Literature as an Alternative Project? The Two Estrangements in the Novel Die rechtschaffenen
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Literature as an Alternative Project? The Two Estrangements in the Novel Die rechtschaffenen Mörder by Ingo Schulze Paolo Panizzo Abstract The article examines Ingo Schulze’s novel Die rechtschaffenen Mörder (2020) in the light of the considerations on estrangement expressed by the author in his speech for the Brecht Prize in 2013. This paper highlights how the novel is about two types of ‘estrangements’: the first, along Brecht’s lines, is at the service of committed literature, capable of representing an “alterna- tive project” for society; the second, on the other hand, is functional to the author’s self-reflective moment and characteristic of the postmodern novel. The analysis of the novel argues that ‘estrangement’, from being a tool of political and social commitment aimed at demystifying power relations, ul- timately becomes a merely formal device that preserves the status quo in the market of artistic forms produced by the “mass-democratic postmodernity” (Kondylis) in which Schulze operates, thus counteracting Brecht’s and per- haps even Schulze’s own initial aim. Keywords Berlin Wall; Bertold Brecht; Epic novel; GDR; German radical-right; Pa- najotis Kondylis; Postmodernism; Rettitudine; Assassini Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) issn: 2039-6597 doi: 10.13125/2039-6597/5067
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo Letteratura come progetto alternativo? I due straniamenti nel romanzo Die rechtschaffenen Mörder di Ingo Schulze Paolo Panizzo Il concreto apporto critico della categoria dello ‘straniamento’ nell’a- nalisi delle forme artistiche contemporanee e in particolare dei testi lettera- ri dipende in massima parte dalla precisione con la quale se ne definisce il termine in origine. È chiaro infatti, ad esempio, che una definizione come quella di Viktor Šklovskij sul «procedimento dello straniamento» di Tolstoj che consisterebbe nel non chiamare l’oggetto «con il suo nome» ma descri- verlo come se l’autore lo «vedesse per la prima volta» (1968: 83), interpre- tata in senso normativo, finisca non solo per perdere di vista l’obiettivo polemico del giovane autore nel momento della stesura del suo celebre saggio sull’Arte come procedimento, ma, nella sua assoluta indeterminatez- za applicabile di fatto alla quasi totalità dei prodotti artistici immessi nel mercato culturale contemporaneo, si rivelerebbe un’arma critica assai poco efficace. Allo stesso modo, l’utilizzo del concetto di straniamento quale sinonimo generico di ‘distanza’1, come corrispettivo del termine inglese ‘displacement’ (Said 2019: 71), oppure come traduzione abbreviata del ‘Verfremdungseffekt’ brechtiano (‘effetto’ di straniamento, nel senso pe- culiare che la definizione assume nel teatro epico)2, può ridurre facilmente tale categoria a mero strumento celebrativo della lontananza, del sorpren- dente o del diverso nell’arte – come se un valido apporto critico rispettoso della diversità non potesse originarsi dall’osservazione e dall’analisi del vicino, dell’usuale o dell’omologo. Quale ‘straniamento’ dunque? A che scopo e con quali rischi più o meno calcolati uno scrittore può impiegare 1 Cfr. la prima delle nove “riflessioni sulla distanza” di Carlo Ginzburg in- titolata “Straniamento. Preistoria di un procedimento letterario” (1998: 15-39). 2 Cfr. la voce “Verfremdung” nel Brecht-Handbuch curato da Jan Knopf (1996: 378-401) e Žmegač 1994: 453-57. 246
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) oggigiorno tale effetto estetico nel procedimento compositivo? E a quale definizione di straniamento è utile riferirsi nell’analisi critica di un testo letterario contemporaneo? Guardando alla letteratura tedesca, una risposta a tali domande può venire dalla rilettura del romanzo di Ingo Schulze Die rechtschaffenen Mör- der (2020)3 alla luce delle considerazioni sullo ‘straniamento’ e sul suo stesso ruolo di scrittore e intellettuale che Schulze esprime nel discorso tenuto in occasione della cerimonia di conferimento del Premio letterario Bertolt Brecht della città di Augsburg nel 2013. Partendo da tali riflessioni emerge come nel romanzo di Schulze convivano in realtà due ‘strania- menti’, solo in apparenza equivalenti o riconducibili a premesse teoriche comuni: il primo, tematizzato dall’autore anche nella ‘Rede’ del 2013, si colloca in continuità con lo straniamento teorizzato da Brecht nei suoi studi sul teatro epico; il secondo invece, strumentale al momento autori- flessivo dell’autore tipico del romanzo postmoderno che anche Schulze, per i motivi che vedremo, introduce nei suoi Rechtschaffene Mörder. Pren- dendo come caso di studio il romanzo di Schulze, il contributo si pro- pone di spiegare in che modo lo straniamento, nel mercato delle forme artistiche nella «postmodernità democratica di massa» (Kondylis 2010), da strumento dell’impegno politico e sociale volto alla demistificazione dei rapporti di potere giunga a costituire in realtà, per calcolo dell’autore o per eterogenesi dei fini, un espediente meramente formale che in defi- nitiva conserva e consolida lo status quo. In un primo momento si analiz- zeranno gli elementi programmatici del già citato discorso di Schulze del 2013 alla ricerca della sua definizione e interpretazione dello straniamento brechtiano e del particolare significato sociale che l’autore attribuisce a tale procedimento compositivo negli anni successivi alla crisi finanziaria globale del 2008. In un secondo capitolo si illustrerà in che modo Schulze, sulla scia delle riflessioni di Brecht, abbia utilizzato lo straniamento nella prima parte del suo romanzo Die rechtschaffenen Mörder in cui si racconta la storia del librario di Dresda Norbert Paulini e si mettono a fuoco le pre- messe storiche e sociali della radicalizzazione ideologica del personaggio 3 I riferimenti “Schulze 2020” e “Schulze 2022” alle pagine seguenti (tra pa- rentesi tonde nel testo) rinviano rispettivamente alla versione originale del ro- manzo e alla nuova edizione italiana a cura di Stefano Zangrando in prossima uscita con il titolo di La rettitudine degli assassini per l’editore Feltrinelli. Ringrazio il dottor Zangrando per aver messo a disposizione in anteprima le traduzioni dei passi citati nel presente contributo. 247
