ISPI Migrazioni nel Mediterraneo: tutti i numeri - Sipotra
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ISPI Migrazioni nel Mediterraneo: tutti i numeri Matteo Villa | 22 febbraio 2020 In questa pagina raccogliamo una serie di grafici commentati, aggiornati periodicamente, che permettono di fare il punto sulla situazione delle migrazioni nel Mediterraneo centrale. Dal salvataggio in mare agli sbarchi in Italia, dai rischi della traversata alle "crisi" che hanno coinvolto le imbarcazioni delle Organizzazioni non governative. Se invece vi interessano i dati sul contesto delle migrazioni in Italia, sulla terraferma, cliccate qui. Fino al 2011, la media degli sbarchi in Italia si è mantenuta intorno ai 15.000 l’anno, con un picco nel 2008 e un crollo verticale dopo la firma del Trattato di amicizia italo-libico di agosto 2008. Nel 2011, il picco è attribuibile per due terzi alla crisi tunisina, mentre tra il 2013 e il 2017 oltre il 90% degli sbarcati in Italia è partito dalla Libia. 1
Per analizzare il calo degli sbarchi, i numeri annuali sulle migrazioni sono fuorvianti. Questo perché il primo calo, quello più consistente, è avvenuto da metà luglio 2017, dunque quando avevamo ormai sorpassato la metà dell’anno. In questo grafico utilizziamo perciò i dati degli sbarchi mensili in Italia. Siccome però anche questi dati risentono di una forte stagionalità nel corso dell’anno (in genere le partenze si concentrano nei mesi estivi, con condizioni meteo-marine che consentono di ridurre i rischi della traversata) si è scelto qui di tracciare il trend di fondo attraverso una media mobile a dodici mesi. Emerge ben visibile l’entità del calo durante il mandato del Ministro dell’Interno Marco Minniti, con sbarchi annuali calati del 75% circa da quasi 200.000 a circa 45.000. Con il Ministro Matteo Salvini il calo è proseguito, anche se a una velocità inferiore, toccando un minimo di 10.000 sbarchi l’anno. A febbraio 2020, nel corso del sesto mese di mandato di Luciana Lamorgese, gli sbarchi attesi in dodici mesi si attestano sui 13.000. 2
Tra il primo gennaio 2019 e il 20 gennaio 2020, il numero di migranti irregolari che parte dalla Libia ogni giorno è sostanzialmente identico con o senza la presenza delle imbarcazioni delle Ong al largo delle coste libiche. Scegliamo questo periodo perché, da un lato, ci è possibile monitorare la situazione giorno per giorno, tenendo traccia sia della presenza delle Ong al largo delle coste libiche, sia potendo stimare il numero di partenze giornaliere (anche grazie ai dati forniti da UNHCR Italia). Dall’altro le condizioni in mare sono ideali per una sorta di esperimento se si vuole mettere alla prova la teoria del “pull factor”, ovvero se sia vero che all’arrivo di navi europee al largo delle coste libiche il numero di migranti che parte aumenta. Si tratta di condizioni ideali perché da inizio 2019 al largo delle coste libiche non sono rimaste più imbarcazioni europee governative a compiere salvataggi, e dunque gli assetti europei in mare sono o le Ong, o nessuno. In uno studio pubblicato qui, l’analisi statistica rivela che una volta prese in considerazioni le condizioni meteo e la stabilità politica in Libia, le Ong non sembrano avere alcun effetto sul numero di persone che partono dal paese. 3
Da quanto il Ministro dell’Interno Matteo Salvini a giugno 2018 ha dichiarato i porti italiani “chiusi” è cominciato un periodo di “crisi in mare”: alle imbarcazioni – soprattutto di Ong – che avevano soccorso i migranti nel Mediterraneo centrale, Italia e Malta hanno smesso di assegnare rapidamente un place of safety (ovvero un porto di sbarco sul loro territorio) e hanno invece cominciato a temporeggiare, cercando di ritardare l’ingresso in porto delle navi e lo sbarco delle persone. Dall’inizio di questa strategia al 22 febbraio 2020 si contano 51 crisi in mare, di cui 28 nel corso del governo Conte I e 23 dopo il cambio di governo di inizio settembre 2019. Qualcosa è cambiato, però: il numero medio di giorni trascorsi in mare dalle imbarcazioni con a bordo persone soccorso si è dimezzato, scendendo da 9,8 a 4,1. 4
“Meno partenze, meno morti in mare”? Dipende. I dati mostrano che nel corso del primo calo degli sbarchi, quello avvenuto da luglio 2017 quando al Viminale c’era Marco Minniti, il calo del numero dei morti e dispersi in mare ha ricalcato fedelmente quello delle partenze dalla Libia. Tuttavia, nel periodo Salvini, a un’ulteriore riduzione delle partenze del 60% ha corrisposto un aumento delle morti in mare del 19%. Mentre nel periodo Lamorgese (i primi cinque mesi del suo mandato) il calo delle morti in mare è stato drastico (-80%), malgrado un numero di partenze in aumento del 18%. 5
