Le PMI in Trentino: fra indirizzi europei e crisi economica

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Provincia Autonoma di Trento
   Servizio rapporti comunitari e sviluppo locale

           Le PMI in Trentino:
fra indirizzi europei e crisi economica

                     a cura di

                Elisa Dall’Agnol

                 Tirocinio presso
    l’Ufficio per i rapporti con l’Union Europea
                    di Bruxelles
        19 gennaio 2009 – 10 aprile 2009

                                                    1
Indice

1. Introduzione

2. Il tema dell’innovazione nella Strategia di Lisbona
2.1.   Il rilancio della Strategia di Lisbona
2.2.   L’importanza e i problemi di innovazione per le PMI

3. L’attuazione della strategia di Lisbona attraverso una
politica innovativa a favore delle PMI
3.1. Dalla Carta Europea per le Piccole Medie Imprese al Settimo
programma quadro per l’innovazione e la competitività (CIP) 2007 – 2013

4. Lo small business Act per l’Europa
4.1. Il parere del Comitato delle Regioni sullo Small Business Act

5. Crisi economica ed indirizzi europei
5.1. L’Unione eropea di fronte alla crisi economica (gennaio – marzo 2009)
5.2. Il quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di
Stato a sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi
finanziari

6. L’organizzazione della Provincia autonoma di Trento nel settore
imprenditoriale
6.1. I settori produttivi in Provincia di Trento

7. Le azioni della Provincia per fronteggiare la crisi economica
7.1. La finanziaria 2009 della Provincia autonoma di Trento
7.1.1. Gli interventi a sostegno delle imprese
7.2. Gli interventi successivi

8. Conclusioni

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1. Introduzione

Nel 2000 gli Stati membri dell’Unione Europea, hanno dato vita alla strategia
di Lisbona con l’obiettivo di rendere l’Europa l’economia più competitiva e
dinamica del mondo. Questo ambizioso progetto voleva dare vita a delle
infrastrutture del sapere che a loro volta avrebbero promosso l’innovazione in
una formula che coniuga lo sviluppo alla ricerca continua. Nel contesto di
riferimento le ICT, unite alla realizzazione di poli di ricerca, sono state
individuate come tasselli centrali nel percorso di competitività auspicato dalla
strategia di Lisbona.
In questo programma le piccole medie imprese svolgono un ruolo centrale
per un duplice motivo: in primo luogo rappresentano oltre il 90 % delle
imprese europee, ospitando circa 75 milioni di occupati, mentre dall’altra
giocano un ruolo propulsivo nella crescita e competitività dell’economia vista
la loro alta specializzazione tecnica.
Il contesto socio economico europeo non è però particolarmente indicato allo
sviluppo e alla crescita delle PMI che, nonostante siano la forza propulsiva
dell’economia europea, si trovano in difficoltà dal momento in cui devono
districarsi fra normative comunitarie e regionali. Allo stesso tempo le
lungaggini amministrative e burocratiche sia del mercato che delle pubbliche
amministrazioni, tendono a tradursi in rinuncia e diffidenza all’approccio delle
imprese   con   le   stesse.   Questo    putroppo   significa   anche   rinuncia   di
partecipazione alle gare di appalto, ai bandi comunitari e regionali, il tutto
amplificato dalla mancanza di confidenza con le ICT da parte imprenditoriale,
e dall’assenza dell’eGovernmet da parte dell’amministrazione pubblica.
La Commissione europea si è dimostrata negli anni sempre più sensibile alle
problematiche delle PMI, spingendo affinchè venissero formulate delle
politiche ed una regolamentazione che tenessero conto sia delle loro piccole
dimensioni che dei nuovi strumenti informatici, che dovrebbero essere utili
sia per velocizzare che semplificare le procedure.
Partendo dalla Carta Europea per le Piccole Medie imprese, passando
attraverso la creazione di una rete di Eurosportelli ed Euro info center ed

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arrivando infine all’elaborazione dello Small business Act, l’Unione europea
ha chiaramente espresso e delineato la propria volontà di pensare ed
elaborare le proprie politiche, riducendo tutti gli elementi di difficoltà che
bloccano l’azione di queste imprese sia in scala locale che europea.
Le difficoltà che incontrano le imprese nel mercato europeo sono molteplici e
l’attuale crisi economica rischia di aggravare la situazione ulteriormente se,
gli enti locali e nazionali, non elaboreranno velocemente, oltre ad un piano di
salvataggio, tutte quelle iniziative volte a semplificare gli oneri burocratici e a
dare vita ad un ambiente stimolante e propenso alla ricerca e all’innovazione.
Partendo dalla considerazione di questi primi elementi di studio, l’analisi
svolta di seguito partirà dallo studio della documentazione europea inerente
al tema delle Piccole medie imprese, per poi calarsi nella realtà della
Provincia autonoma di Trento, passando attraverso l’analisi delle linee
identificate dalle istituzioni comunitarie per fronteggiare la crisi economica
mondiale.
L’analisi del livello provinciale sarà volta a riassumere i settori produttivi della
Provincia, la sua organizzazione interna nel settore delle industrie per poi
individuare quali sono gli interventi decisi a Trento per fronteggiare la crisi.
Lo studio sarà volto poi ad individuare se, in questi, sono state seguiti, oltre
al quadro di riferimento temporaneo comunitario per gli aiuti di Stato, anche
le indicazioni dello Small Business Act.

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2. Il tema dell’innovazione nella Strategia di Lisbona

I giorni 23 e 24 marzo del 2000, gli Stati membri dell’Unione Europea si sono
riuniti a Lisbona con l’obiettivo di concordare un innovativo piano strategico
europeo, al fine di sostenere l’occupazione, le riforme economiche e la
coesione sociale volte a dare il via ad una economia europea basata sulla
conoscenza.
Agli   inizi   del   2000   l’Europa    si   trovava   a   fronteggiare    il   successo
dell’introduzione dell’Euro ed una situazione di mercato economico che stava
divenendo sempre più forte ed equilibrato. Allo stesso tempo veniva
evidenziata una situazione di alta disoccupazione, un insufficente sviluppo del
settore dei servizi (in particolar modo per le telecomunicazioni ed internet),
ed     una     mancanza     di   qualificazione   nell’ambito   delle     tecnologie   e
dell’innovazione.
Considerando dunque le problematiche e le risorse annesse alla crescita
economica dell’Unione Europea, gli Stati Membri, in occasione del Processo di
Lisbona, hanno fissato l’obiettivo strategico del nuovo decennio: “Diventare
l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in
grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori
posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.”
L’obiettivo di crescita è stato concordato al fine di creare le infrastrutture del
sapere, di promozione dell’innovazione, modernizzando i sistemi di istruzione
e di previdenza sociale e legando il tutto ad idonee riforme economiche.
Questi interventi si dimostrano essere necessari al fine di predisporre una
società basata sulla conoscenza, grazie al miglioramento dei canali di
informazione, di ricerca e sviluppo.
Un contesto europeo flessibile, basato sulla conoscenza e sulle nuove
tecnologie, in cui vi è un veloce scambio di saperi ed informazioni oltre ad un
movimento facilitato di ricercatori, stimola la nascita di prodotti innovativi. La
flessibilità deve comunque essere legata ad una adeguata combinazione di
politiche macroeconomiche, che facilitino le imprese innovative nei propri
investimenti.

