IL TRANSFER PRICING: NOVITA' NORMATIVE E CASI PRATICI - Studio Palea - ODCEC Torino
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Studio Palea Associazione Professionale Dottori Commercialisti - Revisori Legali IL TRANSFER PRICING: NOVITA’ NORMATIVE E CASI PRATICI Dott. Gian Piero BALDUCCI Dott. Cristiano LENTI Torino, 25 luglio 2017
TRANSFER PRICING – riferimenti normativi Normativa nazionale 1. Art. 110, co.7 e 2, del TUIR (normativa sui prezzi di trasferimento), i. come da ultimo modificato dall’art. 59, c. 1, del D.L. 50/2017; ii. vedasi anche l’art. 5, c. 2, del D.Lgs. 147/2015 per l’interpretazione autentica (si conferma che il comma 7 non si applica alle operazioni poste in essere fra imprese residenti). 2. Art. 9, co. 3 e 4, del TUIR (definizione del concetto di valore normale). 3. Art. 31-ter, D.P.R. 600/1973 (Accordi preventivi per le imprese con attività internazionale). 4. Art. 1, commi 145 e seguenti della Legge di Stabilità 2016 -Legge 208/2015 – (Country By Country Reporting, adeguamento alle raccomandazioni dell’Action 13 dei BEPS). 5. Decreto Ministeriale 23 febbraio 2017, contenente le regole attuative in materia di Country by Country Reporting. 6. Artt. 152, 162 e 168-ter del TUIR (Stabile organizzazione ed attribuzione dei profitti). 7. Art. 31-quater del DPR 600/1973 (inserito dall’art. 59, comma 2, del D.L. 50/2017).
TRANSFER PRICING – riferimenti normativi Normativa nazionale L’articolo 110, comma 7, del TUIR prevede quanto segue nella formulazione attuale: «I componenti di reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni ed ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e le condizioni di cui all’art. 31-quater del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze possono essere determinate , sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l’applicazione del presente comma.»
TRANSFER PRICING – riferimenti normativi Normativa nazionale L’articolo 9, comma 3, del TUIR prevede quanto segue nella formulazione attuale: «Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.».
TRANSFER PRICING – riferimenti normativi Normativa nazionale L’articolo 31-quater del DPR 600/1973 prevede quanto segue nella formulazione attuale: 1. La rettifica in diminuzione del reddito di cui all'articolo 110, comma 7, secondo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, può essere riconosciuta: a) in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi o dalla Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate, con atto finale e dichiarazioni, fatta a Bruxelles il 23 luglio 1990, resa esecutiva con legge 22 marzo 1993, n. 99; b) a conclusione dei controlli effettuati nell'ambito di attività di cooperazione internazionale i cui esiti siano condivisi dagli Stati partecipanti; c) a seguito di istanza da parte del contribuente da presentarsi secondo le modalità e i termini previsti con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, a fronte di una rettifica in aumento definitiva e conforme al principio di libera concorrenza effettuata da uno Stato con il quale è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni sui redditi che consenta un adeguato scambio di informazioni. Resta ferma, in ogni caso, la facoltà per il contribuente di richiedere l'attivazione delle procedure amichevoli di cui alla lettera a), ove ne ricorrano i presupposti.
TRANSFER PRICING – riferimenti normativi Il Country by Country Reporting Trattasi di adempimento obbligatorio, al ricorrere dei presupposti (gruppi con fatturato consolidato superiore a 750 milioni di Euro), a prescindere dal fatto che il contribuente rediga master file e/o local file ai sensi del D.L. 78/2010. L’entità del gruppo deputata alla predisposizione del CbC report è la capogruppo che redige il bilancio consolidato e che non è a sua volta controllata da soggetti diversi da persone fisiche. Il primo anno di reporting, per i soggetti con esercizio «solare», è il periodo di imposta dal 1.01.2016 al 31.12.2016, mentre per i soggetti con esercizio «a cavallo», è il periodo di imposta 2016/2017. Il CbC reporting dovrà essere presentato entro i 12 mesi successivi alla chiusura del bilancio e aggiornato annualmente. Le comunicazioni all’AdE da parte della capogruppo, della supplente della controllante o dell’entità designata in merito al soggetto obbligato vanno comunicate all’interno della dichiarazione dei redditi (art. 3 del DM 23 febbraio 2017).
