Le conseguenze di arbitraggi e asimmetrie regolamentari sull'approccio al rischio delle banche europee - Novembre 2018 - Marco Zanni
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Le conseguenze di arbitraggi e asimmetrie regolamentari sull'approccio al rischio delle banche europee Novembre 2018
Indice I NTR O D U Z I O NE 5 1 AS I M M E TR I E R E G O L AM E N T AR I D E R I V AN TI D AI 7 R E Q U I SI TI DI C AP I T AL E 1 .1 B asi l ea I I I , s u a ri f or m a e d e ff et t i at t esi 7 1 .1 .1 I l d i ve r s o gr a d o d i p o n d e r a z i o n e p e r i l r i s c h i o 8 d e l l e a t t i vi t à (R W A) 1 .1 .2 Modelli standard vs modelli I RB 12 1 .2 Le ec ce zi on i al l a di r et t iva C R R / C RD 16 1 .2 .1 E s e n z i o n e b a n c h e d i s vi l u p p o 16 1 .2 .2 E f f e t t o d e gl i I n s ti tu ti o n a l Pr o te c ti o n S c h e m e s (I P S ) 22 1.2.2.1 L e c a r a t t e r i st i c h e d e gl i I P S n e l l ’ Ar e a e u r o 30 1.2.2.2 L e c a r a t t e r i st i c h e d e i GB C n e l l ’ Ar e a e u r o 36 2 AS I M M E TR I E D E R I V AN TI D AL L ’ I M PI AN T O R E GO L AM E N T AR E 43 E D AL L A P R AS S I DI VI G I L AN Z A 2 .1 Nat i on al di scr et i o n s u req ui sit i di c apit ale 43 2 .2 Cr edi t o o fi n an z a : d ov e si c onc ent ran o di pi ù 49 i ri sch i b an ca ri ? 2 .2 .1 B r e vi c e n n i s u l d i b a t ti t o e c o n o mi c o 50 2 .2 .2 I d e n t i k i t d e l r i s c h i o n e l l e b a n c h e q u o t a te e u r o p e e 53 2 .2 .3 R i s c h i o d i me r c a to e r i s c h i o d i c r e d i t o n e l l e b a n c h e 56 a r i l e v a n z a s i s te mi c a 2 .2 .4 I r i s c hi c o n n e s s i c o n l ’ a t tu a l e c o n te s to 59 m a c r o e c o n o mi c o e f i n a n z i a r i o 2 .2 .5 L ’ i mp a t t o d e l l e s c e l te d i b u s i n e s s b a n c a r i o 64 s u l r i s c h i o s i s t e mi c o 2 .2 .6 S t r e s s t e s t 2 0 1 8 : g l i e f f e t ti a t te s i i n b a s e a l m o d e l l o 66 di business 2 .3 Ca ra t t eri st i ch e e di n ami ca d egli N P L , imp at t o 69 at t eso a dd en d u m 2 .3 .1 U n a s t i m a p e r l ’ I ta l i a 70 2 .3 .2 P r o p o s t a d i r e go l a m e n to d e l l a C o m mi s s i o n e E u r o p e a 75 3
INTRODUZIONE La regolamentazione finanziaria internazionale si è dimostrata negli anni successivi alla crisi del 2007/08 non adatta ad una gestione ordinata delle situazioni di difficoltà, dopo aver evidentemente fallito nella prevenzione contro l’eccessiva assunzione di rischi. In questo quadro i paesi dell’Area euro hanno incontrato difficoltà peculiari data l’assenza di un tessuto regolamentare omogeneo e coordinato. Gli interventi attuati dal policy maker europeo e internazionale, vista anche l’urgenza legata al bisogno di dare risposte che tranquillizzassero i mercati finanziari, non sono stati in molti casi efficaci ed efficienti. In particolare, le diverse modalità di implementazione a livello di singolo paese europeo, anche alla luce delle differenze in termini di modello di business bancario, hanno determinato l’emergere di nuovi arbitraggi regolamentari e di asimmetrie di trattamento dei rischi bancari. In taluni casi, le modifiche regolamentari attuate nel periodo post-crisi potrebbero essere alla base di futuri problemi per la stabilità finanziaria europea e internazionale. Date queste premesse, questo studio è funzionale all’individuazione dei principali rischi connessi con l’attuale impianto regolamentare che il Parlamento Europeo dovrebbe considerare al fine di porre in atto degli adeguati rimedi. Nello specifico, nel primo capitolo sono state considerate le asimmetrie regolamentari derivanti dai requisiti minimi di capitale, con specifico riguardo a quelle derivanti dalla recente riforma di Basilea III (cosiddetta Basilea IV) relativamente alla ponderazione per il rischio e ai modelli IRB. Sono state inoltre analizzate le eccezioni nazionali previste dal regolamento (UE) 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (CRR) e dalla direttiva 2013/36/UE del 5
Parlamento europeo e del Consiglio (CRD IV), valutando anche gli effetti degli Institutional Protection Schemes (IPS) particolarmente diffusi in Germania e Austria. Al capitolo 2 sono state considerate le asimmetrie connesse all’impianto regolamentare nel suo complesso e alle prassi di vigilanza. Nello specifico, sono state descritte le caratteristiche e la diffusione delle norme discrezionali su base nazionale presenti in Europa. Inoltre, è stata analizzata la rischiosità delle banche europee in base al modello di business adottato, confrontando in particolare il modello di business rivolto alla finanza rispetto a quello fondato sull’attività creditizia. Infine, sono stati valutati gli impatti sulle banche italiane dell’implementazione del cosiddetto addendum della BCE in tema di crediti non performanti. 6
1. ASIMMETRIE REGOLAMENTARI DERIVANTI DAI REQUISITI MINIMI DI CAPITALE 1.1 Basilea III, sua riforma ed effetti attesi Il rinnovamento delle regole del sistema bancario è un processo senza soluzione di continuità. Si è assistito, nel corso degli ultimi anni, ad una accelerazione nell’innovazione e ad un ampliamento del raggio d’azione delle norme. All’interno di questo processo non fanno eccezione gli accordi di Basilea. Nel corso del tempo, passando da Basilea I a Basilea III, un aspetto che ha ricevuto particolare attenzione è stato quello delle attività ponderate per il rischio (Risk weighted asset-RWA). Si è passati, infatti, da applicare coefficienti standardizzati stabiliti dalle autorità per le diverse categorie di esposizione, alla possibilità di elaborare complessi sistemi interni di valutazione del rischio. Questa evoluzione nella valutazione del rischio degli attivi ha, tuttavia, mostrato alcune lacune. I metodi interni (Internal Ratings Based-IRB) hanno sempre prodotto un miglioramento in termini di RWA per le banche, aiutando gli istituti a migliorare i ratios patrimoniali. Questi miglioramenti sono stati anche di non trascurabile entità. Le analisi condotte negli anni più recenti dalle autorità di vigilanza internazionali ed europee hanno evidenziato, tuttavia, che i metodi interni producevano un’ampia variabilità nella stima dei rischi e, quindi, generavano anche ponderazioni diverse a parità di controparte. Al fine di evitare possibili sottostime dei rischi derivanti dall’utilizzo dei metodi interni, l’ultimo step evolutivo delle regole di Basilea, presentato a dicembre 2017, ha avuto anche l’obiettivo di limitare i benefici derivanti dall’utilizzo dei metodi interni rispetto ai modelli standard. Nei due paragrafi che seguono si esamineranno prima le innovazioni riguardanti la determinazione delle RWA con l’approccio standard e con quelli interni e a seguire si concentrerà l’attenzione sull’intervento che ha cercato di ridurre la variabilità dei risultati derivante dall’utilizzo dei metodi interni. Prima di esaminare questi due aspetti, è opportuno evidenziare un aspetto comune a tutte le nuove norme: la loro graduale implementazione partirà a 7
