici ed elettronici e, in particolare, all’interno di questo sottosettore, gli apparecchi e i componenti per la telefonia
e i diodi, i transistor. Nel sottosettore dei macchinari meccanici prevalgono i processori, le pompe e gli aspiratori.

10 Fondo Monetario Internazionale
11 Fondo Monetario Internazionale
12 EUROSTAT.

                                                                                                                       11
Ufficio ICE di New Delhi

Per il sottosettore dei macchinari ottici e medicali, si rileva che hanno quota più modesta e sono rappresentati
principalmente dagli apparecchi elettro-medicali.
Analizzando invece i principali settori delle esportazioni indiane, vediamo che nel settore di testa, quello del tessile
e abbigliamento, che ha il 17% di quota sull’export complessivo, prevalgono l’abbigliamento e gli accessori sia in
tessuto che in maglia, oltre al cotone.
Per il secondo settore dell’export indiano, le pietre, il vetro e la ceramica (quota del 16%), sono le perle, le pietre e i
metalli preziosi a risultare i principali prodotti di esportazione e in particolare i diamanti non montati e gli articoli di
gioielleria o parti per questi.
Per i minerali (13%), sono sempre quelli energetici a prevalere con petrolio raffinato, coke e bitume.
Il saldo netto è positivo per le categorie del tessile e abbigliamento, prodotti agro-alimentari e mezzi di trasporto. È
negativo invece per minerali, macchinari, le pietre, il vetro e la ceramica, merci varie, legno carta e stampa, metalli,
gomma e plastica e per i prodotti chimici.
Cercando di comprendere le possibili cause della forte flessione delle importazioni indiane nel 2015 (-14,9% sul
2014) e del protrarsi di questa flessione almeno ai primi nove mesi del 2016 (-12,2% sullo stesso periodo 2015), può
aiutare un’analisi dei vari settori delle importazioni. Infatti, la principale voce delle importazioni indiane, quella dei
minerali (quota del 29% sul totale) ha avuto un crollo nel 2015 (-40% rispetto al 2014).
Per ciò che riguarda le altre voci, i macchinari sono stati invece in controtendenza facendo registrare un +7% sul
2014. In particolare i macchinari elettrici ed elettronici hanno registrato un +12%. Le pietre, il vetro e la ceramica
sono rimaste sostanzialmente stabili e i prodotti chimici hanno avuto un calo molto modesto (-2% sul 2014), mentre
i metalli hanno segnato una flessione impercettibile (-0,2%).
Anche le esportazioni indiane hanno avuto una sensibile flessione nel 2015, con un -17% rispetto al risultato del
2014 (e un ulteriore -4% nei primi nove mesi 2016 sullo stesso periodo del 2015). Questa flessione è anche qui
ricollegabile al crollo subito dal settore dei minerali, che ha registrato un -49% rispetto al 2014. Se si considerano
solo quelli energetici, il crollo è stato superiore al 50%.
I prodotti del tessile e abbigliamento (comparto principale dell’export indiano), nel 2015 hanno avuto una modesta
flessione, di poco superiore al -4% rispetto al risultato del 2014 e questo nonostante una buona prestazione del
sottosettore dell’abbigliamento e degli accessori in maglia (+4%) e da quelli in tessuto (+3,5%), che però non è
riuscito a compensare la notevole flessione di oltre il 16% rispetto al 2014, subita dal cotone.
Le pietre, il vetro e la ceramica hanno segnato una flessione del 4%, spinta in particolare dal sottosettore dei metalli
e delle pietre preziose, che ha registrato una flessione di circa il 5%.
I prodotti chimici sono diminuiti lievemente in quota (-2%), nonostante la crescita dei prodotti farmaceutici (+7%) che
non è riuscita a compensare le flessioni negli altri comparti del settore. In forte diminuzione i prodotti agro-alimentari
(-19% rispetto al 2014), penalizzati in parte dalle condizioni climatiche.
I macchinari hanno perso quasi il 6% in termini di valore esportato: il comparto più penalizzato è stato quello dei
macchinari elettrici ed elettronici (-12%).

