La partita dell'integrazione delle seconde generazioni dell'immigrazione: l'effettività del diritto allo sport per i minori di origine straniera ...

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ISSN 1826-3534

                    20 FEBBRAIO 2019

    La partita dell’integrazione delle
seconde generazioni dell’immigrazione:
 l’effettività del diritto allo sport per i
minori di origine straniera dalla legge n.
             12/2016 ad oggi

                    di Alberta De Fusco
  Dottoranda di ricerca in Diritto pubblico, comparato e internazionale
                     Sapienza – Università di Roma
La partita dell’integrazione delle seconde generazioni
    dell’immigrazione: l’effettività del diritto allo sport per i
    minori di origine straniera dalla legge n. 12/2016 ad oggi*
                                               di Alberta De Fusco
               Dottoranda di ricerca in Diritto pubblico, comparato e internazionale
                                  Sapienza – Università di Roma

Sommario: 1. Introduzione. 2. Il riconoscimento costituzionale del diritto allo sport e la sua estensione
allo straniero. 3. La normativa internazionale ed europea sullo sport. 4. L’esercizio di attività sportive da
parte degli stranieri nell’ambito della “disciplina multilivello” tra ordinamento giuridico statale, regionale
e ordinamento giuridico sportivo. 5. I criteri della cittadinanza e della residenza per il tesseramento: effetti
sul diritto alla pratica dell’attività sportiva degli atleti stranieri di seconda generazione. 6. Alcuni casi di
giurisprudenza di merito e massmediologici in materia di tesseramento dei giovani atleti non italiani. 7.
Dalla legge n. 12/2016 ad oggi: sport e nuovi diritti per i minori stranieri? 8. Conclusioni.

1. Introduzione
Tra i percorsi dei giovani di origine straniera nel tessuto sociale italiano vi è certamente quello della pratica
sportiva; pertanto, è proprio in rapporto alle enormi potenzialità di tale veicolo di integrazione che si
intende indagare l’effettività del diritto allo sport per i minori con background migratorio.
Non appare neanche in questa sede preliminarmente opportuno chiarire che si individuano attualmente
diverse tipologie di minori stranieri, che possono in generale essere ricondotte alla categoria delle
“seconde generazioni dell’immigrazione” considerata nella sua accezione più estesa, che ricomprende: i
minori nati in Italia da genitori stranieri, i minori ricongiunti, i minori non accompagnati, i minori rifugiati,
i minori arrivati per adozione internazionale, i figli di coppie miste1, che più di recente sta assumendo la

* Articolo sottoposto a referaggio.
1 Sul tema delle “seconde generazioni dell’immigrazione”, sia consentito il rinvio ad A. DE FUSCO, Sul diritto
all’istruzione come veicolo di integrazione delle seconde generazioni dell’immigrazione in Italia, in osservatorioaic.it, n. 1/2018, p. 2,
la quale chiarisce che “Le seconde generazioni dell’immigrazione [..] compongono un «collettivo sospeso tra realtà
molto diverse e sovente conflittuali: quella del migrante e del nativo, quella della famiglia e del contesto sociale,
quella della cultura di origine e della cultura acquisita, tra mondo degli adulti e mondo giovanile», pur
rappresentando il fulcro del «processo di stabilizzazione» dei cicli migratori nella società moderna.”; per
approfondimenti, cfr. M. AMBROSINI, Il futuro in mezzo a noi. Le seconde generazioni scaturite dall’immigrazione nella
società italiana dei prossimi anni, in M. AMBROSINI - S. MOLINA (a cura di), Seconde generazioni. Un’introduzione al
futuro dell’immigrazione in Italia, Torino, 2004, p. 5; R. RICUCCI, Cittadini senza cittadinanza, Torino, 2014; Id., Diversi
dall’islam. Figli dell’immigrazione e altre fedi, Bologna, 2017; F. ANGELINI, Il diritto al ricongiungimento familiare, in F.
ANGELINI - M. BENVENUTI - A. SCHILLACI (a cura di), Le nuove frontiere del diritto dell’immigrazione: Integrazione,
diritti, sicurezza, Napoli, 2011, pp. 159 ss., che in riferimento ai minori ricongiunti sostiene che, dal punto di vista
formale, il diritto al ricongiungimento familiare dello straniero “si lega strettamente al diritto costituzionale all’unità
familiare; è la stessa Corte costituzionale nella sent. n. 28/1995 a radicare tale diritto negli artt. 29 e 30 Cost. e cioè

2                                                    federalismi.it - ISSN 1826-3534                                       |n. 4/2019
denominazione di “nuove generazioni italiane”2. Se la realizzazione di una società multiculturale a basso
livello di conflittualità passa attraverso l’effettiva integrazione degli immigrati, una particolare attenzione
deve essere dedicata proprio ai ragazzi di origine straniera ed alla loro inclusione, ciò fondandosi
specialmente sull’accesso ai diritti, tra i quali vi è senz’altro il diritto allo sport.
Si ricorda che non vi è in dottrina una nozione chiara ed univocamente condivisa di sport3, nel cui alveo
possono tuttavia sicuramente rientrare tutte quelle attività cui può riconoscersi natura sportiva, sia che
consistano in attività organizzate svolte in seno al sistema C.O.N.I. che in attività ad esso estranee purché
sussumibili entro il sistema sportivo, i cui requisiti indispensabili sono la serietà di intenti ed il fine
competitivo, dati rispettivamente dalla necessaria preparazione atletica e dall’orientamento al
raggiungimento del miglior risultato, oltre che dalla sussistenza di un apparato di regole tecniche
riguardanti lo svolgimento delle azioni in cui si manifesta l’attività sportiva ed un’organizzazione stabile
di riferimento con funzioni di rappresentanza della stessa a livello nazionale4.
Come è noto, il 16 febbraio 2016 è entrata in vigore la l. n. 12/2016 recante “Disposizioni per favorire
l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive
appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva”, che

nelle «norme costituzionali che assicurano protezione alla famiglia e in particolare, nell’ambito di questa, ai figli
minori» (punto 4 del cons. diritto); e conseguentemente, si è riconosciuto a tale diritto la natura di diritto
fondamentale della persona, che spetta in via di principio anche allo straniero”; L. ATTANASIO, Il bagaglio. Migranti
minori non accompagnati: il fenomeno in Italia, i numeri, le storie, Roma, 2016, pp. 149 e 161, che osserva che “Il mondo
dei minori stranieri non accompagnati è estremamente variegato. Le differenze derivanti dai Paesi, dai contesti e
dalle famiglie di provenienza e dalle motivazioni che sono all’origine del cambiamento di vita sono tali da rendere
impossibile giungere a una visione unitaria del fenomeno” e che “se negli ultimi anni è così aumentato il fenomeno
dei minori stranieri non accompagnati, è anche perché per gli adulti, grazie alle politiche dell’UE sull’accoglienza,
è sempre più difficile entrare in Europa”.
2 In merito, v. il “Manifesto delle Nuove Generazioni Italiane” del 2016, in integrazionemigranti.gov.it; inoltre, sono in corso

di svolgimento incontri, a cura di E. PAPARELLA, organizzati dalla Facoltà di Economia dell’Università degli
studi di Roma La Sapienza e dall’Associazione Etica e Economia sul tema “Italiani «D.O.S»: identità, diritti, integrazione
dei giovani «Italiani di Origine Straniera»”, il primo dei quali si è tenuto il 18 dicembre 2017, in uniroma1.it.
3 Per il filosofo e saggista spagnolo J. ORTEGA Y GASSET, Il Tema del nostro tempo, Milano, 1985, p. 78, lo sport

