Monti in Europa, tremano Bill Gates e Sarkosy

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Monti in Europa, tremano Bill Gates e Sarkosy
                         di Chiara Santilli

                       IL CASO MICROSOFT

 «Di poteri forti non ne conosco. Tranne uno, l’Europa». Se esa-
gerò nel dirsi lontano dai salotti del potere, certamente quel
giorno Mario Monti preannunciò la linea dura che avrebbe adot-
tato da Commissario Ue con delega alla Concorrenza, la stessa
che gli valse l’appellativo di Zar Antitrust da parte del Wall Street
Journal. Era la prima volta che il professore di Varese, appena
uscito vincitore dalla sfida con Emma Bonino per volare all’An-
titrust europeo, veniva accusato di essere «l’uomo dei poteri forti».
Ad etichettarlo così era stato il leader del Radicali Italiani, Marco
Pannella. Ma Monti, ormai si sa, non è uno che si lascia intimo-
rire: E lo dimostrano proprio quei dieci anni passati tra le neb-
bie di Bruxelles, dove fu dal 1994 (chiamato da Berlusconi)
Commissario con delega al Mercato interno, Servizi finanziari e
Integrazione finanziaria e poi dal 1999 (confermato da D’Alema)
numero uno della Concorrenza.
Per capire l’operato del professore lombardo in quel di Bruxel-
les bisogna partire però dall’ultimo anno del suo mandato, il
2004, quando condannò il colosso americano Microsoft, che in
patria beneficiava della mano morbida dell’Antitrust, a una maxi
multa di 497 milioni di euro per abuso di posizione dominante.
La decisione fu esplosiva non tanto per la portata dell’ammenda,
la più alta mai comminata dall’Antitrust Ue (il primato allora
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spettava alla Tetra Pak che nel 1991 aveva dovuto sborsare 75
milioni di euro), ma soprattutto per i “rimedi” che la società di
Bill Gates fu costretta ad adottare. Quei 497,2 milioni rappre-
sentavano infatti appena l’1,62% del fatturato del gigante di Red-
mond, ma il cambio di regime ordinato da Monti ne
condizionava (qualcuno allora scrisse “ipotecava”) pesantemente
il futuro.
L’indagine era partita cinque anni prima, il 3 agosto del 2000, da
una denuncia della Sun Microsystem, società americana di soft-
ware, che accusava Microsoft di approfittare della capillare dif-
fusione del sistema operativo Windows per tenere i concorrenti
fuori dal mercato dei server di fascia bassa (quelli utilizzati so-
prattutto nelle aziende). In parole povere, negando le informa-
zioni sull’interfaccia, Gates impediva agli altri di creare prodotti
in grado di dialogare correttamente con il sistema operativo di
Redmond presente sul 95% dei computer di tutto il mondo.
Ma Super Mario fece di più ed estese le indagini alla vendita ab-
binata del software Windows Media Player al sistema operativo
di Microsoft, che inevitabilmente segava le gambe a tutti gli altri
produttori di lettori multimediali e non consentiva, ancora una
volta, ai consumatori di scegliere liberamente altre soluzioni.
Il 24 marzo 2004 Monti adottò un provvedimento che costitui-
sce ancora uno dei più importanti precedenti in materia di con-
correnza nel campo della comunicazione e delle tecnologie
informatiche.
Rendendo il sangue amaro a Gates, che solo qualche settimana
prima aveva saputo di essere stato nominato “Comandante del-
l’Ordine dell’Impero britannico” dalla regina Elisabetta in per-
sona, la Commissione stabilì che Microsoft doveva fornire ai
produttori di pc entro 90 giorni una versione di Windows senza
il software Media Player e soprattutto doveva condividere, entro
120 giorni, le informazioni relative ai server, permettendo così
ai concorrenti la creazione di programmi compatibili.
Una bomba che non erano riusciti a disinnescare neppure Steve
Ballmer e Bard Smith, vice presidente e responsabile degli affari
legali di Microsoft, che fino all’ultimo avevano cercato una so-
Il caso Microsoft        237
luzione di compromesso.
«La decisione odierna ripristina la concorrenza e stabilisce prin-
cipi chiari per il futuro», commentò il commissario di Varese.
Che aggiunse: «Una concorrenza non distorta comporta risul-
tati migliori per il bene dei consumatori e questo precedente per-
mette di stabilire come procedere in casi simili in futuro».
E così andò. Nel luglio del 2004 Gates pagò la maxi multa e nel-
l’ottobre successivo Monti lasciò Bruxelles. Ma il verdetto di
marzo innescò una reazione a catena che nel 2008 portò alla con-
danna di Microsoft al pagamento di una nuova ammenda di 889
milioni per non aver rispettato le condizioni poste da Monti.
Non solo: nel 2009 il gigante americano fu di nuovo sul banco
degli imputati per Internet Explorer e, sulla scia del giudizio sul
caso Windows Media Player, gli fu imposto di permette ai con-
sumatori la libera scelta del bowser.
«La ragione principale per cui non accettammo un compromesso
– spiegava ancora l’anno scorso Monti al Corriere della Sera –, pur
correndo il rischio che Microsoft ricorresse in giustizia, è che ri-
tenevamo importante stabilire una certezza giuridica su che cosa
vuol dire abuso di posizione dominante nelle tecnologie dell’in-
formazione e della comunicazione. In questi settori la velocità
dei fenomeni è tale che c’è una tendenza a vedere imprese in
grado, grazie alle loro tecnologie, di trasferire il loro dominio su
mercati adiacenti. Per questo è stato importante dare agli opera-
tori un quadro giuridico più chiaro: per casi analoghi, da ora in
poi non serviranno tutti gli anni che sono serviti a noi per giun-
gere a una decisione.»
Per capire la portata della decisione del 2004, basti pensare che
nel novembre scorso, quando l’economista lombardo è diven-
tato premier, la Cnn ha così commentato sul suo sito: «Who is
Italy’s “Super Mario Monti”?» Quello di Microsoft.
Ecco, integrale, il testo integrale della Decisione, una pietra mi-
liare del diritto dell’informatica e dei principi della concorrenza
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Il caso Microsoft   241
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Il caso Microsoft   243
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