Le fonti del diritto aeronautico
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Le fonti del diritto aeronautico Nozioni introduttive Il diritto della navigazione è dato dall’insieme delle norme che regolano la materia della navigazione: sia essa marittima, interna (cioè quella esercitata su fiumi, canali e laghi) od aerea. La navigazione è qualificata dai mezzi con i quali si attua (nave, aeromobile, veicolo spaziale); dall’ambiente nel quale si svolge (mare, acque interne, spazio atmosferico, spazio extra-atmosferico), dalle finalità che con essa si perseguono (private, pubbliche, commerciali, di ricerca, di diporto). Si precisa che l'attività del navigare è di tipo civile e non militare perché la navigazione militare (marittima e aerea) non rientra nell'ordinamento giuridico della navigazione. Il termine "navigazione" è generale e si riferisce a ogni attività che ha come obiettivo l'utilizzo del mezzo aereo (o nave); anche il termine "aeromobile" va ampliato distinguendo gli aeromobili da trasporto pubblico, lavoro aereo e turismo. L'espansione del concetto di navigazione aerea porta a considerare anche l'ambiente operativo, cioè lo spazio aereo. Non si può ignorare inoltre l'infrastruttura, che insiste su un'area specifica destinata alle operazioni di decollo e atterraggio, sosta e ricovero degli aeromobili, cioè l'aeroporto. L'espandersi del trasporto aereo ha avuto conseguenze in campo internazionale, per cui attualmente il diritto aeronautico non è solo diritto interno, ma anche diritto internazionale. Si pensi alle condizioni di aeronavigabilità degli aeromobili, all'abilitazione degli equipaggi, alla sicurezza della circolazione aerea e alle assicurazioni obbligatorie. In base a queste considerazioni si comprende la giusta collocazione del diritto aeronautico; a differenza di altre discipline giuridiche, esso non è solo diritto interno e nemmeno diritto internazionale privato, bensì anche diritto internazionale pubblico e diritto pubblico comunitario poiché, oltre a disciplinare i rapporti tra i privati, regolamenta anche quelli tra gli Stati. Le fonti del diritto della navigazione Per quanto riguarda le fonti del diritto della navigazione aerea l'art. 1 del codice della navigazione statuisce: "In materia di navigazione marittima, interna e aerea si applicano il presente codice, le leggi, i regolamenti, le norme corporative e gli usi ad essa relativi. Ove manchino disposizioni del diritto della navigazione e non ve ne siano di applicabili, si applica il diritto civile". Il diritto civile, o per meglio dire quello comune, quindi, sarà applicabile in questa materia solo se non vi siano norme speciali applicabili al caso e non sia neppure possibile fare ricorso al procedimento analogico. Quello indicato nella normativa non è un elenco tassativo e definitivo; a complicare la materia c'è il fatto che, come si è detto, essendo la navigazione (marittima e aerea) non confinata entro i limiti dello Stato, bisogna tener conto delle fonti internazionali alle quali le legislazioni nazionali spesso si sono ispirate. Dato che l'art. 1 del codice della navigazione aerea sopra riportato contiene un elenco di fonti, ma non stabilisce la loro gerarchia, questa va desunta utilizzando i criteri generali. Come per le fonti del diritto in generale, anche per il diritto aeronautico le fonti si distinguono in primarie e secondarie. Le fonti primarie sono subordinate solo alle fonti costituzionali, mentre le fonti secondarie sono subordinate alle leggi e operano nell'ambito di esse. II codice della navigazione Il codice della navigazione, promulgato con R.D. n. 327 del 30.3.1942, e successivamente modificato, costituisce ancora oggi il corpo fondamentale della normativa vigente, e prevede: a) norme comuni alla navigazione marittima e aerea; b) norme riservate esclusivamente alla navigazione marittima; c) norme riservate esclusivamente alla navigazione aerea. Esso è ripartito come indicato di seguito. 1. Primi 14 articoli, che costituiscono le disposizioni preliminari, trattano delle fonti del diritto della navigazione e dei limiti di efficacia delle relative norme nello spazio. Varie disposizioni indicano la legge regolatrice delle categorie di atti e rapporti attinenti alla navigazione. 2. La prima parte (artt. 15-686) riguarda la navigazione marittima e interna, ed è divisa in quattro libri (Ordinamento amministrativo della navigazione, Proprietà e armamento della nave, Obbligazioni relative all'esercizio della navigazione, Disposizioni processuali). 3. La seconda parte (artt. 687-1079) riguarda la navigazione aerea ed è divisa in quattro libri:
a) il primo libro comprende l'ordinamento amministrativo della navigazione aerea (artt. 687-847) e tratta degli organi e dei beni pubblici relativi alla navigazione aerea; b) il secondo libro tratta della proprietà e dell'esercizio dell'aeromobile (artt. 848-938) e analizza la costruzione dell'aeromobile, la proprietà dell'aeromobile, l'impresa della navigazione, il contratto di lavoro del personale di volo; c) il terzo libro riguarda la disciplina delle obbligazioni relative all'esercizio della navigazione (artt. 939-1037) nascenti da contratti di utilizzazione dell'aeromobile o da responsabilità per i danni a terzi sulla superficie e per i danni da urto o da soccorso, e affronta inoltre il tema delle assicurazioni, dei privilegi e delle ipoteche; d) il quarto libro tratta delle disposizioni processuali (artt. 1038-1079). 4. La terza parte (artt. 1080-1087) riguarda le disposizioni penali e disciplinari ed è suddivisa in due libri. 5. La quarta parte (artt. 1266-1331) tratta delle disposizioni transitorie e complementari. Per i suoi contenuti il codice della navigazione presenta alcune caratteristiche peculiari: E’ Speciale: perché le sue norme riguardano espressamente la materia della navigazione e non possono essere derogate da quelle del diritto civile, penale, amministrativo o di altri tipi di diritto. Infatti alcune norme contengono istituti tipici del diritto della navigazione e completamente ignoti al diritto comune (es. la contribuzione alle avarie comuni); altre integrano la disciplina del diritto comune; altre derogano alle norme del diritto comune (es. la disciplina della locazione di nave differisce notevolmente dalla locazione in generale); altre, infine, sono in antitesi con i principi fondamentali del diritto comune (es. la limitazione del debito dell’armatore o esercente contrasta con il principio della responsabilità patrimoniale dell’art. 2740 C.C). E’ Unitario: In quanto organico sistema di norme comune ai vari tipi di navigazione: Marittima, fluviale, aerea. E’ Autonomo: data l’esistenza di un insieme di norme separato dal codice civile. Solo quando non vi siano norme di diritto speciale applicabili, nemmeno per via analogica, si applicano in ultima istanza le regole del diritto Comune (o codice civile). Il D.lgs. n. 96 del 9.5.2005 ha compiuto la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione che, in seguito all'evoluzione tecnica e allo sviluppo della normativa internazionale e comunitaria degli ultimi decenni, si presentava in larga parte superata. La riforma è stata completata dal D.lgs. n. 151 del 15.3.2006, correttivo e integrativo di quello precedente. La riforma si è riferita anzitutto alla parte organizzativa della navigazione aerea (organi amministrativi, servizi della navigazione aerea, aerodromi, gestioni aeroportuali, assistenza a terra, personale aeronautico, aeromobile, servizi aerei, polizia della navigazione, atti di stato civile, navigazione da turismo e con alianti) ma ha riguardato anche gli aspetti privatistici, tra i quali il rilevante settore dei contratti di utilizzazione dell'aeromobile. Le leggi e i regolamenti Le nozioni di legge e di regolamento sono state già precedentemente trattate: queste comprendono le leggi formali approvate dal parlamento, le leggi sostanziali emanate dal governo (decreti), le leggi Regionali. Qui ci si soffermerà ad analizzarle unicamente nell'ambito del diritto aeronautico. Tra le leggi speciali assumono particolare importanza quelle che recepiscono le numerose convenzioni internazionali. Queste, per diventare parte del nostro ordinamento giuridico, devono essere recepite dal Parlamento tramite una legge: costituiscono, quindi, norme interne che hanno carattere di specialità rispetto alla normativa di diritto comune. Le più importanti fonti secondarie del diritto della navigazione sono i regolamenti distinti, in base agli organismi che li emanano, in: - regolamenti governativi; - regolamenti ministeriali; - regolamenti emanati da enti propri dell'amministrazione della navigazione (es., direttori di aeroporto, ENAV). Le norme corporative e collettive Le corporazioni sono organismi sorti con gli ordinamenti dei comuni medievali e diretti attraverso pratiche di solidarietà a tutelare le attività e gli interessi dei consociati. In Italia durante il periodo fascista l'ordinamento corporativo trovò attuazione solo con la legge n. 163 del 5.2.1934. Le singole corporazioni avevano funzioni consultive, conciliative e normative; queste ultime consistevano nell'emanazione delle cosiddette ordinanze corporative, con le quali le corporazioni avevano la fa- coltà di regolare la disciplina dei rapporti di lavoro. L'intero ordinamento corporativo fu soppresso nel 1944. Le norme collettive ovvero i contratti collettivi sono degli accordi stipulati tra le organizzazioni dei datori di lavoro da una parte, e dei lavoratori dall'altra, per fissare le regole generali del rapporto di lavoro. Queste regole concordate riguardano il trattamento economico, l'orario di lavoro, la garanzia del posto di lavoro, l'organizzazione dell'attività sindacale ecc.
