Materiale a cura di Marina Mondo - Università di Cagliari
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI STUDI UMANISTICI Laurea Triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche Anno Accademico 2020/2021 PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI 3° ANNO (8 CFU – 60 h) Docente: Marina Mondo Materiale a cura di Marina Mondo
CLIMA ORGANIZZATIVO o Approccio strutturale o Approccio percettivo (Moran e Volkwein ,1992) o Approccio interattivo o Approccio Culturale Materiale a cura di Marina Mondo
CLIMA ORGANIZZATIVO La ricerca sul clima organizzativo trova le sue origini attorno alla metà degli anni 60, raggiungendo l’apice attorno agli 70 e i primi anni 80. Spinti dal tentativo di comprendere lo sviluppo economico delle azien giapponesi, nel 1982 i consulenti Peters e Waterman nel testo In search of excellence (Peters e Waterman, 1982) evidenziarono in modo esteso l’importanza di una buona qualità gestionale ove la dimensione culturale e i sistemi dei valori condivisi dall’azienda era uno dei principali criteri di spiegazione del successo dell’azienda. Questo e altri contributi introdussero l’utilizzo dei termini corporate culture o cultural change Materiale a cura di Marina Mondo
CLIMA ORGANIZZATIVO (Peters e Waterman, 1982) Materiale a cura di Marina Mondo
CULTURA ORGANIZZATIVA (Peters e Waterman, 1982) Materiale a cura di Marina Mondo
CULTURA ORGANIZZATIVA (Selznick, 1957) Materiale a cura di Marina Mondo
CULTURA ORGANIZZATIVA Il carattere di un’ impresa possiede quattro caratteristiche Ø È un prodotto storico (Selznick, 1957) Ø È un tutto integrato Ø È funzionale al soddisfacimento dei bisogno organizzativi Ø È dinamico La concezione di carattere è assimilabile al concetto di cultura organizzativa Materiale a cura di Marina Mondo
CULTURA ORGANIZZATIVA La cultura è un sistema di significati accettati pubblicamente e collettivamente che (Pettigrew, 1979) operano per un certo gruppo in un certo momento. È necessario che la cultura di un’organizzazione venga individuata e sviluppata per migliorare la performance Materiale a cura di Marina Mondo
CULTURA ORGANIZZATIVA (Hofstede, 1980) Materiale a cura di Marina Mondo
CULTURA ORGANIZZATIVA LA CULTURA È UN INSIEME DI ASSUNTI DI BASE, INVENTATI SCOPERTI O SVILUPPATI DAI MEMBRI DI UNA ORGANIZZAZIONE PER AFFRONTARE PROBLEMI DI ADATTAMENTO ESTERNO O DI INTEGRAZIONE INTERNA CHE SI È DIMOSTRATO COSÌ FUNZIONALE DA ESSERE CONSIDERATO VALIDO E, CONSEGUENTEMENTE, DA ESSERE INDICATO AI NUOVI MEMBRI COME IL MODO CORRETTO DI PERCEPIRE, DI PENSARE, DI SENTIRE IN (Shein, 1985) RELAZIONE A QUEI PROBLEMI Comportamenti Valori (linguaggio e dominanti rituali) Regole per Norme orientarsi condivise Clima Materiale a cura di Marina Mondo
CULTURA ORGANIZZATIVA (Shein, 1985) ARTEFATTI VALORI DICHIARATI ASSUNTI DI BASE Sono l’ambiente fisico e Sono gli assunti impliciti dati sociale dell’organizzazione, la per scontati, invisibili, Sono le strategie, gli obiettivi, tecnologia impiegata, il inconsapevoli che orientano il le filosofie e i principi di una linguaggio scritto e parlato, i comportamento e danno organizzazione dichiara di comportamenti dei indicazioni su come percepire, possedere, ossia tutto ciò che componenti pensare, sentire e intervenire ha valore per l’organizzazione nella realtà Tutto ciò che è visibile ma di non immediata decifrabilità in termini culturali Materiale a cura di Marina Mondo
CULTURA ORGANIZZATIVA (Ott, 1989; Hindle, 2006) Outcomes values: qualità, innovazione, redditività Behavioural values: duro lavoro e creatività Materiale a cura di Marina Mondo
