Il valore probatorio degli studi di settore - a cura di Fabio Carrirolo - Commercialista ...
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Il valore probatorio degli studi di settore a cura di Fabio Carrirolo Premesse Nell’ambito delle attività di controllo del Fisco, gli studi di settore rappresentano un potente strumento di contrasto e deterrenza rispetto al «rischio di evasione» per le imprese di dimensioni relativamente piccole e per i lavoratori autonomi, ossia per la maggioranza delle «partite IVA» italiane. In termini schematici, si tratta di uno strumento che, attraverso l’elaborazione di alcuni dati reali, ottiene una «funzione di ricavo» in grado di individuare il livello di «congruità» e di «coerenza» dell’attività, secondo una logica di fondo che è utilizzata, anche se in modo più semplice, in alcune ricostruzioni presuntive del volume d’affari o corrispettivi effettuate dagli uffici fiscali. Chiaramente, lo stesso contesto presuntivo-inferenziale del quale gli «studi» costituiscono un supporto, finalizzato alle attività di controllo e accertamento, pone dei problemi di compatibilità tra i dati che sortiscono dallo strumento e la situazione economica reale delle attività economiche: non è infatti possibile ammettere, alla luce dei principi costituzionali, un’indiscriminata «ricostruzione» di materia imponibile inesistente, ancorché «rivelata» dalla funzione di ricavo dello studio di settore. In epoca abbastanza recente, infatti, è stato pienamente ammesso e riconosciuto dalle varie parti in gioco che gli studi possono concorrere alla formazione della «prova» in sede istruttoria amministrativa, ma non certo costituire di per sé tale prova, assorbendo integralmente la motivazione dell’accertamento. A tale riguardo, oltre a una generale ricostruzione dello «stato dell’arte» in materia di studi di settore, può utilmente essere ripresa e commentata la relazione tematica predisposta dall’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione (relazione n. 94 del 9.7.2009). I fondamenti normativi e le evoluzioni nel corso del tempo L’utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento trova origine e fondamento nell'art. 62-sexies, co. 3, D.L. 30.8.1993, n. 331 - convertito, con modificazioni, dalla L. 29.10.1993, n. 427, secondo cui tale strumento può essere adottato per gli accertamenti analitico-induttivi di cui all'art. 39, co. 1, lett. d), D.P.R. 600/1973. In virtù di tale norma e delle disposizioni introdotte con l’art. 10, L. 8.5.1998, n. 146, costituisce presunzione «grave, precisa e concordante», su cui fondare www.commercialistatelematico.com 1 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
l'accertamento, lo scostamento dei ricavi o compensi dichiarati rispetto a quelli attribuibili al contribuente sulla base dello studio di settore approvato per la specifica attività svolta. La materia ha subito reiterate innovazioni negli anni recenti, nell’ottica dell’utilizzo sempre più spinto degli studi come metodo di accertamento (secondo alcuni osservatori, di «para-catastizzazione») delle imprese e delle professioni. In particolare si rammentano i seguenti interventi: − art. 1, comma 409, lett. a), della L. 30.12.2004, n. 311, mediante il quale è stato integrato l’art. 10, secondo comma, della L. 146/1998: la norma ha reso applicabili gli «studi» nei confronti degli esercenti l'attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per opzione, tra l'altro, in presenza di significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate1; − art. 37, commi secondo e terzo, del D.L. 4.7.2006, n. 223 – convertito con modificazioni dalla L. 4.8.2006, n. 248: ha disposto l’abrogazione – con decorrenza dal periodo d’imposta 2005 - dei commi 2 e 3 dell’art. 10, L. 8.5.1998, n. 146, ovvero della c.d. regola del «due su tre»2, in base alla quale le imprese in contabilità ordinaria e i professionisti potevano essere sottoposti ad accertamento in base agli studi di settore solamente se in almeno due periodi di imposta su tre consecutivi, compreso il periodo da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base dello strumento presuntivo fosse risultato superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati; − art. 1, tredicesimo