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La Commissione ha voluto dunque porre le basi per la creazione di uno
Spazio europeo della ricerca, cercando di integrare e coordinare le attività
nazionali ed europee attraverso una metodologia di lavoro flessibile,
decentrata e con burocrazia ridotta.
In linea con queste considerazioni, è stata prestata una particolare
attenzione alle PMI, le quali, oltre ad avere un ruolo propulsivo nella
creazione di posti di lavoro in Europa, hanno dimostrato di avere un
potenziale         innovativo       molto      alto.    Spesso      però      la    loro    propensione
all’innovazione, è limitata e bloccata a causa degli elevati oneri sia burocratici
che fiscali, che poco incentivano la loro attività e il loro ruolo propulsivo
nell’economia europea.

2.1. Il rilancio della Strategia di Lisbona

All’inizio del 2005, la Commissione europea, monitorando i risultati ottenuti a
cinque anni dal varo della strategia di Lisbona, ha dichiarato che non erano
ancora stati raggiunti gli obiettivi prefissati nel 2000. I dati ufficiali
confermavano infatti il rallentamento nella creazione di nuovi posti di lavoro
e l’insufficiente permanere di investimenti nella ricerca e lo sviluppo.
Wim        Kok,     l’ex   primo      ministro      olandese,      già    nel      suo     rapporto    alla
Commissione del novembre 2004 intitolato “Affrontare la sfida”, sottolineava
il crescente divario in termini di crescita dell’Unione Europea, rispetto
all’America settentrionale e all’Asia, alla quale deve essere aggiunta una
bassa natalità e l’invecchiamento della popolazione. Kok ricordava ancora
quatto anni fa l’mportanza di applicare con urgenza ed efficacia la strategia di
Lisbona “al fine di recuperare il tempo perduto, senza ulteriori ritardi o
compiacimenti ingiustificati.” (Kok 2004)1

Nell’ottica del rilancio, la stessa Commissione ha ribadito l’importanza di una
economia dinamica incentrata sulla crescita e l’occupazione, elementi chiave
al fine di raggiungere gli obiettivi sociali ed economici prefissi a livello

1
    Wim Kok, Raccogliere la sfida della Strategia di Lisbona per la crescita dell’occupazione, novembre 2004

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europeo. Per tale motivo la Commissione, in accordo con gli Stati membri, si
è prefissa lo scopo di migliorare l’applicazione della legislazione comunitaria,
di consolidare la prassi del brevetto comunitario ed infine di porre la
conoscenza e l’innovazione al servizio per la crescita.
L’obiettivo dello sviluppo è raggiungibile solo se gli Stati membri promuovono
la ricerca incentivando la crescita di poli di innovazione e gli investimenti sia
pubblici che privati. Allo stesso tempo, solo l’adozione di nuove tecnologie
della comunicazione consentirà un veloce scambio di informazioni, di dati e
risultati in un contesto europeo in cui vengono superate le distanze e gli
ostacoli annessi. ICT, mobilità dei ricercatori, poli di ricerca e flessibilità di
mercato devono dunque essere combinati in una sinergia europea volta allo
sviluppo economico europeo.
Per il raggiungimento di questi obiettivi è fondamentale l’azione del
partenariato volta a mobilitare le sinergie collettive per la crescita e lo
sviluppo omogeneo in ogni Stato membro. La concertazione continua è volta
inoltre a coinvolgere gli interessati in particolare, i quali potranno sentirsi
responsabili del processo decisionale ed esecutivo in atto, solo se vengono
costantemente coinvolti ed       ascoltati. Il loro intervento       nei tavoli    di
partenariato è utile sia per rendere legittimi gli interventi attuati, e allo
stesso tempo arricchisce di tecnicismi il lavoro del partenariato.

2.2.   L’importanza e i problemi di innovazione per le PMI

Per innovazione si intende l’invenzione che deriva dalla ricerca, sia essa di un
prodotto innovativo piuttosto che organizzativo e commerciale.
Attraverso la scoperta e la ricerca continua, le imprese hanno la possibilità di
conquistare   nuovi   mercati,   muovendosi     così   con   maggior    forza     nel
fronteggiare la concorrenza.
L’Europa, nonostante le sue Università rappresentino l’eccellenza della
ricerca, si trova nella condizione di aver bisogno di una nuova strategia volta
ad accrescere l’innovazione, in quanto i risultati degli studi effettuati
rimangono all’interno del mondo accademico, rimanendo quindi sconosciuti e

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non spendibili nel mercato. Per tale motivo solo la creazione di un contesto
caratterizzato da una celere disponibilità di informazioni, dalla possibilità di
dialogo attivo fra imprenditori e ricercatori, potrà attrarre le imprese high-
tech con i propri prodotti innovativi.
In questo ambito, rivestono un ruolo interessante ed ambiguo gli intellectual
proprety rights: essi hanno il compito di tutelare i diritti di proprietà sulle
invenzioni, ma attualmente questo tipo di protezione le rende inutilizzabili da
parte delle imprese che vorrebbero beneficiarne. La tutela spesso si traduce
in sigillo delle invenzioni che divengono quindi inutilizzabili: inoltre il ruolo
ambiguo rivestito dagli intellectual proprety rights essi hanno il compito di
tutelare i diritti di proprietà sulle invenzioni, ma attualmente questo tipo di
protezione le rende inutilizzabili da parte delle imprese che vorrebbero
beneficiarne.

Una importante ricerca svolta a livello europeo, RICAFE2, ha individuato un
interessante e diverso tipo di approccio delle grandi aziende, rispetto alla
piccole e medie imprese, in merito al rischio di intraprendere l’avvio di un
prodotto innovativo. In linea di massima la grande azienda accetta di rado di
dare fiducia e spazio ai lavoratori di talento, anche se questo a sua volta
significa investire in qualcosa di molto rischioso.
Il mercato in questo non aiuta, non è fluido e difficilmente reintegra in fretta
e senza lasciti gli imprenditori che non hanno avuto successo.
Per una azienda fallire significa dover sostenere degli elevati costi di uscita,
denaro che viene tolto quindi dalla possibilità di essere reinvestito. Una
elevata tassazione di uscita e di entrata, implica quindi una significativa
riduzione di investimento prima, e riallocazione delle risorse, poi.
Dagli studi svolti da RICAFE2 è emerso inoltre che le aziende non hanno
paura di investire in innovazione, ma temono l’approccio con il mondo
accademico che spesso non concretizza la propria ricerca nel settore specifico
di interesse dell’impresa. A questo punto la principale necessità, legata alla
fluidità di mercato, consiste nella mediazione fra imprenditore e ricercatore,

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in modo tale che la ricerca possa essere orientata alle esigenze di mercato e
diventi quindi spendibile concretamente.
Il discorso è complesso e variegato, gli interventi da apportare molteplici, ma
vista la situazione economica in cui ci troviamo è fondamentale iniziare al più
presto ad apportare le modifiche al nostro sistema, cominciando magari
facilitando l’incontro fra università ed aziende.

