Literature as an Alternative Project? The Two Estrangements in the Novel Die rechtschaffenen

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Literature as an Alternative
         Project? The Two Estrangements
          in the Novel Die rechtschaffenen
              Mörder by Ingo Schulze

                                  Paolo Panizzo

Abstract
      The article examines Ingo Schulze’s novel Die rechtschaffenen Mörder
(2020) in the light of the considerations on estrangement expressed by the
author in his speech for the Brecht Prize in 2013. This paper highlights how
the novel is about two types of ‘estrangements’: the first, along Brecht’s lines,
is at the service of committed literature, capable of representing an “alterna-
tive project” for society; the second, on the other hand, is functional to the
author’s self-reflective moment and characteristic of the postmodern novel.
The analysis of the novel argues that ‘estrangement’, from being a tool of
political and social commitment aimed at demystifying power relations, ul-
timately becomes a merely formal device that preserves the status quo in the
market of artistic forms produced by the “mass-democratic postmodernity”
(Kondylis) in which Schulze operates, thus counteracting Brecht’s and per-
haps even Schulze’s own initial aim.

Keywords
     Berlin Wall; Bertold Brecht; Epic novel; GDR; German radical-right; Pa-
najotis Kondylis; Postmodernism; Rettitudine; Assassini

Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022)
issn: 2039-6597
doi: 10.13125/2039-6597/5067
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo

 Letteratura come progetto alternativo?
    I due straniamenti nel romanzo
        Die rechtschaffenen Mörder
             di Ingo Schulze

                                      Paolo Panizzo

      Il concreto apporto critico della categoria dello ‘straniamento’ nell’a-
nalisi delle forme artistiche contemporanee e in particolare dei testi lettera-
ri dipende in massima parte dalla precisione con la quale se ne definisce il
termine in origine. È chiaro infatti, ad esempio, che una definizione come
quella di Viktor Šklovskij sul «procedimento dello straniamento» di Tolstoj
che consisterebbe nel non chiamare l’oggetto «con il suo nome» ma descri-
verlo come se l’autore lo «vedesse per la prima volta» (1968: 83), interpre-
tata in senso normativo, finisca non solo per perdere di vista l’obiettivo
polemico del giovane autore nel momento della stesura del suo celebre
saggio sull’Arte come procedimento, ma, nella sua assoluta indeterminatez-
za applicabile di fatto alla quasi totalità dei prodotti artistici immessi nel
mercato culturale contemporaneo, si rivelerebbe un’arma critica assai poco
efficace. Allo stesso modo, l’utilizzo del concetto di straniamento quale
sinonimo generico di ‘distanza’1, come corrispettivo del termine inglese
‘displacement’ (Said 2019: 71), oppure come traduzione abbreviata del
‘Verfremdungseffekt’ brechtiano (‘effetto’ di straniamento, nel senso pe-
culiare che la definizione assume nel teatro epico)2, può ridurre facilmente
tale categoria a mero strumento celebrativo della lontananza, del sorpren-
dente o del diverso nell’arte – come se un valido apporto critico rispettoso
della diversità non potesse originarsi dall’osservazione e dall’analisi del
vicino, dell’usuale o dell’omologo. Quale ‘straniamento’ dunque? A che
scopo e con quali rischi più o meno calcolati uno scrittore può impiegare

      1
        Cfr. la prima delle nove “riflessioni sulla distanza” di Carlo Ginzburg in-
titolata “Straniamento. Preistoria di un procedimento letterario” (1998: 15-39).
     2
        Cfr. la voce “Verfremdung” nel Brecht-Handbuch curato da Jan Knopf
(1996: 378-401) e Žmegač 1994: 453-57.

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oggigiorno tale effetto estetico nel procedimento compositivo? E a quale
definizione di straniamento è utile riferirsi nell’analisi critica di un testo
letterario contemporaneo?
      Guardando alla letteratura tedesca, una risposta a tali domande può
venire dalla rilettura del romanzo di Ingo Schulze Die rechtschaffenen Mör-
der (2020)3 alla luce delle considerazioni sullo ‘straniamento’ e sul suo
stesso ruolo di scrittore e intellettuale che Schulze esprime nel discorso
tenuto in occasione della cerimonia di conferimento del Premio letterario
Bertolt Brecht della città di Augsburg nel 2013. Partendo da tali riflessioni
emerge come nel romanzo di Schulze convivano in realtà due ‘strania-
menti’, solo in apparenza equivalenti o riconducibili a premesse teoriche
comuni: il primo, tematizzato dall’autore anche nella ‘Rede’ del 2013, si
colloca in continuità con lo straniamento teorizzato da Brecht nei suoi
studi sul teatro epico; il secondo invece, strumentale al momento autori-
flessivo dell’autore tipico del romanzo postmoderno che anche Schulze,
per i motivi che vedremo, introduce nei suoi Rechtschaffene Mörder. Pren-
dendo come caso di studio il romanzo di Schulze, il contributo si pro-
pone di spiegare in che modo lo straniamento, nel mercato delle forme
artistiche nella «postmodernità democratica di massa» (Kondylis 2010),
da strumento dell’impegno politico e sociale volto alla demistificazione
dei rapporti di potere giunga a costituire in realtà, per calcolo dell’autore
o per eterogenesi dei fini, un espediente meramente formale che in defi-
nitiva conserva e consolida lo status quo. In un primo momento si analiz-
zeranno gli elementi programmatici del già citato discorso di Schulze del
2013 alla ricerca della sua definizione e interpretazione dello straniamento
brechtiano e del particolare significato sociale che l’autore attribuisce a
tale procedimento compositivo negli anni successivi alla crisi finanziaria
globale del 2008. In un secondo capitolo si illustrerà in che modo Schulze,
sulla scia delle riflessioni di Brecht, abbia utilizzato lo straniamento nella
prima parte del suo romanzo Die rechtschaffenen Mörder in cui si racconta
la storia del librario di Dresda Norbert Paulini e si mettono a fuoco le pre-
messe storiche e sociali della radicalizzazione ideologica del personaggio

    3
        I riferimenti “Schulze 2020” e “Schulze 2022” alle pagine seguenti (tra pa-
rentesi tonde nel testo) rinviano rispettivamente alla versione originale del ro-
manzo e alla nuova edizione italiana a cura di Stefano Zangrando in prossima
uscita con il titolo di La rettitudine degli assassini per l’editore Feltrinelli. Ringrazio
il dottor Zangrando per aver messo a disposizione in anteprima le traduzioni dei
passi citati nel presente contributo.