comma, della L. 27.12.2006, n. 296: l’intervento ha inserito nella L. n. 146/1998, dopo l’art. 10, un nuovo art. 10-bis, a norma del quale gli studi di settore erano soggetti a revisione, al massimo, ogni tre anni dalla data di entrata in vigore del singolo studio o da quella dell'ultima revisione, sentito il parere della commissione di esperti di cui all'art. 10, settimo comma, della legge. Era inoltre disposto che nella revisione degli studi - programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno -, si doveva tener conto anche dei dati e delle statistiche ufficiali, quali quelli di contabilità nazionale, per mantenere, nel medio periodo, la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica di riferimento. 1 Cfr. il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 18.1.2006. 2 Cfr. l’art. 10, secondo comma, della L. 8.5.1998, n. 146, nella formulazione previgente. www.commercialistatelematico.com 2 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
Gli indicatori di normalità economica La Finanziaria 2007 aveva altresì previsto la determinazione di specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la presenza di ricavi o compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro irregolare, che dovevano servire a orientare le attività di controllo nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo cui non risultavano applicabili gli studi di settore. Agli stessi fini, nelle ipotesi di cessazione dell’attività, di liquidazione ordinaria o di non normale svolgimento dell’attività (che costituiscono ordinariamente causa di esclusione dagli studi), era previsto che potesse venire richiesta la compilazione del modello per la comunicazione dei dati relativi agli studi. Gli indicatori (INE) erano stati concretamente individuati dal D.M. 20.3.2007, pubblicato sulla G.U. n. 76 del 31.3.2007. In particolare: − l’art. 2 del decreto era relativo agli indicatori di normalità economica per i contribuenti che esercitano attività d’impresa, di seguito indicati: a) rapporto tra costi di disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli stessi; b) rotazione del magazzino; c) durata delle scorte; d) valore aggiunto per addetto; e) redditività dei beni mobili strumentali; − sempre nell’art. 2, erano indicati i seguenti indici, applicabili ai contribuenti che esercitavano due o più attività di impresa ovvero una o più attività di impresa in diverse unità di produzione o di vendita, cui si rendevano applicabili gli studi di settore secondo i criteri previsti dal decreto 25.3.2002: a) valore aggiunto per addetto; b) redditività dei beni strumentali mobili; − l’art. 3 del decreto si riferiva ai contribuenti che esercitano attività di lavoro autonomo, e contemplava i seguenti indicatori: a) rapporto tra ammortamenti dei beni mobili strumentali e valore degli stessi; b) resa oraria per addetto; c) resa oraria del professionista. L’art. 4 del decreto stabiliva che gli INE erano utilizzati per la determinazione dei ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli studi di settore, sia ai fini degli accertamenti di cui all'art. 10 della L. 8.5.1998, n. 146, che ai fini dell'adeguamento alle risultanze degli studi di settore, previsto dall'art. 2 del D.P.R. 31.5.1999, n. 195, e per la determinazione dei ricavi o compensi minimi di riferimento di cui www.commercialistatelematico.com 3 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
all'art. 14 della L. 23.12.2000, n. 388 («Regime fiscale delle attività marginali»), dopo aver normalizzato la posizione del contribuente ai sensi del comma 2 dello stesso art. 14. La decorrenza dei nuovi indicatori era infine stabilita dall’art. 5 del decreto, ove ne era disposta l’applicazione con effetto dal periodo d'imposta in corso al 31.12.2006 e con riferimento agli studi di settore in vigore per il medesimo periodo d'imposta, fino alla revisione degli studi che tenesse conto degli indicatori di coerenza di cui al co. 2 dell'art. 10-bis della L. 146/1998. Precisazioni ufficiali Nel fornire alcuni indirizzi sull’applicazione degli studi di settore nella versione «potenziata» ad opera dell’ultima Finanziaria, la circolare 22.5.2007, n. 31/E, ha operato un chiaro distinguo tra gli indicatori previsti dalla