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo negli anni successivi alla caduta del muro di Berlino. Infine si cercherà di spiegare come la presa di distanza dalla storia di Paulini nella seconda e terza parte del romanzo attraverso il potenziamento della figura dello scrittore “Schultze” (con la ‘t’, anch’egli personaggio del romanzo) riduca drasticamente la componente epica della narrazione a esclusivo vantaggio di quella autoriflessiva intorno ai meccanismi comunicativi della narra- zione. Il moltiplicarsi delle prospettive della narrazione, tuttavia, innesca nel romanzo una dinamica di relativizzazione di tutti i punti di vista che anziché stimolare una riflessione critica del lettore la comprime e la depo- tenzia, disperdendola nel gioco combinatorio teoricamente infinito di pro- spettive autoriali in apparenza interscambiabili. L’effetto di straniamento, che con Brecht definiremmo ‘culinario’, della seconda e terza parte dei Rechtschaffene Mörder, slegandosi dalla sua missione di critica sociale dalla quale per lo stesso Brecht era invece inscindibile, si riduce così a sempli- ce funzione della riflessione autoreferenziale dell’autore. Contro l’idea di fondo del teatro epico, ciò condanna di fatto il lettore al ruolo di mero consumatore passivo delle forme artistiche prodotte dalla libera attività «associativa e combinatoria» del soggetto creatore (Kondylis 2010: 86). Schulze e il discorso sullo straniamento per il Premio Brecht Ben prima di incontrare il termine ‘Verfremdung’ nel discorso di Schulze, il pubblico riunito nel teatro della città di Augsburg il 9 febbraio 2013 per ascoltare lo scrittore insignito del prestigioso riconoscimento deve misurarsi direttamente con ‘l’effetto’ di straniamento che proprio l’oratore in scena, come in un esperimento di teatro epico, intende suscitare negli spettatori presenti in sala per celebrarlo. Nel suo discorso di ringraziamen- to, infatti, Schulze non solo tematizza lo straniamento brechtiano ma lo utilizza come tecnica compositiva del proprio testo. Questo gli permette di prenderne poi distanza e assumere durante la lettura pubblica del discorso le vesti di un interprete teatrale della sua stessa composizione. Schulze confeziona così per la giuria del premio e i suoi spettatori un racconto a cornice. In apertura lo scrittore dichiara, schermendosi, che un evento «strano e insospettato» (2013: 69) avvenuto un paio di settimane prima della cerimonia che lo vede protagonista lo avrebbe tolto dall’im- barazzo di scrivere nei tempi prestabiliti il discorso di ringraziamento per il premio ricevuto. In previsione della cerimonia, infatti, il direttore del Brecht-Benjamin-Archiv della Akademie der Künste di Berlino avreb- 248
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) be concesso a Schulze di leggere pubblicamente, garantendo l’anonimato dell’autore, una lettera entusiastica indirizzata a Brecht da uno scrittore sconosciuto e contenuta in un plico di carte da poco affidate all’archivio e ancora inedite. «[L]e opinioni qui espresse», sottolinea Schulze nella corni- ce del suo intervento e prima di dare lettura della lunga lettera dello scritto- re anonimo che costituisce il racconto nel racconto del suo discorso, «sono ovviamente le opinioni dell’autore della lettera, non le mie, anche se qua e là le trovo stimolanti e degne di riflessione» (ibid.: 70). È un incipit singo- lare che non manca di suscitare stupore: anziché scrivere di suo pugno un discorso di ringraziamento per il Premio Brecht, dunque, Schulze si affide- rebbe alle parole di una lettera encomiastica di uno scrittore sconosciuto e ormai probabilmente scomparso rinvenuta tra materiali di archivio non ancora pubblicati. Ma è davvero così? La presa di distanza di Schulze dal testo che si avvia a leggere e dal suo autore rappresenta in realtà solo l’ultimo degli espedienti stranianti di cui egli si serve per confondere e disorientare scientemente la platea dei suoi uditori. Se da un lato già il ricorso all’escamotage dell’anonimato dell’au- tore della lettera stimola l’aspettativa vigile del pubblico nei confronti del testo ripreso da Schulze, l’assommarsi di elementi illogici, e in particolare di anacronismi, fin dall’inizio della misteriosa lettera estraniano l’ascoltato- re, ne impediscono l’immedesimazione con il racconto, e lo costringono a una continua revisione critica e a un costante riposizionamento di fronte ai contenuti proposti dallo scrittore sulla scena. È chiaro infatti fin da subito che qualcosa non torna nella lettera citata da Schulze. E una conferma arri- va già dopo averne ascoltato poche righe, quando l’autore anonimo rivolge a Brecht alcune parole che, per dirla proprio con Brecht, rompono l’ovvietà della cerimonia di premiazione a cui il pubblico sta assistendo, infrangono gli schemi attesi e la trasformano in una nuova «intelligibilità» (Brecht 1975: 148). La lettera recita: Fui tutt’altro che facilitato nel volerla leggere. Giacché nel paese dal quale provengo e che non esiste più La conoscevano tutti, almeno per sentito dire. Strade, asili d’infanzia, scuole e biblioteche portavano il Suo nome; le Sue poesie, contenute nel libro di letture, venivano recitate da giovani pionieri all’inizio dell’anno scolastico e nella giornata dell’infanzia. Lei, si diceva, era un amico dei bambini e della nostra giovane repubblica. Così non [L]a stupirà di certo che in [terza media] non avessi voglia di partecipare come volontario a una cerimonia per il [S]uo ottantesimo compleanno. (Schulze 2013: 70-1) 249