3. L’attuazione della strategia di Lisbona attraverso una politica
innovativa a favore delle PMI

Le piccole Medie imprese permeano il tessuto economico europeo e,
raccogliendo   75    milioni   di   occupati   in   circa   23   milioni   di   imprese,
costituiscono un elemento di sviluppo e crescita fondamentale dell’Unione
Europea.
Viste l’importanza rivestita dalle PMI sia per il Mercato unico che per la vita
dei cittadini comunitari, la Carta europea per le Piccole imprese e il piano di
azione dell’imprenditorialità, la Commissione Europea ha voluto promuovere
negli anni delle politiche atte a prendere in considerazione le loro esigenze e
problematiche. Fra le prime politiche elaborate vi è l’attuazione del
Programma comunitario di Lisbona, in cui la Commissione ha formalizzato il
suo impegno di dare avvio ad una politica comunitaria a favore delle PMI, più
pragrammatica, ampia e globale.
La comunicazione in questione è volta a semplificare norme e regolamenti,
assistere le PMI nell’accesso all’innovazione e al credito, al fine di stimolarne
la crescita sia dal punto di vista qualitativo, che per favorire l’apertura delle
stesse PMI ai mercati europei ed internazionali.
L’impegno si muove dunque su più livelli, da una parte vuole assistere le
imprese    nella    loro   qualificazione   interna,   mentre     dall’altra    desidera
semplificare gli strumenti atti ad crescere la loro competitività, cercando in
questo modo di raggiungere l’obiettivo della strategia di Lisbona che
prevedeva di rendere l’Europa piu innovativa e quindi più attraente, sia come
luogo in cui investire che lavorare.

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Ogni intervento comunitario rimane comunque di promozione, in quanto
spetta agli Stati la realizzazione concreta degli interventi a favore delle
proprie aziende, in quanto titolari di competenze politiche di impresa.
In concreto le azioni che vogliono essere promosse a livello europeo,
terranno conto delle dimensioni e del tipo di lavoro svolto dalle PMI che si
basa per lo più su un mercato di nicchia, altamente qualificato e specilizzato
e allo stesso tempo limitato geograficamente, con una produzione su bassi
volumi. Queste piccole imprese lavorano molto sul prodotto, ma trascurano la
normativa comunitaria, i bandi e i regolamenti, concentrando l’attività di
ufficio per lo più a sbrigare altri oneri amministrativi e burocratici interni. Allo
stesso tempo la regolamentazione comunitaria è complicata e macchinosa,
mentre l’organico di cui dispongono le PMI è essenziale e di basso profilo
tecnico.
La Commissione intende dunque agevolare il contesto nazionale ed europeo
in cui si sviluppano le imprese, semplificando la normativa ed agevolando la
possibilita    di     muoversi     e    crescere      sia    in   Europa   che   nei   contesti
internazionali.
Per   quanto          riguarda     i     programmi          comunitari     per   lo    sviluppo
dell’imprenditoria, ci si rende conto che la possibilità di accedervi è
particolarmente complicata vista la necessità di muoversi in partenariati
internazionli, mentre le piccole imprese tendono a muoversi per lo più in
contesti regionali e locali. E’ quindi necessario che la politica di coesione dia
spazio e possibilità di accedere ai finanziamenti alle PMI, grazie ad una
adeguata pubblicità inerente a queste possibilità. I fondi strutturali giocano
un ruolo fondamentale nella promozione dello spirito imprenditoriale e per
migliorare le possibilità di crescita imprenditoriali, in quanto forniscono, oltre
a fondi per lo sviluppo tecnologico, servizi che rafforzano la cooperazione fra
stati e regioni diverse.
Altro fattore di crescita non trascurabile consiste inoltre nella necessità di una
manodopera altamente qualificata e di imprenditori preparati che verranno
formati,      oltre    che   con       l’FSE,   con    il    Programma      comunitario    per
l’apprendimento permanente, modus operandi che si trova perfettamente in

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linea con gli Art. 149 e 1502, il Processo di Lisbona che si era posto l’obiettivo
di “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica
del mondo.”

In modo pragmatico, la Commissione ha elencato le azioni che vogliono
essere svolte al fine di rendere effettivi gli orientamenti volti a tenere in
debita considerazione le esigenze, i problemi e i desideri delle piccole medie
imprese, ascoltando le esigenze imprenditoriali espresse dalle varie camere
di commercio e da SMI ENVOY3
In   primo      piano      è    stata    posta      l’esigenza       di   una     chiara      e   concisa
regolamentazione, vista la complessità di norme e regolamenti europei, alla
quale si legano le esigenze di normalizzazione, procedura con la quale si
intende l’opera di sensibilizzaizone delle PMI sull’importanza delle norme
comunitarie. Allo stesso tempo la Commissione, rimanendo in linea con gli
obiettivi di semplificazione, si è impegnata ad allegerire gli oneri legislativi
che gravano sulle PMI, legando alla formulazione di una modulistica semplice
una più puntuale assistenza locale del tipo help desk.
In secondo luogo, la Commissione si è impegnata attivamente nel facilitare
l’internazionalizzazione delle Piccole medie imprese, sollecitando la riduzione
dei costi di apertura di succursali e filiali in altri Stati membri.
In quest’ottica vogliono essere coinvolti maggiormente gli Eurosportelli con
l’intento di stimolare e di aiutare le piccole medie imprese ad europeizzarsi,
coinvolgendole attivamente nella partecipazione ad incontri con le regioni
transfrontaliere, al fine di creare le occasioni di incontro e di scambi utili alla
realizzazione di partenariati internazionali. La rete degli Euro Info Center
sono nati per fornire alle PMI informazioni sulla Comunità Europea, per poi
trasformarsi negli anni in veri e propri centri di consulenza professionale. Gli

2
  Gli articoli 149 e 150 del Trattato, sanciscono che l’azione della Comuinità è volta a sviluppare la
dimensione europea dell’istruzione, attraverso la mobilità dei lavoratori e degli studenti. Allo stesso tempo
vuole facilitare l’adeguamento alle trasformazioni industriali, attraverso la formazione e la riconversione
professionale, nell’ottica della professionalizzazione permanente.
3
 SMI ENVOY è una persona che rappresenta le PMI nella Commissione europea. Il suo lavoro consiste
nell’incontrare regolarmente le PMI, ascoltando i loro problemi ed esigenze per poi riportare le richieste al
Commissione quando viene elaborato un nuovo programma o una nuova legislazione.

