IL MATRIMONIO ED I SUOI EFFETTI

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IL MATRIMONIO ED I SUOI EFFETTI
LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO                                     15

CAPITOLO SECONDO
LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO

SOMMARIO: 2.1. Nozione e caratteri del matrimonio. – 2.2. La libertà matrimoniale. – 2.3. La pro-
   messa di matrimonio. – 2.4. Il matrimonio civile: condizioni richieste per la celebrazione. – 2.5.
   segue: Pubblicazione ed opposizioni al matrimonio. – 2.6. segue: Celebrazione, pubblicità e pro-
   va. – 2.7. Il matrimonio concordatario. – 2.8. Il matrimonio dei culti acattolici. – 2.9. Il matri-
   monio dello straniero in Italia e suoi effetti. – 2.10. Il matrimonio del cittadino italiano al-
   l’estero.

2.1. Nozione e caratteri del matrimonio.

   Quantunque nel codice civile non si rinvenga una definizione di matrimonio,
esso viene comunemente inteso come l’atto mediante il quale l’uomo e la donna si
impegnano a realizzare una comunione di vita e di affetti, cioè una stabile convivenza
fondata sull’assistenza ed il rispetto reciproco e sulla ricerca di una unità di intenti.
   Tale concetto emerge con sufficiente chiarezza dalla normativa sul divorzio.
L’art. 1 (L. 898/1970) dispone infatti che il giudice pronuncia lo scioglimento del
matrimonio dopo aver accertato “che la comunione spirituale e materiale tra co-
niugi non può essere mantenuta o ricostituita”.

   Che la diversità di sesso sia elemento caratterizzante il matrimonio per il no-
stro ordinamento 1 si evince da numerose norme: in particolare dall’art. 3 della
medesima legge (n. 2 lett. g, introdotto con la riforma dell’87) il quale prevede
che il mutamento di sesso comporta lo scioglimento del vincolo e dalle norme
che, nel menzionare i coniugi, fanno uso dei termini di “marito” e ”moglie” (artt.
107, 108,143 e 143 bis, 156 bis c.c.).

   La Corte costituzionale ha affermato, di recente, che la soluzione normativa
trova fondamento nella nozione di matrimonio fatta propria, all’epoca, dal costi-
tuente nel contesto dell’art. 29 cost. e non si pone in contrasto con l’art. 3 cost.
perché le regole suddette non danno luogo ad un’irragionevole discriminazione, in

   1
     Non è pertanto trascrivibile in Italia un matrimonio celebrato all’estero fra omosessuali: Trib.
Latina 10.6.05, DeG, 05,30,36; App. Roma 13.7.06, GD, 06,35,55. In tal senso si esprime anche una
circolare del Ministero dell’Interno (18.10.07 n. 55).
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quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio.
La Corte ha escluso pertanto che un mutamento di tale portata possa avvenire in
via interpretativa, occorrendo invece l’intervento del legislatore (pur non adom-
                                                                         2
brando la necessità di ricorre a tal fine ad una modifica costituzionale) .
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    Ed anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha rimesso alla decisione discrezionale
dei legislatori nazionali l’ammissione o meno al matrimonio della coppia omosessuale.

   C’è altresì da osservare che, nonostante l’evoluzione storica della nozione di famiglia,
manca ancora nella coscienza sociale l’accettazione del ricorso al medesimo istituto (il
matrimonio) per dare vita ad unioni di persone di sesso diverso e del medesimo sesso.
   In Europa, tuttavia, numerosi ordinamenti (Olanda, Belgio Spagna, Portogallo, Nor-
vegia, Svezia, Islanda) ammettono al matrimonio anche persone del medesimo sesso.

    L’impegno assunto col matrimonio di realizzare la comunione di vita può es-
sere poi in concreto disatteso dai coniugi, senza che con questo vengano meno gli
effetti negoziali previsti dalla legge.
    Col termine matrimonio si indicano dunque sia l’atto dal quale sorge lo stato
coniugale, sia il rapporto che ne deriva, cioè gli effetti che lo caratterizzano.
    Sotto il profilo strutturale il matrimonio è un negozio bilaterale, mediante il
quale viene esercitata una libertà costituzionalmente garantita: negozio, perché gli
effetti, quantunque fissati dall’ordinamento, devono essere voluti dalle parti; bila-
terale perché gli sposi sono le uniche parti stipulanti, mentre non è tale il cele-
brante, che si limita a ricevere l’altrui dichiarazione di volontà controllandone la
corretta formulazione. La funzione di quest’ultimo è quindi essenzialmente certi-
ficativa, in quanto volta a dare pubblica fede e rilevanza sociale alla decisione de-
gli sposi di formare una famiglia.
    Il matrimonio, infatti, è valido anche se il consenso è stato espresso davanti ad
un apparente ufficiale di stato civile, purché questi ne esercitasse pubblicamente
le funzioni (art. 113 c.c.), ovvero se la volontà di quest’ultimo risultava viziata (ad
es., perché minacciato).
    Per l’importanza del negozio, l’ordinamento riserva una tutela particolarmente
incisiva alla volontà matrimoniale rispetto a quella generalmente garantita ad essa
in altri negozi bilaterali. Infatti, nel conflitto fra l’interesse di uno sposo ad agire
per far dichiarare l’invalidità del vincolo, nel caso in cui la propria volontà non si
sia formata correttamente, e l’interesse dell’altro sposo a mantenerlo in vita,
l’ordinamento tende a tutelare più intensamente il primo. Ampie sono le possibi-
lità di far valere un vizio siffatto al fine di invalidare il negozio, anche a discapito