è una categoria primordiale dell’agire umano rintracciabile “in ogni sforzo che non nasce da una imposizione ma
rappresenta un impulso liberissimo e generoso della potenza vitale”; inoltre, non si possono in questa sede non
richiamare due citazioni molto famose in ambito sportivo: “L’importante non è vincere ma partecipare. La cosa
essenziale non è la vittoria ma la certezza di essersi battuti bene”, del pedagogista e storico francese, Pierre de
Frédy, barone di Coubertin, noto come Pierre de Coubertin e conosciuto per essere stato il fondatore dei moderni
Giochi olimpici, nonché: “Sport has the power to change the world” di Nelson Mandela.
4 Per approfondimenti, cfr. L. SANTORO, Sport estremi e responsabilità, Milano, 2008, pp. 110 ss., che fornisce

ulteriori chiarimenti in merito alla possibile definizione di attività sportiva: “non è appagante la tesi che subordina
la applicazione delle regole legali proprie della attività sportiva al criterio pregiudiziale, di stampo meramente
nominalistico, consistente nella riconduzione della attività sportiva all’esame del giudice ad una data disciplina
regolamentata in seno al C.O.N.I.. Non è, d’altra parte, neppure condivisibile la tesi che assegna sempre alla
valutazione case by case del giudice la funzione di individuare la natura sportiva o meno di una data attività, secondo
il giudizio di meritevolezza degli interessi in concreto coinvolti”.

3                                                federalismi.it - ISSN 1826-3534                                  |n. 4/2019
riconosce e formalizza il cd. ius soli sportivo, ovvero la possibilità per i minori stranieri, regolarmente
residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età, di essere tesserati presso
tali società sportive con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani. Si ricorda
inoltre, che nella legge di Bilancio 2018, l. n. 205/2017, all’art. 1, comma 369, è previsto che “Al fine di
consentire il pieno ed effettivo esercizio del diritto alla pratica sportiva [..] i minori cittadini di Paesi terzi,
anche non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, laddove siano iscritti da almeno un
anno a una qualsiasi classe dell’ordinamento scolastico italiano, possono essere tesserati presso società o
associazioni affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate o agli enti di
promozione sportiva, anche paralimpici, senza alcun aggravio rispetto a quanto previsto per i cittadini
italiani”.
Considerato, quindi, questo quadro normativo, ci si propone di esaminare alcuni elementi giuridicamente
controversi concernenti la garanzia del diritto allo sport per i giovani stranieri, sia attraverso l’analisi della
normativa italiana, europea ed internazionale, che tramite una disamina del quadro giurisprudenziale nella
prospettiva dei principi costituzionali, anche al fine di verificare quanto gli interventi legislativi operati
con la l. n. 12/2016 e con l’art. 1, comma 369, della l. n. 205/2017 garantiscano in misura maggiore
l’effettività di tale diritto per i minori di origine straniera.

2. Il riconoscimento costituzionale del diritto allo sport e la sua estensione allo straniero
Sino alla riforma del Titolo V del 2001, nella Costituzione italiana non era presente alcun riferimento
esplicito al diritto allo sport, rinvenendosi la sua copertura costituzionale essenzialmente in via
interpretativa secondo il comune orientamento di dottrina e giurisprudenza, ovvero nel combinato degli
artt. 2, 18 e 32 Cost.5.
Come è noto, l’art. 2 Cost.6, a tenore del quale “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili7
dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, sancisce sia il principio

5 Per approfondimenti, cfr. G. LIOTTA - L. SANTORO, Lezioni di diritto sportivo, ed. III, Milano, 2016, pp. 13 ss.;
F. VARI, Profili costituzionali del c.d. ius soli sportivo: il tesseramento dei minori stranieri tra disciplina legislativa e drittwirkung
dei diritti fondamentali, in Rivista di Diritto Sportivo, n. 2/2016, pp. 220 ss..
6 Sulla genesi dell’art. 2 Cost., tra gli altri, v. E. ROSSI, Art. 2, in R. BIFULCO - A. CELOTTO - M. OLIVETTI

(a cura di), Commentario alla Costituzione, I, Torino, 2006, p. 38 ss..
7 Vi è spesso confusione tra i “diritti inviolabili” e i “diritti fondamentali”, mentre le due nozioni non sono

coincidenti in quanto l’inviolabilità caratterizza solo determinati diritti fondamentali; sul tema, cfr. P. GROSSI, Il
diritto costituzionale tra principi di libertà e istituzioni, Padova, 2008, p. 1 ss.; v. P. RIDOLA, Libertà e diritti nello sviluppo
storico del costituzionalismo, in P. RIDOLA - R. NANIA (a cura di), I diritti costituzionali, I, ed. II, Torino, 2006.

4                                                    federalismi.it - ISSN 1826-3534                                       |n. 4/2019
personalista8, che pone lo Stato in funzione dell’uomo riconoscendogli i diritti più ampi9, che il principio
pluralista10, secondo il quale la persona non è vista solo come individuo singolo ma come centro di una
molteplicità di relazioni che danno vita ad organizzazioni autonome a loro volta titolari di diritti, e, di
conseguenza, il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili dell’individuo anche in quanto
componente di “formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, consente “l’allargamento di questo
riconoscimento dei diritti del singolo alle formazioni spontanee che nascono dal raggrupparsi dei singoli
in seno allo Stato, cioè alla famiglia, alle associazioni, ai partiti, ai sindacati, a tutte le comunità
intermedie”11. In stretta correlazione con il riconoscimento dei diritti inviolabili, vi è all’art. 2 Cost. la
speculare richiesta di adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale 12,