gennaio 2022. Quindi, le banche hanno ancora tre anni per adeguarsi alle nuove regole prima della loro concreta entrata in vigore. 1.1.1 Il diverso grado di ponderazione per il rischio delle attività (RWA) Come risaputo, le banche possono seguire tre approcci per ponderare le attività rischiose e determinare le RWA: un approccio standard, legato a parametri stabiliti dalle autorità, e due approcci più autonomi, basati su rating e parametri calcolati dallo stesso istituto di credito (IRB). I modelli IRB sono suddivisi in due categorie: IRB base e IRB avanzato. Nel primo caso, la banca, dopo l’approvazione da parte dell’autorità di vigilanza, può utilizzare proprie elaborazioni per definire la probabilità di default-PD della controparte affidata. Nel caso dell’approccio IRB avanzato, invece, la banca, sempre a seguito di autorizzazione, può autonomamente determinare sia la PD che gli altri due parametri fondamentali per il calcolo delle RWA, la perdita in caso di fallimento (Loss Given Default-LGD) e l’esposizione in caso di fallimento (Exposure at default-EAD). A dicembre 2017 il Comitato di Basilea è intervenuto nuovamente su questi aspetti andando a modificare sia alcuni parametri da utilizzare nell’approccio standard sia introducendo novità per i due approcci IRB. Le innovazioni riguardanti il modello standard si sono concentrate sui parametri di ponderazione. L’obiettivo di questi interventi è stato quello di incrementare la granularità delle ponderazioni, cioè disporre di più parametri di ponderazione, e la sensibilità del modello standard ai rischi. Di seguito si elencano le revisioni più rilevanti: • Esposizioni verso banche e imprese senza rating: è stato previsto un approccio più granulare con ponderazioni differenti per il breve e lungo periodo e percentuali di ponderazione dal 20% al 150% dell’esposizione; • Esposizioni verso banche: sono stati modificati alcuni fattori di ponderazione, con valori dal 20% per le triple A al 150% per rating inferiori a B-, e sono trattate in modo separato le obbligazioni garantite (covered bonds), con pesi dal 10% al 100% in base al rating; • Esposizioni verso imprese: anche per le imprese è stata prevista una 8
maggior diversificazione dei fattori di ponderazione rispetto al passato, con ponderazione dal 20% al 150% al peggiorare del rating. Inoltre, è stato introdotto un fattore di ponderazione specifico per le esposizioni verso piccole e medie imprese (85%). Un’altra novità è il trattamento diversificato per le esposizioni di project finance, object finance e commodities finance; • Esposizioni verso comparto immobiliare residenziale: si è passati da un fattore unico di ponderazione a fattori differenziati in base al rapporto Loan to Value-LTV del mutuo, con fattori di ponderazione che variano dal 20% al 105% al crescere del LTV da meno del 50% a oltre il 100%; • Esposizioni verso comparto immobiliare commerciale: anche in questo caso è stata introdotta una maggior granularità dei fattori per cogliere al meglio la diversificazione delle esposizioni e dei mercati. Anche per il comparto commerciale il LTV è ora uno dei parametri da considerare per determinare il fattore di ponderazione, che ora varia dal 60% al 150% in base al LTV e alla tipologia di esposizione (prestiti su immobili che già producono reddito, per l’acquisto di terreni su cui costruire ecc.); • Esposizioni retail: per le esposizioni del mercato retail le ponderazioni variano in base alla tipologia di prestito, revolving, non revolving o altra tipologia, e quelle revolving sono differenziate in due categorie. I fattori di ponderazione variano dal 45% al 100% a seconda dei casi. • Esposizioni su titoli di debito o azioni: i fattori di ponderazione sono più numerosi, rispetto all’unico fattore previsto in precedenza, con valori dal 100% al 400%. • Esposizioni fuori bilancio: in questo caso sono stati modificati i fattori di conversione del credito (Credit conversion factors-CCF) rendendoli più sensibili al rischio sostenuto dalla banca. I CCF sono percentuali che servono a trasformare le esposizioni fuori bilancio in un ammontare da poter ponderare in base al rischio. I CCF ora variano dal 10% al 100%. Queste revisioni hanno, quindi, l’obiettivo di rendere l’approccio standard meno rigido e più in linea con la reale esposizione al rischio della banca attraverso la diversificazione dei fattori di ponderazione. Il fine ultimo è, quindi, quello di calibrare al meglio il calcolo delle RWA in base alle diverse tipologie di 9
esposizioni presenti nei bilanci degli istituti di credito. Passando alle novità previste per gli approcci IRB, gli interventi sono andati fondamentalmente in due direzioni: limitare l’uso degli approcci IRB avanzati e inserire degli input floor. Infatti, il Comitato di Basilea ha rilevato1 un’eccessiva complessità dei modelli IRB, una limitata comparabilità tra i requisiti di capitale che scaturiscono dai modelli interni e una mancanza di robustezza nei modelli interni per alcune asset class. Quindi, per evitare che i modelli interni si trasformino in black box, il Comitato di Basilea è intervento apportando alcuni correttivi. Per quel che riguarda il primo cambiamento, la tavola 1.1 riassume le novità relative ai modelli utilizzabili per il calcolo delle ponderazioni. I modelli IRB avanzati non sono più consentiti per ponderare i finanziamenti a banche e altre società finanziarie, i crediti verso imprese di media e grande dimensione, cioè le imprese con ricavi superiori a 500 milioni di euro, e anche per le esposizioni in strumenti di capitale. Per questi ultimi, come si nota dalla tavola, è stato escluso anche l’IRB base, cosicché le banche potranno utilizzare solo l’approccio standard. Con questo intervento si sono andati a limitare i gradi di libertà delle banche nella definizione dei parametri necessari per il calcolo delle RWA, limitatamente alle esposizioni indicate in tabella. In questo modo, gli istituti di credito dovranno fare più affidamento sui parametri standard stabiliti dalle autorità. Il secondo intervento serve a porre dei limiti ai parametri utilizzati dalle banche nei modelli interni. Gli input floor, infatti, sono dei vincoli a monte nel processo di calcolo delle RWA, che vanno ad impattare sui parametri fondamentali, cioè PD, LGD e EAD, imponendo un valore minimo al di sotto del quale le banche non possono scendere. Agendo sui tre parametri fondamentali, gli input floor impattano sia sui modelli IRB base che su quelli avanzati. La tavola 1.2, che mostra i valori dei nuovi input floor, evidenzia come si sia intervenuti sia nel settore corporate che in quello retail. 1 High-level summary of Basel III reforms, Basel Committee on Banking Supervision, Bank for International Settlements, December 2017. 10
