Mantua Humanistic Studies - Volume V Edoardo Scarpanti - OSF
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Mantua Humanistic Studies Volume V Edited by Edoardo Scarpanti UNIVERSITAS STUDIORUM
© 2018, Universitas Studiorum S.r.l. - Casa Editrice via Sottoriva, 9 - 46100 Mantova (MN) P. IVA 02346110204 www.universitas-studiorum.it Copertina: Ilari Anderlini, Art Director www.graphiceye.it Foto in copertina: © Ilari Anderlini Impaginazione e redazione: Luigi Diego Di Donna I contributi pubblicati nella presente miscellanea sono stati sottoposti a peer review Prima edizione nella collana “Mantua Humanistic Studies” marzo 2019 Finito di stampare nel marzo 2019 ISBN 978-88-3369-032-2
Summary A Perspective Illusion or a View from the Clouds? Detail of an Early 16th-Century Miniature Painting Produced in Tabriz (Iran) 5 Maria Vittoria Fontana Literature and Cinema 31 Mohamed Belamghari Influence of Diaspora Literature on Mappila Community: Rethinking Anti-Colonial Writings of Hadhrami Sayyids 53 Anas Edoli Pornografia di Gombrowicz per Luca Ronconi. I limiti della regia e la ricerca di un teatro infinito 65 Marta Marchetti Accidents of Perception in George Eliot’s The Lifted Veil 85 Inês Robalo A special poetic of iron and stone: reflections about the design of the Montemartini Museum in Rome 101 Giorgio Verdiani, Pelin Arslan Aus Licht und Schatten: Das goldene Berlin der 1920er Jahre 133 Sonia Saporiti Dal locale al globale. Il nuovo ruolo della autonomia altoatesina 157 Giovanni Pasta 3
Mantua Humanistic Studies Volume V Alle origini della transizione post-industriale. Il caso dell’indotto dell’industria orafa aretina 187 Giovanni Pasta Globalizzazione ,“HT”e nuovi porti: il caso del “cyberport” di Hong Kong 203 Giovanni Pasta L’incanto dell’infanzia e la violenza della storia nel romanzo d’esordio di Francesca Duranti 225 Carla Carotenuto La “specificità di genere”: i linguaggi extraverbali di Clara Sereni 241 Carla Carotenuto La dimensione patemica nei racconti di Francesca Sanvitale 261 Carla Carotenuto Per una mappatura alimentare in Libero Bigiaretti 283 Carla Carotenuto Note su La spiaggia d’oro di Raffaello Brignetti 299 Carla Carotenuto Dagli OPG alle REMS: la lunga navigazione della “Stultifera Navis” che, in attesa dei decreti di attuazione della l. del 23 giugno 2017, n. 103, sta per giungere all'approdo 311 Giovanni Chiola TSO per disturbi mentali. Frammenti di filosofia e sociologia del diritto 345 Stefano Colloca 4
Dagli OPG alle REMS: la lunga navigazione della “Stultifera Navis” che, in attesa dei decreti di attuazione della l. del 23 giugno 2017, n. 103, sta per giungere all'approdo Giovanni Chiola Università degli Studi di Napoli Federico II Abstract The ECHR defending ethical and political right of prisoners, sanctio- ned Italy for violating the rights of persons in detention. The Torreggiani ruling, could have been extended also to the psychiatric internees who are forced to live in degradation and in conditions that are nothing but abominable. The expiry of the sentence coincided (coincidentally?) with the approval of the law of 30 May 2014, n. 81, aimed at dismantling the OPG and drastically reducing the number of inmates. This paper aims to provide some reflections on the implementation of this important reform. Keywords: opg, echr, psychiatric internees, rems, folle reo, reo folle. 1. Introduzione La rivoluzione Basagliana sembrava completarsi con la ri- forma del 2014 (L. n. 81 del 30 maggio 2014), che ave- va segnato la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, ovvero della parte peggiore del mondo carcerario e manico- miale. Ma, dopo appena tre anni, ci ritroviamo davanti al testo dell’art. 1, comma 16, lettera d, della legge delega n. 103 del 23 giugno 2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario) che - se verranno in futuro emanati i decreti legislativi di attuazione senza adottare alcuna modifica ai criteri selettivi per l’accesso 311
Mantua Humanistic Studies Volume V alle Rems - rischia di riaprire la vecchia stagione degli OPG e di vanificare una grande riforma di livello europeo, se non addirittura mondiale. La norma in questione permetterebbe l’ingresso nelle Rems non soltanto delle persone prosciolte con problemi di salute men- tale che abbiano commesso reati, ma anche di alcune persone mandate in osservazione psichiatrica e di tutti i detenuti con sopravvenute malattie mentali che scontino pene carcerarie. Prima di approfondire la questione della destrutturazione degli OPG e della nascita dei luoghi in cui si svolgono le misure di sicurezza a carattere curativo (Rems), occorre vol- gere lo sguardo alle prime riforme nel campo dell’assistenza dei malati, afflitti da patologie mentali e autori di reato, per cercare di comprendere le origini e le motivazioni delle mi- sure di sicurezza che, dopo un lungo dibattito dottrinale fra esponenti della scuola classica e positiva, hanno visto la loro luce nel codice penale vigente. 2. La chiusura definitiva degli OPG e le dimissioni degli internati Il revirement della disciplina legislativa deve necessariamente collegarsi alla sentenza della Corte europea dei Diritti dell’Uo- mo dell’8 gennaio 2013 (c.d. sentenza Torregiani). La CEDU ha infatti, condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea, perché il suo sistema penitenziario consentiva trattamenti inumani e degradanti in violazione de- gli standard minimi di vivibilità nelle carceri, imponendole di porre rimedio, entro la fine di maggio 2014. La sentenza non riguardava direttamente gli OPG anche se per questi, come per la detenzione in carcere, il problema non era di scadenza del 312
Mantua Humanistic Studies Volume V termine, ma di natura etico-giuridica. L’inerzia dell’Italia sul tema del sovraffollamento delle carceri, ma aggiungerei anche, delle dimissioni degli internati dagli OPG e, più in generale, della condizione carceraria, derivava dalla constatazione di una mancanza protratta di misure strutturali idonee a raccogliere i suggerimenti e le indicazioni offerti dal Consiglio d’Europa. A decorrere dal 1 giugno 2014, la legge di conversione del decre- to legge 31 marzo 2014, n. 52 ha conferito alle misure di sicu- rezza a carattere custodiale un’autentica funzione rieducativa e curativa del reo, ritenuto socialmente pericoloso (e non una funzione puramente reclusiva), purché coordinata da uno spe- cifico e personale programma di cura e reinserimento sociale. L’emanazione del D.L. 52/14, che ha fissato l’ennesima pro- roga del termine utile per la definitiva chiusura degli Ospe- dali psichiatrici giudiziari al 31 marzo 2015, sembrava pro- crastinare all’infinito il doloroso problema legato al destino dei folli rei. Ma, quasi inaspettatamente, in sede di conver- sione del decreto legge, la legge del 30 maggio 2014, n. 81, ha introdotto alcune modifiche sostanziali che hanno mutato profondamente l’applicazione della misura di sicurezza de- tentiva, comminandola ai soli casi in cui il magistrato acqui- sisca elementi dai quali risulti che ogni misura «diversa» non sia idonea ad assicurare le cure adeguate e a far fronte alla pericolosità sociale dell’infermo e del seminfermo di mente. Queste «persone dimenticate», nonostante le denunce pre- sentate nel Rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti disumani o degradanti del Consiglio d’Europa del 20 aprile 20101, entro il 31 marzo 2015 sono state finalmente dimesse. 1. Gil-Robles 2005: 100-122. 313
