N.7/2017 Lexfarma - Giurisprudenza sulla farmacia - Federfarma Nuoro

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N.7/2017 Lexfarma - Giurisprudenza sulla farmacia - Federfarma Nuoro
n.7/2017

Lexfarma – Giurisprudenza sulla farmacia

                             A cura dell’ufficio legale Federfarma
INDICE

       1. Se l’Azienda sanitaria non comunica alle farmacie il superamento del tetto di spesa
          preventivamente concordato nell’accordo DPC non può sospendere il pagamento
          nei confronti delle farmacie che in buona fede hanno continuato il servizio
          (Tribunale di Arezzo sentenza n.939/2017 pubblicata il 7 agosto 2017).

       2. Concorso straordinario: per il TAR Basilicata il punteggio massimo di punti 6,5
          previsto dall’art. 9 della legge n. 221 del 1968 per l’esercizio della farmacia rurale si
          aggiunge a quello massimo di 35 punti d’ordinario spettante per l’attività
          professionale svolta (Tar Basilicata, n. 592 del 29 agosto 2017).

       3. Secondo il Tar Lombardia, la farmacia, deputata all’erogazione dell’assistenza
          farmaceutica, può svolgere anche attività di distribuzione dei farmaci all’ingrosso
          qualora abbia la relativa autorizzazione. Tuttavia, le due attività (ingrosso e
          dettaglio) – legittimamente poste in essere dal medesimo soggetto in quanto in
          possesso delle relative autorizzazioni - debbono comunque restare distinte, al fine
          di consentire la tracciabilità e la verifica della disponibilità dei farmaci (TAR
          Lombardia, Brescia, n. 1109 del 15 settembre 2017).

Lexfarma - giurisprudenza sulla farmacia n. 7/2017
1) Se l’Azienda sanitaria non comunica alle farmacie il superamento del tetto di
      spesa preventivamente concordato nell’accordo DPC non può sospendere il
      pagamento nei confronti delle farmacie che in buona fede hanno continuato il
      servizio (Tribunale di Arezzo sentenza n.939/2017 pubblicata il 7 agosto 2017)

       In Toscana, nel 2010, si conclude un accordo sulla distribuzione per conto (DPC) che
       preveda un tetto massimo di spesa farmaceutica stabilito in 16.500.000 euro. Al fine di
       rispettare tale tetto era previsto anche l’obbligo delle parti di incontrarsi
       trimestralmente “per la stima del rispetto di spesa e per le conseguenti valutazioni”. A
       metà novembre il tetto di spesa viene superato e la ASL sospende i pagamenti delle
       farmacie del tutto ignare di tale sforamento che, quindi, continuavano ad offrire il
       servizio. A quel punto l’azienda comunale che gestisce le farmacie comunali del
       Comune di Arezzo cita in giudizio l’azienda sanitaria per vedersi riconoscere il diritto
       alla remunerazione relative al mese di novembre e dicembre.

       Il Tribunale ordinario di Arezzo, avendo accertato che dalla documentazione presente
       agli atti non risultava che l’Azienda sanitaria o la Regione Toscana avessero in alcun
       modo provveduto ad allertare le farmacie convenzionate del rischio di superamento
       del budget né risultava che in qualche modo una comunicazione in tal senso fosse
       pervenuta alle farmacie prima del 16 dicembre, dà ragione alle farmacie, ritenendo la
       loro condotta eseguita in totale buona fede e condannando l’AUSL 8 di Arezzo a
       corrispondere alle parti le remunerazioni richieste per un totale di Euro 209.690,66.
       (BF)

   2) Concorso straordinario: secondo il TAR Basilicata il punteggio massimo di punti
      6,5 previsto dall’art. 9 della legge n. 221 del 1968 si aggiunge a quello massimo
      di 35 punti d’ordinario spettante per l’attività professionale svolta (Tar
      Basilicata, n. 592 del 29 agosto 2017)

       Una farmacista ricorre contro gli esiti del concorso straordinario in Basilicata per la
       mancata attribuzione in suo favore della maggiorazione prevista in favore degli
       esercenti una farmacia rurale. Il TAR Basilicata dà ragione alla ricorrente ritenendo
       applicabile la maggiorazione di punteggio prevista dalla legge 8 marzo 1968, n. 221,
       recante “Provvidenze a favore dei farmacisti rurali”, che all’art. 9 così recita: «Ai
       farmacisti che abbiano esercitato in farmacie rurali per almeno 5 anni come titolari o
       come direttori o come collaboratori verrà riconosciuta una maggiorazione del 40 per
       cento sul punteggio in base ai titoli relativi all'esercizio professionale, fino ad un massimo
       di punti 6,50».
       Secondo il TAR, il bando di concorso si limitava ad una ricognizione delle fonti
       normative applicabili, non contemplando alcuna limitazione del punteggio massimo
       attribuibile in relazione all’attività espletata presso una farmacia rurale.