Finanziaria 2007 (INE) e gli «indici di coerenza economica». Secondo la pronuncia dell’Agenzia, questi ultimi dovevano continuare ad essere alla base della valutazione sulla coerenza economica della situazione dichiarata, la quale, unitamente a quella relativa alla congruità dei ricavi o compensi, rappresenta il risultato dell’applicazione degli studi di settore alle singole attività economiche. Anche l’utilizzo degli indici di coerenza economica restava immutato, nel senso che le situazioni di incoerenza continuavano a costituire il criterio di selezione dei soggetti da sottoporre a controllo3. Gli INE, transitoriamente in vigore per gli «studi» approvati a decorrere dal 2006, e precisati dal D.M. 20.3.2007 (vedasi la seguente tabella) rappresentavano invece un «quid pluris», il cui impatto doveva essere calibrato e messo a punto sulla situazione specifica dei contribuenti in sede di accertamento con adesione. Gli INE potevano inoltre essere «disattivati» in presenza di situazioni di «marginalità» economica, riconoscibili sulla base delle indicazioni della menzionata circolare n. 31/E/2007 e della successiva circolare 12.6.2007, n. 38/E (limiti dimensionali e organizzativi dell’impresa, arretratezza/inadeguatezza delle infrastrutture strumentali ed assenza di investimenti, assenza di spese per servizi esterni, modalità organizzative di vendita tradizionali ed estranee a sistemi di rete, ridotta articolazione del processo produttivo e bassa capacità di penetrazione sul mercato, limiti del mercato di riferimento, scarsa competitività dei prodotti/servizi erogati e/o 3 Cfr. G. Antico, «La gestione degli indicatori economici e la marginalità del contribuente al centro del contraddittorio», Il Fisco n. 25/2007, fasc. 1, pp. 3675 e ss. www.commercialistatelematico.com 4 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
non sufficiente capacità produttiva, debolezza rispetto ai canali di approvvigionamento, età avanzata del titolare, sfavorevole localizzazione territoriale, etc.)4. La modifica del decreto sugli INE Con l’ulteriore decreto del 4.7.2007, con il quale è stato disposto l’inserimento, nell’art. 4 del decreto del 20.3.2007, dei nuovi commi 1-bis e 1-ter, sono state modificate in senso più favorevole ai contribuenti le modalità applicative degli INE. Per effetto dell’integrazione normativa apportata, gli accertamenti in base agli studi di settore non potevano più essere effettuati nei confronti dei contribuenti che avessero dichiarato, anche per effetto di adeguamento, ricavi o compensi in misura non inferiore al livello minimo risultante dalla applicazione degli studi di settore che tenessero conto degli INE o, se di ammontare più elevato, al livello puntuale di riferimento risultante dalla applicazione degli studi di settore senza tenere conto degli INE. Era altresì stabilito che, ai fini dell'applicazione dell'art. 10, comma 4-bis, della L. 146/1998 (limite agli accertamenti in caso di congruità secondo GERICO), il livello della congruità coincideva con il livello minimo di ricavi o compensi risultante dall’applicazione degli studi di settore che tenessero conto degli INE o, se di ammontare più elevato, con il livello puntuale di riferimento risultante dalla applicazione degli studi di settore senza tener conto degli INE. La prassi interpretativa dell’Agenzia Alcune precisazioni in materia di studi di settore sono state fornite – tra le altre - dalla circolare 6.7.2007, n. 41/E, nella quale era fatto riferimento all’obbligo per gli uffici di fornire una motivazione specifica, affermando che detta motivazione, con l’evidenziazione di ulteriori elementi idonei ad avvalorare i maggiori importi contestati, doveva riguardare la parte dei maggiori ricavi o compensi eccedenti l'ammontare derivante dall'applicazione della sola analisi della congruità. Per quanto invece riguardava la «franchigia» per gli accertamenti introdotta dal nuovo comma 4-bis dell’art. 10 della L. 146/19985 (introdotto dalla Finanziaria 4 Cfr. G. Antico, cit. 5 Tale ultima disposizione stabilisce che «le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto www.commercialistatelematico.com 5 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