Mantua Humanistic Studies Volume V La riforma legislativa si è delineata gradualmente: dapprima con il D.L. 52/14 che si componeva di un solo articolo (Mo- difiche all’art. 3-ter del decreto legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9) che ha modificato le disposizioni fissate dall’art. 3-ter del D.L. 211/11, per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari; successivamente, con la legge di con- versione del medesimo decreto legge, n. 81 del 2014, che ha introdotto modificazioni che hanno disciplinato i percorsi terapeutico-riabilitativi individuali di dimissione di ciascuna persona ricoverata negli OPG e la durata stessa delle misure di sicurezza detentive. La legge però, da sola, ha avviato un concreto programma di dimissioni, di conserva, di svuotamento di quelle che an- che l’opinione pubblica riteneva fabbriche di malattie anziché luoghi di cura, ma non ha risolto il problema dell’applicazio- ne delle misure di sicurezza da parte dei giudici. 3. La legge del 30 maggio 2014, n. 81 ha riportato sui bi- nari basagliani i malati mentali e gli infermi psichiatrici, autori di un fatto-reato? La legge Basaglia se ha determinato effetti positivi sui mani- comi civili, fino a poco tempo fa non aveva ancora prodotto alcun risultato nei confronti dei malati di mente autori di un fatto-reato, che rimanevano rinchiusi nelle strutture psi- chiatrico-giudiziarie2. L’esigenza di armonizzare la normativa in materia di OP civili con l’istituto degli OPG trovava giu- stificazione sul piano razionale ma anche giuridico, perché le differenze erano incostituzionali, tanto è vero che molti 2. Ferraro 2010: 248. 314
Mantua Humanistic Studies Volume V giudici avevano sollevato numerose questioni di costituzio- nalità davanti alla Corte Costituzionale. Non si dovrebbero fare discriminazioni fra malati mentali e persone affette da patologie mentali che pur avendo commesso un fatto-rea- to venivano prosciolte perché non imputabili, ma passibili dell’applicazione delle misure di sicurezza. Queste ultime do- vrebbero essere assoggettate soltanto al ricovero in una strut- tura sanitaria pubblica psichiatrica; invece, a causa della pre- sunta condizione di pericolosità sociale, rappresentano una categoria nei confronti della quale il sistema penale applica le misure di sicurezza detentive. Queste misure, percorrono, tutte, il binario disciplinare delle misure di sicurezza a carat- tere custodiale, che vanno distinte dalle misure di sicurezza non detentive, quali la libertà vigilata, il divieto di soggiorno, il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche e l’espulsione dello straniero dallo Stato. Con l’approvazione della recente legge 30 maggio 2014, n. 81, di conversione del D.L. 31 marzo 2014, n. 52, si era atteso «l’aggiornamento» del sistema delle misure di sicurez- za previste nel Codice Rocco, attraverso l’eliminazione del sinallagma pericolosità sociale-infermità mentale del reo. Purtroppo la legge esaminata non ha disposto una discipli- na organica che scardinasse il doppio binario e parificasse i diritti dei malati di mente a quelli degli infermi e dei semin- fermi di mente, autori di fatti che costituiscono reato, ma solamente alcuni timidi interventi in materia di superamento degli O.P.G. All’art. 1, n. 1-quater, ad esempio, il legislatore si è limita- to ad ancorare il tempo delle misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive alla pena edittale massima, applicata 315
Mantua Humanistic Studies Volume V alla pena detentiva prevista per il reato commesso. Ciò ha reso possibile intervenire sull’indeterminatezza delle misure di sicurezza, in ossequio a quanto sostenuto recentemente dalla Corte Costituzionale, che le riteneva «limitative della li- bertà personale e di durata non predeterminata nel massimo, in quanto soggette al meccanismo del riesame della pericolosità…, in concreto, di gran lunga più afflittive della pena irrogata con una sentenza di condanna» (sent. n. 274 del 2009). La norma ha modificato alcune parti della legge 17 febbraio 2012, n. 9, eliminando così una palese violazione dell’art. 13, c. 5, Cost. È da apprezzare lo sforzo compiuto dal legislatore che ha ribaltato la sproporzione fra la durata della pena e della misura di sicurezza, escludendo l’indeterminatezza del ter- mine «ad quem» della seconda, stabilendo che le misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive, compreso il rico- vero nelle Rems, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima (art. 1, n. 1-qua- ter del D.L. 52/14). Il principio di temporalità delle misure di sicurezza ha consentito di uniformare la loro disciplina a quella delle CTA (Comunità terapeutiche assistite) - il cui ricovero non deve superare un massimo di 54 mesi (di cui 18 mesi per il programma terapeutico-riabilitativo intensivo e 24 mesi, per il programma terapeutico-riabilitativo esten- sivo) - e ai TSO (Trattamenti sanitari obbligatori) - riservati ai malati di mente che hanno una durata limitata - per far cessare i numerosi processi di cronicizzazione del paziente che lo rendevano dipendente dalle strutture degli OPG, li- mitandone gradualmente le sue autonomie. Inoltre, il limite dell’invalicabilità del tetto temporale ha sanato lo scandalo 316