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negli anni successivi alla caduta del muro di Berlino. Infine si cercherà di
spiegare come la presa di distanza dalla storia di Paulini nella seconda
e terza parte del romanzo attraverso il potenziamento della figura dello
scrittore “Schultze” (con la ‘t’, anch’egli personaggio del romanzo) riduca
drasticamente la componente epica della narrazione a esclusivo vantaggio
di quella autoriflessiva intorno ai meccanismi comunicativi della narra-
zione. Il moltiplicarsi delle prospettive della narrazione, tuttavia, innesca
nel romanzo una dinamica di relativizzazione di tutti i punti di vista che
anziché stimolare una riflessione critica del lettore la comprime e la depo-
tenzia, disperdendola nel gioco combinatorio teoricamente infinito di pro-
spettive autoriali in apparenza interscambiabili. L’effetto di straniamento,
che con Brecht definiremmo ‘culinario’, della seconda e terza parte dei
Rechtschaffene Mörder, slegandosi dalla sua missione di critica sociale dalla
quale per lo stesso Brecht era invece inscindibile, si riduce così a sempli-
ce funzione della riflessione autoreferenziale dell’autore. Contro l’idea di
fondo del teatro epico, ciò condanna di fatto il lettore al ruolo di mero
consumatore passivo delle forme artistiche prodotte dalla libera attività
«associativa e combinatoria» del soggetto creatore (Kondylis 2010: 86).

               Schulze e il discorso sullo straniamento
                        per il Premio Brecht
      Ben prima di incontrare il termine ‘Verfremdung’ nel discorso di
Schulze, il pubblico riunito nel teatro della città di Augsburg il 9 febbraio
2013 per ascoltare lo scrittore insignito del prestigioso riconoscimento deve
misurarsi direttamente con ‘l’effetto’ di straniamento che proprio l’oratore
in scena, come in un esperimento di teatro epico, intende suscitare negli
spettatori presenti in sala per celebrarlo. Nel suo discorso di ringraziamen-
to, infatti, Schulze non solo tematizza lo straniamento brechtiano ma lo
utilizza come tecnica compositiva del proprio testo. Questo gli permette di
prenderne poi distanza e assumere durante la lettura pubblica del discorso
le vesti di un interprete teatrale della sua stessa composizione.
      Schulze confeziona così per la giuria del premio e i suoi spettatori un
racconto a cornice. In apertura lo scrittore dichiara, schermendosi, che un
evento «strano e insospettato» (2013: 69) avvenuto un paio di settimane
prima della cerimonia che lo vede protagonista lo avrebbe tolto dall’im-
barazzo di scrivere nei tempi prestabiliti il discorso di ringraziamento
per il premio ricevuto. In previsione della cerimonia, infatti, il direttore
del Brecht-Benjamin-Archiv della Akademie der Künste di Berlino avreb-

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be concesso a Schulze di leggere pubblicamente, garantendo l’anonimato
dell’autore, una lettera entusiastica indirizzata a Brecht da uno scrittore
sconosciuto e contenuta in un plico di carte da poco affidate all’archivio e
ancora inedite. «[L]e opinioni qui espresse», sottolinea Schulze nella corni-
ce del suo intervento e prima di dare lettura della lunga lettera dello scritto-
re anonimo che costituisce il racconto nel racconto del suo discorso, «sono
ovviamente le opinioni dell’autore della lettera, non le mie, anche se qua e
là le trovo stimolanti e degne di riflessione» (ibid.: 70). È un incipit singo-
lare che non manca di suscitare stupore: anziché scrivere di suo pugno un
discorso di ringraziamento per il Premio Brecht, dunque, Schulze si affide-
rebbe alle parole di una lettera encomiastica di uno scrittore sconosciuto
e ormai probabilmente scomparso rinvenuta tra materiali di archivio non
ancora pubblicati. Ma è davvero così?
      La presa di distanza di Schulze dal testo che si avvia a leggere e dal suo
autore rappresenta in realtà solo l’ultimo degli espedienti stranianti di cui
egli si serve per confondere e disorientare scientemente la platea dei suoi
uditori. Se da un lato già il ricorso all’escamotage dell’anonimato dell’au-
tore della lettera stimola l’aspettativa vigile del pubblico nei confronti del
testo ripreso da Schulze, l’assommarsi di elementi illogici, e in particolare
di anacronismi, fin dall’inizio della misteriosa lettera estraniano l’ascoltato-
re, ne impediscono l’immedesimazione con il racconto, e lo costringono a
una continua revisione critica e a un costante riposizionamento di fronte ai
contenuti proposti dallo scrittore sulla scena. È chiaro infatti fin da subito
che qualcosa non torna nella lettera citata da Schulze. E una conferma arri-
va già dopo averne ascoltato poche righe, quando l’autore anonimo rivolge
a Brecht alcune parole che, per dirla proprio con Brecht, rompono l’ovvietà
della cerimonia di premiazione a cui il pubblico sta assistendo, infrangono
gli schemi attesi e la trasformano in una nuova «intelligibilità» (Brecht 1975:
148). La lettera recita:

         Fui tutt’altro che facilitato nel volerla leggere. Giacché nel paese dal
     quale provengo e che non esiste più La conoscevano tutti, almeno per
     sentito dire. Strade, asili d’infanzia, scuole e biblioteche portavano il
     Suo nome; le Sue poesie, contenute nel libro di letture, venivano recitate
     da giovani pionieri all’inizio dell’anno scolastico e nella giornata
     dell’infanzia. Lei, si diceva, era un amico dei bambini e della nostra
     giovane repubblica. Così non [L]a stupirà di certo che in [terza media]
     non avessi voglia di partecipare come volontario a una cerimonia per
     il [S]uo ottantesimo compleanno. (Schulze 2013: 70-1)

                                                                                     249
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      È subito evidente che sul palcoscenico di Augsburg Schulze indossa
i panni dell’attore di se stesso in un gioco di travestimenti con il pubbli-
co in cui anche lo smascheramento degli effetti di straniamento che sono
alla base del suo discorso è fin dall’inizio parte integrante della riflessione
che propone4. La lettera citata da Schulze non può infatti appartenere a
un contemporaneo di Brecht: la giovane repubblica che ormai non esiste
più e da cui proviene il misterioso ammiratore è in realtà la Repubblica
Democratica Tedesca, di cui Brecht, morto nel 1956 all’età di 58 anni, certo
non conobbe la fine; e quell’allievo restio a partecipare come volontario ai
festeggiamenti per l’ottantesimo anniversario dalla nascita del dramma-
turgo di Augsburg tanto voluti dai quadri del partito altri non è se non il
giovane Ingo Schulze, nato a Dresda nel 1962 e appena sedicenne nell’anno
a cui si fa riferimento.
      Il travestimento di Schulze nello scrittore anonimo di una lettera ana-
cronistica a Bertolt Brecht produce quell’effetto di straniamento attraverso
il quale l’autore, nell’ambito ristretto della cerimonia che lo vede protago-
nista, prende distanza dalla propria persona e si propone, come prevedeva
la forma del teatro epico, non tanto come ‘individuo eccezionale’ in grado
di affascinare e sedurre il suo pubblico, bensì quale personaggio storico e
«uomo sociale» nel senso teorizzato da Brecht nella quarta appendice alla
teoria dell’Acquisto dell’ottone dell’agosto 1940:

             Lo spettatore non viene totalmente «ammaliato», né viene
          sintonizzato spiritualmente, o posto in uno stato d’animo fatalistico
          nei confronti dei casi presentati in scena. […] Le situazioni vengono
          storicizzate e socialmente ambientate. (Il primo caso si dà, naturalmente,
          soprattutto quando si tratta di fatti attuali: ciò che è non fu e non sarà
          sempre. Il secondo pone continuamente in forse e in discussione
          l’ordinamento sociale del momento). (Brecht 1975: 150)

     Si capisce allora come nei difficili anni che seguono la crisi finanziaria
mondiale del 2008, a Schulze non importi tanto celebrare la propria carriera
di scrittore di successo, quanto riflettere criticamente di fronte al suo pub-
blico sul destino sociale comune in un mondo ormai dominato da logiche

      4
       Anche in questo Schulze segue la via tracciata da Brecht nella “Seconda
appendice alla teoria dell’Acquisto dell’ottone” dove annota: «La contraddizione
tra immedesimazione e distanziamento viene approfondita e diventa un elemen-
to della rappresentazione» (Brecht 1975: 148).

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mercatiste5. È dunque in tale atmosfera, di fronte alle ripercussioni sociali
della crisi finanziaria e ispirandosi proprio alla figura di Bertolt Brecht e al
suo impegno politico di poeta e scrittore drammatico, che Schulze propone
all’auditorio del premio la sua critica di quel mondo seguito alla caduta del
muro di Berlino «nel quale cont[ano] solo i numeri» (2013: 13) ed esprime
la sua ferma condanna dell’idea di una «democrazia conforme al mercato»6
formulata in quegli anni dalla cancelliera tedesca Angela Merkel7.
      Ma la questione della «democrazia conforme al mercato» non è quello
ci interessa maggiormente in questa sede8. Più importante per le nostre pro-
blematiche è che nella lettera fittizia dell’ignoto scrittore e ammiratore di
Brecht ripresa da Ingo Schulze troviamo soprattutto una chiara definizione
dello straniamento9 da cui partire nell’analisi del suo romanzo Die recht-
schaffenen Mörder. Dietro la maschera dell’autore sconosciuto, nella parte
centrale del suo discorso Schulze avvicina infatti il procedimento narrativo

    5
       Un imprescindibile punto di partenza delle riflessioni contenute anche
nella ‘Rede’ di Augsburg del 2013 è il discorso tenuto da Schulze il 26 febbraio
2012 presso lo Staatsschauspiel Dresden e pubblicato nello stesso anno in ver-
sione ampliata con il titolo Unsere schönen neuen Kleider. Gegen die marktkonforme
Demokratie – für demokratiekonforme Märkte, tr. it. I nostri bei vestiti nuovi (contro
una democrazia conferme al mercato, per mercati conformi alla democrazia) (in Schulze
2013: 21-67).
     6
       Cfr. nel discorso di Dresda p. 54, in quello del Premio Brecht p. 82 della
versione in italiano (Schulze 2013).
     7
       Queste le parole pronunciate dalla cancelliera nel corso della conferenza
stampa dopo l’incontro con il Presidente del Consiglio del Portogallo Pedro Pas-
sos Coelho avvenuto in data 1.9.2011: «B[undes]K[anzler]’in Merkel: Wir leben ja
in einer Demokratie und sind auch froh darüber. Das ist eine parlamentarische
Demokratie. Deshalb ist das Budgetrecht ein Kernrecht des Parlaments. Insofern
werden wir Wege finden, die parlamentarische Mitbestimmung so zu gestalten,
dass sie trotzdem auch marktkonform ist, also dass sich auf den Märkten die
entsprechenden Signale ergeben.» Mitschrift Pressekonferenz - Pressestatements von
Bundeskanzlerin Angela Merkel und dem Ministerpräsidenten der Republik Portugal,
Pedro Passos Coelho, 1.9.2011, https://archiv.bundesregierung.de/archiv-de/doku-
mente/pressestatements-von-bundeskanzlerin-angela-merkel-und-dem-minis-
terpraesidenten-der-republik-portugal-pedro-passos-coelho-848964 (ultimo ac-
cesso 10/01/2022).
     8
       Rinvio su questi aspetti al recente contributo Panizzo 2021.
     9
       Brechtiano ma non solo: Schulze afferma di scorgere ciò che Brecht «chia-
ma straniamento o epicizzazione» anche nell’opera di autori quali Alfred Döblin,
Wladimir Georgijewitsch Sorokin, Imre Kertész e Péter Esterházy (2013: 79).

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della «Verfremdung» alla «Episierung», il processo di epicizzazione, e os-
serva che proprio tale processo consiste nel «continuo alternarsi di vicinan-
za e distanza, in cui il lettore viene coinvolto e poi di nuovo espulso» (ibid.:
77). Da un lato il lettore verrebbe quindi avvinto dalla vicenda narrata e
desidererebbe sapere come prosegue; dall’altro le rivolgerebbe un’«atten-
zione critica» come se si trovasse in una condizione di «riposata lucidità»
(ibid.). Ma come riconoscere allora un’epicizzazione o uno straniamento
ben «riuscit[i]»? «Quando siamo ammaliati ma non ricattati», è la risposta
puntuale dello scrittore, che specifica:

         [quando siamo] toccati, senza essere indifesi, quando possiamo
      seguire e capire senza dover rinnegare le nostre esperienze o giudicarle
      inferiori. E invero quando ci sentiamo incoraggiati a raccontare anche
      noi, quando la nostra memoria inizia a parlare e si destano esperienze
      che, a lettura ultimata, si presentano in una luce diversa. (Ibid.)