Tavola 1.1 – Metodologie di calcolo delle RWA consentite in Basile II e III Esposizione Basilea II Basilea III Imprese di media e grande Approccio standard, IRB Approccio standard, dimensione (ricavi > 500 milioni base, IRB avanzato IRB base di euro) Banche e altre istituzioni Approccio standard, IRB Approccio standard, finanziarie base, IRB avanzato IRB base Azioni-Capitale IRB Approccio standard Fonte: elaborazioni CER su dati Banca dei Regolamenti Internazionali. Tavola 1.2 – Input floor per i modelli IRB PD LGD EAD Non garantito Garantito variabile in base alla Corporate 5 bp 25% garanzia da 0% a 15% Floor dato dalla Retail: somma di (i) esposizione in bilancio - Mutui 5bp N/A 5% e (ii) 50% - Crediti rotativi qualificati 5bp 50% dell'esposizione fuori (QRRE), "transactors" N/A bilancio usando il - Crediti rotativi qualificati Credit Conversion 10bp 50% (QRRE), revolvers N/A Factor dell'approccio variabile in standard base alla - altri casi 5bp 30% garanzia da 0% a 15% Fonte: elaborazioni CER su dati Banca dei Regolamenti Internazionali. Quindi, gli interventi sui modelli interni sono andati in due direzioni: da un lato, limitarne l’utilizzo escludendo alcune esposizioni e, dall’altro lato, porre dei vincoli nell’uso dei parametri di stima delle RWA. In questo modo si suppone di limitare la variabilità dei risultati ottenuti dalle banche con i modelli interni. 11
1.1.2 Modelli standard vs modelli IRB Nonostante gli interventi sui modelli IRB descritti nel paragrafo precedente, il Comitato di Basilea ha deciso di andare oltre, imponendo anche un limite massimo al beneficio ottenibile dall’utilizzo dei modelli interni. Questo provvedimento è conseguenza della variabilità dei risultati ottenuti attraverso i modelli interni e del guadagno che questi hanno consentito in termini di RWA rispetto ai modelli standard. Si è deciso, quindi, di introdurre nello schema di Basilea III un nuovo vincolo, il cosiddetto outpoot floor. In altri termini, le banche che impiegano, e quelle che decideranno di impiegare, i modelli IRB non potranno utilizzare qualsiasi valore venga fuori dal modello interno poiché l’output floor impedisce che vi sia una riduzione eccessiva delle RWA rispetto al valore che si otterrebbe utilizzando il modello standard. Il nuovo standard di Basilea prevede, infatti, che la banca dovrà utilizzare il valore massimo tra: - le RWA ottenute adoperando il metodo di calcolo che la banca è stata autorizzata ad utilizzare dalle autorità di vigilanza e - il 72,5% (a regime) delle RWA ottenute utilizzando esclusivamente il modello standard. In questo modo, non sarà possibile ridurre le RWA di oltre il 27,5% con i modelli interni rispetto al valore determinabile con il metodo standard. Per chiarire questo nuovo vincolo, le tavole 1.3 e 1.4 riportano due esempi. La tavola 1.3 mostra il caso di una banca che ottiene un valore delle RWA con il modello interno (76 miliardi) inferiore al 72,5% del valore ottenuto con il modello standard (101,5 miliardi). In questo caso la norma prevede che il valore da utilizzare per il calcolo dei vari ratio patrimoniali sia il secondo, poiché bisogna utilizzare il maggiore tra i due risultati. La tavola 1.4, invece, mostra il caso in cui il valore ottenuto utilizzando il modello interno (112 miliardi) sia superiore al 72,5% delle attività pesate per il rischio calcolate con il modello standard. In questo caso la banca utilizzerà il valore ottenuto con il modello interno, poiché è maggiore rispetto al 72,5% delle RWA del metodo standard. L’output floor al 72,5% non entrerà subito a regime, ma è prevista una attivazione graduale. A gennaio 2022 il valore di questo nuovo vincolo sarà pari al 50%, per poi salire di 5 punti percentuali all’anno fino a gennaio 2026, e andare a regime a gennaio 2027. La tavola 1.5 mostra l’implementazione temporale dell’output floor. 12
Tavola 1.3 – Esempio di calcolo delle RWA, output floor maggiore del modello interno 72,5% del Modello Modello Modello Interno Standard Standard Rischio di credito 62 124 89,9 Rischio di mercato 2 4 2,9 Rischio operativo 12 12 8,7 Totale RWA 76 140 101,5 Fonte: elaborazioni CER su dati Banca dei Regolamenti Internazionali. Tavola 1.4 – Esempio di calcolo delle RWA, output floor minore del modello interno 72,5% del Modello Modello Modello Interno Standard Standard Rischio di credito 98 124 89,9 Rischio di mercato 2 4 2,9 Rischio operativo 12 12 8,7 Totale RWA 112 140 101,5 Fonte: elaborazioni CER su dati Banca dei Regolamenti Internazionali. Tavola 1.5 – Implementazione temporale dell’output floor Output floor 1 gennaio 2022 50% 1 gennaio 2023 55% 1 gennaio 2024 60% 1 gennaio 2025 65% 1 gennaio 2026 70% 1 gennaio 2027 72,5% Fonte: elaborazioni CER su dati Banca dei Regolamenti Internazionali. 13
La gradualità con cui sarà applicato l’output floor renderà meno oneroso adeguarsi alla nuova regola per le banche che utilizzano i modelli interni. È da ricordare, a tal proposito, che le banche vigilate direttamente dalla BCE non utilizzano in modo uniforme i metodi interni di ponderazione. In altre parole, alcuni sistemi bancari fanno uso più diffuso dei metodi interni rispetto ad altri sistemi. Focalizzando l’attenzione sui sistemi di maggior dimensione e analizzando le banche vigilate direttamente dalla BCE, il grafico 1.1 mostra la quota percentuale di attività pesate per il rischio inerenti ai rischi operativi e di mercato che vengono calcolate utilizzando l’approccio standard. Più alta è la percentuale, meno numerose saranno le banche che dovranno rispettare l’output floor. I sistemi che mediamente sono più esposti a questo nuovo vincolo sono quelli olandese, belga e tedesco. Le banche meno esposte sono quelle spagnole, visto che il 62% delle RWA relative al rischio di credito e il 42% delle RWA relative al rischio di mercato sono calcolate con il metodo standard. La situazione italiana è mista: sul rischio di credito quasi la metà delle attività sono ponderate utilizzando il modello standardizzato, mentre la percentuale scende al 30% per le attività esposte al rischio di mercato. Grafico 1.1 – Quota percentuale di RWA calcolate con il modello standard, banche vigilate direttamente dalla BCE 70,0% 62,3% 60,0% 49,3% 50,0% 43,0% 43,0% 40,5% 40,0% 38,3% 35,3% 32,8% 30,7% 30,0% 28,9% 30,0% 21,6% 20,0% 17,0% 11,6% 10,0% 0,0% Totale Belgio Germania Spagna Francia Italia Olanda Modello standard, rischio di credito Modello standard, rischio di mercato Fonte: elaborazione CER su dati BCE. L’applicazione graduale, quindi, sarà di aiuto soprattutto per le grandi banche olandesi, belghe e tedesche, che, in mancanza di una tale progressiva 14
