La Voce del Leone La Via della Seta - Popoli,Culture e Tradizioni in viaggio
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
La Voce del Leone I.I.S. “Roncalli” Anno XIV n° 5 Marzo 2020 La Via della Seta Popoli,Culture e Tradizioni in viaggio
La Voce del Leone contatti: Facebook.com/giornalinoLaVocedelLeone Anno XIV n°5 Marzo 2020 Blog: La-voce-del-leone 1.webnode.it IN QUESTO NUMERO: 5-6 Storia della seta 7-8 Damasco Editoriale 11-13 Mogao 16-17 Turpan 14-15 La Grande Muraglia 18-20 L'Esercito di terracotta Le nostre rubriche: 21-23 Le Grandi Biografie a cura di Domenico Vaia 24 L'ultima pagina a cura della Redazione La Copertina a cura di Tommy Laurino
Pag.2 Editoriale “Al tempo del corona-virus”,espressione orma di uso comune e diffuso,la nostra Redazione ha deciso di continuare a far uscire La Voce del Leone. Rigorosamente in modalità “smart working”,i ragazzi lavorano e inviano a chi scrive i loro articoli,continuando a distanza un'attività che li interessa e li coinvolge e che fa de “La Voce del Leone” molto di più,e di diverso,di un progetto scolastico. Abbiamo iniziato ad Ottobre un viaggio virtuale nel “magico mondo” dei Siti Patrimonio dell'Umanità e in questo numero,il sesto dell'anno scolastico in corso,il nostro Leone ha scelto di percorrere la mitica “Via della Seta”. Questa millenaria via ,che va da Occidente ad Oriente e viceversa, attraversa molte Nazioni e molte epoche storiche e rappresenta,non solo sul piano culturale ed economico,un esempio “unico” di cooperazione e scambio tra esseri umani che merita, sicuramente, un viaggio. Secondo le agenzie di viaggio occorrerebbero più di 40 giorni per percorrerla tutta; ma ,a mio modesto avviso, ne servirebbero molti di più per goderne le bellezze. È improprio parlare di Via della Seta perché,per dir la verità,i percorsi disponibili,proprio restringendo al massimo,sono due. L'UNESCO precisa che l'estensione totale di questi percorsi,dell'ordine di 35.000 Km totali, è suddivisibile in due fasci di strade,uno settentrionale ed uno meridionale. Il primo,partendo da Xi'An, si ramifica in tre percorsi che si riuniscono nell'antica Sogdiana (Uzbekistan e Tagikistan) e,attraverso l'Afghanistan e l'Iran fino a Baghdad e da lì ,sfruttando in parte il corso del fiume Eufrate,raggiungono il Mediterraneo. I percorsi meridionali invece,detti Vie del Karakorum, vanno dalla Cina al Pakistan e da qui all'Oceano Indiano, da dove si raggiungono il Mar Rosso e il Golfo Persico. Nel numero che state per leggere percorrerete con noi il ramo settentrionale. Non mi resta quindi che augurarvi una BUONA LETTURA. Patrizia Davini
Pag.3 La Via della Seta La Via della Seta è quell'insieme di percorsi carovanieri e rotte commerciali che congiungeva l'Asia Orientale, e in particolare la Cina, al Vicino Oriente e al bacino del Mediterraneo, lungo il quale nei secoli hanno transitato carovane di cammelli carichi di seta, prezioso materiale di cui la Cina ha conservato a lungo il "segreto" della sua lavorazione. Così riusciva a garantirsi il monopolio del tanto ricercato tessuto, che trovava acquirenti fin nell'Impero Romano, a occidente. La Via della Seta fu iniziata nel 114 a. C. nel periodo della dinastia Han (206 a. C. -- 220 d. C.), e sopravvisse fino almeno al XV secolo, circa 150 anni dopo Marco Polo, quando si aprirono le vie marittime. Raggiunse un'estensione di oltre 8000 chilometri, e oltre a essere una via commerciale era un potente mezzo di scambio di informazioni, persone, idee. Su quelle strade, a dire il vero, si sono incrociati profumi, spezie, oro, pelli, metalli, porcellane, medicinali e quant'altro bene fosse disponibile nel primo millennio dell'Era cristiana. Per non parlare di ambascerie, eserciti, missionari ed esploratori. Eppure fu proprio la seta, il prezioso e fin dall'inizio costosissimo tessuto dall'origine ammantata di mistero, a permettere che quegli scambi commerciali e culturali cominciassero a fiorire. All'inizio dell'estate del 53 avanti Cristo, precisamente 700 anni dopo la fondazione di Roma, sospinto dall'invidia per i trionfi militari di Cesare e Pompeo, Marco Licinio Crasso partì alla volta della Persia al comando di sette legioni, per sfidare l'esercito dei Parti a tornare a Roma carico di bottino e onori. Le cose non andarono proprio secondo le previsioni del povero Crasso il quale, uomo di commerci più che di battaglie, pagò quell'imprudenza con la vita, oltre che con una sonora sconfitta ricordata nella storia romana sotto il nome di battaglia di Carre. Per quanto funesto, però, quell'episodio segna la prima occasione in cui i Romani vennero in contatto con la seta, con la quale erano tessute le cangianti insegne innalzate dai guerrieri Parti. Nemmeno mezzo secolo dopo, la "serica" - così detta perché fabbricata dal lontano popolo dei Seri, come a Roma venivano chiamati i cinesi - era il più ambito simbolo della nobiltà romana, che ne faceva sfoggio in ogni occasione di mondanità, un po' come oggi. Separate da altri due grandi imperi - dei Parti in Persia e dei Kushana nei territori degli attuali Afghanistan e Pakistan - in quel periodo Roma e la Cina non vennero in contatto diretto, sebbene entrambe tentassero di inviare ambasciatori dall'altra parte del Mondo. Fu così che, per secoli, i Romani non seppero nulla circa l'origine della seta e della lavorazione necessaria per tesserla. Nella “Storia naturale” Plinio il Vecchio dice dei Seri che fossero "famosi per la lana delle loro foreste". E aggiungeva: "Staccano una peluria bianca dalle foglie e la innaffiano; le donne quindi eseguono il doppio lavoro di dipanarla e di tesserla". Dei bachi, incredibilmente, nessuna notizia! In Cina, d'altronde, il segreto di quel prodotto così fondamentale nei rapporti commerciali con il mondo occidentale era custodito con la massima cura, tanto che l'esportazione dei bachi da seta era proibita da una legge severissima.