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo È subito evidente che sul palcoscenico di Augsburg Schulze indossa i panni dell’attore di se stesso in un gioco di travestimenti con il pubbli- co in cui anche lo smascheramento degli effetti di straniamento che sono alla base del suo discorso è fin dall’inizio parte integrante della riflessione che propone4. La lettera citata da Schulze non può infatti appartenere a un contemporaneo di Brecht: la giovane repubblica che ormai non esiste più e da cui proviene il misterioso ammiratore è in realtà la Repubblica Democratica Tedesca, di cui Brecht, morto nel 1956 all’età di 58 anni, certo non conobbe la fine; e quell’allievo restio a partecipare come volontario ai festeggiamenti per l’ottantesimo anniversario dalla nascita del dramma- turgo di Augsburg tanto voluti dai quadri del partito altri non è se non il giovane Ingo Schulze, nato a Dresda nel 1962 e appena sedicenne nell’anno a cui si fa riferimento. Il travestimento di Schulze nello scrittore anonimo di una lettera ana- cronistica a Bertolt Brecht produce quell’effetto di straniamento attraverso il quale l’autore, nell’ambito ristretto della cerimonia che lo vede protago- nista, prende distanza dalla propria persona e si propone, come prevedeva la forma del teatro epico, non tanto come ‘individuo eccezionale’ in grado di affascinare e sedurre il suo pubblico, bensì quale personaggio storico e «uomo sociale» nel senso teorizzato da Brecht nella quarta appendice alla teoria dell’Acquisto dell’ottone dell’agosto 1940: Lo spettatore non viene totalmente «ammaliato», né viene sintonizzato spiritualmente, o posto in uno stato d’animo fatalistico nei confronti dei casi presentati in scena. […] Le situazioni vengono storicizzate e socialmente ambientate. (Il primo caso si dà, naturalmente, soprattutto quando si tratta di fatti attuali: ciò che è non fu e non sarà sempre. Il secondo pone continuamente in forse e in discussione l’ordinamento sociale del momento). (Brecht 1975: 150) Si capisce allora come nei difficili anni che seguono la crisi finanziaria mondiale del 2008, a Schulze non importi tanto celebrare la propria carriera di scrittore di successo, quanto riflettere criticamente di fronte al suo pub- blico sul destino sociale comune in un mondo ormai dominato da logiche 4 Anche in questo Schulze segue la via tracciata da Brecht nella “Seconda appendice alla teoria dell’Acquisto dell’ottone” dove annota: «La contraddizione tra immedesimazione e distanziamento viene approfondita e diventa un elemen- to della rappresentazione» (Brecht 1975: 148). 250
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) mercatiste5. È dunque in tale atmosfera, di fronte alle ripercussioni sociali della crisi finanziaria e ispirandosi proprio alla figura di Bertolt Brecht e al suo impegno politico di poeta e scrittore drammatico, che Schulze propone all’auditorio del premio la sua critica di quel mondo seguito alla caduta del muro di Berlino «nel quale cont[ano] solo i numeri» (2013: 13) ed esprime la sua ferma condanna dell’idea di una «democrazia conforme al mercato»6 formulata in quegli anni dalla cancelliera tedesca Angela Merkel7. Ma la questione della «democrazia conforme al mercato» non è quello ci interessa maggiormente in questa sede8. Più importante per le nostre pro- blematiche è che nella lettera fittizia dell’ignoto scrittore e ammiratore di Brecht ripresa da Ingo Schulze troviamo soprattutto una chiara definizione dello straniamento9 da cui partire nell’analisi del suo romanzo Die recht- schaffenen Mörder. Dietro la maschera dell’autore sconosciuto, nella parte centrale del suo discorso Schulze avvicina infatti il procedimento narrativo 5 Un imprescindibile punto di partenza delle riflessioni contenute anche nella ‘Rede’ di Augsburg del 2013 è il discorso tenuto da Schulze il 26 febbraio 2012 presso lo Staatsschauspiel Dresden e pubblicato nello stesso anno in ver- sione ampliata con il titolo Unsere schönen neuen Kleider. Gegen die marktkonforme Demokratie – für demokratiekonforme Märkte, tr. it. I nostri bei vestiti nuovi (contro una democrazia conferme al mercato, per mercati conformi alla democrazia) (in Schulze 2013: 21-67). 6 Cfr. nel discorso di Dresda p. 54, in quello del Premio Brecht p. 82 della versione in italiano (Schulze 2013). 7 Queste le parole pronunciate dalla cancelliera nel corso della conferenza stampa dopo l’incontro con il Presidente del Consiglio del Portogallo Pedro Pas- sos Coelho avvenuto in data 1.9.2011: «B[undes]K[anzler]’in Merkel: Wir leben ja in einer Demokratie und sind auch froh darüber. Das ist eine parlamentarische Demokratie. Deshalb ist das Budgetrecht ein Kernrecht des Parlaments. Insofern werden wir Wege finden, die parlamentarische Mitbestimmung so zu gestalten, dass sie trotzdem auch marktkonform ist, also dass sich auf den Märkten die entsprechenden Signale ergeben.» Mitschrift Pressekonferenz - Pressestatements von Bundeskanzlerin Angela Merkel und dem Ministerpräsidenten der Republik Portugal, Pedro Passos Coelho, 1.9.2011, https://archiv.bundesregierung.de/archiv-de/doku- mente/pressestatements-von-bundeskanzlerin-angela-merkel-und-dem-minis- terpraesidenten-der-republik-portugal-pedro-passos-coelho-848964 (ultimo ac- cesso 10/01/2022). 8 Rinvio su questi aspetti al recente contributo Panizzo 2021. 9 Brechtiano ma non solo: Schulze afferma di scorgere ciò che Brecht «chia- ma straniamento o epicizzazione» anche nell’opera di autori quali Alfred Döblin, Wladimir Georgijewitsch Sorokin, Imre Kertész e Péter Esterházy (2013: 79). 251
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo della «Verfremdung» alla «Episierung», il processo di epicizzazione, e os- serva che proprio tale processo consiste nel «continuo alternarsi di vicinan- za e distanza, in cui il lettore viene coinvolto e poi di nuovo espulso» (ibid.: 77). Da un lato il lettore verrebbe quindi avvinto dalla vicenda narrata e desidererebbe sapere come prosegue; dall’altro le rivolgerebbe un’«atten- zione critica» come se si trovasse in una condizione di «riposata lucidità» (ibid.). Ma come riconoscere allora un’epicizzazione o uno straniamento ben «riuscit[i]»? «Quando siamo ammaliati ma non ricattati», è la risposta puntuale dello scrittore, che specifica: [quando siamo] toccati, senza essere indifesi, quando possiamo seguire e capire senza dover rinnegare le nostre esperienze o giudicarle inferiori. E invero quando ci sentiamo incoraggiati a raccontare anche noi, quando la nostra memoria inizia a parlare e si destano esperienze che, a lettura ultimata, si presentano in una luce diversa. (Ibid.) Quando raggiungono il loro obiettivo, epicizzazione e straniamento innescano dunque nel lettore un processo virtuoso di revisione delle espe- rienze che induce a un riposizionamento critico nei confronti dell’ordine sociale costituito, delle sue contraddizioni, delle sue più o meno esplicite violenze e ingiustizie e permette così, stimolandone la