Il trovatore GIUSEPPE VERDI - Stagione d'Opera - Teatro Alighieri
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Fondazione Ravenna Manifestazioni Comune di Ravenna Teatro di Tradizione Dante Alighieri Assessorato alla Cultura Ministero per i Beni e le Attività Culturali Stagione d’Opera e Danza Regione Emilia Romagna 2010-2011 Il trovatore DRAMMA IN QUATTRO PARTI LIBRETTO DI SALVATORE CAMMARANO DAL DRAMMA “EL TROVADOR” DI ANTONIO GARCÍA-GUTIÉRREZ MUSICA DI Giuseppe Verdi con il contributo di partner Teatro Alighieri novembre | venerdì 19, domenica 21
Sommario La locandina................................................................. pag. 5 Introduzione di Angelo Nicastro ................ pag. 7 Il libretto ......................................................................... pag. 9 Il soggetto ..................................................................... pag. 31 Il trovatore di Susanna Venturi ................................................... pag. 35 A proposito di un Trovatore… di Cristina Mazzavillani Muti . ........................... pag. 43 Coordinamento editoriale e grafica La spazializzazione dei suoni Ufficio Edizioni di Alvise Vidolin............................................................ pag. 45 Fondazione Ravenna Manifestazioni Redazione Cristina Ghirardini Il Do della discordia Il libretto è una riedizione del programma di sala di Marco Beghelli . ..................................................... pag. 47 del Trovatore di Ravenna Festival 2003. Immagini fotografiche Enrico Fedrigoli. I protagonisti .............................................................. pag. 57 In copertina una foto dell’allestimento del 2003. Foto di scena Maurizio Montanari. Si ringrazia per la collaborazione l’Ufficio Edizioni del Teatro alla Scala. L’editore si rende disponibile per gli eventuali aventi diritto sul materiale utilizzato. Stampa Tipografia Moderna, Ravenna
Il trovatore dramma in quattro parti, libretto di Salvatore Cammarano dal dramma El Trovador di Antonio García-Gutiérrez (Universal Music Publishing Ricordi) musica di GIUSEPPE VERDI interpreti venerdì 19 personaggi interpreti domenica 21 Piero Pretti Manrico Antonio Coriano Anna Kasyan Leonora Simge Büyükedes Alessandro Luongo Conte di Luna Dario Solari Clara Calanna Azucena Anna Malavasi Luca Dall’Amico Ferrando Deyan Vatchkov Laura Baldassari Ines Laura Baldassari Giorgio Trucco Ruiz Giorgio Trucco direttore NICOLA PASZKOWSKI regia e ideazione scenica CRISTINA MAZZAVILLANI MUTI luci Vincent Longuemare costumi Alessandro Lai visual director Paolo Miccichè immagini fotografiche Enrico Fedrigoli progetto spazializzazione dei suoni Alvise Vidolin realizzata da BH Studio allestimento scenico a cura di Roberto Mazzavillani Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Coro del Teatro Municipale di Piacenza maestro del coro Corrado Casati assistente alla regia e direzione di scena Maria Grazia Martelli assistente visual director Davide Broccoli maestri di sala Elisa Cerri, Davide Cavalli capo sarta Anna Tondini sarte Marta Benini, Manuela Monti trucco e parrucche Denia Donati, Mariangela Righetti attrezzista Enrico Berini proiezioni Visual Technologies, Ravenna realizzazione scenica laboratorio del Teatro Alighieri Tirelli Costumi, Roma Calzature Pompei, Roma Gioielli Pikkio, Roma allestimento Ravenna Festival 2003 coproduzione Teatro Alighieri di Ravenna, Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, Teatro dell’Aquila di Fermo, Teatro A. Rendano di Cosenza, Teatro Comunale di Ferrara, Teatro Verdi di Pisa 5
R iproponendo a 7 anni di distanza Il trovatore prodotto nel 2003 da Ravenna Festival, abbiamo deciso di ripubblicare nel programma di sala gli stessi saggi e testi che lo accompagnarono allora. L’operazione era infatti talmente innovativa che conserva intatti tutti i motivi di interesse e di suggestione che la caratterizzarono e perciò risulta significativo ancora oggi ripercorrere la consapevolezza e le motivazioni che la guidarono. Il contesto nel quale nacque l’idea di questo Trovatore era quello di un festival dedicato alla nostra città intitolato “Ravenna visionaria, pellegrina e straniera”. Si scelse di rappresentare quella che, sicuramente, è una delle opere più visionarie della storia del melodramma utilizzando le suggestive fotografie che Enrico Fedrigoli aveva scattato per raccontare la sua visione di Ravenna, immagini raccolte nel libro Ravenna viso-in-aria che regala prospettive e squarci del nostro paesaggio – le fabbriche, il porto, le valli, la campagna – catturati con amore e poesia in lunghi e ripetuti appostamenti. La regista, o piuttosto la “impaginatrice” come ama definirsi un po’ schernendosi Cristina Mazzavillani Muti, ha costruito il suo progetto su due fondamentali linee guida: da una parte la convinzione che il futuro dell’opera passi attraverso l’uso spregiudicato – nel senso letterale di “senza pregiudizi” perciò libero e disincantato – delle più aggiornate risorse tecnologiche nel campo della proiezione dell’immagine e del suono, dall’altro il rispetto del dettato musicale e artistico, che passa attraverso un’artigianalità dal sapore antico e che ripropone l’eterno fascino fanciullesco della “baracca” dei burattini. La lungimiranza con la quale si realizzò allora una scenografia totalmente virtuale di grande spettacolarità, ha di fatto prodotto i risultati sperati aprendo nuove prospettive anche dal punto di vista della organizzazione e della economicità della messa in scena: gli enormi progressi compiuti dalla tecnologia multimediale in questo breve lasso di tempo, infatti, hanno consentito di semplificare enormemente l’apparato tecnico allora richiesto producendo considerevoli risparmi ed una grande flessibilità della scena che porteremo agevolmente in ben altri cinque teatri senza onerosi costi di trasporto e successivi problemi di stivaggio, immagazzinamento e manutenzione. Lo spettacolo dunque è il medesimo ma rivisitato. Il progresso tecnico, che consente oggi di realizzare tutto con un solo computer ed un grande proiettore, ci consegna anche immagini digitali più nitide e definite che si integrano ancor di più col sapiente gioco di luci creato da Vincent Longuemare, che fa emergere e immerge i personaggi nella sospensione fluttuante della scena virtuale. Le voci dialettali e il suono della fisarmonica, che anticipavano i temi musicali e gli accadimenti del grande affresco popolare verdiano, costituivano un unicum della precedente edizione legata al tema e al clima di quel festival e non saranno pertanto riproposti. Angelo Nicastro Direttore Artistico 7