Pag.4 Solo intorno al 420 dopo Cristo, durante la profonda crisi che divise la Cina nei tre imperi Wei, Wu e Shu, la figlia di un imperatore si rese colpevole di un crimine che, secondo la legge, era punibile con la morte. Concessa in sposa a un principe di Khotan - una delle città Stato del bacino del Tarim - per assecondare i desideri del marito, la "principessa della seta" riuscì a contrabbandare le uova dei bachi da seta e i semi di gelso, nascondendoli nell'ornamento della sua acconciatura. A quell'epoca, le città del bacino del Tarim - nell'attuale Regione autonoma cinese dello Xinjiang - erano tappe obbligate per chi, provenendo da Xi’an (allora Chang'an), percorreva il Gansu e si apprestava ad attraversare l'Asia centrale tra mille insidie. Il clima, innanzitutto, molto rigido d'inverno e torrido d'estate nelle depressioni del deserto del Takla Makan, metteva a dura prova gli uomini e gli animali, che avrebbero poi dovuto affrontare gli aspri passi del Pamir per scendere lungo le valli del Pakistan a dell'Afghanistan. In più, le carovane correvano un serio pericolo, poiché erano esposte agli attacchi degli Xiongnu, una popolazione di bellicosi nomadi del Nord che assaliva i viaggiatori che si avventuravano in quelle zone deserte. Attraverso quello stesso percorso, intorno alla metà del I secolo dopo Cristo, il Buddhismo fece il suo ingresso in Cina. Nata più di cinque secoli prima nelle inospitali vallate del Nepal, la nuova religione aveva ormai molti proseliti in India e i più intraprendenti si incamminarono lungo le piste della Via della Seta predicando il verbo del principe Siddharta, l'ormai famoso e venerato Buddha Sakyamuni.Dalla valle dell'Indo alle città dello Xinjiang, sono innumerevoli le testimonianze dell'arte religiosa buddhista, la cui popolarità esplose letteralmente in Cina sul finire del III secolo, quando tra Xi’an e Luoyang si contavano 180 istituti religiosi buddhisti e più di 3.000 monaci. Nonostante abbia vissuto una seconda età dell'oro grazie alle memorie dei viaggiatori medievali come Marco Polo a Ibn Battuta, intorno al VI-VII secolo la Via della Seta cominciò il suo lento declino, in parte per la scarsa stabilità politica dell'impero cinese nelle sue regioni più occidentali e poi per la spinta dell'Islam.Ma fu soprattutto la concorrenza di una nuova arteria commerciale a determinare lo spostamento d'interesse dei mercanti europei: l'India e la Cina venivano raggiunte via mare! Fin dai primi secoli dopo Cristo le imbarcazioni partivano dai porti del Mar Rosso o del Golfo Persico e, grazie all'aiuto dei monsoni, approdavano a Barygaza o Muziris, sulla penisola Indiana. A volte, il tragitto proseguiva fino alla Cina meridionale, doppiando la penisola indocinese. Pericolosi pirati assalivano spesso le navi di passaggio al largo della costa pakistana o di quella malese ma, a conti fatti, la via di mare era ormai decisamente più rapida a sicura della via di terra. Fatta eccezione per quanto è esposto al British e in altri musei europei, oggi le testimonianze dell'antica Via della Seta sono custodite nelle rovine delle città, delle fortificazioni, dei caravanserragli, delle torri di avvistamento che, da Xi’an a Petra, punteggiano l'Asia. Negli ultimi cinquant'anni, a quelle piste polverose si è sovrapposta una lingua d'asfalto. Il formidabile progresso economico che sta investendo il continente la trasformerà presto in una fantascientifica autostrada del Duemila, lungo la quale scorreranno le ricchezze a le speranze del nuovo capitalismo asiatico, lasciando così agli ultimi viaggiatori un’inguaribile nostalgia dell'epopea delle grandi esplorazioni! Daniel Prodan N.d.R : Questo articolo è apparso su La Voce del Leone -Anno X n° 5 Gennaio 2016
Pag.5 La seta tra storia e leggenda La storia della seta non ha inizio in una data precisa, ma è certo che le origini della sericoltura, ovvero la produzione della seta, risalgano a millenni avanti Cristo. Recenti studi dell’ University of Science and Technology of China su residui di proteine della seta prelevate nelle tombe del sito archeologico di Jiahu, nella provincia dell’ Henan, fanno risalire la lavorazione della seta a 8500 anni fa. Nonostante questo,da sempre, la tradizione cinese attribuisce la nascita della bachicoltura a una fortuita scoperta dell’imperatrice Xi Ling Shi. La leggenda narra che nel 3000 a. C. mentre l’imperatrice, moglie dell’imperatore Huang Di, sorseggiava del tè caldo all’ombra di un gelso, il bozzolo di un baco da seta cadde nella tazza e lei, grazie al calore della bevanda, riuscisse a ricavarne un filo lunghissimo. Storia, scienza e leggenda fanno comunque risalire la seta ad epoche antiche e molto lontane. Nell’antica Cina, la seta era prerogativa di imperatori ed imperatrici, che indossavano vesti preziose di colore giallo. Vestivano abiti di seta anche le persone di corte e i sacerdoti, ma nel tempo l’utilizzo della seta si diffuse in tutte le