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EIC possono essere considerati una joint-venture fra organismi locali,
regionali – nazionali e la Commissione Europea, e solitamente sono ospiati in
strutture che vengono selezionate per la qualità dei contatti detenuti con le
varie aziende regionali. Gli enti ospitanti (Camere di Commercio, Associazioni
imprenditoriali) consentono agli Euro info point di accedere ai loro database e
alle proprie fonti di informazione.
Gli Eurosportelli rivestono poi un ruolo fondamentale nei programmi
dell’Unione Europea a supporto delle PMI, soprattutto nel Programma quadro
per l’imprenditorialità e l’innovazione, attuando essi servizi integrati di
supporto a favore delle imprese e dell’innovazione. I servizi erogati sono di
informazione,    feedback,   cooperazione        ed   internazionalizzazione       e   si
completano con servizi a favore dell’innovazione, del trasferimento di
tecnologie   e   di   conoscenze,      pensati    nell’ottica    di    promuovere      la
partecipazioen delle PMI al programma quadro comunitario in materia di RST.
Il terzo punto inerente lo sviluppo e la crescita delle PMI, riguarda la
necessità delle stesse di investire in innovazione per poter muoversi
agevolmente nel mercato, riamanendovi in maniera competitiva.
Viste le difficoltà incontrate dagli imprenditori che vogliono investire in
innovazione, siano esse di natura economica piuttosto che di ricerca in senso
stretto, l’UE ha promosso il Settimo programma quadro per la competitività e
l’innovazione, il quale favorisce un importante sostegno finanziario ai progetti
innovativi, incoraggiando la partecipazione transfrontaliera in vari settori
tematici.

I   programmi     europei,    legati    agli     interventi     di    normailizzazione,
semplificazione e di promozione delle tecnologie per l’informazione e la
comunicazione,    sono    tutti   interventi     fondamentali         per   lo   sviluppo
imprenditoriale, ma poco possono senza la promozione di un mercato fluido
e dinamico, caratterizzato da dei bassi costi di entrata e di uscita.

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3.1. Dalla Carta Europea per le Piccole Medie Imprese al Settimo programma
quadro per l’innovazione e la competitività (CIP) 2007 - 2013

L’unione Europea ha sancito l’importanza delle piccole imprese nell’economia
comunitaria, attraverso l’adozione della Carta europea per le PMI, che
riconosce, oltre alle loro piccole dimensioni, le difficoltà che incontrano nel
mercato nazionale che comune.
L’obiettivo della carta consiste nel raccomandare agli Stati membri di
indirizzare i rispettivi sforzi strategici, su dieci linee di azione che rivestono
una particolare importanza nel rendere l’ambiente idoneo allo sviluppo e alla
crescita delle piccole imprese.
Le linee di azione in questione sono dieci e divise in tre pricipali aree
tematiche      che     possono     essere     riassunte   nelle       parole   chiave    di
semplificazione, nuove tecnologie, formazione e maggiore rappresentanza
degli interessi imprenditoriali sia a livello europeo che nazionale.

La semplificazione burocratica e legislativa unita a regimi fiscali favorevoli, è
articolata nei seguenti punti:
     -   Avvio meno costoso e più veloce dell’impresa;
     -   Migliore legislazione e semplificazione di regolamenti, leggi fallimentari
         e documenti amministrativi;
     -   I sistemi fiscali dovranno favorire la crescita e lo sviluppo delle PMI;
     -   Migliorare i servizi in linea per un più celere rapporto fra imprese ed
         amministrazione pubblica;

Il   settore   delle   nuove     tecnologie   è   complesso       e   comprende    sia   il
potenziamento tecnologico che il commercio elettronico, e viene così
articolato:
     -   Promozione di nuove tecnologie facilitando l’accesso ai programmi di
         ricerca e incoraggiando l’incontro fra imprese e centri di ricerca;
     -   eCommerce, inteso come supporto telematico ai servizi per le imprese;

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L’area educativa si muove su due livelli, da una parte incoraggia gli
insegnamenti dedicati all’impresa sia negli studi universitari che secondari,
mentre dall’altra vuole garantire alle imprese una formazione continua e dei
servizi di consulenza adeguati.

In linea con quanto auspicato dalla Carta europea in materia di educazione,
nel 2004 la Commissione ha comunicato il proprio piano di azione “Un
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agenda per l’imprenditorialità”                  avente l’obiettivo di promuovere lo spirito
imprenditoriale a partire dalle scuole secondarie, attraverso la collaborazione
con associazioni di categoria ed imprenditori.
L’ambiente stimolante è sicuramente importante, ma per parlare di crescita e
sviluppo di nuove imprese, sono necessari altri interventi strutturali, fra
questi     l’attenuazione       delle       conseguenze          negative   dell’insuccesso,          la
facilitazione delle cessioni di imprese e la previsione di meccanismi di
protezione sociale per gli imprenditori.
Investire, partire con un progetto di impresa è altamente rischioso, oneroso
dal punto di vista burocratico e fiscale, l’insuccesso non è compreso e
tollerato, tutti elementi che frenano sul nascere l’avvio di nuove imprese.
Al fine di raggiungere un ambiente dinamico, poco oneroso in termini di
entrata ed uscita delle imprese, pronto ad accogliere anche gli imprenditori
che hanno fallito, la Commissione si è posta l’obiettivo di raccogliere
informazioni pratiche sull’individuazione precoce delle difficoltà finanziarie,
sui   motivi     dell’insuccesso        e    sugli    ostacoli    incontrati   dall’impresa      per
riprendere la propria attività. Lo sforzo di rendere il contesto europeo più
dinamico e propenso alla nascita di nuove imprese, viene perseguito dalla
Commissione europea promuovendo l’accesso degli imprenditori di qualsiasi
provenienza, ivi compresi coloro con esigenze specifiche, quali le donne o le
persone che appartengono a minoranze etniche.
La propensione locale e nazionale allo sviluppo imprenditoriale deve essere
legata alla possibilità delle aziende di muoversi liberamente e senza ostacoli

4
 Comunicazione della Commissione (2004) “Piano d’azione: un’agenda europea per l’imprenditorialità”
[COM (2004) 70 def. Non pubblicata sulla Gazzetta ufficiale]

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nel contesto comunitario. In tale ottica la Commissione sostiene lo sviluppo
delle relazioni fra imprese europee, intendendo rafforzare il ruolo delle reti di
sostegno europee costituite dagli Euro Info Center (EIC) e dai Centri di
collegamento ed innovazione (IRC), associandoli fra loro ai Centri di impresa
e innovazione (BIC).

In linea con il processo di Lisbona e con gli obiettivi volti a rendere il mercato
comunitario più competitivo, a fine 2006 la Commissione ha pubblicato il
Programma quadro per l’innovazione e la competitività (CIP) e, considerando
prioritari gli interessi delle PMI, lo ha articolato rendendolo fruibile anche da
parte delle imprese stesse.
Il CIP potenzia le capacità di innovazione, ricerca e sviluppo delle imprese al
fine di consentire laloro celere adattabilità ai cambiamenti, innovando e
ampliando la loro gamma di prodotti e servizi, possibilmente nell’ottica della
sostenibilità ambinetale.