      Quando raggiungono il loro obiettivo, epicizzazione e straniamento
innescano dunque nel lettore un processo virtuoso di revisione delle espe-
rienze che induce a un riposizionamento critico nei confronti dell’ordine
sociale costituito, delle sue contraddizioni, delle sue più o meno esplicite
violenze e ingiustizie e permette così, stimolandone la consapevolezza, di
compiere il primo passo verso il cambiamento e la revisione di tale siste-
ma. È in questo senso che lo scrittore (di) Schulze nella ‘Rede’ di Augsburg
definisce «Verfremdung und Episierung» una «indispensabile scuola di
percezione», anzi «di responsabilità» (ibid.: 79), una scuola per lui tanto ne-
cessaria quanto drammaticamente urgenti appaiono in quegli anni i pro-
blemi sociali causati dalla crisi economica e finanziaria globale. «Dobbiamo
mostrare ciò che è noto e dato per scontato come qualcosa di estraneo e di
ignoto», è allora l’imperativo dell’anonimo scrittore e ammiratore di Brecht,
«[l]a letteratura deve meravigliarsi a ogni piè sospinto e non prendere nul-
la come un dato di fatto» (ibid.). Nonostante i termini qui utilizzati sem-
brino ispirati al saggio di Šklovskij sull’Arte come procedimento, il discorso
di Schulze sullo straniamento è in realtà assai differente da quello del cri-
tico russo poiché non muove tanto da considerazioni estetico-esistenziali
quanto sociali e politiche: esso infatti non si propone di definire quale sia
lo «scopo dell’arte» tout court né si incarica di attribuire al procedimento
artistico il potere salvifico di «restituire il senso della vita» (1968: 82). Ispi-
rata da Brecht, la riflessione di Schulze procede invece dalla constatazione
di un «paradosso sociale in cui si riconosce una contraddizione immanente
alla società classista» (Žmegač 1994: 455) allo scopo di denunciarne e sma-

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scherarne l’apparente immodificabilità. In tale ideale di letteratura militan-
te e impegnata ripreso da Brecht, straniamento ed epicizzazione diventano
gli strumenti principali attraverso cui lo scrittore esercita apertamente e
consapevolmente la sua funzione sociale contro coloro «che organizzano
il mondo in base ai loro interessi e bisogni per poi spacciarlo per dato e
immodificabile» (Schulze 2013: 79). Non è un caso allora che lo scrittore
immaginato da Schulze ribadisca esplicitamente di fronte al pubblico di
Augsburg la necessità che gli uomini e le donne di lettere formulino una
eminente «istanza sociale» propria: «quand’è che torno a dire ‘io’ e intendo
‘noi’?» (ibid.: 80), si chiede l’autore di Schulze alludendo al proprio ruolo
sociale di intellettuale. A tale letteratura impegnata lo scrittore chiede dun-
que a gran voce un «progetto alternativo» (ibid.: 79), come lo definisce nella
lettera, da contrapporre ad un ordine sociale rappresentato ad arte come
immutabile e sostenuto da una politica delle «decisioni senza alternative»10
subalterna all’economia e alla finanza.
      Concepito nei termini descritti, lo straniamento viene a costituire agli
occhi dello scrittore e ammiratore di Brecht citato da Schulze la tecnica
compositiva portante di una letteratura che, come scrive, «non sia soltanto
acuta sotto ogni aspetto, ma che rappresenti, per il modo in cui è fatta, un
progetto alternativo» (ibid.). Ora la domanda non è tanto se e fino a che
punto tale ‘progetto alternativo’ di letteratura impegnata proposto dal fit-
tizio scrittore citato nella ‘Rede’ venga effettivamente condiviso dal deten-
tore del Premio Brecht 2013 Ingo Schulze. Più interessante è chiedersi se lo
straniamento, promosso qui enfaticamente negli anni della crisi finanziaria
a tecnica compositiva di riferimento di un ‘progetto letterario alternativo’
da perseguire con tutti i mezzi non sia in realtà anche pienamente compa-
tibile con progetti letterari di segno opposto, i quali, nel mercato culturale
della moderna «Massendemokratie» (Kondylis 2010) e anche al di là delle
intenzioni critiche di singoli autori, finiscano per rafforzare, più che met-
tere in discussione, i rapporti di forze sociali esistenti. Per rispondere a
questa domanda proviamo ad avvicinarci ora a Die rechtschaffenen Mörder.

    10
        Nel discorso tenuto a Dresda nel 2012 “contro una democrazia confor-
me al mercato” Schulze afferma: «Le nuove ‘ovvietà’, ossia quei fenomeni che
all’inizio degli anni Novanta raggiunsero l’egemonia come qualcosa di naturale
e scontato, oggi seguitano a valere, invariate. Da un mondo senza alternative
scaturisce una politica cui è permesso propagare l’assurdità logica di “decisioni
senza alternative”» (2013: 53).

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Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo

                  Straniamento come «misura sociale».
                         Paulini e il Leviatano
      Nella prima parte del romanzo Die rechtschaffenen Mörder, che oc-
cupa i quasi due terzi dell’opera, si racconta la storia di Norbert Paulini,
un accanito lettore e appassionato bibliofilo nato a Dresda nel 1953. Nel
1977 Paulini apre una libreria antiquaria e fonda così nel cuore della RDT
un’enclave culturale al di fuori dal tempo e dello spazio che attira una
nutrita cerchia di appassionati lettori-adepti in fuga dal modello di pen-
siero unico del regime socialista. Paulini è uno spirito libero, riservato e
sicuro di sé, che compie una personalissima rivolta silenziosa contro il
sistema ritirandosi nel mondo ideale e apparentemente apolitico della
lettura e conquistandosi così un ruolo di primo piano tra gli appartenenti
agli strati sociali più colti della Repubblica Democratica Tedesca. La ri-
voluzione pacifica dell’autunno del 1989 e la ‘Wende’ mandano tuttavia
in frantumi il fragile universo costruito dall’antiquario. Come si legge
nel romanzo, di fronte al rivolgimento politico successivo al crollo del
muro, Paulini sceglie di rimanere fedele ai suoi libri e, in fondo, a se stes-
so, misconoscendo la portata degli eventi storici e finendo così vittima
di un cambiamento epocale ormai inarrestabile (cfr. Schulze 2020: 163).
Presto il nuovo ordine successivo alla riunificazione nazionale tedesca lo
priva del prestigio sociale ottenuto attraverso la sua decennale attività di
custode d’eccellenza della ‘Lesekultur’ tedesca a est del muro: migliaia di
libri in edizioni prima prestigiose e considerati delle rarità vengono ora
accatastati e finiscono al macero oppure vengono reimmessi sul mercato
a prezzi irrisori con il timbro di ‘copia difettosa’. Negli anni Novanta
Paulini diventa un ‘Wende-Verlierer’, un ‘loser’ del nuovo sistema (cfr.
Schulze 2009: 332-58): perde la casa, si scopre tradito dalla moglie per
anni attiva nella Stasi come informatrice sulle sue attività, e si ritira, or-
mai radicalizzato e politicamente vicino a gruppi di estrema destra, in
un angolo remoto della Sächsische Schweiz. È significativo che la prima
delle tre parti che compongono il romanzo di Schulze si interrompa (let-
teralmente) nel mezzo di un interrogatorio di Paulini condotto da due
ispettori della polizia criminale che indagano su alcuni episodi di vio-
lenza xenofoba verificatisi circa tre settimane prima, la sera del 20 aprile
– l’anniversario della nascita di Adolf Hitler.
      «Volevo scrivere una storia sulla lettura e i lettori», ha dichiarato Schul-
ze a proposito del suo romanzo Die rechtschaffenen Mörder, e «chiedere se
tramite la lettura si possa smarrire la propria strada o perché ci siano lettori