Mantua Humanistic Studies Volume V dei veri e propri «ergastoli bianchi», ovvero dei giudizi di ri- esame dei giudici di sorveglianza che, di sei mesi in sei mesi, prorogavano l’internamento. Ciò è stato reso possibile, grazie anche alla creazione di legami più stretti fra la Magistratura ed i servizi psichiatrici territoriali (ASL e loro servizi), attra- verso nuovi protocolli di collaborazione che hanno arginato il fenomeno delle proroghe sistematiche delle misure di sicu- rezza che venivano adottate anche in assenza di veri riscontri oggettivi sul periculum. All’art. 1 b, che stabilisce: «il giudice dispone nei confronti dell’infermo di mente e del seminfermo di mente l’applica- zione di una misura di sicurezza, anche in via provvisoria, di- versa dal ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario o in una casa di cura e custodia …» il legislatore ha recepito, dal punto di vista dell’applicazione delle misure di sicurezza al- ternative a quelle detentive, la sentenza della Corte Costitu- zionale n. 253 del 20033. Con tale sentenza additiva la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222 c.p. (Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario), nella parte in cui non ha preso in considerazione l’opportunità da parte del giudice – che abbia ravvisato l’inidoneità della misura del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario - di adottare una diversa misura di sicurezza, quale la libertà vigilata. Questa sola, infatti, a parere della Corte, sarebbe idonea ad assicurare adeguate cure all’infermo di mente e a far fronte alla sua pe- ricolosità sociale, purché accompagnata ex art. 228, c.2 c.p. da prescrizioni idonee, ad evitare le occasioni per la com- missione di nuovi reati. Occorre porre l’accento sul carattere rivoluzionario della sentenza che accogliendo le motivazioni 3. Groppi 2003; Minniti 2003: 74; Famiglietti 1983: 2118. 317
Mantua Humanistic Studies Volume V del Giudice a quo, ha denunciato il rigido «automatismo» della regola legale, permettendo di fatto ai giudici, di adot- tare misure meno drastiche rispetto a quella detentiva del ricovero in OPG4. Misure, pertanto, che non soltanto non dovrebbero essere segreganti, come la libertà vigilata, ma che dovrebbero anche soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona interessata oltre a quelle di controllo della sua peri- colosità sociale5. Oltretutto, l’obbligo del giudice di adottare come misura di sicurezza il ricovero in OPG poteva pregiudi- care la salute dell’infermo di mente anziché avvantaggiarlo6. I principi basagliani andavano oltre, in quanto sostengono che la pericolosità sociale - quale movente che giustificava i rico- veri coatti presso gli ospedali psichiatrici giudiziari – va as- sorbita dalla natura eccezionale, limitata nel tempo ed urgen- te, propria degli interventi terapeutici. La c.d. dimensione di «sicurezza» e «terapeutica» non debbono più intrecciarsi. Alla riabilitazione andava riconosciuto valore prioritario in nome del diritto alla salute e quest’ultimo giustificava esclu- sivamente le misure di sicurezza alternative, quali appunto la libertà vigilata. La Corte, nella stessa sentenza 253/03, senza spingersi nel merito della legittimità della misura di sicurezza del ricovero obbligatorio in OPG, aveva invece, affermato che sicurezza e salute costituiscono entrambi valori che van- no bilanciati dal legislatore nella disciplina delle misure di sicurezza. Peraltro, già nella sent. 324 del 1998, nel sostenere l’incostituzionalità della norma che disponeva il ricovero in OPG per adulti e minori, senza operare alcuna distinzione 4. Pugiotto 2013: 365. 5. Collica 2004: 303; Minniti 2004: 14. 6. Della Casa 2004: 3998; Modugno 2009: 2405; Rescigno 2009: 2412. 318
Mantua Humanistic Studies Volume V d’età, la Corte aveva riconosciuto che la cura della malattia mentale non debba attuarsi se non eccezionalmente in condi- zioni di degenza ospedaliera, bensì di norma attraverso servizi e presidi psichiatrici extra-ospedalieri, e comunque non attraverso la segregazione dei malati in strutture chiuse come le preesistenti istituzioni manicomiali7. 4. L’intervento di soft law sulla valutazione della pericolosità sociale Come affermato in precedenza, la L. 81/14 non ha osato in- taccare il potere discrezionale esercitato dal giudice nell’at- to di valutare la capacità a delinquere del soggetto malato di mente autore di reato. In passato si sono avuti, pertanto, interventi di soft law per garantire la perfetta corrisponden- za tra i diversi disturbi diagnosticabili e le relative misure di sicurezza, che necessitavano di un intervento del legislatore che riformasse radicalmente la materia8 in adesione, peraltro, agli inviti della Corte Costituzionale (sentt. n. 111 del 1996 e n. 228 del 1999). Tale indirizzo è stato recentemente rac- colto dalla l. 30 maggio 2014, n. 81 che ha convertito con modificazioni il D.L. 31 marzo 2014, n. 52, recante «Dispo- sizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psi- chiatrici giudiziari». Il legislatore non soltanto ha voluto dare un chiaro segnale di voler porre fine alle proroghe di rinvio della chiusura degli OPG, ma di intervenire sule misure di sicurezza custodiali che legittimavano l’invio dei folli rei negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia, abrogando il punto 4 dell’art. 133, c.2 c.p. Occorre premet- 7. Casaccia 2001: 1485. 8. Collica 2007. 319
Mantua Humanistic Studies Volume V tere che la norma in oggetto - che tra l’altro è stata sottoposta al sindacato di legittimità costituzionale da parte del Tribu- nale di Sorveglianza di Messina (r.o. n. 247 del 2014) - non era riuscita a stravolgere l’impianto del Codice penale, ma semmai a ritoccare alcuni aspetti disciplinari delle misure di sicurezza come la durata ma anche il presupposto soggettivo della loro applicazione. L’art. 1, c.1, lett. b, della l. 81/2014, che ha modificato l’art. 3-ter del d.l. 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con mo- dificazioni dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9, aveva limitato l’esercizio del potere discrezionale del giudice di valutare la capacità a delinquere del colpevole, abrogando il punto 4 dell’art. 133, c.2, c.p., che completava tale giudizio anco- randolo alle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo. Il giudice di merito, come anche il magistrato di sor- veglianza, in futuro si vedrà costretto a giudicare la perico- losità sociale degli imputati, utilizzando quale parametro di valutazione, le sole qualità soggettive della persona e tenendo a mente che non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di program- mi terapeutici individuali. Tale disposizione anziché ridurre il potere discrezionale dei magistrati, che nell’atto di accertare la pericolosità sociale, ai fini dell’applicazione delle misure di sicurezza detentive quali l’OPG (ex art. 222 c.p.) o la C.C.C. (casa di cura e custodia ex artt. 219-221 c.p.), prendevano in considerazione le sole qualità soggettive della persona, ha contribuito unicamente a ridurre lo spettro delle informa- zioni utili a tratteggiare la capacità a delinquere dei folli rei9, sottraendo alla loro valutazione, preziosi indizi utili a valuta- 9. Bianchetti 2014: 2. 320