Usi e consuetudini L’uso o la consuetudine consiste nel costante ed uniforme comportamento, prolungato nel tempo, a cui si attribuisce valore giuridicamente vincolante. La consuetudine disciplina le materie non espressamente regolate da leggi e regolamenti. Quando assume la funzione di colmare vuoti di legge e di regolamenti, viene chiamata “praeter legem”, cioè al di fuori della legge (Es. I bollettini NOTAM / AIP di informazione e regolazione del traffico aereo emessi dalle autorità aeronautiche sono vincolanti per tutti). Nelle materie regolate dalla legge, invece, l’efficacia della consuetudine è subordinata al richiamo della legge stessa. In questo caso è detta “secundum legem” e il rinvio alla stessa esprime la volontà del legislatore di attribuire alla consuetudine una precisa posizione gerarchica. Il richiamo alla consuetudine non crea la consuetudine, ma la assume come fonte statale ed aggiunge effetti che di per se non avrebbe (es. in materia di noleggio di trasporti la consuetudine locale, richiamata dal codice, prevale sullo stesso codice civile). Il codice della navigazione richiama frequentemente l'uso, soprattutto per l'eventualità in cui manchino norme corporative e/o collettive. È da osservare, infine, che il richiamo all'uso presente nell'art. 1 del codice della navigazione fa sì che esso acquisti nella disciplina speciale un posto gerarchicamente superiore a quello che occupa normalmente nel diritto comune; infatti secondo quest'articolo l'applicazione della consuetudine precederà il ricorso al diritto comune. L’analogia L’analogia è il ricorso ad una norma relativa a casi simili o materie analoghe a quella da regolare. Il ricorso ad una legge analoga prevale sul ricorso al diritto comune. Il ricorso alle norme che disciplinano altri settori della navigazione si effettua estendendo per esempio una norma della navigazione marittima a quella aerea, quando sussiste piena identità. Il ricorso all’analogia è circoscritto al campo specifico del sistema del diritto della navigazione. Non è consentita l’applicazione analogica delle norme penali o eccezionali, né delle norme corporative. II diritto comune Come previsto dall'art. 1 del codice della navigazione, quando vi sono delle lacune nella normativa speciale e non si può applicare a questa il procedimento analogico (cioè non vi siano le nonne speciali applicabili), si ricorrerà al diritto comune, cioè alle norme di diritto amministrativo, privato, processuale, internazionale, penale che costituiscono la normativa generale. Questo accade, per esempio, per i contratti di lavoro del personale di volo o per la disciplina sui privilegi e le ipoteche. Accade talvolta che il richiamo alla disciplina generale venga effettuato direttamente dalla disciplina speciale (es., l'art. 861 cod. nav. afferma: "In quanto non sia diversamente stabilito gli aeromobili sono soggetti alle norme sui beni mobili”). Le Convenzioni Internazionali La necessità di dover enunciare norme dirette a fornire garanzia sulla sicurezza dei mezzi di trasporto (nonché dei terzi al suolo) e regolarne l'ingresso e la circolazione nel territorio soggetto alla sovranità dei vari Stati è un'esigenza prioritaria. I veicoli aerei, infatti, hanno la possibilità di accedere al territorio soggetto alla sovranità di qualsiasi Stato attraverso lo spazio aereo sovrastante in cui non esistono vie materialmente obbliganti, né barriere, né posti di confine. Affinché si possano realizzare tali garanzie è necessario che tutti gli aeromobili operino sempre in condizioni di massima efficienza; pertanto, fin dall'inizio, i singoli Stati regolamentarono la costruzione, l'esercizio e la circolazione dei mezzi di trasporto aereo. Se si tiene conto del fatto che l'aviazione è nata quando le costruzioni, l'esercizio e la navigazione in campo marittimo erano da tempo sviluppati, si comprende perché la regolamentazione aeronautica abbia seguito, ove possibile, la strada tracciata dalla regolamentazione navale e ne abbia ricalcato i principi informativi, adottandone le norme. In costante parallelismo con la navigazione marittima, furono stabilite le regole della navigazione aerea, furono stipulati accordi internazionali, sorsero enti e istituti di controllo in