Meteorologia d'altri tempi

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Meteorologia d'altri tempi
Rivista Ligure di Meteorologia
                              n° 64 anno XIX - febbraio 2019

                              Meteorologia d’altri tempi
          di Massimo Riso

Introduzione
In occasione della bella nevicata avvenuta a Genova il mercoledì 23 gennaio, riprendiamo la
rubrica "Meteorologia d'altri tempi".

Proponiamo un articolo pubblicato sul giornale cittadino di Genova: IL SECOLO XIX del 12
febbraio 1909, esattamente 110 anni fa.

Da notare, non tanto il linguaggio e i modi di dire di molto cambiati, ma una cronaca festosa di
una giornata di neve, oggi impensabile su un quotidiano. Con una nevicata come quella
descritta oggi leggeremo frasi di questo tipo: "La città è in ginocchio", "La città bloccata dalla
neve", "Il trasporto pubblico in tilt", ecc..

La bella neve
Chi pensava mercoledì sera alla neve? Era una bassa umida fangosa serataccia
sciroccale, una delle tante che hanno, con o senza l'aggravante della pioggerella,
perfida e uggiosa, prostrato quest'inverno la povera umanità, regalandola di influenza
e di polmoniti.
La temperatura mutò in seguito. Una grandinata scrosciò per breve tempo
violentemente poco dopo le 20. Verso le 22 e improvvisamente i passanti videro
imbiancarsi i parapioggia, i pastrani e i cappelli. Ma era ancora una timida neve che
perdeva il suo candore e si scioglieva subito nel fango della strada. La gran neve, la
bellissima bianca, a grossi candidi fiocchi leggeri immacolati, fu annunziata
solennemente superbamente, da vera Regina, verso le 22,30 o poco dopo, con rombi
di tuoni e baglior di lampi.
Alle 23 Genova appariva tutta bianca ed era su di essa una festa, una danza, un
tripudio di innumerevoli piccoli atomi candidi che velavano la notte, e aggredivano
festosamente il viandante, che sorpreso e contento, si sprofondava nel cappotto,
tirando su le gambe e giù il naso, sbuffando come una locomotiva, accidentando
contro la bufera, ma forte, imperrito, marziale, soddisfatto del suo valore,
pregustando la compiacenza di destar la bella compagna, per darle la gran notizia: —
Meteorologia d'altri tempi
Rivista Ligure di Meteorologia – n° 64 anno XIX

Nevica! viene che Dio la manda... Fammi un po' di posto! — godendo già colla
fantasia e coll'epidermide, il delizioso tepore della sua capanna e del caro cuore
legittimamente misericordioso.
Fa bene ai campi, la neve, ma è pure una manna per l'arte; moltiplica all'infinito i
poeti, gli scultori... e i bevitori di ponci. Così. Tant'è, ecco il Cronista che scrive
ancora una volta il suo bravo componimento d'occasione, e non vorrebbe, avere alle
costole gli assidui e i genovesi autentici e i benpensanti per correre a scambiar due
palle, in conflitto cortese, all'Acquasola, come una volta, magari col rischio d'una
bolletta e d'un minaccioso: — Seï vuî che tiae? — conseguenza spesso pericolosa di
                                     un tiro mancino.

                                  ... Con quali argentine grida di gioia, uno sciame
                                  gaietto di signorine salutava l'altra notte in via XX
                                  Settembre la bella bambagia di gelo, l'immenso
                                  immacolato tappeto! Il pubblico che usciva dai
                                  teatri prorompeva in mille esclamazioni di sorpresa
                                  e s'imbacuccava; le signore si stringevano ben bene
                                  al braccio dei cavalieri, e lì per lì si riscaldavano
                                  nella neve gli amori, gli affetti e le amicizie che
                                  quel maledetto scirocco aveva ridotto a mal partito,
                                  maltrattando i poveri nervi umani, La regione di
                                  Bisagno appariva imponente: la spianata si perdeva
                                  infinita: in quella immensità solo la stazione
                                  spalancava i suoi occhi luminisi, e intanto veniva
giù la neve fittissima e copriva il Bisagno e copriva il ponte, avvolgeva tutto.
Magnifica, la visione di corso Torino illuminato, sotto la bufera bianca, coi grandi
scheletri arborei che tremavano o gioivano nel manto cristallino, con lunghe barbe di
vecchione, con mille fronzoli inverosimili.

                                    Dobbiamo proprio scrivere che dalle alture si
                                    godeva il solito indimenticabile panorama di
                                    Genova sotto la neve, panorama che quella ha da
                                    invidiare a quello che presentano le altre città — le
                                    più belle, le più pittoresche — coperte dal manto
                                    della Bianca Fata Siderea?