Mantua Humanistic Studies Volume V re tali comportamenti. Siffatta «decontestualizzazione» della pericolosità sociale produrrà una forte astrazione del giudi- zio, alterando l’immagine reale del soggetto autore del reato, rendendolo un campione di laboratorio...10. Sulla stessa linea argomentativa potremmo inserire anche l’eliminazione dei programmi terapeutici individuali, quale prezioso indicatore del giudizio di pericolosità sociale su cui fondare il giudizio prognostico favorevole in capo al soggetto affetto da disturbi mentali. 5. Le Rems «ospitano e curano» le persone inferme di mente che hanno commesso reati, anziché «custodire» le anime solitarie dei folli rei La legge n. 81 del 2014 aveva risolto il problema degli OPG (ex manicomi criminali) raggiungendo una soluzio- ne compromissoria che non ha dovuto affrontare né il pro- blema del Codice penale né la questione dell’imputabilità. Nel codice penale, infatti, continua ad essere presente la possibilità di applicare le misure di sicurezza detentive a tutte le persone inferme di mente, che abbiano commesso reati, ma nella sola ipotesi in cui le misure di sicurezza alternative non siano idonee ad assicurare cure adeguate e a far fronte alla loro pericolosità sociale. Occorre ricor- dare che la L. 81/14 ha segnato anche l’apertura di tutte le Rems presenti nelle Regioni d’Italia - ponendo fine ad una fase transitoria, gestita dal Commissario straordinario unico - e la totale dismissione degli OPG11. A partire dai primi giorni del mese di aprile 2015, le Rems hanno inco- 10. Pelissero 2014: 917; Della Casa 2013: 2118. 11. Gatta 2017. 321
Mantua Humanistic Studies Volume V minciato a funzionare in modo scaglionato, per poi ope- rare a pieno regime su tutto il territorio nazionale, grazie al rapporto osmotico con i DSM (Dipartimenti di salute mentale), ma soprattutto per merito della loro permeabi- lità con il territorio. Sarebbe più opportuno precisare che le residenze sono delle strutture sanitarie che non hanno sostituito gli OPG e tantomeno hanno mantenuto legami stretti con il DAP (Dipartimento amministrazione peni- tenziaria), ma con i Servizi Territoriali di Appartenenza (STA)12. All’interno di questi luoghi accoglienti e puliti è possibile svolgere un percorso di cure riabilitative, alla pari delle comunità terapeutiche che non sono né segre- ganti né tantomeno limitative della libertà. Ciò significa che la misura custodiale deve essere intesa come extrema ratio, anche se la L. 81/14 presentava aspetti lacunosi, dal momento che non sono stati ben delineati i presupposti per la sua applicazione sia ab origine che in itinere. Si profi- lava, dunque, una responsabilità estesa in capo al dirigente psichiatrico in materia non soltanto di natura medica ma anche di sicurezza interna13. Tali compiti atipici assegna- ti ai medici determinavano serie ripercussioni sulla tute- la del diritto fondamentale di ciascun paziente alla salute. Le istanze di custodia potrebbero prevalere su quelle più strettamente terapeutiche, come al contrario - in caso di omissione di controlli e carenze organizzative interne - il giudice potrebbe effettuare una valutazione sull’operatore psichiatrico. Per neutralizzare la pericolosità anche poten- ziale degli ospiti, anziché esercitare funzioni di protezione 12. Pellegrini 2017. 13. Cupelli 2016. 322
Mantua Humanistic Studies Volume V e cura, lo psichiatra potrebbe condizionare direttamente la scelta del personale sanitario14, come anche potrebbe pre- disporre cure volte più al contenimento e alla risoluzione della pericolosità di alcuni pazienti, anziché mirare alla loro finalità puramente terapeutica15. La responsabilità tra lo psichiatra ed il magistrato andrebbe disciplinata meglio, come anche la gestione della Rems. Questa non può fare capo esclusivamente ad una ASL, che a sua volta risponde ad una direzione di un Assessorato, ma deve essere assunta dal Governo della Regione, che deve avere a sua volta un interlocutore nazionale. Nelle OPG era molto difficile fare terapia ai sofferenti psichici autori di reato, ma si potevano effettuare esclusivamente perizie psichiatriche, dal momen- to che prevaleva una logica carceraria su quella curativa. Nelle residenze per le misure di sicurezza è invece presente un personale di servizio molto qualificato e motivato che grazie al numero chiuso dei pazienti riesce a svolgere un lavoro di équipe e a godere di una costante formazione professionale che gli permette d’instaurare un rapporto di vicinanza con gli ospiti. Anche la stessa denominazione di pazienti tout court, anziché di detenuti, richiama l’idea di una struttura sanitaria anziché carceraria. La missione delle Rems è di far capire infatti, che la maggior parte dei pa- zienti psichiatrici giudiziari non sia socialmente pericolosa, ma che la sua pericolosità sia circoscritta ad un momento passato su cui, oggi, si può lavorare insieme seguendo un percorso riabilitativo. Pertanto sarebbe opportuno mettere in primo piano i bisogni terapeutici del paziente. 14. Del Zanna, Granati, Scarpa 2015: 2. 15. Pompili, NicolÓ, Ferracuti 2016. 323
Mantua Humanistic Studies Volume V 6. Neutralizzazione o metamorfosi della pericolosità so- ciale all’interno delle Residenze per l’esecuzione delle mi- sure di sicurezza? I tempi di permanenza all’interno delle Rems sono abbreviati dalla legge 81 del 2014 che ha stabilito che non potranno durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione massi- ma, ponendo così un limite all’istituto della proroga, ovvero dei c.d. «ergastoli bianchi». Se da un lato, s’introduce l’idea di una proporzione tra la du- rata massima delle misure di sicurezza detentive e la gravità del reato commesso, dall’altro lato, però, sembra una rifor- ma difficilmente conciliabile con la travagliata legittimazione delle nostre misure di sicurezza che sono concepite dal legi- slatore come sanzioni ulteriori rispetto alle pene. Queste misure, ricordiamolo, sono volte a neutralizzare la persistente pericolosità sociale dell’autore del reato che ha già scontato la pena (se imputabile o semi-imputabile), o che non può essere soggetto ad una pena, perché non imputabile. In quest’ultimo caso, come si giustificherebbero le misure di sicurezza intese quali autonome sanzioni penali, se vengono relazionate alla durata stabilita in astratto per le pene deten- tive e non già alla concreta pericolosità sociale dell’agente?16 Entro 30 giorni dall’ingresso degli ospiti nelle Rems si pre- sentano i referenti territoriali, mentre entro 45 giorni deve es- sere inviata alla residenza un progetto territoriale di massima. Il progetto è finalizzato alle dimissioni, ovvero alla loro cura e riabilitazione sociale, attraverso un inserimento personale e sociale degli utenti e non con la segregazione e la custodia 16. Gatta 2014. 324