tutto simili, al fine di soddisfare le esigenze di sicurezza; spesso le regole della navigazione aerea furono addirittura coincidenti con quelle della navigazione marittima. L'importanza di queste fonti del diritto è facilmente desumibile dalla particolarità della materia, la quale più che in altri settori coinvolge interessi economici, giuridici e politici di Stati diversi. Per evitare che ogni nazione regolamenti in modo differente i vari istituti giuridici, i Governi (ma anche enti privati comprendenti soggetti di tutto il mondo) fin dagli inizi del Novecento hanno stipulato convenzioni internazionali volte a uniformare i rapporti in materia di navigazione aerea. Si ricorda che le convenzioni internazionali vengono rese esecutive in Italia mediante un ordine di esecuzione contenuto in una legge detta di ratifica. La normativa contenuta nella convenzione assume così, sotto il profilo della gerarchia delle fonti, la forza della legge ordinaria.
La normativa dell’Unione Europea Tra le fonti del diritto della navigazione va pure inclusa la normativa prodotta dall'Unione Europea. La mobilità di persone e merci proprie di un mercato comune richiedeva necessariamente l'introduzione almeno di alcuni elementi di una politica comune dei trasporti. La realizzazione degli obiettivi che la Comunità (ora Unione europea) si era prefissata implicava inoltre un sistema di trasporti non costoso e ben coordinato, che rispondesse ai bisogni del rapido espandersi del commercio interno all'area comunitaria, e l'esclusione di interventi governativi non coordinati tra Stato e Stato che potessero provocare sensibili distorsioni nei flussi commerciali. La politica comune dei trasporti, avente per oggetto trasporti ferroviari, su strada e per vie navigabili (art. 100 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea), persegue tre obiettivi: — l'eliminazione degli ostacoli che i trasporti possono frapporre alla realizzazione del mercato interno e, quindi, soppressione delle discriminazioni di prezzo e di condizioni di trasporto (art. 95 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea); — l'integrazione all'interno dell'Unione europea dei trasporti, con conseguente abolizione delle discri- minazioni tra i trasportatori (ciò riguarda la libera circolazione delle persone e dei servizi); — l'organizzazione generale dei trasporti nel quadro dell'Unione europea, con una politica tariffaria comune e un coordinamento in materia d'investimenti in infrastrutture. In materia di rimozione degli ostacoli, che sembrò il problema più urgente, nel giugno del 1960 il Consiglio adottò il regolamento n. 11/60, tuttora vigente, che ha ribadito il divieto, già posto dal trattato, di praticare prezzi e condizioni differenti in relazione al paese di origine o di destinazione dei prodotti trasportati per le stesse merci. Nel trasporto aereo solo a partire dagli anni ’90 si è avviato un processo di liberalizzazione di tariffe per passeggeri e merci, dei voli charter e dei voli a nolo con la prospettiva di migliorare le condizioni di offerta, la concorrenza e la qualità dei servizi. Gli atti normativi della UE sono: i Regolamenti, le Direttive e le Decisioni, e sono considerati fonti di diritto, poiché producono effetti giuridici nel nostro ordinamento. Regolamento: ha portata generale, esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. I regolamenti sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della CE ed entrano in vigore alla data in essi stabilita. In mancanza della data dal ventesimo giorno dalla pubblicazione. La Direttiva: vincola lo Stato membro, cui è rivolta, al raggiungimento degli obiettivi, lasciando alla competenza degli organi nazionali la scelta della forma e dei mezzi. La Decisione: è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati10: singoli cittadini, singole imprese e singoli Stati membri. Una sentenza della Corte Costituzionale ha dato alla decisione la stessa efficacia dei Regolamenti. Raccomandazioni e pareri: sono atti normativi comunitari, non vincolanti diretti sia agli Stati membri che ai singoli cittadini. Le direttive e le decisioni sono notificate ai loro destinatari ed hanno efficacia in virtù di tale notifica (art. 191 Trattato di Roma).