                                    Non voglio contaminare col mio povero inchiostro
                                    di descrittore, il candore della nostra
                                    abbondantissima ospite. Piuttosto mi preoccupano
                                    le preoccupazioni dei misuratori-statistici: —
                                    quanti centimetri? più del 1893? del 1901? del
                                    1903? del 1905? Garantisco per una media di 35
                                    centimetri e non si sbaglia annoverando quella di
                                    ieri fra le più grandi nevicate di questi ultimi venti
                                    anni. Chi dubita, si muova col metro in taca.

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Meteorologia d'altri tempi
Rivista Ligure di Meteorologia – n° 64 anno XIX

Nevicò tutta la giornata: verso le 15 si ebbe una tregua; riprese a cader la neve, poco
dopo, ma meno fitta e più lenta. Era stanca!
Intanto il Municipio, gran nemico della neve, le inviava contro un esercito di
manovali, e carri, e pale e spazzatrici. In breve si ebbe la neve brutta, le straducolette
nere fangose nelle grandi strade centrali e grandi innumerevoli cumuli di colore
incerto: la prosa necessaria dello sgombero, per cui il Municipio diede sollecite ed
                                    efficaci disposizioni.
                                     La toillette d'occasione dei buoni genoati
                                     presentava una maravigliosa varietà, spesso
                                     comicamente irresistibile.
                                     Buoni e stimati cittadini avevano assunto, per virtù
                                     di cappottacci preistorici, di stivali e di berrette
                                     polari, aspetto inquietante di briganti, di orsi, di di
                                     esquimesi, di foche.
                                     Un biondo e intemerato cittadino procedeva
                                     accigliato in piazza Corvetto, munito di ski!
                                     Ah! piazza Corvetto, ieri! così, com'era, avrebbe
                                     dovuto conservarsi come monumento nazionale!
                                     Ma provvederà altra neve, concederà altra replica
                                     del bellissimo spettacolo, il sommo Artista
                                     Divino!
                                     E la Villetta Dinegro? Una legione di fotografi
                                     supplicava le guardie municipali per poter entrare e
                                     ritrarre il fantastico giardino polare, il bosco del Re
                                     Inverno, lo scenario d'una fiaba nordica.
                                E i negozi, nelle strade più frequentate? Si
                                aprivano timidi, clandestini, ai compratori... che
                                non venivano, colle vetrine semichiuse, le porte
semichiuse, come in giorno di dimostrazione rompicristalli, come in un giorno di
lutto cittadino!

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                                     I monumenti accolsero la neve con disinvoltura,
                                     con compiacenza Garibaldi si vestì di un candido
                                     poncho e si imbiancò tutto il volto, nel quale
                                     apparivano soltanto gli occhi neri: occhi vivi. Più
                                     tardi sembrava un fiero marocchino, un guerriero
                                     di Raitsuli; dal manto di neve usciva, minacciosa,
                                     la faccia del moro.
                                     Nessuno pensò a mettere un soprabito sulle spalle

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Rivista Ligure di Meteorologia – n° 64 anno XIX

                                    a Mazzini che restò ad infradiciarsi la finanziera di
                                    marmo, e non vi fu grido cortese di popolo, che
                                    gridasse al Re galantuomo: Si copra Maestà, non
                                    faccia complimenti!
                                    Queste piccole spiritosità innocenti, si sentivano
                                    negli orecchi: nella schiena si sentivano ogni tanto
                                    delle palle non meno innocenti.
                                    In Ponticello era ammirata una balda compagnia di
                                    nivei bersaglieri che miravano a far colpo sulle
belle servotte, che scappavano strillando.
In Bisagno, in Carignano, all'Acquasola, battaglie russo giapponesi interminabili, con
                                  grande spargimento... di neve.
                                    Ogni tanto si voltava un maiuscolo violetto naso....
                                    accigliato, furibondo, usciva da una barba un
                                    sacrato terribile: invano, volavano altre palle, altre,
                                    altre.
                                    E lui, il naso violetto: — Ah, canaglia! — come
                                    quel capitano del Manzoni — e giù patatunfete
                                    l'onesto cittadino, senza che una guardia
                                    comparisca a vendicarlo.
                                    Cara neve birbona, a dispetto di tutto; delle palle
                                    ingrate che salutano i tuoi poeti, a dispetto dei
                                    fredduristi che ti sfruttano e del Municipio, che ti
                                    esecra, a dispetto delle scarpe che rovini e delle
                                    alcooliche porcherie che fan bere, a dispetto dei
                                    cacciatori cui dai occasione di impallinare il
                                    prossimo.... noi tutti ti amiamo ancora.
Forse perchè sei l'unica candida anche in quest'epoca di candidature!

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