consapevolezza, di compiere il primo passo verso il cambiamento e la revisione di tale siste- ma. È in questo senso che lo scrittore (di) Schulze nella ‘Rede’ di Augsburg definisce «Verfremdung und Episierung» una «indispensabile scuola di percezione», anzi «di responsabilità» (ibid.: 79), una scuola per lui tanto ne- cessaria quanto drammaticamente urgenti appaiono in quegli anni i pro- blemi sociali causati dalla crisi economica e finanziaria globale. «Dobbiamo mostrare ciò che è noto e dato per scontato come qualcosa di estraneo e di ignoto», è allora l’imperativo dell’anonimo scrittore e ammiratore di Brecht, «[l]a letteratura deve meravigliarsi a ogni piè sospinto e non prendere nul- la come un dato di fatto» (ibid.). Nonostante i termini qui utilizzati sem- brino ispirati al saggio di Šklovskij sull’Arte come procedimento, il discorso di Schulze sullo straniamento è in realtà assai differente da quello del cri- tico russo poiché non muove tanto da considerazioni estetico-esistenziali quanto sociali e politiche: esso infatti non si propone di definire quale sia lo «scopo dell’arte» tout court né si incarica di attribuire al procedimento artistico il potere salvifico di «restituire il senso della vita» (1968: 82). Ispi- rata da Brecht, la riflessione di Schulze procede invece dalla constatazione di un «paradosso sociale in cui si riconosce una contraddizione immanente alla società classista» (Žmegač 1994: 455) allo scopo di denunciarne e sma- 252
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) scherarne l’apparente immodificabilità. In tale ideale di letteratura militan- te e impegnata ripreso da Brecht, straniamento ed epicizzazione diventano gli strumenti principali attraverso cui lo scrittore esercita apertamente e consapevolmente la sua funzione sociale contro coloro «che organizzano il mondo in base ai loro interessi e bisogni per poi spacciarlo per dato e immodificabile» (Schulze 2013: 79). Non è un caso allora che lo scrittore immaginato da Schulze ribadisca esplicitamente di fronte al pubblico di Augsburg la necessità che gli uomini e le donne di lettere formulino una eminente «istanza sociale» propria: «quand’è che torno a dire ‘io’ e intendo ‘noi’?» (ibid.: 80), si chiede l’autore di Schulze alludendo al proprio ruolo sociale di intellettuale. A tale letteratura impegnata lo scrittore chiede dun- que a gran voce un «progetto alternativo» (ibid.: 79), come lo definisce nella lettera, da contrapporre ad un ordine sociale rappresentato ad arte come immutabile e sostenuto da una politica delle «decisioni senza alternative»10 subalterna all’economia e alla finanza. Concepito nei termini descritti, lo straniamento viene a costituire agli occhi dello scrittore e ammiratore di Brecht citato da Schulze la tecnica compositiva portante di una letteratura che, come scrive, «non sia soltanto acuta sotto ogni aspetto, ma che rappresenti, per il modo in cui è fatta, un progetto alternativo» (ibid.). Ora la domanda non è tanto se e fino a che punto tale ‘progetto alternativo’ di letteratura impegnata proposto dal fit- tizio scrittore citato nella ‘Rede’ venga effettivamente condiviso dal deten- tore del Premio Brecht 2013 Ingo Schulze. Più interessante è chiedersi se lo straniamento, promosso qui enfaticamente negli anni della crisi finanziaria a tecnica compositiva di riferimento di un ‘progetto letterario alternativo’ da perseguire con tutti i mezzi non sia in realtà anche pienamente compa- tibile con progetti letterari di segno opposto, i quali, nel mercato culturale della moderna «Massendemokratie» (Kondylis 2010) e anche al di là delle intenzioni critiche di singoli autori, finiscano per rafforzare, più che met- tere in discussione, i rapporti di forze sociali esistenti. Per rispondere a questa domanda proviamo ad avvicinarci ora a Die rechtschaffenen Mörder. 10 Nel discorso tenuto a Dresda nel 2012 “contro una democrazia confor- me al mercato” Schulze afferma: «Le nuove ‘ovvietà’, ossia quei fenomeni che all’inizio degli anni Novanta raggiunsero l’egemonia come qualcosa di naturale e scontato, oggi seguitano a valere, invariate. Da un mondo senza alternative scaturisce una politica cui è permesso propagare l’assurdità logica di “decisioni senza alternative”» (2013: 53). 253
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo Straniamento come «misura sociale». Paulini e il Leviatano Nella prima parte del romanzo Die rechtschaffenen Mörder, che oc- cupa i quasi due terzi dell’opera, si racconta la storia di Norbert Paulini, un accanito lettore e appassionato bibliofilo nato a Dresda nel 1953. Nel 1977 Paulini apre una libreria antiquaria e fonda così nel cuore della RDT un’enclave culturale al di fuori dal tempo e dello spazio che attira una nutrita cerchia di appassionati lettori-adepti in fuga dal modello di pen- siero unico del regime socialista. Paulini è uno spirito libero, riservato e sicuro di sé, che compie una personalissima rivolta silenziosa contro il sistema ritirandosi nel mondo ideale e apparentemente apolitico della lettura e conquistandosi così un ruolo di primo piano tra gli appartenenti agli strati sociali più colti della Repubblica Democratica Tedesca. La ri- voluzione pacifica dell’autunno del 1989 e la ‘Wende’ mandano tuttavia in frantumi il fragile universo costruito dall’antiquario. Come si legge nel romanzo, di fronte al rivolgimento politico successivo al crollo del muro, Paulini sceglie di rimanere fedele ai suoi libri e, in fondo, a se stes- so, misconoscendo la portata degli eventi storici e finendo così vittima di un cambiamento epocale ormai inarrestabile (cfr. Schulze 2020: 163). Presto il nuovo ordine successivo alla riunificazione nazionale tedesca lo priva del prestigio sociale ottenuto attraverso la sua decennale attività di custode d’eccellenza della ‘Lesekultur’ tedesca a est del muro: migliaia di libri in edizioni prima prestigiose e considerati delle rarità vengono ora accatastati e finiscono al macero oppure vengono reimmessi sul mercato a prezzi irrisori con il timbro di ‘copia difettosa’. Negli anni Novanta Paulini diventa un ‘Wende-Verlierer’, un ‘loser’ del nuovo sistema (cfr. Schulze 2009: 332-58): perde la casa, si scopre tradito dalla moglie per anni attiva nella Stasi come informatrice sulle sue attività, e si ritira, or- mai radicalizzato e politicamente vicino a gruppi di estrema destra, in un angolo remoto della Sächsische Schweiz. È significativo che la prima delle tre parti che compongono il romanzo di Schulze si interrompa (let- teralmente) nel mezzo di un interrogatorio di Paulini condotto da due ispettori della polizia criminale che indagano su alcuni episodi di vio- lenza xenofoba verificatisi circa tre settimane prima, la sera del 20 aprile – l’anniversario della nascita di Adolf Hitler. «Volevo scrivere una storia sulla lettura e i lettori», ha dichiarato Schul- ze a proposito del suo romanzo Die rechtschaffenen Mörder, e «chiedere se tramite la lettura si possa smarrire la propria strada o perché ci siano lettori 254