                                       India Trade with the World
                                          India Trade Statistics (€ Billion)
                                                   (Financial Year)
       400          377,1                   380,2
                                                                   345,9
       300                  264,6                    263,4                 238,4    257,1
       200                                                                                  185,4

       100

           0
                     2013-14                 2014-15                 2015-16       2016-17 (Dec)
                                                    Imports   Exports

Fonte Ministero del Commercio Estero India - DGFT

         12
Nota Paese India - Aprile 2017

                                                                         5
                              RELAZIONI COMMERCIALI ITALIA-INDIA
L’Italia, era il 24esimo partner commerciale dell’India nell’anno fiscale13 2015-16, e si sta confermando tale nell’anno
fiscale 2016-2017. Stando al dato di novembre 2016 l’Italia era collocata al 26esimo posto dal lato delle importazioni
dell’India (con quota dell’1,1%, stabile rispetto al 2015) e al 15esimo sul versante delle esportazioni indiane (con una
quota dell’1,7%).
L’India per contro è il 17esimo fornitore dell’Italia (quota del’1,2%) e il 30esimo cliente (quota dello 0,8%). In ambito
Unione Europea, per l’intero anno fiscale 2014-15, l›Italia è risultata il quinto tra i paesi UE, dopo Germania (sesta
in assoluto), Belgio (tredicesimo in assoluto, esportando prevalentemente gioielleria), Regno Unito (18esimo in
assoluto), Francia (25esima in assoluto). Nell’anno fiscale 2015-2016 l’Italia ha fatto registrare la 24esima posizione
assoluta e la quarta tra i partners UE dell›India, con la Francia al quinto posto. Infine nei primi nove mesi (aprile-
dicembre) dell’anno fiscale 2016-2017, l’Italia si è confermata alla 24esima posizione assoluta come partner
commerciale dell’India.
Prescindendo dalle modalità di rilevazione di calcolo delle autorità indiane (anno fiscale aprile-marzo) ed elaborando
i dati in termini di anno solare, l’interscambio bilaterale dell’anno 2014 era stato infatti pari a 7,2 Mld Euro (+3,6%
rispetto al 2013), con esportazioni italiane pari a 3,043 Mld (+2,3%) e importazioni dall’India pari a 4,1 Mld (+4,6%),
facendo registrare un saldo negativo per l’Italia per 1,1 Mld di Euro circa.
Nel 2015 l’interscambio commerciale italo-indiano nell’intero anno ì stato pari a poco più di 7,3 Mld di Euro (+ 2,2%
sul 2014) - il secondo importo più rilevante dopo il 2011 con 8,5 miliardi di euro - con un export italiano in valore
(nel 2015) per 3,3 Mld (+10,4%) e importazioni dall›India per 4 Mld (-3,8%), facendo totalizzare un saldo negativo
per l’Italia pari a 644 Mln di Euro. I dati mostrano come le ragioni di scambio appaiano nondimeno più favorevoli