Mantua Humanistic Studies Volume V degli individui pericolosi. Anche qui, si potrebbe obiettare che la riforma, se ha abolito l’ergastolo bianco, avrebbe però anche neutralizzato la pericolosità sociale di alcuni autori di reato pericolosi che verrebbero rimessi in libertà allo spirare del termine di durata massima della misura di sicurezza de- tentiva. La differenza con gli OPG sicuramente è palese, in quanto non si tratta più di luoghi di tortura o di espiazione di pene, in cui regnava la solitudine e la disperazione, ma di strutture curative dal punto di vista strutturale proprio come le case famiglia; mentre dal punto di vista relazionale è possi- bile lavorare sul senso di appartenenza alla comunità, poiché questa rappresenta un importante collegamento con il terri- torio. Anche se, occorre ricordare, che il passaggio alle Rems non è stato facile per i pazienti che hanno ricevuto molte cure, ma che hanno anche dovuto accettare numerose regole nuove. La riabilitazione finale è sinonimo di preparazione alla vita attraverso l’accettazione della malattia e le interazio- ni sociali che migliorano i deficit cognitivi. La durata nelle Rems è limitata e il percorso riabilitativo dipende molto dalla collaborazione con i servizi territoriali. L’obiettivo primario è quello di far rientrare nel territorio d’origine i singoli ospiti delle Rems. L’aspetto custodialistico è superato ed il diritto alla cura ed alla riabilitazione non vengono più negati, ma nello stesso tempo non devono costituire una minaccia alla sicurezza dei cittadini. Come avevamo accennato in precedenza, la legge di riforma n. 81 del 2014 ha fatto leva, per modificare il sistema delle misure di sicurezza, sulla «determinazione della durata» della misura di sicurezza e sulla «necessità» da parte del giudice di applicare la misura di sicurezza detentiva (art. 1, c.1, b della 325
Mantua Humanistic Studies Volume V legge n. 81/2014). A tale riguardo, in via residuale, la legge di conversione del D.L. 31 marzo 2014, n. 52, ha conservato alcune tipologie di «folli rei» da internare nelle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, ovvero, coloro nei cui confronti le misure di sicurezza alternative non siano idonee ad assicurare cure adeguate e a far fronte alla loro pericolosità sociale. Anche se, occorre notare, lo stesso presupposto della pericolosità sociale ha subito un radicale intervento norma- tivo del legislatore in sede di conversione del decreto legge sopradetto. La novellata disposizione normativa ha stabilito, infatti, che l’accertamento della capacità a delinquere deve essere effet- tuato sulla base delle qualità soggettive della persona e non desumendola dalle condizioni di vita individuale-familia- re-sociale del reo, ex art. 133, c. 2, n. 4, c.p. Ovvero, l’in- digenza o l’emarginazione sociale non può più costituire la causa per essere considerati socialmente pericolosi. Inoltre, anche il magistrato di sorveglianza in sede d’accertamento della pericolosità sociale della persona interessata, ex art. 679 c.p.p., non potrà più considerare l’assenza di programmi te- rapeutici individuali, quale elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale (art. 1, c.1, b)17. 7. Alcune questioni lasciate aperte dalla legge n. 81 del 2014 È doveroso ribadire che la L. 81/14 sia nata sulla base di una forte contraddizione perché a normativa invariata, ovvero sono stati chiusi gli OPG senza abrogare alcuna norma del Codice Rocco. Non credo che sia ancora utile mantenere in- variati gli articoli del Codice penale, ma che sia indifferibile 17. Pugiotto 2015; Massaro 2015. 326
Mantua Humanistic Studies Volume V la loro riforma, abrogando ad esempio, l’art. 148 c.p. (infer- mità psichica sopravvenuta in carcere) e il 206 c.p. (misure di sicurezza provvisorie), perché nelle Rems - proprio in virtù della loro natura residenziale transitoria - devono essere inviati esclusivamente i prosciolti definitivi (in ultima istanza) e non coloro a cui siano state applicate le misure di sicurezza prov- visorie, decise magari senza alcuna perizia. In merito all’art. 206 c.p., occorre aggiungere un uso-abuso insensato da par- te della magistratura di cognizione che ha causato problemi di disponibilità dei posti presso le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, causandone il collasso. Il rapporto d’incidenza delle misure di sicurezza provvisorie sul numero complessivo dei pazienti assegnati alle Rems è pari al 40%18. Molto spesso le persone a cui è stato applicato l’art. 206 c.p., ma che sono in attesa di eseguire la misura, si trovano di fatto in libertà, oppure recluse in carcere. Quelle persone che sono in esecuzione della misura di sicurezza provvisoria si trovano in Rems, ma per svariate ragioni, nessuna di queste persone si trova nel posto giusto. L’abrogazione dell’art. 206 c.p. deve essere seguita dalla sostituzione della custodia cautelare con l’affidamento presso il SPDC (Servizio psichiatrico di diagno- si e cura)19. In secondo luogo, si ritiene opportuno abroga- re gli artt. 88 e 89 c.p., riguardanti l’incapacità d’intendere e di volere che toccano l’impostazione di fondo del Codice in materia di sicurezza; ovvero il sistema del doppio binario, magari nell’ambito di un ripensamento globale del sistema delle misure di sicurezza. Al momento non esiste una cabi- na di regia per monitorare la vita delle 30 Rems esistenti in 18. Gatta 2016. 19. Bortolato 2014: 1. 327
Mantua Humanistic Studies Volume V Italia che, come abbiamo osservato in precedenza, risultano fortemente sbilanciate. Da poco (la prima riunione si è tenuta a Bologna il 18.5.2017) è stato istituito solamente un coordi- namento nazionale delle Rems (formato da operatori Rems e dei DSM) che parte dal basso, per monitorare le criticità e il loro funzionamento; ma anche perché in un’impresa del genere potrebbero emergere delle questioni che in precedenza non erano neppure ipotizzabili. Ma ancora è troppo presto per trasformarlo in uno strumento necessario a mobilitare le Rems contro quelle proposte di legge lesive delle loro competenze o per preparare un regolamento o una proposta di legge sulle Rems che (tenendo conto del principio di territorialità, del ri- fiuto della contenzione e del numero chiuso) renda omogenei i progetti redatti dalle singole Rems. In futuro la cooperazione fra le Rems sarà indispensabile anche per l’esercizio dei pote- ri sull’assegnazione dei pazienti, come anche sui controlli del funzionamento delle Rems. Al riguardo si potrebbe pensare di potenziare il coordinamento composto da un rappresentante delle Regioni, delle Rems, del Ministero della Giustizia e del Garante nazionale delle persone private della libertà. Soltanto così unite, le Rems, ma anche grazie alle future modifiche del codice penale, potranno costituire un’avventura di umanità e civiltà. Occorre contrastare l’incultura comune, offrendo una visione nuova del carcere come anche delle pene, lavorando sulle norme, ma soprattutto sulle pratiche quotidiane proiet- tando verso l’esterno l’esecuzione penale e abbattendo la re- cidiva con misure alternative e con delle offerte che la società deve affrontare. La pubblicità e la conoscenza del carcere può permettere di far avvicinare le persone e allontanare le toghe, affrontando così, il problema delle misure di sicurezza. Fra le 328
