LA "MUFFA GRIGIA", Lotta contro i parassiti vegetali e animali
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Lotta contro i parassiti vegetali e animali LA «MUFFA GRIGIA», UN NEMICO PERICOLOSISSIMO di M.L. Cullino - G. Bozzano - D. Dellavalle - A. Garibaldi In settori agricoli altamente specializzati, quali l'orticoltura e la floricoltura, un'assistenza tecnica corretta ed efficiente diventa sempre più indispensabile per l'operatore agricolo ma, al tempo stesso, di difficile attuazione. In particolare nel settore della lotta contro i parassiti vegetali e animali, il divulgatore deve continuamente aggiornarsi, per essere in grado di fornire prontamente all'orticoltore e al floricoltore i consigli più validi ed equilibrati, suggerendo loro i mezzi di difesa più moderni e al tempo stesso sicuri e affidabili. Uno dei problemi che sta assumendo aspetti talora gravi nel settore della lotta antiparassitaria è quello dell'insorgenza di ceppi di numerosi funghi patogeni resistenti nei confronti di diversi gruppi di fungicidi largamente impiegati (Garibaldi e Cullino, 1983). Questo fenomeno risulta particolarmente intenso nel caso delle colture ortofrutticole, ove le particolari condizioni colturali e l'esigenza di un prodotto assolutamente perfetto dal punto di vista anche estetico richiedono molto spesso l'esecuzione di un numero assai elevato di interventi antiparassitari e, in particolare, anticrittogamici. Uno dei patogeni in grado di provocare danni assai gravi su un gran numero di colture ortofrutticole (basti ricordare pomodoro, fragola, insalate, rosa, geranio ecc.) è la Botrytis cinerea, agente della muffa grigia. Due gruppi di fungicidi risultano, come è noto, molto efficaci nei confronti di questo fungo: benzimidazoli (benomyl, carbendazim, tiofanate metile, ecc.) e dicarbossidimidi (vinclozolin. procymidone, iprodione, ecc.). Purtroppo l'uso ripetuto e prolungato di entrambi questi gruppi ha
determinato la rapida comparsa e diffusione in natura di ceppi di Botrytis cinerea resistenti nei loro confronti. Questo fenomeno è stato osservato, purtroppo, anche in Italia su diverse colture (vite, pomodoro, fragola) e risulta particolarmente grave nel caso delle colture protette (Cullino e Garibaldi, 1985). Appare, perciò, assai importante limitare al massimo il rischio di selezionare individui resistenti ove non siano ancora presenti ed evitarne la diffusione ove siano già stati osservati. Ciò, seppure non impossibile, è di difficile applicazione in quanto richiede un uso razionale dei fungicidi «a rischio» (e cioè nei confronti dei quali si selezionano facilmente ceppi resistenti) e un costante controllo dell'evoluzione della popolazione del patogeno. Da anni l'Istituto di Patologia Vegetale dell'Università di Torino ha affrontato lo studio del fenomeno della resistenza ai fungicidi, curando non solo gli aspetti teorici del problema ma anche alcune sue implicazioni pratiche e le conseguenti ripercussioni sul settore produttivo. I tentativi di applicare nella pratica i risultati conseguiti in laboratorio sono sempre avvenuti in aree in cui esiste un'assistenza tecnica efficiente e funzionale. È' questa la ragione per cui il tentativo di mettere in atto un «monitoraggio programmato», è stato condotto nella zona di Albenga in cui da un lato esiste uno dei rari (in Italia) esempi di assistenza tecnica efficiente e, dall'altro, è presente un'interessante integrazione tra ricerca e assistenza tecnica grazie all'ormai lunga attività del Centro Orticolo Sperimentale della Camera di Commercio di Savona. Nel corso degli estesi monitoraggi effettuati su diverse colture (vite, fragola, pomodoro, insalate, ornamentali, ecc.) allo scopo di individuare la presenza di ceppi di Botrytis cinerea resistente ai fungicidi e di valutarne l'incidenza e la diffusione, si è potuto tenere sotto