CLIMA E CULTURA CLIMA CULTURA Ä E' PROFONDAMENTE RADICATA Ä E' UNA RISPOSTA INTERIORIZZATA Ä E' DESCRITTIVO, SUPERFICIALE E' NASCOSTA, LATENTE Ä E' UNA PERCEZIONE CONDIVISA Ä E' STABILE RESISTENTE AL E' VISIBILE, MANIFESTO CAMBIAMENTO Ä RAPPRESENTA IL FUNZIONAMENTO Ä FA RIFERIMENTO A PROCESSI DI ORGANIZZATIVO ATTRIBUZIONE DI SENSO E DI DINAMICHE Ä FA RIFERIMENTO ALLE ATTIVITA', INTERNE AI RAPPORTI INTERPERSONALI Ä FA RIFERIMENTO AI VALORI, ALLE Ä CORRISPONDE AD UNA SERIE DI NORME, AI SIGNIFICATI SOTTOSTANTI PERCEZIONI I COMPORTAMENTI Ä CORRISPONDE AD UNA SERIE DI CONCEZIONI Materiale a cura di Marina Mondo
SOCIALIZZAZIONE Ø CHI È LA PERSONA CHE ENTRA ALL’INTERNO DI UNA ORGANIZZAZIONE? Ø COSA INTENDE RICAVARE DALLA SUA ATTIVITÀ? Ø QUALI MODALITÀ DI INTERAZIONE SOCIALE VUOLE PRIVILEGIARE? Ø COME SI PREDISPONE AD AFFRONTARE I COMPITI ORGANIZZATIVI? Ø DI QUALI MEZZI DISPONE (ABILITÀ, CONOSCENZE, COMPETENZE) PER CONSEGUIRE I PROPRI OBIETTIVI PERSONALI E PROFESSIONALI? Ø CHE DIREZIONE VUOLE DARE ALLA SUA CARRIERA PROFESSIONALE? Ø QUALI EQUILIBRI INTENDE MANTENERE TRA VITA LAVORATIVA E EXTRALAVORATIVA? Materiale a cura di Marina Mondo
SOCIALIZZAZIONE Materiale a cura di Marina Mondo
SOCIALIZZAZIONE Norme del gruppo di LA CHIAREZZA DEL Valori, obiettivi, cultura lavoro RUOLO dell’organizzazione QUATTRO LA PADRONANZA DEL COMPITI L’ACCULTURAZIONE COMPITO PRIMARI Conoscenza e compiti Sviluppo personale necessari per una (identità, autoimmagine, effettiva performance motivazione) L’INTEGRAZIONE SOCIALE Materiale a cura di Marina Mondo
CULTURE FORTI E DEBOLI Materiale a cura di Marina Mondo
SOTTOCULTURE NEGLI ULTIMI ANNI MOLTE RICERCHE SULLE CULTURE TENDONO AD ENFATIZZARE L’OMOGENEITÀ DELLA CULTURA, LA SUA FUNZIONE COESIVA E LA SUA NATURA MONOLITICA TALE È LA VISIONE SIA DELL’APPROCCIO FUNZIONALISTA CHE CONSIDERA LA CULTURA COME UNA VARIABILE ORGANIZZATIVA (qualcosa che l’organizzazione HA) SIA DELLA TRADIZIONE INTERPRETATIVA (qualcosa che l’organizzazione È) IN REALTÀ LE ORGANIZZAZIONE POSSONO ESSERE CORRETTAMENTE VISTE COME MULTICULTURE O COME COMPOSTE DA SOTTOGRUPPI CULTURALI SEBBENE SIA POSSIBILE PER UNA ORGANIZZAZIONE AVERE UN’UNICA CULTURA CIÒ È DECISAMENTE DIFFICILE PER LE ORGANIZZAZIONE PIÙ AMPIE E COMPLESSE E I FATTORI CHE INTERVENGONO SONO LEGATI: Ø Importazione di nuovo personale Ø Introduzione di nuove tecnologie Ø Diverse affiliazioni professionali Ø Pluralità e diversità delle funzioni organizzative Ø La molteplicità di vincoli e confini Materiale a cura di Marina Mondo
SOTTOCULTURE I MEMBRI DELLE SOTTOCULTURE SPESSO CONDIVIDONO UNO STESSO STATUS E UNO STESSO RUOLO PER ALCUNI AUTORI (Van Maanen, Barley, 1985; Gagliardi, 1986) LE SOTTOCULTURE SONO UN INSIEME DI INDIVIDUI CHE INTERAGISCONO REGOLARMENTE TRA LORO, SI IDENTIFICANO COME GRUPPO DISTINTO ALL’INTERNO DELL’ORGANIZZAZIONE E CONDIVIDONO OBIETTIVI E PROBLEMI LA CULTURA ORGANIZZATIVA È QUINDI IN REALTÀ SOLO UN FANTASMA, UNA PROIEZIONE DI TUTTO CIÒ CHE LE DIVERSE SUBCULTURE PRESENTI HANNO IN COMUNE ALCUNI AUTORI (Martin e Siehl, 1983) A TALE PROPOSITO IDENTIFICANO TRE TIPI SI SOTTOCULTURE: Ø Rafforzativa – esiste dove vi è una fervida adesione ai valori della cultura dominante Ø Ortogonale – si accettano in parte i valori centrali ma esistono altri valori non presenti nella cultura dominante ma non necessariamente in contrasto con essi Ø Controcultura – i valori contrastano nettamente con quelli della cultura dominante SPESSO LE CONTROCULTURE POSSONO, A SECONDA DELLE CARATTERISTICHE POSSEDUTE, AVERE DIVERSI LIVELLI DI PRESTIGIO E POTERE ALL’INTERNO DELLA ORGANIZZAZIONE PER CUI ANCHE ALCUNE ECCENTRICITÀ POSSONO ESSERE “SOPPORTATE” IN FUNZIONE DI TALE INFLUENZA Materiale a cura di Marina Mondo
TIPI DI CULTURA ORGANIZZATIVA (Enriquez, 1970) Materiale a cura di Marina Mondo
MISURE DELLA CULTURA ORGANIZZATIVA Ø L’indice di distanza dal potere Ø Individualismo vs collettivismo (Hofstede, 1980) Ø Mascolinità vs femminilità Ø Indice di rifiuto dell’incertezza Ø Orientamento a lungo termine contro orientamento a breve termine Materiale a cura di Marina Mondo