    2
      C. cost., 15.4.2010 n. 138, FD, 2010,653. La questione di costituzionalità era stata sollevata da
Trib. Venezia 3.4.09, FD, 09,823 e da App. Trento 29.7.09, CorrG, 2010,100. La Corte ha ribadito
la sua posizione in due successive decisioni (7.7.2010 n. 276, FD, 2011,18; 5.1.2011 n. 4). Analoghe
argomentazioni sono state utilizzate in Francia dal Consiglio costituzionale (28.1.2011 n. 2010-92,
FD, 2011,667) per pervenire alla medesima conclusione.
     3
         24.6.2010, NGCC, 2010,I,1137.
LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO                           17

dell’affidamento della controparte (come meglio si vedrà trattando delle invalidi-
tà matrimoniali: §§ 6.4, 6.5, 6.6).
    Riguardo alla forma del negozio la legge prevede le seguenti modalità di cele-
brazione: civile, concordataria, acattolica.
    Gli effetti che ne scaturiscono sono, però, indipendenti dalla forma di cele-
brazione prescelta e per lo più fissati inderogabilmente dalla legge. Ai coniugi so-
no riconosciuti poteri soprattutto riguardo ai profili patrimoniali del matrimonio
(es., scelta del regime patrimoniale e del tenore di vita della famiglia) ma anche
riguardo ad alcuni aspetti relativi ai rapporti personali (es., concretizzazione dei
doveri coniugali, scelte circa l’esercizio della potestà). Alle decisioni dei coniugi è
rimessa in misura rilevante la gestione della crisi coniugale.
    È infine da sottolineare che il matrimonio è un negozio di diritto privato, stret-
tamente personale, non patrimoniale.
    Negozio di diritto privato perché, nonostante i profili di inderogabilità riscon-
trati e volti a tutelare esigenze generali, esso rappresenta comunque esercizio di
autonomia privata; strettamente personale perché non ammette rappresentanza;
non patrimoniale, in quanto volto a tutelare interessi relativi alla persona (la sua
causa consiste, infatti, nella costituzione della comunione di vita fra coniugi) e
non al patrimonio. Non risulta dunque ad esso senz’altro applicabile la disciplina
dei contratti ma occorre di volta in volta accertarne la compatibilità con le carat-
teristiche peculiari dell’atto matrimoniale.