classi sociali più ricche. La seta era un bene di lusso e gli imperatori ne custodivano gelosamente i segreti della coltura e della lavorazione. Nonostante la “protezione” degli imperatori, i tessuti di seta iniziarono va a viaggiare lungo le vie commerciali che univano l’Oriente all’Occidente. Gli antichi romani ne erano affascinati e diventarono grandi utilizzatori, sebbene non conoscessero la composizione né l’origine della seta, come si deduce anche dal trattato naturalistico “Naturalis Historia” di Plinio il Vecchio: “I Seri sono famosi per la sostanza lanosa che si ottiene dalle loro foreste. Dopo un’immersione nell’acqua essi pettinano via la peluria bianca dalle foglie”. Caduto l’Impero romano d’Occidente, Costantinopoli, capitale dell’Impero romano d’Oriente iniziò a dominare i traffici commerciali nel Mediterraneo e i bizantini strinsero legami economici con la Cina, che rimaneva la maggiore produttrice di seta. Un ’altra leggenda narra che nel 552 d. C. due monaci provenienti dalla Cina con delle uova di baco nascoste, sembra all’interno di una canna, svelarono all’imperatore il segreto della bachicoltura.
Pag.6 L ’Impero romano d’Oriente iniziò a produrre e lavorare la seta, che divenne un settore fiorente dell’economia bizantina. Nel XIII secolo d. C., con l’espansione del mondo islamico, il baco da seta arrivò in Sicilia e l’Italia sviluppò una propria produzione del prezioso tessuto diventando il centro europeo più importante. Una delle testimonianze più antiche dell’arte della seta è stata realizzata nei laboratori reali di Palermo: il “mantello dell’incoronazione” del re Ruggero II d’Altavilla, re di Sicilia , oggi esposto presso il Weltliche Schatzkammer della Hofburg, il Museo imperiale di Vienna. L’iscrizione ricamata sull’orlo riporta: “Lavoro eseguito nella fiorente officina reale, con felicità e onore, impegno e perfezione, possanza ed efficienza, gradimento e buona sorte, generosità e sublimità, gloria e bellezza, compimento di desideri e speranze, giorni e notti propizie, senza cessazione ne rimozione, con onore e cura, vigilanza e difesa, prosperità e integrità, trionfo e capacità, nella Capitale di Sicilia, l’anno 528”. In Lombardia la produzione della seta fiorì nel XIV secolo: il duca Galeazzo Maria Sforza impose ai proprietari terrieri una piantumazione forzata di gelsi, pratica che lo zio Ludovico il Moro in seguito intensificò portando la regione ad essere una delle più conosciute per la produzione serica in Europa. Il primato dell’Italia rimase incontrastato fino al XVII secolo, quando iniziò ad emergere anche la Francia: nella zona di Lione, arrivarono artigiani provenienti da Catanzaro, che era sotto la dominazione francese. Tra le due Guerre, la bachicoltura cominciò a declinare e dopo la Seconda Guerra Mondiale scomparve del tutto. Ma in anni recenti la seta italiana è tornata ad essere un prodotto molto richiesto dalle aziende di moda e di lusso. Quindi, la storia della seta continua e da millenni, proprio come un filo prezioso, unisce culture, popoli e tradizioni. Chiara Giacomini
Pag.7 Dam asco La perla dell'Oriente Damasco è la capitale della Siria. Patrimonio UNESCO dal 1979.Nel 2008 fu eletta la capitale araba della cultura. È considerata una delle città più antiche della Mesopotamia e la sua storia affonda nella notte dei tempi. Secondo alcuni archeologici, i primi abitanti a Damasco furono più di 11000 anni fa. Con quasi 2000000 di abitanti è la città più popolata, alle origini gli abitanti erano di stirpe semitica, chiamati anche Aramei. Damasco fu dal 661 al 750 la capitale del Califfato Omayyade e fu solo con la vittoria degli Ab-basidi che la corte fu spostata a Baghdad. La decadenza di Damasco non fu solo politica per tutto il periodo abbaside (750-878 d. C.); ma Nella città vecchia, troviamo molti monumenti più antichi e più belli. Il centro è diviso dalla via principale della città romana, la Via Recta, che corrispondeva al decumano massimo. Nella zona est, risiedevano i cristiani e gli ebrei, separati: a nord i cristiani, nel quartiere denominato, Bāb Tūmā, e a sud gli ebrei, nel quartiere (Harat al-Yahūd), per la maggior parte esuli. dominazione mamelucca nel secolo successivo. In età ottomana decadde nuovamente trasformandosi in una cittadina di modesta rilevanza economica, pur mantenendo un certo prestigio culturale. Possiamo dire che questa città non ha mai avuto pace in tutta la sua esistenza, perché era un punto strategico per le guerre e altro, quindi molti popoli volevano conquistarne il territorio, infatti tutt’ora troviamo la città messa molto male, con le macerie ancora per le strade e al centro di un conflitto sanguinoso. Tuttavia, e nonostante questo, la Profumata,Al Fayha come la chiamano gli arabi, è una città ricca di fascino e di suggestioni;il soprannome di Profumata deriva certamente dalle intense note olfattive che i negozi di spezie della città antica diffondono dintorno.