Mantua Humanistic Studies Volume V questioni rimaste aperte dalla l. 81/2014 si deve ricordare, an- che, la dimensione delle Rems (2 posti in Friuli Venezia Giu- lia, 120 a Castiglione dello Stiviere e nessuna Rems in Umbria che ha stipulato un accordo con la Toscana), come anche la questione dei soggetti senza fissa dimora (SFD), sia italiani che stranieri, nei cui confronti non è ben chiara la sorte cui spetterà loro alla fine della misura di sicurezza. Infine, non ab- biamo ancora chiaro cosa potrebbe accadere di fronte ad alcu- ni provvedimenti di espulsione. La lista d’attesa per l’ingresso nelle Rems delle diverse Regioni, al momento, è a macchia di leopardo, soprattutto per l’applicazione delle misure di sicu- rezza provvisorie disposte dai GIP. In alcune Regioni come il Veneto, ad esempio, non c’è più la lista d’attesa, mentre in al- tre Regioni come la Sicilia, i numeri arrivano ad una settantina di richieste. Ma allora, per accedere alle Rems dovrà prevalere il dato cronologico, oppure, quello legato alla gravità della pa- tologia mentale e del reato compiuto? Chi potrà effettuare tale valutazione? Non sarebbe meglio rivalutare lo strumento delle perizie e ripensare alle modalità di esecuzione per un giudizio fondato da parte dei giudici? Come anche, non sarebbe op- portuno ripensare all’architettura delle strutture provvisorie e soprattutto di quelle definitive? A questo proposito andrebbe stabilito il criterio di due perizie affidate a psichiatri sorteggia- ti da un albo, sulla cui base il giudice potrebbe decidere con maggiore cognizione e con elementi più sicuri. L’ex commis- sario Corleone sostiene che ci sia bisogno di un intervento normativo affinché le Rems non siano un luogo di emergenza, ma solamente una casa per quelle persone a cui siano applicate le misure di sicurezza definitive ed in cui possano godere di un percorso riabilitativo. 329
Mantua Humanistic Studies Volume V 8. La legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamen- to delle garanzie difensive e la durata ragionevole del pro- cesso nonché all’ordinamento penitenziario per l’effetti- vità rieducativa della pena) Dopo un lasso di tempo assai prolungato, caratterizzato da piccole modifiche del Codice penale, a seguito degli inter- venti della Corte Costituzionale che ha ricondotto il sistema, d’ispirazione autoritaria, nell’alveo dei principi costituziona- li, è stata approvata da poco la legge n. 103 del 2017. La questione specifica che ha destato maggiore perplessità e sconcerto, da parte delle associazioni che si sono battute per la chiusura degli OPG, scaturiva da un emendamento approvato in Commissione Giustizia del Senato all’art. 12, comma 1, lettera d) dell’A.S 2067 (che è stato rinumerato dall’art. 1, comma 16, lettera d) dell’A.C. 4368), ritenuto eccessivamente paternalista e pericoloso. La disposizione normativa rischia di far confluire nelle Rems, anche gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisorie (ex art. 206 c.p.) e i detenuti che abbiano sviluppato patologie mentali in carcere (ex art. 148 c.p.), qualora: «le sezioni degli istituti penitenziari non siano idonee, di fatto, a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi nel pieno rispetto dell’art. 32 della Costituzione…», facendo così collassare le Rems. I carcerati, con perizie fasulle, potrebbero simulare delle infermità psichiche per sottrarsi al duro regime carcerario, facendo recuperare alle Rems un sistema custodiale a detri- mento di quello sanitario e terapeutico. Non solo, ma numerose preoccupazioni sono sorte anche a livello territoriale, dal momento che il disposto normativo 330
Mantua Humanistic Studies Volume V inciderebbe sulle competenze delle Regioni in materia sa- nitaria, determinando una modifica delle funzioni previste dalla Costituzione. Da qui si manifesterebbe il dubbio sul soggetto competente a compiere la valutazione: la singola ASL oppure l’Amministrazione carceraria? Al riguardo è sta- ta convocata il 30 marzo 2017 la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in cui si chiedeva al Governo e al Parlamento lo stralcio della norma. Per modificare il testo dell’art. 12, comma 1, lettera d, del DdL 2067 Giustizia, in discussione al Senato, la sen. De Biasi ed altri senatori delle Commissioni Igiene-Sanità e Giustizia hanno presentato, la proposta di modifica n. 12.122 recante: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento pe- nitenziario». L’emendamento disponeva che fossero destinati alle Rems esclusivamente i «folli rei», ovvero coloro il cui sta- to d’infermità mentale fosse stato accertato in via definitiva al momento della commissione del reato. Tutte le altre perso- ne, come i «rei folli», oppure coloro a cui sia stata comminata una misura di sicurezza provvisoria e addirittura, coloro ai quali occorra ancora accertare le relative condizioni psichiche (ovvero si trovino in osservazione psichiatrica), devono essere destinate alle sezioni degli istituti penitenziari in cui prati- care trattamenti riabilitativi e terapeutici ad personam e nel pieno rispetto degli artt. 27 e 32 della Costituzione. Il testo, in seguito, è stato deliberato in Senato il 15 marzo 2017, e successivamente, alla Camera dei Deputati il 12 giugno, con l’apposizione della questione di fiducia da parte del Governo in entrambi i rami del Parlamento, che lo hanno di fatto «cri- stallizzato», facendo decadere tutti gli emendamenti presen- tati nelle rispettive Aule. Nonostante le numerose proposte 331
Mantua Humanistic Studies Volume V emerse durante l’esperienza degli Stati Generali dell’esecu- zione penale sulle nuove modalità di esecuzione delle misure di sicurezza, la recente legge 103/17, riguardante gli autori di reato non imputabili, presenta aspetti ambigui e oscuri. La prevalenza dell’uno sull’altro non potrebbe mai giusti- ficare misure tali da rendere danno, anziché vantaggio, alla salute del paziente o alla tutela della collettività. Da qui, la necessità di recuperare gli spunti offerti dagli Stati Genera- li dell’esecuzione penale, che proponevano di collegare le esigenze di cura e di controllo, affinché la giustizia penale possa intervenire con misure limitative o privative della li- bertà personale, solo laddove sussistano esigenze terapeuti- che che possano giustificare interventi di tipo sanitario. L’art. 1, c. 16 lettera d) della legge 23 giugno 2017, n. 103, che fa riferimento alle Rems e al processo di superamento de- gli OPG - qualora confermato dal legislatore delegato, che dovrà porre in essere le norme necessarie di dettaglio per dare attuazione alla riforma penitenziaria - moltiplicherebbe le attuali 30 Rems che svolgono una funzione residuale (al momento sono destinate a quei pochi casi in cui le misure di sicurezza alternative alla detenzione non possano essere più praticabili), incrementando sensibilmente le strutture in cui inviare un numero impressionante di pazienti. Il rischio concreto di affollare le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza è stato recentemente sfiorato, a seguito dell’ap- provazione della legge n. 81 del 2014, quando i magistrati hanno inviato nelle Rems numerose persone a cui sono sta- te applicate le misure di sicurezza provvisorie (decise magari senza perizia)20. Ma, grazie alla resistenza degli psichiatri e 20. Giannichedda 2017. 332