Il regime giuridico dello spazio aereo Lo spazio aereo Lo spazio aereo è l'elemento essenziale per l'attività di navigazione; si comprende pertanto come questo debba essere oggetto di un'approfondita regolamentazione giuridica. I problemi che nel tempo sono sorti al fine di una definizione e regolamentazione sono dovuti principalmente al fatto che lo spazio atmosferico non ha confini naturali. Sotto il profilo strettamente giuridico, lo spazio aereo deve essere sottoposto contemporaneamente al diritto aeronautico di ciascuno Stato e al diritto internazionale aeronautico. Dal punto di vista storico, la prima trattazione internazionale sull'argomento risale al Congresso internazionale di Verona del 1910. Da allora si sono susseguite varie interpretazioni, fino all'affermazione del diritto dello Stato al controllo dello spazio aereo ad esso sovrastante, e quindi alla sovranità statale sullo spazio aereo. I confini dello spazio aereo risultano pertanto confini giuridici e non naturali. La sovranità dello Stato si estende alla colonna d’aria compresa nei confini dello Stato e nel mare territoriale, sino ad un‘altezza compresa tra gli 80 e i 100 km, la c.d. troposfera, dove cessa la reazione dell’aria ed il volo è possibile solo mediante la forza centrifuga. II regime giuridico dello spazio aereo è attualmente regolato prevalentemente dalla convenzione di Parigi del 1919, dal codice della navigazione che di fatto si è ad essa ispirato e dalla convenzione di Chicago (1944). In queste normative viene sancito il principio della piena ed esclusiva sovranità di ogni Stato sullo spazio aereo che sovrasta il proprio territorio e il mare territoriale (quest’ultimo è compreso entro le 12 miglia marine dalla costa lineare o di 24 miglia in caso di golfi, seni baie), contemplando la possibilità di transito inoffensivo di aeromobili stranieri. Secondo il codice della navigazione (art. 3) lo spazio aereo che sovrasta il territorio nazionale e il relativo mare territoriale sono soggetti alla sovranità dello Stato. In caso di violazione della sovranità relativa allo spazio aereo, si applica il protocollo di Montreal del 10 maggio 1984; questo impone agli Stati contraenti il divieto di ricorrere all'impiego delle armi contro aerei civili in volo, stabilendo che, in caso di intercettazione, la vita delle persone che si trovano a bordo e la sicurezza degli aeromobili non devono essere in pericolo. Lo stesso protocollo riconosce agli Stati contraenti il diritto di esigere l'atterraggio, in un aeroporto designato, di un aeromobile civile di un altro Stato contraente che non abbia diritto a sorvolare il territorio, per possibili controlli e ispezioni anche di carattere doganale o sanitario. La legge a bordo degli aeromobili Nell'art. 4 del codice della navigazione si afferma che le navi e gli aeromobili italiani sono considerati in territorio italiano qualora si trovino in un luogo non soggetto alla sovranità di alcuno Stato. Inoltre, per la cosiddetta legge di bandiera, "gli atti e i fatti compiuti a bordo di una nave o di un aeromobile nel corso della navigazione in luogo o spazio soggetto alla sovranità di uno Stato estero sono regolati dalla legge nazionale della nave o dell'aeromobile in tutti i casi nei quali, secondo le disposizioni sull'applicazione delle leggi in generale, dovrebbe applicarsi la legge del luogo dove l'atto è compiuto o il fatto è avvenuto. La disposizione del comma precedente si applica agli atti e ai fatti compiuti a bordo di una nave o di un aeromobile di nazionalità estera nel corso della navigazione in luogo o spazio soggetto alla sovranità dello Stato italiano, sotto condizione di reciprocità da parte dello Stato al quale la nave o l'aeromobile appartiene" (art. 5 cod. nav.). Tutti gli avvenimenti di particolare importanza devono essere annotati dal comandante sul giornale di bordo e lo stesso comandante dovrà consegnare gli atti, le denunce, le querele, i rapporti o le persone in stato di fermo nell'aeroporto di primo approdo alle autorità competenti. Dalla legge di bandiera sono infine regolati la proprietà, i diritti reali di godimento e di garanzia degli aeromobili, la responsabilità dell'esercenza, i poteri e i doveri del comandante, i contratti di lavoro, i contratti di locazione, il noleggio, il trasporto ecc. Le cinque libertà dell'aria Come già precisato, la conferenza di Chicago ha cercato di rendere possibile una maggiore liberalizzazione della circolazione aerea internazionale, adottando in particolare due accordi: l'accordo sul transito dei servizi aerei internazionali (International Air Service Transit Agreement) e l'accordo sul trasporto aereo inter- nazionale (International Air Transport Agreement). Furono così formalizzati alcuni principi fondamentali chiamati "le cinque libertà dell'aria", divise in tecniche (le prime due) e commerciali (le ultime tre) in quanto legate alle esigenze commerciali del trasporto aereo.
