L'Inglese oggi, il Mandarino entro il 2020 ? A rischio il futuro dell' inglese come lingua franca e di alcune lingue locali?

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Mark Glaser                                            Erricoberto Pepicelli

                      L’Inglese oggi, il Mandarino entro il 2020 ?

    A rischio il futuro dell’ inglese come lingua franca e di alcune lingue locali?
di Erricoberto Pepicelli

Mark Glaser riassume in un articolo (1) i risultati dell’indagine, da lui definita fascinating, condotta
da Pew Internet & American Life and Elon University.
Numerosi esperti e gente comune hanno valutato i possibili scenari futuri incluso il seguente:
l’Inglese online sarà letteralmente soppiantato dal Mandarino entro il 2020?
Tale indagine ha avuto una risonanza internazionale esagerata. Alcune risposte, relative agli
sviluppi futuri delle lingue straniere rispetto a Internet ed alla supremazia dell’inglese e/o del
mandarino, non appaiono convincenti, altre sono contraddittorie.
Entro il 2020, cioè in un arco di tempo di poco più che un decennio, la situazione attuale resterà più
o meno uguale; una lingua non subisce cambiamenti significativi in un lasso di tempo così breve, a
parte prestiti, neologismi, acronimi, che incidono in modo soltanto parziale.
 La lingua non è un prodotto commerciale che, o perché di qualità eccelsa, o per la sua competitività
sul mercato, ovvero per una pubblicità azzeccata, può essere imposto o accettato e può cambiare le
abitudini linguistiche degli utenti in breve tempo. Si tratterebbe di sostituire ad una lingua -
l’inglese- un’altra lingua - il mandarino -, il che implicherebbe un processo sicuramente lungo e
complesso e dai risultati imprevedibili. Anche se questo processo, secondo alcuni intervistati, in un
certo senso è già iniziato.
Troppe persone sottolineano la difficoltà dei caratteri cinesi, una vera barriera a far diventare il
mandarino una lingua franca. E’ vero, ma tutte le lingue che si avviano verso una loro
globalizzazione tendono ad adattarsi ed a semplificarsi. Il Mandarino scritto lo sta facendo
attraverso la digrafia perché tende ad usare contemporaneamente due o più scritture alfabetiche
diverse, e cioè i caratteri cinesi per lo scritto standard ed il pinyin latinizzato per una
comunicazione di base e più informale tra parlanti non nativi.
Intanto diciamo da subito che al momento nessuno si sognerebbe mai di sostituire l’inglese - the
language of computers, business, education and academia -, né con il mandarino, né con un altro
alfabeto ed un’altra lingua.
Significative ragioni storico-politiche ed economiche hanno determinato l’affermazione dell’inglese
(e del francese) nel mondo nei secoli scorsi. Ma può soltanto la componente economica cinese, per
quanto importante e invasiva, propugnare ed assicurare la diffusione del mandarino on line a
livello globale?
Francamente, con la maggioranza degli intervistati, dico di no. Allo stesso modo risponde la
collega Lori Repetti (2): la maggiore diffusione della lingua cinese sembra poggiare sul fatto che vi
è una popolazione più grande.
Ma prima di analizzare altre risposte e di formulare altre ipotesi cerchiamo di capire:

Che cos’è il Mandarino?

Il Mandarino standard è la lingua cinese parlata, ufficiale, usata dalla Repubblica Popolare della
Cina, Taiwan, Malesia e Singapore. La pronuncia del mandarino standard si basa sul dialetto di
Pechino che appartiene al mandarino, un grande e variegato gruppo di dialetti cinesi parlati dal nord
al sudovest della Cina. La grammatica del mandarino standard si basa sulla lingua cinese scritta
standard.

Lingua cinese (scritta) in caratteri cinesi.

È comune per chi parla cinese poter parlare parecchie variazioni della lingua. Tipicamente, nella
Cina meridionale, una persona potrà parlare col funzionario il mandarino standard, il dialetto locale
ed, occasionalmente, un altro dialetto regionale, come il Cantonese, con i parenti e gli amici. Tali
poliglotti giocano frequentemente fra il mandarino standard ed il dialetto locale, secondo la
situazione (3).