Tra agosto 2017 e gennaio 2020, ovvero dal momento in cui i trafficanti libici hanno cominciato a trattenere i migranti anziché lasciarli partire, più di 4 migranti su 10 partiti dalla Libia sono stati intercettati in mare e riportati nel paese. Viceversa, solo il 54% di loro è riuscito a raggiungere l'Unione europea. In numeri assoluti, significa che circa 32.000 migranti sui 76.000 che sono partiti dalla Libia da agosto 2017 sono stati intercettati dalla cosiddetta Guardia costiera libica e riportati nel paese. 6
La rimodulazione della protezione umanitaria (che oggi prende il nome di protezione per casi speciali) ha portato a un crollo della protezione per i richiedenti asilo che non ottengano né lo status di rifugiato, né la protezione sussidiaria. Mentre nella prima parte del 2018 i dinieghi di protezione si attestavano intorno al 55% del totale delle richieste esaminate, a settembre 2019 erano saliti all’80%. 7
La rimodulazione della protezione umanitaria sta avendo degli effetti “aritmetici” sull’aumento della presenza di stranieri irregolari in Italia. Nel grafico qui sopra si vede il numero cumulato di nuovi stranieri irregolari in Italia, che vanno ad aggiungersi allo stock di presenze irregolari precedenti giugno 2018. I nuovi irregolari sono il risultato di un maggior numero di dinieghi di protezione rispetto ai rimpatri effettuati nello stesso mese. Le linee blu rappresentano quello che sarebbe successo nel caso la protezione umanitaria non fosse stata praticamente abolita: a fine ottobre 2019 in Italia ci sarebbero comunque circa 70.000 irregolari in più rispetto a giugno 2018, e questo semplicemente perché a giugno 2018 decine di migliaia di persone erano ancora in attesa del responso sulla loro richiesta d’asilo, ed era naturale attendersi che in circa la metà dei casi l’esito sarebbe stato comunque negativo (vedi grafico precedente). Le linee arancioni rappresentano invece il numero di stranieri irregolari in più, generati dalla rimodulazione della protezione umanitaria e dunque da un aumento del numero dei dinieghi. Per un approfondimento, si veda qui. 8
I rimpatri al mese dall’Italia verso paesi terzi sono diminuiti del 3% nel periodo del governo Conte I (quando Ministro dell’Interno era Matteo Salvini) rispetto a quelli effettuato dal governo Gentiloni (con al Viminale Marco Minniti). Nei primi quattro mesi del governo Conte II, i rimpatri sono aumentati del 7% rispetto al periodo precedente. Si tratta di cifre simili che, più che una differente “performance” tra governi, dimostrano quanto sia difficile aumentare il numero di rimpatri effettuati ogni anno (circa 7.000). 9
Il numero di stranieri irregolari che si stima siano presenti in Italia continua a crescere. Dopo aver toccato un minimo inferiore alle 300.000 unità nel 2013, a gennaio 2020 si stima che le presenze irregolari siano più che doppie, superiori alle 600.000. Per dare un’idea delle dimensioni del problema, ai ritmi attuali (7.000 rimpatri l’anno) per rimpatriare tutti i 610.000 irregolari presenti nel paese occorrerebbero 87 anni. 10
In seguito al calo degli sbarchi cominciato a luglio 2017, il numero di richiedenti asilo in attesa di una risposta in Italia è in calo ormai da due anni. Dopo avere toccato un picco di oltre 150.000 persone a dicembre 2017, a ottobre dell’anno scorso il numero di richiedenti in attesa era di 47.290 unità. Inferiore, dunque, ai livelli di metà 2015. 11
L’approvazione del decreto sicurezza a ottobre 2018 non ha invece avuto un effetto significativo sul numero di migranti accolti nelle strutture di accoglienza italiane. I dati mostrano infatti che il trend di diminuzione cominciato da metà 2017 è proseguito in maniera molto costante anche dopo l’approvazione del decreto, senza accelerare. Ciò significa che non sono fondati i timori che le persone in accoglienza dopo l’approvazione del decreto sarebbero state rapidamente espulse dal sistema di accoglienza, che ha invece trovato modi alternativi per prolungarne la permanenza fino alla fine del progetto, o oltre, senza eccessivi scossoni (malgrado la situazione specifica di alcune centinaia di persone effettivamente espulse dal sistema a fine 2018 abbia comunque destato preoccupazione. 12
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