LA SICUREZZA NEGLI STADI IL NUOVO MODELLO ORGANIZZATIVO DELLO STADIO OLIMPICO DI ROMA - SISP
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Nicola Ferrigni* LA SICUREZZA NEGLI STADI IL NUOVO MODELLO ORGANIZZATIVO DELLO STADIO OLIMPICO DI ROMA 1. Introduzione In Italia, uno degli ambiti più problematici di gestione della sicurezza è storicamente rappre- sentato dalle manifestazioni sportive che, per loro stessa natura, costituiscono luoghi e momenti di aggregazione sociale caratterizzati da un forte impatto emotivo/passionale, e in cui il desiderio di esprimere il proprio tifo nei confronti di un atleta o di una squadra si incontra/scontra con il tifo dei sostenitori dell’avversario, per non dire di quei casi in cui esso sfocia in episodi di pura e semplice violenza (Dal Lago 2001; Porro 2011; Cucci, Germano 2003; Gallo, Massucci 2011). A ciò si aggiunge che, nelle manifestazioni sportive, il problema della sicurezza sovente travalica le mura degli stadi, dei palazzetti dello sport e, in genere, del campo di gara, per estendersi invece nel tempo e nello spazio anche a tutto ciò che accade al di fuori, nonché al “prima” e al “dopo” lo svolgimento della manifestazione sportiva (Massucci, Ferrigni 2013; Ferrigni 2015). A conferma di ciò, gli ultimi anni hanno registrato un grande sforzo di aggiornamento della normativa di settore e un impegno costante da parte delle Istituzioni, sportive e non, per soddi- sfare la domanda sempre crescente di sicurezza da parte della società, perché è indubbio che, a fronte di frange di tifo violento, c’è in Italia un’ampia parte del pubblico che si reca sui campi di gara animato dal desiderio di partecipare, di vivere in prima persona il clima di festa di evento sportivo (Roversi 1992; Salvini 2008; Massucci, Ferrigni 2013). È in quest’ottica che, nel 1999, il Ministero dell’Interno – di concerto con il Ministero per le Attività culturali – costituisce l’Osser- vatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive1. In particolare, all’Osservatorio sono affidati compiti di coordinamento centrale delle iniziative da attuare in occasione di incontri ritenuti par- ticolarmente a rischio, nonché compiti di proposta legislativa. Spostandoci dall’ambito dello sport nel suo complesso al calcio – che per numeri, dimensioni del tifo e complessità nella gestione della sicurezza all’interno e all’esterno degli stadi rappre- senta un caso paradigmatico nel nostro Paese (Papa, Panico 2002; Porro 2008) – qui la gestione della sicurezza è stata oggetto di una profonda revisione normativa dopo l’uccisione dell’ispet- tore di Polizia Filippo Raciti (avvenuta nel 2007 nel corso del derby Catania-Palermo). Tale revi- sione ha coinciso con l’introduzione, già all’indomani dei tragici episodi di Catania2, di una serie * Ricercatore di Sociologia dei fenomeni politici, direttore Link LAB, Link Campus University, Roma. 1 L’Osservatorio, successivamente regolamentato dalla legge n. 210 del 17 ottobre 2005, è istituito all’in- terno dell’Ufficio Ordine Pubblico. 2 Decreto-legge n. 8/2007. 1
di nuove misure che, ispirate a garantire una maggiore sicurezza dentro e fuori gli stadi, supera- vano il tradizionale approccio emergenziale e repressivo: dopo il 2007 si inizia infatti a ragionare in termini di sicurezza delle manifestazioni sportive, riconoscendo l’esigenza prioritaria di indiriz- zare la tutela legislativa a realizzare condizioni di tranquillità e regolarità per i frequentatori degli stadi (Ferrigni 2015). In particolare, tra le nuove misure adottate figurano l’estensione delle norme vigenti in ma- teria di ticketing, videosorveglianza e norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi anche agli impianti con capienza superiore ai 7.500 spettatori3; l’ufficializzazione del passaggio delle responsabilità connesse alla sicurezza degli incontri calcistici in capo alle stesse società sportive; l’introduzione della figura dello steward, incaricata di gestire le tifoserie all’ingresso (attraverso il filtraggio e lo smistamento degli spettatori), all’interno dello stadio (con la verifica del rispetto del regolamento di utilizzo degli impianti sportivi) e all’uscita (coordinando il deflusso). Come osserva Massucci (2008), lo spirito e i principi fondamentali della nuova nor- mativa si muovono su tre distinte aree d’intervento: a) misure organizzative per assicurare la sicurezza degli impianti sportivi; b) misure volte a prevenire la commissione di episodi di violenza; c) misure repressive nei confronti degli autori dei reati “tipici” commessi in occasione o a causa delle manifestazioni sportive. Nonostante i risultati positivi seguìti all’introduzione di tale normativa (con una sensibile ri- duzione degli incidenti all’interno degli stadi, e di conseguenza una diminuzione del numero dei feriti sia tra i civili che tra le Forze dell’Ordine) (Forgione, Massucci, Ferrigni 2015; Ferrigni 2015), negli anni a seguire è tuttavia capitato – seppur con minore frequenza rispetto al passato – che alcune partite di calcio siano state “macchiate” da episodi di violenza. Nell’ottica di una sempre più efficace gestione della sicurezza nelle manifestazioni sportive (e in primis in quelle calcisti- che), nel 2014 viene costituita una apposita Task Force, che nell’aprile dello stesso anno vara il pacchetto “Nuove misure per la sicurezza e la partecipazione alle manifestazioni sportive” (suc- cessivamente reso operativo dal Ministero dell’Interno), con cui da una parte si prosegue il cam- mino già intrapreso dai precedenti interventi normativi, dall’altra si introducono nuovi elementi e iniziative a sostegno e promozione della sicurezza nelle manifestazioni sportive in generale, e calcistiche in particolare. Nello specifico, le nuove misure si focalizzano sulla vendita dei titoli di accesso allo stadio (con particolare riguardo all’home ticketing), sulla fidelizzazione dei tifosi, sul contrasto al razzismo, sulla sempre più capillare introduzione del servizio di stewarding, infine sulla necessità di una nuova e diversa strutturazione degli impianti sportivi ai fini di una maggiore fruibilità degli stessi. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, la Task Force ha previsto la seg- mentazione dei settori degli stadi di calcio delle leghe professionistiche in sotto-settori dalla capienza massima di 10.000 spettatori per settore (limite già imposto dal DM 18 marzo 1996), da realizzarsi anche attraverso l’eventuale predisposizione di opportune limitazioni fisiche e or- ganizzative4. 3 I precedenti decreti ministeriali 6 giugno 2005 applicavano tali norme solo agli stadi con capienza supe- riore ai 10.000 spettatori. 4 Cfr. “Nuove misure per la sicurezza e la partecipazione alle manifestazioni sportive. Pacchetto di misure elaborato dalla Task Force”, Ministero dell’Interno, 2008, in http://www.governo.it/sites/governo.it/fi- les/misure_stadi.pdf. 2