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che improvvisamente sembrano tradire ciò che è stato importante per loro
per una vita intera»11. Il romanzo di Schulze trae ispirazione dal racconto
Der Leviathan di Joseph Roth, il cui primo capitolo venne pubblicato sulla
rivista degli esuli tedeschi a Parigi Das neue Tage-Buch il 22 dicembre 1934
con il titolo Der Korallenhändler, il Mercante di coralli12. Schulze non si limita
tuttavia a riprendere da Roth il motivo dei coralli per sostituirlo nella sto-
ria di Norbert Paulini con quello altrettanto affascinante del ‘libro’. È so-
prattutto il punto di vista della narrazione di Roth a catturare l’attenzione
dell’autore. Non a caso lo stesso Paulini, nel romanzo (e successivamente
Schulze nel corso delle interviste concesse in occasione dell’uscita dei suoi
Rechtschaffene Mörder nei primi mesi del 2020)13, sottolinea con veemenza
in una discussione con alcuni visitatori della sua libreria antiquaria che la
vera forza del Leviathan risieda in particolare nella tecnica narrativa adotta-
ta da Roth, ovvero nell’effetto di straniamento provocato dalla descrizione
‘dalla distanza’ della sua epoca ormai al crepuscolo, come se si trattasse di
un periodo e di avvenimenti ormai lontani nel tempo e circondati da un
alone di leggenda:

        Roth era l’uomo più generoso del mondo, disse Norbert Paulini, e
     non possedeva nulla. Molto più interessante, invece, è il modo in cui
     ha riadattato il registro leggendario alla sua epoca, capovolgendo il
     cannocchiale e osservando il presente dalla stessa distanza che sempre
     richiede una leggenda. (Schulze 2022: 69)

    11
        Questo il testo virgolettato riportato nelle bandelle editoriali del volume
edito dal Fischer-Verlag e ripreso anche da Bormuth 2021: 210.
     12
        Cfr. il discorso di ringraziamento tenuto a Uelzen il 9 novembre 2019 per
il conferimento del Werner-Bergengruen-Preis in cui Schulze ripercorre le fasi
della stesura del romanzo Die rechtschaffenen Mörder a pochi mesi dall’uscita nel-
le librerie, Ingo Schulze, Danksagung, http://werner-bergengruen-gesellschaft.
de/preis-2/preistraegerin-2015-felicitas-hoppe/danksagung2015/ (ultimo accesso
10/01/2022).
     13
        Cfr. ad esempio: Susanne Kippenberger und Julia Prosinger, Ingo Schulze
im Interview “Ich war ein ziemlich fauler Strick” (03.03.2020), https://www.tages-
spiegel.de/gesellschaft/ingo-schulze-im-interview-ich-war-ein-ziemlich-fauler-
strick/25591086.html (ultimo accesso 10/01/2022); Julia Encke, Die Rechten und
die Rechtschaffenen (11.03.2020), https://www.faz.net/aktuell/feuilleton/bue-
cher/rezensionen/belletristik/ingo-schulzes-roman-die-rechtschaffenen-moer-
der-16668159.html (ultimo accesso 10/01/2022).

                                                                                   255
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo

     È evidente fin dalle prime battute del romanzo Die rechtschaffenen
Mörder riportate qui di seguito che anche Ingo Schulze, raccontando la sto-
ria di Norbert Paulini, abbia inteso inizialmente «girare il cannocchiale»14
e puntarlo sulla storia recente e contemporanea della Germania per pren-
derne distanza e permettere al suo lettore di rivolgere al suo antiquario, il
«sovrano dei libri» di Dresda (Schulze 2020: 10), e al suo mondo incantato
quell’«attenzione critica» da una condizione di «riposata lucidità» (Schulze
2013: 77) che solo la rottura dell’immedesimazione con l’eroe e protagoni-
sta può garantire:

          A Dresda, nel quartiere di Blasewitz, viveva in tempi andati un
       antiquario che, per i libri e le conoscenze che aveva, nonché per una
       scarsa inclinazione a lasciarsi impressionare dalle aspettative del suo
       tempo, godeva di una impareggiabile reputazione. Non era soltanto la
       gente del posto a rivolgersi a lui, il suo indirizzo era un segreto prezioso
       non solo a Lipsia, Berlino o Jena; lettori voraci giungevano a fargli visita
       persino dalle isole baltiche di Rügen e Usedom. (Schulze 2022: 13)

      È probabile che leggendo il Leviathan di Roth, Schulze abbia ripensato
all’insegnamento di Brecht sull’effetto di straniamento quale «misura so-
ciale» (Brecht 1975: 149) e alla necessità di una letteratura come eminente
«fait social» (Meiser 2019: 278) che rappresenti un ‘progetto alternativo’
allo status quo politico e sociale in un’epoca come quella attuale segna-
ta in Germania dal moltiplicarsi di episodi di erosione democratica15. In
questo senso, la prima parte dei Rechtschaffene Mörder, che costituisce il
nucleo originario del romanzo, segue senza dubbio la linea programmatica
espressa da Schulze nel 2013. E anche gli effetti di straniamento impiegati
– lo stile ieratico e fiabesco del racconto, la ripetizione ossessiva del nome e
cognome del personaggio principale, la rinuncia a qualsiasi forma di avvi-
cinamento psicologico – servono alla ‘epicizzazione’ della vicenda narrata,
ovvero a una sua rappresentazione dalla distanza che stimoli una riflessio-

      14
        «Auch ich wollte mein Fernrohr umgekehrt auf die von mir erlebte Zeit
richten, um die Linien, die sich in ihr womöglich erkennen lassen, deutlicher
nachzeichnen zu können»: così Schulze nel discorso per il Premio Werner-Ber-
gengruen già citato, Ingo Schulze, Danksagung, http://werner-bergengruen-ge-
sellschaft.de/preis-2/preistraegerin-2015-felicitas-hoppe/danksagung2015/ (ulti-
mo accesso 10/01/2022).
     15
        Cfr. anche l’introduzione del traduttore e curatore Stefano Zangrando alla
recente raccolta di saggi di Ingo Schulze La felicità dei mobilifici (Schulze 2021).