2.2. La libertà matrimoniale.

    La libertà matrimoniale rientra fra le libertà fondamentali della persona tutela-
te dal nostro ordinamento, riconosciuta anche a livello internazionale dalla Con-
venzione europea dei diritti dell’uomo (4.11.50, art. 12: “uomini e donne in età
adatta hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia” e dall’art. 9 della Carta
dei diritti dell’UE). Viene quindi garantita all’individuo la scelta di contrarre o
meno il vincolo senza condizionamenti esterni da parte dei privati o dello Stato;
quest’ultimo, infatti (in base agli impegni internazionali assunti), può regolare ta-
le libertà senza però negarla o limitarla ingiustificatamente.
    L’impegno assunto da uno dei nubendi di contrarre matrimonio non è allora
mai suscettibile di esecuzione in forma specifica e può essere revocato senza limiti
fino al momento della celebrazione (art. 79 c.c.) (cfr. infra, § 3). Trattasi di un
principio fondamentale dell’ordinamento (v. § 1.1), onde non potrebbero trovare
applicazione in Italia accordi, eventualmente consentiti in ordinamenti stranieri,
vincolanti i nubendi a contrarre matrimonio; il giudice non potrebbe pertanto
dar loro esecuzione per contrarietà all’ordine pubblico.
    Ma l’ordinamento vieta anche l’apposizione di clausole negoziali volte ad in-
fluenzare, sia pur indirettamente, la volontà matrimoniale (ed anche l’esercizio di
altre libertà fondamentali). In questa prospettiva l’art. 636 c.c. considera illecita
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la condizione, apposta ad un testamento, volta ad impedire le nozze. Ma, in pro-
spettiva più ampia, deve ritenersi illecita qualsiasi condizione, apposta ad un ne-
gozio, la quale incida sull’esercizio della libertà matrimoniale (e di ogni altra li-
bertà fondamentale della persona): ad es., quella di sposare o non sposare una
certa persona, o persona con certe qualità ed anche la condizione di contrarre le
nozze. Consentite sono, invece, clausole che non tendono ad influenzare la scelta
bensì ad assecondarla, rendendola possibile (ad es., un lascito, condizionato so-
spensivamente alla celebrazione delle nozze, per sostenere le spese che il matri-
monio comporta e che la persona intende contrarre).
    Può risultare a volte lesivo della libertà in questione il c.d. contratto di pros-
senetico (o mediazione matrimoniale), col quale una parte (il mediatore o pros-
seneta) per scopo di lucro si obbliga a prestare la propria opera per facilitare il ma-
trimonio di una persona (fornendole informazioni di carattere personale o patri-
moniale su persone dell’altro sesso ovvero favorendo l’incontro e la conoscenza
con esse). Tale impegno può essere assunto nei confronti del soggetto che aspira
al matrimonio o di un terzo.
    La lesione della libertà matrimoniale si verifica, secondo la giurisprudenza, se
l’attività del mediatore è volta – anche solo potenzialmente – ad indurre i soggetti
al matrimonio, influenzandone la volontà, senza peraltro giungere alla violenza.
Ciò accade nel caso in cui il corrispettivo per l’attività prestata sia dovuto solo se
il matrimonio venga effettivamente celebrato: sussiste il forte rischio che il pros-
seneta sia indotto a influenzare la decisione dei nubendi, mentre la parte che si è
obbligata a pagare il corrispettivo potrebbe essere indotta a rinunciare al matri-
                                                      4
monio ove incontrasse difficoltà all’adempimento . In ogni caso la menzionata su-
bordinazione del compenso alla conclusione del matrimonio importa un intervento
di terzi, per ragioni di lucro, incompatibile con la essenza, le finalità ed il decoro
dell’istituto matrimoniale (Cass. 25.3.66 n. 803).
    Il contratto risulterà allora illecito per contrarietà all’ordine pubblico e, si af-
ferma, anche al buon costume.
    Lecito è invece il contratto col quale il prosseneta si limita a creare o facilitare
occasioni di incontro, in vista del matrimonio, dietro corresponsione di un corri-
spettivo che va prestato comunque (a prescindere cioè dall’esito successivo). C’è
tuttavia chi sostiene in contrario che il prossenetico non è mai diretto a realizzare
interessi meritevoli di tutela.
    L’opinione prevalente esclude la riconducibilità del contratto in esame alla fi-
gura della mediazione (art. 1754 c.c.), sul presupposto che l’affare la cui conclu-
sione è favorita dal mediatore deve avere natura patrimoniale mentre essa non ri-
                        5
corre nel matrimonio .
    Il prossenetico trova comunque ormai scarsa applicazione nella pratica.
    Non rientra nello schema del prossenetico la collaborazione prestata da un

     4
         Cass. 25.3.66 n. 803, FI, 66,I,1963; Cass. 30.7.51 n. 2226, GI, 52,I,1,22.
     5
         Cass. 30.7.51 n. 2226.
LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO                    19

                                                                                6
soggetto a favore degli sposi nella redazione delle convenzioni matrimoniali .
   Altra cosa è anche la c.d. mediazione familiare cioè l’intervento di un terzo
per favorire il raggiungimento di un accordo fra i coniugi circa la regolamenta-
zione dei loro rapporti in seguito alla separazione ed al divorzio, oggi previsto
come strumento a cui il giudice può ricorrere, dal nuovo art. 155 sexies c.c. (v.
§ 9.8).

2.3. La promessa di matrimonio.

    Il matrimonio è un atto di particolare rilevanza per la persona perché influen-
za tutta la sua vita; è quindi normale che esso sia preceduto da un periodo più o
meno lungo di preparazione, per favorire la conoscenza reciproca dei nubendi ed
anche per la necessità di adempiere le formalità preliminari richieste dalla legge
in vista della celebrazione. È possibile, allora, che in questo tempo maturi nella
coppia la decisione di contrarre matrimonio, assumendo un impegno in tal senso
(c.d. fidanzamento o promessa di matrimonio).
    Questa decisione, giuridicamente rilevante sotto certi profili, deve risultare
con certezza anche se non occorre che venga formalizzata o ufficializzata. Sottoli-
nea la giurisprudenza che essa può risultare anche da fatti concludenti, quantun-
que sia normale che l’intenzione di volersi frequentare col proposito di sposarsi
venga resa pubblica (nell’ambito della parentela, delle amicizie, e delle conoscenze)
(Cass. 3.5.83 n. 3015, FI, 83,I,1590). Dalla richiesta della pubblicazione di nozze
l’art. 81 c.c. deduce l’implicita esistenza della promessa di matrimonio.
    Dalla promessa, tuttavia, non sorge, secondo l’ordinamento, l’obbligo dei nu-
bendi di contrarre matrimonio, affinché una decisione siffatta rimanga assoluta-
mente libera (v. supra, § 2); anzi a tal fine l’art. 79 c.c. considera invalidi gli ac-
cordi che fanno gravare sul fidanzato (o sui suoi familiari), il quale si rifiuti di
contrarre matrimonio, il pagamento di un risarcimento forfettario del danno ri-
sentito dall’altro fidanzato per rottura della promessa (sotto forma di clausola
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penale o di caparra confirmatoria) . Si prospetta, però, da alcuno l’esistenza di
un’obbligazione naturale al pagamento di tali somme che comporterebbe, dun-
que, l’irripetibilità di quanto prestato spontaneamente.
    Dalla rottura della promessa derivano, invece, i seguenti obblighi:
    a) restituzione dei doni                      a carico di ambedue
    b) restituzione di altri effetti personali;   i fidanzati
    c) risarcimento del danno (a carico del fidanzato che è venuto meno, ingiusti-
ficatamente, alla promessa o che ha dato all’altro giustificata ragione di rottura
della stessa).