Lexfarma - giurisprudenza sulla farmacia n. 7/2017
Inoltre, secondo il TAR il punteggio massimo di punti 6,5 previsto dall’art. 9 della legge
       n. 221 del 1968 si aggiunge a quello massimo di 35 punti d’ordinario spettante per
       l’attività professionale svolta. In tal senso, il Collegio richiama, condividendolo,
       l’indirizzo del Consiglio di Stato di cui alla sentenza , n. 5667/2015 secondo cui l’art. 9
       della legge n. 221 del 1968 è «da considerarsi “lex specialis” rispetto alla normativa
       generale - L. n.362/1991 e D.P.C.M. n.298/1994 – la quale non può essere, in forza del
       principi di gerarchia e di specialità delle fonti normative, disapplicata dal bando di
       concorso che ha stabilito come l’applicazione della maggiorazione non potesse
       comunque superare il punteggio massimo complessivo di sette punti per ciascun
       commissario. Peraltro il Tar ha affermato che un’interpretazione difforme finirebbe,
       oltre a privare di contenuto la norma agevolativa - art. 9 di cui sopra -, col privilegiare
       coloro che hanno una minore anzianità di servizio nelle farmacie rurali alterando il
       rapporto proporzionale tra esercizio di attività professionale e corrispondente
       punteggio conseguibile. In sostanza, osservando la clausola del bando, soltanto coloro
       che hanno un’anzianità di poco più di 13 anni di servizio nelle farmacie rurali
       potrebbero conseguire il massimo punteggio, mentre risulterebbero penalizzati coloro
       i quali sono in possesso di un’anzianità superiore - intorno ai 20 anni di servizio -, il
       che naturalmente oltre a porsi in contrasto con la legge, condurrebbe a conseguenze
       abnormi sul piano della razionalità e dell’imparzialità.

       La questione è nota e sul punto si sono pronunciati anche altri giudici amministrativi,
       in modo tra loro contrastante (in senso conforme alla sentenza in commento:
       Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento n. 249 del 3 agosto 2017;
       T.R.G.A. Bolzano 1.2.2017 n. 43; in senso difforme, TAR Sicilia n. 1772/2017, n.
       1746/2017, n. 1737/2017; Tar Lazio n. 4770/2017 ed altre, Tar Sicilia Tar Sardegna n.
       00554/2017) nonché il Consiglio di Stato sopra menzionato, anche se, quest’ultimo, nel
       merito di un concorso ordinario o in occasione di sospensive richieste da alcuni TAR.
       Per dirimere ulteriormente la controversia, non rimane che aspettare una pronuncia di
       merito del Consiglio di Stato in un contenzioso che riguardi il concorso straordinario.
       (BF)

Lexfarma - giurisprudenza sulla farmacia n. 7/2017
3) Secondo il Tar Lombardia, la farmacia, deputata all’erogazione dell’assistenza
      farmaceutica, può svolgere anche attività di distribuzione dei farmaci
      all’ingrosso qualora abbia la relativa autorizzazione. Tuttavia le due attività
      (ingrosso e dettaglio) – legittimamente poste in essere dal medesimo soggetto in
      quanto in possesso delle relative autorizzazioni - debbono comunque restare
      distinte, al fine di consentire la tracciabilità e la verifica della disponibilità dei
      farmaci. (TAR Lombardia, Brescia, n. 1109 del15 settembre 2017)