4. Lo small business Act per l’Europa

Lo small business Act, viene pubblicato dalla Commissione Europea il 25
giugno 2008, ed inviato con comunicazione al Consiglio, al Parlamento
Europeo, al Comitato Economico e sociale Europeo e al Comitato delle
Regioni.
L’atto si basa sulla volontà dell’Unione Europea di gestire la transizione verso
un’economia basata sulla conoscenza, possibile solo se gli imprenditori
coglieranno le opportunità della globalizzazione e dall’accelerazione impressa
dai mutamenti tecnologici. Le PMI in questo settore hanno dimostrato di
essere     la   vera   e   propria   forza   trainante   in   tal   senso,   ma   devono
quotidianamente scontrarsi con delle difficoltà concrete ancora presenti, che
impediscono lo sviluppo, la crescita e la loro internazionalizzazione.
Lo Smal Business Act si muove in tal senso, nascendo con l’intento di
migliorare l’approccio politico globale allo spirito imprenditoriale e di ancorare
irreversibilmente il principio “Pensare anzitutto in piccolo” nei processi

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decisionali, nella formulazione delle norme e nel promuovere la crescita e lo
sviluppo delle PMI.
I principi sui quali poggia l’Atto sono dieci, e pensati per guidare la
formulazione e l’attuazione delle politiche rivolte alle Piccole medie imprese
sia a livello statale che europeo.

1. Il primo principio consiste nella volontà di dare vita ad un contesto locale
favorevole per le PMI. Con questo intento si invitano i diversi contesti locali a
dare vita ad un ambiente che gratifichi e stimoli lo spirito imprenditoriale, e
l’interesse di chi lo possiede, semplificando sia l’avvio che la costituzione
dell’impresa.
Nell’imprenditoria si riscontra spesso un’amplia divaricazione sociale raziale e
fra i sessi, il che si traduce in un numero di donne imprenditrici piuttosto
basso ed in una scarsa partecipazione di giovani e immigrati nel settore.
In questo ambito la Commissione si sta impegnando al fine di promuovere la
cultura imprenditoriale attraverso lo scambio di buone pratiche nella
formazione all’impresa, organizzando la settimana europea delle PMI (maggio
2009) e la rete europea di imprenditrici che promuoverà schemi di tuturato
per promuovere lo spirito imprenditoriale fra donne.
L’impegno della Commissione deve essere accompagnato dall’azione effettiva
degli Stati Membri in tal senso che, a loro volta, dovranno promuovere
l’imprenditorialità a partire dalle scuole, intensificando i legami con il mondo
delle imprese e facendo in modo che l’imposizione fiscale non ostacoli la
formazione e il trasferimento delle imprese.
Il sostegno all’imprenditoria dovrebbe tradursi anche in forme di tutoraggio in
diversi ambiti: durante il trasferimento di impresa, a sostegno delle donne
imprenditrici e degli immigrati che desiderino diventare imprenditori, nonchè
supportando gli imprenditori che desiderano internazionalizzarsi.

2. In UE sussiste una forte stigmatizzazione del fallimento che inibisce le
possibilità di riscatto, e di rientro nel mercato, da parte degli imprenditori che
sono falliti. Il tentativo di ripartire è complicato viste le costose e lunghe

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procedure fallimentari (una media fra i 4 mesi e i 9 anni). In tal senso gli
Stati membri dovrebbero limitare ad un anno la durata delle procedure legali
di scioglimento di un’impresa (in caso di bancarotta non fraduolenta) e
consentire lo stesso trattamento di questi imprenditori che ritentano, di quelli
che avviano l’impresa per la prima volta.

3. Con la formulazione di regole conformi al principio “Pensare in piccolo”, la
Commisione intende per lo più una semplificazione del contesto normativo in
vigore. Attualmente le PMI si trovano a dover fronteggiare degli oneri
amministrativi e normativi sproporzionati rispetto a quelli dovuti dalle grandi
aziende, elemento che limita e rallenta molto il funzionamento delle piccole
imprese nel mercato.
Per tale motivo gli Stati dovrebbero impegnarsi maggiormente al fine di
ridurre al minimo spese e gli oneri per le imprese, incentivando una maggiore
consultazione delle associazioni di categoria almeno 8 settimane precedenti
la presentazione di una proposta legislativa o amministrativa. La finalità
consiste dunque nell’introdurre misure flessibili rivolte alle PMI, evitando di
complicarle con adempimenti burocratici inutili.

4. Affinchè le PMI possano operare efficacemente, è necessario vi siano delle
amministrazioni moderne ed efficienti che diano vita all’eGovernment e
semplifichino le procedure atte ad aprire una nuova impresa. Fra gli
interventi auspicabili, la riduzione e semplificazione di licenze e permessi,
evitare di chiedere più volte dati già consegnati, una tempistica di apertura
ridotta. A questo si dovrebbe aggiungere l’istituzione dello sportello unico, un
potale elettronico presso i quali le imprese possano ottenere tutte le
informazioni pertinenti ad espletare le procedure e le formalità necessarie.

5. Agevolare l’accesso delle PMI al credito e sviluppare un contesto giuridico
ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transizioni
commerciali. L’avversione al rischio è un problema radicato in tutti gli Stati
Membri che fa sì che creditori e banche evitino di finanziare aziende appena o

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da poco fodate. Questo limita fortemente la nascita di nuove imprese che per
definizione, difficilmentre dispongono di capitali ingenti.
E’ auspicabile dunque che gli imprenditori vengano formati adeguatamente in
merito ai vantaggi e svantaggi delle varie forme creditizie e sui modi di
presentare i progetti d’investimento a potenziali finanziatori.

6. La Commissione ritiene che al fine di aiutare le PMI a beneficiare delle
opportunità offerte dal mercato unico, sia fondamentale una migliore
governance (interessi meglio rappresentati) ed una rinnovata metodologia di
informazione inerente il Mercato unico. In questo ambito, l’Enterprise Europe
Network potrebbe assistere le PMI fornendo informazioni e consulenze in
merito alle opportunità offerte dal mercato comunitario.
Perseguendo il fine di una maggior efficienza, la Commissione si sta
attivando    nel   promuovere      l’utilizzo   dell’autenticazione    e   della   firma
elettronica, elementi che consentirebbero l’agevolazione (anche attraverso la
riduzione degli oneri amministrativi) del commercio transfrontaliero alle PMI.
L’impegno si completerebbe poi attraverso l’istituzione di una rete di help
desk per le imprese coordinati con i rappresentanti di categoria, grazie alla
pubblicazione sistematica di sommari sulle normative europee ed un accesso
illimitato in più lingue.

