LA MEDICINA DAL MITO ALLA STORIA - Liceo Palmieri

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LA MEDICINA DAL MITO ALLA STORIA - Liceo Palmieri
LA MEDICINA DAL MITO ALLA STORIA
LA MEDICINA DAL MITO ALLA STORIA - Liceo Palmieri
Apollo è figlio di Zeus e
Latona e fratello di
Artemide. Il mito narra
che Latona, incinta, fu
perseguitata da Era, la
quale stabilì che nessun
luogo sulla terraferma
avrebbe dovuto darle
asilo al momento del
parto. Latona si rifugiò
per partorire sull’isola di
Delo, un’isola errante
che, da quel momento,
fu ancorata al fondo del
mare.
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L’immagine rappresenta il tipo
         statuario dell’Apollo «uccisore
         di lucertola» (Sauroktonos)

  Probabilmente il dio reggeva una
  piccola freccia con cui si accingeva a
  colpire la lucertola

Apollo, rappresentato come un
adolescente, è appoggiato ad un tronco
d’albero sul quale si sta arrampicando
una lucertola

  Apollo è definito «Alexikakos» ed
  «Epikourios», cioè liberatore dalla
  malattia e soccorritore: a lui ci si
  rivolgeva per allontanare contagi ed
  epidemie. La statua qui presentata
  probabilmente rappresentava proprio
  queste prerogative del dio; la malattia
  è simboleggiata dall’animaletto.

                      Apollo Sauroktonos, copia romana da originale di Prassitele (360 a.C. circa)
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Apollo e Coronide

Apollo, innamorato di Coronide – figlia di Flegia, re dei Lapiti - , dovendosi assentare per un periodo di tempo, decise
di incaricare il corvo, suo fedele servitore dal bellissimo piumaggio bianco, di sorvegliare la fanciulla. Durante
l’assenza del dio, Coronide si innamorò del giovane Ischi, con cui tradì Apollo; il tradimento, però, fu scoperto dal
corvo, che decise di avvertire immediatamente il suo padrone. Lungo la strada il corvo s’imbatté nella cornacchia, che
cercò di dissuaderlo dal suo proposito raccontandogli di come lei stessa fosse stata punita da Minerva per averle
rivelato il tradimento di una sua protetta. L’uccello, ignorando il consiglio della cornacchia, rivelò ad Apollo l’infedeltà
dell’amata: il dio, preso dalla collera, uccise Coronide trafiggendola con una freccia. La donna, prima di morire, gli
rivelò di essere incinta di suo figlio: per colpa del suo gesto di collera, il bimbo sarebbe morto insieme a lei. Pentito,
Apollo tentò con ogni rimedio di riportare in vita Coronide; non riuscendoci, prima di porla sulla pira già accesa,
estrasse il bambino dal suo ventre e lo affidò al centauro Chirone. Al bambino fu dato il nome di Esculapio; in seguito,
ereditando le doti curative paterne, sarebbe diventato il dio della medicina. Apollo, per punire il corvo, reo di aver fatto
la spia e di aver quindi determinato la morte di Coronide, trasformò il colore delle sue piume da bianche a nere.
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Asclepio
                                         Asclepio, figlio del dio Apollo e della principessa Coronide, non era
                                         inizialmente un dio, ma un eroe. Salvato –come abbiamo visto - dal
                                         rogo funebre della madre e affidato al centauro Chirone , da lui
                                         apprese la medicina e la chirurgia, divenendo talmente abile da
                                         riuscire a resuscitare i morti. Fu per questo folgorato da Zeus ma,
                                         per intercessione del padre Apollo, non fu precipitato negli inferi:
                                         venne trasformato nella costellazione del Serpentario ed iniziò ad
                                         essere venerato come un dio.
                                         La tradizione gli attribuisce due figli maschi, Macaone e Podalirio,
                                         che nell’Iliade vengono ricordati come «i due buoni medici»
                                         dell’esercito di Agamennone. Stadi posteriori della leggenda gli
                                         attribuiscono inoltre una moglie, Epione, e delle figlie: Aceso, Iaso,
                                         Panacea, Egle e Igea.
                                         Il primo luogo di culto a lui dedicato era un grotta di Tricca, in
                                         Tessaglia; da lì il culto si estese a Epidauro, dove sorse un
                                         importante santuario, a Cos – dove operavano gli Asclepiadi, ritenuti
                                         discendenti del dio ed esperti di medicina -, ad Atene, a Corinto e in
                                         tutto il mondo ellenico.
                                         I santuari sorgevano in genere fuori dal centro abitato, in luoghi
                                         immersi nella natura e caratterizzati dalla presenza di acqua; qui i
                                         pellegrini si recavano nella speranza di ottenere la guarigione dai
                                         loro mali.
                                         La «cura» prevedeva, dopo un periodo di purificazione basata su
                                         digiuno e bagni, la pratica dell’ «incubazione»: i malati, cioè,
                                         dormivano in un’apposita area del santuario e il dio si manifestava
                                         loro in sogni o visioni in seguito a cui essi ricevevano la guarigione o,
Statua di Asclepio, Museo di Epidauro.   in alternativa, indicazioni da seguire per ottenerla. Un ruolo
                                         fondamentale era svolto dai sacerdoti, che interpretavano le visioni e
                                         facevano quindi da tramite con il dio.
                                         I malati, in segno di gratitudine, depositavano nel tempio ex voto; la
                                         loro storia veniva registrata su tavole di pietra.
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Asclepio è assistito
                                                                 Asclepio è raffigurato       dalla figlia Igea,
        Questo bassorilievo proviene dal Pireo, dove             come un medico che           personificazione della
        sorgeva un importante santuario di Asclepio. Il culto    interviene sul proprio       salute, a cui ci si
        del dio fu introdotto in Atene nel 420 a.C., dopo la     paziente e lo guarisce       rivolgeva per prevenire
        spaventosa epidemia di peste che colpì la città.         toccando la parte malata o   la malattie e
                                                                 applicando un                mantenere buone
                                                                 medicamento                  condizioni fisiche
I familiari della
paziente
assistono
all’intervento
del dio. Spesso
i parenti
accompagnava-
no gli infermi
nel
pellegrinaggio,
che poteva
richiedere
anche un lungo
soggiorno