2007), era osservato che il D.M. 20.3.2007 aveva ridefinito il «livello di congruità» anche a tali fini. Le nozioni di congruità, coerenza e normalità economica sono state sintetizzate nelle precisazioni pubblicate il 23.7.2007 sul sito internet istituzionale dell’Agenzia delle Entrate («Guida agli studi di settore»), con un’opera di raccordo e divulgazione che si rendeva necessaria dopo i numerosi interventi normativi e le evoluzioni della prassi (oltre che degli strumenti in sé considerati, sottoposti a periodica revisione e lavorazione). La verifica della posizione del contribuente rispetto alla «normalità statistica» risultava possibile, secondo la «guida», sulla base di una triplice analisi (appunto, di congruità, normalità economica e coerenza). Ciascuno di tali aspetti era autonomamente considerato dal software, sicché si poteva avere la non congruità (con o senza applicazione degli INE) accompagnata dalla coerenza e, viceversa, l'incoerenza unita alla congruità (è anche possibile, ovviamente, la non congruità accompagnata dalla non coerenza). Il decreto-legge n. 81 del 2007 Secondo l’art. 15, co. 3-bis, del D.L. 2.7.2007, n. 81, convertito dalla L. 3.8.2007, n. 127, dopo il comma 14 dell’art. 1 della Finanziaria 2007 sono inseriti i seguenti nuovi commi: − 14-bis: «gli indicatori di normalità economica di cui al comma 14, approvati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, hanno natura sperimentale e i maggiori ricavi, compensi o corrispettivi da essi desumibili costituiscono presunzioni semplici». − 14-ter: «i contribuenti che dichiarano un ammontare di ricavi, compensi o corrispettivi inferiori rispetto a quelli desumibili dagli indicatori di cui al comma 14-bis non sono soggetti ad accertamenti automatici e in caso di accertamento spetta all’ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati». Era pertanto affermato dal legislatore il carattere presuntivo «semplice» (da suffragare con ulteriori elementi probatori) e sperimentale (ossia verificabile, poiché incerto per definizione e non consolidato) degli INE. Inoltre, anche se dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell'applicazione degli studi di settore di cui all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, tenuto altresì conto dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui all'articolo 10-bis, comma 2, della presente legge, qualora l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati». www.commercialistatelematico.com 6 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
l’Amministrazione continuava a richiedere l’adeguamento al livello minimo previsto in base agli INE, se non inferiore a quello della congruità agli studi, non era possibile, in caso di comportamenti difformi, fondare solamente sull’eventuale scostamento un’attività di accertamento automatico ex art. 41-bis del D.P.R. 600/1973, e l’onere probatorio ricadeva sugli uffici, tenuti a fornire una specifica motivazione e a fornire riscontri ulteriori. Sintesi di alcune altre circolari La prassi interpretativa dell’Agenzia delle Entrate ha recato ulteriori precisazioni dopo le cennate modificazioni normative, affermando che: − gli INE non erano «pienamente rappresentativi» dell’effettiva situazione produttiva del contribuente, e per tale motivo non potevano essere utilizzati in sede di accertamento con modalità «sperimentali», e i maggiori ricavi o compensi da essi desumibili costituivano una «presunzione semplice», in grado di assumere valore probatorio ed efficacia persuasiva in giudizio in quanto dotata dei requisiti della gravità, precisione e concordanza (circolare n. 5/E del 23.1.2008); − l’affidabilità dello studio nel caso concreto doveva essere effettuata nell’ambito del contraddittorio instaurato con il contribuente, dopo l’avvio della procedura di accertamento con adesione, sulla base anche degli elementi istruttorii forniti, che potevano incidere sulla fondatezza della presunzione (circolare n. 5/E del 2008); − gli INE si differenziavano nelle due tipologie «a regime», accolto dai 68 studi revisionati (approvati con decreti del Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze del 6.3.2008, a seguito della revisione effettuata sulla base del programma approvato con provvedimento direttoriale del 14.2.2007), e «transitoria», applicabile per gli studi di settore già in vigore per il periodo d’imposta 2006 ed applicabili anche con riguardo al periodo d’imposta 2007, in quanto non oggetto di revisione nel 2008. In particolare gli INE transitori si differenziavano da quelli a regime in quanto erano i medesimi per tutti gli studi di settore del comparto delle imprese, da un lato, e delle professioni dall’altro, ed erano stati individuati con riferimento all’intera platea dei contribuenti esercenti le attività considerate dai singoli studi di settore (mentre i «nuovi» indicatori erano specificamente enucleati per ciascun gruppo omogeneo, spesso distinguendo, all’interno del gruppo, tra i soggetti con dipendenti e quelli senza dipendenti oppure in funzione del luogo di esercizio dell’attività) (circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 44/E del 29.5.2008); − per i «nuovi» studi, oltre all’indicatore «valore aggiunto per addetto» non avrebbe trovato applicazione neanche l’indicatore di normalità relativo alla «redditività dei beni mobili strumentali». Rispetto agli indicatori di normalità www.commercialistatelematico.com 7 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
introdotti con il decreto 20.3.2007, era inoltre individuato un nuovo indicatore di normalità economica, denominato «incidenza dei costi residuali sui ricavi»6 (circolare n. 44/E del 2008); − oltre alla nuova classificazione della territorialità «generale» ai fini degli studi, intervenuta con decreto del 6.3.2008, erano previsti alcuni correttivi che andavano a rettificare gli effetti di determinate variabili incidenti sui ricavi o compensi stimati, ed era altresì confermato il correttivo «congiunturale» in grado di tener conto della crisi del settore manifatturiero7 (circolare n. 44/E del 2008); Le ulteriori innovazioni normative La crisi economica mondiale che ha riguardato il biennio 2008/2009 ha avuto come riflesso anche un mutato atteggiamento del legislatore rispetto agli studi di settore, e alle attività di controllo in generale. È quindi opportuno prendere in considerazione le principali novità occorse, con riferimento anche alla circolare n. 29/E del 18.6.2009. Si evidenzia innanzi tutto che l’art. 33, primo comma, del D.L. n. 112/2008, convertito, con modificazioni dalla L. n. 133/2008, ha inciso – con decorrenza 2008 - sui termini di approvazione degli studi, stabilendo nella sostanza che le attività di accertamento in base agli stessi possono effettuarsi solamente se questi sono approvati prima della scadenza del periodo d’imposta cui l’accertamento è riferito. 6 Le motivazioni dell’intervento sugli «studi» vanno ricercate nella successione di precisazioni e provvedimenti conseguente alle prese di posizione registrate nel 2007 nel mondo delle imprese e delle professioni, che avevano condotto alla formulazione di alcuni punti in un comunicato ministeriale del 3-7.2007. In particolare, la posizione espressa dai tecnici del viceministro Visco si incentrava sui seguenti aspetti: − adeguamento al livello minimo → in considerazione del fatto che per la definizione degli indicatori di normalità era mancato il preventivo parere della Commissione degli esperti, sino alla revisione degli studi (e, quindi, al superamento del decreto del 20.3.2007) era ammesso l’adeguamento al livello minimo di ricavi derivante dall’applicazione degli indicatori medesimi, se non inferiore a quello di congruità puntuale previsto dagli studi; − «supermotivazione» dell’accertamento → la necessità di motivare eventuali accertamenti per la parte di ricavi scaturente dall’applicazione degli INE restava, come onere, a carico degli uffici fiscali; − valore aggiunto per addetto → tale indicatore sintetico doveva essere superato in sede di revisione ordinaria degli studi con l’indicazione di intervalli di costi coerenti con l’attività svolta dall’impresa. 7 Si rammenta che per tali settori, lo stato di «crisi» si considera assodato e vale anche ai fini della disapplicazione della normativa speciale sulle società non operative (art. 30, L. n. 724/1994, e s.m.i.). www.commercialistatelematico.com 8 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