costante controllo, in passato, le popolazioni di Botrytis cinerea e cambiare rapidamente le strategie di intervento, qualora fosse necessario (Gullino e Garibaldi, 1985). Recentemente, modificando una tecnica descritta in Francia (Leroux e Gredt, 1981), è stato messo a punto un metodo rapido di individuazione della presenza di ceppi di Botrytis cinerea resistenti nei confronti dei fungicidi benzimidazolici e dicarbossimidici; il metodo è stato ampiamente saggiato in laboratorio e, a partire dall'autunno 1985, è stato trasferito ai tecnici della Cooperativa «L'Ortofrutticola» di Albenga che 10 hanno applicato nella pratica per i soci della Cooperativa stessa. In pratica, l'orticoltore che incontra nella sua azienda problemi nel contenimento degli attacchi di muffa grigia fa pervenire i campioni di ortaggi infetti da Botrytis cinerea ai tecnici della Cooperativa che, immediatamente, effettuano isolamenti degli organi colpiti. A tale scopo conidi, prelevati dalle abbondanti fruttificazioni prodotte dal patogeno sui frutti e sugli altri organi infetti, sono raccolti in tubi contenenti 5 mi. di acqua sterile: una goccia di tale inoculo è strisciata in capsule Petri a 3 settori contenenti un substrato molto semplice (glucosio 10 g/litro, agar 20 g/litro), addizionato di un antibiotico (terramicina, 50 mg/litro), per ridurre lo sviluppo di contaminanti batterici. I tré settori di ciascuna capsula contengono: nessun fungicida (testimone), benomyl (5 g/litro) e vinclozolin (3 mg/litro) (fig. n. 1). Le concentrazioni dei due fungicidi sono state scelte perché superiori alla CMI (Concentrazione Minima Inibitoria), concentrazione in grado cioè di inibire completamente la germinazione e il
successivo sviluppo dei tubuli germinativi di conidi di isolati sensibili di Botrytis cinerea. I fungicidi sono addizionati al substrato, dopo la sterilizzazione, quando questo si trova alla temperatura di 40- 45°C sotto forma di sospensioni metanoliche cento volte concentrate (Gullino e al., 1984).
L'osservazione al microscopio del comportamento dei conidi di Botrytis cinerea dopo 16-18 ore di contatto con il substrato descritto permette di individuare la presenza o meno di resistenza e, caso positivo, di valutarne l'incidenza. Infatti, mentre nel su strato testimone germinano, producendo un tubulo germinativo sempre percentuali elevate di e nidi, nei substrati addizionati di i fungicida germinano soltanto conidi rispettivamente resistenti benzimidazolici (su benomyl) o dicarbossimidici (su vinclozolin) (fig. n. 1). Contando al microscopio il numero di conidi germinati su un totale di 100, rispettivamente su benomyl e su vinclozolin, sarà possibile fornire rapidamente (24 ore dopo il prelievo e campioni colpiti) una rispondenza concreta agli operatori circa situazione della popolazione Botrytis cinerea nella loro azioni e i fungicidi da utilizzare. Possono infatti realizzarsi le seguenti situazioni: a) presenza solo di conidi Botrytis cinerea sensibili sia benomyl che a vinclozolin. questo caso, purtroppo assai raro nelle condizioni colturali dell'ortofloricoltura ligure, il tecnico potrà consigliare all'agricoltore di utilizzare in alternanza un dicarbossimidico e un benzimidazolico, sempre, ovviamente, nel rispetto del periodo di sicurezza in funzione del periodo di raccolta; b) i conidi del patogeno sono in gran parte resistenti a benomyl e sensibili a vinclozolin. In questo caso si può consigliare di impiegare un dicarbossimidico e di alternarlo con altri fungicidi come captafol, folpet, diclofluanide e clortalonil che, pur presentando una minore efficacia verso Botrytis cinerea rispetto ai gruppi di fungicidi precedentemente indicati, tuttavia sono considerati non in grado di selezionare ceppi resistenti; e) i conidi del fungo sono in gran parte resistenti a vinclozolin e totalmente o in gran parte