attuazione, sarebbero state più esposte o a possibili aumenti di capitale o ad una forzata riduzione delle esposizioni più rischiose. Per concludere questa analisi sulle ultime novità di Basilea III è utile aggiungere alcune considerazioni circa il previsto impatto della riforma. Lo stesso Comitato di Basilea ha elaborato una stima d’impatto nel dicembre 2017, in concomitanza con la presentazione delle novità regolamentari2. È bene evidenziare che la stima è fatta considerando i dati del 2017 e non prevedendo alcun intervento delle banche fino all’entrata in vigore delle nuove norme nel 2022. Ciò significa che l’impatto reale potrebbe essere molto inferiore rispetto a quello previsto con i dati del 2017, se non addirittura nullo. Le banche esaminate sono state 71, divise in due gruppi (gruppo 1 le più grandi, al cui interno ci sono tutte le banche considerate globalmente sistemiche, e gruppo 2 le banche di grandi dimensioni ma di rilevanza nazionale). Si consideri, infine, che l’impatto è calcolato considerando anche le altre riforme introdotte a dicembre 2017 e non menzionate in precedenza, come il leverage ratio o il nuovo metodo di calcolo del rischio operativo. Analizzando i risultati, un primo dato interessante è che, considerando i livelli minimi di capitale, la revisione delle regole comporterebbe un ammanco nullo di CET1 e Tier1 e di soli 500 milioni di euro per il Tier2. I 500 milioni di ammanco sul Tier2 si suddividono in 300 milioni per le banche di maggior dimensione, tutto addebitabile alle banche sistemiche a livello globale, e 200 milioni per le banche di gruppo 2. L’ammanco di capitale diviene più consistente se si considerano non i livelli minimi di Cet1, Tier1 e Tier2, ma i livelli target stabiliti dal Comitato di Basilea. In questo caso lo shortfall sarebbe pari a 27,9 miliardi di CET1 (27,6 per le banche di gruppo 1, tutto addebitabile alle banche globalmente sistemiche, e 0,3 miliardi per quelle del gruppo 2), 29,3 miliardi di Tier1 (28,8 per le banche di gruppo 1, di cui 27,8 per le banche sistemiche, e 0,5 per le banche di gruppo 2) e 34,9 miliardi di Tier2 (34,3 per le banche di gruppo 1, di cui 30,3 attribuibili alle banche globalmente sistemiche, e 0,6 per le banche di gruppo 2). L’impatto complessivo sarebbe di circa 92 miliardi di euro, non particolarmente oneroso considerando che l’attuazione delle norme partirà nel 2022 e sarà graduale nel tempo. Inoltre, come si nota dai dati 2 Basel III Monitoring Report, Basel Committee on Banking Supervision, Bank for International Settlements, December 2017. 15
appena esposti, la quasi totalità degli ammanchi è riconducibile alle banche di maggior dimensione, soprattutto quelle globalmente sistemiche, che fanno uso più diffuso dei modelli IRB e, quindi, saranno svantaggiate dai nuovi vincoli operativi. Considerando il lungo periodo di tempo per l’attuazione delle nuove regole e i livelli non elevati di ammanco di capitale, si può ritenere che le banche riusciranno ad adeguarsi alle nuove regole rispettando la tabella di marcia prevista. Un altro aspetto interessante evidenziato dall’indagine svolta dal Comitato di Basilea è che le banche del gruppo 1, con maggior evidenza quelle globalmente sistemiche, individuano nelle nuove regole sul calcolo delle RWA e nell’introduzione dell’output floor i due fattori più importanti nella limitazione futura della loro attività, mentre non considerano rilevante la regola sul leverage. Risposta completamente opposta per le banche del gruppo 2, più preoccupate dall’introduzione di un limite al leverage ratio che dall’output floor o dal calcolo delle RWA. Evidentemente, la diversa diffusione dei modelli IRB, che cresce con la dimensione della banca, ha influenzato la percezione dell’impatto delle nuove regole. In conclusione, le innovazioni regolamentari proposte dal Comitato di Basilea renderanno meno variabili e più attendibili i processi di calcolo delle attività pesate per il rischio e produrranno una maggiore attendibilità dei ratios patrimoniali, migliorando la comparabilità dei risultati forniti dai singoli istituti di credito. 1.2 Le eccezioni alla direttiva CRR/CRD 1.2.1 Esenzione banche di sviluppo La CRR, all’articolo 4(1), specifica che ai fini dello stesso regolamento si intende per «"ente creditizio", un'impresa la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto». Sulla base del fatto che alcuni istituzioni finanziarie europee non raccolgano depositi, ed in assenza di una definizione precisa nell’ambito della CRR di cosa 16
si intenda per depositi e per concessione di crediti in proprio conto, diverse entità sono esentate dal rispetto dei requisiti di capitale. Nello specifico, la CRD IV, all’articolo 5, esplicita un lungo elenco di istituzioni che a livello di singolo paese sono esentate dall’applicazione della direttiva stessa, e come conseguenza anche dalla CRR e dalla direttiva sulle risoluzioni bancarie. Sono 20 i paesi dell’Unione Europea in cui sono presenti una o più istituzioni esentate (solo Bulgaria, Repubblica Ceca, Cipro, Croazia, Lussemburgo, Malta, Romania e Slovacchia non risultano ad oggi avere specifiche esenzioni): 1. in Belgio all'"Institut de Réescompte et de Garantie/Herdiscontering- en Waarborgsinstituut"; 2. in Danimarca all'"Eksport Kredit Fonden" (EKF), all' "Eksport Kredit Fonden A/S", al "Danmarks Skibskredit A/S" e al "KommuneKredit"; 3. in Germania alla "Kreditanstalt für Wiederaufbau" (KfW), alle imprese riconosciute in virtù della "Wohnungsgemeinnützigkeitsgesetz" quali organi della politica nazionale in materia di alloggi e le cui operazioni bancarie non costituiscono l'attività principale, nonché alle imprese riconosciute in virtù della legge succitata quali organismi di interesse pubblico in materia di alloggi; 4. in Estonia alle "hoiu-laenuühistud", in quanto imprese cooperative riconosciute nel quadro della "'hoiu-laenuühistu seadus"; 5. in Irlanda alle "credit unions" e alle "friendly societies"; 6. in Grecia al "Ταμείο Παρακαταθηκών και Δανείων" (Tamio Parakatathikon kai Danion 7. in Spagna all'"Instituto de Crédito Oficial"; 8. in Francia alla "Caisse des dépôts et consignations" (CDC); 9. in Italia alla "Cassa depositi e prestiti"; 10. in Lettonia alle "krājaizdevu sabiedrības", imprese riconosciute ai sensi della "krājaizdevu sabiedrību likums" quali imprese cooperative che rendono servizi finanziari unicamente ai propri soci; 11. in Lituania alle "kredito unijos" diverse dalle "Centrinė kredito unija"; 12. in Ungheria alla "MFB Magyar Fejlesztési Bank Zártkörűen Működő Részvénytársaság" e alla "Magyar Export-Import Bank Zártkörűen Működő Részvénytársaság"; 13. nei Paesi Bassi alla "Nederlandse Investeringsbank voor 17