   6
       Contra, Cass. 25.3.66 n. 803.
   7
       App. Napoli 13.2.74, GI, 76,I,2,168.
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     a) I doni che ciascun fidanzato deve restituire sono quelli ricevuti dall’altro
(non da terzi) a causa della promessa di matrimonio, i quali non troverebbero altra
plausibile giustificazione al di fuori del fidanzamento (Cass. 8.2.94 n. 1260, GC,
94,I,1192). Trattasi, cioè, di quelle liberalità, anche indirette. che usualmente si
scambiano i fidanzati per affetto o comunque si compiono in quanto esiste tale
rapporto: ad es., l’anello ed altri oggetti personali anche di valore (orologio, cateni-
                                                                                     8
na d’oro, ecc.), purché proporzionate alle possibilità economiche del dante causa .
     La regola è mutuata dal costume sociale che intende eliminare i segni di un rap-
porto rimasto incompiuto al fine di potersene ricostruire uno nuovo senza alcun ri-
cordo di quello precedente (Cass. 8.2.94 n. 1260).
     Queste liberalità, ai sensi dell’art. 770, 2° comma, c.c., non costituiscono do-
nazioni (non sono tali infatti i c.d. regali d’uso), onde non sono sottoposte al vin-
                                                                        9
colo della forma solenne richiesto dalla legge per queste ultime . Si afferma in
giurisprudenza che tali liberalità, in quanto regolate dagli usi, sono svincolate dai
requisiti legali di capacità, di qui la validità del dono fatto dal fidanzato minoren-
    10
ne . Ma si finirebbe in tal modo col legittimare anche atti di disposizione, eco-
nomicamente importanti, da parte del minore senza il controllo del suo rappre-
sentante legale, il che non sembra ammissibile (argomentando dal disposto del-
l’art. 774 c.c.).
     Il fidanzato beneficiario del dono deve restituire il bene ricevuto senza limitar-
si a corrisponderne il valore, a meno che la restituzione risulti impossibile (ad es.,
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per perimento, smarrimento, alienazione del bene) ; in quest’ultima ipotesi la va-
                                                   12
lutazione va fatta al momento del pagamento . Nulla è dovuto per i beni consu-
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mabili usurati o periti in seguito a normale utilizzazione , eccezion fatta per il
denaro.
     Non soggette a restituzione sono altre liberalità d’uso: quelle che non trovano il
loro esclusivo fondamento nel fidanzamento, come i regali che si è soliti scam-
biarsi per affetto in occasione di alcune ricorrenze (purché di valore proporziona-
to all’importanza della ricorrenza stessa, tenuto conto del tenore di vita del dante
                                 14
causa) o da rapporti pregressi .
     Qualora tra fidanzati vengano stipulate vere e proprie donazioni, non giustifi-
cate cioè dalla promessa di matrimonio, queste restano sottoposte alla disciplina

     8
     Cass. 10.12.88 n. 6720, DF, 89,70. Trib. Napoli 27.1.05, DeG, 05,17,111, ha annoverato fra tali
liberalità le somme impiegate dal fidanzato per ristrutturare la casa della fidanzata in vista delle
nozze. Ma in realtà la donazione indiretta non trovava giustificazione nel fidanzamento bensì nella
prospettiva delle future nozze.
     9
         In senso contrario, Cass. 8.2.94 n. 1260.
     10
          Cass. 3.5.83 n. 3015.
     11
          Cass. 4.12.52 n. 3115.
     12
          Cass. 31.7.51 n. 2271, GI, 52,I,1,15.
     13
          Cass. 3.5.83 n. 3015.
     14
      La prova, non sempre agevole delle ragioni del dono è a carico del fidanzato che l’ha ricevuto
e si oppone alla restituzione.
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propria di tale contratto. Ne deriverà, allora, l’invalidità della donazione se – co-
me spesso accade – la stipulazione non è avvenuta nel rispetto delle forme richie-
ste dalla legge.
     L’obbligo di restituzione previsto dall’art. 80 c.c. sorge anche da una promes-
sa di matrimonio unilaterale o non solenne, a prescindere dalle ragioni di rottura
              15
della stessa (quindi anche a carico del fidanzato non responsabile) e dalla capa-
cità del nubendo. Detto obbligo presuppone una richiesta del donante compiuta,
a pena di decadenza, entro un anno dal rifiuto di celebrare il matrimonio o dalla
morte dell’altro fidanzato.
     Gli atti di liberalità in questione sono dunque produttivi di effetti già durante
il fidanzamento, mentre la rottura della promessa costituisce causa di revocazione
da farsi valere dal dante causa. Essi si differenziano dalle donazioni fatte in ri-
guardo di futuro matrimonio (c.d. donazioni obnuziali: art. 785 c.c.), le quali assol-
vono la funzione di concorrere alla formazione del patrimonio della futura famiglia
e la cui efficacia è sospensivamente condizionata alla celebrazione di un valido
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matrimonio ; con la rottura della promessa la condizione risulta allora mancante .