FLESSIBILITÀ E DISCREZIONALITÀ Cultura clanica Cultura adhocratica Collaborazione Innovazione Coinvolgimento Creatività Coesione Cambiamento FARE LE COSE PER PRIMI (Cameron e Quinn, 2011) FARE LE COSE INSIEME FOCUS INTERNO E FOCUS ESTERNO E INTEGRAZIONE DIFFERENZIAZIONE Competing Values Framework Cultura gerarchica Cultura di mercato Controllo Competizione Stabilità Successo Prevedibilità Sfida FARE LE COSE PER BENE FARE LE COSE IN FRETTA Materiale a cura di Marina Mondo STABILITÀ E CONTROLLO
CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO Poiché la cultura di un’organizzazione è profondamente radicata risulta difficile cambiarla, alcuni studiosi hanno però proposto diversi approcci al cambiamento culturale. Cambiamento diretto Ø Approcci che mettono in discussione i valori e le credenze delle persone attraverso la comunicazione, focus group (Lewin, 1951) Ø Modifica della composizione forza lavoro Cambiamento di clima organizzativo (Schneider e colleghi, 1996) Ø Cambiamento della cultura attraverso alterazione del clima, mutando le pratiche quotidiane, le procedure ci si aspetta che si modifichi anche la cultura Cambiamento comportamentale (Beer e colleghi, 1993) Ø Behaviour change, quando le persone devono cambiare ruolo sono spinte ad apprendere anche nuovi comportamenti, dal cambiamento comportamentale emergeranno anche nuovi atteggiamenti, valori e credenze Materiale a cura di Marina Mondo
CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO Materiale a cura di Marina Mondo
CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO Materiale a cura di Marina Mondo
CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO • Forze competitive e nuovi mercati • Crisi economica • Eventi esterni significativi • Cambiamenti tecnologici SOPRAVVIVENZA Materiale a cura di Marina Mondo
Materiale a cura di Marina Mondo
Cambiamento radicale pianificato Materiale a cura di Marina Mondo
Cambiamento radicale pianificato Materiale a cura di Marina Mondo
Cambiamento radicale pianificato Modello dello sviluppo del sostegno politico Nel corso del tempo sono stati elaborati altri modelli di cambiamento. In taluni casi è stato seguito il modello di Lewin per poter aggiungere fasi alla sequenza (Kummings e Worley, 1997; Kotter, 1996) Materiale a cura di Marina Mondo
Cambiamento radicale pianificato Ø Richiede tempo per essere realizzato ed esiste il rischio che il cambiamento non sia completo prima che un nuovo e drastico evento richieda un ulteriore cambiamento radicale Ø Questo tipo di cambiamento incontra diverse resistenze soprattutto da parte dei dipendenti per la natura stressante e destabilizzante Materiale a cura di Marina Mondo
Cambiamento emergente • (Wilson, 1992)
Sviluppo organizzativo
Gestione per obiettivi Ø Il MbO è una tecnica di goal setting, un approccio sistematico e organizzato che consente al management di focalizzarsi su obiettivi raggiungibili e di ottenere i migliori risultati possibili dalle risorse disponibili. Punta ad accrescere le performance organizzative allineando tutta l’organizzazione attorno a determinati obiettivi Ø È un approccio dinamico. Gli obiettivi possono variare nel tempo, in funzione di costi, risorse umane, tempi disponibili. Ciò che conta è che il sistema decisionale sia ampiamente partecipativo: quanto più tutti sono coinvolti nella gestione dell’azienda, tanto più sentiranno la propria responsabilità e si impegneranno per raggiungere gli obiettivi fissati Materiale a cura di Marina Mondo
Laboratori di azione Materiale a cura di Marina Mondo
Team building Materiale a cura di Marina Mondo