       Come è noto la questione non è nuova, e anche in questo caso, purtroppo, decisa in
       modo difforme dai giudici. Secondo l’ASL di Mantova, dopo aver interpellato il
       Ministero della salute che rendeva parere favorevole alla sua interpretazione,
       formulava diffida nei confronti di una farmacia “a voler evitare ogni commistione
       dell’attività di distribuzione all’ingrosso dei medicinali per uso umano (grossista) con
       l’attività di vendita al dettaglio (farmacia)”. La farmacia venne raggiunta poi da un
       verbale dei NAS, nel quale si precisava che la ricorrente aveva usato impropriamente
       l’autorizzazione alla distribuzione all’ingrosso, “disattendo gli obblighi a cui doveva
       attenersi nello svolgimento dell’attività definita dall’art. 1, comma 1, lettera “r” e
       disciplinata dall’art. 100 del D. Lgs 219/2006, ed in particolare ai dettami del medesimo
       art. 100 comma 1-bis e dell’art. 104….il tutto sanzionato ai sensi dell’art. 148 comma 13
       D. Lgs 219/2006”, con conseguente sanzione amministrativa di euro 6.000.
       La farmacia ricorreva contro tale diffida ma il TAR Lombardia non le dà ragione,
       adottando una interpretazione favorevole a quanto sostenuto dallla ASL di Mantova,
       dal Ministero e anche della Federfarma che in più di una circolare si è detta contraria a
       tali commistioni.

       Secondo il TAR, l’Azienda sanitaria – sulla base del parere del Ministero - non ha inteso
       sostenere che la farmacia, deputata all’erogazione dell’assistenza farmaceutica, non
       possa svolgere attività di distribuzione dei farmaci all’ingrosso, ma unicamente che le
       due attività – legittimamente poste in essere dal medesimo soggetto in quanto in
       possesso delle relative autorizzazioni - debbono comunque restare distinte, al fine di
       consentire la tracciabilità e la verifica della disponibilità dei farmaci.
       Infatti, se è pur vero che il comma 1 bis dell’art. 100 del D. Lgs. n. 219 del prevede che i
       farmacisti titolari di farmacia possano svolgere attività di distribuzione all’ingrosso dei
       medicinali, nel rispetto delle disposizioni del titolo VII del decreto medesimo, ciò non
       significa che si sia inteso stravolgere completamente le modalità di esercizio delle due
       attività, consentendo una totale commistione e indifferenziazione delle medesime, che
       al contrario restano ben distinte. In buona sostanza, l’eliminazione dell’incompatibilità
       (in precedenza sussistente) tra l’esercizio della distribuzione all’ingrosso e la vendita al
       dettaglio ha unicamente permesso lo svolgimento delle due attività in capo al
       medesimo soggetto giuridico, ma non ha affatto determinato – come, invece, sostenuto
       in ricorso dalla farmacia - l’inversione dell’ordine logico-giuridico che regola la filiera
       del farmaco e che trova la propria definizione e regolamentazione proprio nel D. Lgs n.

Lexfarma - giurisprudenza sulla farmacia n. 7/2017
219 del 2006. Conseguentemente, la rimozione della suddetta incompatibilità non ha
          determinato una “ineliminabile commistione” tra le due attività che restano
          differenziate e diversamente regolate dal punto di vista strutturale e gestionale (ad
          esempio sotto il profilo della gestione separata dei rispettivi magazzini e della
          conseguente inammissibilità di un deposito indifferenziato di farmaci nei magazzini
          destinati alle due attività). Il TAR afferma espressamente che “La filiera del farmaco
          definita dal citato D. Lgs 219/2006 e la specifica regolamentazione della due distinte
          attività in discussione, peraltro, rispondono a finalità di salute pubblica e trovano la
          propria giustificazione non solo nella necessità di garantire la tracciabilità dei farmaci,
          ma soprattutto consentono alle strutture a ciò deputate di monitorare e, quindi, di
          assicurare la reperibilità e disponibilità dei farmaci medesimi.”. (BF)

          Memorandum

          Il Tribunale di La Spezia ha accolto integralmente le domande presentate da
          Federfarma La Spezia, in rappresentanza delle farmacie associate, relativamente alle
          modalità di applicazione della trattenuta dell’1,4 a cui si era attenuta la ASL seguendo
          indicazioni contenute in una delibera regionale dl 2009. In particolare, Federfarma La
          Spezia ha sostenuto che l’applicazione del c.d. “extrasconto” dovesse essere calcolato
          sul valore dei farmaci al netto dell’IVA e degli ulteriori sconti già praticati al SSN,
          diversamente da quanto affermato dalla Regione Liguria ed operato dalla ASL. Il
          Tribunale ha confermato tale tesi, ricordando che in tal senso esiste una copiosa
          giurisprudenza sia di merito che amministrativa e, disapplicando la sopra citata DGR,
          ha condannato ASL e Regione a rifondere alle farmacie le somme indebitamente
          trattenute (Cfr. Circolare Federfarma n. 357 del 7 settembre 2017).

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