per il Made in Italy, con un deficit della bilancia commerciale che, rispetto al 2014, si riduce sensibilmente per l’Italia
(-42,3%). Nel 2015 l’Italia è divenuta il 24esimo partner commerciale dell’India, guadagnando tre posizioni sull’anno
precedente.
Nel 2016, l’interscambio italo-indiano ha raggiunto la quota di 7,53 Mld Euro (+2,3% rispetto al 2015), con esportazioni
italiane in valore per circa 3,3 Mld di Euro (ne consegue una flessione del 2,2% delle nostre vendite rispetto all’anno
scorso) e importazioni dall’India pari a circa 4,25 Mld (in aumento del 6,1%). Il saldo è negativo per l’Italia per 961
Mln di Euro (in aumento di oltre il 49% rispetto al 2015). Nel 2016 l’Italia ha mantenuto la 24esima posizione come
partner commerciale dell’India.
Nei primi due mesi del 2017 (gennaio-febbraio) l’interscambio è cresciuto del 17,2% rispetto allo stesso periodo
dell’anno scorso, con un incremento pari al 9,2% delle nostre esportazioni e del 22% per quanto concerne le
importazioni dall’ India. La quota degli scambi con l’India sul totale complessivo italiano è passata dallo 0,6% del
2004 all’1,1% del 2011, per poi scendere allo 0,9% nel 2015 e risalire lievemente nel 2016 (0,96%).
Nel 2016 le esportazioni italiane verso l’India sono state costituite da macchinari per il 40% (in particolare, macchine
per l’industria tessile, quelle di impiego generale e per impieghi speciali, rubinetti e valvole, macchine per la
lavorazione dei metalli, pompe e compressori, motori e turbine), prodotti chimici per il 9,8% (prodotti di base
della chimica organica, prodotti chimici vari, composti plastici nelle forme primarie), mezzi di trasporto per il 3,6%
(componenti di autoveicoli), carta e cartone per il 3% e strumenti e apparecchi di misurazione per il 2,5% .
Per un raffronto, nel 2015 le esportazioni dirette in India erano state rappresentate per circa il 38% da
macchinari meccanici (era il 42% nel 2010). Era risultata in crescita la quota dei prodotti chimici, passati all’11%
dall’8% precedente, mentre i metalli avevano visto un assestamento del proprio peso dal 12% del 2010 all’11% del
2015. I mezzi di trasporto erano scesi dall’11% del 2010 al 6% del 2015. In crescita la quota della gomma e plastica,
passata dal 4% nel 2010 a quasi il 5% nel 2015.
L’Italia, nel 2016, ha importato prevalentemente prodotti chimici di base, fertilizzanti e composti azotati, per circa
l’11,8% del totale, seguiti dai prodotti della siderurgia (9,5%), prodotti abbigliamento (8,6%), derivati della raffinazione
del petrolio (8,3%), macchine di impiego generale (5,4%) e altri prodotti tessili (4,8%).
Tra le importazioni, si è rilevato un arretramento dell’import di prodotti del tessile e abbigliamento, passati da quasi
il 29% nel 2010 al 26% nel 2015 e al 21,8% nel 2016. I metalli, al contrario, hanno avuto un andamento altalenante,
salendo dall’11% del 2010 al 17% del 2015 e poi ridiscendere sul 15,3% nel 2016. I prodotti chimici sono saliti dall’11%
ad oltre il 13% nel 2015 e oggi sono la prima voce dell’export indiano verso l’Italia.