Pag.8 La Città Vecchia è diventata un Patrimonio UNESCO nel 1979 ,come dicevamo all'inizio, e adesso vediamo perché. Nella città vecchia, troviamo molti monumenti più antichi e più belli. Il centro è diviso dalla via principale della città romana, la Via Recta, che corrispondeva al decumano massimo. Nella zona est, risiedevano i cristiani e gli ebrei, separati: a nord i cristiani, nel quartiere denominato, Bāb Tūmā, e a sud gli ebrei, nel quartiere (Harat al-Yahūd), per la maggior parte esuli. La parte occidentale della città vecchia era riservata ai musulmani e in questa zona della città si trova il maggior numero di monumenti. Fuori dalle mura, sotto le mura della cittadella, vi è la statua in bronzo del Saladino a cavallo con ai piedi Rinaldo di Châtillon e Guido di Lusignano, che commemora la vittoriosa Battaglia di Hattin. Al grande condottiero è dedicato anche un Mausoleo che ne custodisce le spoglie mortali costruito dal fratello Al-Ādil,più ʿ noto con il nome “Safedino”. L'edificio terminato nel 1196 accolse il Saladino tre anni dopo la sua morte. Importante edificio degno di una visita è senza dubbio la Grande Moschea degli Omayadi,costruita nel 705 d. C. dal califfo al-Walid ibn Abd al-Malik, si impone per i suoi tre minareti. Da vedere anche la Moschea di Solimano del 1556 e poi il famoso Khan di Azim Pascià del XVIII secolo che è il più famoso Caravanserraglio di Damasco. Prima di lasciare la città,però, è necessario fare un giro in uno dei suoi pittoreschi mercatini dove è possibile acquistare preziosi tessuti di seta( ad Al Harir), preziosi gioielli ( ad Al Sagha) e profumate spezie (a Bzuriyeh). Khystyna Klyusyk
Pag.9 Sa m a rcanda La fortezza di pietra Prima di partire con un po' di storia della città e poi dirvi i luoghi da visitare, vorrei sfatare un mito. Purtroppo parecchie parti della città sono in stile sovietico,cioè caratterizzate da condomini squadrati ,che sembrano uscire fuori da tetris, e da strade con molte corsie. Ciò è dovuto agli anni trascorsi sotto l'influenza della Russia Sovietica e nella formazione della “Repubblica” Socialista. Tuttavia, con il tempo, gli abitanti si sono rimboccati le maniche e hanno levato quella sensazione di degrado e di pesantezza architettonica sovietica modernizzando e migliorando l'aspetto di quei quartieri così importanti per l'economia della città. Non ci sono quindi ad aspettarvi piccole case giallo ocra, rossastre o begioline con accenni in lontananza di cupole blu delle moschee se non nella città vecchia. Pillole di storia Samarcanda è certamente uno dei gioielli storici più interessanti che potrete trovare lungo la Via della Seta. Al centro dell'Eurasia da circa 2700 anni è al centro della Storia e crogiolo di molti imperi e di grandi dinastie persiane, arabe e turco-uzbeke. Samarcanda,la fortezza di pietra (il lingua sogdiana samar = pietra/roccia e kand = fortezza) ,fu fondata tra il VII e VI secolo a. C. e divenne in poco tempo la capitale della satrapia della Sogdiana sotto gli Achemenidi, aumentando la sua importanza e fiorendo. La fioritura s'interruppe con la conquista da parte di Alessandro Magno nel 329 a. C., ma ripartì con l'arrivo dei Sassanidi e la costituzione del Secondo Impero Persiano nel 224 d. C. Tra il VI e il XIII secolo ,con gli invasione degli arabi, la città si ingrandì e divenne molto popolosa,tanto da superare il numero degli abitanti odierni, e crescendo in importanza per la sosta delle carovane di mercanti divenendo una delle città più ricche della cultura islamica. Ma fu saccheggiata nel 1220 dai mongoli ed impiegò molti anni a riprendersi. Tamerlano,grande condottiero mongolo, nel 1370 fece di Samarcanda la capitale del suo impero e nei suoi 35 anni di regno riportò in auge il nome della città ancora zoppicante dopo il saccheggio perpetrato dai Mongoli nel 1220.