 Nell’articolo si confonde spesso l’inglese del computer (microlingua del computer e
dell’informatica, interfacce del software, abbreviazioni, acronimi) con la lingua vera, quella che un
utente usa per esprimere i propri sentimenti e idee personali, per confutare, accettare ecc. nelle
e.mail, negli articoli, nel chatting, nelle video- conferenze etc. I contenuti sono dentro il mezzo di
comunicazione che si possiede e che si condivide con il destinatario. Io, per essere un docente di
inglese, uso tale lingua per comunicare con un English native speaker o con gli amici, i colleghi,
gli studenti slovacchi, turchi, danesi etc. ( uso l’inglese perché non conosco lo slovacco, il turco o
il danese); ovviamente con gli italiani uso e continuerò ad usare l’italiano; e come me tutti i parlanti
per i quali l’italiano è la lingua materna.
Qualche interlocutore afferma, poi, che l’inglese viene usato in Internet perché il computer si è
sviluppato negli USA. Ma, anche se internet si fosse sviluppato altrove, per renderlo accessibile, in
breve tempo, al maggior numero possibile di utenti nel mondo, secondo me, si sarebbe comunque
usato l’inglese, proprio per essere quest’ultimo il means of communication maggiormente diffuso.

E le lingue locali avranno ancora un ruolo da giocare?

Certamente, ed il loro sarà un ruolo insostituibile, perchè solo attraverso la lingua materna si
possono esprimere certe sottigliezze e sfumature; una lingua è strettamente legata alla comunità di
parlanti che l’ha prodotta finché continua a produrla; ovviamente forestierismi ed importazioni di
varia natura, termini tecnici e scientifici, potranno continuare ad arricchire la lingua stessa: La
vitalità delle varie lingue indigene sarà rappresentata proprio dalla loro capacità di assorbire altri
vocaboli, acronimi, abbreviazioni..., afferma Lori Repetti.
L’inglese come lingua franca (4) finirebbe con l’essere uno strumento di comunicazione attraverso
il quale, però, non sarebbe facile, come spiegheremo meglio in seguito, poter esprimere quei
significati specifici e diversificati, almeno nelle sfumature, propri dell’esperienza del parlante
nativo. Ad un parlante italiano che non conosce il mondo anglosassone risulterebbe molto facile, a
proposito di caffè, confonderne il significato con il caffè che beve un inglese. Per quest’ultimo si
tratta di caffè tostato diversamente e allungato, non di caffè espresso. E così se un inglese dice :”
sono andato allo stadio a vedere la partita di calcio ”, sicuramente non è domenica.
Dunque è molto improbabile che l’inglese sostituirà altre lingue; continuerà a funzionare come
lingua franca anche perché, acquisire una competenza in inglese tale da consentire una
comunicazione vera, efficace e generalizzata, è molto difficile ( e ancor più in mandarino, almeno
per noi occidentali). Mi spiego meglio: al momento si usano tanti acronimi e abbreviazioni in
inglese, specialmente in ambito internet. Ma la lingua inglese potrà mai sostituire, ad esempio, la
lingua italiana? Finché si tratta dell’uso di terminologia scientifica, di acronimi, di vocaboli tipici
della microlingua del computer o di altre microlingue va bene; ci sarà sicuramente un incremento e
questi nuovi apporti saranno acquisiti ed usati dagli utenti della rete internet; ma quando ci
riferiamo ai contenuti espressi attraverso la lingua materna, le cose cambiano perché una lingua non
è un insieme di vocaboli, ma molto di più: è la loro collocazione entro un discorso che esprime il
significato voluto a seconda del contesto d’uso. E come si fa ad usare l’inglese al posto dell’italiano
o di un’altra lingua, sempre attraverso la rete internet, per esempio per parlare di un convegno, di
un cantante famoso, di un’azienda in crisi, per confutare la qualità di un prodotto, ma anche per
chattare......, insomma per performare tutte la miriade di funzioni linguistiche che si realizzano
attraverso numerosi esponenti e le necessarie strutture morfo-sintattiche da adattare alle varie
situazioni, se non si è bilingui?

Più inglese o più lingue locali?