Ontwikkelingslanden NV", alla "NV Noordelijke Ontwikkelingsmaatschappij", alla "NV Industriebank Limburgs Instituut voor Ontwikkeling en Financiering" e alla "Overijsselse Ontwikkelingsmaatschappij NV"; 14. in Austria alle imprese riconosciute come associazioni edilizie di interesse pubblico e alla "Österreichische Kontrollbank AG" (OeKB); 15. in Polonia alla "Spółdzielcze Kasy Oszczędnościowo — Kredytowe" e alla "Bank Gospodarstwa Krajowego"; 16. in Portogallo alle "Caixas Ecónomicas" esistenti al 1 gennaio 1986, ad eccezione sia di quelle che sono costituite in società per azioni che della "Caixa Económica Montepio Geral"; 17. in Slovenia alla "SID-Slovenska izvozna in razvojna banka, d.d.Ljubljana"; 18. in Finlandia alla "Teollisen yhteistyön rahasto Oy/Fonden för industriellt samarbete AB" e alla "Finnvera Oyi/Finnvera Abp"; 19. in Svezia alla "Svenska Skeppshypotekskassan"; 20. nel Regno Unito alla "National Savings Bank", alla "Commonwealth Development Finance Company Ltd", alla "Agricultural Mortgage Corporation Ltd", alla "Scottish Agricultural Securities Corporation Ltd", ai "Crown Agents for overseas governments and administrations", alle "credit unions" e alle "municipal banks". In generale, risultano essere esentate principalmente le banche di sviluppo nazionale, e in modo meno diffuso le credit unions e altre istituzioni con specifiche funzioni pubbliche. Relativamente alle banche di sviluppo, si riscontra negli ultimi anni una forte crescita della loro operatività. Con lo scoppio della crisi questi istituti sono stati infatti utilizzati per finalità anticicliche e per affrontare problemi strutturali, come le carenze infrastrutturali dei singoli paesi europei. Considerando i principali paesi dell’Area euro si riscontra che le 4 banche di sviluppo nazionale, ovvero KfW, CDP, CDC e l’Instituto de Crédito Oficial dispongono di asset superiori al trilione di euro (tavola 1.6). Tra questi istituti KfW è quello di maggiore dimensione (circa 500 miliardi di euro di totale attivo)3, 3 In Germania l’esenzione dalla CRD IV riguarda anche le imprese riconosciute in virtù della "Wohnungsgemeinnützigkeitsgesetz" quali organi della politica nazionale in materia di alloggi e le cui operazioni bancarie non costituiscono l'attività principale e le imprese riconosciute in virtù 18
seguito da CDP (350 miliardi), da CDC (150 miliardi) e dall’Instituto de Crédito Oficial (85 miliardi). Tavola 1.6 – Banche di sviluppo nazionale dei principali paesi dell'Area euro (dati relativi al 2004) Instituto de KfW CDP1 CDC Crédito Oficial Paese Germania Italia Francia Spagna Totale attivo (in mld€) 489 350 149 84 in % totale attivo 6,3 8,7 1,8 2,8 sistema bancario Utili (in mln€) 1.514 2.660 1.793 74 82,77% Ministero dell'Economia e 80% Stato Federale, delle Finanze, Azionariato 100% Stato centrale 100% Stato centrale 20% Länder 15,93% Fondazioni bancarie, 1,3% azioni proprie Data costituzione 1948 1850 1816 1971 Banca con status Istituzione di diritto Istituzione di diritto speciale di agenzia Forma legale Società per azioni pubblico pubblico finanziaria governativa 1Dati sulla compagine azionaria aggiornati ad ottobre 2018. Fonte: elaborazioni CER su dati Deutsche Bank e dati aziendali. Il 23 maggio 2018 i ministri dell’Ecofin hanno però approvato una modifica all’articolo 5 della CRD che amplia ulteriormente il novero degli istituti esentati. Nello specifico la nuova versione del testo prevede che ad essere esentati siano anche le banche di sviluppo regionale con un totale attivo inferiore ai 30 miliardi di euro4. Questa modifica, qualora approvata dal Parlamento Europeo, interesserà in particolare la Germania. Operano infatti in questo paese ben 16 banche di sviluppo regionale il cui totale attivo ammonta complessivamente a della legge succitata quali organismi di interesse pubblico in materia di alloggi. Per questa tipologia di enti non si dispone di informazioni analitiche. 4 È stato inoltre deliberato di includere una banca di sviluppo esentata anche in Croazia, che diventerebbe quindi il 21 paese dell’Unione ad avere un’esenzione, mentre nei Paesi Bassi l’esenzione di estendere anche alle credit unions (“kredietunies”). 19
510 miliardi di euro, una dimensione superiore a quella della stessa KfW (tavola 1.7). Escludendo i 3 istituti con attivi superiori ai 30 miliardi, ovvero Bayerische Landesbodenkreditanstalt, NRW BANK e L-Bank Landeskreditbank Baden- Württemberg, le 13 banche di sviluppo tedesche esentate dispongono di attivi per oltre 120 miliardi di euro. Nel complesso, se questa modifica venisse accolta, gli attivi esentati dalla CRD in Germania supererebbero i 600 miliardi di euro, quasi due volte quelli dell’Italia, quattro volte quelli della Francia e oltre 7 volte quelli della Spagna. Tavola 1.7 – Germania: banche di sviluppo regionale (dati in milioni di euro relativi al 2017) Attivo < 30 Anno di Istituto Totale attivo mld€ costituzione Bayerische Landesbodenkreditanstalt 214.521 No 1973 NRW BANK 102.811 No 1991 L-Bank Landeskreditbank Baden-Württemberg 70.670 No 1998 LFA Bayern 21.475 Sì 1951 Investitionsbank Schleswig-Holstein 19.000 Sì 2003 Förderbank Investitionsbank Berlin 17.671 Sì 1993 Wirtschafts- Infrastrukturbank Hessen (WiBank) 17.627 Sì 2009 Investitionsbank des Landes Brandenburg 13.533 Sì 1992 Investitions- und Strukturbank Rheinland-Pfalz 9.178 Sì 1993 State Development Bank of the Free State of Saxony 8.200 Sì 1991 Hamburgische Investitions- und Förderbank 5.144 Sì 2013 Thüringer Aufbaubank 3.900 Sì 1992 Investitionsbank Sachsen-Anhalt 1.870 Sì 2004 Saarländische Investitionskreditbank AG 1.525 Sì 1980 Bremer Aufbaubank 1.156 Sì 1951 Landesförderinstitut Mecklenburg- Vorpommern 1.545 Sì 1994 Totale 509.826 in % totale attivo sistema bancario 6,6 Totale attivo banche di sviluppo esentate 121.824 in % totale attivo sistema bancario 1,6 Fonte: elaborazioni CER su dati aziendali e BCE. 20