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) che improvvisamente sembrano tradire ciò che è stato importante per loro per una vita intera»11. Il romanzo di Schulze trae ispirazione dal racconto Der Leviathan di Joseph Roth, il cui primo capitolo venne pubblicato sulla rivista degli esuli tedeschi a Parigi Das neue Tage-Buch il 22 dicembre 1934 con il titolo Der Korallenhändler, il Mercante di coralli12. Schulze non si limita tuttavia a riprendere da Roth il motivo dei coralli per sostituirlo nella sto- ria di Norbert Paulini con quello altrettanto affascinante del ‘libro’. È so- prattutto il punto di vista della narrazione di Roth a catturare l’attenzione dell’autore. Non a caso lo stesso Paulini, nel romanzo (e successivamente Schulze nel corso delle interviste concesse in occasione dell’uscita dei suoi Rechtschaffene Mörder nei primi mesi del 2020)13, sottolinea con veemenza in una discussione con alcuni visitatori della sua libreria antiquaria che la vera forza del Leviathan risieda in particolare nella tecnica narrativa adotta- ta da Roth, ovvero nell’effetto di straniamento provocato dalla descrizione ‘dalla distanza’ della sua epoca ormai al crepuscolo, come se si trattasse di un periodo e di avvenimenti ormai lontani nel tempo e circondati da un alone di leggenda: Roth era l’uomo più generoso del mondo, disse Norbert Paulini, e non possedeva nulla. Molto più interessante, invece, è il modo in cui ha riadattato il registro leggendario alla sua epoca, capovolgendo il cannocchiale e osservando il presente dalla stessa distanza che sempre richiede una leggenda. (Schulze 2022: 69) 11 Questo il testo virgolettato riportato nelle bandelle editoriali del volume edito dal Fischer-Verlag e ripreso anche da Bormuth 2021: 210. 12 Cfr. il discorso di ringraziamento tenuto a Uelzen il 9 novembre 2019 per il conferimento del Werner-Bergengruen-Preis in cui Schulze ripercorre le fasi della stesura del romanzo Die rechtschaffenen Mörder a pochi mesi dall’uscita nel- le librerie, Ingo Schulze, Danksagung, http://werner-bergengruen-gesellschaft. de/preis-2/preistraegerin-2015-felicitas-hoppe/danksagung2015/ (ultimo accesso 10/01/2022). 13 Cfr. ad esempio: Susanne Kippenberger und Julia Prosinger, Ingo Schulze im Interview “Ich war ein ziemlich fauler Strick” (03.03.2020), https://www.tages- spiegel.de/gesellschaft/ingo-schulze-im-interview-ich-war-ein-ziemlich-fauler- strick/25591086.html (ultimo accesso 10/01/2022); Julia Encke, Die Rechten und die Rechtschaffenen (11.03.2020), https://www.faz.net/aktuell/feuilleton/bue- cher/rezensionen/belletristik/ingo-schulzes-roman-die-rechtschaffenen-moer- der-16668159.html (ultimo accesso 10/01/2022). 255
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo È evidente fin dalle prime battute del romanzo Die rechtschaffenen Mörder riportate qui di seguito che anche Ingo Schulze, raccontando la sto- ria di Norbert Paulini, abbia inteso inizialmente «girare il cannocchiale»14 e puntarlo sulla storia recente e contemporanea della Germania per pren- derne distanza e permettere al suo lettore di rivolgere al suo antiquario, il «sovrano dei libri» di Dresda (Schulze 2020: 10), e al suo mondo incantato quell’«attenzione critica» da una condizione di «riposata lucidità» (Schulze 2013: 77) che solo la rottura dell’immedesimazione con l’eroe e protagoni- sta può garantire: A Dresda, nel quartiere di Blasewitz, viveva in tempi andati un antiquario che, per i libri e le conoscenze che aveva, nonché per una scarsa inclinazione a lasciarsi impressionare dalle aspettative del suo tempo, godeva di una impareggiabile reputazione. Non era soltanto la gente del posto a rivolgersi a lui, il suo indirizzo era un segreto prezioso non solo a Lipsia, Berlino o Jena; lettori voraci giungevano a fargli visita persino dalle isole baltiche di Rügen e Usedom. (Schulze 2022: 13) È probabile che leggendo il Leviathan di Roth, Schulze abbia ripensato all’insegnamento di Brecht sull’effetto di straniamento quale «misura so- ciale» (Brecht 1975: 149) e alla necessità di una letteratura come eminente «fait social» (Meiser 2019: 278) che rappresenti un ‘progetto alternativo’ allo status quo politico e sociale in un’epoca come quella attuale segna- ta in Germania dal moltiplicarsi di episodi di erosione democratica15. In questo senso, la prima parte dei Rechtschaffene Mörder, che costituisce il nucleo originario del romanzo, segue senza dubbio la linea programmatica espressa da Schulze nel 2013. E anche gli effetti di straniamento impiegati – lo stile ieratico e fiabesco del racconto, la ripetizione ossessiva del nome e cognome del personaggio principale, la rinuncia a qualsiasi forma di avvi- cinamento psicologico – servono alla ‘epicizzazione’ della vicenda narrata, ovvero a una sua rappresentazione dalla distanza che stimoli una riflessio- 14 «Auch ich wollte mein Fernrohr umgekehrt auf die von mir erlebte Zeit richten, um die Linien, die sich in ihr womöglich erkennen lassen, deutlicher nachzeichnen zu können»: così Schulze nel discorso per il Premio Werner-Ber- gengruen già citato, Ingo Schulze, Danksagung, http://werner-bergengruen-ge- sellschaft.de/preis-2/preistraegerin-2015-felicitas-hoppe/danksagung2015/ (ulti- mo accesso 10/01/2022). 15 Cfr. anche l’introduzione del traduttore e curatore Stefano Zangrando alla recente raccolta di saggi di Ingo Schulze La felicità dei mobilifici (Schulze 2021). 256