Resistenza al cambiamento Emotivamente Manifestando ira Esistono diversi modi con i frustrazione ansia e depressione quali gli individui reagiscono al cambiamento DIFFERENZE INDIVIDUALI Attraverso la Attraverso lo sviluppo manifestazione dei di pensieri negativi sul cambiamento e CONTRATTO propri sul management PSICOLOGICO comportamenti Materiale a cura di Marina Mondo
Resistenza al cambiamento Materiale a cura di Marina Mondo
Risultato di cambiamento Anche in condizioni avverse c’è la probabilità che i dipendenti sviluppino atteggiamenti e comportamenti a sostegno del cambiamento se vi è da parte loro una percezione di equità Materiale a cura di Marina Mondo
Individuo Organizzazione
Materiale a cura di Marina Mondo
STRESS
STRESS, SICUREZZA E SALUTE SUL LAVORO D. Lgs. 626 del 1994 introduce importanti novità in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro per la tutela della salute dei lavoratori Da un sistema di regole a un sistema di prevenzione NON RISCHI PSICOSOCIALI 2002: sostituzione art. 4 del D. Lgs. 626 con il quale si impegna il datore di lavoro alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, compresi quelli psicosociali
STRESS, SICUREZZA E SALUTE SUL LAVORO Accordo quadro europeo sullo stress lavoro-correlato (8 ottobre 2004) No mobbing, violenza I generici rischi vengono sostituiti dallo stress lavoro-correlato, i datori di lavoro o vessazioni sono obbligati a valutarlo
STRESS, SICUREZZA E SALUTE SUL LAVORO Il Testo unico sostituisce completamente la legge 626/94
18/11/2010 Lettera circolare del ministero del lavoro che indica le fasi della valutazione stress correlato
Stress Lavoro correlato e differenze individuali
Stress Lavoro correlato e differenze individuali
Rischi psicosociali I rischi psicosociali derivano da inadeguate modalità di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro e da un contesto lavorativo socialmente mediocre e possono avere conseguenze psicologiche, fisiche e sociali negative, come stress, esaurimento o depressione connessi al lavoro. I rischi possono riguardare sia il contenuto che il contesto Tra i rischi che riguardano il contesto si Tra i rischi che riguardano il possono identificare contenuto si possono quelli relativi a identificare quelli relativi a Ø Cultura organizzativa Ø Carico fisico, mentale o Ø Ruolo emotivo Ø Percezione di Ø L’orario e il controllo del giustizia organizzativa lavoro Ø Sviluppo di Carriera e/o relazioni interpersonali
Dagli anni ’40 in poi si incomincia a parlare di FATICA SOGGETTIVA quello stato in cui il lavoratore dimostra una caduta di efficienza conseguente ad un disagio lavorativo Si comincia dunque a distinguere la fatica in: FISIOLOGICA PATOLOGICA (o cronica) che può essere risolta stato di sofferenza attraverso il riposo, derivante da un affaticamento il sonno o delle pause che permane al di la dei tentativi fisiologici di recupero
Da un punto di vista fisiologico alla presenza di fatica corrisponde sul piano oggettivo il modificarsi di alcuni parametri biochimici Se alla fatica corrisponde una caduta di efficienza, dovrebbe verificarsi anche il fenomeno contrario CADUTA DI FATICA EFFICIENZA Nonostante gli sforzi fatti non fu possibile individuare dei correlati fisiologici che riuscissero a spiegare come, in certi casi di diminuzione dell’efficienza, non si verificasse un incremento di fatica fisica
STRESS Hans Selye Selye definisce lo stress come: la “risposta generale aspecifica a qualsiasi richiesta proveniente dall’ambiente” In base a queste osservazione Selye, concluse che tale sindrome era da considerarsi una risposta aspecifica dell’organismo, tesa a ripristinare il normale equilibrio perturbato da fattori esogeni ed endogeni Nell’idea di Selye la reazione di stress si articola in tre fasi fondamentali costitutive della Sindrome generale di adattamento 1. FASE DI ALLARME 2. FASE DI RESISTENZA 3. FASE DI ESAURIMENTO Gli stressor turbavano l’omeostasi dell’organismo inducendolo a reagire per arginare la minaccia