La modifica introdotta lascerebbe poi aperta la possibilità per i 3 istituti tedeschi esclusi di ottenere in futuro l’esenzione, o chiedendo il pari trattamento giuridico rispetto alle altre Landesförderbanken sia semplicemente ripartendo l’attività in più istituti fino a scendere sotto la soglia dei 30 miliardi di euro. In un tale scenario gli attivi potenzialmente esentati in Germania potrebbero superare il trilione di euro. In definitiva, con le modifiche attuate si rischia di accentuare le divergenze tra i sistemi bancari europei, piuttosto che ridurle. Un’eccessiva operatività e proliferazione delle banche di sviluppo, la cui funzione dovrebbe essere esclusivamente quella di supplire ai fallimenti del mercato attraverso il loro intervento, rischia infatti di distorcere la competizione tra i diversi sistemi bancari e tra le imprese produttive. Nei paesi con maggiori risorse finanziarie e migliori condizioni di finanza pubblica sono infatti nella possibilità di espandere l’azione delle loro banche di sviluppo in molteplici campi dell’attività economica e supportando il tessuto produttivo domestico. Con queste azioni si viene quindi a determinare un vantaggio competitivo per i paesi europei più solidi a svantaggio di quelli più instabili. L’assenza di trasparenza e di omogeneità di trattamento contabile delle varie banche di sviluppo diffuse in Europa rende difficile quantificare questi vantaggi per i paesi dell’Europa centrale. Un possibile indicatore dell’effetto distorsivo dell’azione delle banche di sviluppo tedesche si può desumere dall’evoluzione di alcuni indicatori di efficienza operativa (grafico 1.2). Con l’intensificarsi della crisi gli istituti tedeschi hanno visto ridursi l’incidenza del margine d’interesse e aumentare i costi operativi, segnale del fatto che la loro operatività si sta ampliando in ambiti prima non trattati e la cui redditività, anche per il contesto di bassi tassi d’interesse, è molto contenuta. 21
Grafico 1.2 - Germania: redditività e efficienza delle banche di sviluppo (indice 100 =2008) Note: valore medio di KfW e di altre 9 banche di sviluppo regionale. Fonte: Deutsche Bank. 1.2.2 Effetto degli Institutional Protection Schemes (IPS) La Capital Requirements Regulation (CRR; EU no. 575/2013) consente agli istituti di credito che hanno deciso di costituire un sistema di protezione istituzionale (Institutional Protection Scheme; IPS) delle importanti esenzioni. Un IPS è definito dall’articolo 133(7) della CRR come “un accordo di responsabilità contrattuale o previsto dalla legge che tutela gli enti partecipanti e, in particolare, garantisce che abbiano liquidità e solvibilità sufficienti a evitare il fallimento, ove necessario”. In altri termini, un IPS è un meccanismo di solidarietà tra istituti di credito che non implica necessariamente la costituzione di un gruppo bancario. I partecipanti all’IPS mantengono infatti l’autonomia giuridica e sono generalmente soggetti singolarmente alla vigilanza da parte autorità nazionali competenti (ANC) o della Banca Centrale Europea (BCE). 22
Un IPS può essere formato da enti non significativi, e quindi soggetti alla vigilanza delle ANC, oppure significativi, e per tale motivo sottoposti alla vigilanza unica europea in capo alla BCE5. In Europa sono più diffusi IPS che riguardano enti non significativi, e specificatamente banche cooperative o di risparmio. Se l’IPS è formato solo da enti non significativi, la procedura di valutazione del rispetto dell’articolo 113(7) della CRR sarà in capo all’ANC. Se invece saranno presenti solo enti significativi, allora la responsabilità sarà della BCE. Nei casi misti ANC e BCE dovranno coordinarsi. Non esistono dei criteri oggettivi che gli IPS devono rispettare. La valutazione è quindi lasciata agli organi di vigilanza. BCE (2016)6 ha però esplicitato alcuni requisiti regolamentari che un IPS deve rispettare per poter essere riconosciuto. In generale, l’IPS deve dimostrare di essere in grado di offrire un sostegno sufficiente qualora un ente partecipante si trovi a fronteggiare gravi problemi finanziari in termini di liquidità e/o solvibilità. Nella CRR non si specifica quando e secondo quali modalità l’IPS deve attivarsi al fine di evitare l’insolvenza. L’IPS deve dotarsi di meccanismi preventivi. Come stabilito dall’articolo 133(7c) della CRR, l’IPS deve esercitare un’influenza sugli enti partecipanti. Può farlo ad esempio dando delle raccomandazioni, comminando delle multe nel caso di mancato rispetto degli impegni, fino all’espulsione nei casi più gravi. L’IPS non può però intromettersi nell’autonoma gestione dei singoli istituti partecipanti. Il contributo che ogni partecipante deve versare all’IPS deve essere commisurato al suo grado di rischio, misurato attraverso adeguati parametri, al fine di disincentivare l’azzardo morale. Nel caso in cui tutte le misure preventive non siano sufficienti ad evitare 5 Un ente creditizio è considerato significativo se sono soddisfate le seguenti condizioni: i) il totale attivo supera 30 miliardi di euro; ii) il totale supera 5 miliardi e il rapporto tra le attività transfrontaliere in più di un altro Stato membro e il totale attivo supera il 20% iii) è una delle tre banche più significative del Paese in cui opera; iv) riceve assistenza diretta dall’European Stability Mechanism (ESM) o dall’European Financial Stability Facility (EFSF). Gli enti significativi, che in Europa sono circa 120 e rappresentano l’82% degli attivi bancari dell’Area euro, sono sottoposti alla vigilanza da parte della BCE. Gli enti che non rientrano in una delle 4 condizioni sono considerati non significativi, e per tale motivo sono assoggettati alla vigilanza da parte dell’ANC. 6 BCE, Guida sull’approccio per il riconoscimento dei sistemi di tutela istituzionale a fini prudenziali, Vigilanza Bancaria, luglio 2016. 23
l’insolvenza, l’IPS deve attivarsi prontamente qualora gli interventi alternativi, previsti ad esempio nei piani di risanamento, non siano sufficienti per evitare il dissesto. Da un punto di vista organizzativo, ogni ente partecipante deve dotarsi permanentemente di un singolo punto di contatto con l’IPS in modo da facilitare le comunicazioni e coordinare efficacemente le azioni volte al rispetto degli impegni sottoscritti. La CRR prevede nei fatti la costituzione di tre diverse tipologie di IPS. La prima (Tipo 1a) è quella in cui vengano rispettati i principi generali dell’articolo 113(7). La seconda tipologia (Tipo 1b) prevede in aggiunta che il gestore dell’IPS rediga anche un bilancio consolidato o un calcolo aggregato esteso, da cui emerga la compliance ai requisiti minimi di capitale anche per l’intero IPS, oltre che a livello individuale (articolo 49(3)). La terza e ultima tipologia (Tipo 2) richiede, oltre alla redazione di un bilancio consolidato, anche la presenza di un sistema di controgaranzia. In base all’articolo 84(6), tale sistema di controgaranzia deve prevedere che non vi siano rilevanti impedimenti di diritto o di fatto, attuali o previsti, che ostacolino il trasferimento di capitali