7. Un altro settore di interesse dell’atto, consiste nella promozione
dell’aggiornamento continuo delle competenze delle PMI e di ogni forma di
innovazione. Oltre il 60% delle aziende europee ritiene che la scuola non
fornisca le competenze e le specializzazioni richieste dagli imprenditori, che
per lo più viene avvertita come mancanza di specializzazione. Per ovviare a
questa   carenza    la      Commissione    vuole   promuovere     la   mobilità    degli
apprendisti.
Per quanto concerne l’investimento in ricerca ed innovazione, le potenzialità
nel settore non vengono sfruttate, ed è per tale motivo che la Commissione
si sta muovendo al fine di coordinare maggiormante i programmi e le

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iniziative nazionali ed elaborando strategie di clusters (raggruppamento ed
agevolazione all’accesso a nuovi mercati).
Infine, per una maggior pregnanza degli interventi comunitari, si rende
necessario un intervento statale volto a promuovere l’identità elettronica
delle imprese che permette sia la velocizzazione delle pratiche amministrative
e burocratiche, che l’e – ivoicing.

8. Spesso le piccole imprese sono escluse dalle procedure di partecipazione
agli appalti pubblici, per vari motivi: non ne sono al corrente, sono
scoraggiate dalle procedure burocratiche da affrontare o semplicemente
perchè per le autorità pubbliche è più comodo assegnare gli appalti a grandi
aziende di comprovata esperienza, piuttosto che a giovani società innovative.
La Commissione sta agevolando dunque l’accesso all’informazione sulle
offerte di appalto, completando i siti web comunitari e pubblicando
periodicamente un vademecum sugli aiuti di stato alle PMI, aiuti spesso non
conosciuti. L’azione degli Stati invece dovrebbe orientatarsi alla creazione di
portali elettronici che ampliano l’accesso all’informazione sugli appalti publici,
ed   evitando     che   vengano     richieste   qualifiche   e   requisiti   finanziari
sproporzionati.

9. I mutamenti climatici e lo sviluppo sostenibile sono problemi centrali per le
piccole imprese, che però potrebbero sfruttare appieno le opportunità di
questi nuovi mercati verdi per incrementare la loro efficienza energetica o
per lavorare proprio nel settore.
La Commissione si è impegnata a finanziare degli esperti in questioni
ambientali e di efficenza energetica, in seno all’Enterprise Europe Network,
che offre consulenza per le operazioni eco efficienti, le potenzialità di mercato
e le opportunità di finanziamento. Gli Stati dovranno impegnarsi incentivando
le imprese e i prodotti eco efficenti, e facilitando l’accesso al mercato di
imprese operanti nel campo dell’eco-innovazione.

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10. Altro intervento della Commissione consiste nell’incoraggiare e sostenere
le PMI perchè beneficino della crescita dei mercati, superando le barriere
commerciali che ostacolano proprio le PMI a causa della limitatezza delle loro
risorse e della minore capacità di assorbire i rischi. Le PMI necessitano
dunque di informazioni sui potenziali partner e sull’apertura ai mercati
europei. La Emterprie Europe Network facilita questo tipo di operazione
mettendo in contatto sia i paesi candidati che quelli coinvolti nella politica
europea di vicinato.

4.1. Il parere del Comitato delle Regioni sullo Small Business Act

Il Comitato delle Regioni ha accolto con favore l’iniziativa della Commissione
in merito allo Small Business Act riconoscendo l’atto, nonostante non sia
legalmente vincolante, come politicamente vincolante, vista l’importanza
detenuta dalle PMI nell’economia europea. Il Comitato si trova per lo più
d’accordo con quanto scritto dalla Commisione, ma il suo intervento si è
concentrato su alcuni punti, chiedendo una migliore definizione dell’atto.
In primo piano richiede vi sia, nella formulazione delle politiche, una maggior
attenzione alla dimensione locale e regionale parlando di politiche industriali.
Gli enti locali e regionali sono i partner naturali nel fornire supporti di
carattere complementare, per facilitare l’accesso al finanziamento e nel
garantire alle PMI maggiori possibilità di riuscita. Se il livello locale è
adeguatamente preparato e fornito di tutti gli strumenti necessari alle piccole
imprese, esso riuscirà a dare loro delle risposte alle loro esigenze di crescita
e sviluppo, ed il valore aggiunto prodotto si potrà riscontrare anche a livello
nazionale ed europeo.
Per tale motivo il Comitato delle Regioni, che per definizione da voce agli Enti
Locali, incoraggia l’istituzione dei forum consultivi in cui far convergere gli
interessi degli enti locali e delle imprese, migliorando così le consultazioni,
volte a rispondere alle necessità delle imprese. Ai forum sarebbe auspicabile
legare una stretta cooperazione con le agenzie pertinenti in questi ambiti, al
fine di coordinare un migliore accesso all’informazione, una fomazione

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continua e degli sportelli unici. Lo sportello Unico dovrebbe essere facilmente
identificabile, vicino ed accessibile, con capacità e competenza tali da essere
in grado di rispondere alle richieste di informazine delle PMI in ogni fase del
loro sviluppo.

Partendo dall’istruzione, il Comitato delle Regioni ritiene sia fondamentale
partire dalla scuola per sviluppare un dialogo con gli imprenditori e per
promuovere l’imprenditorialità.
La scuola offre un importante punto di partenza               per la creazione di un
contesto positivo, al quale dovrebbe aggiungersi poi una maggior attenzione
alle esigenze dei giovani, alle minoranze, agli imprenditori anziani ed infine
agli imprenditori migranti che a loro volta dovrebbero essere distinti fra
provenienti da uno stato membro e da un paese terzo.

Per quanto concerne il migliore accesso al credito, il Comitato ha esotato la
Commissione e gli Stati Membri ad attuare degli interventi concreti,
soprattutto per quanto riguarda il settore bancario, affinchè consideri le
difficili condizioni in cui operano le PMI.
La raccomandazione è dunque così ripartita:
   a. Una maggiore trasparenza fra banche e PMI;
   b. Combinazione di capitale di prestito e capitale netto;
   c. Aumento del volume dei finanziamenti tramite cartolizzazioni;
   d. Facilitazione degli investimenti transfrontalieri di capitali di rischio;
   e. Migliore regolamentazione del microcredito;
   f. Semplificazione del regime IVA, attraverso il riesamino statele della
       propria   politica   fiscale,   al   fine   di   migliorare   le   condizioni   di
       reinvestimento dei profitti nelle società, il flusso di cassa e il
       trasferimento di impresa.

La qualità dell’azione delle PMI è auspicabile solo attraverso una migliore
regolamentazione, attuabile attraverso:
   a. L’eliminazione degli appesantimenti burocratici inutili;

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b. Considerando l’età avanzata di molti imprenditori, si auspica la
      rimozione di barriere che ostacolano il trasferimento di impresa in
      breve tempo;
   c. Attuare concretamente la proposta della Commissione che chiede di
      limitare ad un anno la durata delle procedure giuridiche per lo
      scioglimento delle aziende;
   d. Viste le ingenti spese di assicurazione obbligatorie a carico delle PMI,
      le quali comportano un onere che potrebbe ostacolare lo sviluppo, il
      Comitato chiede a Commissione e Strati di cooperare maggiormaente
      con le compagnie assicuratuive, al fine di rispondere ai problemi degli
      imprenditori, in tal senso.