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) ne critica sulle ragioni storiche, politiche e sociali che negli anni successivi alla caduta del muro di Berlino permisero la progressiva diffusione e il consolidamento del pensiero radicale di destra anche tra gli strati sociali più colti della ex Germania Est. Il vero protagonista: lo scrittore Schultze Si può dire che Die rechtschaffenen Mörder sia davvero un ‘romanzo politico’? Si tratta davvero di un romanzo su come un «aufrechter Bücher- mensch» di Dresda si trasformi dopo la ‘Wende’ in un «reazionario o ad- dirittura in un rivoluzionario di destra»?16 Anche la breve presentazione dell’opera di Schulze sul sito web dell’editore Fischer di Francoforte volta a stimolare l’interesse del potenziale lettore per il romanzo si conclude con la domanda se Paulini sia «una figura tragica oppure un assassino»17. Ma il punto in realtà è un altro. L’antiquario Norbert Paulini, infatti, non rap- presenta a ben vedere per nulla «the central protagonist of The Upstanding Murders», come pure si è scritto (Pizer 2021: 136). E questo è dovuto in massima parte al modo in cui proprio la tecnica dello straniamento viene impiegata nelle rimanenti due parti del romanzo per prendere ulteriore distanza dalla storia del libraio e dare spazio alla figura che, probabilmen- te al di là delle intenzioni iniziali dello stesso Schulze, diviene l’effettivo protagonista dell’opera: lo scrittore “Schultze” (scritto con la ‘t’), che nella finzione letteraria si scopre essere anche l’autore del racconto su Paulini contenuto della prima parte del romanzo. Intervistato dopo l’uscita del libro, Schulze ha affermato di essersi ac- corto durante la stesura dell’opera di non riuscire a ottenere «die erhoffte Distanz», la «distanza sperata» dalla storia di Norbert Paulini soltanto at- traverso il tono ieratico della narrazione18. E nella ricerca di una via di usci- 16 «Wie wird ein aufrechter Büchermensch zum Reaktionär – oder gar zum rechten Revolutionär?» si legge nella pagina che annuncia la conversazione del redattore di Die Zeit Martin Machowecz con l’autore Ingo Schulze il 24 giugno 2020 e che riprende la domanda che campeggia sul retro della copertina del vo- lume, https://www.zeit.de/kultur/literatur/2020-06/ingo-schulze-die-rechtschaf- fenen-moerder-livestream (ultimo accesso 10/01/2022). 17 Cfr. https://www.fischerverlage.de/buch/ingo-schulze-die-rechtschaffe- nen-moerder-9783103900019 (ultimo accesso 10/01/2022). 18 Cfr. Ingo Schulze “Die rechtschaffenen Mörder”, Moderation: Helmut Böttiger 13.05.2020, https://lfbrecht.de/mediathek/ingo-schulze-die-rechtschaffe- nen-moerder/ (ultimo accesso 10/01/2022). 257
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo ta da tale impasse, gli sarebbe venuto in aiuto ancora una volta il racconto di Roth. Nelle battute conclusive del Leviatano, infatti, il narratore di Roth irrompe in prima persona sulla scena del racconto affermando di credere al resoconto sulla fine del protagonista Nissen Piczenik: «Per quanto mi ri- guarda», afferma, «sono propenso a crederci. Perché ho conosciuto Nissen Piczenik e garantisco che la sua famiglia erano i coralli e che il fondo dell’o- ceano era la sua unica patria» (Roth 2004: 255). Allo stesso modo, nella prima parte del romanzo di Schulze il lettore incontra sporadicamente un io narrante che interviene nel racconto. All’inizio del capitolo XXXIV, ad esempio, si legge: «Norbert Paulini era capace di amare? Non so risponde- re a questa domanda. Bisognerebbe chiederlo a Hana Semerova» (Schulze 2022: 150). Per spiegare chi sia tale io narrante e prendere così distanza dal- la storia di Paulini, Schulze inventa quindi la figura dello scrittore Schultze e gli fa prendere direttamente la parola nella seconda parte del roman- zo per raccontare il rapporto conflittuale che lo lega a Paulini. Nella terza parte introduce infine il punto di vista della redattrice editoriale Theresa incaricata della cura della pubblicazione del romanzo ancora incompiuto di Schultze su Paulini (e che il lettore dei Rechtschaffene Mörder conosce già perché coincide con la prima parte). L’inizio del romanzo contiene così il testo ancora incompiuto di Schultze su Paulini; la seconda parte riporta il resoconto di Schultze in prima persona della vicenda alla base del suo ‘romanzo’ e la terza il punto di vista in prima persona della redattrice (che conosce l’intera vicenda attraverso il manoscritto di Schultze e il suo reso- conto della seconda parte). Nella terza parte, la redattrice Theresa costi- tuisce in tal modo un’ulteriore proiezione dello scrittore fittizio Schultze, che rappresenta a sua volta in maniera fin troppo esplicita una proiezione dell’autore Ingo Schulze19. Lo straniamento utilizzato nella prima parte del romanzo e ispirato a Roth è tuttavia assai differente da quello impiegato nelle altre due parti dell’opera e che definiremmo invece, con un aggettivo di Brecht, ‘culina- rio’. Infatti, mentre nella prima parte lo straniamento rappresentava ancora, come voleva lo stesso Brecht, una ‘misura sociale’, nella seconda e terza par- te del romanzo il ricorso alla tecnica dello straniamento, come si è osservato, 19 Nel discorso per il Premio Werner-Bergengruen Schulze afferma di non aver saputo distinguere la figura dello scrittore da se stesso se non aggiungendo una ‘t’ al proprio nome, cfr. Danksagung, http://werner-bergengruen-gesellschaft. de/preis-2/preistraegerin-2015-felicitas-hoppe/danksagung2015/ (ultimo accesso 10/01/2022). 258
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) sviluppa una dinamica propria volta a promuovere un discorso autoreferen- ziale dell’autore sul procedimento narrativo, del tutto slegato da uno spe- cifico contesto storico e sociale. In questo modo, mentre l’ingresso in scena del narratore nel racconto di Roth non fa altro che confermare con la propria autorità la veridicità di una storia di cui Piczenik è e rimane il protagonista, nei suoi Rechtschaffene Mörder Schulze potenzia a tal punto la figura dello scrittore Schultze da farne il vero e unico centro di gravità del romanzo. Nella seconda parte del romanzo Die rechtschaffenen Mörder si scopre allora che Schultze, scrittore di successo della Germania riunificata ma ori- ginario della RDT, si trova in un rapporto di concorrenza sentimentale con Paulini, poiché Elisabeth Samten (Lisa), l’aiutante dell’antiquario con la quale Schultze inizia una relazione nel 2017, è da lungo tempo legata sen- timentalmente