Il trovatore Dramma in quattro parti (libretto di Salvatore Cammarano) dal dramma El Trovador di Antonio García-Gutiérrez Musica di Giuseppe Verdi PERSONAGGI Il Conte di Luna baritono Leonora soprano Azucena mezzosoprano Manrico tenore Ferrando basso Ines soprano Ruiz tenore Un vecchio zingaro basso Un messo tenore Compagne di Leonora e religiose, familiari del Conte, uomini d’arme, zingari e zingare. L’avvenimento ha luogo parte in Biscaglia, parte in Aragona, al principio del xv secolo. 9
PARTE PRIMA – IL DUELLO Coro Armigeri Tutti Chi?… Favella… Chi mai? E di colei non s’ebbe Ah! sia maledetta la strega infernal! Scena prima Contezza mai? (Gli uomini d’arme accorrono in fondo; i Atrio nel palazzo dell’Aliaferia. Ferrando Familiari corrono verso la porta.) Da un lato, porta che mette agli appartamenti Abbietta zingara, fosca vegliarda! Ferrando del Conte di Luna. Cingeva i simboli di malïarda! Nulla contezza… Oh, dato Ferrando e molti Familiari del Conte giacciono E sul fanciullo, con viso arcigno, Mi fosse rintracciarla Scena seconda presso la porta; alcuni Uomini d’arme L’occhio affiggeva torvo, sanguigno!… Un dì!… Giardini del palazzo. passeggiano in fondo. D’orror compresa è la nutrice… Sulla destra, marmorea scalinata che mette agli Acuto un grido all’aura scioglie; Familiari appartamenti. La notte è inoltrata; dense nubi Ferrando Ed ecco, in meno che il labbro il dice, Ma ravvisarla coprono la luna. (Ai Familiari vicini ad assopirsi.) I servi accorrono in quelle soglie; Potresti? Leonora ed Ines. All’erta, all’erta! Il Conte E fra minacce, urli e percosse N’è d’uopo attender vigilando; ed egli Ferrando Ines La rea discacciano ch’entrarvi osò. Talor presso i veroni Calcolando Che più t’arresti?… l’ora è tarda: vieni. Della sua cara, intere Coro Gli anni trascorsi… lo potrei. Di te la regal donna Passa le notti. Giusto quei petti sdegno commosse; Chiese, l’udisti. Armigeri L’insana vecchia lo provocò. Familiari Sarebbe Leonora Gelosia le fiere Ferrando Tempo presso la madre Un’altra notte ancora Serpi gli avventa in petto! Asserì che tirar del fanciullino All’inferno spedirla. Senza vederlo… L’oroscopo volea… Ferrando Ferrando Ines Bugiarda! Lenta febbre del meschino Nel Trovator, che dai giardini move All’inferno? È credenza che dimori Perigliosa fiamma La salute struggea! Notturno il canto, d’un rivale a dritto Ancor nel mondo l’anima perduta Tu nutri!… Oh come, dove Coverto di pallor, languido, affranto Ei teme. Dell’empia strega, e quando il cielo è nero La primiera favilla Ei tremava la sera, In varie forme altrui si mostri. In te s’apprese? Il dì traeva in lamentevol pianto… Familiari Ammalïato egli era! Coro Dalle gravi Leonora (Il Coro inorridisce.) (Con terrore.) Palpebre il sonno a discacciar, la vera Ne’ tornei. V’apparve La fatucchiera perseguitata È vero! Storia ci narra di Garzia, germano Bruno le vesti ed il cimier, lo scudo Fu presa, e al rogo fu condannata; Al nostro Conte. Bruno e di stemma ignudo, Ma rimaneva la maledetta Alcuni Sconosciuto guerrier, che dell’agone Ferrando Figlia, ministra di ria vendetta!… Su l’orlo dei tetti alcun l’ha veduta! Gli onori ottenne… Al vincitor sul crine La dirò: venite Compì quest’empia nefando eccesso!… Altri Il serto io posi… Civil guerra intanto Intorno a me. Sparve il fanciullo… e si rinvenne In upupa o strige talora si muta! Arse… Nol vidi più! come d’aurato (I Familiari eseguiscono.) Mal spenta brace nel sito istesso Sogno fuggente imago! ed era volta Ov’arsa un giorno la strega venne!… Altri Lunga stagion… ma poi… Armigeri E d’un bambino… ahimè!… l’ossame Bruciato a mezzo, fumante ancor! In corvo tal’altra; più spesso in civetta! (Accostandosi pur essi.) Ines Sull’alba fuggente al par di saetta. Noi pure… Che avvenne? Coro Ah scellerata!… oh donna infame!… Ferrando Familiari Leonora Del par m’investe odio ed orror! Morì di paura un servo del conte, Udite, udite. Ascolta. Che avea della zingara percossa la fronte! (Tutti accerchiano Ferrando.) Tacea la notte placida Alcuni (Tutti si pingono di superstizioso terrore.) Apparve a costui d’un gufo in sembianza E bella in ciel sereno Ferrando E il padre? Nell’alta quïete di tacita stanza!… La luna il viso argenteo Di due figli vivea padre beato Ferrando Con l’occhio lucente guardava… guardava, Mostrava lieto e pieno… Il buon Conte di Luna: Brevi e tristi giorni visse: Il cielo attristando d’un urlo feral! Quando suonar per l’aere, Fida nutrice del secondo nato Pure ignoto del cor presentimento Allor mezzanotte appunto suonava… Infino allor sì muto, Dormia presso la cuna. Gli diceva che spento (Una campana suona improvvisamente a Dolci s’udiro e flebili Sul romper dell’aurora un bel mattino Non era il figlio; ed, a morir vicino, distesa mezzanotte.) Gli accordi d’un lïuto, Ella dischiude i rai; Bramò che il signor nostro a lui giurasse E versi melanconici E chi trova d’accanto a quel bambino? Di non cessar le indagini… ah! fûr vane!… Un Trovator cantò. 10 11