La segmentazione dei settori all’interno degli stadi è altresì il punto cardine dell’ordinanza di servizio “Modello organizzativo per la sicurezza degli incontri di calcio” (28 luglio 2015) con cui la Questura di Roma introduce, a partire dalla stagione 2015/2016, una nuova modalità or- ganizzativa per lo Stadio Olimpico di Roma, fondata appunto sull’installazione di barriere all’in- terno delle Curve, con il conseguente frazionamento delle stesse. Secondo quanto affermato dalla stessa Questura di Roma, si tratta di un provvedimento dettato in primis dalla necessità di un intervento sistemico sulle maggiori criticità dello Stadio Olimpico, che si ritengono alla base di episodi di violenza e disordine, di pratiche illegali e di comportamenti inadeguati. Il provve- dimento si motiva altresì in ragione di una esigenza di safety: il sovraffollamento delle Curve, infatti, non solo viola il limite del numero degli spettatori5, ma crea soprattutto evidenti criticità per l’incolumità dei tifosi (vie di fuga e scale di emergenza impraticabili perché occupate). Allo stesso modo e nella stessa direzione, la riduzione degli spazi attraverso barriere appare funzio- nale alla prevenzione e al controllo di comportamenti violenti e/o illegali, agevolando anche l’azione delle Forze dell’Ordine e degli stessi steward nell’individuazione dei soggetti protago- nisti di tali comportamenti, a maggiore tutela, dunque, del resto della tifoseria. Come prevedibile, tale normativa è stata oggetto di discussione nel dibattito pubblico tanto sui media (sportivi e non sportivi) quanto tra i tifosi, e ha dato vita a forme di protesta (come quella dei tifosi della Curva Sud davanti all’ex Mattatoio del quartiere Testaccio)6 che si sono tradotte in ultima istanza nello sciopero del tifo (Cappelli 2015; Frignani 2015; Greco 2015; Stop- pini 2015, Zucchelli 2015, 2016). 2. Obiettivi e metodologia della ricerca Ma, e questa è la domanda cui ci proponiamo di rispondere attraverso questa ricerca, l’in- troduzione di questo nuovo modello organizzativo è stato percepito, dal pubblico che frequenta abitualmente l’Olimpico, come uno strumento utile a migliorare la sicurezza all’interno dello sta- dio? Al fine di rispondere a questa domanda, il paper presenta i risultati di una ricerca che, dal punto di vista metodologico, integra due diverse modalità di indagine. Nella prima fase abbiamo infatti utilizzato gli strumenti dall’analisi quantitativa (Corbetta, Gasperoni, Pisati 2001; Corbetta 2003a, 2003c) al fine di misurare da una parte il livello di sicurezza percepita da chi settimanal- mente si reca allo stadio, dall’altra il grado di condivisione del provvedimento, con particolare riferimento alla valutazione dei suoi effetti positivi sulla percezione della sicurezza. A tal fine, abbiamo realizzato un questionario semi-strutturato ad alternative fisse predeterminate e auto- compilabile in modalità anonima, che abbiamo successivamente somministrato in occasione di 5 Prima dell’entrata in vigore del provvedimento, in Curva sovente si registrava un numero di spettatori finanche superiore del 20% rispetto alla capienza massima prevista per il settore. 6 Cfr. http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/16_aprile_03/lazio-roma-protesta-ultra-tifosi-fuori-stadio- Curve-vuote-f0399f56-f99f-11e5-91c9-425ed3b43648.shtml?refresh_ce-cp. 3
8 partite, disputate allo Stadio Olimpico nella stagione 2015/20167. I questionari regolarmente compilati sono 3.9938. Nella seconda parte della ricerca abbiamo invece utilizzato lo strumento qualitativo dell’in- tervista a osservatori privilegiati (Corbetta 2003b) provenienti dal mondo dell’informazione gior- nalistica al fine di comprendere come essi hanno recepito e, a loro volta, veicolato la nuova normativa, nonché la loro percezione del livello di condivisione della stessa (in termini di au- mento/diminuzione della percezione di sicurezza all’interno dello Stadio Olimpico) da parte dei tifosi. Le interviste hanno avuto luogo nei mesi di luglio/agosto 2016 e i giornalisti intervistati sono stati Fulvio Bianchi de «la Repubblica», Alessandro Catapano de «La Gazzetta dello Sport», Carmine Fotia già direttore de «Il Romanista», Fabio Massimo Splendore del «Corriere dello Sport-Stadio». 3. La ricerca sul pubblico La prima parte della ricerca focalizza l’attenzione sul pubblico che abitualmente frequenta lo Stadio Olimpico, al fine di misurare il livello di sicurezza percepita all’interno dello stadio, il grado di condivisione del provvedimento, infine i vantaggi e/o gli svantaggi che, secondo il pubblico stesso, il nuovo assetto organizzativo garantisce in termini di sicurezza. Prima di addentrarci nell’analisi dei principali risultati emersi dalla ricerca, è opportuno sof- fermarsi preliminarmente sulle modalità della rilevazione e sulla tipologia di utente intervistato. Con riferimento al primo aspetto, la rilevazione ha registrato un andamento omogeno nelle otto partite in coincidenza delle quali è avvenuta la somministrazione del questionario (con una media pari a circa 500 intervistati per ciascun incontro), con un picco massimo (pari a 643 questionari regolarmente compilati) in occasione di Roma-Bate Borisov e un picco minimo (pari a 388 que- stionari) in occasione di Lazio-Juventus. I questionari compilati provengono in maggioranza dalle Curve (43,9%), seguite dalla Tribuna Tevere (34,4%) e quindi dalla Tribuna Monte Mario (21,7%). Per quanto concerne invece la profilazione del nostro intervistato, si tratta perlopiù di tifosi di sesso maschile (77,5%, a fronte del 24,5% di questionari provenienti dalla tifoseria femminile), che nella maggioranza dei casi si reca allo stadio “tutte le volte che la squadra del cuore gioca in casa” (55,2%, cui va sommato il 9,4% che segue la squadra anche nelle trasferte) o comunque con assiduità (14,7% circa una volta al mese). Un pubblico nella maggioranza dei casi in possesso di un abbonamento allo stadio (54,6%), dove è solito recarsi in compagnia di amici (56,0%), 7 I questionari sono stati distribuiti in occasione di 6 incontri del Campionato di Seria A, di cui tre disputati in casa dall’AS Roma (Roma-Atalanta, 29 novembre 2015; Roma-Fiorentina, 4 marzo 2016; Roma-Inter, 19 marzo 2016) e tre dalla SS Lazio (Lazio-Palermo, 22 novembre 2015; Lazio-Juventus, 4 dicembre 2015; Lazio-Roma, 3 aprile 2016). Ulteriori 2 rilevazioni sono state realizzate in occasione di partite rispettivamente di Champions League (Roma-Bate Borisov, 9 dicembre 2015) e di Europa League (Lazio-Sparta Praga, 17 marzo 2016). 8 La ricerca è stata promossa dalla Questura di Roma e condivisa con il CONI e le società sportive interes- sate. 4