Mentre l'accordo sul transito, e quindi le libertà tecniche, è stato ratificato da tutti gli Stati membri, l'accordo sul trasporto ha avuto una scarsa adesione, preferendo gli Stati operare attraverso singoli accordi bilaterali. Successivamente si sono aggiunte altre tre libertà dell'aria, elevando così il numero a otto. La prima afferma: I velivoli di uno Stato contraente hanno il diritto di poter sorvolare il territorio di un altro Stato contraente, senza atterrarvi La seconda dice: Un aereo di uno Stato contraente ha il diritto di atterrare sul territorio di un altro Stato contraente, purché non per ragioni commerciali (es. per problemi tecnici). La terza esprime: Il diritto di sbarcare, nel territorio di uno Stato contraente, passeggeri, merci e posta imbarcati nel territorio dello Stato del quale l'aeromobile ha la nazionalità. La quarta formula: Il diritto di imbarcare, nel territorio di uno Stato contraente, passeggeri, merci e posta destinati al territorio dello Stato del quale l'aeromobile ha la nazionalità. La quinta sancisce: La libertà di un aeromobile di partire dal proprio Stato di immatricolazione, fare in un secondo Stato per imbarcare passeggeri, merci e posta e sbarcarli in un terzo Stato. La sesta afferma: La libertà di trasportare passeggeri, merci o posta da uno Stato all'altro entrambi diversi da quello di immatricolazione, facendo scalo nello Stato di immatricolazione. La settima formula: Il diritto di trasportare passeggeri, merci o posta tra due Stati terzi diversi da quello di immatricolazione dell'aeromobile. L’ottava sancisce: La libertà di trasportare passeggeri, merci o posta all'interno di uno Stato diverso da quello di immatricolazione. Questa libertà viene chiamata cabotaggio. Divieti di transito e di sorvolo Norme che limitano la libertà di sorvolo sono rintracciabili sia nel codice della navigazione che nella convenzione di Chicago. Il codice-della navigazione disciplina lo spazio aereo nazionale dall'art. 793 all'art. 797. - Il sorvolo su determinate zone del territorio italiano può essere vietato dall'ENAC per motivi militari e di sicurezza pubblica. Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti può vietare la navigazione aerea su tutto il territorio nazionale per eccezionali motivi di interesse pubblico (art. 793 cod. nav.). - Gli aeromobili stranieri, fatta eccezione per quelli stranieri militari di dogana e di polizia, possono sorvolare il territorio dello Stato in condizione di reciprocità e quando ciò sia stabilito da convenzioni internazionali, salva in ogni caso la facoltà dell’ENAC di rilasciare autorizzazioni temporanee. Gli aeromobili stranieri militari, di dogana e di polizia non possono invece sorvolare il' territorio dello Stato senza speciale autorizzazione del ministero della Difesa (art. 794 cod. nav.). Gli aeromobili militari di uno Stato straniero godono del trattamento stabilito dalle convenzioni internazionali e dalle consuetudini internazionali quando hanno ottenuto l'autorizzazione ministeriale prevista dall'art. 794 cod. nav. In mancanza di questa autorizzazione, gli aeromobili stranieri non godono del trattamento predetto, nemmeno quando sono costretti ad atterrare per causa di forza maggiore o per ordine delle autorità (art. 795 cod. nav.). Ad essi, se autorizzati, si applica la legge di bandiera sia per gli atti rilevanti avvenuti all’interno dell’aeromobile, sia relativamente alle regole di circolazione. Si applica cioè la legge (normativa militare) dello stato di origine dell’aeromobile. Il tutto sempre a condizione di reciprocità fra gli Stati. - Gli aeromobili stranieri, per volare nello spazio aereo italiano, devono portare i contrassegni prescritti dallo Stato nel cui registro sono iscritti o quelli previsti dalle convenzioni internazionali (art. 796 cod. nav.). - Un aeromobile nazionale o straniero non può circolare nello spazio aereo italiano se il personale di bordo non è munito delle licenze, degli attestati e delle abilitazioni prescritte e se tali documenti non sono a bordo (art. 797 cod. nav.). La convenzione di Chicago, inoltre, riserva allo Stato sorvolato, in quanto sovrano, alcune facoltà di seguito elencate:
- possibilità di limitare o proibire il sorvolo di certe aree del proprio territorio e di richiedere, in caso di violazioni, l'atterraggio in determinati aeroporti, purché tali divieti siano emanati nei confronti di tutti gli aeromobili senza distinzione di nazionalità; - possibilità di richiedere, salvo contraria autorizzazione, agli aeromobili che penetrino nel proprio territorio, l'atterraggio in determinati aeroporti per fini doganali e per altre ispezioni; - estensione agli aeromobili di tutti gli Stati contraenti indistintamente delle leggi e dei regolamenti dello Stato sorvolato disciplinanti la navigazione aerea come, per esempio, quelli concernenti l'ingresso, l'uscita, i passaporti, le dogane, la quarantena dei passeggeri ecc. Dal 2006 l'UE, per garantire un elevato standard di sicurezza sui cieli della comunità, redige una "black list" elencando le compagnie extracomunitarie che non soddisfano i requisiti minimi di sicurezza prescritti dalla normativa. Questi vettori non possono operare su tutto il territorio dell'Unione. II diritto spaziale Dal lancio del primo Sputnik sovietico il 4 ottobre 1957 le attività spaziali sono andate sviluppandosi e moltiplicandosi. L'enorme quantità di satelliti artificiali, di sonde, di veicoli spaziali e i loro svariati utilizzi militari o civili (controllo del territorio sorvolato, meteorologia, osservazioni astronomiche, esperimenti scientifici, comunicazioni radio-telefoniche) hanno reso necessaria una regolamentazione internazionale. Se, infatti, originariamente tali attività spaziali erano prerogativa di due soli Stati (Unione Sovietica e Stati Uniti), oggi un numero sempre crescente di Paesi contribuisce alla ricerca e allo sviluppo nel settore. Dal punto di vista del diritto internazionale, i problemi più dibattuti vertono sul regime giuridico dello spazio aereo e sul controllo delle attività spaziali. Ci si chiede se i mezzi cosmici debbano essere sottoposti unicamente al controllo degli Stati che li hanno lanciati e ne utilizzano l'attività, o debbano essere sottoposti anche al controllo degli Stati in qualche modo da essi sorvolati, come accade per i mezzi aerei e per le attività da essi svolte: in altri termini, se la sovranità degli Stati sugli spazi ad essi sovrastanti incontri o meno dei limiti. Partendo dalla definizione di aeromobile data dalla convenzione di Chicago del 1944 sull'aviazione civile internazionale, una parte della dottrina afferma che lo spazio cosmico, o extra-atmosferico, inizierebbe tra gli 80 e i 100 km di altezza, fascia in cui cessa la reazione dell'aria e il volo è possibile solo mediante la forza centrifuga. Tutto ciò che si trova al di sotto di tale limite rientrerebbe nella sovranità dei singoli Stati. Tra le più importanti fonti internazionali del diritto spaziale si cita la risoluzione ONU n. 1962 del 13.12.1963 intitolata "Dichiarazione di principi giuridici regolanti le attività degli Stati in materia di esplorazione e utilizzazione dello spazio extra-atmosferico". In tale dichiarazione sono affermati nove principi di notevole importanza: a) esplorazione e utilizzazione dello spazio cosmico per il bene e nell'interesse dell'intera umanità; b) libertà di esplorazione e di utilizzazione dello spazio e dei corpi celesti per tutti gli Stati su basi di uguaglianza e in conformità al diritto internazionale; c) inappropriabilità nazionale dello spazio e dei corpi celesti, che non possono essere soggetti alla sovranità di alcuno Stato; d) applicabilità del diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni Unite, alle attività spaziali degli Stati; e) responsabilità internazionale degli Stati per i danni provocati nell'atmosfera o nello spazio derivanti dalle attività spaziali effettuate; f) responsabilità delle organizzazioni internazionali e degli Stati membri per le attività spaziali