Versi di prece ed umile Tu desta sei; mel dice, Tratta in errore io fui! Conte Qual d’uom che prega Iddio Da quel verone, tremolante un raggio (Riconoscendo entrambi, e gettandosi ai piedi di Al mio sdegno vittima In quella ripeteasi Della notturna lampa… Manrico, agitatissima.) È d’uopo ch’io ti sveni… Un nome… il nome mio!… Ah!… l’amorosa fiamma A te credei rivolgere Corsi al veron sollecita… M’arde ogni fibra!… Ch’io ti vegga è d’uopo, L’accento e non a lui… Leonora Egli era! egli era desso!… Che tu m’intenda… Vengo… A noi supremo A te, che l’alma mia Oh ciel! t’arresta… Gioia provai che agli angeli È tal momento… Sol chiede, sol desìa… Conte Solo è provar concesso!… (Cieco d’amore avviasi verso la gradinata. Io t’amo, il giuro, io t’amo Seguimi… Al core, al guardo estatico Odonsi gli accordi d’un liuto: egli s’arresta.) D’immenso, eterno amor! La terra un ciel sembrò. Il Trovator! Io fremo! Manrico Conte Andiam… Ines La voce del Trovatore Ed osi? Quanto narrasti di turbamento (Fra le piante.) Leonora M’ha piena l’alma!… Io temo… Deserto sulla terra, Manrico (Che mai farò? Col rio destino in guerra, (Sollevando Leonora.) Un sol mio grido perdere Leonora È sola speme un cor (Ah, più non bramo!) Lo puote…) M’odi… Invano! Al Trovator! Conte Ma s’ei quel cor possiede, Conte Ines Avvampo di furor! Bello di casta fede, No! Dubbio, ma triste presentimento Se un vil non sei discovriti. È d’ogni re maggior Di geloso amor sprezzato In me risveglia quest’uomo arcano! Il Trovator! Leonora Arde in me tremendo il foco! Tenta obliarlo… (Ohimè!) Il tuo sangue, o sciagurato, Conte Ad estinguerlo fia poco! Leonora Oh detti!… Oh gelosia!… Conte (A Leonora.) Che dici!… oh basti!… Non m’inganno… Ella scende! Palesa il nome… Dirgli, o folle, – Io t’amo – ardisti!… Ines (S’avvolge nel suo mantello.) Ei più vivere non può… Cedi al consiglio dell’amistà… Leonora Un accento proferisti Cedi… (Sommessamente a Manrico.) Che a morir lo condannò! Scena quarta Deh, per pietà!… Leonora Leonora e il Conte. Leonora Obliarlo! Ah, tu parlasti Manrico Un istante almen dia loco Leonora (Sollevando la visiera dell’elmo.) Detto, che intendere l’alma non sa. Il tuo sdegno alla ragione… (Correndo verso il Conte.) Ravvisami, Di tale amor che dirsi Io, sol io, di tanto foco Anima mia! Manrico io son. Mal può dalla parola, Son, pur troppo, la cagione! D’amor che intendo io sola, Conte Piombi, ah! piombi il tuo furore Conte Il cor s’inebriò! (Che far?) Sulla rea che t’oltraggiò… Tu!… Come! Il mio destino compiersi Vibra il ferro in questo core, Insano temerario! Non può che a lui dappresso… Leonora Che te amar non vuol, né può. D’Urgel seguace, a morte S’io non vivrò per esso, Più dell’usato Proscritto, ardisci volgerti Manrico Per esso io morirò! È tarda l’ora; io ne contai gl’istanti A queste regie porte? Del superbo vana è l’ira; Co’ palpiti del core!… Alfin ti guida Ines Pietoso amor tra queste braccia… Ei cadrà da me trafitto. Manrico (Non debba mai pentirsi Il mortal che amor t’ispira, Che tardi?… or via, le guardie Chi tanto un giorno amò!) La voce del Trovatore Dall’amor fu reso invitto. Appella, ed il rivale (Ascendono agli appartamenti.) Infida!… (Al Conte.) Al ferro del carnefice (La luna mostrasi dai nugoli, e lascia scorgere La tua sorte è già compita… Consegna. una persona, di cui la visiera nasconde il volto.) L’ora ormai per te suonò! Scena terza Il suo core e la tua vita Conte Il Conte. Il destino a me serbò! Il tuo fatale Scena quinta (I due rivali si allontanano con le spade Conte Istante assai più prossimo Manrico e detti. sguainate; Leonora cade, priva di sentimento.) Tace la notte! immersa È, dissennato… Vieni… Nel sonno, è certo, la regal Signora; Leonora Leonora Ma veglia la sua dama… Oh! Leonora, Qual voce!… Ah, dalle tenebre Conte! 12 13
PARTE SECONDA – LA GITANA Zingari Azucena Manrico Mesta è la tua canzon! Condotta ell’era in ceppi al suo destin tremendo! Non son tuo figlio? E chi son io, chi dunque? Scena prima Col figlio sulle braccia, io la seguìa piangendo. Un diruto abituro sulle falde di un monte della Azucena Infino ad essa un varco tentai, ma invano, aprirmi… Azucena Biscaglia. Nel fondo, quasi tutto aperto, arde un Del pari mesta Invan tentò la misera fermarsi e benedirmi! (Con la sollecitudine di chi cerca emendare il gran fuoco. I primi albori. Che la storia funesta Ché, fra bestemmie oscene, pungendola coi ferri, proprio fallo.) Azucena siede presso il fuoco. Manrico le Da cui tragge argomento! Al rogo la cacciavano gli scellerati sgherri! Tu sei mio figlio! sta disteso accanto sopra una coltrice ed (Rivolge il capo dalla parte di Manrico e Allor, con tronco accento: Mi vendica! esclamò. avviluppato nel suo mantello; ha l’elmo ai piedi e mormora sommessamente:) Manrico Quel detto un’eco eterna in questo cor lasciò. fra le mani la spada, su cui figge immobilmente Mi vendica… Mi vendica! Eppur dicesti… lo sguardo. Una banda di Zingari è sparsa Manrico Manrico Azucena all’intorno. La vendicasti? (L’arcana Ah!… forse… Zingari Parola ognor!) Azucena Che vuoi! quando al pensier s’affaccia il truce Vedi! le fosche notturne spoglie Il figlio giunsi a rapir del Conte: Caso, lo spirto intenebrato pone De’ cieli sveste l’immensa vôlta; Vecchio Zingaro Lo trascinai qui meco… Le fiamme ardean Stolte parole sul mio labbro… Madre, Sembra una vedova che alfin si toglie Compagni, avanza il giorno: [già pronte. Tenera madre non m’avesti ognora? I bruni panni ond’era involta. A procacciarci un pan, su, su!… scendiamo Per le propinque ville. Manrico Manrico All’opra! all’opra! Dàgli, martella. (Con raccapriccio.) Potrei negarlo? (Dànno di piglio ai loro ferri del mestiere; Uomini Le fiamme!… oh ciel!… tu forse?… al misurato tempestar dei martelli cadenti sulle Azucena Andiamo. incudini, or uomini, or donne, e tutti in un tempo A me, se vivi ancora, (Ripongono sollecitamente nel sacco i loro Azucena infine intonano la cantilena seguente:) Nol dêi? Notturna, nei pugnati campi arnesi.) Ei distruggeasi in pianto… Chi del gitano i giorni abbella? Di Pelilla, ove spento Io mi sentiva il core dilanïato, infranto!… La zingarella! Donne Fama ti disse, a darti Quand’ecco agli egri spirti, come in un sogno, Andiamo. [apparve Sepoltura non mossi? La fuggente Uomini (Tutti scendono alla rinfusa giù per la china; La visïon ferale di spaventose larve! Aura vital non iscovrì, nel seno (Alle donne, sostando un poco dal lavoro.) tratto tratto e sempre a maggior distanza odesi Gli sgherri ed il supplizio!… La madre smorta Non t’arrestò materno affetto?… E quante Versami un tratto; lena e coraggio il loro canto.) [in volto… Cure non spesi a risanar le tante Il corpo e l’anima traggon dal bere. Scalza, discinta!… il grido, il noto grido ascolto… Ferite!… (Le donne mescono ad essi in rozze coppe.) Zingari Mi vendica!… La mano convulsa tendo… stringo Chi del gitano i giorni abbella? Manrico Tutti La vittima… nel foco la traggo, la sospingo… La zingarella! (Con nobile orgoglio.) Oh guarda, guarda! del sole un raggio Cessa il fatal delirio… l’orrida scena fugge… Che portai nel dì fatale… mio Manrico La fiamma sol divampa, e la sua preda strugge! Brilla più vivido nel bicchiere! Ma tutte qui, nel petto!