genitori, fratelli o sorelle (19,4%), figli (10,2%), mogli o fidanzate (7,8%)9. Chi sceglie di andare in Curva, lo fa principalmente per ragioni di carattere emozionale (il 56,9% risponde “perché in Curva si vive la vera festa del calcio”) o abitudinarie (“sono sempre andato in Curva”, 15,4%); per contro, chi opta per la Tribuna lo fa per ragioni più “razionali”: il 46,8% risponde che in Tribuna la visibilità è migliore, il 12,% rimarca che in Tribuna viene rispettata l’assegnazione dei posti a sedere, infine il 10,2% sostiene che in Tribuna è inferiore il pericolo di scontri. 3.1. La sicurezza percepita all’interno dello Stadio Olimpico Così definito il nostro intervistato nei suoi tratti essenziali, focalizziamo l’attenzione sulla prima questione affrontata nelle interviste, ovvero il livello di percezione della sicurezza all’in- terno dello stadio (Tabella 1) che, in linea generale, appare decisamente elevato: nel complesso infatti, il 74,5% degli intervistati dichiara di sentirsi “abbastanza” (48,9%) e “molto” (25,6%) si- curo all’Olimpico, a fronte del 7,2% che non si sente affatto sicuro. Pari al 12,5% la percentuale di coloro i quali affermano di sentirsi “poco” sicuri. Il livello complessivo di percezione della sicurezza non conosce significative differenze se scorporiamo il dato tra tifosi romanisti e tifosi laziali (nel complesso, rispettivamente 75,0% e 73,8%). Per contro, alcuni dati significativi emergono dallo scorporo tra i diversi settori, in primo luogo per quanto attiene alla sicurezza all’interno dello stadio, che risulta percepita in misura superiore da parte di chi siede in Tribuna Tevere (complessivamente 77,8%) e in Tribuna Monte Mario (complessivamente 77,1%) rispetto a chi assiste alla partita dalle Curve (complessivamente 70,7%). Il dato a nostro avviso più interessante riguarda tuttavia la tendenza delle Curve a estre- mizzare il proprio giudizio: nel raffronto sia con la media generale che con gli altri settori, le Curve esprimono infatti le percentuali più elevate di “per nulla sicuro” (10,6%, rispetto alla media generale del 7,2%, al 5% della Monte Mario e al 4,4,% della Tevere) e di “molto sicuro” (29,2%, rispetto alla media generale del 25,6%, al 21,7% della Monte Mario e al 23,6% della Tevere). Tabella 1 – In che misura ti senti sicuro allo Stadio Olimpico? Settore Risposte % sul totale Curve Tribuna Monte Mario Tribuna Tevere Per nulla 7,2 10,6 5,0 4,4 Poco 12,5 12,8 12,8 12,0 Abbastanza 48,9 41,5 55,4 54,2 Molto 25,6 29,2 21,7 23,6 Non risponde 5,8 5,9 5,1 5,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 La percezione di una generale sicurezza all’interno dell’Olimpico è infine confermata dalle risposte alla domanda relativa agli stadi italiani maggiormente considerati più sicuri (Tabella 2)10: lo stadio capitolino viene infatti indicato dal 28,8% degli intervistati, seguito a breve distanza 9 Solo il 5,8% degli intervistati dichiara di recarsi allo stadio da solo, con la percentuale che scende addirit- tura allo 0,6% per quanto concerne i gruppi di tifoserie organizzate. 10 Dal punto di vista metodologico giova sottolineare come sia questa domanda che la successiva (relativa agli stadi percepiti come meno sicuri) erano a risposta aperta, per cui sono stati gli intervistati a indicare liberamente gli stadi considerati più o meno sicuri. 5
dallo Juventus Stadium di Torino (25,4%); sono i tifosi romanisti, in particolare, a sentirsi più sicuri all’interno del loro stadio (33,1% contro il 22,7% dei tifosi laziali). Al terzo posto di questa classi- fica degli stadi più sicuri, ma decisamente più distanziato, si colloca lo stadio Meazza di Milano (11,2%). Tabella 2 – Quale stadio italiano ritieni più sicuro? Risposte (primi cinque indicati) % Stadio Olimpico – Roma 28,8 Juventus Stadium – Torino 25,4 Stadio Giuseppe Meazza – Milano 11,2 Mapei Stadium-Città del Tricolore – Reggio Emilia 2,4 Stadio Friuli – Udine 2,8 Tra gli stadi meno sicuri (Tabella 3) svetta invece il San Paolo di Napoli con oltre la metà delle segnalazioni (52,0%), opinione questa condivisa da entrambe le tifoserie (50,5% dei tifosi laziali contro il 53% dei tifosi romanisti). Questa sostanziale assenza di differenza di vedute tra tifosi laziali e tifosi romanisti appare assai significativa se consideriamo la radicata rivalità – giunta ai propri massimi livelli dopo la morte del tifoso napoletano Ciro Esposito – tra tifosi azzurri e tifosi giallorossi cui fa da contraltare la storica “affinità” tra i supporter del Napoli e quelli della Lazio (i quali, dunque, non dovrebbero percepire come poco sicuro uno stadio “amico” quale il San Paolo). Tabella 3 – Quale stadio italiano ritieni meno sicuro? Risposte (primi cinque indicati) % Stadio San Paolo – Napoli 52,0 Stadio Olimpico – Roma 7,3 Stadio Atleti Azzurri d’Italia – Bergamo 4,1 Stadio Giuseppe Meazza – Milano 4.0 Juventus Stadium – Torino 2,7 3.2. La condivisione del nuovo modello organizzativo Il secondo tema su cui sofferma il questionario riguarda la condivisione del nuovo modello organizzativo (Tabella 4). A fronte di una quasi plebiscitaria conoscenza del provvedimento (90,3%) che istituisce le barriere in Curva, la stragrande maggioranza degli intervistati si dichiara assolutamente a sfavore dello stesso (64,9%). È tuttavia significativo notare che, nel complesso, il 15,4% dei tifosi si schiera a favore (il 9% condividendolo “abbastanza” e il 6,4% dichiarandosi totalmente a favore). Vi è inoltre il 14,8% che non si è schierato totalmente a sfavore del prov- vedimento, dichiarandosi tuttavia “poco” d’accordo. A queste percentuali si aggiunge infine quel 4,9% che ha preferito non esprimere il proprio parere, al cui interno rientrano certamente anche coloro i quali oggi sono “indecisi”, ma in un prossimo futuro potrebbero prendere posi- zione. Spostandoci dal dato generale a quello distinto per settore, emergono delle differenze che, per molti versi, sono fisiologiche. Chi non si dichiara a favore del provvedimento, infatti, è il tifoso principalmente delle Curve, che nel 79% boccia indiscutibilmente la separazione. Non la 6