                     A Epidauro sono stati                      La paziente, sdraiata sul             Rilievo votivo in
                     rinvenute tavole da gioco,                 lettino, è addormentata: la           marmo, «Cura
                     in legno o pietra, forse                   cura avviene durante un               durante il sonno»,
                     consacrate dai malati che                  sogno o una visione,                  IV sec.a.C., Atene,
                     le avevano utilizzate per                  secondo la pratica                    Museo
                     trascorrere il tempo                       dell’incubazione.                     Archeologico del
                     durante il soggiorno nel                                                         Pireo
                     santuario.
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Nell’immagine si può vedere una
ricostruzione del santuario dedicato
ad Asclepio che sorgeva ad
Epidauro, in Argolide.
Gli addetti al culto del dio, chiamati
therapeutai (da cui il termine
«terapeutico»), accoglievano e
seguivano i malati per tutto il tempo
del loro soggiorno, che poteva
protrarsi anche per diversi mesi.
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Dal culto di Asclepio alla scienza di Ippocrate
In età arcaica la pratica medica, nel mondo greco, conobbe una netta bipartizione. Da un lato vi erano
i curatori religiosi, che operavano nei santuari, dall’altro i medici laici, che si affidavano a metodi basati
sull’esperienza ed erano considerati alla stregua di umili artigiani. La nascita di una vera e propria
scienza medica, con conoscenze e tecniche autonome, è legata alla figura di Ippocrate.
Ippocrate (460 a.C. circa – 370 a.C.) è per noi, però, una figura evanescente. Una delle poche notizie
certe che lo riguardano sostiene che appartenesse alla gente degli Asclepiadi, che si vantava di
discendere da Asclepio e si occupava tradizionalmente di pratica medica nei santuari. Nonostante ciò
– o forse proprio in conseguenza di ciò - Ippocrate svincolò la disciplina dalla religione, dando nuova
centralità al metodo sperimentale, alla diagnostica basata sui sintomi e sulla storia personale dei
pazienti e rifiutando l’origine sacra di alcuni mali. Sotto il suo nome ci è pervenuto un corpus di 58
scritti, detto Corpus Hippocraticum, che costituisce una vera e propria biblioteca medica e comprende
opere di autori diversi e con caratteri eterogenei. Complessivamente, il corpus rimonta al V – IV secolo
a.C.: esso è caratterizzato da un’attenzione estrema alla descrizione dei sintomi e del decorso delle
malattie e presenta tratti di novità quali la riflessione sulla deontologia professionale, l’individuazione
dell’importanza del regime alimentare, lo studio dell’influsso delle condizioni ambientali sulla salute e
l’interesse per l’anatomia. La dottrina più famosa della scuola ippocratica è certamente quella dei
quattro umori: lo stato di salute è dato dall’equilibrio dei quattro umori presenti nell’organismo, vale a
dire sangue, flegma (muco), bile gialla e bile nera. L’alterazione del rapporto tra di essi determina la
condizione di malattia.
A Ippocrate è attribuito inoltre il giuramento che porta il suo nome, che ancora oggi – sia pure con le
dovute modifiche – i medici pronunciano prima di intraprendere l’esercizio della professione.
Il giuramento di Ippocrate
                    (testo classico)
   Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e
per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e
il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il
  mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di
     soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e
 insegnerò quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi
    dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei
       figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e
vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro. Regolerò il tenore
   di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi
 asterrò dal recar danno e offesa. Non somministrerò ad alcuno, neppure
        se richiesto, un farmaco mortale, nè suggerirò un tale consiglio;
      similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. Con
  innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò
   coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che
sono esperti di questa attività. In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il
 sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra
  l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini,
liberi e schiavi. Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o
   anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è
   necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili. E a me,
 dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso
di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi
                    accada il contrario se lo violo e se spergiuro".
Bibliografia e sitografia
Diapositiva 1
Achille fascia le ferite di Patroclo, Tazza di Sosia, VI secolo a.C., Berlino
Staatliche Museum
Diapositiva 2
 L. Impelluso, Dizionari dell’arte. Eroi e dei dell’antichità, Electa, 2002, p. 28
Diapositiva 3
S. Ratto, Dizionari delle civiltà. Grecia, Electa, 2006, p.103 (rid. e ad.)
Diapositiva 4
 http://www.iconos.it/le-metamorfosi-di-ovidio/libro-ii/apollo-e-coronide/
Diapositiva 5,6,7,8
S. Ratto, op.cit., pp.117-120.154
Diapositiva 9
C. Garcia Gual, «La medicina nell’antica Grecia», in Storica, 54, agosto
2013
Diapositiva 10
S. Ratto, op. cit., p. 186
Diapositiva 11
S. Ratto, op. cit., p.185; L.E.Rossi – R. Nicolai, Letteratura greca 2. Età
classica, Le Monnier Scuola, pp. 426-428; J. Cano, «Ippocrate, il padre
della medicina», in Storica, 9, novembre 2009, pp.20-23; L. Capasso,
«Archeo Dossier 13. La medicina nell’antichità», Istituto Geografico De
Agostini, 1986
Diapositiva 12
C. Garcia Gual, art.cit.
Diapositiva 13
http://www.ordinedeimedicims.org/Giuramento.php
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