Mantua Humanistic Studies Volume V dei dirigenti sanitari che le amministravano, è stato impedi- to il loro sovraffollamento mediante l’inserimento di queste persone in lunghe liste di attesa21. Questa moltiplicazione esponenziale di pazienti presso le attuali Rems, però, potreb- be diventare ineluttabile a causa dell’emanazione fedele dei decreti attuativi della recente legge di delega. Le Rems, infat- ti, anziché conservare la loro identità residenziale gestita da sanitari all’interno dei DSM, si trasformerebbero in OPG, perché in continuità con il sistema penitenziario. Ma non dobbiamo assolutamente dimenticare che in collegamento con la riforma Basaglia, la legge 81/2014 ha stabilito che fossero esclusivamente i Dipartimenti di salute mentale ad occuparsi dei soggetti autori di reato con vizio di mente e che all’interno di questi, le Rems potessero operare esclusiva- mente in via residuale. Pertanto queste perderebbero la loro funzione «ancillare» ai DSM – di praticare in via transitoria e per breve tempo l’assistenza degli infermi di mente autori di reato – e risulterebbero inadeguate a realizzare quanto di- sposto dall’art. 1, comma 16, lettera d, del suddetto testo di legge. Se non si interverrà tempestivamente agendo sul crite- rio selettivo di ammissione presso le Rems, si spalancheranno le porte, non soltanto, ai pazienti le cui condizioni di disagio mentale, al momento della commissione del reato, sono state accertate, ma anche, a quelli ancora da accertare (ex. art. 112 c. 2, del DPR 230/00), anziché sottoporli a valutazioni spe- cialistiche da parte dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC). Ciò permetterebbe l’ingresso di numerose persone nel sistema delle misure di sicurezza con differenti caratteri- stiche (residenza, età, condizione di salute e di malattia) che 21. Miravalle 2017. 333
Mantua Humanistic Studies Volume V necessitino di svariati bisogni di cura e di diversificate misure giudiziarie – con conseguenti esigenze di custodia – a cui le sole residenze per le misure di sicurezza non potrebbero sop- perire. Qualora le Rems fossero utilizzate in tale modo, an- ziché servirsi dei servizi sanitari ospedalieri, come è previsto dalla normativa in materia e come è stato appena raccoman- dato dagli Stati Generali dell’esecuzione penale, si potrebbe- ro arrecare seri danni non soltanto agli ospiti, ma anche agli operatori sociali che lavorano nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Il solo criterio selettivo della pre- senza della malattia mentale – intesa però più in un senso generico, come stigma sociale, anziché come accertamento medico – porterebbe, ahimè, verso la logica manicomiale. 9. Alcune riflessioni sulle nuove Rems dopo l’approvazio- ne della legge 103/17 A seguito dell’approvazione della legge n. 103 del 23 giugno 2017, si è potuto intuire facilmente che si trattasse di una vittoria di Pirro da parte di «Marco Cavallo» sulle strutture manicomiali. Alla luce, infatti, dell’art. 1, c.16 lett. d), le Rems, rispetto al carcere, apparirebbero falsamente agli occhi della magistratu- ra come la risposta migliore a soddisfare la tutela della salute mentale di tutte le persone con disabilità psichiche autrici di reato, unicamente perché effettuata all’interno di luoghi di natura sanitaria. Ma, così facendo, le Rems potrebbero costi- tuire una facile scorciatoia in cui inviare direttamente i dete- nuti affetti da patologie mentali, anziché provvedere alle loro cure e riabilitazione all’interno delle sezioni di Osservazione psichiatrica. Non solo, ma anziché cercare una soluzione op- 334
Mantua Humanistic Studies Volume V portuna ai problemi quali: la scarsa dotazione di personale medico specialistico; la strumentazione dei servizi aziendali infermieristici; oppure quelli legati al modesto impegno a sti- pulare convenzioni con i DSM territoriali per la presa in ca- rico dei rei affetti da disturbi mentali, le Rems diverrebbero una «panacea a tutti i mali». Queste, di colpo, assolverebbero i responsabili degli inadempimenti a garantire le cure ai dete- nuti, ma allo stesso tempo, favorirebbero il ritorno, come ha sostenuto l’ex Commissario Corleone, dell’istituzione tota- le22 – ovvero dell’ibrido tra manicomio e carcere, senza essere esattamente né l’uno né l’altro, ma qualcosa di diverso e di più di ciascuno di questi, quasi una sorta di loro combinazio- ne e sovrapposizione – come anche della logica manicomiale del c.d. doppio binario23. Ma allora, il focus del legislatore de- legato non deve concentrarsi esclusivamente sui «luoghi», ma in nome della salute mentale, su «tutti» i detenuti. I recenti dati statistici dimostrano, infatti, che il numero dei carcerati affetti da patologie mentali sia in rapido aumento; complice il sovraffollamento carcerario e la popolazione straniera di difficile gestione che contribuiscono ad amplificare i disturbi mentali. I dati, inoltre, sono strettamente correlati all’innal- zamento del tasso dei suicidi in carcere. Al fine di garantire il pieno diritto della popolazione carceraria ad un’adeguata tutela della salute mentale, anziché utilizzare le Rems come «istituzioni di scarico», sarebbe più auspicabile richiamare alle proprie responsabilità le ASL affinché si occupino davve- ro della salute mentale in carcere, come prescritto dalla legge. Solo così le Rems, si conserveranno come strutture sanitarie, 22. Goffman 1959. 23. De Bac 2017. 335