pensa allo stesso modo lo spettatore della Monte Mario e della Tevere. Nel primo caso a dichia- rarsi assolutamente contraria al provvedimento è la maggioranza relativa (e non assoluta) degli intervistati (48,6%), mentre il 18,2% si dichiara “poco” d’accordo e il complessivo 25% rispetti- vamente “abbastanza” (14,1%) e “molto” (10,9%) a favore. Anche in questo caso deve far riflet- tere quel significativo 8,2% che ha preferito non fornire la propria opinione. Nel caso della Tri- buna Tevere, seppur si registri una percentuale leggermente più alta (57,2% vs. 48,6%) di chi si dichiara completamente contrario alle barriere, c’è un complessivo 20,1% di intervistati che as- seriscono di essere “abbastanza” (12,2%) e “molto” (7,9%) d’accordo con il provvedimento. Tabella 4 – In che misura ti ritieni d’accordo con l’adozione del provvedimento? Settore Risposte % sul totale Curve Tribuna Monte Mario Tribuna Tevere Per nulla 64,9 79,0 48,6 57,2 Poco 14,8 10,6 18,2 17,9 Abbastanza 9,0 4,1 14,1 12,2 Molto 6,4 2,9 10,9 7,9 Non risponde 4,9 3,4 8,2 4,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Questo approccio in larga parte negativo nei confronti del provvedimento trova conferma nelle risposte fornite alla domanda relativa ai vantaggi che da esso potrebbero derivare (Tabella 5). La maggioranza assoluta (53,4%) risponde infatti con un secco e deciso “il provvedimento non produce alcun vantaggio”. Il restante 44,1% ritiene invece che le separazioni in Curva por- teranno alcuni vantaggi in termini di safety, tra cui in particolare una più facile individuazione dei tifosi violenti (17,6%), un impedimento oggettivo alla consuetudine di scavalcare da un settore all’altro (10,6%), una maggior facilità nelle operazioni di filtraggio, afflusso e deflusso dei tifosi (8,9%), infine l’eliminazione dei problemi di sovraffollamento (7,0%). Spostandoci dal dato complessivo a quello scorporato per settore, ovviamente non sor- prende che a sostenere i vantaggi siano soprattutto tifosi che siedono in Tribuna Tevere o in Tribuna Monte Mario. Ma, ancora una volta, a destare interesse sono le risposte che vengono dai tifosi della Curva, in primo luogo perché si tratta dei diretti destinatari del provvedimento, in secondo luogo perché la rilevazione è stata realizzata in piena contestazione e quindi in una situazione con molta probabilità meno incline alla riflessione razionale. Pur prevalendo infatti una risposta negativa alla domanda (il preponderante 63,3% sostiene infatti che non vi siano van- taggi), è quantitativamente indicativo che circa un terzo dei tifosi della Curva (33,6%) condivide l’esistenza di taluni vantaggi. Tabella 5 – Secondo te, quali sono i principali vantaggi del provvedimento? Settore Risposte % sul totale Curve Tribuna Monte Mario Tribuna Tevere È più facile individuare i tifosi più violenti 17,6 13,0 23,2 19,8 Si impedisce ai tifosi di scavalcare 10,6 8,4 13,4 11,6 da un settore all’altro Si agevolano le operazioni di filtraggio, 8,9 5,6 9,7 6,9 afflusso e deflusso dei tifosi È garantita la presenza di un adeguato numero 7,0 6,6 11,7 9,9 di tifosi in Curva, evitando il sovraffollamento 7
Il provvedimento non produce alcun vantaggio 53,4 63,3 39,8 49,8 Altro 1,5 2,1 0,9 1,2 Non risponde 1,0 1,0 1,3 0,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Dai vantaggi agli svantaggi (Tabella 6). Il principale motivo per cui i tifosi “bocciano” il prov- vedimento consiste nel fatto che viene loro preclusa la possibilità di assistere alle partite con il proprio gruppo di amici (39,3%). Il 34,5% degli intervistati sostiene inoltre che l’introduzione delle separazioni “snatura” per così dire la goliardia della Curva a detrimento di gran parte dello spettacolo del calcio. Per contro, il 13,3% degli intervistati ipotizza quale conseguenza del prov- vedimento un inasprimento dei rapporti tra tifoserie e Forze dell’Ordine. Con riferimento agli svantaggi percepiti, è significativo altresì rimarcare come non vi siano sostanziali differenze nello scorporo del dato per settore, il che conferma quanto emerso in precedenza, ovvero che la frequentazione dello stadio non è mai un fatto individuale, bensì un’esperienza solitamente con- divisa con amici o familiari. Tabella 6 – Secondo te, quali sono i principali svantaggi del provvedimento? Settore Risposte % sul totale Curve Tribuna Monte Mario Tribuna Tevere I tifosi non seguono più le partite della squadra 39,3 41,4 40,4 35,7 del cuore con il proprio gruppo di amici e tifosi Le Curve sono smembrate, 34,5 37,2 29,9 33,6 togliendo al calcio gran parte dello spettacolo I rapporti tra le tifoserie e le Forze dell’Ordine 13,3 12,0 14,0 14,6 sono più tesi I biglietti a disposizione per assistere alle partite 4,6 3,3 5,6 5,7 si riducono in maniera considerevole Il provvedimento non produce svantaggi 4,4 2,0 6,6 6,2 Altro 1,4 1,9 0,6 1,2 Non risponde 2,5 2,2 2,9 3,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 3.3. Il nuovo modello organizzativo come risposta al bisogno di sicurezza L’ultima parte del questionario è finalizzata a comprendere quali sono le principali conse- guenze del provvedimento, nonché se e in che modo l’adozione del nuovo modello organizza- tivo viene percepita dal pubblico come un possibile strumento in grado di aumentare la sicurezza all’interno dello stadio (Tabella 7). Con riferimento alla prima questione, la maggioranza degli intervistati (complessivo 68,3%) ritiene che il nuovo modello organizzativo avrà perlopiù conseguenze negative, poiché contri- buirà ad allontanare ulteriormente i tifosi dallo stadio (42,7%) o a trasformare lo stadio stesso da luogo di aggregazione (quale dovrebbe essere per definizione) a luogo di divisione e disgrega- zione (25,6%). A fronte di ciò, c’è invece un complessivo 27,1% degli intervistati per cui dal prov- vedimento deriveranno effetti positivi, a cominciare da un cambiamento della tipologia di tifo- seria attualmente presente in Curva (11,6%); il provvedimento viene altresì considerato un incen- tivo anche per le donne e le famiglie ad andare allo stadio (8,5%), un nuovo modello di riferi- 8
mento da adottare anche in altri stadi italiani (3,4%), infine uno strumento attraverso cui final- mente porre fine alle intimidazioni della Curva di cui a volte sono vittima gli stessi giocatori (3,6%). Tabella 7 – Secondo te, quali sono le principali conseguenze del provvedimento? Settore Risposte % sul totale Curve Tribuna Monte Mario Tribuna Tevere Gli stadi saranno sempre più vuoti 42,7 46,5 35,5 42,0 Lo stadio, da luogo di aggregazione, si trasfor- 25,6 30,7 19,4 22,4 merà in luogo di divisione e disgregazione La Curva sarà popolata da tifosi diversi da quelli 11,6 9,4 14,6 12,7 che l’hanno frequentata finora Un incentivo per sempre più persone (famiglie, 8,5 4,4 14,1 10,5 donne) ad andare allo stadio Quello dello Stadio Olimpico rappresenterà un 3,4 1,7 5,8 4,3 modello da adottare anche in altri stadi italiani Si porrà fine alle intimidazioni che a volte i gio- 3,6 2,3 6,0 3,9 catori subiscono da parte dei tifosi violenti Altro 1,6 2,1 0,7 1,6 Non risponde 3,0 2,9 3,9 2,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Questa tendenziale divisione tra gli intervistati