Christian Huitema, Microsoft wireless networking guru, risponde all’intervista affermando che la
tecnologia ha in effetti consentito la comunicazione tra le diversità linguistiche, piuttosto che
costringere la gente a imparare l’inglese in ogni situazione.
Difatti Huitema continua affermando che la tecnologia informatica aumenta la frequenza della
comunicazione e crea il desiderio di comunicare attraverso le barriere linguistiche. Ma la
tecnologia consente anche la comunicazione in una molteplicità di lingue, usando alfabeti diversi .
Steve Cisler, che sta lavorando su Progetti di pubblico accesso a Internet basato sulle
comunicazioni via satellite, ha risposto all’indagine affermando che le lingue indigene avranno
tempi difficili per cambiare al fine di incastonare, inserire, reagire all’impatto con le lingue dei
media più popolari, sebbene più persone utilizzeranno ICT per cercare di rivitalizzare alcune
lingue o diffonderne l’uso al di fuori di ambienti locali.
 Bret Fausett, che gestisce il blog di ICANN ( Internet Corporation for Assigned Names and
Numbers) e l’analista della politica americana Alan Inouye, rispetto a Internet, hanno predetto un
declino del dominio dell’inglese nella lingua on line, esprimendosi a favore delle lingue locali,
anche perché, aggiungo io, i dirigenti di ICANN prima o poi dovranno rinunciare al monopolio
americano per l’assegnazione dei domains per la posta elettronica e i siti web a favore di consorzi
nazionali, vista la notevole protesta che sta crescendo sempre più anche in Europa, Italia inclusa.
C’è poi chi sostiene che imparare il cinese comporta maggiori difficoltà dell’inglese. Questo è vero
per noi occidentali, ma è altrettanto vero per un orientale imparare l’inglese, il francese o l’italiano.
Nessuna lingua è intrinsecamente più difficile di un’altra. Certamente l’alfabeto cinese (o hindi)
per noi è più difficile di quello di una lingua occidentale. Gli apparati fonatori si sviluppano e si
modificano a seconda degli stimoli cui sono sottoposti dai parlanti nei loro primissimi anni di vita.
Ecco un esempio: Perché gli studenti italiani hanno difficoltà a pronunciare il suono inglese h in
home, house, her, etc? Semplicemente perché non sono stati abituati da piccoli a pronunciare il
suono aspirato della h, visto che nella nostra lingua tale suono non esiste. Non si è raggiunta
l’automazione dell’azione di inspirare prima e di espirare durante la pronuncia della h, e di attivare
alcuni muscoli che, pertanto, in quella occasione, restano involontari.
Infine c'è chi ritiene l'inglese una lingua in trasformazione, ovvero un insieme di altre lingue
pronunciate male. Questa tendenza dovrebbe portare a un inglese sempre più modificato da
influenze esterne, probabilmente con un buon accento orientale, aggiunge qualche altro intervistato.
(5)
Ogni lingua parlata è in continua trasformazione e questo denota la sua vitalità, la capacità di
esprimere concetti e sensazioni nuove, con l’aggiunta anche di vocaboli nuovi e la perdita di
vocaboli e strutture ritenute obsolete: vedi l’uso del congiuntivo nella lingua parlata italiana, ovvero
l’Estuary English (un misto di Cockney- dialetto londinese- e Queen’s English – la pronuncia
dell’Establishment) che dagli anni novanta si sta diffondendo in Inghilterra.
E’ vero, però, come sostiene qualche altro intervistato, che le lingue in via di estinzione saranno
aiutate dalla comunicazione tra utenti residenti in diverse aree geografiche, specialmente se
pensiamo all’emigrazione di varia natura.
Ma ecco una posizione decisamente contrastante:
Nel 2020 le comunicazioni tramite la rete di computer avranno livellato il mondo in uno spazio
politico, sociale ed economico ( the global village di Mac Luhan!) nel quale le persone potranno
incontrarsi dovunque, avere scambi verbali (nella lingua condivisa dagli attanti) e visivi
regolarmente, faccia a faccia, su internet. E l’inglese sarà così indispensabile nella comunicazione
che soppianterà alcune lingue.
A parte il fatto che la web-cam già lo consente da circa un decennio, il 57% degli intervistati non e’
d’accordo con questa affermazione, ritenendo che la traduzione istantanea potrebbe ridurre le
differenze linguistiche al minimo e dunque non sarebbe più necessario utilizzare soltanto l’inglese.
Nell’uso di acronimi, abbreviazioni, ed in una comunicazione in contesti limitati l’uso dell’inglese
tra parlanti non nativi resterà. Non sarà possibile comunicare , per esempio, in italiano, se non con
gli italiani stessi e gli emigrati italiani nel mondo, oltre a chi lo studia come lingua straniera (6).

Conclusione

Pochi intervistati si esprimono a favore del Mandarino che dovrebbe sostituire l’Inglese entro il
2020, molti si schierano, invece, a favore dell’Inglese.
La questione è stata posta in modo sapiente onde provocare il dibattito al quale stiamo prendendo
parte anche noi. Se si fosse parlato di una diffusione ancora maggiore dell’inglese nessuno si
sarebbe meravigliato più di tanto. Questo quesito provocatorio è stato posto nel momento giusto,
quando la Cina sta conquistando, a torto o a ragione, i mercati mondiali, non facendo dormire sonni
tranquilli a tanti politici e operatori economici .
 In conclusione precisiamo che c’è comunicazione autentica solo quando c’è un gap da riempire tra
gli attanti e ciò può avvenire soltanto attraverso uno strumento-lingua condiviso dagli stessi.
E così conclude, forse non senza un pizzico di malafede, Mark Glaser:
 Molti di voi hanno posto questioni convincenti , dubitando che il Mandarino possa guadagnare
rispetto all’inglese come lingua internazionale. Concordo con voi: L’inglese rimarrà la lingua
straniera dominante nel mondo e il Mandarino diventerà più importante ma forse non sorpasserà
l’inglese. Forse ho sbagliato a porre la questione in un modo così semplicistico. Un titolo più
accurato sarebbe stato:
 La Lingua Globale: Il Mandarino guadagnerà ma non supererà l’Inglese entro il 2020.