… Io sol, fra mille tuo (Sorgendo.) Pur volgo intorno il guardo e innanzi a me Già sbandati, al nemico All’opra, all’opra… Dàgli, martella… Soli or siamo; deh, narra [vegg’io Volgendo ancor la faccia!… Il rio De Luna Chi del gitano i giorni abbella? Questa storia funesta. Dell’empio Conte il figlio… Su me piombò col suo drappello; io caddi, La zingarella! Manrico Però da forte io caddi! Azucena Azucena E tu la ignori, Ah! come? Azucena (Canta: gli Zingari le si fanno allato.) Tu pur!… Ma, giovinetto, i passi tuoi Azucena Ecco mercede Stride la vampa! – la folla indomita D’ambizïon lo sprone Il figlio mio, Ai giorni, che l’infame Corre a quel fuoco – lieta in sembianza; Lungi traea!… Dell’ava il fine acerbo Mio figlio avea bruciato! Nel singolar certame Urli di gioia – intorno echeggiano: E quest’istoria… La incolpò superbo Ebbe salvi da te!… Qual t’acciecava Cinta di sgherri – donna s’avanza! Conte di malefizio, onde asserìa Manrico Strana pietà per esso? Sinistra splende – sui volti orribili Côlto un bambin suo figlio… Essa bruciata Che dici! quale orror! La tetra fiamma – che s’alza al ciel! Venne ov’arde quel foco! Manrico Stride la vampa! – giunge la vittima Azucena Oh madre!… Non saprei dirlo a me stesso! Nerovestita, – discinta e scalza! Manrico Sul capo mio le chiome sento rizzarsi ancor! Mal reggendo all’aspro assalto, Grido feroce – di morte levasi; (Rifuggendo con raccapriccio dalla fiamma.) (Azucena ricade trambasciata sul proprio Ei già tocco il suolo avea: L’eco il ripete – di balza in balza! Ahi! Sciagurata! seggio, Manrico ammutolisce colpito d’orrore e Balenava il colpo in alto Sinistra splende – sui volti orribili di sorpresa. Momenti di silenzio.) Che trafiggerlo dovea… La tetra fiamma – che s’alza al ciel! 14 15
Quando arresta un moto arcano, Azucena Il mio ben, la mia speranza!… Ferrando Nel discender, questa mano… (Scuotendosi.) No, che basti ad arrestarmi Ah bada! Le mie fibre acuto gelo (Che fia!) Terra e ciel non han possanza… Fa repente abbrividir! Ah!… mi sgombra, o madre, i passi… Conte Mentre un grido vien dal cielo, Manrico Guai per te s’io qui restassi! … Taci!… Che mi dice: Non ferir! (Al Messo.) Tu vedresti ai piedi tuoi Non odo… andate… di quei faggi all’ombra Veloce scendi la balza, Spento il figlio di dolor! Celatevi… Azucena E d’un cavallo a me provvedi… (S’allontana, indarno trattenuto da Azucena.) (Ferrando e gli altri Seguaci si allontanano.) Ma nell’alma dell’ingrato Ah! fra poco Non parlò del cielo un detto! Messo Mia diverrà… Tutto m’investe un foco! Oh! se ancor ti spinge il fato Corro… Scena terza (Ansioso, guardingo osserva dalla parte donde A pugnar col maledetto, Atrio interno di un luogo di ritiro in vicinanza di deve giungere Leonora, mentre Ferrando e i Azucena Compi, o figlio, qual d’un Dio, Castellor. Seguaci dicono sottovoce:) (Frapponendosi.) Compi allora il cenno mio! Alberi nel fondo. È notte. Manrico! Ferrando, Seguaci Sino all’elsa questa lama Il Conte, Ferrando ed alcuni Seguaci inoltrandosi Vibra, immergi all’empio in cor. cautamente avviluppati nei loro mantelli. Ardire!… Andiam… celiamoci Manrico Fra l’ombre… nel mister! Il tempo incalza… Manrico Conte Ardire!… Andiam!… silenzio! Vola, m’aspetta del colle a’ piedi. Sì, lo giuro, questa lama Tutto è deserto, né per l’aura ancora Si compia il suo voler. (Il Messo parte frettolosamente.) Scenderà dell’empio in cor. Suona l’usato carme… (Odesi un prolungato suono di corno.) In tempo io giungo! Conte Azucena L’usato messo Ruiz invia! (Nell’eccesso del furore.) E speri, e vuoi?… Forse… Ferrando Per me, ora fatale, (Dà fiato anch’esso al corno che tiene ad Manrico Ardita opra, o Signore, I tuoi momenti affretta: armacollo.) (Perderla?… Oh ambascia!… Imprendi. La gioia che m’aspetta Perder quell’angelo?…) Gioia mortal non è!… Azucena Conte Invano un Dio rivale Mi vendica! Azucena Ardita, e qual furente amore S’oppone all’amor mio; (Resta concentrata quasi inconsapevole di ciò (È fuor di sé!) Ed irritato orgoglio Non può nemmeno un Dio, che succede.) Chiesero a me. Spento il rival, caduto Donna, rapirti a me! Manrico Ogni ostacol sembrava a’ miei desiri; (S’allontana a poco a poco e si nasconde col (Postosi l’elmo sul capo ed afferrando il mantello.) Novello e più possente ella ne appresta… Coro fra gli alberi.) Scena seconda Addio… L’altare! Ah no, non fia Messo e detti. D’altri Leonora!… Leonora è mia! Coro interno di Religiose Azucena Il balen del suo sorriso Ah!… se l’error t’ingombra, Manrico No… ferma… odi… D’una stella vince il raggio! O figlia d’Eva, i rai, (Al Messo.) Il fulgor del suo bel viso Presso a morir, vedrai Inoltra il piè. Manrico Novo infonde in me coraggio!… Che un’ombra, un sogno fu, Guerresco evento, dimmi, seguìa? Mi lascia… Ah! l’amor, l’amore ond’ardo Anzi del sogno un’ombra Le favelli in mio favor! La speme di quaggiù! Messo Azucena Sperda il sole d’un suo sguardo Vieni e t’asconda il velo (Porgendo il foglio che Manrico legge.) (Autorevole.) La tempesta del mio cor. Ad ogni sguardo umano! Risponda il foglio che reco a te. Ferma… Son io che parlo a te! (Odesi il rintocco de’ sacri bronzi.) Aura o pensier mondano Perigliarti ancor languente Manrico Qual suono!… oh ciel… Qui vivo più non è. Per cammin selvaggio ed ermo! “In nostra possa è Castellor; ne dêi Al ciel ti volgi e il cielo Le ferite vuoi, demente, Ferrando Tu, per cenno del prence, Si schiuderà per te. Rïaprir del petto infermo? La squilla Vigilar le difese. Ove ti è dato, No, soffrirlo non poss’io… Vicino il rito annunzia! Affrettati a venir… Giunta la sera, Il tuo sangue è sangue mio!… Scena quarta Tratta in inganno di tua morte al grido, Ogni stilla che ne versi Conte Leonora con seguito muliebre. Ines, poi il Conte, Nel vicin Chiostro della croce il velo Tu la spremi dal mio cor! Ah! pria che giunga Ferrando, Seguaci, indi Manrico. Cingerà Lëonora”. All’altar… si rapisca!… (Con dolorosa esclamazione.) Manrico Leonora Oh giusto cielo! Un momento può involarmi Perché piangete? 16 17