tale per cui i due/terzi sono più critici nei confronti del provvedimento laddove il restante terzo appare invece più favorevole (o quanto meno “aperto”) trova conferma quando andiamo a focalizzare specificamente l’attenzione sulle conseguenze che il provvedimento potrà avere sulla safety (Tabella 8). Alla domanda secca “Se- condo te, la separazione della Curva contribuirà a rendere lo stadio più sicuro?”, il 59,7% ri- sponde infatti “per nulla”, mentre il complessivo 36,4% ritiene invece che il provvedimento potrà produrre degli effetti positivi (sebbene il 21,7% opti per il “poco”, a fronte dell’11,5% che ri- sponde “abbastanza” e il 3,2% che risponde “molto”). Tabella 8 – Secondo te, la separazione all’interno della Curva contribuirà a rendere lo stadio più sicuro? Risposte % Per nulla 59,7 Poco 21,7 Abbastanza 11,5 Molto 3,2 Non risponde 3,9 Totale 100,0 Se il nuovo assetto organizzativo non viene percepito come pienamente in grado di garantire effetti positivi, cosa bisognerebbe fare per aumentare la sicurezza all’interno dello stadio (Tabella 9)? Secondo il 32,2% degli intervistati, per rafforzare la sicurezza all’interno degli stadi è neces- sario l’ammodernamento delle infrastrutture e un uso maggiore dei dispositivi tecnologici in grado di individuare i tifosi violenti. Un tifoso su quattro (22,4%) intravede invece nel dialogo costante tra tifoserie, società e Istituzioni l’elemento necessario a contrastare la violenza e di conseguenza a innalzare il livello di sicurezza negli stadi, con la percentuale che sale al 27,5% tra i tifosi che siedono in Curva. 9
Il 18,7% degli intervistati propende invece per una soluzione meno diplomatica e intravede in un inasprimento delle sanzioni la soluzione alla questione sicurezza negli stadi. La linea dura è sentita in modo maggiore da parte della tifoseria della Tribuna Tevere (21,5%) e della Tribuna Monte Mario (19,1%). Una presenza maggiore delle Forze dell’Ordine (8,3%) o una più efficace gestione dell’ordine pubblico (5,8%) non costituiscono invece, secondo gli intervistati, le priorità sulle quali concentrare gli sforzi. Solo tra i tifosi della Monte Mario la percentuale (12,3%) di chi vede una correlazione diretta tra il numero di Forze dell’Ordine e la sicurezza negli stadi, è più alta rispetto agli intervistati degli altri settori (rispettivamente Curva 6,5% e Tribuna Tevere 8,1%). Tabella 9 – Secondo te, cosa contribuirebbe a una maggiore sicurezza all’interno degli stadi? Settore Risposte % sul totale Curve Tribuna Monte Mario Tribuna Tevere Infrastrutture nuove e dispositivi tecnologici 32,2 29,3 32,8 35,3 per individuare e bloccare i tifosi violenti Dialogo costante tra le tifoserie, 22,4 27,5 16,8 19,4 le società e le Istituzioni Sanzioni più severe per i tifosi violenti 18,7 16,2 19,1 21,5 Maggiore presenza di Forze dell’Ordine 8,3 6,5 12,3 8,1 Maggiore e più efficace gestione dell’ordine 5,8 5,3 7,4 5,5 pubblico da parte delle Forze dell’Ordine Maggiore presenza di famiglie allo stadio 5,9 5,4 6,5 6,2 Altro 2,3 3,2 1,4 1,8 Non risponde 4,4 6,6 3,7 2,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 4. L’opinione degli osservatori privilegiati Quanto emerso nella prima parte della ricerca ha costituito il punto di partenza per la se- conda fase del nostro lavoro in cui, attraverso lo strumento metodologico dell’intervista a osser- vatori privilegiati, abbiamo cercato di comprendere come il nuovo modello organizzativo dello Stadio Olimpico è stato recepito e comunicato da quella particolarissima categoria di professio- nisti dell’informazione rappresentata dai giornalisti sportivi. Come già anticipato nell’introduzione, i giornalisti intervistati sono stati quattro, di cui espressione di testate giornalistiche specialistiche (Alessandro Catapano de «La Gazzetta dello Sport» e Fabio Massimo Splendore del «Corriere dello Sport-Stadio»), uno proveniente da un quotidiano generalista (Fulvio Bianchi de «la Repubblica»), l’ultimo infine con una esperienza di direzione di una testata interamente dedicata a una squadra (Carmine Fotia de «Il Romanista»11). Tre, in particolare, sono le questioni su cui si focalizzano le interviste: a) cosa pensano gli intervistati del provvedimento e se secondo loro va replicato e/o sostituito da cosa; b) quali sono state, a loro avviso, le ragioni del “sì” e quelle del “no”; c) se e quale è stato, a loro avviso, il ruolo svolto dai media nella vicenda. 11 Carmine Fotia è stato direttore de “Il Romanista”, testata fondata nel 2004 da Riccardo Luna (che ne è stato anche direttore fino al 2008), dal marzo 2010 al 6 agosto 2014, quando la testata ha cessato la propria pubblicazione. 10
4.1. Le barriere all’Olimpico: giuste o sbagliate? Da replicare o da modificare? La prima questione su cui abbiamo chiesto agli intervistati di esprimere un parere concerne il nuovo modello organizzativo nel suo complesso: si tratta cioè – a loro avviso – di un modello giusto o sbagliato? Nel contempo, un modello che può/deve essere replicato oppure un mo- dello che richiede modifiche? E, in quest’ultimo caso, quali modifiche vanno apportate? Modifi- che nelle modalità di comunicazione, così da renderlo più comprensibile ai tifosi? Modifiche formali che, pur non modificando il provvedimento nella sua sostanza, intervengono su quegli aspetti, magari marginali, ma che al pubblico risultano più indigesti? Oppure modifiche sostan- ziali tali per cui all’attuale assetto organizzativo se ne sostituisce uno nuovo e diverso? O, piut- tosto, è auspicabile un ritorno all’antico, perché solo ripristinando lo status quo i tifosi torneranno a riempire lo stadio? «Un successo eccezionale»: sono queste le parole con cui Alessandro Catapano sintetizza quella che a suo avviso non può essere una valutazione soggettiva, bensì rappresenta un dato oggettivo. Il nuovo modello organizzativo, spiega infatti il giornalista de «La Gazzetta dello Sport», non lascia nella memoria della stagione calcistica appena conclusa alcun «fatto di rilievo», espressione con la quale il giornalista indica «non soltanto i comportamenti violenti» ma anche quelli «eccezionalmente illegali» (sovraffollamento, scale di emergenza occupate, utilizzo di pe- tardi e artifici pirotecnici, ecc.) che «purtroppo ci eravamo abituati a considerare normali». Secondo Catapano, dunque, sono i fatti a dimostrare l’efficacia di un provvedimento che Fulvio Bianchi definisce «una forma di organizzazione diversa, più moderna, più civile». In parti- colare, secondo il giornalista de «la Repubblica» l’introduzione del nuovo modello organizzativo è tanto più apprezzabile poiché esso costituisce l’esito di un lungo e articolato processo che, benché osteggiato dalle posizioni di taluni