    b) L’obbligo di restituzione sorge, secondo una ricorrente interpretazione, an-
che per le fotografie, la corrispondenza ed altri oggetti simili, riproducenti certi
aspetti della persona, che i fidanzati sono soliti scambiarsi (ad es., supporti con-
                                                    18
tenenti l’immagine o la voce della persona cara) . Esso viene ricondotto agli usi e
non all’art. 80 c.c., perché non si tratta di beni aventi in sé (normalmente) un ap-
prezzabile valore commerciale, mentre la misura indicata è volta a salvaguardare
diritti fondamentali della persona (segreto, riservatezza, immagine, ecc.).
    In contrario si osserva che, in mancanza di una previsione normativa specifica,
la tutela vada ricondotta alla disciplina del diritto fondamentale da tutelare (es.,
immagine, segreto epistolare, riservatezza). Si ritiene, pertanto, che il giudice pos-
sa anche ordinare la distruzione della corrispondenza.

   c) La risarcibilità del danno, derivante all’altro fidanzato, dalla rottura della
promessa (art. 81 c.c.) sorge in presenza dei seguenti presupposti:
    1. bilateralità della promessa;
    2. la stessa sia stata stipulata per scrittura privata, atto pubblico o risulti dal-
l’avere i nubendi provveduto a fare la pubblicazione;

     15
      In dottrina si esclude l’obbligo di restituzione dei doni – assumendo l’eccezionalità del mede-
simo rispetto al principio di irrevocabilità della liberalità – quando la persona ha celebrato nozze
religiose, rifiutando quelle civili (ad es., negando il consenso alla trascrizione tardiva del matrimo-
nio concordatario: v. infra, § 7.).
     16
          Cass. 3.5.83 n. 3015.
     17
      Le donazioni obnuziali, a differenza di quelle fatte a motivo della promessa di matrimonio,
devono essere restituite nel caso di annullamento del vincolo contratto; le seconde non vanno resti-
tuite perché la promessa è stata comunque adempiuta.
     18
          Conf. per le fotografie, ma contra per la corrispondenza, Trib. Napoli 29.7.65, DG, 66,62.

2.
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   3. provenga da un maggiorenne o da un minore ammesso a contrarre matri-
        19
monio ;
   4. la rottura non sia giustificata o si sia data giustificata ragione all’altro fidan-
zato per sottrarsi al proprio impegno;
   5. la richiesta da parte del danneggiato risulti tempestiva.
    L’onere di forma si ritiene adempiuto anche in presenza di una scrittura non
creata al fine di documentare l’avvenuta promessa (ad es., atto pubblico conte-
nente una convenzione matrimoniale stipulata in vista delle nozze, corrisponden-
                    20
za tra i fidanzati) purché l’assunzione dell’impegno di sposarsi risulti con cer-
tezza. Ugualmente è a dirsi per la pubblicazione matrimoniale anche solo religio-
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sa se gli sposi intendono ricorrere alla forma concordataria o acattolica . Con-
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troverso è se la forma sia richiesta per la validità della promessa o solo ai fini
della prova ovvero assolva la funzione di attestazione della serietà d’intento co-
mune dei nubendi.
    Sono ingiustificate ragioni di rottura della promessa quelle chiaramente prete-
stuose o che comunque, in base alla valutazione sociale, non risultano talmente
gravi da rimettere in discussione l’impegno di celebrare le nozze, tenuto anche
conto dei particolari valori di cui il fidanzato è portatore; inoltre le ragioni, quan-
tunque serie, conosciute dall’altro fidanzato prima della promessa e che non co-
stituiscono impedimenti al matrimonio.
    Giustificate sono invece tutte quelle ragioni serie (secondo la valutazione so-
ciale), sopravvenute alla promessa o successivamente conosciute (ad es., la sco-
perta di non potere avere figli); in particolare quelle che, se non conosciute al
momento della celebrazione, avrebbero causato l’invalidità del matrimonio.
    La rottura dell’accordo è, inoltre, ascrivibile al fidanzato che abbia fornito
giustificata ragione all’altro di rifiutare il matrimonio (ad es., intrattenendo rap-
porti sentimentali con altra persona o non richiedendo lo scioglimento di un pre-
cedente vincolo matrimoniale).
    L’onere della prova sull’esistenza di una causa giustificatrice della rottura della
                                              23
promessa grava sul fidanzato che l’invoca .
    La domanda per il risarcimento deve essere proposta, a pena di decadenza,
entro un anno dall’avvenuto rifiuto di adempiere la promessa.
    L’entità del risarcimento – la cui prova grava sul richiedente – è limitata dalla
legge onde ridurre il rischio che la prospettiva di dover corrispondere una somma