Le strategie di Coping Particolari meccanismi di difesa che consentono agli Insieme di strategie individui di gestire situazioni di fronteggiamento e controllo percepite come avverse o delle potenziali fonti di stress pericolose “To cope” letteralmente significa far fronte, tener testa; “l’insieme dei processi cognitivi che pongono le premesse per un adattamento/cambiamento dell’ambiente da parte dell’individuo”
Il coping secondo Lazarus È un processo che dipende dal contesto ed è indipendente dal risultato È l’insieme di tentativi, sempre mutevoli, che l’individuo mette in atto per controllare quegli eventi ritenuti superiori alle proprie possibilità Due concetti chiave sono quelli di valutazione e di coping LA VALUTAZIONE si può dividere in due tipi: LA VALUTAZIONE PRIMARIA LA VALUTAZIONE SECONDARIA (Primary Appraisal): (Secondary Appraisal): comporta un controllo continuo ovvero la considerazione delle transazioni della persona con l’ambiente. delle risorse disponibili per È in sostanza l’identificazione gestire il problema della situazione problematica
STRATEGIE DI COPING Problem Focused: Emotional Focused: Tipologie di risposta che Strategie orientate alla gestione tendono alla risoluzione dello stress emotivo, cioè alla diretta e immediata riduzione o alla modificazione dei dell’impatto negativo di un sentimenti negativi che derivano problema da una situazione di minaccia Strategie miranti al Esempi di strategie centrate sulle cambiamento esterno emozioni possono essere la ovvero alla modificazione distrazione, l’attenzione selettiva, della situazione, ma anche al la capacità di minimizzare o di cambiamento di se stessi evitare in seguito quella stessa per es. imparare ad utilizzare situazione che ha creato nuove abilità sentimenti di malessere
DEMAND-CONTROLL MODEL di Karasek In questo modello Karasek dimostra che i dipendenti caratterizzati da un’autonomia decisionale bassa e da richieste di lavoro elevate, manifestano stati di malessere ed un basso livello di soddisfazione (Karasek, 1979) Se l’impegno richiesto dal lavoro è eccessivo rispetto alle possibilità del lavoratore la situazione diventerà stressante e comporterà una maggiore usura dell’organismo, un rischio elevato di malattie e persino di morte In sintesi la risposta allo stress è data da due fattori: La Domanda: le richieste lavorative, il carico di lavoro Il Controllo: la capacità e discrezionalità nello svolgere il lavoro
Karasek, incrociando le variabili suddette ipotizza quattro tipologie lavorative: Bassa DOMANDA Alta Alto Lavori a Lavori Basso Strain Attivi CONTROLLO Lavori Lavori ad Basso Passivi Alto strain (Karasek, 1979) Lavori ad alto strain: (alta D – basso C) creano un’alta tensione psicologica provocata dall’alto carico lavorativo, si manifestano con ansia e vari disturbi psicosomatici Lavori attivi: (alta D – alto C) il soggetto può esprimere appieno le proprie potenzialità Lavori a basso strain (bassa D - alto C): non creano tensione negli individui, che spesso sono soddisfatti del loro lavoro Lavori passivi: (bassa D – basso C) creano stress e tensione psicologica; impoveriscono le abilità lavorative diminuendo le capacità di apprendimento. Creano un hipostress (stress da deprivazione) che abbassa il livello di qualità della vita
Lo stress dunque è il risultato di un disequilibrio tra le richieste mentali o pressioni lavorative e la libertà di decisione: Le richieste o le pressioni lavorative sono considerate causa di stress solo in assenza di strategie lavorative di coping riguardo a tali domande LA SITUAZIONE DI STRESS può essere facilitata o ostacolata anche da: • lo sforzo fisico • dal sostegno sociale (Karasek e Theorell, 1990) Il modello di Karasek è stato successivamente modificato mediante l’inserimento di una terza dimensione, ottenendo il nuovo modello Domanda-Controllo-Supporto Così situazioni lavorative caratterizzate da richieste elevate, autonomia decisionale e supporto sociale scarsi, determineranno nei lavoratori una predisposizione a problemi di salute