imputabili alle organizzazioni; g) obbligo per ogni Stato di tener conto, nelle proprie attività di esplorazione e di utilizzazione dello spazio, degli interessi corrispondenti di altri Stati con facoltà di accedere alle richieste di questi ultimi di aprire con- sultazioni al riguardo; h) esercizio, da parte di ogni Stato, della sua giurisdizione e del suo controllo sugli oggetti spaziali immatricolati presso le sue autorità e obbligo di restituzione per gli altri Stati; i) obbligo per ogni Stato di prestare assistenza agli astronauti, considerati come "inviati dell'umanità". I principi della dichiarazione non avevano carattere vincolante per gli Stati poiché contenuti in una raccomandazione ONU. La loro individuazione, però, assumeva comunque una notevole importanza perché con il passare del tempo questi modelli, se confermati dalla prassi internazionale, avrebbero potuto assumere
la veste di norme internazionali consuetudinarie o avrebbero potuto essere inclusi in successivi accordi internazionali. Successivamente tali fondamenti furono ripresi e ampliati nel "Trattato sui principi che reggono le attività degli Stati in materia di esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, ivi compresa la luna e gli altri corpi celesti" del 27 gennaio 1967, approvato dall'Assemblea generale dell'ONU in data 19 ottobre 1966, entrato in vigore il 10 ottobre 1967 e reso esecutivo in Italia con legge n. 87 del 28.1.1970. Il trattato indica i seguenti principi fondamentali. 1. L'esplorazione e l'utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, devono essere effettuate per scopi esclusivamente pacifici ed essere condotte per il bene e nell'interesse di tutti i Paesi, senza riguardo alcuno al livello del loro sviluppo economico o scientifico. Esse sono una prerogativa dell'intero genere umano. Nello spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, le ricerche scientifiche sono libere e deve essere facilitata e promossa la cooperazione tra gli Stati. 2. L'accesso a tutte le regioni dei corpi celesti è libero; lo spazio extraatmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, può essere, a parità di condizioni e in conformità al diritto internazionale, esplorato e utilizzato liberamente da parte di tutti gli Stati senza alcuna discriminazione. Lo spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, non è soggetto a sovranità o ad appropriazione da parte degli Stati. 3. Sui corpi celesti sono vietati l'insediamento di basi e installazioni militari, l'insediamento di opere di difesa militare, gli esperimenti di qualsiasi tipo di arma e l'esecuzione di manovre militari. E lecita l'utilizzazione di personale militare a scopi di ricerca scientifica o a qualsiasi altro fine pacifico. È parimente lecita l'utilizzazione di armamenti o installazioni necessari all'esplorazione pacifica della luna e degli altri corpi celesti. 4. Gli Stati contraenti rinunciano a collocare nell'orbita terrestre oggetti vettori di armi nucleari o di qualsivoglia altro tipo di armi di distruzione di massa, a insediare dette armi su corpi celesti e a collocarle, in qualsiasi altro modo, nello spazio extra-atmosferico. 5. Lo Stato contraente, nel quale è registrato un oggetto lanciato nello spazio extra-atmosferico, conserva giurisdizione e controllo su detto oggetto e sull'eventuale suo equipaggio, quando essi si trovano nello spazio extra-atmosferico o su un corpo celeste. La proprietà degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico, compresi quelli costruiti o portati su un corpo celeste, e la proprietà delle loro parti componenti non mutano quando essi si trovano nello spazio extra-atmosferico o su un corpo celeste, o quando essi ritornano sulla terra. Tali oggetti o parti componenti, se recuperati fuori dei confini dello Stato di registrazione partecipe del trattato, devono essere a questo restituiti, previo controllo dei dati di identificazione, che da esso sono forniti a richiesta.
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