sensibili a benomyl. Questo caso, seppur infrequente nella pratica, permette di alternare l'impiego di un benzimidazolico con uno dei prodotti riportati al punto b); d) i conidi di Botrytis cinerea sono in gran parte resistenti a benomyl e in percentuale non molto elevata (10-30%) resistenti anche a vinclozolin. Questa è una situazione seria e che, a quanto ci risulta, è alquanto comune nelle colture in serra di molte aree orticole e floricole. I tecnici di fronte a questo caso, per tentare di non aggravare la già difficile situazione, possono consigliare l'uso di fungicidi dicarbossimidici in miscela con captafol o clortalonil o diclofluanide o folpet solo nei momenti più critici per le infenzioni del patogeno. Nelle altre fasi del ciclo colturale l'operatore dovrà usare soltanto i fungicidi già citati al punto b) a scarso rischio di insorgenza di resistenza. e) infine, l'ultima possibile situazione, quella più disperata: i conidi di Botrytis cinerea sono in gran parte resistenti sia a benomyl sia a vinclozolin. Questa situazione fortunatamente ancora assai rara nelle condizioni colturali liguri, deve essere affrontata in modo razionale facendo comprendere all'agricoltore l'inopportunità dell'impiego sia dei benzimidazoli sia dei dicarbossimidici.. La lotta contro Botrytis cinerea dovrà essere impostata sia ricorrendo a mezzi di lotta agronomici (ventilazione delle serre, concimazione equilibrata, fittezza non eccessiva della coltura) sia utilizzando come fungicidi quelli già indicati come a scarso rischio di resistenza. Questa impostazione della lotta contro la «muffa grigia" dovrebbe permettere da un lato di ridurre il rischio di effettuare trattamenti del tutto inutili perché prevedono l'impiego di prodotti nei confronti dei quali il fungo parassita è resistente e dall'altro di prevenire almeno parzialmente l'aumento dell'incidenza della resistenza nella popolazione del fungo nella zona. Ciò in attesa dell'arrivo sul mercato di fungicidi dotati di resistenza incrociata negativa nei confronti dei benzimidazoli, prodotti tuttora in fase sperimentale (Gullino e al., 1986). Dai primi risultati ottenuti nel corso del 1986 (tabella 1) appare possibile individuare nella pratica le diverse situazioni ricordate: sulla base delle indicazioni ora riportate è stato possibile ai tecnici fornire agli operatori suggerimenti che paiono aver risolto nel migliore dei modi le diverse situazioni. Non ci risulta che un'impostazione della lotta contro la muffa grigia su dati obiettivi quali quelli che si impiegano con questo metodo sia mai stata effettua non solo in Italia, ma anche molti Paesi europei. A quanto consta metodi simili sono stati invece largamente usati ne Stati Uniti d'America e in Inghilterra
contro altri parassiti de piante coltivate. È questo, a nostro parere, esempio di utile integrazione ricerca e assistenza tecnica agricoltura. Quando si opera comunità di intenzioni tra tutti Enti interessati e con buona volontà da parte dei tecnici e ricercatori, anche in Italia si possono semplicemente e facilmente ottenere risultati che, a prima vista, possono apparire possibili solo in altre condizioni sociali culturali ed economiche. Perciò anche per porgere doveroso ringraziamento a chi ha reso e renderà possibile questo tentativo, che tra l'altro costa poche decine di migliaia di lire l'anno, abbiamo voluto semplicemente illustrare e divulgare questa novità nel settore della difesa delle colture dai parassiti, anche perché possa eventualmente essere messa in atto in altre zone. Tabella 1 - Risultati di un "monitoraggio programmato" effettuato nel 198 serre di pomodoro ad Albenga. % conidi resistenti a serra benzimidazoli dicarbossimidi 1 70 30 2 70 10 3 80 40 4 50 80 5 20 40 6 10 0 7 15 5 8 20 20 9 80 50 10 80 0 11 70 70 12 25 25
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