256
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022)

ne critica sulle ragioni storiche, politiche e sociali che negli anni successivi
alla caduta del muro di Berlino permisero la progressiva diffusione e il
consolidamento del pensiero radicale di destra anche tra gli strati sociali
più colti della ex Germania Est.

            Il vero protagonista: lo scrittore Schultze
      Si può dire che Die rechtschaffenen Mörder sia davvero un ‘romanzo
politico’? Si tratta davvero di un romanzo su come un «aufrechter Bücher-
mensch» di Dresda si trasformi dopo la ‘Wende’ in un «reazionario o ad-
dirittura in un rivoluzionario di destra»?16 Anche la breve presentazione
dell’opera di Schulze sul sito web dell’editore Fischer di Francoforte volta
a stimolare l’interesse del potenziale lettore per il romanzo si conclude con
la domanda se Paulini sia «una figura tragica oppure un assassino»17. Ma
il punto in realtà è un altro. L’antiquario Norbert Paulini, infatti, non rap-
presenta a ben vedere per nulla «the central protagonist of The Upstanding
Murders», come pure si è scritto (Pizer 2021: 136). E questo è dovuto in
massima parte al modo in cui proprio la tecnica dello straniamento viene
impiegata nelle rimanenti due parti del romanzo per prendere ulteriore
distanza dalla storia del libraio e dare spazio alla figura che, probabilmen-
te al di là delle intenzioni iniziali dello stesso Schulze, diviene l’effettivo
protagonista dell’opera: lo scrittore “Schultze” (scritto con la ‘t’), che nella
finzione letteraria si scopre essere anche l’autore del racconto su Paulini
contenuto della prima parte del romanzo.
      Intervistato dopo l’uscita del libro, Schulze ha affermato di essersi ac-
corto durante la stesura dell’opera di non riuscire a ottenere «die erhoffte
Distanz», la «distanza sperata» dalla storia di Norbert Paulini soltanto at-
traverso il tono ieratico della narrazione18. E nella ricerca di una via di usci-

    16
       «Wie wird ein aufrechter Büchermensch zum Reaktionär – oder gar zum
rechten Revolutionär?» si legge nella pagina che annuncia la conversazione del
redattore di Die Zeit Martin Machowecz con l’autore Ingo Schulze il 24 giugno
2020 e che riprende la domanda che campeggia sul retro della copertina del vo-
lume, https://www.zeit.de/kultur/literatur/2020-06/ingo-schulze-die-rechtschaf-
fenen-moerder-livestream (ultimo accesso 10/01/2022).
    17
       Cfr. https://www.fischerverlage.de/buch/ingo-schulze-die-rechtschaffe-
nen-moerder-9783103900019 (ultimo accesso 10/01/2022).
    18
       Cfr. Ingo Schulze “Die rechtschaffenen Mörder”, Moderation: Helmut
Böttiger 13.05.2020, https://lfbrecht.de/mediathek/ingo-schulze-die-rechtschaffe-
nen-moerder/ (ultimo accesso 10/01/2022).

                                                                                  257
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo

ta da tale impasse, gli sarebbe venuto in aiuto ancora una volta il racconto
di Roth. Nelle battute conclusive del Leviatano, infatti, il narratore di Roth
irrompe in prima persona sulla scena del racconto affermando di credere
al resoconto sulla fine del protagonista Nissen Piczenik: «Per quanto mi ri-
guarda», afferma, «sono propenso a crederci. Perché ho conosciuto Nissen
Piczenik e garantisco che la sua famiglia erano i coralli e che il fondo dell’o-
ceano era la sua unica patria» (Roth 2004: 255). Allo stesso modo, nella
prima parte del romanzo di Schulze il lettore incontra sporadicamente un
io narrante che interviene nel racconto. All’inizio del capitolo XXXIV, ad
esempio, si legge: «Norbert Paulini era capace di amare? Non so risponde-
re a questa domanda. Bisognerebbe chiederlo a Hana Semerova» (Schulze
2022: 150). Per spiegare chi sia tale io narrante e prendere così distanza dal-
la storia di Paulini, Schulze inventa quindi la figura dello scrittore Schultze
e gli fa prendere direttamente la parola nella seconda parte del roman-
zo per raccontare il rapporto conflittuale che lo lega a Paulini. Nella terza
parte introduce infine il punto di vista della redattrice editoriale Theresa
incaricata della cura della pubblicazione del romanzo ancora incompiuto
di Schultze su Paulini (e che il lettore dei Rechtschaffene Mörder conosce già
perché coincide con la prima parte). L’inizio del romanzo contiene così il
testo ancora incompiuto di Schultze su Paulini; la seconda parte riporta
il resoconto di Schultze in prima persona della vicenda alla base del suo
‘romanzo’ e la terza il punto di vista in prima persona della redattrice (che
conosce l’intera vicenda attraverso il manoscritto di Schultze e il suo reso-
conto della seconda parte). Nella terza parte, la redattrice Theresa costi-
tuisce in tal modo un’ulteriore proiezione dello scrittore fittizio Schultze,
che rappresenta a sua volta in maniera fin troppo esplicita una proiezione
dell’autore Ingo Schulze19.
       Lo straniamento utilizzato nella prima parte del romanzo e ispirato
a Roth è tuttavia assai differente da quello impiegato nelle altre due parti
dell’opera e che definiremmo invece, con un aggettivo di Brecht, ‘culina-
rio’. Infatti, mentre nella prima parte lo straniamento rappresentava ancora,
come voleva lo stesso Brecht, una ‘misura sociale’, nella seconda e terza par-
te del romanzo il ricorso alla tecnica dello straniamento, come si è osservato,

      19
        Nel discorso per il Premio Werner-Bergengruen Schulze afferma di non
aver saputo distinguere la figura dello scrittore da se stesso se non aggiungendo
una ‘t’ al proprio nome, cfr. Danksagung, http://werner-bergengruen-gesellschaft.
de/preis-2/preistraegerin-2015-felicitas-hoppe/danksagung2015/ (ultimo accesso
10/01/2022).