EFFORT-REWARD IMBALANCE (ERI) di Siegrist RECIPROCITÀ SOCIALE gli individui investono energie e risorse in attività dalle quali presumono di ottenere un rendiconto (Siegrist, 1996) retribuzione SFORZO avanzamento di carriera aumento di stima personale IMBALANCE
JOB DEMANDS-RESOURCES MODEL (JDR) di Siegrist (Bakker e Demerouti, 2007)
BURNOUT Lo stress può essere definito come una determinante del burnout ma non si identifica con esso, il burnout può essere considerato piuttosto, in determinate condizioni, un possibile esito dello stress Stress È il risultato di uno squilibrio fra risorse disponibili e richieste dell’ambiente esterno È legato ad un insuccesso nel Burnout processo di adattamento accompagnato da un malfunzionamento cronico
Definizioni L’espressione “Burnout Syndrome” è stata utilizzata per la prima volta dalla Maslach nel 1977 nel Convegno annuale dell’APA Burnout Può essere considerato un particolare tipo di stress occupazionale, caratterizzato dal fatto che lo stress deriva dall’interazione fra l’operatore e il destinatario dell’auito “ sindrome di esaurimento emotivo, di spersonalizzazione e di riduzione delle capacità personali che può presentarsi in soggetti i quali, per professione, si occupano della gente” (Maslach, 1992)
MODELLO DELLA MASLACH Tale modello scompone la sindrome del burnout in tre dimensioni: Esaurimento emotivo: caratterizzato da un coinvolgimento emotivo ed un utilizzo eccessivo delle proprie risorse affettive ed emotive, con conseguente sovraccarico ed esaurimento emozionale Depersonalizzazione: caratterizzata da un atteggiamento di indifferenza e di distacco verso l’utenza e verso lo stesso lavoro Ridotta realizzazione personale: caratterizzata da un senso di inadeguatezza e dall’incapacità di stabilire un efficace relazione d’aiuto con l’utenza da parte dell’operatore
WORK ENGAGEMENT Il termine engagement viene Gli autori sostengono che il utilizzato per designare il work engagement sia una benessere del lavoratore in dimensione indipendente, un contrapposizione alla situazione di concetto distinto legato malessere lavorativo definito negativamente al burnout, (Schaufeli e come burnout. Il lavoratore prova caratterizzato da vigore, Bakker, 2008) uno stretto legame affettivo nei assorbimento e dedizione. Lo confronti delle sue attività sfinimento e il vigore sono ai poli lavorative e si sente capace di opposti del continuum occuparsi delle richieste del suo dell’energia, mentre tra il lavoro. cinismo e la dedizione c’è l’identificazione
IL MOBBING Ø Il termine deriva dal verbo to mob (assalire, affollarsi intorno a qualcuno) Ø Il sostantivo mob viene usato per indicare la folla in tumulto o anche la banda di delinquenti (Leymann, 1990; 1996) Ø Il primo ad usare il termine mobbing fu l’etologo Conrad Lorenz per descrivere il comportamento di attacco di alcuni animali nei confronti di un animale più piccolo e indifeso Ø Nei contesti lavorativi è stato introdotto da Heinz Leymann per indicare l’aggressione nei confronti di un lavoratore ad opera di uno o più altri lavoratori (superiori, sottoposti e parigrado)
MOBBING E CONFLITTO È importante distinguere il mobbing dal conflitto Nei quotidiani rapporti di lavoro possono sorgere conflitti e incomprensioni a più livelli: • problemi organizzativi • rapporti personali capo-subordinato • violazione delle regole di relazione tra colleghi Tali situazioni danno origine a conflitti che nella maggior parte dei casi sono o temporanei o generalizzati o non raggiungono comunque un’intensità tale da incidere sulla qualità dei rapporti tra i lavoratori e sulla loro vita in generale (anche extralavorativa)