13 L’anno fiscale indiano va dal 1 aprile di un anno solare al 31 marzo dell’anno solare seguente, è l’anno utilizzato per il bilancio dello Stato e
   tutte le statistiche di fonte nazionale indiana

                                                                                                                                         13
Ufficio ICE di New Delhi

Il saldo netto per categorie evidenzia un surplus per l’Italia per quanto riguarda il legno, la carta e la stampa, i
macchinari di impiego speciale e quelli di impiego generale, le macchine per la formatura dei metalli, gli strumenti e
apparecchi di misurazione, prova e navigazione, gli altri prodotti chimici, i mobili, le parti ed accessori per autoveicoli
e le forniture mediche e dentistiche, mentre si riscontra un deficit per i prodotti agricoli ed alimentari, per il tessile e
l’abbigliamento, i prodotti petroliferi raffinati, i chimici, le calzature, la gioielleria e bigiotteria, i prodotti farmaceutici
di base, i prodotti della siderurgia e i metalli nonchè gli autoveicoli.
Nel 2016 la quota indiana sul totale settoriale italiano è stata moderatamente rilevante sia dal lato dell’import che
dell’export per alcune categorie merceologiche: in particolare, l’India riveste un importante ruolo di fornitore di
coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, prodotti tessili, articoli in pelle e prodotti alimentari. D’altro
canto, l’Italia ha esportato verso l’Itndia il 6,9% del totale delle proprie esportazioni di prodotti delle miniere e delle
cave, l’1,76% dei prodotti di carta, l’1,75% di macchinari e apparecchiature nca, l’1,3% dei prodotti chimici e l’1% di
prodotti della stampa e della riproduzione di supporti registrati.
Va sottolineato comunque l’ottimo risultato ottenuto dagli scambi italo-indiani, in controtendenza con l’andamento
generale dell’interscambio indiano nel 2015 e nel 2016, che mediamente è diminuito intorno al 15% (sia come totale
che come export e import presi separatamente) nel 2015 e del 8,7%, come totale, nei primi nove mesi del 2016. Con
l’Italia l’interscambio è lievemente cresciuto per il terzo anno consecutivo e anche se le esportazioni e importazioni
di entrambe le parti hanno avuto un andamento altalenante nel triennio 2014-2016, sono comunque tutte cresciute
rispetto al 2013 e questo in un periodo di contrazione del commercio estero indiano e volatilità del cambio (si ricordi
che il cambio medio INR/Euro è passato da una media di circa 81 INR/ 1Euro a una di 71 INR/ 1 Euro dal 2014 al
2015, risalito a 74,3 INR/ Euro nel 2016 e adesso nuovamente in calo a 71,2 INR/ Euro nei primi mesi del 2017).
Per il 2016 l’interscambio italo-indiano è cresciuto rispetto al 2015 (+2,3%), con una contenuta flessione dell’export
italiano (-2,2%) e una buona crescita delle importazioni italiane dall’India (+6,1%). Per i principali settori delle
esportazioni italiane si registrano significativi aumenti per le macchinari - altre macchine per impieghi speciali
(+10,1%), macchinari - altre macchine di impiego generale (+15,0%), strumenti e apparecchi di misurazione, prova
e navigazione, orologi (+16,8), mobili (20,3%) e articoli in gomma (+20,7%) aumenti più contenuti per pasta, carta
e cartone (+5,1%) e articoli in materie plastiche (+6,9%). In calo: macchine di impiego generale (-13,8%), prodotti
chimici, fertilizzanti e composti azotati, materie plastiche (-2,9%), macchine per la formatura dei metalli e altre machine
utensili (-2,4%), cuoio conciato e lavorato, articoli da viaggio, borse, pelletteria, pellicce (-3,3%), parti e accessori per
autoveicoli e loro motori (-11,9%), altri prodotti chimici (-9,6%) e altri prodotti in metallo (-17,6%). Un calo drastico
delle esportazioni si è registrato per tubi, condotti, profilati e relativi accessori in acciaio (-42,8%).
Tra i principali settori di importazione dall’India sono in crescita i prodotti chimici di base (+6,6%), i prodotti derivati
dalla raffinazione del petrolio (+126,2%), le macchine di impiego generale (+14,1%), altri prodotti tessili (+20,1%),
i prodotti farmaceutici di base (+75,5%), giolielleria e bigiotteria (+11,6%) e i prodotti in gomma (+8,8%); poco
più che stabili gli altri prodotti del metallo (+1,2%). Sono cresciuti anche alcuni settori finora di minor rilievo per
l’interscambio nel suo complesso quali: altre macchine per impieghi speciali (+4,7%), macchinari - altre macchine
di impiego generale (+18,3%), altri prodotti chimici (+6,7%), mobili (+29,2%) e strumenti e forniture mediche e
dentistiche (+16,7%). In calo i settori dei prodotti della siderurgia (-2,3%), dell’abbigliamento (-1,5%), del cuoio
conciato e lavorato (-18,3%), dei prodotti di colture permanenti (-7,1%), delle parti e accessori per autoveicoli (-7,7%),
degli autoveicoli (-29,3%) e gli articoli in materie plastiche (-14,6%).

                                                                                                                     2016          2017
                          Year              2004                      2014          2015                2016
                                                                                                                   (Jan-Feb)     (Jan-Feb)
               Total Trade with Italy          3,300                    7204            7363              7534        1159.5       1359.2
               % Percentage                    18,8%                     3.6%            2.2%             2.3%                      17.2%
(Solar year)