258
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022)

sviluppa una dinamica propria volta a promuovere un discorso autoreferen-
ziale dell’autore sul procedimento narrativo, del tutto slegato da uno spe-
cifico contesto storico e sociale. In questo modo, mentre l’ingresso in scena
del narratore nel racconto di Roth non fa altro che confermare con la propria
autorità la veridicità di una storia di cui Piczenik è e rimane il protagonista,
nei suoi Rechtschaffene Mörder Schulze potenzia a tal punto la figura dello
scrittore Schultze da farne il vero e unico centro di gravità del romanzo.
      Nella seconda parte del romanzo Die rechtschaffenen Mörder si scopre
allora che Schultze, scrittore di successo della Germania riunificata ma ori-
ginario della RDT, si trova in un rapporto di concorrenza sentimentale con
Paulini, poiché Elisabeth Samten (Lisa), l’aiutante dell’antiquario con la
quale Schultze inizia una relazione nel 2017, è da lungo tempo legata sen-
timentalmente allo stesso Paulini: «Anche se per molto tempo non lo capii
o non volli riconoscerlo», scrive Schultze nella seconda parte del romanzo,
«si trattò fin dall’inizio di un ménage à trois – e tale divenne ogni giorno di
più» (Schulze 2022: 206). Ma non solo: anche l’idea di scrivere un racconto
su Paulini nasce per esplicita ammissione di Schultze da un impulso dilet-
tantesco a risolvere e dominare attraverso l’elaborazione artistica i propri
sentimenti conflittuali di ammirazione, invidia e gelosia per l’imperturbabi-
le «custode della letteratura»20 venerato e difeso in ogni circostanza da Lisa:

         E che ci creda o no, lo sentii subito in tutto il mio corpo: ecco la
     salvezza! Mi bastò formulare in mente qualche frase per sentirmi già
     libero e leggero, ma soprattutto nel pieno controllo della situazione.
     [...] Per me scrivere di Paulini era diventato addirittura necessario.
     Ecco cosa mi avrebbe permesso di chiarirmi le idee su di lui, su chi
     fosse e sul suo rapporto con il mondo. Sarebbe stato il mio metodo per
     venire a patti con la Paulini-mania di Lisa. Basta passività, avrei volto
     la situazione a mio favore. Ne avrei fatto qualcosa! (Schulze 2022: 212)

      Il vero tema del romanzo, allora, non è più tanto la radicalizzazione
ideologica di un ‘Büchermensch’ fallito della Germania Est vittima, vera
o presunta, delle nuove ingiustizie sociali del sistema economico e finan-
ziario capitalista del mercato globale. Nell’opera di Schulze diventa inve-
ce dominante la riflessione sulla figura dello scrittore, sulle ragioni che lo
motivano e sul modo in cui intende scrivere e pubblicare una storia su un
libraio antiquario tedesco prima e dopo la ‘Wende’. C’è da chiedersi se la

    20
         Cfr. il testo delle bandelle editoriali del volume.

                                                                                       259
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo

presa di distanza da Paulini operata tramite la moltiplicazione dei piani
della narrazione non finisca per relativizzarne la storia a tal punto da ren-
dere il personaggio e le condizioni sociali che ne determinano l’agire dei
meri spunti occasionali per quello specifico discorso sulla posizione dello
scrittore nell’industria culturale contemporanea che costituisce in fondo il
vero nucleo del romanzo.
      Nel vietare a Schultze di scrivere su di lui, Paulini stesso nell’ultimo
dialogo con lo scrittore si dimostra del tutto consapevole di costituire ai
suoi occhi pura materia occasionale da plasmare a proprio piacimento per
fini estetici e di mercato. «Di sicuro non leggerò questa sua opera», dichia-
ra l’antiquario rivolgendosi allo scrittore; «[è] questo che lei vuole, no? Es-
sere letto» (Schulze 2022: 238). E poco oltre afferma: «O scrive spazzatura,
perché vuole esibire un mostro, oppure sarà costretto a considerare con
più attenzione ciò che mi riguarda. Se non dovesse trovare nulla, dovrà
inventare qualcosa per rendermi ambiguo…» (ibid.: 239-40).
      È evidente che lo scrittore Schultze, che sembra qui subire passiva-
mente l’atteggiamento aggressivo e le minacce sempre più esplicite di
Paulini, stia in realtà dirigendo attivamente nel suo doppio ruolo di narra-
tore e di personaggio il suo ultimo dialogo con l’antiquario. A ben vedere,
Schultze stabilisce di fatto con la sua sola presenza la priorità dei temi
affrontati nell’incontro, costringe Paulini a misurarsi da una posizione so-
ciale di sfavore con il suo ex «allievo» (Schulze 2020: 274) e a manifestare
apertamente la sua insofferenza per il progetto editoriale che lo vedrebbe
protagonista, obbligandolo così a inseguirlo sul suo terreno di scrittore di
successo della Germania riunificata.
      La tracotanza dello scrittore, che Schultze stesso tematizza in senso
autocritico nel suo resoconto (cfr. Schulze 2020: 279), viene ripresa anche
nel racconto in prima persona della redattrice Theresa della terza parte.
Le cause della morte di Paulini ed Elisabeth, precipitati insieme da una
rupe durante un’escursione nella Sächsische Schweiz, rimangono avvol-
te nel mistero. Non è chiaro infatti se si sia trattato di un suicidio, di un
omicidio-suicidio o di un vero e proprio omicidio. La redattrice, scissa tra
l’interesse professionale per la conclusione e pubblicazione del racconto di
Schultze e la curiosità per le cause di tale morte imprevedibile e violenta, si
reca in Sassonia sui luoghi che conosce dalla lettura del manoscritto e dal
resoconto dello scrittore. Vuole non da ultimo fugare il sospetto che possa
essere proprio Schultze il responsabile della morte di Lisa e Paulini. Presso
l’‘Antiquariat Paulini’ incontra Juso Podžan Livnjak, un immigrato origi-
nario di Sarajevo (e figura letteraria che Schulze riprende dal romanzo Der
Trost des Nachthimmels pubblicato nel 2016 dallo scrittore bosniaco Dževad

260
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022)