8 Sul principio personalista, tra i più recenti, v. S. MANGIAMELI, Il contributo dell’esperienza costituzionale italiana alla
dommatica europea della tutela dei diritti fondamentali, in Consulta on line, 2006, p. 9, che osserva che “se da un lato
l’accoglimento del principio personalistico porta con sé il riconoscimento di diritti individuali, in quanto
riconosciuti al singolo «per l’appagamento egoistico dei suoi bisogni e desideri individuali», dall’altro considera
l’individuo anche nella sua dimensione di essere sociale, riconoscendo a questi – quale cittadino, o membro di
formazioni sociali – diritti «funzionali», e cioè diritti attribuiti non per il soddisfacimento dei propri egoistici bisogni,
ma nell’interesse della comunità”; P. CARETTI, I diritti fondamentali. Libertà e Diritti sociali, ed. III, Torino, 2011, pp.
136 ss.; A. RUGGERI, Il principio personalista e le sue proiezioni, in federalismi.it, n. 17/2013, p. 5, che sottolinea come
“i diritti riconosciuti, secondo la studiata formula inscritta nell’art. 2, come inviolabili non possono costituire –
come da parte di alcuni invece si vorrebbe – un numerus clausus, siccome riferito ai soli diritti dalla stessa Carta
nominati agli artt. 13 ss. La «centralità» della persona umana nessun altro significato può infatti avere che quello
per cui la persona è garantita ut sic, a tutto tondo, in ciascuno degli elementi (corporei e non) che la costituiscono
e nell’insieme risultante dalla loro congiunta, inscindibile e varia da uomo a uomo composizione”.
9 Va qui ricordato che parte della dottrina vede nell’art. 2 Cost. una “clausola aperta” e parte una “fattispecie

chiusa”; tra i favorevoli alla “clausola aperta”, v. A. BARBERA, “Nuovi diritti”: attenzione ai confini, in L. CALIFANO
(a cura di), Corte Costituzionale e diritti fondamentali, Torino, 2004, pp. 19 ss.; P. RIDOLA, Diritti fondamentali.
Introduzione, Torino, 2006, pp. 174 ss.; tra i sostenitori della “fattispecie chiusa”, v. A. PACE, Problematica delle libertà
costituzionali, Parte generale: Introduzione allo studio dei diritti costituzionali, ed. III, Padova, 2003, pp. 4 ss.; P. CARETTI,
I diritti fondamentali, cit., pp. 170 ss.; su posizioni intermedie, v. M. LUCIANI, Positività, metapositività e parapositività
dei diritti fondamentali, in G. BRUNELLI - A. PUGIOTTO - P. VERONESI (a cura di), Scritti in onore di Lorenza
Carlassare, III, Napoli, 2009, p. 1067, per il quale l’art. 2 Cost. “deve essere inteso come una sorta di principio-
valvola che garantisce la dinamicità del patrimonio costituzionale dei diritti, ma sempre entro le coordinate fissate
dal testo”.
10 Per approfondimenti sul “principio pluralistico”, v. F. PASTORE, Principio pluralista e diritto costituzionale comune

europeo, in M. SCUDIERO (a cura di), Il diritto costituzionale comune europeo. Principi e diritti fondamentali, Napoli, 2002;
M. CARTABIA (a cura di), I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti europee, Bologna,
2007; P. BILANCIA - E. DE MARCO (a cura di), L’ordinamento della Repubblica. Le Istituzioni e la Società, ed. II,
Padova, 2015.
11 P. BARILE - E. CHELI - S. GRASSI, Istituzioni di diritto pubblico, ed. XIV, Padova, 2013, pp. 459-460, che, inoltre,

chiariscono che “la dizione di «formazioni sociali» comprende tutte quelle che si formano spontaneamente nella
comunità: a base territoriale e no, create per il perseguimento di fini ideologici od economici, a carattere volontario
e a carattere «naturale», con vari interessi e collegamenti fra loro e gli individui, che spesso fanno parte di più d’una
di esse”.
12 Sul tema, v. S. GIUBBONI, Solidarietà, in Pol. del dir., n. 4/2012, pp. 525 ss.; S. RODOTÀ, Solidarietà. Un’utopia

necessaria, Laterza, Roma-Bari, 2014; A. MORELLI, I principi costituzionali relativi ai doveri inderogabili di solidarietà, in
Forum di Quaderni costituzionali, n. 4/2015; L. CARLASSARE, Solidarietà: un progetto politico, in costituzionalismo.it, n.
1/2016, pp. 45 ss.; G. BASCHERINI, La solidarietà politica nell’esperienza costituzionale repubblicana, in costituzionalismo.it,

5                                                 federalismi.it - ISSN 1826-3534                                   |n. 4/2019
che contribuiscono a conformare il principio solidarista, per il quale la solidarietà è la base della
convivenza sociale cui tutti devono attenersi, cittadini e stranieri, trovando ciò ulteriore convalida nel
successivo art. 3 Cost. ove si prevede la cd. eguaglianza sostanziale. Con particolare riferimento allo
straniero, pertanto, “se l’art. 2 Cost. riguarda tutti gli uomini è conseguenziale che l’eguaglianza nel
godimento di questi diritti deve coinvolgere tutti”13, così come l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà, ritenendosi pienamente applicabile al non cittadino il principio di uguaglianza di cui all’art. 3
Cost.14, come avvalorato dalla giurisprudenza costituzionale15. Tali aperture interpretative degli artt. 2 e 3
Cost. integrano la disciplina di principio sullo status giuridico dello straniero contenuta nell'art. 10, comma
216, unica disposizione generale della Costituzione in materia17, nella quale si prevede che “la condizione
giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”. La
riserva di legge rinforzata ivi prevista obbliga il legislatore italiano a stabilire “una garanzia minima”,
rispetto alla quale il trattamento giuridico dello straniero non può essere meno favorevole rispetto a
quanto previsto nelle norme di diritto internazionale, sia consuetudinarie che pattizie18. Tra le diverse
figure soggettive riferibili allo straniero19, deve essere qui maggiormente evidenziato che i cittadini

n. 1/2016, pp. 125 ss.; A. RUGGERI, Il principio di solidarietà alla prova del fenomeno migratorio, in Consulta on line, 2017,
fasc. III; sul principio solidaristico, la Corte costituzionale si è espressa anche nella recente sentenza n. 103/2018.
13 C. CORSI, Lo Stato e lo straniero, Padova, 2001, p. 120. Sul tema, v. V. ONIDA, Lo Statuto costituzionale del non

cittadino, in AA.VV., Lo statuto costituzionale del non cittadino. Atti del XXIV Convegno annuale A.I.C. Cagliari 16-17 ottobre
2009, Napoli, 2010, p. 7, per il quale “il riconoscimento di un nucleo di diritti inviolabili comuni a tutti gli esseri
umani introduce un cuneo che rende sempre problematica e meno giustificabile anche la differenza cittadino/non
cittadino”; A. MORRONE, Le forme della cittadinanza nel terzo Millennio, in Forum di Quaderni costituzionali, , n. 2/2015,
p. 311, che sostiene che “la Costituzione italiana ha relativizzato il concetto di cittadinanza: nell’art. 2 è resa palese
l’intenzione strategica di slegare i diritti fondamentali della persona dallo status civitatis”.
14 In merito, cfr. P. GROSSI, I diritti di libertà ad uso di lezioni, I, ed. II, Torino, 1991, p. 282; v. M. LOSANA,