                                                          2005-2011

               Export from Italy to India      1,273                    3043            3360              3286         433.1         473.1
               % Percentage                    16.1%                     2.3%          10.4%            (-) 2.2%                      9.2%
               Import in Italy from India      2,027                    4160            4004              4247         726.4         886.1
               % Percentage                    20.5%                     4.6%           -3.8%               6.1                       22%
               Balance of Trade                                                                                                     (-) 413
                                              (-) 753                 (-) 1117        (-) 644            (-) 961     (-) 293.3
               % Percentage                                                                                                            57%
Source: Istat
Discaimer: This data is extracted from official source and re-elaborated by ICE/ITA New Delhi office.
Above mentioned data do not have any legal sancity and is for general refence only.
Last update: 27/03/2017
Note: All Values are in Million Euros

                  14
Nota Paese India - Aprile 2017

                                                                       6
                   INVESTIMENTI INTERNAZIONALI INDIA – MONDO
Nonostante la scoraggiante posizione nella graduatoria EADB (Ease of doing business), gli IDE verso l’India sono
notevolmente cresciuti dal 1991 ad oggi.

    (NB:
    l’India ha denunciato nel 2016 gli accordi di protezione e promozione investimenti in essere con i Paesi UE, chiedendo di negoziarne
    di nuovi. L’accordo italo-indiano firmato il 23 novembre 1995 ed entrato in vigore il 28 marzo 1998 è stato denunciato con Nota Verbale
    del 23 marzo scorso del Ministero degli Affari Esteri di New Delhi. Di conseguenza, stante l’attuale situazione, l’accordo cesserà di
    produrre i suoi effetti il 23 marzo del 2017, anche se le sue norme, in base alla cosiddetta “sunset clause”, continueranno ad applicarsi
    agli investimenti effettuati entro la data di cessazione per un periodo di 15 anni, cioè fino al 23 marzo 2032).

Infatti, mentre la media degli IDE verso l’India negli anni ’90 è stata di 1,7 miliardi USD, ha poi radicalmente accelerato
con un flusso di 40,1 miliardi di USD di IDE nel 2015.14 I dati di fonte indiana relativi ai mesi aprile-dicembre 2016
indicano un flusso di IDE verso l’India di oltre 35,8 miliardi di USD.15
Per un raffronto con la situazione pre-apertura, si consideri che nel 1991 il flusso di IDE fu di soli 130 milioni di USD.
In particolare, per ciò che riguarda gli anni recenti, nel 2015 secondo alcune stime l’India avrebbe superato Cina e
USA come prima destinazione mondiale per gli IDE, con 31 miliardi di USD nella prima metà dell’anno (contro i 28
della Cina e i 27 degli USA).
Lo stock di IDE in India alla fine del 2014, sulla base dei dati UNCTAD, era di oltre 252 miliardi di dollari, importo