TRANSFER PRICING – riferimenti normativi Il Country by Country Reporting (segue) La Capogruppo sarà il soggetto deputato alla raccolta delle informazioni e alla predisposizione del CbC reporting; il CbC reporting dovrà essere presentato all’Amministrazione finanziaria del Paese di residenza della Capogruppo. Le Amministrazioni finanziarie degli Stati dove il gruppo opera dovranno condividere le informazioni nell’ambito degli accordi per lo scambio di informazioni. L’art. 1, comma 146 della Legge 208/2015 prevede che l’obbligo di predisposizione del CbC reporting si estenda anche alle società controllate (c.d. secondary filing) residenti fiscalmente in Italia, facenti parte di gruppi multinazionali che rientrano nell’ambito di applicazione della norma sulla base del requisito dimensionale, qualora la società controllante che ha l’obbligo di redazione del bilancio consolidato sia residente in uno Stato che (i) non abbia introdotto l’obbligo di presentazione della rendicontazione CbC, (ii) non abbia in vigore con l’Italia un accordo per lo scambio delle informazioni del CbC report, (iii) sia inadempiente all’obbligo di scambio delle informazioni relative al CbC reporting. Le sanzioni per omessa presentazione sono comprese fra 10 e 50 mila Euro.
TRANSFER PRICING – riferimenti normativi Normativa internazionale Trattati contro le doppie imposizioni (Artt. 9 e 7, secondo il modello di Convenzione OCSE): prevedono un obbligo di attivazione delle procedure fra autorità fiscali competenti ai fini della soluzione dei casi di doppia imposizione ma non un obbligo di risultato. I trattati non prevedono generalmente che tali procedure si applichino indipendentemente dai termini delle legislazioni nazionali, che restano valide, limitando di fatto la fruizione di un eventuale risultato positivo. Si applicano solo ai casi previsti dai trattati. Convenzione arbitrale Europea (90/436/EEC), ratificata e resa esecutiva con Legge n.99/93. procedura rivolta ad eliminare la doppia imposizione derivanti da rettifiche che violano il principio di libera concorrenza; prevede una volta decorsi due anni senza che la procedura sia giunta ad un risultato, l’obbligo di istituire una commissione consultiva incaricata di fornire entro sei mesi un parere vincolante per le autorità fiscali.
TRANSFER PRICING – riferimenti di prassi Prassi nazionale Circolare n. 32/9/2267, 22 settembre 1980; Circolare n. 42/12/1587, 12 dicembre 1981 (ampliamento dei presupposti soggettivi ed oggettivi); Risoluzione n. 271/10/1059, 21 ottobre 1997 (spese di regia); Circolare n. 58/E, 15 dicembre 2010 (oneri documentali); Circolare n. 21/E, 5 giugno 2012 (composizione controversie internazionali; procedure amichevoli); Circolare n. 25/E, 6 agosto 2014 (oneri documentali, ruling internazionale). Circolare n. 36/E, dicembre 2015 e N. 11/E, aprile 2016 (modalità di applicazione delladisciplina del Patent box)
TRANSFER PRICING – riferimenti di prassi Prassi internazionale OECD Transfer Pricing Guidalines for Multinational Enterprises and Tax Administration (luglio 2017). OECD Base Erosion and Profit Shifting (BEPS), action plans 8, 9, 10, 13. EU Code of Conduct on transfer pricing documentation for associated enterprises. EU Joint Transfer Pricing Forum: “Guidelines on low value adding intra-group services”. A Toolkit for Addressing Difficulties in Accessing Comparables Data for Transfer Pricing Analyses (OECD-IMF-UN-WBG).
Caso 1 – sul presupposto soggettivo La nozione di controllo rilevante ai fini del transfer pricing Il Produttore cede beni alla filiale UE 2 Socio Produttore JV agreement Gestore ITA UE 100% 51% 49% Filiale Filiale commerciale commerciale UE 2 UE 1 (i) prezzi di trasferimento Clienti (ii) cessione a terzi finali (terzi)
Caso 1 – il controllo rilevante ai fini del transfer pricing (segue) Il Produttore cede beni alla filiale UE 2 Il modello di business prevede che l’intera attività di produzione sia svolta dal Produttore ITA, mentre l’attività di commercializzazione dei beni nel Paese UE 2 sia svolta da una filiale dedicata (UE 2), il cui socio gestore detiene altresì il 49% del capitale della stessa. Il Socio Gestore ed il Produttore sono vincolati da un accordo parasociale ai sensi del quale il budget annuale e, con esso, i prezzi di trasferimento intercompany dei prodotti a UE 2, sono determinati in contraddittorio fra i medesimi. Problematiche emerse dall’esame della fattispecie (i) L’impossibilità di determinare unilateralmente i prezzi di trasferimento e, quindi, l’assenza di un controllo di fatto, può escludere un controllo rilevante ai fini dell’articolo 110, c.7, anche in presenza di un controllo di diritto? E, viceversa, (ii) La possibilità di determinare unilateralmente i prezzi di trasferimento, in assenza del controllo di diritto, consente l’applicazione dell’articolo 110, comma7?