Donne A danno mio rinunzia Conte Ah!… dunque Le prede sue l’inferno! (Sguainando la spada.) Tu per sempre ne lasci! Ma se non mai si fransero Involarmi costei! De’ giorni tuoi gli stami, No! Leonora Se vivi e viver brami, O dolci amiche, Fuggi da lei, da me. Ruiz, Armati Un riso, una speranza, un fior la terra (Accerchiando il Conte.) Non ha per me! Degg’io Manrico Vaneggi! Volgermi a Quei che degli afflitti è solo Né m’ebbe il ciel, né l’orrido Sostegno e dopo i penitenti giorni Varco infernal sentiero… Ferrando, Seguaci Può fra gli eletti al mio perduto bene Infami sgherri vibrano Che tenti, Signor? Ricongiungermi un dì!… Tergete i rai Mortali colpi, è vero! (Il Conte è disarmato da quei di Ruiz.) E guidatemi all’ara! Potenza irresistibile Conte (Incamminandosi.) Hanno de’ fiumi l’onde! (Con gesti ed accenti di maniaco furore.) Ma gli empi un Dio confonde! Conte Di ragione ogni lume perdei! Quel Dio soccorse a me. (Irrompendo ad un tratto.) Leonora No, giammai!… Donne (M’atterrisce…) (A Leonora.) Donne Il cielo in cui fidasti Conte Il Conte! Pietade avea di te. Ho le furie nel cor! Leonora Ferrando, Seguaci Ruiz, Armati Giusto ciel! (Al Conte.) (A Manrico.) Tu col destin contrasti: Vien: la sorte sorride per te. Conte Suo difensore egli è. Per te non havvi Ferrando, Seguaci Che l’ara d’imeneo. (Al Conte.) Scena quinta Cedi; or ceder viltade non è. Donne Ruiz seguito da una lunga tratta di Armati, e detti. (Manrico tragge seco Leonora, il Conte è Cotanto ardìa!… respinto; le donne rifuggono al cenobio. Scende Ruiz Leonora subito la tela.) Urgel viva! Insano!… E qui venisti?… Manrico Conte Miei prodi guerrieri! A farti mia. (E sì dicendo scagliasi verso Leonora, onde Ruiz impadronirsi di lei; ma fra esso e la preda Vieni… trovasi, qual fantasma sorto di sotterra, Manrico. Un grido universale irrompe.) Manrico (A Leonora.) Leonora Donna, mi segui. E deggio… e posso crederlo? Ti veggo a me d’accanto! Conte È questo un sogno, un’estasi, (Opponendosi.) Un sovrumano incanto! E tu speri? Non regge a tanto giubilo Rapito, il cor sospeso! Leonora Sei tu dal ciel disceso, Ah! O in ciel son io con te? Manrico Conte (Al Conte.) Dunque gli estinti lasciano T’arresta… Di morte il regno eterno; 18 19
PARTE TERZA – IL FIGLIO DELLA ZINGARA Scena seconda Azucena Conte Il Conte. Aita!… Mi lasciate… O furibondi, Di’, traesti Scena prima (Uscito dalla tenda volge uno sguardo bieco a Che mal fec’io? Lunga etade tra quei monti? Accampamento. Castellor.) A destra il padiglione del Conte di Luna, su Conte Azucena cui sventola la bandiera in segno di supremo Conte S’appressi. Lunga, sì. comando; da lungi torreggia Castellor. In braccio al mio rival! Questo pensiero (Azucena è tratta innanzi al Conte.) Scolte di Uomini d’arme dappertutto; Come persecutor demone ovunque A me rispondi Conte alcuni giuocano, altri puliscono le armi, altri M’insegue!… In braccio al mio rival!… Ma corro, E trema dal mentir! Rammenteresti passeggiano, poi Ferrando dal padiglione del Surta appena l’aurora, Un fanciul, prole di conti, Conte. Io corro e separarvi… Oh Leonora! Azucena Involato al suo castello, (Odesi tumulto.) Chiedi! Son tre lustri, e tratto quivi? Alcuni armigeri Or co’ dadi, ma fra poco Conte Azucena Giocherem ben altro gioco. Scena terza Ove vai? E tu, parla… sei?… Ferrando e detto. Altri Azucena Conte Quest’acciar, dal sangue or terso, Conte Nol so. Fratello Fia di sangue in breve asperso! Che fu? Del rapito. Conte (Un grosso drappello di balestrieri attraversa il Ferrando Che?… Azucena campo.) Dappresso il campo (Ah!) Azucena Alcuni S’aggirava una zingara: sorpresa D’una zingara è costume Ferrando Il soccorso dimandato! Da’ nostri esploratori, Mover senza disegno (Notando il mal nascosto terrore di Azucena.) Si volse in fuga; essi, a ragion temendo Altri Il passo vagabondo, (Sì!) Una spia nella trista, Han l’aspetto del valor! Ed è suo tetto il ciel, sua patria il mondo. L’inseguîr… Conte Tutti Conte Ne udivi Conte Più l’assalto ritardato E vieni? Mai novella? Fu raggiunta? Or non fia di Castellor. Azucena Azucena Ferrando Ferrando Da Biscaglia, ove finora Io?… No… Concedi È presa. Sì, prodi amici; al dì novello è mente Le sterili montagne ebbi a ricetto! Che del figlio l’orme io scopra. Del capitan la rôcca Conte Conte Ferrando Investir d’ogni parte. Vista (Da Biscaglia!) Resta, iniqua… Colà pingue bottino L’hai tu? Certezza è rinvenir più che speranza. Ferrando Azucena Si vinca; è nostro. Ferrando (Che intesi!… O qual sospetto!) (Ohimè!…) No; della scorta Tutti Il condottier m’apprese Azucena Ferrando Tu c’inviti a danza! L’evento. Giorni poveri vivea, Tu vedi Squilli, echeggi la tromba guerriera, Pur contenta del mio stato; Chi l’infame, orribil opra Chiami all’armi, alla pugna, all’assalto; Conte Sola speme un figlio avea… Commettea… Fia domani la nostra bandiera Eccola. Mi lasciò!… m’oblìa, l’ingrato! Di quei merli piantata sull’alto. (Tumulto più vicino.) Conte Io deserta, vado errando No, giammai non sorrise vittoria Di quel figlio ricercando, Finisci. Di più liete speranze finor!… Di quel figlio che al mio core Scena quarta Ferrando Ivi l’util ci aspetta e la gloria, Pene orribili costò!… Detti, Azucena, con le mani avvinte, trascinata È dessa. Ivi opimi la preda e l’onor. Qual per esso provo amore dagli Esploratori, un codazzo d’altri soldati. (Si disperdono.) Madre in terra non provò! Azucena Esploratori (Piano a Ferrando.) Innanzi, o strega, innanzi… Ferrando (Taci.) (Il suo volto!) 20 21