Per una maggiore agevolazione all’accesso ai mercati da parte delle piccole
imprese, sono necessari alcuni interventi, così formulati:

   a. Gli Enti locali e regionali possono agevolare considerevolmente la
      crescita transfrontaliera delle PMI, mettendo a disposizione i dati di cui
      hanno bisogno per operare a livello internazionale (quadri normativi e
      obblighi,   legislazione   fiscale,   procedure    oer   la   risoluzione   delle
      controversie) ed offrendo un annesso servizio di consulenza in tal
      senso.
   b. Favorire    l’aggregazione      delle    piccole    imprese       in   clusters,
      raggruppamenti che, oltre a favorire lo scambio di conoscenze, la
      diffusione delle tecnologie e l’adozione di modelli imprenditoriali più
      efficenti, rafforzano la capacità singola delle PMI di competere a livello
      internazionale.

Spesso le aziende di piccole dimensioni sono escluse dalla partecipazione agli
appalti pubblici, per tale motivo il Comitato, in accordo con le linee guida
individuate dalla Commissione, raccomanda:

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a. alla Commissione e agli Stati membri di mettere a punto un quadro di
      riferimento più trasparente che consenta l’apertura del mercato degli
      appalti UE offrendo maggiori opportunità alle PMI;
   b. La messa a disposizione delle PMI di informazioni più ampie sulle
      opportunità esistenti nel mercato degli appalti pubblici;
   c. Un utilizzo diffuso di questionari di preselezione, i quali riducono il
      lavoro necessario per riformattare le stesse informazioni in gare
      successive;
   d. Un maggiore utilizzo delle procedure di appalto elettroniche (e-
      procurement) che velocizzerebbe le procedure.

5. Crisi economica ed indirizzi europei

Dall’autunno scorso la crisi finanziaria interessa l’intero sistema mondiale,
europeo e nazionale, coinvolgendo sia la finanza che l’economia reale,
elemento dimostrato dai tassi di crescita del 2008 che, improvvisamente, si
sono trasformati in dinamiche fortemente regressive. Fra i paesi UE, l’Italia è
caratterizzata da una flessione dei consumi delle famiglie, degli investimenti
e da un calo delle esportazioni.
L’Unione Europea ha previsto che nel 2009 il PIL diminuirà del 1.8%, con un
leggero miglioramento dl 0.5% nel 2010, prevedendo comunque che i
consumi e gli investimenti pubblici attenueranno gli effetti.
La Banca d’Italia stima una flessione del PIL italiano del 2% con una crescita
moderata nel 2010 dello 0.5% , registrano dunque una minor crescita
rispetto alla media europea.
La recessione, che si prevede durerà fino al 2010, impatterà pesantemente
anche sui conti pubblici, in conseguenza alla prevedibile caduta delle entrate
tributarie ed un peggioramento del rapporto fra deficit e PIL.
Ancora una volta l’Italia, considerando il suo elevato debito pubblico, sarà
fortemente penalizzata da questa situazione, fra disavanzi crescenti e
recessione.

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5.1. L’Unione Europea di fronte alla crisi economica (gennaio – marzo 2009)

La situazione di crisi si sta riversando in modo preoccupante sulle imprese
che, vista l’assenza di liquidità nel mercato, si trovano in difficoltà persistente
di accesso al credito. E’ questa la preoccupazione che emerge chiaramente
dalle notizie delle Istituzioni europee e, il giorno 22 gennaio 2009, da parte di
Erochembres (l’Associazione delle camere di commercio e dell’industria
europee) ed UEAPMI (l’Associazione europea dell’artigianato e delle piccole
medie imprese).
Durante la giornata del 22 gennaio, lo stesso vice presidente della
Commissione, Günter Veheugen, vista la difficoltà di accesso al credito
riscontrata dalle imprese, ha fato appello al senso di responsabilità del
settore bancario, considerando il ruolo fondamentale rivestito da questi
istituti, nell’economia. A causa della crisi, i prestiti sono diventati sempre più
pesanti e la disponibilità di denaro è diminuita, fattori che impediscono alle
PMI di finanziare i propri investimenti e di proseguire nella propria attività
ordinaria. Attualmente infatti, il 30% delle PMI ha problemi di liquidità e per
un quarto di queste, la causa è dovuta ai rifiuti da parte delle banche.
Vista la situazione congiunturale, la Commissione accoglie positivamente gli
interventi pubblici operati in tal senso, ma ritiene fondamentale un maggior
intervento per facilitare l’accesso ai finanziamenti.
Interessante è il dato che dimostra come gli Stati con un maggior numero di
Banche Cooperative e Casse di risparmio, subiscano meno la penuria di
liquidità, in quanto fondano le loro riserve sui conti di risparmio. In questo
modo, le banche decentrate, riescono a fornire un maggior appoggio alle PMI
che a loro volta necessitano di prestiti per proseguire nella loro attività.
Il Comitato economico e sociale europeo, il 22 e 23 gennaio 2009, ha
affrontato la questione di come ricostruire l’economia sociale di mercato
europea, considerando la situazione finanziaria attuale. Dall’incontro è
emersa molto chiaramente la necessità di rilanciare urgentemente gli
investimenti di medio lungo termine, al fine di dare nuovo slancio
all’economia europea ed internazionale. Ancora una volta, risulta essere

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centrale il ruolo delle banche che, rifiutandosi di concedere prestiti non
sostengono il potere di acquisto, e non facilitano la ripresa.
Il giorno 11 febbraio 2009, anche Josè Manuel Barroso ritorna sulla crisi
economica dicendo che “in un periodo di crisi, alcuni si ripiegano sulla propria
regione, il proprio gruppo, il proprio paese, pensando sia la cosa giusta, ma
ciò comprende un rischio di spirale discendente”. Imparando dal passato,
questo atteggiamento non dovrebbe essere riprodotto ed è cosi che, a
maggior ragione, è importante coordinare le proprie azioni al fine di
conseguire un maggior vantaggio comune e non provocare un effetto indotto
negativo nei nostri vicini.
Sicuramente per gli Stati membri dell’Unione Europea, possedere una
moneta unica ed un mercato comune, sta significando risentire in modo
minore gli effetti della crisi, ma è solo adottando delle decisioni comuni che
gli Stati potranno uscire dalla crisi con i minori danni possibili. Risulta essere
necessario dunque, un coordinamento a livello europeo che esorta a prendere
delle decisioni politiche comuni in materia di investimenti. Anche Andrea
Benassi, il rappresentante delle PMI europee ha esortato una posizione
comune in questa materia, ricordando che l’economia europea si basa
ampiamente sulle PMI le quali, nonostante fino ad ora abbiano reagito
realtivamente bene, a breve potrebbero aver bisogno di accesso al credito.