Caso 1 – il controllo rilevante ai fini del transfer pricing (segue) SPUNTI DI RIFLESSIONE In accordo con la recente giurisprudenza (Cass., n. 8130 del 22/4/2016 «Valpharma»), la nozione di controllo nell’art. 110, c.7 è più ampia della nozione di controllo civilistico (2359 c.c.), tanto da ricomprendere casi di influenza economica, potenziale o attuale, intesa come capacità di un’impresa di incidere in modo non occasionale sulle decisioni dell’altra, al punto da porre la seconda in condizioni di subalternità e di dipendenza rispetto alla prima. Nozione simile al «controllo esterno» normato nel n. 3 («influenza dominante») dell’art. 2359 c.c. laddove la soggezione, espressa in un accordo contrattuale, è tale da pregiudicare in modo irreversibile l’attività di impresa della controllata. OCCORRE DUNQUE UNA VALUTAZIONE CRITICA DELLE TRANSAZIONI CROSS BORDER IN PRESENZA DI CONTRATTI TIPICAMENTE SUSCETTIBILI DI GENERARE IPOTESI DI CONTROLLO ESTERNO E, PIU’ IN GENERALE, DI INFLUENZA ECONOMICA - agenzia – somministrazione e concessione di vendita in esclusiva; licenza, know how, franchising, subfornitura, somministrazione di prodotti fabbricati in regime di monopolio, commissione
Caso 1 – il controllo rilevante ai fini del transfer pricing (segue) Es. 1 - (Valpharma) Es. 2 - Da accertamento contenzioso Cass. n. 8130 del 22 aprile 2016 attualmente pendente in CTP Prestatore di servizi V1 San A ITA Marino commercializzazione dei prodotti di V2 37% (controllo indiretto, mediante la 24% partecipazione in altra società di (che non dispone di Hong Kong) struttura commerciale) V2 Italia B Hong Kong A è il principale cliente di B (
Caso 2 – i finanziamenti intragruppo Società capogruppo / finanziaria di gruppo UE Holding UE trasferisce fondi alla Holding 100% Subsidiary in virtù di un contratto di cash UE (A) pooling. Il contratto ha durata annuale rinnovabile tacitamente e prevede una A remunerazione basata sul tasso EONIA 100% FinCo UE (B) FinCo eroga finanziamenti alla Subsidiary, B sulla base di un contratto di mutuo. Tale contratto ha durata biennale, rinnovabile per uguale periodo e prevede una Subsidiary remunerazione a tasso fisso ITA ITA
Caso 2 – i finanziamenti intragruppo (segue) Società capogruppo / finanziaria di gruppo UE Applicazione del comparable uncontrolled price (CUP) esterno Individuazione del mercato di riferimento Efficacia di offerte da istituti di credito / term sheet rilasciati Invalidità formale e sostanziale della documentazione DL 78/2010 Valutazione del CUP attraverso l’utilizzo di informazioni pubblicamente accessibili, quali le statistiche delle banche centrali o della BCE Irrilevanza di algoritmi non pubblicamente disponibili Affidabilità di tali statistiche come conseguenza dell’ampiezza del campione Assimilabilità della remunerazione del cash pooling a quella degli overnight deposits Valutazione dei finanziamenti di durata coerente, ai fini del CUP
Caso 2 – i finanziamenti intragruppo (segue) SPUNTI DI RIFLESSIONE Limiti alla validità delle statistiche Finanziamenti intragruppo postergati per contratto o in applicazione dell’articolo 2467 del Codice Civile; Compresenza di finanziamenti bancari con garanzie di primo livello e collaterali (i.e. project finance) e di finanziamenti intragruppo In tali fattispecie può accadere in concreto che il rischio del finanziamento intragruppo presenti profili di sostanziale assimilabilità a quello del capitale proprio utilizzabilità di modelli di valutazione del costo del capitale (i.e. CAPM) Trattamento delle garanzie Necessità ovvero non obbligatorietà della remunerazione delle garanzie
Caso 2 – i finanziamenti intragruppo (segue) Il caso CHEVRON – AUSTRALIAN TAX OFFICE CAH era la società che controllava le operazioni in Australia e conseguiva profitti operativi US Parent Co CFC (controllata da CAH) reperiva risorse finanziarie ad un tasso medio del 2%, beneficiando di una garanzia da parte della capogruppo avente sede in USA guarantee dividend payments CFC finanziava ad un tasso medio del 9% la controllante CAH, che non forniva CAH (AU) alcun tipo di garanzia a CFC da parte della capogruppo o delle consociate 100% on-lent IC loan (9%) Come conseguenza del maggiore indebitamento, il profitto di CAH veniva loan (2%) ridotto, a favore di quello di CFC che CFC (US) lenders risultava invece esente da tassazione. Ne conseguiva un flusso di dividendi esente.
