Il concorso per l'ex Michelin
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Il concorso per l'ex‐Michelin Quando la Michelin chiuse, nel 1997, su sollecitazione del Sindaco Dellai il vecchio stabilimento venne acquistato ‐ per evitare "speculazioni"‐ da un pool di banche, che nel 1998 costituirono Iniziative urbane, una società allargata ad altri istituiti di credito e assicurativi, associazioni di categoria, enti cooperativi, società comunali. Nel 1999, nel tentativo di sbloccare una situazione di stallo che vedeva accumularsi ingenti interessi passivi, Iniziative Urbane bandì un concorso per la riprogettazione urbanistica della ex‐ Michelin. La partecipazione fu riservata ai professionisti della provincia, con la possibilità di avvalersi di collaboratori esterni. Infatti, tra i "consulenti" si trovano nomi noti, soprattutto in ambito universitario, come Anselmi, Aymonino, Cecchetto, Fabbri ecc. In giuria sedevano i consulenti del Comune per il PRG, tra cui Bocchi, che nel presentare l'esito del concorso scrisse compiaciuto: "Si va configurando […] un modello di matrice fondamentalmente anti‐urbana se si continua a concepire la città come un'entità compatta edificata definita da spazi urbani 'finiti' (strade, piazze, isolati)". Il tale visione, la "città‐altra", la "città‐parco", la "città dei flussi", doveva rimanere separata dalla città storica per mezzo della ferrovia, individuata come il "nuovo 'muro' della città". L'arrivo di Renzo Piano Commentando l'esito del concorso, il Sindaco Pacher espresse pubblicamente il suo rammarico per non aver trovato Renzo Piano tra i "consulenti", spingendosi a dichiarare che in tal caso ‐ di fronte alla garanzia della sua firma ‐ si sarebbero potuti rivedere i parametri urbanistici fissati (alla cieca) dal Consiglio comunale. Ovviamente, il concorso finì in archivio e Iniziative urbane diede l'incarico a Renzo Piano. Nel suo primo sopralluogo, dopo aver passeggiato per le strade del centro accompagnato dall'Amministrazione comunale, Renzo Piano elogiò la città storica e annunciò che l'avrebbe presa a modello, ricordando che le città sono fatte, appunto, di "strade, piazze e isolati". Un totale rovesciamento di prospettiva: dalla "matrice anti‐urbana" vagheggiata da Bocchi a quella tradizionalmente "urbana" proposta da Renzo Piano. Va da sé che in questa seconda prospettiva la ferrovia non poteva certo essere la nuova cinta muraria. Al contrario, in attesa del suo interramento (previsto da Busquets) Renzo Piano prevede una fitta trama di percorsi che l'attraversano e che fanno della nuova parte di città la diretta continuazione della città storica. A cominciare dal reticolo stradale: è questa la "matrice" di fondo del primo progetto di Piano (ben diverso da quello poi realizzato). Una matrice comune Come le pagine successive mostrano, si tratta della stessa matrice del progetto da me presentato al concorso ‐ e annoverato tra quelli inappropriati in quanto "ottocenteschi". Non si vuole certo accusare Piano di plagio: si tratta semplicemente della scelta più razionale, la soluzione cui giungerebbe chiunque non sia affetto da fobia urbana. Purtroppo, siamo in pochi a esserne immuni. Lo dimostra il seguito della vicenda: il primo progetto di Renzo Piano, un vero "pezzo di città" ‐ con i suoi isolati compatti, a corte interna e perimetro edificato ‐ ha incontrato tali resistenze da essere accantonato e sostituito da un secondo progetto ‐ ben diverso! ‐ che realizza, invece, un nuovo "pezzo di periferia", a due passi dal Duomo. Vasti isolati, edificazione a "stecche", strade con ruscelletto centrale (per "tornare a casa in canoa" annunciava una sciocca campagna pubblicitaria). Una periferia elegante, indubbiamente. Ma la città è un'altra cosa. Tristemente, l'ennesima occasione persa. 1
La matrice urbana Lo schema dei percorsi che legano nuova zona urbana al centro dal progetto presentato al concorso: strade (gialle) e percorsi pedonali (verdi). In rosso la tangenziale. È questa la matrice proposta per la forma urbana del nuovo quartiere. La "ricucitura" proposta da Piano nel primo progetto. 2
Lo schema insediativo Lo schema presentato al concorso (nel rispetto dei vincoli dati, piuttosto condizionanti): una successione di isolati a corti chiuse o parzialmente chiuse da alberature, una piazza che sfocia nel parco interno, una cornice arborea per Palazzo delle Albere, una strada di gronda urbana lungo il parco arginale. A nord, un parcheggio multipiano scavalca la ferrovia e fa da "testa di ponte" verso il Centro. (Gli edifici tratteggiati sono all'esterno dell'ex‐Michelin). Lo schema del primo progetto di Piano: una fitta rete di isolati edificati a corte interna, una piazza aperta verso il parco e la cortina edilizia (in marrone) che fa da cornice a Palazzo delle Albere. Forse qualche isolato era piccolo, la struttura "C" attorno alle Albere inadatta per il MUSE (da spostare a sud), il parco rimaneva inevitabilmente uno spazio senza senso (correttamente definito da Piano "un prato per guardare il Bondone")… ma almeno c'erano la basi per una parte di città densa, energica e vitale. 3
Renzo Piano ‐ prima e dopo Il primo progetto. Il secondo progetto. Le differenze possono sembrare marginali, ma in realtà la "filosofia" del progetto e l'effetto complessivo sono molto diversi, e lo saranno ancora di più nella realizzazione. Gli spazi pubblici perdono di definizione, gli isolati (ridotti a metà in numero e quindi doppi in estensione) sono scardinati, i palazzi a corte sono sostituiti da edifici lineari. Palazzo delle Albere perde la sua "cornice" urbana e si trova spaesato a fianco del MUSE. In breve: l'embrione di un pezzo di città si è trasformato in un pezzo di periferia. Tanto può la fobia urbana, che neppure lo charme di Renzo Piano è riuscito a scalfire. 4
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