tifosi – posizioni che, tuttavia, sovente sono espres- sione unicamente di disapprovazione e protesta contro la presidenza delle rispettive società sportive –, va invece incoraggiato. Lungi infatti dall’essere un intervento che va “contro” la tifo- seria, esso «è stato adottato per rendere le Curve non più territorio off limits dove in caso di incidente o di qualsiasi evenienza non si poteva mettere piede perché i tifosi occupavano spalti, corridoi, scale, ecc.». Dunque, un provvedimento che nasce “per” garantire una maggiore frui- bilità e ordine delle Curve – in assenza dei quali la presenza allo stadio di particolari tipologie di spettatori, come per esempio le famiglie, è messa a serio rischio – e nel contempo «un processo che vale la pena tentare». Secondo Fabio Massimo Splendore, un giudizio sul provvedimento non può invece prescin- dere da una preliminare distinzione tra il nuovo modello organizzativo, nei confronti del quale esprime il proprio apprezzamento, e le modalità con cui esso è stato applicato. Per quanto ri- guarda il primo aspetto, egli ricorda come la settorializzazione dovrebbe garantire una maggiore efficacia dei meccanismi di controllo, poiché – con la riduzione degli spazi – consente l’indivi- duazione tempestiva delle responsabilità di «determinate persone e non di un intero settore di fronte a fatti criminosi o pericolosi». Da questo punto di vista, è dunque indubbio che «le barriere nascono come strumento tecnico per aumentare la sicurezza negli stadi». Nel caso dell’Olimpico, tuttavia, è stato probabilmente commesso un errore nel momento in cui la normativa è stata applicata esclusivamente allo stadio romano, esponendo così la Prefettura, la Questura e lo 11
stesso provvedimento a critiche e incomprensioni. Paradossalmente, conclude Splendore, «chi è stato più virtuoso nell’applicazione delle regole si è esposto alle maggiori critiche». Per esprimere un giudizio sul provvedimento c’è un ulteriore elemento che secondo Splen- dore occorre tenere in considerazione, e che riguarda la tempistica del provvedimento. È indub- bio infatti che «i tempi di realizzazione di tutto questo dispositivo non hanno tenuto conto o non hanno potuto rispettare i “tempi commerciali” delle società di calcio: nel caso della Roma per esempio, per una impostazione di marketing tipicamente americana, la campagna abbonamenti era cominciata durante la primavera e quindi, nel momento in cui poi si è arrivati al provvedi- mento, ci si è trovati di fronte alla situazione di dover porre rimedio, ed evidentemente non so quale sia il confine fra il non esserci riusciti o l’essere magari finiti dentro quel meccanismo che talune volte ti porta anche a non deludere il tuo tifoso di riferimento». Su posizioni in parte diverse si pone invece Carmine Fotia, il quale sostiene che il provvedi- mento non è sufficientemente adeguato, poiché esso – limitandosi a disciplinare cosa accade dentro lo stadio – non interviene invece sul più ampio e complesso problema della violenza fuori dagli stadi. Di qui dunque la sua convinzione, e con questo ci spostiamo all’altra questione af- frontata in questa prima parte delle nostre interviste, che «tutte le misure saranno misure transi- torie, non perfettamente efficaci, finché non si arriverà agli stadi di proprietà», perché solo in tali contesti si realizza quella «nuova fidelizzazione» in assenza della quale lo stadio continuerà a essere percepito come un luogo poco sicuro: lo stadio di proprietà, dunque, come una sorta di «”casa condivisa” del tifoso, dove ci sono i musei, dove si possono vedere la storia della propria squadra e i trofei, si può andare con la famiglia a mangiare una pizza, ecc.». Il tema degli stadi di proprietà ritorna anche nella risposta di Fabio Massimo Splendore. Chi è chiamato a gestire la sicurezza si trova infatti a dover fare quotidianamente i conti con impianti sportivi, la cui organizzazione e strutturazione ha reso l’utilizzo delle barriere un passaggio ne- cessario, quasi obbligato: infatti, «nel momento in cui bisogna giocare un campionato in uno stadio con la conformazione morfologica e architettonica dell’Olimpico, l’unico meccanismo per realizzare le settorializzazioni (soprattutto “in corsa”) è stato quello delle barriere». Peraltro, egli aggiunge, questo provvedimento è stato la conseguenza inevitabile di una sorta di “italico mal- costume” tale per cui «per far andare avanti questo carrozzone, o comunque questo bellissimo contenitore di spettacolo e anche di ricchezza che è il calcio, molto spesso si è andati avanti per deroghe», che hanno consentito di continuare a giocare in stadi che non sono «sicuri e a norma al 100%». Così posta la questione, è evidente che quella delle barriere è una scelta su cui non si potrà tornare indietro, se non costruendo nuovi impianti, caratterizzati da una diversa gestione architettonica degli spazi in grado di rispondere alla normativa internazionale dell’Uefa e alle esigenze di sicurezza. Fino a che ciò non accadrà, tuttavia, le barriere appaiono l’unica soluzione possibile, pur con tutti i loro limiti: «in un momento in cui anche l’Uefa e le organizzazioni inter- nazionali del calcio vanno in una direzione di abbattimento di tutto ciò che divide», conclude infatti il giornalista del «Corriere dello Sport-Stadio», «oggettivamente quella dell’Olimpico sem- bra una logica e un provvedimento antico». 12
Se per Fotia e Splendore, dunque, il mantenimento o la modifica delle barriere in Curva si lega strettamente a innovazioni di carattere infrastrutturale, per Catapano la questione si inseri- sce in un discorso più articolato e complesso, alla cui base c’è la necessità di una «svolta cultu- rale» in assenza della quale in nessuna circostanza lo stadio potrà essere percepito come un luogo sicuro. Il modello sperimentato per lo Stadio Olimpico appare infatti come una scelta quasi obbligata, senza la quale si rientrerebbe nella vecchia logica del «allo stadio si può fare tutto a parte che non ci scappi il morto». Una scelta che, sostiene il giornalista de «La Gazzetta dello Sport», deve ricevere il sostegno del mondo dell’informazione e della cultura: «se […] vo- gliamo cominciare a pensare che anche qui si possano organizzare delle importanti partite di calcio senza che il quartiere intorno allo Stadio Olimpico venga completamente militarizzato, senza che i negozianti del quartiere debbano abbassare le saracinesche due ore prima del fischio d’inizio, senza che i residenti debbano tapparsi in casa, senza che le strade siano completamente inaccessibili agli stessi residenti, senza che i tifosi avversari debbano essere scortati da volanti, motociclette in un assetto di guerra, noi dell’informazione e del mondo della cultura dobbiamo guardare con favore a nuove misure». Tuttavia, le barriere da sole non risolvono il problema, se esse – come anticipavamo poc’anzi – non si abbinano a un percorso culturale, finanche “antro- pologico”, in ragione del quale si possa cominciare a «pensare di andare allo stadio senza respi- rare quel clima di tensione […] che si respirava fino a una stagione fa ogni volta che ci si avvici- nava allo Stadio Olimpico per una partita della Roma». 