Caso 2 – i finanziamenti intragruppo (segue) Il caso CHEVRON – AUSTRALIAN TAX OFFICE (segue) La struttura, considerata implicitamente priva di valide ragioni economiche, genera una contestazione sul tasso intragruppo praticato, considerato non at US Parent Co arm’s length i. Implicit support: ritenuto non rilevante in assenza di vincoli legali (enforceable guarantee dividend payments legal bindings) da parte del soggetto controllante CAH (AU) i. Valutazione del merito di credito: non 100% ritenuto aderente a criteri di mercato on-lent IC loan (9%) l’approccio asettico delle società di rating e dei loro modelli. Gli enti loan (2%) finanziatori agiscono secondo differenti CFC (US) Lenders logiche, per lo più di tipo meramente commerciale
Caso 3 – Distributore di beni di marca che svolge servizi di marketing senza essere proprietario del marchio: deve essere remunerato? Come? Il Distributore italiano corrisponde royalties alla controllante UE, sostiene spese di pubblicità sul mercato italiano e corrisponde agency fees alla centrale acquisti del gruppo, extra UE MARCHIO UE Spese di marketing e spese di R&S royalties Buying agent ITA del gruppo Distributore esclusivo Extra UE agency wholesale FULL RISK cessione dei beni fees mercato spese di pubblicità italiano
Caso 3 – Distributore di beni di marca che svolge servizi di marketing senza essere proprietario del marchio: deve essere remunerato? Come? (segue) Il Distributore ITA è il distributore esclusivo in Italia dei beni di marca e corrisponde royalties alla controllante UE detentrice del marchio Il Distributore ITA sostiene a suo carico spese di pubblicità: è valorizzazione del marchio? Sul fronte approvvigionamenti, ha un contratto di commissione con una società del gruppo extra- EU che svolge la funzione di centrale acquisti (buying agent) alla quale corrisponde agency fees. Tra le funzioni svolte dal buying agent è compreso anche il «controllo di qualità» dei beni acquistati presso terzi produttori: è valorizzazione del marchio? Problematiche emerse dall’esame della fattispecie • (i) Il Distributore ITA a fronte delle spese di pubblicità può essere considerato come fornitore di servizi infragruppo e, come tale, deve essere remunerato? E ancora … • (ii) Il Distributore ITA che sostiene i costi del controllo di qualità dei beni può essere considerato come fornitore di un servizio infragruppo e come tale deve essere remunerato?
Caso 3 – Distributore di beni di marca che svolge servizi di marketing senza essere proprietario del marchio: deve essere remunerato? Come? (segue) In accordo con la revisione delle linee guida OCSE a seguito delle azioni BEPS, la società del gruppo che, anche se non titolare del marchio , svolge funzioni di sviluppo valorizzazione e manutenzione del marchio deve essere compensata secondo le normali condizioni di mercato per il suo contributo lungo la catena del valore. Non possono quindi rimanere interamente a carico del distributore le royalties, le spese di pubblicità e le agency fees comprensive del servizio del «controllo di qualità» del prodotto. SPUNTI DI RIFLESSIONE Cassazione n. 6656/2016 (caso Bolton Manitoba) – le spese di pubblicità riaddebitate alla società ITA venditrice di prodotti all’estero dalla consociata UE sono superiori ai ricavi delle vendite. Operazione «antieconomica»? No, secondo la Cassazione: rimane in capo all’AdE l’onere della prova di dimostrare che i prezzi di vendita praticati all’estero dalla consociata sono inferiori al valore normale; legittimità del ribaltamento dei costi di pubblicità sostenuti dalla consociata UE (i.e. corrispettivo del servizio infragruppo in armonia col principio BEPS) anche quando il riaddebito risulta «antieconomico» per la società venditrice ITA; i costi di pubblicità non sono costi di produzione e possono superare il prezzo del prodotto reclamizzato (si spezza la correlazione costo/ricavo).
Studio Palea Associazione Professionale Dottori Commercialisti - Revisori Legali GRAZIE PER L’ATTENZIONE
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