Pag.10 Il nipote di Tamerlano, Ulugh Beg, continuò l'opera del nonno creando varie scuole adibite allo studio della Matematica e della Astronomia. Il lento declino iniziò nel XVI secolo quando Bukhara divenne la nuova capitale del Regno degli Uzbeki. La città finì nelle mani dell'Impero Russo nel 1868 rimanendo sotto l'influenza del governo di Mosca anche dopo la Rivoluzione del 1917 e la creazione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Liberatasi dal giogo sovietico solo il 25 dicembre 1991 è diventata una delle città turistiche più importanti dell' Uzbekistan. Cosa vedere: Cuore della Samarcanda antica è il Registan, una piazza sulla quale si affacciano le tre madrase (le scuole islamiche) più importanti: Madrasa di Ulegh Beg, Madrasa diTilya-Kori Madrasah e Madrasa di Sher dor (consigliatissima la visita dopo il tramonto). E non vi dico tutti i mausolei e siti storici da vedere, ma non dimenticate di visitare il Mausoleo di Gur-e Amir o di Tamerlano e il Mausoleo di Khoja Doniyor che ospita il sarcofago del profeta Daniele, lungo ben 18 metri. Una curiosità: una leggenda dice che il corpo del profeta si allunga di 1 cm l'anno e questo giustificherebbe la grandezza del sarcofago. Ovviamente ci sono numerose moschee, per non parlare dei bazar; una spicca fra tutte ed è la magnifica Moschea di Bi bi-khonym costruita da Tamerlano dopo la campagna contro la città di Delhi. Ovviamente non posso tralasciare i bazar fra i quali i più importanti sono: Chorsu Bazar, Siab Bazar e Yangi Bazar. La cosa che vi raccomando maggiormente è quella di perdersi nelle strade della città vecchia e nel caso seguire le indicazioni degli abitanti per scoprire piccole perle e capire meglio lo spirito. Pietro Vezzaro
Pag.11 Le Grotte di Mogao “Una perla scintillante che adorna la Via della Seta” Le Grotte di Mogao, anche note come le "Grotte Occidentali dei Mille Buddha", sono uno dei tesori d'arte buddhista più famosi e preziosi di tutta la Cina. Un detto cinese le definisce "una perla scintillante che adorna la Via della Seta" e sono diventate Patrimonio UNESCO nel 1987. La storia di questa “perla scintillante” parte da una leggenda secondo la quale un monaco chiamato Lezun sognò 1.000 Buddha mentre si trovava nella regione del Gansu e nel viaggio di ritorno verso casa convinse un ricco pellegrino a costruire il primo tempio e deciso a trasformare i suoi sogni in realtà iniziò a dipingere la sua visione sul muro di una grotta. La prima fu scolpita nel 366 d. C. Nei successivi 1.000 anni si susseguirono 10 differenti dinastie e gli artisti delle varie epoche contribuirono ad ampliare e modificare le caverne. I lavori alle grotte cessarono durante la dinastia Ming e da allora furono abbandonate e dimenticate. Nel corso del tempo le grotte si mantennero intatte e si preservarono dall'erosione naturale grazie alla loro posizione strategica. Ad oggi 492 grotte sono ancora in piedi e racchiudono un tesoro di 2.000 statue e oltre 45.000 m² di dipinti murali.
Pag.12 Questo vero e proprio tesoro d' arte buddhista rappresentano una meta turistica imperdibile e chiunque percorra la Via della Seta non può esimersi dal visitarle. Le Grotte di Mogao sono un vero e proprio santuario di tesori d’arte buddista. Una rete di cunicoli rinforzati da pilastri che si estende da Nord a Sud per 1600 metri fino alle aperture delle grotte, ornata da una struttura alta 50 metri e distribuita su cinque piani. I 1.600 metri di grotte furono scavate nella roccia arenaria durante il corso di 10 dinastie dal IV al XIV secolo. I 45.000 m² di dipinti murali e le oltre 2.000 statue dipinte sono considerate il più grande tesoro Buddhista al Mondo. Dove la superficie della roccia non si prestava bene agli scalpelli, gli scultori delle Grotte di Mogao misero statue di argilla a decorazione della grotta, disposte su pareti e soffitti appositamente dipinti.
Pag.13 La statua più grande è alta 34,5 metri e la più piccola solamente 2 centimetri. Ci sono più di 2.000 statue dipinte e scolpite 1.500 anni fa, di queste più di 1.400 sono ancora oggi ben conservate e si possono ammirare in tutto il loro splendore. Tra le raffigurazioni principali troviamo statue di Buddha, di Bodhisattva, di Studenti, del Dio del cielo, del Dio della Terra e dei Guardiani. Le pareti e i soffitti delle Grotte di Mogao sono decorati con dipinti murali colorati. Una delle parti più suggestive, è il cosiddetto "Santuario del Buddha". Gli esempi di arte buddhista visibili in queste spettacolari grotte sono di ispirazione indiana,infatti in India è nato il Buddhismo e da qui si è diffuso in Cina grazie agli scambi lungo la Via della Seta. Visitando le grotte vedremo numerose tracce di arte buddhista indiana, soprattutto nelle opere più antiche. Il Buddhismo infatti non ha avuto sempre la stessa fortuna nei secoli; a seconda dell'epoca in cui è stata decorata la grotta possiamo vedere stili e caratteri differenti nelle opere che la caratterizzano. Per proteggere le grotte, è stato stabilito un limite di visitatori: sono venduti un massimo di 6000 biglietti al giorno. Ilaria Ciappi Margherita Corti
Pag.14 La Grande Muraglia una costruzione lunare La grande muraglia consiste in una lunghissima serie di mura edificate nell'odierna Cina ed è l'unico monumento edificato dall'Uomo visibile dallo spazio. L’inizio della sua costruzione si può far risalire al IX secolo a. C. Per difendersi dagli attacchi delle minoranze etniche che vivevano nel nord, i governanti della Cina centrale collegarono le torri di vedetta con muraglie, formando alla fine la Grande Muraglia. Nel periodo dei Regni Combattenti (VII-VI sec. a. C.),gli stati di Qin, Wei, Zhao, Qi, Yan e Zhongshan costruirono ampie fortificazioni per difendere i propri confini. Costruite per resistere all'attacco di armi come spade e lance, queste pareti furono fatte perlopiù riempendo con terra e ghiaia lo spazio fra due pareti. Nel 221 a. C., dopo aver unificato la Cina, l’imperatore Qing Shihuang collegò le grandi muraglie costruite dai vari regni, in modo da formare una barriera al confine settentrionale, così da difendersi dagli attacchi delle popolazioni nomadi provenienti dalle praterie della Mongolia Interna. Allora la Grande Muraglia superava ormai i 5000 km. Dopo la dinastia Qin, la dinastia Han la prolungò fino a raggiungere i 10.000 km. L'idea di una Grande Muraglia fu ripresa nuovamente durante la dinastia Ming nel XIV secolo, dopo la sconfitta dell'esercito Ming da parte degli Oirats, nella battaglia di Tumu. I Ming non erano riusciti a ottenere una vittoria chiara sulle tribù della Manciuria e della Mongolia dopo le battaglie successive, e il conflitto che ormai durava da lungo tempo stava indebolendo l'impero. A differenza delle fortificazioni precedenti la costruzione Ming era più forte e più elaborata impiegando mattoni e pietra piuttosto che terra battuta. Si stima che siano state costruite fino a venticinquemila torri di guardia lungo il muro.