Inoltre, a partire dall’anno 2009 gli studi di settore devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre del periodo d'imposta nel quale entrano in vigore (per il 2008 il termine era fissato al 31 dicembre). Per lo strumento è stata inoltre prevista, almeno in prospettiva, un’elaborazione regionale/locale, in grado di tener conto delle peculiarità territoriali dei vari settori economici (art. 83, commi 19 e 20, D.L. n. 112/2008). La revisione congiunturale speciale degli studi La «revisione congiunturale speciale» degli studi, prevista dall’art. 8 del D.L. n. 185/2008, risponde alla finalità di rettificare lo strumento di accertamento adeguandolo al periodo di crisi, e ha trovato attuazione con il D.M. 19.5.2009, il quale ha introdotto quattro tipologie di correttivi, sottoposti alla Commissione degli esperti e suffragati da dati provenienti dalle principali centrali di informazioni e studio del Paese ISTAT, ISAE, Banca d’Italia, etc.). In particolare, i correttivi riguardano: 1. il costo delle materie prime e del carburante, il credito d’imposta per caro petrolio e l’eventuale presenza del familiare che svolge esclusivamente attività di segreteria; 2. situazioni congiunturali di settore legate alla «riduzione dei margini di redditività»; 3. situazioni congiunturali individuali collegate alla «contrazione dei ricavi»; 4. situazione relative all’analisi della normalità economica. Secondo un meccanismo «a cascata», opera dapprima il correttivo n. 4, e quindi i correttivi 1, 2 e 3. La condizione necessaria per accedere ai correttivi – che operano automaticamente - è costituita dalla non congruità del singolo contribuente rispetto ai risultati degli studi di settore. Per accedere al correttivo relativo all’analisi della normalità economica (di cui al sup. punto 4) è invece necessario che si verifichi una riduzione dei ricavi dichiarati ai fini della congruità nel periodo d’imposta 2008. Un’analoga condizione si applica anche al correttivo di cui al sup. punto 3 (contrazione dei ricavi). www.commercialistatelematico.com 9 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
Le osservazioni espresse nel documento del Massimario: considerazioni Secondo il documento licenziato dall’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, gli orientamenti presenti in dottrina rivelano un’incertezza di fondo il relazione alla natura degli studi di settore, giacché coesistono le seguenti opinioni: A. studi di settore quali presunzioni semplici insuscettibili di invertire l’onere della prova; B. studi di settore quali presunzioni semplici dotate ex lege dei requisiti di gravità, precisione e concordanza o quali presunzioni legali; C. studi di settore quali presunzioni miste o frutto di atti vincolanti; D. studi di settore quali predeterminazioni normative (equiparate negli effetti alle presunzioni legali); E. studi di settore come fatti di mera conoscenza. In particolare, l’ultima «versione» (di cui alla sup. lettera E: studi come fatti di mera conoscenza) parte dalla « … natura meramente descrittiva (e non inferenziale) delle tecniche statistiche utilizzate nella metodica di elaborazione degli studi di settore»8. Si tratta insomma di «medie», per quanto sofisticate dal punto di vista economico- statistico, che non rappresentano un passaggio dal noto all'ignorato (come invece accade per le prove presuntive conosciute dal nostro ordinamento giuridico). È vero inoltre, a parere di chi scrive, che le presunzioni fiscali, anche semplici e «semplicissime», sorreggono buona parte dell’attività accertativa dell’Amministrazione, ma il presidio a livello giuridico-costituzionale costituito dai principi di eguaglianza e capacità contributiva dovrebbe escludere ogni indebita ricostruzione di imponibili inesistenti. L’utilizzo del ragionamento presuntivo (ancorché corretto e «proprio») dovrebbe poi avvenire quando scarseggiano gli elementi più direttamente riscontrabili, o comunque a rafforzamento di un impianto probatorio costituito anche mediante altri riscontri. È altresì evidente che le presunzioni – pur persuasive – potrebbero condurre a una ricostruzione dei «fatti» difforme rispetto alla realtà effettiva, insomma all’elaborazione di una «realtà parallela» logicamente fondata ma indotta dalle sole «convenienze» della parte erariale. Di fronte a tali rischi, la difesa del contribuente in sede di contraddittorio9, oltre che avanti i giudici, dovrebbe potersi supportare anche su un parallelo ragionamento inferenziale (presunzioni contro presunzioni). 