“Stranieri” e principio costituzionale di eguaglianza, in rivistaaic.it, n. 1/2016.
15 A mero titolo esemplificativo, si vedano le sentenze della Corte costituzionale nn. 198/2000 e 252/2001.
16 Sul punto, v. F. SORRENTINO, Eguaglianza. Lezioni raccolte da E. Rinaldi, Torino, 2011, il quale specifica, come

è noto, che, anche se nel sistema della Costituzione l’art. 2 ha un’espressione “apparentemente” più ampia dell’art.
3 perché il primo è riferito agli uomini e l’altro ai cittadini, coordinando l’art. 3 con l’art. 2 e l’art. 10, comma 2,
Cost. si è parificata la portata tra le due espressioni: il termine “cittadini” dell’art. 3 deve, quindi, essere letto alla
luce dell’universalità dei diritti fondamentali espressa nell’art. 2.
17 In merito, v. G. BASCHERINI, Immigrazione e diritti fondamentali. L’esperienza italiana tra storia costituzionale e

prospettive europee, Napoli, 2007, p. 106, che sottolinea come il testo costituzionale offra con riguardo agli stranieri
“un quadro appena abbozzato”.
18 In proposito, cfr. E. CANNIZZARO, Art. 10, in R. BIFULCO - A. CELOTTO - M. OLIVETTI (a cura di),

Commentario, cit., p. 251; v. L. RONCHETTI, La Costituzione come spazio della cittadinanza, in Materiali per una storia
della cultura giuridica, n. 2/2015, p. 456, che sottolinea come “il cuore della riserva di legge del secondo comma
dell’art. 10 per la condizione giuridica dello straniero debba essere il percorso attraverso il quale lo straniero smette
di essere non-cittadino, per vedersi riconosciuta l’appartenenza politica alla comunità in base al legame costruito
con l’ordinamento”.
19 Sulla nozione di straniero, v. B. NASCIMBENE, Lo Straniero nel diritto italiano, Milano, 1988, p. 8; G.

D’ORAZIO, Lo straniero nella Costituzione italiana, Padova, 1992, p. 114; sulle categorie di non cittadini, v. E.
GROSSO, Straniero (status costituzionale dello), in Digesto delle Discipline Pubblicistiche, XV, Torino, 1999, pp.
158-159, che schematizzando sostiene che “alla generica locuzione «non cittadini» fanno riferimento quattro gruppi

6                                                federalismi.it - ISSN 1826-3534                                 |n. 4/2019
dell’Unione europea godono di una tutela particolarmente qualificata e tendenzialmente assimilabile a
quella riconosciuta agli italiani, mentre i cittadini extracomunitari possono, diversamente, essere soggetti
a restrizioni relativamente al loro diritto d'ingresso e di soggiorno in Italia.
Per quanto concerne l’art. 18 Cost.20, quale componente di un possibile fondamento costituzionale del
diritto allo sport, al comma 1 si dispone che “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza
autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”, affermando e garantendo la
libertà di associazione secondo una concezione molto ampia, prevedendo la Costituzione, anche in questo
caso, una riserva di legge rinforzata e stabilendo che “ciò che non viene considerato penalmente illecito
per il singolo non può costituire mai, se diventa lo scopo di un’associazione, un illecito penale a carico della
associazione stessa”21. La libertà di associazione tutelata dall’art. 18 Cost. consente al singolo di costituire
un’associazione, di entrare a farne parte ed anche di recedervi, ma ricomprende, altresì, la libertà della
associazione in un contesto pluralistico, garantendo la possibilità di costituire diverse associazioni anche
laddove i fini perseguiti siano identici. Sotto il profilo temporale, a differenza della libertà di riunione,
l’associazione postula un legame stabile e non occasionale tra i componenti basandosi su un ideale che li
accomuna, pur costituendo, comunque, entrambe libertà strumentali allo sviluppo della persona umana
ed alla sua partecipazione alla vita economica, politica e sociale del Paese ai sensi di quanto previsto dal
già argomentato art. 2 Cost.. È proprio in queste accezioni che la libertà di associazione è riconosciuta
anche agli stranieri22.

di individui: (a) i cittadini europei; (b) i cittadini extracomunitari; (c) gli apolidi; (d) i non-cittadini cui è accordata
una speciale protezione; S. MAGNANENSI - P. PASSAGLIA - E. RISPOLI, La condizione giuridica dello
straniero extracomunitario, in Quaderno predisposto in occasione dell’incontro trilaterale delle Corti costituzionali
italiana, spagnola e portoghese, Madrid, 25-26 settembre 2008, in Studi e Ricerche, in cortecostituzionale.it, pp. 5
ss., per i quali “oltre ai cittadini possono essere individuate almeno altre sei categorie di persone”.
20 Per approfondimenti, v. P. RIDOLA, Commento all’art.18 della Costituzione, in V. CRISAFULLI - L.

PALADIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990.
21 P. BARILE - E. CHELI - S. GRASSI, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 512.
22 Sul punto, cfr. G. MOSCHELLA, La parabola dei diritti umani nella legislazione italiana sull’immigrazione, in G.

D’IGNAZIO - S. GAMBINO, (a cura di), Immigrazione e diritti fondamentali. Fra Costituzioni nazionali, Unione europea
e diritto internazionale, Milano, 2010, pp. 485 ss.; M. CARTABIA - E. LAMARQUE, I diritti dei cittadini, in V. ONIDA
- M. PEDRAZZA GORLERO (a cura di), Compendio di Diritto costituzionale, ed. II, Milano, 2011, p. 90; P.
BONETTI, La giurisprudenza costituzionale sui diritti fondamentali degli stranieri e sulle discriminazioni, Relazione al
convegno “La tutela del migrante dalle discriminazioni fondate sulla nazionalità e/o sul fattore etnico-razziale” organizzato
dall’ASGI, Sasso Marconi – Bologna, 22-24 settembre 2011, in asgi.it, p. 20, che nel ricostruire il quadro dei diritti
fondamentali dello straniero comunque presente in Italia, secondo una costruzione “multilivello” dei diritti, vi
include “il diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione, compreso il diritto di fondare con
altri dei sindacati e di iscriversi a sindacati per la difesa dei propri interessi (artt. 17, 18, 39 Cost., art. 11 CEDU,
artt. 8 e 21 Patto internazionale, Convenzione O.I.L. n. 87 del 9 luglio 1948 concernente la libertà sindacale e la
protezione del diritto sindacale, ratificata e rese esecutiva con legge 23 marzo 1958, n. 367), secondo modi e limiti
previsti dalla legge che costituiscano una misura necessaria per la sicurezza nazionale, per la sicurezza pubblica,
per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei delitti, per la protezione della salute o della morale o per la
protezione dei diritti e delle libertà di altri”.