Pag.15 Poiché le incursioni mongole continuarono periodicamente nel corso degli anni, i Ming dedicarono notevoli risorse per riparare e rinforzare le mura. Prima dell’uso di mattoni, la grande muraglia era stata costruita principalmente utilizzando terra battuta, sassi e legno. Durante la dinastia Ming, tuttavia, i mattoni furono utilizzati in molte aree della parete, così come lo furono materiali come piastrelle, calce e pietra. Le dimensioni e il peso dei mattoni li rendeva più facili da lavorare rispetto alla terra e alla pietra, accelerando la costruzione. Inoltre, i mattoni potevano sopportare più peso e durare nel tempo meglio della terra battuta. D'altronde, la pietra può sopportare il proprio peso meglio dei mattoni ma è più difficile da lavorare; di conseguenza, le pietre tagliate in forme rettangolari sono state utilizzate per la fondazione e per i passaggi pedonali interni ed esterni. La stragrande maggioranza del muro è edificata con merli per la difesa; questi sono alti poco più di trenta centimetri e larghi poco più di venti; dai parapetti le guardie potevano controllare il terreno circostante. La comunicazione tra le unità dell'esercito lungo la lunghezza della Grande Muraglia, tra cui la possibilità di chiamare rinforzi e avvertire le guarnigioni riguardo i movimenti nemici, era di grande importanza: svariate torrette di segnalazione sono presenti sulle cime delle colline o in altri punti alti lungo il muro in modo da renderle facili le segnalazioni. I cancelli di legno forse erano usati come una trappola contro quelli che li attraversavano. Caserme, scuderie e armerie furono costruite vicino alla superficie interna del muro. In oltre 2000 anni di storia, i governanti di ogni periodo hanno costruito in varie dimensioni la Grande Muraglia, per una lunghezza totale superiore a 50.000 km, sufficiente a fare un giro completo della Terra. Nel 1987 è stata dichiarata dall'UNESCO Patrimonio dell’ Umanità e nel 2007 è stat inserita fra le sette meraviglie del Mondo. Florencia Torres N.d.R. : Questo articolo è apparso su La Voce del Leone – Anno X n° 5 Gennaio 2016
Pag.16 Turpan Un sentiero naturale lungo la Via della Seta Turpan è ,oggi, una città-prefettura della Repubblica Popolare Cinese e si trova nella regione dello Xinjiang. Abitata da 300 000 persone la maggior parte delle quali di etnia Uighur a cui si deve la cultura e i siti storici più interessanti. Il clima è molto secco e la temperatura può raggiungere,in alcuni periodi dell'anno,la temperatura de 45°gradi centigradi;questo ha fatto sì che le rovine dei siti archeologici abbiano un aspetto caratteristico,dato che le antiche città costruite con fango e argilla sono state letteralmente modellate dagli agenti atmosferici. Viaggiare a Turpan è relativamente facile perché è vicino a Urumuqi e lungo la linea ferroviaria e autostrada. Nelle vicinanze, è possibile vedere tante cose ad esempio salire sulle grandi dune di sabbia senza vegetazione, e vedere la Montagna Fiammeggiante, le rovine delle due antiche città di Gaochang e Jiaohe, un alto minareto chiamato Emin , l'antico sistema idrico karez, alberi di frutta, campi di uva e le caratteristiche case degli Uighur. La regione intorno a Turpan ha una storia di interazione e di conflitti fra molte etnie. Da poco tempo sono state scoperte le mummie delle Tombe Xiaohe ,vicino al confine occidentale di Xinjiang,che hanno rivelato l'origine caucasica degli abitanti originari della regione. La scoperta è stata possibile grazie allo studio del DNA di alcune mummie,risalenti all'Età del Bronzo, e dal corredo funebre ritrovato nelle tombe di stile europeo.