     19
      Nel caso del maggiorenne occorre che non sia interdetto mentre potrebbe essere inabilitato o
sottoposto ad amministrazione di sostegno; il minore d’età deve essere stato autorizzato a contrarre
matrimonio.
     20
          Cass. 31.1.51 n. 2271.
     21
      App. Reggio Calabria 18.7.58, RGC, 59, v. Matrimonio, n. 88; contra, Trib. Forlì 15.3.49, GI,
50,I,2,344.
     22
          In tal senso, Cass. 31.7.51 n. 2271.
     23
          Cass. 15 aprile 2010 n. 9052, FD, 2010,999.
LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO                                 23

elevata induca il fidanzato ad accettare il matrimonio pur di non esporsi ad un
sacrificio economico non sostenibile. Detto risarcimento comprende le spese fatte
e le obbligazioni contratte dall’avente diritto, a causa della promessa (ma anche
quelle sostenute dal terzo nell’interesse del fidanzato), cioè in vista del matrimo-
                                                                   24
nio, anche se precedenti alla formalizzazione della promessa : non solo quelle
compiute nell’interesse comune quali, ad es., quelle per la cerimonia, per il viaggio
di nozze, ecc., ma anche le spese sostenute da un fidanzato per soddisfare proprie
esigenze in vista delle nozze (ad es., l’acquisto del vestito per la cerimonia, non
altrimenti utilizzabile). Non sono però risarcibili le spese sproporzionate rispetto al-
la posizione economica dei nubendi, per le medesime ragioni innanzi precisate.
    Non c’è il danno se le spese affrontate dal fidanzato risultano ugualmente utili
anche in mancanza del matrimonio (ad es., quelle sostenute da ciascuno per
                                  25
l’acquisto del vestiario corrente) .
                                                   26
    Non sono invece risarcibili danni ulteriori derivanti, a volte, dalla rottura
della promessa: dovuti, ad es., alla perdita di giornate lavorative o all’abbandono
                                               27
del posto di lavoro in vista del matrimonio o all’avere mantenuto nella propria
casa il fidanzato. È dubbio se tali danni ulteriori siano risarcibili, ai sensi dell’art.
           28
2043 c.c. , almeno quando uno dei fidanzati ha indotto l’altro a tenere il compor-
tamento poi risultato pregiudizievole, garantendo la celebrazione del matrimonio
(ad es., l’ha convinto ad abbandonare anticipatamente il lavoro per attendere
meglio ai preparativi per le nozze ed all’organizzazione della vita in comune).
    Controverso è il fondamento dell’obbligazione risarcitoria ex art. 81 c.c.: se es-
sa scaturisca cioè da responsabilità contrattuale, extra-contrattuale, ex lege; c’è
poi chi parla di un risarcimento da atto lecito (costituendo il rifiuto, esercizio del-
la libertà matrimoniale). In realtà il risarcimento si giustifica per il fatto che uno
dei nubendi ha reso inutili, senza apprezzabile ragione, le spese legittimamente
affrontate dall’altro fidanzato in vista della celebrazione del matrimonio, facendo
affidamento sulla serietà della promessa. È, cioè, contrario a buona fede il com-
portamento del fidanzato che venga meno al proprio impegno di celebrare le
nozze per ragioni socialmente non apprezzabili o dia all’altro giustificato motivo
per rifiutare la celebrazione. Si può allora sostanzialmente convenire con l’opi-
nione che parla di una responsabilità prematrimoniale dai connotati per certi versi
simili alla responsabilità precontrattuale.