e liquidità da un ente creditizio ad un altro nell’ambito del network. All’articolo 3(127) della CRR si prevede inoltre che il periodo minimo di preavviso per l'uscita volontaria di una filiazione dal regime di responsabilità è di dieci anni e che l'autorità competente ha il potere di vietare l'uscita volontaria di una partecipante dal regime di responsabilità. All’autorità competente spetta il compito di vigilare sull’adeguatezza e il rispetto degli accordi contrattuali. Un approccio alternativo agli IPS adottato in alcuni paesi dell’Area euro è costituito dai Gruppi Bancari Cooperativi (GBC). Rispetto agli IPS, gli enti partecipanti ai gruppi bancari cooperativi hanno minore autonomia gestionale. A livello centrale vengono definiti e verificati il rispetto dei requisiti in termini di controllo interno e gestione dei rischi. Anche la politica creditizia è definita a livello centralizzato. Il controllo esercitato dalla capofila sulle affiliate non implica necessariamente che questa debba possedere quote di partecipazione. Può esserci in altri termini una separazione tra controllo e proprietà delle affiliate. 24
La CRR prevedere diversi vantaggi per gli istituti che partecipano ad un IPS/GBC7, come sintetizzato nella tavola 1.8: 1) alle esposizioni verso gli altri partecipanti all’IPS/GBC è assegnata una ponderazione per il rischio pari a zero. In altri termini, tali esposizioni non implicano un assorbimento di capitale alla luce delle regole di Basilea. Come conseguenza diretta del rilascio di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 113(7) della CRR, gli enti possono applicare in via permanente il metodo standardizzato a tali esposizioni (articolo 150, paragrafo 1, lettera f, della CRR); 2) alle esposizioni verso gli altri partecipanti all’IPS/GBC non si applicano i limiti verso le grandi esposizioni, previsto dall’articolo 395(1) della CRR; 3) è prevista l’esenzione dalla detrazione, su base individuale, di strumenti di fondi propri detenuti di un soggetto partecipante ad un IPS che di cui la banca abbia un investimento significativo (articolo 49(3) della CRR). L’IPS in questo caso è tenuto a redigere un bilancio consolidato o un calcolo aggregato esteso certificato da un revisore esterno; 4) le partecipazioni di minoranza risultanti all'interno dell’IPS possono essere riconosciute integralmente nell’ambito del capitale primario di classe 1 consolidato (CET 1) senza dover subire alcuna detrazione (articolo 84(6) della CRR). In tal caso l’IPS deve redigere necessariamente un bilancio consolidato e disporre di un sistema di controgaranzia; 5) è presente una deroga, sulla base dell’articolo 8(4) della CRR, all’applicazione dei requisiti di liquidità previsti da Basilea III (liquidity coverage ratio, LCR); 6) è applicata una percentuale di deflusso più bassa e di afflusso più elevata ai fini del calcolo del requisito di copertura della liquidità di Basilea III (Net Stable Funding Ratio, NSFR) ai sensi dell’articolo 422(8) e dell’articolo 425(4) della CRR, in combinato disposto con gli articoli 29 e 34 dell’atto delegato sul requisito di copertura della liquidità. 7 Si veda al riguardo BCE, Guida sull’approccio per il riconoscimento dei sistemi di tutela istituzionale a fini prudenziali, Vigilanza Bancaria, luglio 2016, e Choulet Céline, Institutional protection systems: are they banking groups?, BNP Paribas Economic Research, gennaio 2017. 25
Tavola 1.8 - Deroghe derivanti dall’adesione a IPS/GBC IPS GBC Tipo 1a Tipo 1b Tipo 2 (CRR art. 113(7)) (CRR art. 49(3)) (CRR art. 84(6)) (CRR art. 10) Caratteristiche Bilancio consolidato o calcolo aggregato esteso SI SI SI SI Sistema di controgaranzia NO NO SI NO / SI A. Compliance con i requisiti minimi di capitale SI SI 1. A livello individuale SI SI (con possibili (con possibili deroghe) deroghe) 2. A livello consolidato NO SI SI SI B. Deroghe su base individuale (CRR 575/2013) Risk-weight pari a 0 per le esposizioni verso altri membri del 1. SI SI SI SI gruppo/network Limiti alle grandi esposizioni non applicati per le esposizioni 2. SI SI SI SI verso altri membri del gruppo/network Possesso di titoli di capitale emessi da membri del 3. NO SI - - gruppo/network non dedotti Parzialmente o Partecipazioni di minoranza nel gruppo/network incluse nel per intero in base 4. NO - SI common equity Tier 1 al sistema di controgaranzia C. Compliance con i requisiti del liquidity coverage ratio (LCR) SI SI 1. A livello individuale SI SI (con possibili (con possibili deroghe) deroghe) 2. A livello consolidato NO NO SI SI D. Deroghe al net stable funding ratio (NSFR) SI SI SI SI Fonte: CER e Choulet (2017). Nella tavola 1.8 sono anche riportate le deroghe previste dalla CRR per IPS, in base alla loro tipologia, e per i GBC. È utile sottolineare come i vantaggi dei GBC risultino pressoché allineati a quelli degli IPS di tipo 2. Cruciale è però l’eventuale presenza e le caratteristiche del sistema di controgaranzia nell’ambito dei GBC, aspetto da cui dipende la deroga prevista dall’articolo 84(6) della CRR relativamente alla valutazione delle partecipazioni di minoranza. Se le deroghe previste dalla CRR per IPS e GBC sono tendenzialmente analoghe, risulta però profondamente diverso il livello di integrazione esistente tra gli enti partecipanti. Negli IPS il livello delle funzioni centralizzate è infatti limitato e l’entità centrale dello schema di protezione non può dare indicazioni vincolanti sulla gestione delle singole banche locali, che mantengono la loro 26
autonomia giuridica e libertà di azione su politiche creditizie e di marketing. Viceversa, nei GBC il livello di centralizzazione delle funzioni è molto elevato e l’entità centrale può dare indicazioni vincolanti sulla gestione delle banche locali, che perdono quindi la loro autonomia. Queste differenze in termini di livello di integrazione e di autonomia gestionale possono avere importanti conseguenze sui modelli di business dei network di banche che aderiscono a un IPS rispetto che a un GBC. È utile in questo quadro analizzare l’entità delle deroghe previste dalla CRR effettivamente utilizzate dagli IPS e i GBC operanti in Europa. A tal fine sono stati considerati i dati dell’European Banking Authority (EBA) sull’EU-wide transparency exercise condotto nel 2017 e che ha riguardato 132 banche significative operanti in 25 paesi dell’Unione Europea e dell’Area Economica Europea. Le banche del campione EBA sono state quindi distinte in tre diversi aggregati (per i dettagli sulla composizione degli aggregati si veda la nota alla tavola 1.9): 1) quelle aderenti a GBC, con il dettaglio di quelle di minore dimensione; 2) quelle facenti parte di IPS, distinguendole a loro volta