4.2. Ragioni del sì vs ragioni del no La seconda questione su cui abbiamo chiesto ai nostri osservatori di esprimersi riguarda le “ragioni del sì” e le “ragioni del no”: quali sono stati cioè, a loro avviso, i motivi per cui il pub- blico ha accettato il nuovo modello organizzativo e quali invece le motivazioni alla base della protesta, poi sfociata nel cosiddetto “sciopero delle Curve”. Partiamo proprio da questo secondo aspetto. Richiamando le principali ragioni alla base delle critiche da parte dei tifosi all’indomani dell’adozione del provvedimento, tanto Alessandro Catapano quanto Fulvio Bianchi ricordano come le proteste dei tifosi si siano inserite in un di- scorso e in una polemica già aperta con la dirigenza e i presidenti delle due società sportive, Lotito e Pallotta (ognuna per ragioni differenti). Nel quadro così delineato, Bianchi sostiene che la questione delle barriere è diventata «una scusa per non andare più in Curva». Per parte sua, Catapano va addirittura oltre, giudicandola sì un «pretesto» utilizzato ad arte per alimentare di nuova linfa la querelle con le due società (che, per parte loro, non hanno fatto nulla per favorire la comprensione prima e l’accettazione poi del provvedimento, preferendo invece mantenere un atteggiamento «ambiguo»), ma anche un utile strumento nelle mani di quella che egli defini- sce una «piccola “leadership-fascista-violenta”» della Curva Sud, che ha sfruttato la polemica nei confronti dell’installazione delle barriere per guadagnare credito e rispetto agli occhi del resto della Curva». Un pretesto, dunque, e nel contempo uno strumento, e non potrebbe essere diversamente perché, sostiene il giornalista de «La Gazzetta dello Sport», se si approccia con razionalità la 13
questione, appare assai difficile trovare argomenti a sostegno del “no”. Certamente non l’ipo- tesi, da alcuni sollevata, che le barriere rappresentino un provvedimento restrittivo della propria libertà individuale. Su questo punto, in particolare, Catapano è categorico: «di cosa stiamo par- lando?», egli infatti si chiede, e quindi aggiunge: «disertiamo lo Stadio Olimpico perché sono arrivati un Questore e un Prefetto e hanno detto “scusate le scale di emergenza servono appunto per emergenza per salvare una persona che si può sentire male? E magari questa persona muore perché voi avete deciso di sedervi sulle scale di emergenza?”. Oppure abbiamo disertato l’Olim- pico perché è arrivato un Questore che ha detto: “scusa potresti cercare di sederti al tuo posto e di non andare a minacciare chi è seduto al suo posto dove ci vuoi andare tu? Di non toglierti la cinta e minacciare di picchiarlo? Oppure puoi evitare di vietare a un tuo collega tifoso della Roma di non far incitare la Roma perché tu hai deciso di protestare contro la società e quindi nessuno deve cantare altrimenti ti arrabbi?”. Lo vogliamo dire che questo accadeva ogni dome- nica in Curva Sud prima che il Questore D’Angelo abbia deciso di istituire questi provvedimenti? È la verità, io capisco che fa male ma è la verità». Quanto, infine, alle responsabilità di chi avrebbe potuto, se non sedare, quanto meno non alimentare la protesta, il giornalista de «La Gazzetta dello Sport» non ha dubbi: esse vanno ri- cercate non solo nell’atteggiamento ambiguo delle società sportive e degli organi di informa- zione, ma anche i cosiddetti “tifosi vip” («cioè scrittori, pensatori, intellettuali, liberi professioni- sti, politici, rappresentanti del mondo della cultura di questa città molti dei quali sono universal- mente riconosciuti come grandi tifosi della Roma o della Lazio»), che hanno guardato con «diffi- denza» al provvedimento, anziché supportarlo. «Queste prese di posizione», conclude Cata- pano, «hanno fatto dei danni enormi perché questo provvedimento, come tutti i provvedimenti che si prendono, doveva essere accompagnato da una rinnovata mentalità, da una rivoluzione culturale». Una assenza, ricorda infine Catapano, che è stata percepita e denunciata pubblica- mente dal Prefetto Gabrielli che, citando una celebre battuta di Vittorio Gassman, ha più volte affermato “M’hanno rimasto solo”: «ed è andata esattamente così. E noi tutti che lo abbiamo lasciato solo abbiamo mancato di rispetto a un altissimo funzionario dello Stato e quindi abbiamo mancato di legalità e di senso civico». Secondo Fabio Massimo Splendore, come spesso accade l’adesione ad alcune forme di pro- testa cela invece una mancanza di conoscenza dei provvedimenti o una errata consapevolezza dei motivi che li determinano. Esattamente ciò che è accaduto per il nuovo assetto organizzativo dello Stadio Olimpico, dove la dura polemica dei tifosi, che hanno disertato lo stadio dopo l’in- stallazione delle barriere, si fonda su una scarsa conoscenza tanto dell’ordinanza, quanto – e forse soprattutto – della normativa riguardante la segmentazione dei settori in tutti gli stadi ita- liani, e dunque non solo all’Olimpico: «che il fulcro del provvedimento (cioè il fatto che non fosse una cosa mirata su Roma quindi non ci fosse la voglia di colpevolizzare una città e delle tifoserie) – afferma infatti il giornalista – era un aspetto poco conosciuto e credo che, come spesso capita un po’ in tutti i settori della nostra vita, non tutte le persone che hanno partecipato a quello sciopero fossero effettivamente consapevoli di quello che stavano facendo». Va da sé che chi ha capito le vere ragioni del provvedimento, continua Splendore, non solo non lo ha contestato, ma lo ha considerato per ciò che è: un punto di partenza per «aprire a un 14