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Il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.23 è sia un diritto sociale fondamentale24 che un diritto di libertà25,
inquadrato dalla dottrina maggioritaria altresì nella categoria dei diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost.26,
caratterizzato da una natura oltremodo complessa27, che si sostanzia primariamente nel diritto all’integrità
fisica e psichica dell’uomo28, e di cui tutti sono titolari, essendo attribuito non solo a categorie di soggetti

23 L’art. 32 Cost. prevede al comma 1 che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo
e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” e al comma 2 che “Nessuno può essere
obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Nell’ambito della vastissima letteratura giuridica sul diritto
alla salute, v. B. CARAVITA, Art. 32, in V. CRISAFULLI - L. PALADIN (a cura di), Commentario, cit., pp. 215 ss.;
A. SIMONCINI - E. LONGO, Art. 32, in R. BIFULCO - A. CELOTTO - M. OLIVETTI (a cura di), Commentario,
cit., pp. 655 ss.; R. BALDUZZI, Salute (diritto alla), in S. CASSESE (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, VI,
Milano, 2006, pp. 5393 ss.; sul concetto di salute, v. V. DURANTE, La salute come diritto della persona, in S.
CANESTRARI - G. FERRANDO - C. M. MAZZONI - S. RODOTÀ - P. ZATTI (a cura di), Il governo del corpo,
I, in Trattato di biodiritto, Milano, 2011, p. 583, che sottolinea che “Il nostro Paese presenta un impianto giuridico
di indubbio valore nell’attuazione del diritto alla salute, i cui capisaldi possono essere individuati nell’art. 32 Cost.
(in combinato disposto con gli artt. 2 e, soprattutto, 13 laddove è in gioco la libertà di autodeterminazione) e nella
legge di istituzione del Sistema Sanitario Nazionale del 1978 a cui va ora aggiunta [..] la Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea”.
24 Sulla qualificazione del diritto sociale alla salute come diritto fondamentale, v. P. GROSSI, Il diritto costituzionale

tra principi di libertà e istituzioni, ed. II, Padova, 2008, p. 2; D. MORANA, La salute come diritto costituzionale. Lezioni,
Torino, 2013, pp. 56 ss., che sottolinea che “in tutta la Parte prima della Costituzione [..] l’aggettivo «fondamentale»
viene impiegato soltanto nell’art. 32” e che, in virtù del connotato della fondamentalità con riferimento al diritto
alla salute, quest’ultimo potrebbe “assumere una sorta di «prevalenza» nei confronti di altri diritti che – pur essendo
costituzionalmente garantiti – siano al contempo privi della qualificazione in questione: essi, dunque, verrebbero a
collocarsi logicamente, anche se non gerarchicamente, su un piano subordinato rispetto a quello relativo alla
salute”; in senso contrario la più recente giurisprudenza costituzionale ed in particolare la sentenza n. 85/2013 in
cui la Consulta afferma che “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di
integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri”.
In merito, altresì, alla categoria dei diritti sociali, non è certamente possibile, richiamare l’intera letteratura giuridica,
dalla quale peraltro emerge con difficoltà la definizione di una categoria unitaria. Sul tema, v. M. BENVENUTI,
Diritti sociali, Torino, 2013, p. 1, il quale sostiene che “Ad una rapida rassegna delle più o meno recenti trattazioni
enciclopediche in tema di «diritti sociali», sembra, anzitutto, che tale nozione sia astretta ad insuperabili problemi
di ordine definitorio o, per meglio dire, che l’unico vero punto di consenso tra gli studiosi sul tema si raggiunga in
ordine al carattere «non (…) univoco», se non propriamente equivoco, del sintagma in questione…”.
25 Sul tema, v. F. MINNI - A. MORRONE, Il diritto alla salute nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, in

rivistaaic.it, n. 3/2013, p. 1; M. OLIVETTI, Appunti per una mappa concettuale sul diritto alla salute nel sistema costituzionale
italiano, in Metodologia Didattica e Innovazione Clinica Nuova Serie, , n. 3/2004, p. 63, il quale osserva che “Oggi la
prospettiva complessiva [..] è quella della “tutela della salute”, che si articola in due fondamentali dimensioni: la
salute come libertà; la salute come diritto sociale”.
26 Per approfondimenti, v. D. MORANA, La salute, cit., p. 57, per la quale l’inviolabilità del diritto alla salute “(intesa

come sua necessaria permanenza nel novero dei diritti costituzionali) la si trae dal fatto di poterlo considerare
inserito nella categoria dei diritti dell’uomo, cui l’art. 2 Cost. conferisce tale speciale protezione”.
27 Sul tema, tra gli altri, v. C. TRIPODINA, Art. 32, S. BARTOLE - R. BIN (a cura di), Commentario breve alla

Costituzione, ed. II, Padova, 2008, p. 321; R. BALDUZZI - D. SERVETTI, La garanzia costituzionale del diritto alla
salute e la sua attuazione nel Servizio sanitario nazionale, in R. BALDUZZI - G. CARPANI (a cura di), Manuale di diritto
sanitario, Bologna, 2013, pp. 23 ss, che individuano una multidimensionalità soggettiva ed oggettiva del diritto alla
salute.
28 Sul diritto all’integrità fisica e psichica dell’uomo, si richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 221/2015

che riconosce “l’esigenza di proteggere il benessere psico-fisico della persona [..] come preciso impegno
costituzionale”.

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socialmente determinati, ma a tutti indistintamente, quindi tanto ai cittadini quanto, per ciò che in questa
sede assume rilievo, agli stranieri ed ai loro figli29. Per la Corte costituzionale, il diritto alla salute è per
l’appunto da ricomprendere tra quei diritti riconosciuti come primari per la loro “inerenza alla persona
umana”30 e, quindi, prescindenti il possesso della cittadinanza italiana, ed al quale è necessario assicurare
una tutela ispirata alla “massima uniformità possibile sul tutto il territorio nazionale”31. Inoltre, pur in
condizioni di limitate risorse finanziarie, deve essere sempre garantito ad ogni persona e, quindi, anche
allo straniero ed in particolare al minore immigrato, a prescindere dal suo status, un “nucleo irriducibile”
del diritto all’assistenza sanitaria32. La tutela assegnata dalla nostra Costituzione al diritto alla salute appare
ben più estesa rispetto alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea33, che all’art. 35 prevede per
ogni persona la protezione della salute, rinviando alle “condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi

29 Per approfondimenti, v. C. CORSI, Lo Stato e lo straniero, cit., pp. 341 ss.; F. SCUTO, I diritti fondamentali della
persona quale limite al contrasto dell’immigrazione irregolare, Milano, 2012, pp. 276 ss.; Id., Il diritto sociale alla salute,
all’istruzione e all’abitazione degli stranieri «irregolari»: livelli di tutela, in Rassegna Parlamentare, n. 2/2008, p. 392; S.
D’ANTONIO, Appunti introduttivi sul diritto alla salute degli stranieri nell’ordinamento italiano, in F.RIMOLI (a cura di),
Immigrazione e integrazione. Dalla prospettiva globale alle realtà locali, I, Napoli, 2014, p. 86; M. OLIVETTI, Appunti per
una mappa, cit., p. 64, il quale sottolinea che “i soggetti del diritto alla salute previsto dall’art. 32 della Costituzione
italiana [..] per il nostro ordinamento, sono «tutti», vale a dire ogni cittadino e ogni straniero che si trovi, anche
temporaneamente (e persino illegittimamente) sul territorio italiano”.
30 Corte cost., sent. n. 37/1991. In merito, v. A. DI FRANCIA, La condizione giuridica dello straniero in Italia nella

giurisprudenza, Milano, 2006, p. 391, il quale chiarisce che il diritto alla salute è “un diritto assoluto” che “non
conosce confini in quanto è collegato non all’appartenenza ad un determinato territorio, ma alla persona umana,
alla sua dignità, al suo primario diritto di rimanere in vita”.
31 Corte cost., sent. n. 49/1991. Sul punto, v. I. DEGRASSI, La razionalizzazione dello Stato sociale. Milano, 2004,

p. 29; M. BENVENUTI, Diritti sociali, cit., p. 72.
32 In merito, si richiamano le sentenze nn. 252/2001, 432/2005 e 61/2011 della Corte costituzionale, ove già nella

prima la Consulta chiarisce che “La legge prevede [..] un sistema articolato di assistenza sanitaria per gli stranieri,
nel quale viene in ogni caso assicurato a tutti, quindi anche a coloro che si trovano senza titolo legittimo sul
territorio dello Stato, il “nucleo irriducibile” del diritto alla salute garantito dall’art. 32 Cost.; [..] a tali soggetti sono
dunque erogati non solo gli interventi di assoluta urgenza e quelli indicati dall’art. 35, comma 3, secondo periodo,
ma tutte le cure necessarie, siano esse ambulatoriali o ospedaliere, comunque essenziali, anche continuative, per
malattia e infortunio”; per un commento alla pronuncia n. 432/2005, si veda M. CUNIBERTI, L’Illegittimità
costituzionale dell’esclusione dello straniero dalle prestazioni sociali previste dalla legislazione regionale, in Le Regioni, n. 2/2006;
per un commento alla pronuncia n. 61/2011, v. L. RONCHETTI, I diritti fondamentali alla prova delle migrazioni (a
proposito delle sentenze nn. 299 del 2010 e 61 del 2011), in rivistaaic.it, n. 3/2011; F. BIONDI DAL MONTE, Regioni,
immigrazione e diritti fondamentali, in Forum di Quaderni costituzionali, 2011; sulla questione del godimento dei diritti
sociali da parte degli stranieri, v. C. CORSI, Stranieri, diritti sociali e principio di uguaglianza nella giurisprudenza della Corte
costituzionale, in federalismi.it, n. 3/2014, che la definisce “un nodo politico-sociale complesso, in cui modelli diversi
di integrazione si sono scontrati e continuano a confliggere”; F. BIONDI DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte
alle migrazioni. Diritti sociali, appartenenza e dignità della persona, Relazione al convegno annuale dell’Associazione
“Gruppo di Pisa”, Trapani, 8-9 giugno 2012, in gruppodipisa.it; G. BASCHERINI - A. CIERVO, I diritti sociali degli
immigrati, in C. PINELLI (a cura di), Esclusione sociale. Politiche pubbliche e garanzie dei diritti, Firenze, Bagno a Ripoli
(FI), 2012, pp. 52 ss..
33 Nota in Italia come Carta di Nizza, solennemente proclamata una prima volta a Nizza il 7.12.2000 e una seconda

volta, in una versione adattata, a Strasburgo il 12.12.2007 da Parlamento, Consiglio e Commissione, ha il medesimo
valore giuridico dei trattati, ai sensi dell’art. 6 del Trattato sull’Unione europea, risultando pienamente vincolante
per le istituzioni europee e gli Stati membri.

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nazionali”34. L’importanza dell’attività sportiva in relazione alla salute è stata più volte confermata e
riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 1948 ha formulato la seguente definizione:
“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in un’assenza
di malattia o di infermità”35.
Alla cornice delle norme costituzionali attinenti al diritto allo sport, si aggiunge l’art. 4, comma 1, Cost.,
in cui è stabilito che la Repubblica riconosce “il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano
effettivo questo diritto”, allorquando l’attività sportiva assuma una connotazione lavorativa36.
In conclusione, la copertura costituzionale fornita dalle disposizioni fin qui richiamate rende certamente
attuabile e tutelabile il diritto alla pratica sportiva, sia per i cittadini che per gli stranieri, risolvendosi nella
loro violazione l’impossibilità di accesso al diritto medesimo. Con la riforma del Titolo V della seconda
parte della Costituzione, ad opera della legge cost. n. 3/2001, vi è ora anche una previsione espressa sul
diritto allo sport, laddove il nuovo testo dell’art. 117 Cost., comma 3, ha assegnato alla competenza
legislativa concorrente Stato-Regioni la materia dell’“ordinamento sportivo”37, incidendo in tal modo sui
rapporti tra ordinamento giuridico statale e ordinamento giuridico sportivo che sono stati ridisegnati38,
fermo restando che quest’ultimo, al pari di tutti gli altri ordinamenti settoriali, si pone, rispetto a quello
statale, in veste di “ordinamento derivato”, perseguendo gli interessi della collettività che ne fa parte.

3. La normativa internazionale ed europea sullo sport
Nell’ambito dell’ordinamento giuridico internazionale, secondo quanto riconosciuto dall’Organizzazione
delle Nazioni Unite (ONU)39, il diritto allo sport ha trovato il suo primo fondamento nella Dichiarazione

34 Sul punto, v. F. SCUTO, Il diritto sociale alla salute, cit., p. 392; A. SIMONCINI - E. LONGO, Art. 32, cit., p. 673;
A. ALBANESE, La tutela della salute dei migranti nel diritto europeo, in rivistaaic.it, n. 4/2017, p. 6, la quale ricorda che
“la norma della Carta dei diritti fondamentali dell’UE posta a tutela della salute sancisce il diritto in modo piuttosto
«debole»”.
35 Sul tema, cfr. OMS, Linee Guida per la Promozione dell’Attività Fisica per le Persone Anziane, IV Congresso

Internazionale sull’Attività Fisica, l’Invecchiamento e lo Sport, tenutosi ad Heidelberg nel 1996; v. V. DURANTE,
La salute, cit., p. 586, secondo cui “La salute globale di un individuo va [..] misurata anche sulla base di altri fattori,
quali ad esempio i rapporti familiari e sociali, l’ambiente in cui si vive e in cui si lavora, il rapporto tra lavoro e
tempo libero, le forme in cui si può esprimere la propria spiritualità e religiosità, ecc”.
36 In proposito, v. F. VARI, Profili costituzionali, cit., pp. 222-223; sull’art. 4 Cost., tra gli altri, v. B. CARAVITA, Art.