allo stesso Paulini: «Anche se per molto tempo non lo capii o non volli riconoscerlo», scrive Schultze nella seconda parte del romanzo, «si trattò fin dall’inizio di un ménage à trois – e tale divenne ogni giorno di più» (Schulze 2022: 206). Ma non solo: anche l’idea di scrivere un racconto su Paulini nasce per esplicita ammissione di Schultze da un impulso dilet- tantesco a risolvere e dominare attraverso l’elaborazione artistica i propri sentimenti conflittuali di ammirazione, invidia e gelosia per l’imperturbabi- le «custode della letteratura»20 venerato e difeso in ogni circostanza da Lisa: E che ci creda o no, lo sentii subito in tutto il mio corpo: ecco la salvezza! Mi bastò formulare in mente qualche frase per sentirmi già libero e leggero, ma soprattutto nel pieno controllo della situazione. [...] Per me scrivere di Paulini era diventato addirittura necessario. Ecco cosa mi avrebbe permesso di chiarirmi le idee su di lui, su chi fosse e sul suo rapporto con il mondo. Sarebbe stato il mio metodo per venire a patti con la Paulini-mania di Lisa. Basta passività, avrei volto la situazione a mio favore. Ne avrei fatto qualcosa! (Schulze 2022: 212) Il vero tema del romanzo, allora, non è più tanto la radicalizzazione ideologica di un ‘Büchermensch’ fallito della Germania Est vittima, vera o presunta, delle nuove ingiustizie sociali del sistema economico e finan- ziario capitalista del mercato globale. Nell’opera di Schulze diventa inve- ce dominante la riflessione sulla figura dello scrittore, sulle ragioni che lo motivano e sul modo in cui intende scrivere e pubblicare una storia su un libraio antiquario tedesco prima e dopo la ‘Wende’. C’è da chiedersi se la 20 Cfr. il testo delle bandelle editoriali del volume. 259
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo presa di distanza da Paulini operata tramite la moltiplicazione dei piani della narrazione non finisca per relativizzarne la storia a tal punto da ren- dere il personaggio e le condizioni sociali che ne determinano l’agire dei meri spunti occasionali per quello specifico discorso sulla posizione dello scrittore nell’industria culturale contemporanea che costituisce in fondo il vero nucleo del romanzo. Nel vietare a Schultze di scrivere su di lui, Paulini stesso nell’ultimo dialogo con lo scrittore si dimostra del tutto consapevole di costituire ai suoi occhi pura materia occasionale da plasmare a proprio piacimento per fini estetici e di mercato. «Di sicuro non leggerò questa sua opera», dichia- ra l’antiquario rivolgendosi allo scrittore; «[è] questo che lei vuole, no? Es- sere letto» (Schulze 2022: 238). E poco oltre afferma: «O scrive spazzatura, perché vuole esibire un mostro, oppure sarà costretto a considerare con più attenzione ciò che mi riguarda. Se non dovesse trovare nulla, dovrà inventare qualcosa per rendermi ambiguo…» (ibid.: 239-40). È evidente che lo scrittore Schultze, che sembra qui subire passiva- mente l’atteggiamento aggressivo e le minacce sempre più esplicite di Paulini, stia in realtà dirigendo attivamente nel suo doppio ruolo di narra- tore e di personaggio il suo ultimo dialogo con l’antiquario. A ben vedere, Schultze stabilisce di fatto con la sua sola presenza la priorità dei temi affrontati nell’incontro, costringe Paulini a misurarsi da una posizione so- ciale di sfavore con il suo ex «allievo» (Schulze 2020: 274) e a manifestare apertamente la sua insofferenza per il progetto editoriale che lo vedrebbe protagonista, obbligandolo così a inseguirlo sul suo terreno di scrittore di successo della Germania riunificata. La tracotanza dello scrittore, che Schultze stesso tematizza in senso autocritico nel suo resoconto (cfr. Schulze 2020: 279), viene ripresa anche nel racconto in prima persona della redattrice Theresa della terza parte. Le cause della morte di Paulini ed Elisabeth, precipitati insieme da una rupe durante un’escursione nella Sächsische Schweiz, rimangono avvol- te nel mistero. Non è chiaro infatti se si sia trattato di un suicidio, di un omicidio-suicidio o di un vero e proprio omicidio. La redattrice, scissa tra l’interesse professionale per la conclusione e pubblicazione del racconto di Schultze e la curiosità per le cause di tale morte imprevedibile e violenta, si reca in Sassonia sui luoghi che conosce dalla lettura del manoscritto e dal resoconto dello scrittore. Vuole non da ultimo fugare il sospetto che possa essere proprio Schultze il responsabile della morte di Lisa e Paulini. Presso l’‘Antiquariat Paulini’ incontra Juso Podžan Livnjak, un immigrato origi- nario di Sarajevo (e figura letteraria che Schulze riprende dal romanzo Der Trost des Nachthimmels pubblicato nel 2016 dallo scrittore bosniaco Dževad 260
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) Karahasan)21 al quale Paulini aveva affidato da qualche tempo gli affari correnti della libreria e che ne è ora, seppur in via ufficiosa, il titolare. Non sorprende che anche in questo caso il colloquio con cui si conclude il ro- manzo si soffermi in particolar modo non tanto su Paulini quanto sul vero protagonista dell’opera, Schultze. Livnjak (che, si noti, è un personaggio connotato assai positivamente nel testo) dipinge un ritratto a tinte fosche dello scrittore e ‘protetto’ di Theresa, come lo chiama più volte, e conferma il sospetto della redattrice che Schultze abbia in qualche modo a che fare con la scomparsa dell’antiquario e di Lisa. Di fronte al fatto che Theresa co- nosce l’intera vicenda solamente dal manoscritto e dal resoconto in prima persona di Schultze, Livnjak esclama: «Schriftsteller dürfen lügen!» (Schul- ze 2020: 306) – «Agli scrittori è permesso mentire!» (Schulze 2022: 266), una frase che lo stesso Schultze, compiaciuto e sibillino, sembra aver pronun- ciato in un colloquio avuto con lui non molto tempo prima. Infatti, come racconta Livnjak, dopo la morte di Paulini e Lisa anche Schultze sarebbe andato a trovarlo e avrebbe tentato di convincerlo che proprio Paulini era l’assassino di Lisa. Ma soprattutto l’avrebbe minacciato, in un modo non dissimile da quello usato da Paulini proprio con Schultze nel loro ultimo colloquio, intimandogli di non diffondere sospetti su di lui, Schultze, al- trimenti lo scrittore l’avrebbe ripagato con la stessa moneta, la qual cosa avrebbe potuto significare per Livnjak e la moglie il ritiro del permesso di soggiorno e l’allontanamento dal Paese (cfr. Schulze 2020: 317). È signifi- cativo che nelle ultime tre pagine del romanzo Livnjak utilizzi due volte con amarezza l’aggettivo ‘rechtschaffen’ (‘onesto’, ‘retto’) presente anche nel titolo originale dell’opera22, riferendosi non tanto a Paulini quanto a Schultze, e che nell’ultimissima pagina il personaggio descriva nel modo seguente la presunzione, il narcisismo e l’ipocrisia dello scrittore per met- tere in guardia Theresa nei confronti del suo ‘pupillo’: Il suo protetto mi ha minacciato. E a me, Juso Podžan Livnjak di Livno, è toccato sentirmi dire: «Non dimenticare mai chi decide quale verità finirà nel mio libro». Così mi ha detto, il suo protetto. (Schulze 2022: 275) 21 Cfr. i ringraziamenti dell’autore alla fine del romanzo (Schulze 2020: 320). 