Mantua Humanistic Studies Volume V comunitarie e transitorie anziché trasformarsi in «mini-OPG permanenti». In aggiunta, anziché moltiplicare a dismisura le Rems (richiedendosi, tra l’altro, un’operazione immobilia- re complicata e costosa) e amplificare la questione legata al «contenimento» dei malati di mente, si potrebbe alleggerire il «binario parallelo» facendoli rientrare nel carcere oppure, ancora meglio, nel circuito delle misure alternative alla de- tenzione (che al riguardo andrebbe potenziato) per realizzare in concreto, il pieno rispetto del diritto alla salute e della cura dei detenuti. Nel primo caso, osservando il principio di territorialità e dei principi normativi in materia di supera- mento degli OPG, sarà indispensabile lavorare sui program- mi di tutela della salute mentale in carcere, affinché vengano potenziate dal DAP le sezioni di Osservazione psichiatrica (per i detenuti ex art. 112 DPR 230/2000), le articolazioni psichiatriche penitenziarie (per i detenuti ex art. 148 c.p.) e le sezioni speciali degli istituti penitenziari per i minorati psichici (ex art. 111 DPR 230/2000 ed ex art. 65 O.P.). Nel secondo caso, è l’art. 27, c. 3 della Costituzione, che in via interpretativa ci fornisce la soluzione delle misure alterna- tive, in aggiunta a quelle detentive. In futuro la vera sfida consisterà nel riconoscere la maggior efficacia delle misure al- ternative, quale presupposto per una reale politica deflattiva delle carceri, in controtendenza al sistema carcero-centrico, che invece promuove l’espansionismo penale. All’uopo sarà necessario offrire una formazione al personale che lavora nell’esecuzione esterna (U.E.P.E.); in seconda bat- tuta sarà opportuno lavorare sull’opinione pubblica che ad- dirittura non reputa le misure alternative delle pene, come di pari rango rispetto a quelle detentive, ma anzi, di gran lunga 336
Mantua Humanistic Studies Volume V inferiori. La soluzione relativa alle misure alternative si alli- neerebbe alla riforma della politica criminale volta a superare l’uso strumentale del diritto penale proprio del c.d. «popu- lismo penale24», che ha individuato nel carcere l’istituto per eccellenza del sistema penitenziario. Al riguardo, è necessario revisionare l’approccio culturale al ricorso al carcere, come istituzione totale, per gettare le basi di un sistema penale e penitenziario più solido e più garantista, perché con le mi- sure alternative alla pena si richiede il minor sacrificio della libertà personale, coniugando politiche di sicurezza e inter- venti di natura sociale, volti a contrastare i casi di marginali- tà. Nonostante ciò però, l’attuale riforma del Codice penale e di procedura penale lascia irrisolta la fondamentale questione legata alla condizione femminile. Le Rems femminili inte- se come strutture autonome, capaci di raccogliere le donne sparse sul territorio non sono state ancora realizzate e proprio perché di numero contenuto, rischierebbero l’emarginazione all’interno delle svariate Rems a prevalenza maschili. Altra questione concerne le misure di sicurezza provvisorie che a seguito della difficile metabolizzazione della riforma della L. 81/14, dai diversi settori della magistratura, ha visto un loro rapido incremento. Queste costituirebbero una vera e propria bomba ad orologeria, perché molto spesso vengono applicate con una procedura fragile sotto il profilo delle ga- ranzie e purtroppo, l’attuale testo normativo, non fa alcun accenno alla disciplina di queste misure. Alla luce di quanto analizzato possiamo concludere che la legge n. 81 del 2014 sia stata la migliore risposta alla risoluzione dei problemi dei «folli rei», non solamente rispetto alle disposizioni legislative 24. Fiandaca 2013: 123. 337
Mantua Humanistic Studies Volume V passate, ma anche a quelle recentemente approvate in Parla- mento, che riformerebbero (almeno per quanto riguarda le Rems) in pejus, il diritto penitenziario. 10. Conclusioni Lo Stato italiano è intervenuto tardivamente, non solamente a disciplinare gli istituti di pena, ma anche la stessa politi- ca criminale. Ciò ha determinato un aumento esponenziale della popolazione carceraria, ma anche di quella ospedaliera psichiatrico giudiziaria. Soltanto con alcuni decreti legge, a cadenza periodica, si è proceduto a riformare aspetti deter- minanti del settore penitenziario, preferendo la decretazione d’urgenza alla legge ordinaria. La questione stessa delle di- smissioni degli OPG, come la creazione delle Rems sono state risolte, a Costituzione invariata, con una fitta serie di decreti legge che sono stati emanati nell’ultimo lustro di anni. Il Go- verno ha assunto (anche forzando la mano sui presupposti di necessità e urgenza, ex art. 77 Cost.) notevoli poteri di rifor- ma del sistema penale, processuale penale e penitenziario. La stessa legge delega, da poco approvata, conferisce notevoli po- teri governativi di attuazione della complessa riforma penale, processuale penale e penitenziaria, i cui criteri direttivi e nor- me prescrittive verranno presto trasformati in norme di det- taglio. Si tratta di un’occasione straordinaria per promuovere la dignità della vita detentiva, che non deve andare sprecata. Attendiamo con animo fiducioso gli sviluppi dei prossimi de- creti attuativi dopo aver analizzato la scheda del Ministero della giustizia che illustra la legge delega, da cui emergono indicazioni, molte di queste condivisibili, su come attuare la legge nella parte che riguarda le Rems e le misure di sicurezza. 338
Mantua Humanistic Studies Volume V La scheda prevede, ad esempio, che: «l’effetto di tali modifi- che sarà proprio quello auspicato dell’alleggerimento del ca- rico delle Rems che renderà possibile una migliore gestione personalizzata dei pazienti e un più idoneo rapporto tra ope- ratori ed internati….», dimostrando l’intento del Governo di perseguire una strada diametralmente opposta a quella del legislatore. A conferma di ciò, i destinatari delle Rems che saranno in via prioritaria i folli rei, dal momento che si tratta dei «condannati per i quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto, da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale». Mentre per quanto riguarda le persone sottoposte alla mi- sura di sicurezza provvisoria, quelle che si trovino in stato d’infermità psichica sopravvenuta e in stato di vizio parzia- le di mente «è prevista la loro collocazione presso le sezioni specializzate degli istituti penitenziari atti ad assicurare trat- tamenti terapeutici e riabilitativi che tengano conto delle peculiari esigenze di cura di ciascun soggetto». Supera ad- dirittura ogni aspettativa l’indicazione di delega relativa al «superamento del rigido concetto d’infermità mentale per aprire alla rilevanza anche dei disturbi della personalità, seb- bene la giurisprudenza abbia già fatto grandi passi avanti in questa direzione». Infine, in ottica di riforma della disciplina delle misure di sicurezza personali, «in caso di capacità ri- dotta è necessario abolire il doppio binario e introdurre un trattamento sanzionatorio finalizzato al superamento delle condizioni che hanno ridotto le capacità dell’agente, anche mediante il ricorso a trattamenti terapeutici o riabilitativi». Constatiamo che fino ad oggi, però, la scarsa disciplina delle misure alternative alle pene carcerarie, come anche la depe- 339
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