Pag.17 La città più antica è Jiaohe;risalente al 300 a. C, è tra quelle conservate meglio anche per via della sua posizione più elevata. Tuttavia,visitando la zona non si può tralasciare le rovine di Gaochang,la città fortezza,che a partire dal V secolo dopo Cristo è stata il punto di sosta preferito dalle carovane che percorrevano la Via della Seta poiché vi trovavano cibo ed acqua. Nei pressi della città si trovano le tombe di Astana,altra attrazione da non perdere. Le tombe erano di solito organizzati in base alle generazioni familiari. La maggior parte di esse hanno una scala in pendenza a circa 4-10 metri di altezza e una porta scavata nella roccia di circa un metro di larghezza e più di un metro di altezza. All'interno,i defunti avvolti in tessuti erano di solito sistemati in cassette di legno. Alcuni dei cadaveri hanno gli occhi coperti da monete di Bisanzio o di origine cinese. In una tomba sono stati rinvenuti numerosi tipi di dolci e focacce. Sono stati trovati libri e manoscritti. Proseguendo il nostro viaggio non possiamo tralasciare di visitare le Grotte dei Mille Buddha Bezeklik (柏孜克里千佛洞 BózīkèlǐQiānfódòng) risalenti ad un periodo che va dal V al XIV secolo d,C. Le Grotte sono dipinte e raffigurano persone di etnia diversa( Caucasici, indiani, cinesi e mongoli) in scene di vita quotidiana o in atteggiamenti religiosi. L'ultima tappa è costituita dalle Montagne Fiammeggianti, che si trovano sul crinale che segna il confine settentrionale di Depressione Turpan, sono colline sterili ed erose in arenaria rossa, situate nella catena montuosa dello TienShan in Xinjiang. Si trovano nei pressi del bordo settentrionale del deserto di Taklamakan, ad est della città di Turfan e sono dei picchi e delle valli sono stati modellati da anni di attività vulcanica che ha fatto colare molta lava per i suoi pendii, facendoli sembrare in fiamme in alcuni momenti del giorno. Le montagne sono lunghe 98 chilometri e larghe 9, ed attraversano il bacino del Tarim da est ad ovest. La loro altezza media è di 500 metri. Il clima è duro, e la temperatura è estremamente alta in estate; è il punto più caldo della Cina e raggiunge i 50 °C o oltre. Insomma una meta da non perdere nel nostro viaggio lungo la Via della Seta. Valentina Leo Genni Nebiu
Pag.18 Un esercito unico al Mondo L’Esercito di Terracotta è considerato uno dei più importanti siti archeologici del Mondo e una delle più grandi scoperte del XX secolo. Si trova a circa 30km da Xi’an,la prima capitale dell'Impero Cinese. L’Esercito di Terracotta è stato costruito per proteggere la tomba del Primo Imperatore della Cina, Qin Shihuang, e per accompagnarlo nell’aldilà: i migliaia di soldati a grandezza naturale rappresentano l’esercito dello Stato che trionfò sugli avversari e permise al primo Imperatore di unire la Cina in un unico grande impero. La creazione di questo capolavoro richiese circa quarant'anni di lavoro e più di 700 mila artigiani. Il primo imperatore,Qin Shihuang, da cui la Cina prende il nome, prima di morire commissionò la creazione di un grande esercito di terracotta che lo proteggesse e lo accompagnasse nell'aldilà perché voleva dimostrare la sua grande potenza e mantenere lo status di primo e grande imperatore anche nell'oltretomba. L'Esercito di Terracotta è stato costruito a immagine dell'esercito che trionfò e conquistò tutti gli Stati avversari, permettendo a Qin Shihuang di unificare il territorio sotto un unico grande impero. Molti studi hanno rivelato che le teste, le braccia e i torsi furono creati separatamente e in seguito assemblati insieme. Per assemblare i pezzi insieme, gli artigiani utilizzarono un altro strato di argilla, in modo da modellare la superficie e dare origine ai dettagli della faccia e dei capelli statua per statua. Dopo la cottura in forni speciali per far solidificare
Pag.19 l'argilla, tutte le statue furono dipinte per renderle ancora più realistiche. La lavorazione occupò circa 720000 artigiani che assemblarono e modellarono i dettagli di ogni statua a mano. Ancora oggi il risultato è magnifico, vedendoli vi sembrerà di trovarvi davanti a guerrieri reali,in carne ed ossa, ognuno con i suoi tratti specifici e le sue caratteristiche, tutti differenti l’uno dall’altro. Dopo più di 2000 anni i dettagli delle armature, dei capelli e dei volti sono ancora chiaramente visibili. L’Esercito è rimasto sepolto per più di 2000 anni, fino al 1974, quando dei contadini locali che stavano scavando un pozzo trovarono dei resti di statue. Nel settembre del 1987, l'ex Presidente francese Jacques Chirac affermò: "Ci sono sette meraviglie al mondo, ma con la scoperta dell’Esercito di Terracotta, possiamo dire di aver trovato l’ottava”. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce più di 8000 soldati, 130 carri e 670 cavalli. Sono stati rinvenuti anche musicisti, acrobati e concubine in terracotta. In fosse più recenti, anche animali,come uccelli, gru e anatre. Si crede che l’Imperatore Qin volesse avere un trattamento imperiale anche nella vita nell'aldilà. Attorno agli scavi archeologici è sorto un museo che permette a chiunque di ammirare i guerrieri di terracotta. Il museo è composto da tre fosse e una sala espositiva: -Fossa 1: è la più grande e imponente . Qui sono state trovate più di 6000 statue in terracotta tra soldati e cavalli, ma quelle effettivamente esposte sono meno di 2000.