Ferrando Trema… V’è Dio pe’ miseri, Scena sesta Manrico È dessa che il bambino E Dio ti punirà! Manrico e Leonora. (Accostandosi al verone.) Arse! Oh ciel! mie membra oscillano… Conte Leonora Nube mi copre il ciglio! Conte Tua prole, o turpe zingara, Di qual tetra luce Ah! perfida! Colui, quel traditore?… Il nostro imen risplende! Leonora Potrò col tuo supplizio Tu fremi! Coro Ferirlo in mezzo al core! Manrico Ella stessa! Gioia m’innonda il petto, Il presagio funesto, Manrico Cui non esprime il detto!… Deh, sperdi, o cara!… E il deggio!… Sappilo. Azucena Io son… Meco il fraterno cenere Ei mentisce… Leonora Piena vendetta avrà! E il posso? Leonora Conte Chi mai? Ferrando, Coro Al tuo destino Manrico Infame pira sorgere, Or non fuggi. Amor… sublime amore, Manrico Ah, sì, vedrai tra poco… In tale istante ti favelli al core. Suo figlio!… Azucena Né solo tuo supplizio Ah! sì, ben mio, coll’essere Ah! vili!… il rio spettacolo Deh!… Sarà terreno foco!… Io tuo, tu mia consorte, Quasi il respir m’invola… Le vampe dell’inferno Avrò più l’alma intrepida, Raduna i nostri, affrettati… Conte A te fian rogo eterno; Il braccio avrò più forte; Ruiz… va… torna… vola… Quei nodi Ivi penare ed ardere Ma pur se nella pagina (Ruiz parte.) Più stringete. L’anima tua dovrà! De’ miei destini è scritto Di quella pira l’orrendo foco (I soldati eseguiscono.) (Al cenno del Conte i Soldati traggon seco Ch’io resti fra le vittime Tutte le fibre m’arse, avvampò!… Azucena. Egli entra nella sua tenda, seguito da Azucena Dal ferro ostil trafitto, Empi, spegnetela, o ch’io fra poco Ferrando.) Oh! Dio!… Oh Dio!… Fra quegli estremi aneliti Col sangue vostro la spegnerò… A te il pensier verrà Era già figlio prima d’amarti, Coro Scena quinta E solo in ciel precederti Non può frenarmi il tuo martir. Urla pure. Sala adiacente alla Cappella in Castellor, con il La morte a me parrà! Madre infelice, corro a salvarti, verone nel fondo. (Odesi il suono dell’organo della vicina cappella.) O teco almeno corro a morir! Azucena Manrico, Leonora e Ruiz. (Con disperazione.) A due Leonora E tu non m’odi, Leonora L’onda de’ suoni mistici Non reggo a colpi tanto funesti… O Manrico, o figlio mio?… Quale d’armi fragor poc’anzi intesi? Pura discende al cor! Oh, quanto meglio sarìa morir! Non soccorri all’infelice Vieni; ci schiude il tempio (Ruiz torna con Armati.) Madre tua? Manrico Gioie di casto amor. Alto è il periglio! vano (Mentre s’avviano giubilanti al tempio, Ruiz Ruiz, Armati Conte Dissimularlo fora! sopraggiunge frettoloso.) All’armi, all’armi! eccone presti Sarebbe ver? Alla novella aurora A pugnar teco, teco a morir. Di Manrico genitrice? Assaliti saremo!… Ruiz (Manrico parte frettoloso seguito da Ruiz e dagli Manrico? Armati, mentre odesi dall’interno fragor d’armi Ferrando Leonora e di bellici strumenti.) Trema!… Ahimè!… che dici!… Manrico Che? Conte Manrico Oh sorte!… in mio poter! Ma de’ nostri nemici Ruiz Avrem vittoria… Pari La zingara, Azucena Abbiam al loro ardir, brando e coraggio!… Vieni, tra ceppi mira… Deh, rallentate, o barbari, (A Ruiz.) Le acerbe mie ritorte… Manrico Tu va’; le belliche opre, Questo crudel supplizio Oh Dio! Nell’assenza mia breve, a te commetto. È prolungata morte… Che nulla manchi!… D’iniquo genitore Ruiz (Ruiz parte.) Per man de’ barbari Empio figliuol peggiore, Accesa è già la pira… 22 23
PARTE QUARTA – IL SUPPLIZIO scuotesi, ed è in procinto di partire, allorché Abuso io forse del poter che pieno Fra mille atroci spasimi viene dalla torre un gemito e quindi un mesto In me trasmise il prence! A tal mi traggi, Centuplicar sua morte… Scena prima suono: ella si ferma.) Donna per me funesta!… Ov’ella è mai? Più l’ami, e più terribile Un’ala del palazzo dell’Aliaferia. Ripreso Castellor, di lei contezza Divampa il mio furor! All’angolo una torre con finestre assicurate da Manrico Non ebbi, e furo indarne (Vuol partire, Leonora si avviticchia ad esso.) spranghe di ferro. Notte oscurissima. (Dalla torre.) Tante ricerche e tante! Si avanzano due persone ammantellate: sono Ah, che la morte ognora Ah! dove sei, crudele? Leonora Ruiz e Leonora. È tarda nel venir Conte… A chi desia morir!… Leonora Ruiz Addio, Leonora! (Avanzandosi.) Conte (Sommessamente.) A te davante. Né cessi? Siam giunti; ecco la torre, ove di Stato Leonora Gemono i prigionieri… ah, l’infelice Oh ciel!… sento mancarmi! Conte Leonora Ivi fu tratto! Qual voce!… come!… tu, donna? Grazia!… Voci interne Leonora Miserere d’un’alma già vicina Leonora Conte Vanne, Alla partenza che non ha ritorno! Il vedi. Prezzo non havvi alcuno Lasciami, né timor di me ti prenda… Miserere di lei, bontà divina Ad ottenerla… scostati… Salvarlo io potrò forse. Preda non sia dell’infernal soggiorno! Conte (Ruiz si allontana.) A che venisti? Leonora Timor di me?… sicura, Leonora Uno ve n’ha… sol uno!… Presta è la mia difesa. Sull’orrida torre, ah! par che la morte Leonora Ed io te l’offro. (I suoi occhi figgonsi ad una gemma che le Con ali di tenebre librando si va! Egli è già presso fregia la mano destra.) Ahi! forse dischiuse gli fian queste porte All’ora estrema; e tu lo chiedi? Conte In quest’oscura Sol quando cadaver già freddo sarà! Spiegati, Notte ravvolta, presso a te son io, Conte Qual prezzo, di’. E tu nol sai… Gemente Manrico Osar potresti?… (Dalla torre.) Leonora Aura che intorno spiri, Sconto col sangue mio Leonora (Stendendo la destra con dolore.) Deh, pietosa gli arreca i miei sospiri… L’amor che posi in te!… Ah sì, per esso Me stessa! D’amor sull’ali rosee Non ti scordar di me! Pietà dimando… Vanne, sospir dolente: Conte Del prigioniero misero Leonora, addio! Conte Ciel!… tu dicesti?… Conforta l’egra mente… Che! tu deliri! Com’aura di speranza Leonora Di te, di te scordarmi!!… Io del rival sentir pietà? Leonora Aleggia in quella stanza: E compiere Lo desta alle memorie, Tu vedrai che amore in terra Mai del mio non fu più forte; Leonora Saprò la mia promessa. Ai sogni dell’amor! Clemente Nume a te l’ispiri… Ma deh! non dirgli, improvvido, Vinse il fato in aspra guerra, Conte Le pene del mio cor! Vincerà la stessa morte. Conte È sogno il mio? (Suona la campana dei morti.) O col prezzo di mia vita È sol vendetta mio Nume… Va. La tua vita io salverò, Leonora Voci interne O con te per sempre unita Leonora Dischiudimi Miserere d’un’alma già vicina Nella tomba io scenderò. (Si getta disperatamente a’ suoi piedi.) La via fra quelle mura… Alla partenza che non ha ritomo! Mira, di acerbe lagrime Ch’ei m’oda… Che la vittima Miserere di lei, bontà divina, Spargo al tuo piede un rio: Fugga, e son tua. Preda non sia dell’infernal soggiorno! Scena seconda Non basta il pianto? svenami, S’apre una porta; n’escono il Conte ed alcuni Conte Ti bevi il sangue mio… Leonora Seguaci. Lo giura. Calpesta il mio cadavere, Quel suon, quelle preci solenni, funeste, Leonora si pone in disparte. Ma salva il Trovator! Empiron quest’aere di cupo terror!… Leonora Contende l’ambascia, che tutta m’investe, Conte Lo giuro a Dio che l’anima Conte Al labbro il respiro, i palpiti al cor! Udite? Come albeggi, Tutta mi vede! Ah! dell’indegno rendere (Rimane assorta; dopo qualche momento La scure al figlio ed alla madre il rogo. Vorrei peggior la sorte: (I Seguaci entrano nella torre.) 24 25