tra i più contenuti tra tutti i paesi BRICS, davanti soltanto al Sud Africa (145 miliardi di dollari). Secondo il rapporto
UNCTAD, lo stock di IDE in entrata in India era salito a 282 miliardi di USD nel 2015.
Alla data di dicembre 2016 il totale dello stock di IDE in India era salito a 324 miliardi di USD. L’ammontare di stock
di IDE in India è stato pari al 12,4% del PIL dell’anno 2014 e al 13,5% del PIL 2015, il precedente picco era stato nel
2009 con una quota del 12,8% del PIL. La quota indiana sul totale mondiale ha registrato un leggero incremento,
raggiungendo l’1,025% nel 2014 e l’1,12% nel 2015 rispetto allo 0,972% del 200916.
Con riferimento agli IDE indiani all’estero, nel 2014 essi ammontavano secondo l’UNCTAD a circa 130 miliardi di
dollari, pari allo 0,53% del totale mondiale. Tale stock è cresciuto ulteriormente di circa altri 30 miliardi di dollari tra
gennaio 2015 e settembre 2016.
Dati di fonte nazionale indiana evidenziano per il 2015 un forte incremento nei flussi di IDE: nel 2015 sarebbero entrati
circa 39,3 miliardi di dollari, contro i 28,8 miliardi di dollari entrati nel 2014, pari ad un aumento tendenziale di circa il 37%.
Il 2016 conferma questa buona tendenza con, tra gennaio e dicembre 2016, IDE stranieri in India per 35,8 miliardi di
USD e IDE indiani all’estero per 20,2 miliardi di USD. L’India paga un certo ritardo sugli IDE dovuto alla sua apertura
graduale all’economia mondiale solo con le riforme avviate dal 1991 in poi, con flussi molto modesti per il periodo
1991-1999 (con una media di circa 1,7 miliardi di USD l’anno) e ancora abbastanza contenuti per il periodo 2000-
2005 (con una media di circa 2,8 miliardi di USD l’anno).
Dopo di ciò, la crescita è stata molto più rapida, toccando quota 5,5 miliardi per l’anno 2005-06, 12,5 miliardi l’anno
seguente e 24,6 miliardi per il 2007-08. Da allora gli IDE verso l’India sono rimasti stabilmente sopra i 20 miliardi di
USD annui, toccando una punta record per il 2011-12 con 35 miliardi e nuove stime record per il 2015-16 con quasi
40 miliardi di USD.
Principali Paesi di provenienza dei flussi, tra il 2000 e il settembre 2016, sono secondo dati di fonte indiana: 1.)
le Mauritius (con una quota del 33,5% sul totale dei flussi 2000-dic 2016); 2.) Singapore (16,3%); 3.) il Giappone
(7,77%); 4.) il Regno Unito (7,51%); 5.) gli USA (6,13%); 6.) l’Olanda (6,11%); 7.) la Germania (2,94%); 8.) Cipro
(2,81%), 9.) Francia (1,71%) e in 13esima posizione l’Italia (0,69%).
Nel complesso, il 58,1% dei flussi di IDE 2000-2015 è stato di provenienza asiatica, il 25,3% europeo, il 10,4% è
giunto dall’Africa e il 6,2% dalle Americhe. Questi flussi di IDE sono destinati principalmente al settore dei servizi
(57,6%), l’industria ha una quota del 38,2% e solo il 4,1% va all’agricoltura.
Nonostante le riforme, che hanno aperto l’accesso a vari settori agli investitori stranieri, restano degli ambiti per i
quali gli IDE sono ancora soggetti ad autorizzazione governativa preventiva (produzione di sigari, sigarette, surrogati