Pag.20 -Fossa 2: è più piccola, ma molto importante dal punto di vista storico. Rivela il mistero dell’antico assetto militare e qui si trova l'unità militare principale, composta da arcieri, aurighi, fanti e cavalieri -Fossa 3: è più piccola, ma molto importante. Ci sono solo 68 statue in terracotta, ma sono tutti ufficiali e rappresenta il posto di comando -Sala Espositiva dei Carri in Bronzo: contiene i più grandi artefatti in bronzo esistenti. Ogni carro è composto da circa 3400 pezzi e pesa 1234 kg. Sono stati rinvenuti 1720 pezzi in oro e argento. Gli scavi portarono alla luce circa 8000 guerrieri di terracotta a grandezza naturale in formazione da battaglia: un intero esercito a protezione della tomba. Nel dicembre 1987 il Mausoleo del Primo Imperatore e l'Esercito di Terracotta furono proclamati Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. Il grandioso esercito ha dunque assolto il compito per il quale era stato creato: mostrare al mondo la grandezza di Qin Shihuang, primo Imperatore dell'Impero Cinese. Ilaria Ciappi Margherita Corti
Pag.21 Le Grandi Biografie Marco Polo Marco Polo è uno dei più grandi esploratori di tutti i tempi. Nasce il 15 settembre 1254 a Venezia, in una famiglia di ricchi mercanti originari della Dalmazia. Il padre Nicolò e lo zio Matteo, sono già stati più volte in Oriente. Grazie all’esperienza acquisita sul campo, ricevono da Papa Gregorio X l’incarico di ambasciatori presso la corte cinese. Nel 1271, in partenza per la Cina, i due uomini decidono di portare con loro anche il diciassettenne Marco (Non torneranno a casa per i successivi 25 anni). Sono tra i primi europei a scalare le montagne del Pamir e ad affrontare il deserto dei Gobi. E’ il 1275 quando i Polo arrivano a Pechino, capitale della Cina. Sul trono di Pechino c’è un condottiero mongolo chiamato Kublai Khan. Kublai Khan è affascinato dai suoi ospiti stranieri. In particolare rimane colpito dall’intelligenza di Marco. Il giovane veneziano impara in fretta la lingua, i riti e le usanze dell’impero, tanto che ben presto si ritrova perfettamente integrato alla corte cinese. Kublai Khan lo ammira a tal punto che arriva a nominarlo governatore della città di Yangzhou, nella Cina orientale, e ad affidargli una missione diplomatica nel Sud dell’impero. Marco Polo rimane in Cina per 17 anni. Solo nel 1292 Kublai Khan accetta ,a malincuore, di lasciarlo ripartire. Questa volta Marco Polo viaggia per mare: costeggia l’Indonesia, lo Sri Lanka e l’India, per poi fare rientro a Venezia nel 1295. Quando racconta ai suoi concittadini tutto ciò che ha visto durante la sua permanenza in Cina e descrive palazzi decorati d’oro, città larghe cento miglia, animali esotici come tigri e rinoceronti nessuno gli crede. Si tratta di un racconto troppo straordinario! Nel 1298, Marco Polo prende parte alla battaglia della Curzola tra le forze di Venezia e quelle di Genova.
Pag.22 Viene catturato e trascorre un anno in una prigione genovese. Nel 1299, finita la guerra, Marco Polo viene liberato e torna a Venezia, dove si sposa e ha tre figli. Paradossalmente, dopo una vita di viaggi e di avventure, muore nel suo letto, a gennaio del 1324, a quasi settant'anni. “Il Milione” è il resoconto dei viaggi in Asia di Marco Polo, intrapresi assieme al padre Niccolò e allo zio paterno Matteo, mercanti e viaggiatori veneziani, tra il 1271 e il 1295, e le sue esperienze alla corte di Kublai Khan, il più grande sovrano orientale dell'epoca, del quale Marco fu al servizio per quasi 17 anni. Il libro fu scritto da Rustichello da Pisa, un cantastorie, che trascrisse sotto dettatura le memorie rievocate da Marco Polo, mentre i due si trovavano in una prigione di Genova. “Il Milione” fu scritto,forse nel 1298 ma sicuramente dopo il 1296, in lingua franco-italiana, la lingua franca dei crociati e dei mercanti occidentali in Oriente, Secondo alcuni ricercatori, il testo sarebbe poi stato rivisto dallo stesso Marco Polo una volta rientrato a Venezia, con la collaborazione di alcuni frati dell'Ordine dei Domenicani. Una curiosità relativa al titolo di questo straordinario libro di viaggi. Sembra che originariamente il titolo fosse "Il libro di Marco Polo detto il Milione",quindi Milione risulterebbe il soprannome di Marco.
Pag.23 A questo proposito è sorta una questione e già nel XV secolo l'Umanista Ramusio scriveva: «nel continuo raccontare ch'egli faceva più e più volte della grandezza del Gran Cane, dicendo l'entrata di quello essere da 10 in 15 milioni d'oro, e così di molte altre ricchezze di quei paesi riferiva tutto a milioni, lo cognominarono "messer Marco Milioni". Tuttavia altri studiosi hanno proposto soluzioni diverse. Qualcuno lo fa derivare da Emilione,nome che avrebbe distinto Marco da altri omonimi della sua stessa casata, essendo i Polo una famiglia dell'aristocrazia veneziana;altri ancora asseriscono che il soprannome “Milione” fosse stato attribuito anche al padre di Marco,Niccolò. In ogni caso, il nomigliolo ricorre negli atti pubblici della Repubblica; dove invero, almeno una volta, viene impiegato anche per il padre di Marco. Non è chiaro se Stemma araldico della tutti i membri della famiglia Polo del ramo detto Milion famiglia Polo appartenessero al patriziato veneziano, certamente lo furono i mercanti: Marco detto "il vecchio", i suoi fratelli e i suoi discendenti. Per finire, la Corte Seconda del Milion a Venezia si trova accanto alla casa di Niccolò e Matteo Polo, su cui è stato costruito poi l'attuale Teatro Malibran. Lascio a voi scegliere la soluzione del “mistero” che preferite. Domenico Vaia
SUGGERIMENTI PER UN APPROFONDIMENTO La Voce del Leone Redazione Ciappi I. ; Corti M.; De Luca J. Giacomini C.; Guadagno N. Klyusyk C.; Leo V. ; Massimiani S.; Nebiu G.;Vaia D. Caporedattore Collaborazioni esterne Pietro Vezzaro Fabrizio Giacomini;Andrea Verdiani Caporedattore Emerito Marco Nesi
Puoi anche leggere