Considerando che la zona euro è l’unico mercato al mondo che non dispone
di un governo centrale, è indispensabile rispettare rigorosamente le regole
del patto di stabilità e di crescita. La situazione di crisi richiede vengano
adottati degli interventi a livello statale che, per essere efficienti, non
dovranno distaccarsi troppo dal patto di stabilità, ma soprattutto dovranno
definire in parallelo una strategia post crisi volta a riassorbire il deficit il
prima possibile, affinchè gli aumenti del debito pubblico siano solo provvisori.
Dalle discussioni a livello europeo, è emerso che le norme del mercato unico
saranno rispettate, vista l’impossibilità e l’assurdità del protezionismo
all’interno del Mercato unico. La profondità della crisi e i legami reciproci fra
le diverse economie, condannano all’insuccesso le soluzioni limitate ai soli

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stati membri, poichè ogni paese da solo è troppo debole per affrontare e
risolvere la crisi.
Il   presidente       della   Banca   Centrale   europea,   in   linea   con   queste
considerazioni, auspica che venga concepita una politica di bilancio che non
stimoli la domanda a breve termine, ma che incoraggi gli adeguamenti
strutturali a lungo termine.
I problemi maggiori si possono riscontrare nelle relazioni con i paesi terzi,
che non sono legati nè alle norme del mercato unico, nè ai poteri di istituzioni
sovranazionali, problemi ovviabili con la reciprocità e la sorveglianza.

Il Presidente della Businesseurope Ernest – Anoine Seillière, in una lettera al
ministro ceco Mirek Topolanek ha elencato quattro priorità di azione, volte a
fronteggiare la crisi:

           1. migliorare l’accesso delle imprese ai finanziamenti;
           2. attuare misure effettive di rilancio;
           3. accellerare le riforme;
           4. resistere alle forme di protezionismo;
           5. chiede piena attuazione del piano europeo di rilancio (in
               particoalre 5 miliardi di euro) per finanziare le interconnessioni
               energetiche ed internet ad alto flusso.

Prima della crisi finanziaria, i dati del 2008 dimostravano che il gap
innovativo fra Unione Europea – USA e Giappone si è ridotto grazie
all’attivismo dimostrato dai nuovi Stati membri, in particolare di Cipro,
Bulgaria e Romania, nonostante gli investimenti operati in tal senso dalle
imprese europee, rimangano deboli.
I dati evidenziavano come vi sia stato un miglioramente di alcune vecchi stati
membri, fra i quali Germania, Danimarca, Finlandia, Regno Unito e Svezia,
accostato ad un incremento al di sotto della media di Italia, Spagna, Grecia,
Estonia e Repubblica Ceca.

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Considerando questi dati e vista la situazione di crisi economica mondiale, la
Commissione il giorno 23 gennaio 20095, ha richiesto di affrontare il sotto
investimento persistente delle imprese europee, in materia di innovazione,
mediante un sostegno pubblico alle ditte innovative.
Questa necessità di investimento in ricerca e sviluppo era stata ripresa anche
durante l’ultima sessione del Consiglio (16 febbraio 2009) “Istruzione,
gioventù e cultura” durante la quale è stato ribadito come i giovani siano la
parte      della    popolazione      più   vulnerabile      al   degrado   della   situazione
economica,          ma     anche      coloro     che      contribuiscono   stabilmente     al
conseguimento della Strategia di Lisbona. Il Consiglio in questa occasione ha
chiesto ai propri Stati membri di intensificare gli sforzi per migliorare la loro
situazione, considerando che nella fascia d’età in questione vi è un alto tasso
di disoccupazione, una durata limitata dei contratti, delle cattive condizioni
occupazionali. Queste cattive caratteristiche contestuali non stimolano e non
rafforzano nè la creatività dei giovani, nè il loro spirito di impresa, per tale
motivo solo gli Stati possono far qualcosa per dare vita ad un contesto
sereno.

La crisi non è facilmente risolvibile, gli interventi da attuare sono molteplici
ed attraversano sia il settore economico – finanziario che quello sociale, ma
indipendentemente dalle politiche attuabili, si è delineata chiaramente la
necessità degli stati di lavorare insieme, nel rispetto del patto di stabilità e
dei principi del mercato unico.

5.2. Quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di
Stato a sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi
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finanziari

La Commissione europea il 17 dicembre 2008 ha adottato una comunicazione
finalizzata a sostenere l’accesso al finanziamento delle imprese, nell’attuale

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    Bulletin Quotidien Europe, 23 gennaio 2009
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    Comunicazione delle Commissione, COM (2009/c 16/01)

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crisi economica. Le misure saranno temporanee e più favorevoli, rispetto a
quelle normalmente in vigore in materia di aiuti di Stato, considerando che la
crisi finanziaria ha avuto un duro impatto nel settore bancario europeo. Il
sistema delle misure si basa sulla considerazione che, l’accesso alle finanze è
una precondizione naturale per gli investimenti, la crescita e la creazione di
nuovi posti di lavoro. In questo gli Stati sono fondamentali nel supportare
l’economia in generale ed il settore bancario che, vista la stretta creditizia, si
cautela riducendo di molto il debito di rientro ma, in questo modo, il
problema si riversa anche sulle imprese che per funzionare hanno bisogno di
liquidità.
Ogni Paese ha dovuto quindi stilare una previsione delle misure che
intendono essere adottate per superare la crisi, per poi presentarle al fine di
essere coordinate a livello europeo.
La   necessità   di   un   intervento    della   Commissione     nell’ottica   del
coordinamento, è dovuto ai primi segnali di miopia degli Stati che avevano
dato sentore di muoversi autonomamente, considerando solo i propri confini
nazionali. A seguito dell’intervento comunitario, gli Stati membri hanno
richiesto una maggiore flessibilità nella scelta degli strumenti atti a
fronteggiare la crisi, ed è così che la Commissione ha risposto adottando un
quadro di riferimento temporaneo sul quale basarsi nell’adozione delle misure
che, a loro volta, dovranno essere approvate a livello europeo.

Il piano di ripresa   si fonda su misure a breve termine, per rilanciare la
domanda e mantenere posti di lavoro, e su investimenti a lungo termine atti
a garantire una maggiore prosperità sostenibile. Nell’ottica della ripresa gli
Stati dovranno evitare di agire individualmente in quanto rischierebbero di
danneggiare gravemente il mercato interno. Gli aiuti dovranno dunque essere
erogati in modo da garantire condizioni di parità fra le imprese europee, in
linea con le politiche di concorrenza.
L’accesso ai finanziamenti è una condizione indispensabile per l’investimento
e la crescita, per tale motivo gli Stati sono invitati a sostenere il settore
bancario in quanto erogatore di prestiti alle imprese. Il problema maggiore

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