8 Il documento del Massimario richiama a tale riguardo l’autore M. Versiglioni, «Prova e studi di settore», Giuffrè, Milano 2007. 9 La sede naturale del dialogo tra contribuenti e Fisco dovrebbe essere, soprattutto di fronte agli accertamenti presuntivi – generalmente fondati su argomenti con un certo grado di indeterminatezza -, quella www.commercialistatelematico.com 10 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
A proposito dei lavori della Commissione Rey L’ampia relazione predisposta dal Massimario rammenta poi le indicazioni che erano state a suo tempo espresse dalla Commissione «Rey», istituita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel marzo 2007 per esaminare gli studi di settore nella realtà attuale e proporne il miglioramento ai fini del contrasto all’evasione. Si rammenta a tale riguardo che la Commissione ha licenziato una relazione finale (in data 31.1.2008) nella quale, pur intendendo conservare lo strumento, ne poneva in luce le numerose «criticità» e certamente si prestava a promuovere un’adeguata riflessione in seno sia al legislatore, sia agli organismi preposti al suo utilizzo. Secondo le osservazioni formulate dall’organismo governativo, in particolare, gli studi non riescono a fornire una soddisfacente rappresentazione del mondo economico, e per ovviare alle «criticità» evidenziate era tra l’altro proposto l’aggravio degli obblighi strumentali dei professionisti/intermediari, in funzione di «ausiliari» del Fisco e l’arricchimento delle «basi di dati» mediante l’impiego dei poteri ispettivi dell’Amministrazione. Era avanzata inoltre, tra le proposte da valutarsi per il «lungo periodo», l’idea dell’abbassamento delle aliquote a fronte dell’estensione delle basi imponibili, che veniva a situarsi sostanzialmente sulla linea della Finanziaria 2008. Secondo la Commissione Rey, quindi, come ripresa dalla relazione tematica del Massimario, la funzione degli studi « … è plurima e ambigua», e costituisce « … un quadro di riferimento e di stima dei ricavi probabili di ciascuna impresa o struttura professionale»: − di cui tutti devono tener conto; − da cui nessuno è vincolato; − che avvantaggia in sede di accertamento il soggetto che risulta allineato agli studi; − che lascia perciò persistere i normali obblighi contabili e procedurali; − nel quale l'adeguamento alle risultanze degli studi non esonera dalla soggezione alle normali attività di accertamento. Una rilevante criticità era poi riscontrata dalla Commissione negli studi in ragione della consequenzialità temporale approvazione/dichiarazione, che, rendendo possibile l’adeguamento ex post in dichiarazione, si prestava a funzionare come un «mini-condono». In un contesto rispettoso dello Statuto dei diritti del contribuente, però, lo studio dovrebbe essere conosciuto, « … al più tardi, a periodo d'imposta dell’accertamento con adesione «classico», escludendo ipotesi quali quelle delle «nuove» definizioni (dei pvc e degli inviti al contraddittorio), particolarmente adatte agli accertamenti parziali. Inoltre, nella primissima fase dell’eventuale contenzioso instaurato, potrebbe esser fatto ricorso all’istituto della conciliazione giudiziale, che offre possibilità sostanzialmente analoghe a quelle del «concordato». www.commercialistatelematico.com 11 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
ancora in corso (o meglio prima)», e applicandolo « … non ex post, sanando l'evasione “tentata”, ma adeguando già in corso d'anno i ricavi contabilizzati e dichiarati. Si eliminerebbe così il pretesto per effettuare, unitamente all'adeguamento, quella “manipolazione” dei dati rilevanti ai fini degli studi che appare come la principale causa della loro scarsa efficacia sino ad oggi». La Commissione aveva altresì considerato che gli studi posseggono una valenza probatoria quali presunzioni relative, suscettibili di utilizzazione da parte dall'Agenzia e del giudice tributario, e di per sé idonei a legittimare l’attività di accertamento, anche in assenza di gravi incongruenze: «lo scostamento è, dunque, a tutti gli effetti un'anomalia che può anche sorreggere da sola l'accertamento, tenuto conto del contesto probatorio complessivo». Nel contesto normativo dell’epoca e in base alle indicazioni della prassi, lo scostamento era quindi sufficiente a sostenere l’attività di recupero, ma solamente se nessuna indicazione, neanche presuntiva, era offerta dal contribuente. Inoltre lo scostamento, intero o ridotto, andava inserito in una più complessa motivazione dell'avviso di accertamento, in grado di tener conto « … di quanto rappresentato dal contribuente e di quanto eventualmente acquisito dall'ufficio attraverso ulteriori verifiche». «Per tale ragione si ritiene generalmente – e le statistiche sembrano confermarlo – che gli sds si prestino soprattutto all'accertamento con adesione, nel senso che essi fanno da parametro di riferimento per una quantificazione concreta dei ricavi che può essere ragionevolmente, e in tutta trasparenza, concordata tra le parti». La questione della prova contraria Una problematica particolarmente sentita, e riportata nella relazione del Massimario con riferimento ad autorevole dottrina10, è quella riguardante la produzione della «prova contraria» in sede di istruttoria amministrativa, ossia nel contraddittorio con l’ufficio procedente. Le risultanze degli studi devono ritenersi in grado di sostenere l’impianto presuntivo dell’accertamento (il fatto noto è costituito dalle caratteristiche strutturali dell’impresa, quello ignoto dai ricavi dell’attività, che, in base a una «regola d’esperienza», non possono discostarsi troppo da quelli della «media» prodotta dallo strumento). In tale contesto, la «prova contraria» non è volta a dimostrare l'insussistenza del fatto ignoto (l'ammontare dei ricavi), ma a confutare la ricorrenza del fatto noto (l'analogia tra l'attività considerata e quella «normale»). 10 Cfr. A. Fantozzi, «Gli studi di settore nell’accertamento del reddito d’impresa», in Perrone e Berliri (a cura di), Diritto tributario e Corte costituzionale, Napoli-Roma, 2006, 383. www.commercialistatelematico.com 12 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
In ogni caso, nel contesto di una moderna fiscalità fondata su un rapporto meno autoritario e tendenzialmente paritetico tra cittadino e Stato, il principio del contraddittorio sembra potenzialmente dotato di una vis espansiva in grado di condizionare le attività di controllo e accertamento, imponendo per esse il massimo livello di garanzie sostanziali. Il diritto alla difesa del contribuente dev’essere quindi «pacificamente» assicurato fin dalla fase del contraddittorio amministrativo, a maggior ragione quando i diritti individuali vengono messi in discussione sulla base di un’attività presuntiva dal delicato fondamento logico-giuridico (come ha posto in evidenza prima la Commissione Rey, e successivamente la stessa prassi dell’Amministrazione11). Fabio Carrirolo 19 Ottobre 2009 11 Cfr. questi passaggi della circolare n. 5/E del 2008: «L'espressione “fondatamente desumibili” rappresenta il cardine sul quale ruota il corretto utilizzo delle stime operate dagli studi di settore nell'ambito dell'accertamento analitico-presuntivo. Essa sta chiaramente a significare che le dette stime in tanto sono utilizzabili in quanto da esse sia “fondatamente desumibile” l'ammontare dei ricavi, compensi e corrispettivi effettivamente conseguiti nel periodo d'imposta considerato. Cio' vale ad escludere, innanzitutto, che l'utilizzo possa avvenire in modo indiscriminato (o “automatico”), non solo con riguardo alle stime operate tenendo conto degli indicatori di normalità economica di cui al comma 14 della legge finanziaria del 2007 (…), ma anche per quelle effettuate senza il contributo degli indicatori medesimi. È infatti evidente l'intento di attribuire alle stime in parola la qualità di presunzione semplice, qualificata dai requisiti più volte ricordati, solo qualora le stesse siano “fondatamente” idonee allo scopo che si propongono, il quale consiste nel desumere da fatti noti, quello ignoto che si intende dimostrare». www.commercialistatelematico.com 13 E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
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