E’ quanto sto cercando di dimostrare. Al momento credo di poter dire che non c’e molto di
veramente nuovo sotto il sole. Ognuno continuerà ad usare la lingua condivisa con il suo
interlocutore, e cioè, nel nostro caso, l’italiano con tutti coloro che comprendono l’italiano, invece
la terminologia, gli acronimi e la microlingua del computer continueranno ad essere prerogativa
della lingua inglese. L’inglese come lingua franca , invece, non sarà il Queen’s English, né il
Boston English, e neanche l’ Estuary English, ma sicuramente sarà inglese. E se qualcuno avesse
ancora dei dubbi sul futuro vincente dell’inglese a fugarlo ci pensa un rapporto piuttosto recente
elaborato dal British Council dal quale risulta che nel giro di dieci anni altri due miliardi di persone
studieranno l'inglese e metà del mondo - tre miliardi di individui - lo parlerà.
La febbre della Cina per l'inglese - arrivata a livelli inauditi grazie al recente ingresso
nell'Organizzazione mondiale del Commercio e in occasione delle Olimpiadi del 2008 - ha persino
coniato un termine specifico in mandarino, Yingwen re. ( Carla Power, 2005)
Ovviamente siamo sempre pronti a ricrederci!
Per quanto attiene alla situazione italiana l’inglese resta la lingua straniera studiata da tutti, pur se,
fino ad oggi, con risultati non rispondenti pienamente allo sforzo istituzionale compiuto. Ma qui il
discorso cambia perché investe docenti, metodologie, programmi, strutture e risorse. L’inglese da
tempo ha soppiantato il francese che, comunque, per diffusione, in Italia, resta la seconda lingua
straniera; il tedesco continuerà ad essere poco studiato a vantaggio dello spagnolo che viene
preferito, anche perché, essendo più simile all’italiano, sembra agli studenti una lingua di più facile
acquisizione.

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* Docente a contratto di lingua inglese presso l’Università degli Studi del Sannio. Giornalista pubblicista, esperto di
linguistica e glottodidattica,autore di numerose pubblicazioni in italiano e inglese.

(1) Articolo pubblicato da Mark Glaser su: PBS, Mediashift il 29 settembre 2006.
(2) Lori Repetti è Docente di Linguistica presso la Stony Brook State University - Dipartimento di Linguistica- New
York. Al momento sta portando avanti una ricerca sull’uso dei pronomi postmodificatori nel dialetto di S.Leucio del
Sannio, in un dialetto lucano, un dialetto francese ed uno catalano.
(3):E’ un esempio di Diglossia, un caso particolare di standardizzazione dove due varietà di una lingua esistono fianco
a fianco in una comunità di parlanti con ognuna delle due avente un ruolo definito da giocare.
 (4) La definizione dell’inglese come lingua franca è condivisibile; una lingua , cioè, molto distaccata dall’ inglese
parlato in Inghilterra, Australia, Canada, Usa etc , con perdita di significati originali, sostituiti da quelli che gli dà
l’utente.
(5) Una specie di Pidgin moderno. “Pidgin è una qualsiasi di diverse lingue risultanti dal contatto tra mercanti europei e
popolazioni locali, per esempio nell’Africa occidentale e l’Estremo Oriente, contenenti elementi della/e lingua/e locale/i
e l’inglese, il francese o l’olandese, ancora in uso per la comunicazione interna.
(6)L’autore dell’articolo in questione usa il termine seconda lingua quando invece dovrebbe parlare di lingua
straniera. Una seconda lingua è chiamata tale se viene comunemente parlata nella comunità di riferimento (es. l’
inglese in Rodesia); il francese in Valle D’Aosta e il tedesco in Alto Adige per una famiglia madrelingua italiana; l’
italiano per una famiglia che vive in Alto Adige ma che ha il tedesco come lingua materna. Una Lingua straniera è
quella comunemente studiata a scuola ma che non viene usata dalla comunità dei parlanti in questione. Es: l’inglese in
Italia o in Francia; il tedesco, il francese , lo spagnolo in Inghilterra.
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