   24
        Contra, Trib. Firenze 8.3.52, GT, 52,614.
   25
      Se la spesa risulta superiore al vantaggio ottenuto (ad es., si è pagato un prezzo superiore al
valore dell’acquisto per la necessità di provvedere rapidamente al medesimo a causa del matrimo-
nio) potrà essere chiesto il risarcimento per la differenza.
   26
     In particolare, Trib. Bari 28.9.06, NGCC, 07,I,580, ha escluso il risarcimento del danno non
patrimoniale.
   27
        Cass. 21.2.66 n. 539, FI, 66,I,1844.
   28
        In senso negativo si pronunzia App. Roma 18.10.06, FD, 07,476.
24                            IL MATRIMONIO ED I SUOI EFFETTI

    Diritto internazionale privato. Gli effetti indicati si applicano anche a coniugi stra-
nieri di diversa nazionalità. Trova invece applicazione la legge del loro Paese se hanno na-
zionalità comune (art. 26 L. 31.5.1995 n. 218) con riferimento ai requisiti di capacità e di
forma nonché riguardo agli effetti. Profili di incompatibilità con l’ordine pubblico po-
trebbero sorgere ove l’ordinamento straniero considerasse valida una promessa stipulata
in mancanza di un’età adeguata a rendersi conto degli impegni assunti o imponesse, an-
che solo indirettamente, la celebrazione del matrimonio gravando di un risarcimento par-
ticolarmente consistente il fidanzato che rifiuti la celebrazione stessa.

2.4. Il matrimonio civile: condizioni richieste per la celebrazione.

    Matrimonio civile è quello destinato a produrre effetti solo per lo Stato e
quindi interamente disciplinato dall’ordinamento civile (presupposti e formalità
preliminari, celebrazione, pubblicità, impugnazione).
    I nubendi devono possedere determinati requisiti (positivi e negativi) per esse-
re ammessi al matrimonio. Ciò non costituisce negazione ma limitazione della li-
bertà matrimoniale, come diritto fondamentale della persona, nella misura in cui i
requisiti richiesti non contrastino con i principi fondamentali dell’ordinamento,
volti a tutelare valori di particolare rilevanza.
    La mancanza o l’esistenza – a seconda dei casi – di uno di questi requisiti co-
stituisce causa impeditiva del matrimonio dalla quale scaturisce il divieto per gli
sposi e per l’ufficiale di stato civile di celebrare il matrimonio.
    Gli impedimenti suddetti possono distinguersi in assoluti e relativi; dispensabili
e non dispensabili; atti ad incidere sulla validità o sulla regolarità del matrimonio.
    Quelli assoluti comportano l’esclusione del soggetto dalla celebrazione di
qualsiasi matrimonio, a prescindere dalla persona dell’altro sposo e sono: età, in-
terdizione, mancanza della libertà di stato, divieto temporaneo di nuove nozze.
Gli impedimenti relativi precludono, invece, il matrimonio con una determinata
persona e sono: parentela, affinità, adozione, affiliazione e delitto.
    Dispensabili sono gli impedimenti che possono essere rimossi, a certe condi-
zioni, mediante autorizzazione giudiziaria: età, parentela ed affinità, divieto tem-
poraneo di nuove nozze. Non dispensabili sono tutti gli altri.
    Rende irregolare il sorgere del vincolo il mancato rispetto del divieto tempora-
neo di nuove nozze; la presenza di un altro impedimento comporta l’invalidità
del matrimonio celebrato.

    A) Età. Essendo il matrimonio un atto particolarmente impegnativo per l’in-
cidenza che ha sulla vita della persona, l’ordinamento (art. 84 c.c.) ammette alla
celebrazione solo i maggiori d’età capaci di agire; quantunque l’adolescente sia
normalmente già in grado di compiere scelte relative ad interessi personali (ad
es., l’adesione ad un certo credo religioso o politico: v. § 13.3), per il matrimonio
si richiede una particolare maturità che la legge presume raggiunta solo al com-
pimento dei diciotto anni.
LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO                                      25

   È stata quindi modificata la precedente disciplina (c.c. del ’42) che fissava a 16
anni per l’uomo ed a 14 per la donna l’età matrimoniale, la quale faceva riferi-
mento essenzialmente al momento in cui il minore era divenuto capace di generare.
   Peraltro, essendo il matrimonio un atto personalissimo, il consenso non può
essere espresso dal rappresentante legale del minore.
   Tuttavia il sedicenne può essere ammesso al matrimonio, previa autorizzazio-
                                                             29
ne del tribunale dei minorenni del luogo di sua residenza , in presenza dei se-
guenti requisiti:
    1. maturità psicofisica;
    2. gravità delle ragioni addotte per anticipare il matrimonio.
    1. Riguardo al primo requisito occorre che il giudice accerti la capacità del
minore di compiere consapevolmente la scelta matrimoniale e della persona con
cui unirsi. È quindi necessario un approfondito esame della personalità del mino-
re, indagine a volte carente nella pratica giurisprudenziale (come risulta da alcune
pronunzie le quali ricorrono a formule di stile senza precisare i dati sui quali si
fonda il giudizio di maturità).
    La giurisprudenza ha considerato soprattutto i comportamenti tenuti dal mi-
                                               30
nore durante la vita quali indici di maturità . Ad esempio, sono stati considerati
indici positivi della raggiunta maturità la durata non breve del rapporto affettivo,
alcune esperienze di vita compiute positivamente (studio, lavoro) il valore attri-
buito al matrimonio (rifiutando una convivenza more uxorio); si è altresì tenuto
conto, a volte, dell’età del minore ormai prossima ai 18 anni (criterio peraltro
piuttosto opinabile).
    2. Maggior approfondimento viene riservato invece all’esame della gravità
dei motivi che inducono il minore ad anticipare il matrimonio, ferma restando-
ne la fondatezza, cioè la possibilità di un obiettivo accertamento da parte del
giudice.
    Come il primo, anche questo requisito costituisce clausola generale, la cui
concretizzazione ha portato la giurisprudenza minorile ad esprimere giudizi con-
trastanti su fattispecie analoghe. Per alcuni tribunali, ad es., lo stato di gravidanza
o l’avvenuta generazione sono elementi di per sé sufficientemente gravi da giusti-
ficare il matrimonio, nella prospettiva di legittimare il bambino e quindi di garan-
tirgli lo sviluppo nell’ambito di una famiglia tendenzialmente stabile; mentre per
altri tribunali, giustamente, non basta che ricorra l’esigenza di celebrare un ma-
trimonio riparatore ma occorrono elementi ulteriori che si sostanziano nella grave
difficoltà di rinviare il matrimonio (ad es., allontanamento da casa della minore a
causa della sua relazione; ovvero sottoposizione a maltrattamenti da parte dei ge-