14 DIPP, Department of Industrial Policy & Planning, Ministry of Commerce & Industry, India.
15 Reserve Bank of India
16 UNCTAD, World Investment Report, giugno 2016

                                                                                                                                    15
Ufficio ICE di New Delhi

del tabacco, apparecchiature aerospaziali e per la difesa, articoli riservati alla piccola impresa con partecipazioni
straniere oltre il 24%, distillati e bevande alcoliche, settore minerario, costruzioni e iniziative ove il partner straniero
abbia già una altra collaborazione tecnica o finanziaria nello stesso settore in India). Vi sono inoltre dei limiti massimi
per gli investimenti stranieri in alcuni settori.
Restano chiusi agli investimenti stranieri i settori del gioco d’azzardo, scommesse e lotterie, dell’energia atomica e
della micro-finanza. Il trasporto ferroviario, settore tradizonalmente chiuso, è stato protagonista di recenti iniziative
governative per una sua apertura agli IDE in vari ambiti e sottosettori.
In India esistono circa 400 zone speciali, create a partire dal 2005, nelle quali gli investitori hanno benefici fiscali e
amministrativi, con contabilità più semplice e imposte e dazi ridotti o non presenti.
Per ciò che riguarda gli investimenti dell’India verso il Mondo, pur essendoci stati alcuni sporadici investimenti da
parte di singole aziende indiane fin dalla metà degli anni ’60, l’India ha cominciato a investire all’estero in modo
regolare e consistente solo a partire dal 1991 e, secondo fonti UNCTAD, nel 2015 aveva uno stock di investimenti
all’estero pari a 138,9 miliardi di USD (129,6 miliardi nel 2014), finendo cosi’ superata dal Sud Africa e risultando
quinta sui 5 BRICS.
L’India ha vissuto una fase particolarmente intensa per i suoi investimenti all’estero tra il 2007 e il 2012, con importi
sempre superiori agli 11 miliardi di USD annui (il picco è stato nel 2009 con 19,37 miliardi di USD e il totale investito
all’estero dall’India in quei 6 anni è stato di 96,5 miliardi di USD).
Per ciò che riguarda il quadro d’insieme degli investimenti diretti esteri indiani si rileva, da fonti della Export-Import
Bank of India, che fino al 2001-2002 la maggior parte degli investimenti all’estero dell’India era diretta verso i Paesi
della Comunità di Stati Indipendenti-CIS (41% del flusso di quell’anno, pari a circa 1 Mld di USD, in maggioranza
verso la Russia), mentre nel decennio successivo si è assistito ad un riorienatmento radicale di questi investimenti,
con l’emergere di Asia-Pacifico e Africa quali destinazioni principali (con quote del 31,4% e del 24,3% sul flusso
2011-12), seguite dall’Europa con il 21,7% (l’area CIS era sotto all’1%).
In particolare, tra il 2003 e il 2012 i principali Paesi di destinazione per numero di investimenti sono stati USA,
Regno Unito ed EAU con circa un terzo degli investimenti totali (all’epoca il totale era sui 2750 progetti), mentre la
graduatoria per capitale realmente investito vedeva prima l’Indonesia, seguita dagli EAU e poi, nell’ordine, Cina,
Iran, Nigeria e Oman. L’Africa ha avuto una posizione rilevante come destinazione dei flussi d’investimento indiani
negli anni 2005-2008, ma è stata sopravanzata in tempi recenti da Paesi che forniscono rilevanti benefici fiscali (p.es.
Mauritius, Singapore, Isole Vergini Britanniche e Olanda).
Se si considerano i paesi membri del G20, il Regno Unito è il più grande investitore in India, avendo investito 22,8
Mld di Euro tra il 2000 e il settembre 2016: in termini assoluti, i paesi del G20 hanno investito nel Paese circa 80
Mld di Euro negli ultimi 15 anni e mezzo, con il Regno Unito seguito da Giappone (22,5 Mld), Stati Uniti (18,3 Mld),
Germania (8,7 Mld), Francia (5,0 Mld).
Il primo paese europeo ad investire in India è quindi il Regno Unito, terzo investitore assoluto (con 22,8 Mld
Euro e il 7,8% della quota sul totale), dopo Mauritius (96,6 Mld Euro) e Singapore (47,9 Mld Euro).
In termini percentuali e in relazione allo stock nel periodo considerato (2000-2016)17, i principali settori interessati
dagli investimenti sono: i servizi (17,6%), le costruzioni (8.38%), l’IT (6,9%), l’automotive (5,22%), il Food Processing
(2,36%), i macchinari industriali (1,4%).18

                                      FDI Equity Inflows in India (FY)
                                                      € Billion
        40.0                                       (Financial Year)
                                                                        36,9
                                                                                         33,4
        30.0                                                 27,1
                         21,4               20,7
        20.0

        10.0

              0
                      2012-13            2013-14          2014-15     2015-16         2016-17

Fonte RBI (Reserve Bank of India)