Karahasan)21 al quale Paulini aveva affidato da qualche tempo gli affari
correnti della libreria e che ne è ora, seppur in via ufficiosa, il titolare. Non
sorprende che anche in questo caso il colloquio con cui si conclude il ro-
manzo si soffermi in particolar modo non tanto su Paulini quanto sul vero
protagonista dell’opera, Schultze. Livnjak (che, si noti, è un personaggio
connotato assai positivamente nel testo) dipinge un ritratto a tinte fosche
dello scrittore e ‘protetto’ di Theresa, come lo chiama più volte, e conferma
il sospetto della redattrice che Schultze abbia in qualche modo a che fare
con la scomparsa dell’antiquario e di Lisa. Di fronte al fatto che Theresa co-
nosce l’intera vicenda solamente dal manoscritto e dal resoconto in prima
persona di Schultze, Livnjak esclama: «Schriftsteller dürfen lügen!» (Schul-
ze 2020: 306) – «Agli scrittori è permesso mentire!» (Schulze 2022: 266), una
frase che lo stesso Schultze, compiaciuto e sibillino, sembra aver pronun-
ciato in un colloquio avuto con lui non molto tempo prima. Infatti, come
racconta Livnjak, dopo la morte di Paulini e Lisa anche Schultze sarebbe
andato a trovarlo e avrebbe tentato di convincerlo che proprio Paulini era
l’assassino di Lisa. Ma soprattutto l’avrebbe minacciato, in un modo non
dissimile da quello usato da Paulini proprio con Schultze nel loro ultimo
colloquio, intimandogli di non diffondere sospetti su di lui, Schultze, al-
trimenti lo scrittore l’avrebbe ripagato con la stessa moneta, la qual cosa
avrebbe potuto significare per Livnjak e la moglie il ritiro del permesso di
soggiorno e l’allontanamento dal Paese (cfr. Schulze 2020: 317). È signifi-
cativo che nelle ultime tre pagine del romanzo Livnjak utilizzi due volte
con amarezza l’aggettivo ‘rechtschaffen’ (‘onesto’, ‘retto’) presente anche
nel titolo originale dell’opera22, riferendosi non tanto a Paulini quanto a
Schultze, e che nell’ultimissima pagina il personaggio descriva nel modo
seguente la presunzione, il narcisismo e l’ipocrisia dello scrittore per met-
tere in guardia Theresa nei confronti del suo ‘pupillo’:

       Il suo protetto mi ha minacciato. E a me, Juso Podžan Livnjak di
     Livno, è toccato sentirmi dire: «Non dimenticare mai chi decide quale
     verità finirà nel mio libro». Così mi ha detto, il suo protetto. (Schulze
     2022: 275)

    21
       Cfr. i ringraziamenti dell’autore alla fine del romanzo (Schulze 2020: 320).
    22
       Va ricordato che l’aggettivo “rechtschaffen” ricorre anche nella ben nota
descrizione iniziale del mercante di cavalli Michael Kohlhaas nella novella omo-
nima del 1810 di Heinrich von Kleist. Qui il protagonista viene definito da subito
come «uno degli uomini più onesti [“einer der rechtschaffensten […] Menschen”]
e al tempo stesso più spaventosi del tempo suo» (Kleist 2013: 3).

                                                                                   261
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo

      Si può concluderne che se Schultze, lo scrittore, non è né il mandante
né l’assassino materiale di Paulini e Lisa, certo lo può sempre diventare
sulla pagina di un suo romanzo senza pregiudicare in alcun modo la pro-
pria ‘rettitudine’.
      È evidente che attraverso il personaggio di Schultze, nel quale conflui-
scono non a caso alcuni dei tratti più inquietanti di Paulini, e la diversifica-
zione dei punti di vista del racconto, si esprima anche una forte autocritica
dell’autore Ingo Schulze nei confronti dei meccanismi che regolano il mer-
cato culturale contemporaneo. Tuttavia, anche il procedimento straniante
di presa di distanza da sé come scrittore, che sta alla base di tale autocritica,
rimane parte dell’autoriflessione dell’autore e non va confuso con lo ‘stra-
niamento’ inspirato a Brecht della prima parte dell’opera. Mentre infatti la
storia di Paulini è ancora «storicizzata» e «socialmente ambientata» (Brecht
1975: 150) e il suo racconto, tramite gli effetti di straniamento, dovrebbe
innescare nel lettore un processo attivo di riposizionamento critico nei
confronti dell’ordine sociale costituito e delle sue storture, la riflessione
autoreferenziale dell’autore operata attraverso Schultze ingloba la vicenda
di Paulini rimanendo priva di qualsiasi ambientazione storica e sociale. La
trasformazione della storia di Paulini in mera questione letteraria attraver-
so l’inserimento della figura di Schultze apre così nei Rechtschaffene Mörder
al gioco postmoderno potenzialmente infinito di rimandi tra prospettive
apparentemente interscambiabili (perché non introdurre ulteriori capitoli
narrati da altri punti di vista?) ma a ben vedere rigidamente diretto dall’au-
tore stesso (cfr. Kondylis 2010: 254-55). Tale gioco combinatorio, in cui lo
straniamento diventa funzionale alla dimostrazione della relatività di tutti
i punti di vista, riserva al lettore il ruolo di mero spettatore e consumatore
passivo delle forme irrelate create dall’autore. Utilizzato in questo modo,
lo straniamento rappresenta tuttavia l’esatto opposto di quella auspicata
«scuola di responsabilità» al servizio di un «progetto alternativo» di ri-
forma dello status quo politico e sociale (Schulze 2013: 79) di cui Schulze
aveva parlato nella ‘Rede’ del 2013 in onore di Brecht. In realtà i due ‘stra-
niamenti’ del suo romanzo Die rechtschaffenen Mörder procedono in dire-
zioni del tutto divergenti tra loro.

262
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022)

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Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo

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Verlag S. Fischer, https://www.fischerverlage.de/buch/ingo-schulze-die
    -rechtschaffenen-moerder-9783103900019 (ultimo accesso 10/01/2022).

                                           L’autore
      Paolo Panizzo

      È professore associato di Letteratura tedesca all’Università degli Studi
di Trieste. Dottore di ricerca/Dr. phil. in cotutela tra l’Università di Venezia
e la Freie Universität Berlin (Ästhetizismus und Demagogie. Der Dilettant
in Thomas Manns Frühwerk, Würzburg 2007), è stato assegnista post-doc
presso la Martin-Luther-Universität Halle-Wittenberg dove nel 2017 ha
conseguito la libera docenza in Letteratura tedesca e Letterature comparate
(Die heroische Moral des Nihilismus: Schiller und Alfieri, Berlin/Boston 2019).

      Email: ppanizzo@units.it

                                          L’articolo
      Data invio: 30/10/2021
      Data accettazione: 31/03/2022
      Data pubblicazione: 30/05/2022

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Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022)

                    Come citare questo articolo
     Panizzo, Paolo, “Letteratura come progetto alternativo? I due strania-
menti nel romanzo Die rechtschaffenen Mörder di Ingo Schulze”, Straniamenti,
Eds. S. Adamo - N. Scaffai - M. Pusterla - D. Watkins, Between, XII.23 (2022):
245-265, www.betweenjournal.it

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