    29
      È stato invece abolito dalla riforma del ’75 l’assenso dei genitori esercenti la potestà, previsto
dai codici previgenti, perché il matrimonio costituisce atto personalissimo.
    30
     Trib. Napoli 5.6.95, DF, 96,183, ha individuato nella scarsa indipendenza psicologica della
minore dalla madre l’elemento per escludere la maturità psichica della richiedente.
26                                       IL MATRIMONIO ED I SUOI EFFETTI

nitori; ostilità dei medesimi o dell’ambiente sociale in cui ella vive), sempre che la
nascita del vincolo risponda all’interesse del minore.
    In alcune decisioni ancora si sono individuati i gravi motivi in una convivenza
                         31                                                        32
more uxorio già in atto o nell’avvenuta celebrazione del matrimonio religioso .
    Insufficienti si sono ritenute altre motivazioni come ad es.: avere già intrapreso
i preparativi per le nozze, la c.d. fuga d’amore, le difficoltà di incontro dei fidan-
zati, il rifiuto della convivenza per ragioni morali, l’esigenza di intrattenere rap-
porti sessuali.
    Le ragioni addotte devono essere relative alla persona del minore, mentre non
rilevano quelle riguardanti l’altro fidanzato maggiorenne.
    C’è da osservare peraltro che, negli ultimi anni, tali richieste sono divenute
sempre più rare fino a ridursi ad un fenomeno del tutto marginale, data la ten-
denza delle coppie a prolungare la loro permanenza in famiglia ed a posticipare le
nozze in età più adulta.
    Il procedimento per l’autorizzazione può essere attivato solo dal minore e
comporta l’audizione del medesimo, dei suoi genitori (o in loro assenza del tuto-
re) e del pubblico ministero. Esso si conclude con decreto emesso in camera di
consiglio da comunicarsi ai nubendi, ai genitori (o al tutore) ed al pubblico mi-
nistero, per un’eventuale reclamo proponibile davanti alla sezione minorile della
Corte d’appello (nel termine di 10 giorni).
    Legittimato all’impugnazione è solamente il minore se il provvedimento nega
l’autorizzazione; il pubblico ministero ed i genitori se la concede. La Corte d’ap-
pello decide (con ordinanza) in camera di consiglio, non impugnabile in Cassa-
zione.
    I nubendi restano comunque liberi di contrarre o meno il matrimonio autoriz-
zato; se l’istanza è stata invece respinta il minore ne può riproporre una nuova,
fondata su ragioni diverse (possibilità solo teorica tenuto conto dei tempi del
giudizio, perché nessuna autorizzazione occorre dopo il raggiungimento della
maggiore età).
    Il minore ammesso a contrarre le nozze acquista anche la capacità di stipulare
personalmente le convenzioni matrimoniali con l’assistenza del genitore (o del tu-
tore) o di un curatore speciale nominato dal tribunale dei minori, se i genitori so-
no contrari alla celebrazione (art. 165 c.c.) (v. § 4.2). Allo stesso modo sono vali-
de le donazioni fatte nelle convenzioni nel rispetto dei principi suddetti (art. 774
c.c.).
    Con il matrimonio il minore diviene emancipato.
    L’ordinamento non fissa, invece un’età massima per contrarre matrimonio. La
capacità di generare non ne costituisce infatti elemento essenziale per la validità
ma rileva eventualmente solo sotto il profilo dell’errore, rendendo annullabile il
vincolo contratto (v. § 6.5).

     31
          Trib. Perugia 31.5.95, DF, 96,617; App. L’Aquila 16.3.94, GM, 95,497.
     32
          Trib. L’Aquila 28.1.94, ivi.
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