MOBBING E CONFLITTO Quando il conflitto diventa mobbing? Il mobbing nasce dalla degenerazione di tali conflitti quotidiani ed in particolare dai conflitti non risolti Conflitto non risolto Una serie di attacchi psicologici viene (es. una omissione portata nei confronti di informazioni del presunto importanti) colpevole Si parla di mobbing quando gli attacchi si verificano con una frequenza molto elevata (almeno una volta alla settimana) in (Leymann, 1990; un periodo di tempo lungo (almeno sei mesi) in modo tale che 1996) il soggetto bersaglio dell’attacco si ritrova in una posizione di assoluta e costante inferiorità ed impotenza
Il mobbing può essere di diversi tipi: Ø MOBBING ORIZZONTALE: rivolto verso un parigrado (frequenza statistica 40% dei casi) Ø MOBBING VERTICALE DALL’ALTO: rivolto verso un sottoposto (frequenza statistica 40% dei casi) Ø MOBBING VERTICALE DAL BASSO: rivolto verso un superiore (frequenza statistica 10% dei casi) Ø BOSSING: azioni di mobbing condotte dall’intero vertice aziendale (Ege, 1996)
(Ege, 2002)
I PROTAGONISTI DEL MOBBING Il mobber Gli spettatori L’azienda LA VITTIMA I sindacati La famiglia Gli amici I medici
INCONSAPEVOLE CONSAPEVOLE VERO MOBBER PSICOPATICO Reale incapacità di rendersi Ø coscientemente intraprende la sua Non mostra la conto delle conseguenze persecuzione portandola, qualche sua vera natura, dei suoi comportamenti volta, avanti anche dopo che la vittima affascinante, è uscita dal mondo del lavoro, con manipolatore, tutta una serie di affermazioni tese a seduttivo, giustificare il suo comportamento ed i altamente fatti accaduti pericoloso è in grado di creare Ø calcola le reazioni degli altri Ø casuale un ambiente Ø studia i lati deboli della vittima per invivibile sfruttarli a suo vantaggio Ø cerca alleati per la sua azione distruttiva Ø distrutta una vittima non è improbabile che ne cerchi un’altra
(Leymann, 1993)
Il conflitto mirato 1° L’inizio del mobbing 2° I primi sintomi 3° psicosomatici (Ege, 1997) Errori ed abusi CONDIZIONE dell’amministrazione 4° ZERO del personale Il serio aggravamento della 5° salute psicofisica della vittima L’esclusione dal 6° mercato del lavoro
Work life Balance: Storia e definizioni
Work life Balance: Storia e definizioni
Work life Balance: Storia e definizioni
Work life Balance: Storia e definizioni
SELEZIONE E VALUTAZIONE
SELEZIONE E VALUTAZIONE
SELEZIONE
COMPITI NEL PROCESSO DI SELEZIONE
COMPITI NEL PROCESSO DI SELEZIONE
COMPITI NEL PROCESSO DI SELEZIONE
COMPITI NEL PROCESSO DI SELEZIONE
JOB ANALYSIS • TECNICHE FOCALIZZATE SUL COMPITO: lavoro che viene svolto e su ciò che un dipendente fa per completarlo • TECNICHE FOCALIZZATE SUL LAVORATORE: descrivono il lavoro in termini di conoscenze, abilità attitudini o tratti necessari per svolgerlo
JOB ANALYSIS PAQ – Position Analysis Questionnaire Più adatto a professioni operative PMPQ – Professional and managerial Questionnaire
MODELLI DI COMPETENZE MOTIVAZIONE
METODI DI SELEZIONE E VALUTAZIONE INTERVISTA Comportamentale: si concentra sul comportamento passato Situazionale: orientata al futuro, pone ai candidati domande che presentano una serie di dilemmi
ERRORI SISTEMATICI Ø Aspettative e credenze: preconcetti Ø Effetto primacy ed effetto recency Ø Gestione dell’impressione Ø Faking good Ø Effetto alone e effetto alone inverso Ø Effetti di contrasto e di somiglianza
METODI DI SELEZIONE E VALUTAZIONE TEST PSICOMETRICI PROVE PRATICHE ESERCIZI DI GRUPPO
METODI DI SELEZIONE E VALUTAZIONE Materiale a cura di Marina Mondo
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