22 Va ricordato che l’aggettivo “rechtschaffen” ricorre anche nella ben nota descrizione iniziale del mercante di cavalli Michael Kohlhaas nella novella omo- nima del 1810 di Heinrich von Kleist. Qui il protagonista viene definito da subito come «uno degli uomini più onesti [“einer der rechtschaffensten […] Menschen”] e al tempo stesso più spaventosi del tempo suo» (Kleist 2013: 3). 261
Paolo Panizzo, Letteratura come progetto alternativo Si può concluderne che se Schultze, lo scrittore, non è né il mandante né l’assassino materiale di Paulini e Lisa, certo lo può sempre diventare sulla pagina di un suo romanzo senza pregiudicare in alcun modo la pro- pria ‘rettitudine’. È evidente che attraverso il personaggio di Schultze, nel quale conflui- scono non a caso alcuni dei tratti più inquietanti di Paulini, e la diversifica- zione dei punti di vista del racconto, si esprima anche una forte autocritica dell’autore Ingo Schulze nei confronti dei meccanismi che regolano il mer- cato culturale contemporaneo. Tuttavia, anche il procedimento straniante di presa di distanza da sé come scrittore, che sta alla base di tale autocritica, rimane parte dell’autoriflessione dell’autore e non va confuso con lo ‘stra- niamento’ inspirato a Brecht della prima parte dell’opera. Mentre infatti la storia di Paulini è ancora «storicizzata» e «socialmente ambientata» (Brecht 1975: 150) e il suo racconto, tramite gli effetti di straniamento, dovrebbe innescare nel lettore un processo attivo di riposizionamento critico nei confronti dell’ordine sociale costituito e delle sue storture, la riflessione autoreferenziale dell’autore operata attraverso Schultze ingloba la vicenda di Paulini rimanendo priva di qualsiasi ambientazione storica e sociale. La trasformazione della storia di Paulini in mera questione letteraria attraver- so l’inserimento della figura di Schultze apre così nei Rechtschaffene Mörder al gioco postmoderno potenzialmente infinito di rimandi tra prospettive apparentemente interscambiabili (perché non introdurre ulteriori capitoli narrati da altri punti di vista?) ma a ben vedere rigidamente diretto dall’au- tore stesso (cfr. Kondylis 2010: 254-55). Tale gioco combinatorio, in cui lo straniamento diventa funzionale alla dimostrazione della relatività di tutti i punti di vista, riserva al lettore il ruolo di mero spettatore e consumatore passivo delle forme irrelate create dall’autore. Utilizzato in questo modo, lo straniamento rappresenta tuttavia l’esatto opposto di quella auspicata «scuola di responsabilità» al servizio di un «progetto alternativo» di ri- forma dello status quo politico e sociale (Schulze 2013: 79) di cui Schulze aveva parlato nella ‘Rede’ del 2013 in onore di Brecht. In realtà i due ‘stra- niamenti’ del suo romanzo Die rechtschaffenen Mörder procedono in dire- zioni del tutto divergenti tra loro. 262
Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) Bibliografia Bormuth, Matthias, Das Geisterreich. Kant und die Folgen, Göttingen, Wall- stein, 2021. Brecht, Bertolt, Scritti teatrali II. “L’acquisto dell’ottone”, “Breviario di estetica teatrale” e altre riflessioni (1937-1956), Torino, Einaudi, 1975. Id., Brecht-Handbuch. 1.: Theater: eine Ästhetik der Widersprüche, hg. v. Jan Knopf, Stuttgart, Metzler, 1996: 378-401. Ginzburg, Carlo, Occhiacci di legno. Nove riflessioni sulla distanza, Milano, Feltrinelli, 1998. Kondylis, Panajotis, Der Niedergang der bürgerlichen Denk- und Lebensform. Die liberale Moderne und die massendemokratische Postmoderne, Berlin, Akademie-Verlag, 2010. Kleist, Heinrich von, I racconti, a cura di Giuliano Baioni, Milano, Garzanti, 2013. Meiser, Katharina, “Dimensionen des Politischen in Poetikvorlesungen”, Das Politische in der Literatur der Gegenwart, hg. v. Stefan Neuhaus u. Immanuel Nover, Berlin/Boston, De Gruyter, 2019: 163-82. Panizzo, Paolo, “Vom Schutzwall zur Wall Street. Ingo Schulzes Schelmen- roman Peter Holtz, die Mauer und das System des Geldes”, Altre Mo- dernità, 25 (2021): 23-36. Pizer, John David, Ambivalent Literary Farewells to the German Democratic Republic. What is Lost, Berlin/Boston, De Gruyter, 2021. Roth, Joseph, Il mercante di coralli, Milano,Adelphi, 2004. Said, Edward, “L’arte dello straniamento”, Altrestorie = otherstories, a cura di Sergia Adamo e Giulia Zanfabro, Udine, Forum, 2019: 71-81. Schulze, Ingo, Was wollen wir? Essays, Reden, Skizzen, München, Deutscher Taschenbuch Verlag, 2009. Id., Noi nella crisi. Chi paga il conto?, Firenze, Ed. ADV, 2013. Id., Die rechtschaffenen Mörder, Frankfurt am Main, S. Fischer, 2020. Id., La felicità dei mobilifici, a cura di Stefano Zangrando, Bologna, Marietti 1820, 2021. Id., La rettitudine degli assassini, Milano, Feltrinelli 2022. Šklovskij, Viktor, “L’arte come procedimento”, I formalisti russi, a cura di Tzvetan Todorov, Torino, Einaudi, 1968: 73-94. Žmegač, Viktor, “Verfremdung”, Moderne Literatur in Grundbegriffen, Hg. v. Dieter Borchmeyer u. Viktor Žmegač, Tübingen, Max Niemeyer Ver- lag, 1994: 453-57. 263
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Between, vol. XII, n. 23 (maggio/May 2022) Come citare questo articolo Panizzo, Paolo, “Letteratura come progetto alternativo? I due strania- menti nel romanzo Die rechtschaffenen Mörder di Ingo Schulze”, Straniamenti, Eds. S. Adamo - N. Scaffai - M. Pusterla - D. Watkins, Between, XII.23 (2022): 245-265, www.betweenjournal.it 265
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