4, in V. CRISAFULLI - L. PALADIN (a cura di), Commentario, cit., p. 39; C. LA MACCHIA, La pretesa al lavoro,
Torino, 2001, p. 2; C. SALAZAR, Il diritto al lavoro e il Jobs Act, Scritti in onore di Gaetano Silvestri, Torino, 2016.
37 Per approfondimenti, v. B. GUASTAFERRO, Ordinamento sportivo (art. 117.3.), in R. BIFULCO - A. CELOTTO

(a cura di), Le materie dell’art. 117 nella giurisprudenza costituzionale dopo il 2001, Napoli, 2015, pp. 313 ss..
38 Sul punto, v. G. LIOTTA, L. SANTORO, Lezioni di diritto sportivo, cit., p. 14.
39 In merito a tutti i diritti, ivi incluso quello allo sport, va ricordato che la Carta istitutiva delle Nazioni Unite all’art.

1, comma 2, elenca tra i suoi obiettivi quello di “sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto
e sul principio dell’eguaglianza dei diritti” e di “incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione”. Per approfondimenti sull’ONU,
v. B. CONFORTI, C. FOCARELLI, Le Nazioni Unite, Padova, 2017.

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universale dei diritti dell’uomo del 194840 e successivamente in molti altri atti internazionali rilevanti41
quali il Patto internazionale relativo ai diritti economici sociali e culturali del 196642, la Dichiarazione
internazionale contro l’Apartheid nello Sport del 1977 e la Convenzione internazionale contro l’Apartheid
nello sport del 198543, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna del
197944, la Dichiarazione del Millennio del 200045 e la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità
del 200646. Nei primi atti appena citati, il richiamo al diritto allo sport è indiretto e sottinteso ed, infatti, il
primo esplicito riferimento al diritto allo sport si trova nella Carta internazionale dello Sport e
dell’Educazione Fisica dell’UNESCO del 197847 in cui all’art. 1 si dispone che ogni essere umano ha il
diritto fondamentale all’educazione fisica, all’attività fisica e allo sport, senza discriminazione di qualsiasi
“base” e che opportunità di inclusione e di partecipazione a tale diritto devono essere garantite a tutti, in
primis ai bambini48, con riguardo ai quali si avvalora l’importanza delle attività sportive all’interno della
scuola prevedendo che ogni sistema educativo debba rafforzare i legami tra l’attività fisica, intesa come
una parte obbligatoria dell’istruzione primaria e secondaria, e le altre componenti dell’educazione. Inoltre,
il documento de quo all’art. 3 esorta i poteri pubblici a tutti i livelli e gli organismi che agiscono per loro
conto ad intraprendere azioni legislative e normative, a definire piani nazionali e ad adottare altre misure

40 In particolare, all’art. 24 sul diritto al riposo e allo svago, all’art. 25 sul diritto alla salute e al benessere, all’art. 26
sul diritto all’istruzione e all’art. 27 sul diritto a prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità della
Dichiarazione, adottata a New York il 10.12.1948 dall’Assemblea Generale dell’ONU con la Risoluzione 217 A
(III).
41 Per approfondimenti, v. J. TOGNON, A. STELITANO, Sport, Unione Europea e diritti umani. Il fenomeno sportivo e

le sue funzioni nelle normative comunitarie e internazionali, Padova, 2011, pp. 2005 ss..
42 Il Patto adottato a New York il 16.12.1966 dall’Assemblea Generale dell’ONU con la Risoluzione 2200 (XXI),

la cui ratifica ed esecuzione è avvenuta in Italia con la l. n. 881/1977, prevede all’art. 7, che “Gli Stati parti del
presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, le quali
garantiscano in particolare: [..] d) il riposo, gli svaghi….” e all’art. 12 che “Gli Stati parti del presente Patto
riconoscono il diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado
di conseguire”.
43 In merito a questi due atti internazionali, allegati rispettivamente alla Risoluzione dell’Assemblea generale

dell’ONU 32/105 del 14.12.1977 e 40/64 del 10.12.1985, v. J. TOGNON, A. STELITANO, Sport, Unione Europea
e diritti umani, cit., p. 213, per i quali “Questi due documenti sono fondamentali nella storia del riconoscimento di
un diritto allo sport perché marcano il passaggio da un periodo storico in cui lo sport è visto come passatempo e
attività educativa in genere, all’uso strumentale dello sport per promuovere i diritti umani e il diritto alla pace”.
44 La Convenzione è stata adottata a New York il 18.12.1979 dall’Assemblea generale dell’ONU.
45 La Dichiarazione è stata adottata a New York il 8.9.2000 dall’Assemblea generale dell’ONU con Risoluzione

55/2.
46 La Convenzione è stata adottata a New York il 13.12.2006 dall’Assemblea generale dell’ONU con Risoluzione

61/106.
47 La Carta è stata adottata a Parigi il 21.11.1978 dalla Conferenza Generale dell’UNESCO nel corso della sua XX

sessione.
48 Nel rispetto dei principi del documento originario, nel 2015 sono stati introdotti principi universali quali la parità

di genere, la non-discriminazione e l’inclusione sociale nello sport e attraverso lo sport, in particolare delle persone
diversamente abili e dei minori.

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per favorire lo sviluppo dell’educazione fisica, dell’attività fisica e dello sport. Dal tenore della
Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989 49, che contiene in particolare tre articoli che si riferiscono
al diritto allo sport per tutti i minori50, si evince che la pratica sportiva deve essere considerata tra le attività
che consentono di migliorare lo stato di salute del minore ed il suo sviluppo psico-fisico, costituendo
anche “una forma importante di apprendimento nei primi anni di vita”51.
Per quanto concerne la normativa internazionale, pertanto, vi è stata un’evoluzione del concetto del
diritto allo sport, dapprima diritto dell’uomo quale strumento di crescita educativa e culturale
specialmente delle giovani generazioni, di aggregazione sociale e di prevenzione di molte malattie e,
successivamente, anche “diritto dei popoli quando diventa il passe-partout per rivendicare altri diritti,
quali il diritto alla pace, allo sviluppo, i diritti degli uomini di colore nel Sud Africa dell’apartheid, i diritti
dei disabili, i diritti del fanciullo, i diritti delle donne”52.
In ambito europeo, va previamente fatto riferimento alla Carta sociale europea del 196153, nella quale, tra
gli articoli riguardanti le diverse tipologie di tutela dei minori54, vi è l’art. 17 in cui, al fine di assicurare ai
bambini ed agli adolescenti l’effettivo esercizio del diritto di crescere in un ambiente favorevole allo