17 Non si dispone di dati per lo stock assoluto
18 RBI, Reserve Bank of India.

         16
Nota Paese India - Aprile 2017

                                                            7
                                       INVESTIMENTI INDIA – ITALIA
L’Italia è salita di una posizione in graduatoria e si attesta dal mese di aprile 2016 nella posizione di 13esimo investitore
in India (considerato il periodo aprile 2000-dicembre 2016), con una quota dello 0,69% ed uno stock19 pari a circa
2,09 Mld di Euro (tra i principali settori interessati: Automotive 36%; Servizi commerciali (trading) 13,3%, Servizi
(anche finanziari) 6%; Meccanica Industriale 6%; Industria siderurgica e altro 4%). Nell’anno fiscale 2015-16 (dall’1
aprile 2015 al 31 marzo 2016), secondo fonti indiane, i flussi degli investimenti italiani in India hanno totalizzato 330
Mln di dollari circa. Un dato parziale indica che gli investimenti indiani in Italia nel periodo gennaio-settembre 2016
ammontano a 23,8 Mln di Euro (principalmente nei settori dei servizi, del manifatturiero, dell’alberghiero e della
ristorazione).20
Gli investimenti diretti esteri dell’Italia in India ammontavano, al 31.12.2014, a 628 aziende partecipate, con un
fatturato complessivo di 4,98 miliardi di Euro e oltre 23.800 addetti.
I settori con il maggiore numero di investimenti sono stati il tessile abbigliamento, quello dei veicoli e l’agroalimentare.
Alla data del 2015 lo stock di IDE italiani in India, secondo dati di fonte italiana21 (in contrasto però con i dati indiani,
che parlano di circa 2,09 miliardi di USD) superava di poco i 5,2 miliardi di Euro contro i 4 miliardi di Euro del 2014.
La presenza italiana si articola essenzialmente su tre forme 1.) Aziende controllate al 100% (non sempre possibile);
2.) joint-ventures con aziende locali (formula obbligatoria per alcuni settori) e 3.) uffici di rappresentanza.
Sono oltre 400 le aziende italiane che hanno una loro forma di presenza stabile in India (il numero arriva a quasi 630
se si considerano quelle a capitale misto).
I flussi di capitali italiani sono stati particolarmente elevati nel 2012 e 2014 (intorno al miliardo di Euro annuo).
Per converso, nel periodo 2008-2014, secondo dati di fonte italiana, l’India avrebbe disinvestito dall’Italia (specie
negli anni 2012-2014) riducendo lo stock accumulato nel periodo in oggetto a soli 47 milioni di Euro. Come detto
sopra in India sono presenti stabilmente circa 400 aziende italiane.
Le principali aree geografiche di insediamento delle imprese italiane in India sono:
ƒƒ il polo industriale di Delhi-Gurgaon-Noida (c.d. Capital Belt), con ca. 160 aziende;
ƒƒ il polo di Mumbai-Pune (Maharashtra), con ca. 140 aziende;
ƒƒ Il terzo e quarto polo di concentrazione sono rispettivamente attorno alle città di Chennai (Tamil Nadu) e Bangalore
   (Karnataka), in totale sulle 75 aziende;
ƒƒ Di rilievo minore Calcutta (Bengala Occidentale), con ca. 20 aziende (vedi allegati scheda West Bengal);
ƒƒ Sempre più interessanti risultano altri Stati, quali Gujarat e Rajasthan, ove cominciano a registrarsi i primi
   stabilimenti italiani.
ƒƒ Tra i grandi gruppi italiani presenti in India si segnalano: FCA (oltre alla casa automobilistica, anche New Holland
   e Magneti Marelli), Carraro, Maschio Gaspardo,
ƒƒ Piaggio, Prysmian, Maire Tecnimont, Techint, Luxottica, Danieli, Ansaldo Energia, Saipem,              Brembo,
   StMicroelectronis, Salini Impregilo, CMC di Ravenna, Bonfiglioli, Mapei, Italcementi, Maccaferri, Ferrero, Bauli,
   Perfetti Van Melle, Tessitura Monti, Benetton, Gruppo Coin, etc. La presenza di grandi gruppi industriali italiani
   certamente funge da traino per le nostre PMI. Sono inoltre operative in India numerose case italiane del design
   d’interni, moda e segmento lusso (tra cui Artemide, Natuzzi, Zegna, Armani, Cavalli, Damiani, Montegrappa, ecc.),
   se pure con un numero di punti vendita ancora limitato.
Tra le banche italiane hanno uffici di rappresentanza in India Intesa San Paolo, Banco Popolare, MPS, Banca Popolare
di vicenza, Banca Sella e Unicredit, mentre tra le compagnie di assicurazioni è presente Le Generali.
Quanto ai settori , nell’ordine si segnalano:
ƒƒ L’automotive, con circa 60 aziende attive con 80 stabilimenti, concentrati essenzialmente in Maharashtra (oltre
   30 stabilimenti) e intorno a Delhi (ca. 30 stabilimenti) oltre ad altri Stati dell’India in piccoli numeri (in particolare
   Tamil Nadu con FCA).
19 Non si dispone di dati per lo stock assoluto
20 RBI, Reserve Bank of India.
21 MISE, Ministero dello Sviluppo Economico.

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