Conte Azucena Manrico Manrico Olà! L’invocai più volte, Oh madre!… oh madre! Oh, mia Leonora! (Correndo all’ uscio della torre. Si presenta un Ma fugge il sonno a queste luci… Prego… Ah, mi concedi, pietoso Nume, custode; mentre il Conte gli parla all’orecchio, Azucena Gioia sì grande, anzi ch’io mora? Leonora sugge il veleno chiuso nell’anello.) Manrico Un giorno, L’aura fredda è molesta Turba feroce l’ava tua condusse Leonora Leonora Alle tue membra forse? Al rogo… Mira la terribil vampa! Tu non morrai… vengo a salvarti… (M’avrai, ma fredda esanime Ella n’è tocca già! già l’arso crine Spoglia.) Azucena Al ciel manda faville!… Manrico No; da questa Osserva le pupille Come!… a salvarmi?… fia vero! Conte Tomba di vivi sol fuggir vorrei, Fuor dell’orbita lor!… ahi… chi mi toglie (A Leonora, tornando.) Perché sento il respiro soffocarmi!… A spettacol sì atroce? Leonora Colui vivrà. (Cadendo tutta convulsa fra le braccia di Manrico.) Addio… Manrico tronca ogni indugio… t’affretta… parti… Leonora (Torcendosi le mani.) Manrico (Accennandogli la porta.) (Alzando gli occhi, cui fanno velo lagrime di gioia.) Fuggir! Se m’ami ancor, se voce (Vivrà!… contende il giubilo Di figlio ha possa d’una madre in seno, Manrico I detti a me, Signore… Azucena Ai terrori dell’alma E tu non vieni? Ma coi frequenti palpiti (sorgendo) Oblìo cerca nel sonno, e posa e calma. Merce’ ti rende il core! Non attristarti: (La conduce presso alla coltre.) Leonora Ora il mio fine impavida, Far di me strazio non potranno i crudi! Restar degg’io!… Piena di gioia attendo… Azucena Potrò dirgli morendo: Manrico Sì, la stanchezza m’opprime, o figlio… Manrico Salvo tu sei per me!) Ah! come? Alla quïete io chiudo il ciglio… Restar!… Ma se del rogo arder si veda Conte Azucena Leonora L’orrida fiamma, destami allor. Fra te che parli?… volgimi, Vedi?… le sue fosche impronte Deh! fuggi!… Volgimi il detto ancora, M’ha già stampato in fronte Manrico Il dito della morte! Manrico O mi parrà delirio Riposa, o madre: Iddio conceda No. Quanto ascoltai finora… Men tristi immagini al tuo sopor. Tu mia!… tu mia!… ripetilo. Manrico Ahi! Leonora Il dubbio cor serena… Azucena (Cercando di trarlo verso l’uscio.) Ah!… ch’io lo credo appena (Tra il sonno e la veglia.) Azucena Guai se tardi! Udendolo da te! Ai nostri monti… ritorneremo… Troveranno L’antica pace… ivi godremo.. Un cadavere muto, gelido!… anzi Manrico Leonora Tu canterai… sul tuo lïuto… No… Andiam… Uno scheletro! In sonno placido… io dormirò! Manrico Leonora Conte Manrico La tua vita!… Giurasti… pensaci! Cessa! Riposa, o madre: io prono e muto La mente al cielo rivolgerò. Manrico Leonora Azucena (Azucena si addormenta. Io la disprezzo… È sacra la mia fe’! Non odi?… gente appressa… Manrico resta genuflesso accanto a lei.) Pur figgi, o donna, in me gli sguardi!… (Entrano nella torre.) I carnefici son… vogliono al rogo Trarmi!… Difendi la tua madre! Da chi l’avesti?… ed a qual prezzo?… Parlar non vuoi?… Balen tremendo!… Scena ultima Dal mio rivale!… intendo… intendo!… Scena terza Manrico Si apre la porta, entra Leonora: gli anzidetti, in Ha quest’infame l’amor venduto… Orrido carcere. In un canto finestra con inferriata. Alcuno, ultimo il Conte con seguito di Armati. Venduto un core che mio giurò! Porta nel fondo. Smorto fanale pendente dalla Ti rassicura, qui non volge… volta. Manrico Leonora Azucena Azucena giacente sopra una specie di rozza Ciel!.. non m’inganna quel fioco lume?… Oh, come l’ira ti rende cieco! (Senza badare a Manrico, con ispavento.) coltre, Manrico seduto a lei dappresso. Oh, quanto ingiusto, crudel sei meco! Il rogo! Leonora Parola orrenda! T’arrendi… fuggi, o sei perduto! Manrico Son io, Manrico… Madre?… non dormi? 26 27
Nemmeno il cielo salvar ti può! Leonora Conte (Leonora si getta ai piedi di Manrico.) Senti! la mano è gelo… (Trascinando Azucena verso la finestra.) (Toccandosi il petto.) Vedi?… Azucena Ma qui… qui foco orribile (Dormendo.) Arde… Azucena Ai nostri monti… ritorneremo… Cielo! L’antica pace… ivi godremo… Manrico Tu canterai… sul tuo lïuto… Che festi!… o cielo! Conte In sonno placido… io dormirò… È spento! Leonora Manrico Prima che d’altri vivere… Azucena Ti scosta… Io volli tua morir!… Egli era tuo fratello!… Leonora Manrico Conte Non respingermi… Insano!… ed io quest’angelo Ei!… quale orror!… Vedi?… languente, oppressa, Osava maledir! Io manco… Azucena Leonora Sei vendicata, o madre! Manrico Più non resisto! (Cade a’ pie’ della finestra.) Va’… ti abbomino… Ti maledico… Manrico Conte Ahi misera!… (Inorridito.) Leonora (Entra il Conte, arrestandosi sulla soglia.) E vivo ancor! Ah, cessa! Non d’imprecar, di volgere Leonora Per me la prece a Dio Ecco l’istante… io moro… È questa l’ora! (Stringendogli la destra in segno d’addio.) Manrico! Or la tua grazia… Manrico Padre del cielo… imploro… Un brivido Prima… che… d’altri vivere… Corse nel petto mio! Io volli… tua morir! (Spira.) Leonora (Cade bocconi.) Conte Manrico! (Ah! volle me deludere, E per costui morir!) Manrico (Additando agli armati Manrico.) (Accorrendo a sollevarla.) Sia tratto al ceppo! Donna, svelami… Narra. Manrico (Partendo tra gli armati.) Leonora Madre… oh madre, addio! Ho la morte in seno… Azucena Manrico (Destandosi.) La morte!… Manrico!… Ov’è mio figlio? Leonora Conte Ah, fu più rapida A morte corre!… La forza del veleno Ch’io non pensava!… Azucena Ah ferma!… m’odi… Manrico Oh fulmine! 28 29