tra le capogruppo di IPS di tipo 2 e i principali membri dell’S-Group tedesco, IPS di tipo 1b; 3) restante tipologie di banche che non fanno parte né di IPS né di GBC. Nello specifico, i GBC hanno una risk density del 17,7%, mentre per gli IPS è dell’11,1%. Guardando alle sottocategorie si nota comunque che per i GBC di minore dimensione e le capogruppo di IPS la risk density è allineata a quella della banche che non aderiscono a IPS/GBC. Relativamente alle capogruppo di IPS va però sottolineato che queste, svolgendo una funzione centralizzata di funding per tutto il network, possono evidenziare livelli di risk density ben più elevati rispetto alle altre banche locali che aderiscono all’IPS. Con riguardo alle partecipazioni di minoranza delle banche significative europee, si osserva come queste pesino in media per il 3% del common equity Tier1 (tavola 1.10). Le banche che non aderiscono a IPS/GBC hanno un’incidenza leggermente inferiore (2,9%), evidenziando anche in questo caso come la deroga prevista dalla CRR dia un vantaggio effettivo per IPS/GBC. 27
Tavola 1.9 - Esposizioni verso istituzioni finanziarie delle banche europee significative (dati relativi al 30/06/2017) RWA / valore esposizione T otale banche vigilate da BCE 20,0% Gruppi bancari cooperativi 17,7% di minore dimensione 21,3% IPS 11,1% Capogruppo di IPS consolidati 21,8% Principali membri S-Group 9,7% T otale al netto GBC e IPS 21,0% Note: I gruppi bancari cooperativi di minore dimensione includono OP Financial group, Crédit Mutuel Group e Coöperatieve Rabobank. Nel totale dei GBC sono inclusi Groupe BPCE e Groupe Crédit Agricole. Le capogruppo di IPS consolidati includono Erste Group Bank AG, Raiffeisen Bank International AG e Banco de Crédito Social Cooperativo. Tra i membri dell'S-Group sono considerati Bayerische Landesbank, DekaBank Deutsche Girozentrale, Landesbank Baden-Württemberg e Norddeutsche Landesbank Girozentrale. Nella tabella sono riportati valori medi ponderati in base alla dimensione degli istituti. Fonte: elaborazioni CER su dati EBA. Tavola 1.10 - Partecipazioni di minoranza e titoli di capitale delle banche europee significative (dati relativi al 30/06/2017 in % del common equity Tier1) Partecipazioni di Titoli di capitale emessi minoranza da istituzioni finanziarie Totale banche vigilate da BCE 3,0% 1,1% Gruppi bancari cooperativi 2,8% 0,0% di minore dimensione 0,6% 0,0% IPS 7,3% 0,0% Capogruppo di IPS consolidati 16,1% 0,0% Principali membri S-Group 0,0% 0,0% Totale al netto GBC e IPS 2,9% 1,3% Note: per la composizione degli aggregati si veda la tavola 1.9. Nella tavola sono riportati valori medi ponderati in base alla dimensione degli istituti. Fonte: elaborazioni CER su dati EBA. 28
Guardando però al dettaglio, si nota come in realtà siano solo gli IPS a trarre beneficio dalla deroga sulle partecipazioni di minoranza. L’incidenza sul CET1, pari al 2,8%, per i GBC è ancora più bassa rispetto alle banche che non aderiscono a IPS/GBC. Considerando i soli GBC di minore dimensione il dato scende ulteriormente allo 0,6%. Per gli IPS, invece, le partecipazioni di minoranza pesano per il 7,3% del CET1. Questo dato, però, nasconde una diversa distribuzione tra le due componenti: per le capogruppo di IPS di tipo 2 l’incidenza è pari al 16,1%, mentre è nulla per quelle aderenti a IPS di tipo 1b non potendo usufruire della deroga prevista dall’articolo 84(6) della CRR. I principali membri dell’S-Group non sembrano comunque nemmeno usufruire della deroga circa l’esenzione dalla detrazione di strumenti di fondi propri detenuti di un soggetto partecipante all’IPS. Questa evidenza non esclude però la possibilità che componenti del network di minore dimensione facciano comunque uso di questa deroga. Più complessa risulta l’analisi degli effetti delle deroghe sull’LCR e il NSFR. Per entrambi gli indicatori, infatti, non si dispongono di informazioni accurate a livello di singola banca/network essendo diventati operativi solo a partire dall’anno in corso. Una valutazione di massima può essere fatta solo con riferimento all’LCR. Dal bilancio consolidato del sistema di protezione austriaco B-IPS (si veda §2.4.2) si riscontra come l’LCR sia pari al 140,3% a fine 2017 e al 138,8% a fine 2016. Dai dati del Comitato di Basilea (2018)8 su un campione di grandi banche europee si osserva invece un livello dell’LCR pari al 136,4% al primo semestre del 2017 e al 130,4% a fine 2016. Sulla base di queste informazioni il B-IPS risulta avere un livello di LCR superiore a quello medio delle grandi banche europee, un gap che potrebbe essere quanto meno in parte attribuibile alle deroghe previste dalla CRR9. 8 Comitato di Basilea, Basel III Monitoring Report, March 2018. 9 Per un’analisi più approfondita e accurata sarà necessario disporre di maggiori informazioni a livello di singolo istituto bancario, allo stato non disponibili. 29
1.2.2.1 Le caratteristiche degli IPS nell’Area euro Sono tre i paesi europei in cui sono stati autorizzati IPS: Austria, Germania e Spagna (tavola 1.11). Nel complesso, e sulla base dei dati relativi al 2017, circa il 40% delle banche dell’Area euro aderisce ad un IPS, per una quota di mercato Tavola 1.11 - Institutional protection schemes (IPS) attivi nell'Area euro (dati relativi al 2017) Totale attivo Paese Nome Tipologia Gestore Banche aderenti consolidato (in mld€) DSGV (associazione delle 404 casse di risparmio Sparkassen- Network di casse di casse di risparmio 7 Landesbanken 2.129,5 Finanzgruppe (S-Group) risparmio tedesche) diverse banche con funzioni speciali 915 Volksbanken and Raiffeisen banks Germania Genossenschaftliche BVR (associazione delle FinanzGruppe Network di banche DZ Bank banche cooperative 1.243,3 Volksbanken cooperative WGZ Bank tedesche) Raiffeisenbanken diverse banche con funzioni speciali Totale 3.372,8 474 Raiffeisen banks Network di Raiffeisen RBI Group RBI AG RBI AG 221,4 banks diverse banche con funzioni speciali 46 casse di risparmio Network di casse di Erste Group Erste Bank Erste Bank 220,7 Austria risparmio diverse banche con funzioni speciali Osterreichische 10 Volksbanken Volksbanken- Network di OGV VBW 24,5 Aktiengesellschaft Volksbanken banks (VBAG) diverse banche con funzioni speciali Totale 245,9 Network di casse di 19 Cajas Grupo Cooperativo Banco de Crédito Social risparmio e banche 40,5 Cajamar Cooperativo S.A. Banco de Crédito Social Cooperativo cooperative S.A. Spagna Network di casse di 5 Cajas Grupo Cooperativo risparmio e banche Caja Rural de Almendralejo 2,3 Solventia cooperative Caja Rural de Almendralejo Totale 42,8 Totale IPS 3.661,4 Fonte: elaborazioni CER su dati di bilancio. 30
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