49 La Convenzione è stata adottata a New York il 20.11.1989 dall’Assemblea generale dell’ONU con Risoluzione
44/25, ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. n. 176/1991. Per approfondimenti, cfr. M.R. SAULLE, La
Convenzione delle Nazioni Unite del 1989 sui diritti del fanciullo e la tutela del nascituro, in A. TARANTINO (a cura di), Per
una dichiarazione dei diritti del nascituro, Milano, 1996, pp. 182 ss.; E. LA ROSA, Tutela dei minori e contesti familiari.
Contributo allo studio per uno statuto dei diritti dei minori, Milano, 2005, pp. 39 ss..
50 In particolare, nell’art. 24 della Convenzione si afferma che “Gli Stati parti riconoscono il diritto del minore di

godere del miglior stato di salute possibile”, nell’art. 29 si individua tra le finalità che gli Stati devono perseguire
nell’educazione del fanciullo anche quella di “favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo
delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità” ed, infine, nell’art. 31 si dichiara
che gli Stati parti “riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività
ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica” e “ rispettano e favoriscono
il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in
condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali”.
51 J. TOGNON, A. STELITANO, Sport, Unione Europea e diritti umani, cit., p. 216.
52 J. TOGNON, A. STELITANO, Sport, Unione Europea e diritti umani, op. cit., p. 207, per i quali lo sport era

inizialmente collocabile tra i diritti di cd. “seconda generazione, che comprendono i diritti economici, sociali e
culturali, il cui esercizio contribuisce al miglioramento delle condizioni di vita del cittadino” e successivamente
riconducibile “anche nell’ambito dei diritti di cosiddetta terza generazione, che comprendono i diritti di solidarietà,
i cui destinatari non sono i singoli individui, ma i popoli: il diritto alla pace, allo sviluppo, all’equilibrio ecologico,
all’autodeterminazione, alla difesa dell’ambiente”. Sul tema dei diritti umani che devono essere salvaguardati nella
pratica sportiva e sullo sport come strumento per l’affermazione e la tutela di alcuni diritti umani, si rivela
interessante l’analisi di M. C. VITUCCI, La tutela dei diritti umani nello sport e la promozione di essi attraverso lo sport, in
Rivista della Facoltà di Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Palermo, n. 1/2008, pp. 73 ss..
53 La Carta del 18.10.1961, cui l’Italia ha dato esecuzione con l. n. 193 del 3.8.1965, è stata riveduta nel 1996 ed è

entrata in vigore in Italia, nella sua nuova veste, il 1.9.1999.
54 In particolare, l’art. 7 recante “Diritto dei bambini e degli adolescenti ad una tutela”, l’art. 11 recante “Diritto alla

protezione della salute” e l’art. 17 recante “Diritto dei bambini e degli adolescenti ad una tutela sociale, giuridica
ed economica”.

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sviluppo delle loro personalità e attitudini fisiche e mentali, si dispone che le Parti s’impegnano a garantire
le cure, l’assistenza, l’istruzione e la formazione necessarie.
Inoltre, le istituzioni europee si sono frequentemente occupate direttamente del fenomeno sportivo,
anche con riferimento ai più giovani, con un mutamento di indirizzo delle politiche dell’Unione dagli anni
Novanta in poi, quando l’attenzione si è spostata dalla dimensione economica a quella sociale dello sport,
sia con l’adozione nel 1991 da parte della Commissione della Comunicazione su “La comunità europea e
lo sport”55, che pone la questione del rispetto dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, che con
l’approvazione da parte della VII Conferenza dei Ministri europei dello Sport a Rodi nel 1992 della Carta
europea dello Sport e del Codice europeo di etica sportiva del Consiglio d’Europa, tra i cui impegni vi
sono quelli di dare la possibilità ad ogni individuo di praticare sport e di consentire ai giovani di sviluppare
le attitudini sportive di base. Negli anni successivi, sono stati ulteriormente adottati: il Manifesto Europeo
sui Giovani e lo Sport elaborato nell’ambito del Consiglio d’Europa56, nel quale è stato riconosciuto un
ruolo chiave alla scuola in relazione alle attività fisiche e sportive dei giovani; la dichiarazione allegata al
Trattato di Amsterdam del 1997, la cd. Relazione di Helsinki sullo sport57, in cui riconoscendo che lo
sport rappresenta una “tribuna ideale per l’inclusione e la coesione sociale” di cui avvalersi per lottare
contro la violenza, le disuguaglianze, il razzismo e la xenofobia si invitano gli Stati membri ad annettere
il giusto valore all’insegnamento dell’educazione fisica nei programmi di tutte le scuole e a incoraggiare la
pratica dello sport dilettantistico da parte dei giovani; la dichiarazione dell’Anno Europeo dell’educazione
attraverso lo sport 2004, nella quale si riconosce che lo sport svolge un ruolo importante nel
perseguimento degli obiettivi di “promozione dell’istruzione e della formazione durante l’intero arco della
vita”, di “promozione della mobilità all’interno dell’Unione europea”, di “realizzazione di una società
della conoscenza” e di “lotta contro l’emarginazione sociale e la discriminazione”; il Libro bianco sullo

55 In G.U.C.E (Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea), SEC (91) 1438, 31 luglio 1991.
56 Approvato nel corso della VIII conferenza dei Ministri europei responsabili dello Sport a Lisbona nel 1995,
all’art. 4, comma 2, prevede che “La scuola ha il ruolo essenziale di creare le opportunità di attività fisiche e sportive
sane, come pure di garantire un equilibrio salutare tra le attività fisiche ed intellettuali. Lo sport può contribuire alla
qualità generale della vita scolastica. Tutti i giovani devono ricevere un’educazione fisica e acquisire una formazione
sportiva di base, in modo che siano incoraggiati a praticare quotidianamente un’attività fisica e sportiva, sia
nell’ambito del programma scolastico che al di fuori di esso. Le scuole devono fornire un ambiente sicuro e sano
per l’attività fisica e lo sport. Le scuole devono adeguarsi alle nuove tendenze sportive e se queste sono valide,
tentare di offrire ai giovani le necessarie opportunità di pratica” e all’art. 6 che “È opportuno elaborare programmi
scolastici adeguati ed equilibrati per dare a tutti i giovani la possibilità di partecipare ad attività fisiche e sportive. I
programmi devono mirare sia allo sviluppo fisiologico e mentale del giovane, sia all’acquisizione di attitudini
sportive e di valori etici. La gamma dei programmi scolastici deve riflettere le necessità di tutti i giovani, permettere
loro di sviluppare tutte le potenzialità nelle varie fasi di crescita, e corrispondere ai loro diversi livelli di abilità. I
programmi devono fornire ai giovani occasioni di scambio attraverso lo sport”.
57 In G.U.C.E., COM (1999) 644 def., 7 settembre 2000.

13                                              federalismi.it - ISSN 1826-3534                                |n. 4/2019
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