Il soggetto di Claudio Toscani Parte prima (Il duello) Atrio nel palazzo dell’Aliaferia. Ferrando, capitano degli armigeri del Conte di Luna, attende l’arrivo del suo signore, che tarda a tornare perché sorveglia nottetempo, geloso, una donna amata alla quale un mi- sterioso trovatore rivolge le sue attenzioni (introduzione “All’erta, all’erta!”). Invitato dai presenti, Ferrando narra loro la storia del fratello del Conte. Il vecchio Conte di Luna aveva due figli (“Di due figli vivea padre beato”); accanto alla culla del minore la nutrice aveva trovato, una mattina, una zingara, che era stata immediatamente cacciata. Ma il bimbo, evidentemente stregato, aveva iniziato a deperire: la zingara era stata allora condannata al rogo e arsa. La figlia di costei, per vendicarsi, aveva rapito il bambino; in seguito erano stati trovati, sul luogo stesso del rogo, i resti di un bimbo bruciato. Il vecchio Conte era morto pochi giorni dopo, facendosi promettere dal figlio maggiore che avrebbe comun- que continuato le ricerche del fratello. Suona intanto la mezzanotte. Giardini del palazzo. Leonora, dama di compagnia della principessa d’Aragona, confida a Ines d’essersi inna- morata di uno sconosciuto cavaliere (scena e cavatina “Tacea la notte placida”). Questi era apparso, incognito, ai tornei; poi Leonora l’aveva sentito cantare, una notte, sotto le sue finestre accompagnandosi col liuto e pronunciando il suo nome. Da allora non riesce a dimenticarlo e sente che i loro destini sono legati per sempre. Giunge il Conte di Luna, che vorrebbe dichiarare alla dama il suo amore; ma è interrotto dagli accordi di un liuto, sui quali un trovatore intona la sua canzone d’amore (scena e romanza “Deserto sulla terra”). Leonora discende e sta per gettarsi tra le braccia del Conte, che ha scambia- to per l’amato; ma accortasi dell’errore, dichiara al trovatore di non amare altri che lui (terzetto “Qual voce!… Ah! dalle tenebre”). Quando il Conte di Luna, furente, gli chiede di svelarsi, l’ignoto giovane dichiara di chiamarsi Manrico. In lui il Conte riconosce un seguace del principe ribelle Urgel e lo sfida a duello. Nonostante le preghiere di Leonora, i due si allontanano per battersi. 30 31
Parte seconda (La gitana) Parte quarta (Il supplizio) Accampamento di zingari. Nei pressi del palazzo dell’Aliaferia. Sul finir della notte alcuni zingari, nel loro accampamento, lavorano (coro “Vedi, le fo- Leonora, condotta da Ruiz, giunge al luogo che rinchiude Manrico prigioniero. Guarda sche notturne spoglie”). Accanto al fuoco la zingara Azucena inizia a cantare, attirando un anello che porta sulla destra e pensa all’amato (scena e cantabile “D’amor sull’ali l’attenzione generale: il fuoco le ricorda il rogo della madre, morta invocando vendetta rosee”), quando al suo orecchio giungono il canto del Miserere e la voce di Manrico, che (canzone “Stride la vampa!”). Gli zingari scendono a valle e Azucena rimasta sola col fi- sta per morire e le chiede di non dimenticarlo. Leonora dichiara che il suo destino sarà glio Manrico, gli racconta la storia appena accennata: si tratta della nonna, fatta condan- per sempre legato al suo (cabaletta “Tu vedrai che amore in terra”). Quando vede uscire nare e ardere dal vecchio Conte di Luna (scena e racconto “Condotta ell’era in ceppi”). da una porta il Conte e dare gli ordini per l’esecuzione, gli si avvicina e gli promette il pro- Azucena narra anche d’aver rapito per vendetta uno dei figli del Conte, d’averlo bruciato prio corpo in cambio della salvezza di Manrico (scena e duetto “Qual voce!… come!… tu sul luogo del supplizio ma d’essersi accorta d’aver ucciso, nel delirio, non il bimbo rapito donna?”). Leonora beve segretamente il veleno racchiuso nell’anello. bensì il suo stesso figlio. Allo stupore di Manrico, Azucena lo tranquillizza, sostenendo che i tristi ricordi la fanno uscire di senno. Si fa poi promettere dal figlio – che già aveva Carcere. incontrato Luna in battaglia, ma gli aveva risparmiato la vita perché aveva avvertito una Manrico è seduto accanto alla madre, stesa su un giaciglio (finale ultimo “Madre… non misteriosa forza celeste – che non avrà più alcuna pietà del Conte (scena e duetto “Mal dormi?”). Nel delirio, la zingara rivede il rogo della madre, ma il figlio la calma, facendola reggendo all’aspro assalto”). Un messo chiama Manrico alla difesa del fortilizio di Castel- addormentare nel ricordo della pace dei loro monti (“Ai nostri monti… ritorneremo!…”). lor, appena conquistato, e gli comunica che Leonora sta per prendere i voti, credendolo Compare Leonora, che invita Manrico a fuggire senza tuttavia poterlo seguire. Quando morto. Manrico, nonostante la preoccupazione della madre, parte immediatamente. questi conosce il prezzo della sua libertà, inveisce contro Leonora (concertato “Parlar non vuoi!… Balen tremendo!…”) ma si ricrede quando apprende che la fanciulla si è av- Luogo di ritiro in vicinanza di Castellor. velenata per non essere di nessun altro, e la vede morire. Il Conte ordina che Manrico Il Conte di Luna, che non si rassegna alla perdita di Leonora, si prepara con i suoi a rapirla sia giustiziato. Solo allora apprende, da Azucena, con orrore, di aver mandato a morte il (scena e aria “Il balen del suo sorriso”). Preceduta da un coro di religiose (“Ah! se l’error proprio fratello: la vendetta della zingara è compiuta. t’ingombra”), compare Leonora, che si appresta a prendere il velo. Il Conte di Luna inter- viene per rapirla, ma fra lui e la fanciulla si intromette, inaspettato, Manrico. Lo stupore generale (concertato “E deggio e posso crederlo?”) è rotto dall’arrivo di Ruiz e dei segua- ci di Urgel, che traggono in salvo Manrico e Leonora. Parte terza (Il figlio della zingara) Accampamento nelle vicinanze di Castellor. I soldati del Conte di Luna, accampati in vista di Castellor, giocano a carte e cantano (coro “Or co’ dadi, ma fra poco”), Ferrando annuncia loro che l’indomani attaccheranno il fortilizio. Il Conte di Luna è deciso a strappare Leonora all’odiato Manrico, ma un tumulto lo distrae dai suoi propositi: nel campo è stata trovata una zingara, che gli viene condotta innanzi. Si tratta di Azucena, nella quale Ferrando crede di riconoscere la zingara che un tempo rapì il bambino (scena e terzetto “Giorni poveri vivea”). Se ne convince quando la vede impaurirsi al nome del Conte di Luna, che la fa arrestare. Quando Azucena invoca il nome di Manrico, il Conte infierisce ancor più; gli astanti reclamano il rogo. Sala del palazzo. Manrico informa Leonora che l’indomani ci sarà battaglia e dà disposizioni a Ruiz per la difesa. I due amanti, al suono dell’organo, si accingono al rito nuziale (scena e cantabile “Ah sì, ben mio”), quando Ruiz accorre e mostra a Manrico la pira sulla quale sta per es- sere arsa Azucena. Manrico in preda al massimo furore (cabaletta “Di quella pira”), lascia la fidanzata per accorrere in soccorso della madre. 32 33
Puoi anche leggere