confronto collaborativo [attraverso il quale] arrivare insieme a ottenere un percorso che sia con- diviso»: d’altronde, conclude il giornalista del «Corriere dello Sport-Stadio», «una partita di calcio giocata senza barriere in condizioni di assoluta sicurezza e vissuta come un vero e proprio spet- tacolo è l’obiettivo di chi scrive i giornali, di chi va in televisione, di chi va allo stadio, di chi gioca la partita e di chi come società la organizza». Per Carmine Fotia le “ragioni del sì” nei confronti del provvedimento si legano invece stret- tamente a un’esigenza condivisa da parte di tutte quelle persone che sono «stanche di andare allo stadio e dover ogni volta vivere come se ci entrasse dentro una battaglia»: «insomma, la gente vorrebbe anche tornare semplicemente andare allo stadio per divertirsi, per tifare la pro- pria squadra, per gioire, per piangere. È questo lo sport, questo è il calcio», quindi se le barriere servono a «mantenere la pace negli stadi, per me vanno bene anche queste». «Riavvicinare i tifosi allo stadio e non allontanarli» è, anche secondo Bianchi, la percezione che del provvedimento hanno avuto quei tifosi che non hanno aderito alla protesta, ma che anzi hanno sostenuto la scelta della Questura. «I favorevoli – sostiene Bianchi – forse hanno capito che il provvedimento non vuole limitare l’afflusso dei tifosi nelle Curve, ma disciplinare l’afflusso dei tifosi e rendere lo stadio un luogo più civile, un luogo più moderno, un luogo dove ci possano andare le famiglie e dove, da parte dello Stato, anche nelle Curve ci sia quella forma di controllo che invece non c’era più in quanto territorio off limits per le Forze dell’Ordine». L’immagine dei tifosi che si riappropriano del loro stadio campeggia anche nella risposta di Alessandro Catapano, che esordisce con il ricordare come un tempo, «prima che nascesse il tifo cosiddetto organizzato, in Curva ci andavano le famiglie con i bambini, molto banalmente per- ché erano i settori più popolari»; poi, con la radicalizzazione nelle Curve delle frange di tifo più violento, i bambini che un tempo assistevano alla partita dalla Curva hanno cambiato settore, quando non addirittura iniziato a disertare lo Stadio. Va da sé che chi ha espresso parere favo- revole nei confronti del provvedimento sono senza dubbio «persone che avevano smesso di frequentare lo Stadio Olimpico (oppure continuavano a farlo ma con paura e in una condizione di tensione) e che hanno registrato un cambiamento che, da questo punto di vista, è innegabile. Chiunque sia andato allo Stadio Olimpico a vedere una partita prima e dopo l’istituzione delle barriere racconterà con onestà che prima si respirava un clima e poi se n’è respirato un altro». C’è da augurarsi, conclude Catapano, che nei prossimi mesi la schiera dei favorevoli aumenti sempre più, perché questo vorrà dire che il «provvedimento ha colto nel segno, che è stato metabolizzato, che è diventato un po’ parte dell’humus della città». 4.2. Il ruolo e le responsabilità dei media L’ultima parte dell’intervista è finalizzata a capire quale, secondo i giornalisti, è stato il loro ruolo, e più in generale quello dei media, nella vicenda, e più in generale nella percezione della sicurezza negli stadi da parte del pubblico. Essi hanno fatto “buona informazione”, offrendo ai propri lettori tutti gli strumenti utili per farsi la propria idea in merito? Oppure sono venuti meno al loro ruolo di mediatori, assumendo un atteggiamento tifoso a favore o contro il provvedi- mento? E, nello svolgere il proprio lavoro, sono stati vittime di pressioni? 15
Su quest’ultimo aspetto Alessandro Catapano ammette che, nella vicenda, delle pressioni possano esserci state, ma questo non vuol dire necessariamente che i giornalisti abbiano assunto un atteggiamento «ammorbidito» verso una direzione piuttosto che un’altra. Ben altra questione, invece, è se, complice anche la «realtà molto particolare di Roma», qualcuno non abbia voluta- mente trasformato il provvedimento in «terreno di scontro mediatico». Quel che è certo, osserva Catapano, è che «sono stati pochi pochissimi a raccontare – cercando di usare un po’ di obietti- vità e di giustizia – la genesi di questo provvedimento, l’evoluzione di questo provvedimento, e gli effetti che questo provvedimento ha scatenato», con la conseguenza che «mai come in questa stagione [il racconto giornalistico] ha avuto degli effetti negativi, perché non ha veicolato obiet- tivamente questa storia, ma lo ha fatto subito ammantandosi di una cornice di tifo. Ma quando le cose che vengono fatte per legge, per giustizia, le si ammanta di tifo ovviamente si porta il tutto su un terreno sbagliato, su un terreno sul quale il messaggio viene veicolato in modo sba- gliato anche a quelli che invece avrebbero voglia di ascoltarlo e di leggerlo nel modo giusto e obiettivo». Anche Fabio Massimo Splendore ritiene che i media avrebbero potuto gestire diversamente la questione. Il giornalista del «Corriere dello Sport-Stadio» rimarca infatti come i giornalisti ab- biano tendenzialmente «cercato di rappresentare una realtà di mezzo», e nel farlo abbiano ec- ceduto in una «un’eccessiva personalizzazione nei confronti del Prefetto di allora (del Prefetto Gabrielli)». Prendersela con il Prefetto, tuttavia, ha fatto sì che i giornalisti (e di conseguenza il pubblico) perdessero di vista il «vero anello debole del provvedimento, cioè il fatto che un prov- vedimento nazionale sia stato personalizzato, sia stato attuato solamente a Roma quando invece […] bisognava, che a livello centrale, a tutte le province fosse imposto di procedere a quel tipo di settorializzazione, che fossero le barriere o fosse qualsiasi altro tipo di meccanismo». Fotia è ancor più esplicito nell’accusare alcuni media: a Roma «ci sono [infatti] degli organi di informazione, soprattutto alcune radio, che non hanno interessi a spiegare bene come stanno le cose, ma ad accendere gli animi perché solo in questi animi accesi trovano alla fine la loro ragion d’essere». Questi media, aggiunge Fotia, sono «portatori di interessi particolari, di gruppi di pressione, di lobby all’interno del mondo dei tifosi», e temono che «attraverso un maggior controllo da parte delle Forze dell’Ordine possano perdere il loro controllo sull’attività di certi gruppi». Di qui dunque la scelta di un’informazione settoriale e tifosa, frutto anche della consa- pevolezza della loro capacità di influenzare una certa parte dell’opinione pubblica. La posizione di Fulvio Bianchi per alcuni versi riflette quanto sostenuto dagli altri osservatori, dall’altra introduce un ulteriore elemento che, se non contribuisce a scagionare i media, ricon- duce le loro responsabilità nell’alveo di una più ampia responsabilità che essi non possono non condividere con le società sportive. Non bisogna infatti dimenticare che «alla base di tutto c’è stato un messaggio sbagliato da parte delle società sportive», ed è su questo messaggio che «si sono innescati i media» che, a loro volta, «hanno generato confusione, cavalcando una protesta assurda con manifestazioni fuori dallo stadio». Quali che siano le responsabilità individuali e/o collettive, conclude Bianchi, è indubbio che «un po’ di tutti […] hanno contribuito a ingigantire il problema e a creare questa contrapposizione forte tra i tifosi e le autorità». 16
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